CITAZIONE (Ida59 @ 25/6/2014, 22:49)
A dire il vero sono stanca ed è un po’ tardino per cominciare, ma se non lo faccio non riuscirò mai a finire i miei commenti a questo brano stupendo che racchiude tre momenti fondamentali per Severus.
Per proseguire anch’io con i commenti, vorrei ripartire però dall’importante tripartizione di questo brano, come suggerito da Ida: il Marchio, la stretta di mano, il “Lo sono”.
Dei tre momenti che si condensano in questa scena, non saprei definire quale sia il più intenso o il più toccante, ma ho l’impressione che quello di cui abbiamo appena discusso (il primo) meriti la palma.
Lo dico perché, quelle in questione, sono tre fasi in cui io vedo Severus affrontare il confronto rispettivamente con sé stesso, con Sirius, con Voldemort. Tutti e tre suoi nemici giurati. Ma a questo punto, forse, nonostante il bellissimo e definitivo “lo sono”, che poi commenteremo, io direi che è la fase dell’offerta del Marchio alla vista di tutti, quella più difficile e dolorosa per lui da sostenere, quella in cui è costretto a mostrarsi, quella in cui è costretto a rompere il suo isolamento e la sua tragica riservatezza in favore della causa. Il confronto qui è letteralmente “sulla propria pelle” con i suoi errori e con il suo dramma personale (che il Marchio rappresenta) e sappiamo bene che per lui è quasi intollerabile convivere con sé stesso a causa di tutto quello di cui si incolpa e di cui non si perdona. Né le cattiverie di Sirius, né le torture di Voldemort, possono eguagliare l’asprezza dei sentimenti che nutre Severus verso sé stesso e per questo, in qualche modo, io credo che i momenti successivi siano proprio il risultato di un’incessante lavorìo interiore che affiora, per un istante, nell’offerta del Marchio.
La silenziosa, stizzita stretta di mano e il potentissimo, coraggioso, orgoglioso “Lo sono”, nascono infatti sul terreno dell’umiltà che il nuovo Severus ha imparato a duro prezzo e che sta restituendo con il braccio nudo mostrato a tutti. Un’umiltà, però, che non riguarda il suo rapporto con gli altri, ma con sé stesso. Per Severus, le “prove” rappresentate da Sirius e da Voldemort sono, in qualche modo, anch’esse, la terribile conseguenza di scelte e di deviazioni che lui stesso ha imposto alla propria vita e con le quali deve venire a patti per poter andare oltre e per poter diventare l’uomo che sappiamo che sta diventando.
Prendiamo il primo dei due “nemici”, oltre sé stesso: Sirius.
Sirius è il compagno di scuola con cui, come ha detto bene Ida precedendomi, si è acceso fin da subito un reciproco sentimento di disprezzo, poi tramutatosi in odio a causa di tutte le vicende gravissime che ben conosciamo, che hanno quasi portato alla morte di Severus e, anche quando non l’hanno fatto, lo hanno comunque ferito nel suo amor proprio e nella sua intimità: un fatto assai deplorevole, che non ritengo meno leggero del rischio della vita, se non altro perché il famoso “scherzo” è appunto frutto di questo continuo e tormentoso stillicidio di “dispetti” intollerabili verso l’antipatico compagno di classe.
Ora, però, Sirius è anche colui che ha fatto parte della cerchia degli affetti di Lily, di quelli che, frequentando James, sono diventati anche amici della ragazza. Quell’affetto esclusivo che Severus stringeva gelosamente a sé, con la disperazione di chi non è stato amato, era finito per appartenere ad altri, era stato difeso da altri, tanto che quando lui era diventato Mangiamorte e aveva rivelato incautamente la profezia, pentendosi poi e rivelando tutto a Silente, il piano per proteggere i Potter viene studiato proprio da quel gruppetto di adolescenti presuntuosi che in gioventù aveva mostrato così scarsa considerazione per il prossimo e, addirittura, il Custode viene scelto tra loro, passando da Sirius a Peter. La vita di Lily, a cui Severus tiene più che alla propria, viene perciò affidata (quale tormento per Severus!) prima nelle mani di uno scapestrato (Sirius) che Severus riterrà per molti anni responsabile del tradimento e poi, come in effetti accade, ad un vigliacco (Peter) che consegnerà gli amici per paura della vendetta di Voldemort.
Tutto questo perché? Perché lui stesso (Severus) ha reso possibile questo balletto di responsabilità che vanno scadendo dalla persona più saggia (Silente), a cui in origine viene svelato il pericolo, alla peggiore e meno affidabile (Peter) che metterà la sua parola finale su questa storia e causerà direttamente la morte dei Potter.
Una catastrofe completa per la quale Severus non può non sentire, anche se in modo irrazionale, tutta la propria colpevolezza, una colpevolezza dovuta anche, secondo me, più o meno inconsciamente, al dolore e al tormento che gli sono causati dal pensiero di non poter essere lui a difendere Lily in prima persona, dalla necessità di doversi nascondere e frenare le proprie passioni per tenere in piedi il doppio gioco invece di occuparsi lui di proteggerla e mettere a rischio la propria vita (come pensa di meritare) e ancora, soprattutto, dall’impotenza di dover lasciare la donna amata nelle mani di qualcuno di cui non si fida affatto per diretta esperienza personale (Sirius), che è forse la più atroce delle torture.
Come se non bastasse, poi, l’unico di cui veramente Severus si fida, cioè Silente, delega la custodia dei Potter a loro stessi e ai loro amici, mentre Severus si aspettava che agisse diversamente, come è parso evidente dal suo disperato sfogo dopo la morte di Lily, quando dice al Preside (vado a braccio): “credevo che
lei l’avrebbe protetta”; dove quel
lei chiama in causa Silente in primissima persona. Severus non ha fatto un atto di fede verso il suoi torturatori di gioventù, ma nel Preside, ed è da lui che si sente “tradito”, salvo poi ascoltare le parole successive di Albus, quel: “suo figlio è sopravvissuto”, per comprendere che gli obiettivi di Silente già trascendono il singolo e puntano al disegno più grande, per il quale Harry è l’unica persona davvero indispensabile. Un dato di fatto che, però, a quello stadio della vicenda, deve essere ancora metabolizzato da un Severus troppo sconvolto per potersene avvedere.
Comunque, per tornare a noi, Sirius ha agito sperando di salvare i Potter e ha suggerito Peter all’ultimo momento perché credeva sinceramente che l’amico avrebbe attirato meno l’attenzione; insomma, in poche parole, Sirius ha cercato di fare del proprio meglio e Severus, questo, lo verrà a sapere e ne terrà conto (quando e come non mi pare che ci venga rivelato, ma il fatto che Silente ritenga Sirius un alleato e chieda ad entrambi di “riconoscersi” perché combattono dalla stessa parte, dovrebbe già bastare). Severus, in perfetta coerenza con la propria maestosa statura morale, riconoscerà cioè al proprio nemico, all’uomo che odia, di aver agito a fin di bene e in buona fede, cercando di affrontare una situazione di pericolo mortale che pendeva sul capo degli amici, messi a rischio, all’origine di tutto, da lui stesso (Severus). Severus si odia per aver causato questo, perché oltretutto ha servito su un piatto d’argento, all’odiato Sirius, la vita e la morte della donna amata.
Anche se queste auto-accuse sono solo in parte ammissibili, anche se è stato proprio lui, con la sua Scelta di andare a chiedere aiuto a Silente, a cercare di salvare
in extremis la situazione, tormentato dal rimorso, Severus torna sempre e comunque con la mente al Marchio, torna alle colpe, torna all’impossibilità del perdono, torna alle scelte fatte consapevolmente nel verso sbagliato e così tutto, senza alcuna differenza, è sempre riconducibile a lui e ai suoi errori incancellabili.
Ecco, io qui lo vedo molto Serpeverde: vedo quell’egocentrismo, sebbene venato di angoscia, quel desiderio feroce di non essere mai e poi mai in balìa di altri tranne che di sé stesso, così tipica di chi non è stato amato e desidera auto-determinarsi sempre, essere l’unico centro, anche quando questo centro è solo dolore, senso di colpa e disperazione.
Severus, dunque, non può ora rifiutare di riconoscere Sirius come un alleato, nonostante tutto, mettendo da parte risentimenti e afflizioni, perché non solo sente di essere stato lui la causa prima del disastro che lo ha legato per sempre ai Malandrini che odiava, ma anche perché, e concordo con Ida, ora c’è una causa più importante per cui combattere e per la quale occorre essere uniti. E ora, non dimentichiamolo, c’è soprattutto Harry a cambiare la carte in tavola di un rapporto di antica intolleranza reciproca. Mettere da parte tutto per non distruggere le speranze per il figlio di Lily (di cui ancora non conosce la tragica sorte) e per il mondo magico, è un imperativo che Severus non può disattendere e infatti non lo fa. Harry è più importante di Sirius, più importante del proprio orgoglio e del bruciore delle ferite.
Quella mano che stringe a Sirius, provando un odio intenso per quell’ex-compagno che, come sempre, altro non è che odio rivolto verso sé stesso e quello che non è stato lui in grado di fare lasciando la vita della sua Lily in mano di altri, è il segno che Severus ha abbracciato (e sta abbracciando) un percorso di accettazione, lento e difficile, tormentato e contraddittorio, ma inflessibile, un percorso che, ripeto, fa capo a quell’umiltà di cui fa mostra offrendo il Marchio. Un percorso che lo confronta con sé stesso, prima ancora che con gli altri, e di cui “serpeverdescamente” parlando (!) è sempre lui il protagonista assoluto, lui il colpevole, lui quello che può e deve ancora agire ferendosi, torturandosi tra gli spasmi di un’espiazione a cui non pone mai limiti. Lo fa per la causa, certo, ma lo fa anche perché non vuole, non sopporta di potersi risparmiare qualcosa e si sottopone alla pena a cui si è condannato e da cui fa in modo di farsi condannare, perché in tutti quelli che lo disprezzano legge, in fondo, l’odio che prova per sé stesso. Così si fa “bruciare” dal Marchio e dalle maledizioni di Vodemort, come dalla mano di Sirius.
CITAZIONE (Ida59 @ 25/6/2014, 22:49)
Sirius, del resto, odia Severus in modo altrettanto feroce, perché da ragazzino era un impiccione che voleva far espellere Remus ed era interessato alle Arti Oscure. Non ho mai capito molto bene questo odio profondo di Sirus per Severus (mentre l’inverso mi è chiarissimo), visto che Sirius non sapeva che Severus fosse diventato Mangiamorte (è lui stesso a dirlo a Harry durante il 4° anno).
Hai ragione, questo è un fatto che anch’io non ho mai saputo spiegarmi: l’odio di Sirius per Severus. Mentre all’inverso, come hai detto bene, è perfettamente evidente che Severus ha dei buoni motivi per avercela con Sirius, il contrario è difficile da comprendere. Sì, ci sono le questioni della presunta volontà di far espellere Remus e quella dell’interesse per le Arti Oscure, ma non bastano secondo me.
Io, facendo le mie ipotesi, mi sono risposta più o meno in questo modo.
Sirius non è un ragazzo facile. Ha una famiglia terribile e ostile alle spalle, una madre che è pronta a rinnegarlo (e poi lo fa), un carattere ribelle e impulsivo e addirittura, ancora adolescente, se ne va proprio di casa e rompe con i suoi “cari”. La sua situazione, secondo me, presenta fin troppi elementi problematici che, se fatti cadere in altre circostanze o in mezzo ad altre compagnie, avrebbero potuto causargli di sicuro una gran brutta fine. Il fratello Regulus, che per tradizione di famiglia è diventato Serpeverde, poi è caduto nella trappola dei Mangiamorte e infine se ne è tirato fuori al prezzo della vita, è un esempio eloquente di quel che Sirius sarebbe potuto diventare. Ed è un esempio che, tra l’altro, ricorda molto da vicino anche Severus.
Se escludiamo i tremendi fatti successivi che incidono sull’equilibrio di Sirius, come la morte degli amici e la reclusione di dodici anni ad Azkaban, fatti che non servono in questa sede a giustificare il suo odio adolescenziale per Severus, Sirius ha già così un profilo abbastanza complesso e preoccupante.
Io ho sempre pensato che sia stato proprio questo suo stare ad un passo dal baratro ad alimentare l’antipatia per Severus, presto trasformata in odio. L’odio per qualcuno nel cui riflesso si immagina di scorgere lampi inquietanti di sé stessi.
Severus, anche senza Marchio, anche senza che si sapesse che era diventato un Mangiamorte, era considerato a tutti gli effetti come tale. Era diverso dagli altri, più riservato, migliore a scuola e, presumibilmente, corretto nei comportamenti, fatte salve le dubbie frequentazioni di cui, comunque, non condivide eventuali bravate. Ma era anche un ragazzo solo, con una famiglia difficile, valori distorti, cattive compagnie, affetti mancati: un profilo che sarebbe potuto essere, in parte e con le dovute cautele, anche quello di Sirius, se non fosse che quest’ultimo è riuscito (in parte anche suo malgrado) a trovare delle ancore di salvezza che, per esempio, nella vita assolutamente priva di amore e riferimenti di Severus, non ci sono state.
Gli amici e una famiglia “adottiva” (i Potter), tanto per dirne qualcuna, sono fra queste ancore.
Sirius incontra sul treno James e prova un’immediata simpatia per lui (come dimostra il fatto che lo spalleggia subito contro Severus) è impressionato dall’orgoglio con cui James parla di Grifondoro, la casa di suo padre, e forse il giovane Black desidera, per ripicca contro la famiglia, entrare a farne parte. Sirius è inoltre ansioso di dimostrare di essere “uno a posto”, a sé stesso e anche ad un James che rimane stupito quando lo sente ammettere che tutta propria la famiglia è stata in Serpeverde. Ecco, io questa scena la vedo un po’ speculare, fatte salve le diverse sfumature, a quella dipinta per Harry e Ron: i due bambini condividono lo scompartimento, si fanno simpatia e Ron mette in guardia Harry sulla casa di Serpeverde, di cui ha fatto parte Voldemort. Harry, ingenuo e cresciuto tra i babbani, nonché consapevole che Voldemort è l’assassino dei suoi genitori, logicamente spera di non essere messo in quella casa dalla fama così oscura, vuole essere “giusto”, ricorda le parole del nuovo amico quando indossa il Cappello Parlante e prega, senza pensarci due volte, di non essere smistato in Serpeverde. Sono piccole cose, ma poi cambiano i destini.
Sirius viene quindi smistato in Grifondoro (il Cappello tiene conto della sua scelta, come tiene conto di quella di Harry), rompendo la tradizione di una famiglia con cui man mano entra in conflitto sempre più aperto non solo in quanto ragazzo turbolento e dal temperamento focoso, ma soprattutto per via dei principi che non condivide, un allontanamento ed una solitudine che però vengono presto compensati dall’incontro con dei cari amici con cui stringe un legame profondo, destinato ad indicargli la via, come una stella polare, per tutto il resto della sua vita.
James, in particolare, è il preferito, il migliore amico. I due mostrano una complicità totale e incondizionata, una relazione che non è sbagliato definire fraterna e lo diventa, ad un certo punto, in senso letterale, quando la famiglia Potter accoglie come un figlio l’”esule” sedicenne Black in fuga da Grimmauld Place (si pensi che in qualche modo i Weasley fanno lo stesso con Harry). Insomma, James ha una famiglia amorevole, l’affetto, la serenità e divide tutto con Sirius, lo rende parte della propria vita e io presumo, perciò, che quando in James comincia a sbocciare l’interesse e poi l’amore per Lily, Sirius si prende il non richiesto “carico” di difenderlo, in qualche modo, facendo da scudo a James proprio come farà da padrino ad Harry. Perché lo fa? Perché ha bisogno di impegnarsi per il bene, ha bisogno di essere “a posto”, come quando aveva undici anni. In altre parole, Sirius si è conquistato passo dopo passo una vita soddisfacente, un gruppo di amici che non vuole perdere e poi un amico (quasi un fratello) innamorato che si propone di difendere, assetato com’è di fare la cosa giusta, a differenza di quella terribile famiglia d’origine che si ritrova: ora ha degli obiettivi corretti e tutti suoi per cui battersi. Ha chiuso con i Black, ha i suoi affetti profondi, ha la sua solidità, ha trovato il suo senso.
Ecco perché Severus è vissuto come una minaccia odiosa da scacciare via, perché secondo me, in fondo, Severus gli richiama l’ombra alla mente. L’ombra del dolore e della solitudine che hanno alitato su di lui soltanto un po’, sfiorandolo con la loro aria gelida, ma che non si dimenticano.
Severus è un elemento di disturbo, uno scomodo rompiscatole cupo e scontroso che ronza sempre attorno a loro, in cerca di che cosa? No, non di amicizia, pensa Sirius, uno così non può mica avere amici e poi loro, figuriamoci!
No, è vero. C’è dell’altro. Qualcosa di più profondo, secondo me. Qualcosa che Sirius, già appagato dal rapporto con i suoi, di amici, gli amici del cuore, non può sapere, non può vedere, non riesce a capire; il fatto che dietro quella curiosità ossessiva di Severus nei loro confronti, non si nasconde tanto un interesse malvagio e contorto verso di loro, quanto lo struggente incompiuto desiderio di conoscere qualcosa da cui è stato sempre escluso, il calore di un gruppo, l’accettazione. In Severus, sebbene senza che ne sia lui stesso necessariamente consapevole, io credo si annidi la sofferta gelosia che un’amicizia e una complicità così intensa, come quella dei Malandrini, può suscitare in quel ragazzo che non conosce altro che disprezzo, solitudine ed abbandono, che non è stato mai protetto da nessuno, né tantomeno accolto come fanno i Potter con Sirius. Quando Sirius pensa che “uno come lui” non può avere amici, è come se dicesse a sé stesso (molto in fondo a sé stesso): “guarda che fine avresti potuto fare”.
Può essere cercato anche qui il motivo di tanto odio da parte di Sirius? Può essere che Sirius, pur non capendo pienamente le ragioni di Severus, intuisca in Snape l’esistenza di alcuni tratti in comune con il sé stesso che avrebbe potuto essere, se la sua esistenza non avesse preso una piega diversa a scuola? Può essere che Sirius, più o meno consapevolmente, intenda “proteggere”, anche se in modo irrazionale, quel mondo appagante e giusto che ha costruito intorno a sé con fatica liberandosi da quel che avrebbe potuto trascinarlo a fondo e che ora gli suscita rabbia e disprezzo quando ne scorge la proiezione negli altri, come in Severus, ad esempio?
CITAZIONE (Ida59 @ 25/6/2014, 22:49)
E qui ucciderei Silente per quella parola leggera “dissapori” che ha usato, quando sa benissimo cosa Severus ha passato da ragazzino per colpa di Sirius e non fa certo fatica ad immaginare quanto Severus possa odiare Sirius avendolo ritenuto per 12 il traditore della sua Lily.
Eppure Silente passa tranquillamente sopra i sentimenti di Severus (e quelli di Sirius) e impone una pace necessaria. E che sia necessaria non lo discuto. Infatti non lo discutono neppure i due interessati.
Eh sì, sono d’accordo. Anch’io ho avuto immediatamente la stessa reazione, subito frenata dalla consapevolezza che il Preside deve aver scelto di parlare così perché non sarebbe stato utile ricordare, in quel momento già delicato, il grave peso che invece ebbero quegli eventi: mentre Sirius e Severus sono in procinto di darsi la mano, sarebbe come soffiare forte sul fuoco.
In più c’è sempre il problema, come si diceva con Chiara, nell’altra discussione, che gli eventi di bullismo subiti da Severus non sono mai e poi mai rappresentati nei libri esattamente per ciò che sono, cioè fatti gravi. L’unica volta in cui accade, non a caso, è dopo che Harry ha visto nel Pensatoio il “peggior ricordo” e va a chiedere spiegazioni agli amici del padre mostrandosi colpito e offeso da quello a cui ha assistito. Qui, non lo nascondo, la
pottervisione mi è parsa un inserto di straordinaria bellezza.