Il Calderone di Severus

Ida59 - Forza e resistenza del cristallo ovvero L'Innamorata, Genere: Angst, Introspettivo, Romantico - Epoca: HP 6^ anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Pers. Originale Silente Lupin McGranitt Draco Voldemort Avvertimenti: AU

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view post Posted on 5/4/2017, 15:45
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I ♥ Severus


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Cristallo2CopRID



Raccolta “In difesa di Severus Piton”
Raccolta “Cristallo Nero”

§


Forza e resistenza del cristallo
ovvero
L’innamorata





Autore: Ida59 (prosa) Earendil (molti degli inserti poetici) (giugno - novembre 2007)
Beta (e lettori “in anteprima”): Nykyo (Astry, Earendil, Mony70, Starliam)
Censura: PG
Genere: introspettivo, drammatico, romantico.
Personaggi: Severus e Crystal, con la partecipazione di Silente, Bellatrix, la famiglia Malfoy, Voldemort, Lupin, McGranitt, il Trio.
Pairing: Severus/ Crystal
Epoca: HP6 e post HP6
Avvertimenti: Nessuno
Riassunto: Questa storia ripercorre gli avvenimenti del 6° libro rilevanti per Severus Piton, direttamente visti dai suoi occhi e vissuti attraverso la sua profonda sofferenza e intensa solitudine. Rappresenta quindi la “mia” personale verità su quei terribili fatti, perorata con le accorate parole di difesa di Crystal, quale ultimo atto del mio appassionato sostegno per questo personaggio che tanto amo, prima dell’uscita del 7° libro.
E’ la continuazione di “Luci e ombre del Cristallo – ovvero – La studentessa”, cui seguirà la storia di chiusura della trilogia di Cristallo Nero: “Trasparenza e Purezza del Cristallo – ovvero – La compagna”.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale di Crystal, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Nota: La storia è stata interamente pensata, costruita e organizzata nell’estate 2006, quindi prima di leggere HP7, anche se la maggior parte è stata scritta (salvo qualche pezzo qua e là) solo dopo. La lettura dell’ultimo libro della saga non ha modificato la trama della storia, per cui non ci sono spoiler del 7° libro che già non girassero prima della sua pubblicazione: le mie idee, a dir la verità e presuntuosamente parlando, erano anche migliori di quelle di JKR ed è proprio per questo che l’intreccio della fic è rimasto invariato e ripercorre, approfondendole, idee già esposte nelle mie storie appartenenti alla raccolta “In difesa di Severus Piton”
Non posso negare che qualche informazione secondaria di HP7 sia richiamata nella fic, anche se in modo indiretto e mediato. Insomma, potete leggere la storia senza tema di beccarvi spoiler indesiderati sul 7° libro. Quelle minime cose che hanno una certa attinenza con il libro, le individuerete solo dopo aver letto il libro stesso, ammesso che ancora vi ricordiate quello che avete trovato nella mia storia.
Inizialmente questa storia doveva rappresentare la “mia verità” sui fatti del 6° libro ed esporre poi le mie idee sul settimo. Ma, mentre la scrivevo, si è allungata a dismisura e ho deciso di dividerla in due parti, seguendo più o meno la linea temporale dei due libri, anche se questa storia si trascina oltre la fine del sesto anno di scuola, per arrivare fino all’inizio dell’anno scolastico successivo.

Nota di Earendil (su EFP noto come Manuel Lanhart) autore di molti inserti poetici composti per questa fiction.
Commentando come Beta questa bellissima storia di Ida, e grazie all’ispirazione che le sue pagine hanno saputo infondermi, era sorto in me il desiderio di collaborare a questo lavoro, componendo versi che i vari capitoli sembravano suggerirmi.
E così, poiché Ida ha meravigliosamente accettato, ecco pronta la sua lunga e potente storia sull’eroe che ha saputo fare di Severus Piton, e chi ha già letto di lei sa a cosa mi riferisco. Come il prequel di questa storia d’amore e di guerra (mi piace definirla così), anche qui ogni capitolo mostra inserti poetici, di mostri sacri della letteratura non solo italiana, insieme ai miei umilissimi versi, che ho cercato di rendere il più coerenti possibile con la storia.
Fermo restando che il mio è solo un piccolo contributo, sono felice e orgoglioso di aver potuto esprimere in questo modo la mia riguardo a questa unica e intensissima fiction, e ancora un ringraziamento a Ida di avermi concesso tale opportunità.
I versi, infine, giocano spessissimo sui sentimenti del protagonista, nei punti di particolare importanza e drammaticità della storia, ma non solo: troverete una passione smisurata che solo il destino saprà premiare o meno. Beh, chi leggerà, vedrà! Insomma, ho approfondito quanto già di esauriente era stato detto dall’autrice nelle parti in prosa, dotate di altrettanta liricità.
La mia è la visione dell’animo in chiaroscuro di Severus Piton, che abbraccia e sposa in tutto e per tutto quella di Ida, con la quale è stato indimenticabile lavorare.

Ringraziamenti:
A Earendil, mio adorato Giovin Poeta, che ha voluto regalare a tutti noi la lirica delle sue appassionate emozioni. Per non parlare dei suoi stupendi commenti, che ho spesso poi trasfuso nella mia prosa.
Ad Ale-chan, che mi ha ricordato che esistono anche tanti poeti italiani cui attingere, oltre al Baudelaire della prima parte di Cristallo Nero ed ai poeti del tardo romanticismo inglese e francese.
Alla mia Beta Niky, per l’accurato lavoro svolto, per i suoi consigli sulla trama, per il sostegno che mi ha sempre dato.
A tutti i miei “lettori in anteprima” che, con i loro commenti, hanno reso indubbiamente migliore questa storia e ne hanno anche ispirato alcuni brani.


Raccolta “Cristallo Nero”:
“Luci e ombre del Cristallo – ovvero – La studentessa”
“Forza e Resistenza del Cristallo – ovvero – L’Innamorata”
“Trasparenza e Purezza del Cristallo – ovvero – La compagna”.


Raccolta “In difesa di Severus Piton”
:
“Solo il mio dovere”
“Un uomo che sa uccidere gli amici”
“Non era odio”
“Scelte”
“Maschere di sangue”
“Luci e ombre del cristallo – ovvero – La studentessa”
“Condannato a vivere”
“Riflessi di sangue”
“Brindisi per un amico”
“Sfumature di sorriso”
“Premio di mezzanotte”
“Un sogno nell’oscurità”
“Forza e resistenza del cristallo – ovvero – L’innamorata”



Indice


1. Solo, nell’oscurità
2. Menzogne e lacrime
3. L’inizio della fine
4. Un anno di ricordi
5. La fine di ogni speranza
6. Corsa verso il baratro
7. Harry e Draco
8. Uomo in una notte
9. Mangiamorte tra i Mangiamorte
10. Il mio Inferno
11. Il Patronus
12. Sospeso tra sogno e incubo
13. Magia, amore e nostalgia
14. Ricordi d’un sogno
15. Folgorazione
16. In difesa di Severus Piton



Forza_e_resistenza



Edited by Ida59 - 30/11/2022, 10:21
 
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La mia raccolta di 13 one-shots “In difesa di Severus Piton” (scritta tra l'agosto 2005 e il novembre 2007) nasce dalle dolorose emozioni provate leggendo HP6. Ho avuto, e avrò ancora bisogno, di scrivere diverse storie per assorbire e cercare di neutralizzare il dolore nato dalla lettura del finale di HP6, per cercare di spiegare a me stessa, e a chi altro vuole stare ad ascoltare, quali sono stati i motivi che hanno spinto Piton a compiere determinati gesti e quali sino stati i sentimenti e le emozioni che ha provato.
E che, soprattutto, Severus Piton continua lealmente e dolorosamente ad obbedire agli ordini di Silente.
Ovviamente tutte queste storie contengono rilevanti spoiler del 6° libro, ma anche del 7° libro, benché quasi tutte le storie io le abbia scritte prima di leggere la spiegazione ufficiale di JKR. Ma, in un certo senso, chi amava Severus e sapeva guardare oltre le apparenze e dietro alla sua maschera, sapeva da sempre qual era la verità.

"In difesa di Severus Piton"



“Solo il mio dovere”
“Un uomo che sa uccidere gli amici”
“Non era odio”
“Scelte”
“Maschere di sangue”
“Luci e ombre del cristallo – ovvero – La studentessa”
“Condannato a vivere”
“Riflessi di sangue”
“Brindisi per un amico”
“Sfumature di sorriso”
“Premio di mezzanotte”
“Un sogno nell’oscurità”
“Forza e resistenza del cristallo – ovvero – L’innamorata”


 
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cristalloneroGRANDE



Ecco la lunghissima trilogia di Cristallo Nero composta da

“Luci e ombre del Cristallo – ovvero – La studentessa”
“Forza e resistenza del Cristallo – ovvero – L’innamorata”
"Trasparenza e purezza del Cristallo - ovvero - La compagna"


e con le appendici di
"Violino"
"Colazione in Sala Grande"




Tre lunghe storie per accompagnare Severus Piton nel corso degli avvenimenti dei libri dal 5° al 7°.
La prima storia serve per introdurre il complesso personaggio di Crystal (La studentessa), che nel corso della seconda storia maturerà lentamente il proprio amore per Severus (L’innamorata), fino a restare coraggiosamente al suo fianco (La Compagna) nella terza storia, quando Piton si troverà ad essere solo tra i Mangiamorte, da tutti creduto traditore ed assassino di Albus Silente.
Nella prima storia vedremo tutte le ombre, ma anche le luci, che ci sono in Severus e la sua immensa capacità di amare e di compiere il proprio dovere.
Nella seconda storia potrete invece apprezzare tutta la forza ed il coraggio del personaggio, odiato da tutti, eppure, proprio come il cristallo, resistente e capace di riflettere la luce che Crystal ha saputo portargli.
Nella terza storia, infine, c’è la mia personale visione di come sarebbe dovuto essere il 7° libro (e continuo a pensare che la mia storia mi piace molto di più dell’originale di JKR), tra i luminosi riflessi dell’anima di Severus e la purezza del suo cuore.
Inutile dire che il Cristallo del titolo delle storie è quello degli splendidi occhi di Severus, profondamente neri, eppure luminosi.


 
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view post Posted on 27/8/2022, 17:54
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Come già fatto per la prima storia della trilogia di Cristallo Nero (Luci e ombre del cristallo) ho effettuato la revisione stilistica anche della seconda storia.

Il mio stile è migliorato e le vecchie storie (questa è del 2007) sono da rivedere: occorre ridurre gli avverbi in "mente" (un tempo adorati e usati con eccessiva generosità), gli aggettivi possessivi, "questo" e soprattutto "quello", i "che", appesantimento della linearità delle frasi, le inversioni sostantivo-aggettivo, gli aggettivi ridondandi e, in generale, alleggerire lo stile rendendolo più fluido e piacevole da leggere.

Inserirò i capitoli aggiungendo REV nell'indice. Nel limite del possibile aggiornerò circa ogni due giorni, ma dal 2 al 17 di settembre sarò al mare e potrei perdere qualche colpo.

La decisione di revisionare la storia è dettata anche dalla decisione di pubblicare le mie fic in formato cartaceo, per l'esclusivo mio diletto di leggerle in "formato romanzo".

La stampa cartacea ha un costo che diminuisce all'aumentare della tiratura. Se qualcuno ne desiderasse una copia, prego di contattarmi in privato. Trovate tutte le spiegazioni sul mio blog

A presto.

Edited by Ida59 - 27/8/2022, 19:14
 
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view post Posted on 28/8/2022, 14:07
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1. Solo, nell’oscurità



Tenebre.
Apro gli occhi.
Buio nero e oscuro.
Ancora una volta li richiudo, sofferenti, troppo stanchi per sfuggire ancora a un sonno carico d’incubi fin troppo conosciuti.
Di nuovo, solo tenebre.
Buio profondo e infinito.
Sono avvolto dall’oscurità, che preme anche dentro di me.
Sono io, l’oscurità.

Non mi sento nessuno salvo un’ombra
di figura non vista e che stupisce,
e in nulla esisto come fredda tenebra. (1)


Quattro mesi di notte ininterrotta, senza speranza che il sole possa sorgere.
Un lampo verde nella notte, poi solo un profondo e insopprimibile dolore, che strazia la mia anima ormai dannata.
Un anno prima di quella notte sulla torre, avevo lasciato andare via la mia sola luce, perdendo il mio amore meraviglioso: avevo rinunciato a Crystal, spingendola ad abbandonarmi, spaventandola con le sue paure, allontanandola per sempre da me.
Crystal!
Dolce suono sulle mie labbra, a torturare un povero cuore che non vuole rassegnarsi.
Crystal, mio dolce, delicato, incantato amore!
Un anno senza di te, interminabili giorni d’atroce mancanza, incatenato tra rimpianto e dovere, obbligato a rinnegare l’amore e il calore, ricordi come briciole di felicità che, per pochi giorni, avevano irretito il mio cuore.
Ho voluto, ho dovuto, perdere la mia Crystal, sperando di sacrificare la mia vita per lui.
Invece, in quella notte maledetta, due imperdonabili parole, uscite dalle mie labbra di ghiaccio, hanno ucciso l’amicizia e il sorriso di un vecchio cui volevo bene come a un padre.
Volevo solo morire, Albus!
Invece, ho dovuto vivere.
E uccidere.
Ancora una volta.
Uccidere te, Albus, l’amicizia e la fiducia, e insieme seppellire l’amore e la speranza d’un futuro.
Sull’alto della torre, nelle tenebre della tua fine, trafitte dalle stelle verdi del Marchio di morte, ho annientato la mia anima.
Il piccolo brandello rimastone, che Crystal era amorevolmente riuscita a ricucire dopo lo strazio della notte in cui ero diventato un mostro uccidendo con l’orrore dei miei ricordi. (2)
Ho ucciso ancora, per obbedire a un amico e salvare un ragazzo, per impedirgli di fare la scelta sbagliata che io commisi tanti anni fa, in un’altra vita, che non mi appartiene più: la mia esistenza è volta solo alla vendetta, a distruggere la causa della mia perdizione.
Sono sceso all’inferno con la mia anima perduta, condannato a vivere nell’attesa del mio sogno di morte, per godere, fosse anche solo per un fugace istante, della fine della tua immortalità, Oscuro Signore rubasti l’innocenza di un ragazzo troppo infelice e solo, carico d’odio contro il mondo intero, per comprendere il tuo ripugnante inganno, grondante di sangue innocente.
Ora sono qui, immerso nelle tenebre della tua inespugnabile fortezza: m’inchino a baciare la tua veste e ordisco la trama della tua morte.
Sperando solo che, subito dopo, giunga anche la mia agognata fine a liberarmi dall’incubo che chiamo vita.

*


Un’altra lunga notte insonne in cui, per sfuggire agli incubi che nel sonno mi ghermiscono con sottili mani scheletriche, sopraffatto dalle tenebre, dentro e fuori di me, mi abbandono ai ricordi e al dolore dei rimpianti.

*
Ricordiamo, vita mia,
i nostri pensieri fino al rimpianto.
… … …
Ahimè! Quando ricordo
vorrei poter dimenticare.
… … …
La mia anima è il centro vivo
dei sogni che non ci sono più.
… … …
Com'è facile ricordare
quando la memoria vuoI dire rimpianto!
… … …
Tutta la nostra anima è rimpianto.
Rimpianto di ciò che ricordiamo
e rimpianto di ciò che dimentichiamo.
… … …
Sulla tomba del mio passato
risplende una rosa rossa in pieno rigoglio.
… … …
La nostra vita vuole ricordare
e il nostro desiderio dimenticare.
… … …
La rosa rossa è morta.
Così come quel che ero è ora morto.
… … …
Potessi sperare di dimenticare, pallida cenere,
senza struggermi o rammaricarmi!
O potessi sperare di ricordare
senza desiderare di dimenticare! (3)


Il ricordo di te, amore mio, mi assale all’improvviso, ogni volta imprevisto e sempre più doloroso.
S’insinua in profondità nel cuore, a farne strazio, mentre il desiderio tormenta ogni fibra del mio corpo e con gli occhi della mente ti rivedo bellissima, sorridente, gli occhi pieni di luce.
Eri la mia speranza, Crystal, il mio futuro, la rosa rossa che sfioravo delicato, le dita tremanti, inebriandomi del tuo profumo.
Ti ho avuto, una sola volta, ed eri mia, meravigliosamente mia, profondamente mia… una sola volta…
Come vorrei cancellare ogni ricordo di te, mio dolce amore, e, nell’oblio, smettere di soffrire per la tua mancanza.
Eri un sogno, il mio ultimo sogno, ma anche tu ti sei infranta sulla scia insaziabile delle mie colpe passate, come ogni altra mia illusione. (4)
Eri l’utopia più bella e più forte, non la chimera di un ragazzo ma quella di un uomo, ed io nel miraggio avevo di nuovo creduto, riprendendo a vivere, riuscendo ad accettare me stesso e le mie colpe, per amor tuo.
Avevo ancora bisogno di credere nell’amore e nella felicità, per vivere!
Uno splendido sogno, Crystal, durato solo lo spazio d’un bacio a unire le nostre anime, e un intenso sussurro che, sulle tue labbra, coniugava il mio nome con l’amore.
La tua anima preziosa vive nel mio ricordo, unico riflesso di luce concessomi dal mio dannato passato, profumato angolo di paradiso perduto che ancora mi sostiene adesso che sono di nuovo caduto negli abissi, sprofondato dalle eteree nuvole che avevi tessuto per me, dove il dolente rimorso delle mie colpe era solo lontana eco terrena che non m’impediva più di vivere e amare.
Tra le mie mani, invece, stringo una rosa appassita: ho dovuto uccidere il tuo amore, per salvarti da me stesso, ma con lui anch’io sono morto.
Eppure, ancora piango muto per te, mio indimenticabile amore, nel silenzio di queste gelide tenebre.
Non si odono angoscianti grida di prigionieri torturati, questa notte, e, orribilmente, me ne dispiaccio: se li udissi, i rimorsi m’impedirebbero di sognare il tuo viso, mi negherebbero la lancinante grazia del ricordo dei tuoi baci.
Invece, questa notte, con angoscia ricordo: il cielo luminoso dei tuoi occhi, l’oro soffice dei lunghi capelli, il profumo intenso ed eccitante, le labbra morbide e calde che incontrano le mie, la pelle fremente sotto le dita delicate.
Ricordi strazianti, insopportabilmente dolenti, pieni di un ardente, impossibile amore.
Un uomo non dovrebbe ricordare, se non è più capace di sognare.
Un uomo non dovrebbe amare, se non è più vivo.

*


Serro forte gli occhi, cancellando il tuo viso, negando lacrime cocenti e disperazione infinita, e ripercorro con la mente gli avvenimenti degli ultimi sedici mesi in cui tu non sei più stata nella mia vita.
Voglio ricordare l’inizio della fine e ciò che n’è conseguito.
Voglio spietatamente rivedere i miei errori.
E’ l’unico modo per scacciare il tuo ricordo, insostenibile tortura per un uomo condannato a vivere senza più poter sognare di amarti.

*


Forse dovrei cominciare dalla notte scura, nella fredda estate dei Dissennatori, quando bussarono alla mia porta. Il topo di fogna fingeva di dormire in camera sua, mentre io stavo leggendo, come sempre.
Ci sono solo libri, a Spinner’s End, null’altro.
Salvo memorie, ovviamente infelici.
Tutti libri messi da me: ne ho tappezzato le pareti, li ho stipati stretti nelle librerie, affinché i ricordi della passata vita in questa casa svanissero. Ma loro sono ancora tutti là, intrappolati nella sottile intercapedine tra muro e libri, tenacemente e dolorosamente vivi, a ricordarmi il bambino che ero e il giovane che diventai. I miei amati libri sono la lucente superficie che riflette chi sono adesso, ma non possono annullare il passato, non riescono a zittirlo, non sono in grado di modificarlo.
Mi chiedo se sono mai stato davvero felice, nella mia vita, oltre i brevi giorni con Crystal.
Di sicuro, nella squallida casa di Spinner’s End la felicità non è mai esistita: non per quanto mi sforzi di rammentare.
Solo cupa tristezza, mischiata alle lacrime di mia madre, e opprimente insoddisfazione, annegata nei liquori scadenti di mio padre.
Ne percepisco ancora il puzzo, insieme con quello della ciminiera: portava con sé polvere nera che si appiccicava ovunque, sui miei vestiti scompagnati e sui capelli trascurati e sporchi che adombravano un viso troppo magro e pallido.
Odo ancora le loro voci stridule e irate, indifferenti alla mia presenza, il rumore secco di uno schiaffo e la bacchetta che rotolava per terra.
Avrebbe potuto fermarlo con un solo gesto, ridurlo all’impotenza con una parola.
Ma non lo fece mai.
Lo amava, come amava me.
A modo suo.
Ricordo anche i suoi rari baci e le carezze affrettate. Ma, soprattutto, rammento l’orgoglio nei suoi occhi neri, proprio come i miei, e il sorriso a illuminarle appena il volto pallido e arcigno quando compivo un’involontaria magia.
Poi, le percosse di mio padre, piene di paura per le mie capacità, e il breve sorriso svaniva dal suo volto, prima che se la prendesse anche con lei, accusandola d’incoraggiarmi a fare stregonerie.
E gridava, inneggiando a roghi e torture, mentre cercava una nuova bottiglia sul fondo della madia.
Non era colpa sua, lo scusava mamma quando eravamo soli: non era così, prima di perdere il lavoro, prima che il mondo gli crollasse addosso, prima di scoprire che ero diverso dagli altri bambini e anche sua moglie non era come le altre donne.
Non era colpa sua, continuava a ripetermi: Tobias aveva solo paura del nostro potere, perché non riusciva a capirlo.
Così, tanti anni fa, commisi la mia prima colpa, senza saperlo, venendo al mondo con la magia nel sangue. Fu solo a causa mia che mio padre smise di amare mia madre: quando scoprì che ero un mago e lei una strega.
Aveva dovuto confessarglielo a seguito delle mie involontarie magie, troppo potere magico che sfuggiva alla mia incapacità di controllo di bimbo di pochi anni.
Non impiegai molto a capire che ero io la causa di tutto, anche se mia madre negava: cercai in ogni modo di controllare il mio potere, di ingabbiarlo e trattenerlo, almeno quando lui era presente.
Ma era difficile, troppo difficile, e la magia sfuggiva dalle mani infantili, potente e incontrollabile.
Lui urlava.
Lei piangeva.
Ed io mi rintanavo in un angolo, odiandomi sempre più.
Poi, però, ricordavo il guizzo d’orgoglio negli occhi di mamma e la sensazione di potere provata nel sapere che ero io l’origine di quelle cose strabilianti; incominciai a esercitarmi, a sforzarmi di trovare dentro di me la chiave di quel potere.
L’orgoglio balenava ancora nei suoi occhi, davanti alle mie crescenti capacità, rendendola bella e di nuovo viva: mi parlava con entusiasmo del mondo dei maghi e del mio brillante futuro, e, violando regole che ancora non conoscevo, m’insegnava incantesimi e sortilegi; per implorarmi, poi, passato l’attimo d’esaltazione, di non usarli mai davanti a Tobias. E, come avevo imparato a fare magie volontarie, usando la sua bacchetta, imparai presto a controllare i miei poteri, che solo in casi eccezionali sfuggivano al mio controllo.
Fu inutile: tra i miei genitori vi era ormai l’abisso scavato dalla magia: mio padre non riusciva né ad accettarla né a dimenticarla.
Non fargliene una colpa, m’implorava mamma, che non aveva mai smesso di amarlo: non è colpa sua, ripeteva sempre.
Io lo sapevo. No, non era colpa sua.
La colpa era solo mia.
Avevo svelato l’esistenza della magia a un essere troppo fragile per accettarla.
Per anni mi sono chiesto se odiassi mio padre e per anni non volli rispondermi, temendo la risposta affermativa.
Molti anni dopo trovai la sentenza sulla sua tomba, prematuramente raggiunta con il fegato spappolato dall’alcol. Lo dissi a mia madre, che gli riposava accanto: l’aveva raggiunto dopo pochi mesi, ritenendosi colpevole della morte dell’uomo, manesco e brutale per paura e per debolezza, che non aveva mai smesso d’amare.
Le dissi che, sì, l’avevo odiato, quando ero ancora troppo bambino per capire cosa fosse l’odio, ma che dopo, quando cominciai a comprendere, mi aveva solo fatto pena, per la sua fragile inferiorità di Babbano in confronto a noi maghi.
Ma che non era colpa sua.
No, non era colpa sua.
Ma neppure mia.
Per quanto tempo, da bambino, mi sono portato dietro la responsabilità di aver rovinato il loro amore e le loro vite!
No, non era colpa mia.
No, non lo era.
Impiegai anni a comprenderlo, dovetti compiere tanti errori, troppi, prima di arrivare alla verità.
Me la rivelò un uomo, in una notte nera come questa, piena di disperazione e sangue.
La rivelò il terrore dei suoi occhi, davanti alla mia bacchetta che si alzava su di lui, per ucciderlo, sfogando il mio odio represso.
La rivelarono le sue implorazioni, poche parole tremanti mentre si preparava a morire:
- Perché? Perché vuoi uccidermi? Anche io sono un uomo, un uomo come te. Anche se voi mi chiamate Babbano.
Nei suoi occhi, enormi, c’era la stessa paura che albergava in quelli di mio padre quando mi guardava, bambino, compiere una magia.
- Non è colpa mia, non è colpa mia se sono solo un Babbano.
Abbassai la bacchetta e le palpebre.
Erano le stesse parole che mio padre mormorava a mia madre, piangendo, una volta passata la sbornia, pentito di averle fatto del male, ancora una volta.
No, non era colpa tua, papà, non era colpa tua se eri solo un Babbano.
Non è una colpa, non possedere la magia.
La colpa è uccidere.
Ed io l’avevo già fatto troppe volte, fino a quel momento.
Ma non quella sera, non quel Babbano con la stessa paura di mio padre negli occhi.
Questo dissi a mia madre, sulla loro tomba, ma avrei tanto voluto poterlo dire a lui, a mio padre, che aveva sempre e solo avuto paura d’amarmi.

Dell'essere umano mi vanto e mi vesto
ma se di effigie bambina fai mostruosità
la morte non alberga nel mio cuore.
Il fato volgerà l'innocenza a peccato,
ma del destino io sono l'emblema
di forte ed eterno coraggio.
Lascia che il velo cada dall'apparenza,
e in verità sarò me, padre,
nella natura di amarti, e di amarci. (5)
*


In questa interminabile notte nera, i pensieri sfuggono al mio controllo e questo ricordo, così lontano, è tornato a galla, inopportuno e pungente, a rammentarmi altre colpe, quelle all’origine di tutta la desolazione della mia vita.
Scelte sbagliate e colpe imperdonabili, per le quali ho pagato e continuo a pagare, la vera causa di tutti i miei sogni infranti, il motivo per cui ho dovuto perdere anche Crystal.

Ma il mio cuore
roso da serpenti,
quello ch’era appeso
all’albero della scienza,
sta in te,
notte nera?
………
Il mio amore errante,
castello cadente,
di ombre arrugginite,
sta in te,
notte nera?
………
O grande dolore!
Nella tua grotta
accetti solo l’ombra.
Non è vero,
notte nera? (6)


Solo io ne sono responsabile; non una donna infelice, prigioniera del suo sogno d’amore, la cui fine l’aveva resa rinunciataria e incapace di accudire il figlio; non un uomo debole, vittima delle proprie paure, rifugiato nell’alcol rifiutando di accettare l’esistenza della magia.
Solo io ho scelto, forse anche sospinto dall’onda del paterno rifiuto iniziale, che mille volte si è ripetuto davanti ai miei occhi, da parte di chi mi stava intorno: la mia migliore amica, i compagni di scuola, i professori.
Ma non sono stati loro a scegliere per me.

Io ho scelto l’Oscuro Signore, io ho sbagliato, io ho ucciso.
Loro sono rimasti a guardare, alcuni indifferenti, altri preoccupati, altri ancora hanno cercato di fermarmi, mentre qualcuno mi ha spinto nella direzione sbagliata.
Nel baratro ci sono entrato io, di mia spontanea volontà, accecato da false promesse e folli ideali. Ancora oggi mi chiedo come ho potuto, proprio io, dalla mente brillante e dalle grandi capacità magiche, cadere nell’inganno, come ho potuto non capire, perché non mi sono fermato in tempo?
Perché sono stato così cieco da scendere volontariamente all’inferno?
Una domanda posta troppe volte, senza alcuna logica risposta.
Una scelta sbagliata, senza scusante.
Poi, solo colpe irrimediabili, per le quali non pagherò mai abbastanza.
Anche se ormai ho perso tutto ciò a cui tenevo e mi è rimasta solo questa vita, che mille volte avrei voluto offrire al posto di quella di altri.

Al posto di quella di Albus.
Ma ho ancora il mio dovere da compiere, senza commettere altri errori, dalle tragiche conseguenze, come quello che commisi davanti alle sorelle Black.
Io sono la spada che si forgia da sé nel rovente metallo del dolore.




1. Ferdinando Pessoa: tratto da “Sùbita mano di un fantasma occulto…”
2. Vedi i capitoli 18 e segg. di “Luci e ombre del Cristallo”
3. Ferdinando Pessoa – Dalla raccolta “Il Violinista Pazzo”: tratto da “Monotonia”.
4. Vedi il capitolo 10 – Sogni Infranti di “Luci e ombre del Cristallo”
5. Earendil
6. Garcia Lorca - “Libro de poemas”: tratto da “Ballata interiore”.
 
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view post Posted on 30/8/2022, 20:13
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2. Menzogne e lacrime



Bellatrix non si è mai fidata di me: dopo il ritorno dell’Oscuro ha sempre continuato, con testarda ostinazione, a cercare prove del mio tradimento.
Anche quella sera fece mille insinuazioni, interrompendo di continuo Narcissa, finché, con uno sprezzante sorriso condiscendente, mi decisi a lasciarla parlare: accontentarla subito era l’unico modo per poi ascoltare in pace Narcissa, l’unica di cui mi importasse.
Bella mi sottopose a un fuoco di fila di domande: ero ben preparato e le mie risposte furono perfette.
Predisposte con cura anche per le acute orecchie di Codaliscia, in ascolto dietro la porta, pronto a riferire tutto a chi ancora crede d’essere il mio padrone e ai suoi Mangiamorte, gelosi della mia supposta posizione di favore presso l’Oscuro.
Non era Bellatrix, però, che mi preoccupava; piuttosto Narcissa, così disperata per Draco, che piangeva in disparte mentre parlavo con la sorella.
Mi faceva una pena tremenda e non avevo neppure la forza di guardarla negli occhi.
Qui commisi il mio primo, gravissimo errore.
Avrei dovuto farlo, avrei dovuto fissarla in profondità negli occhi e leggerle senza remore nella mente; sapevo che era importante farlo, essenziale per capire la missione affidata dall’Oscuro a Draco: ne avevo solo un vago sentore, e molti dubbi, tutti da verificare, ma pensai di bluffare, contando sul fatto che, dopo, Narcissa mi avrebbe raccontato tutto.
Invece non l’ha fatto e Bellatrix mi ha incastrato con il Voto Infrangibile.
Prima, però, mi divertii a prenderla in giro, beffardo, a partire dal ripugnante brindisi all’Oscuro Signore, macabramente ispiratomi dal color sangue del vino elfico.
La mia mano strinse con odio il sottile cristallo e faticai a controllarmi: avrei voluto ridurlo in mille pezzi, insieme alla testa di quella pazza fanatica.
Una magra consolazione, con il senno di poi; ma in quel momento solleticava il mio orgoglio fingere che l’Oscuro fosse padrone assoluto della mia mente, quando sono invece l’unico a sostenere senza paura il suo sguardo, mantenendo segreti i miei reali pensieri e concedendogli solo briciole di verità contorta, utili solo alla causa dell’Ordine.
Fui cinico e crudele quando rilevai maligno la totale inutilità, per il suo padrone, del nobile gesto d’aver trascorso quattordici anni di vita ad Azkaban, tra le grinfie dei Dissennatori; ma, lo ammetto, pensavo allo straziante dolore di quell’impiastro di Neville per la pazzia dei suoi genitori, e nulla mi sembrava abbastanza come punizione.
Del resto, per quattordici anni ho finto di vivere nella tranquillità di Hogwarts, attorniato dai miei personali Dissennatori: lei ora se n’è liberata, mentre io non me ne libererò mai!
Compiacqui me stesso mentre la irridevo sottilmente, affermando con voce soave che al Ministero i Mangiamorte avevano affrontato solo inermi ragazzini, sapendo bene che, invece, ero stato proprio io, intuendo i fatti reali dalle ermetiche parole del giovane Potter, a scatenare contro di loro l’intero Ordine della Fenice.
Ma che amara delusione, quella notte, aver dovuto obbedire agli ordini di Silente e rimanere indietro, senza poter intervenire, la maledetta maschera finalmente levata dal volto, a combatterli al fianco dell’Ordine!

La maschera mi suggella all'ombra,
e la mia luce si oscura inesorabile
nella prigione dell'odiata segretezza.
Possa un giorno tu sapere,
possa tu un giorno vedere nelle retrovie
il più tacito e invisibile difensore
smettere di lacerarsi dentro
e rompere le fila dei nemici
urlando a gran voce la sua continua obbedienza. [1]


Invece ho obbedito a Silente, come sempre, e se lo avesse fatto anche l’idiota arrogante di Black, come gli avevo intimato, sarebbe ancora vivo. Altro che aver contribuito a sbarazzarsi di suo cugino! Per quanto non riuscissi a smettere di odiarlo, quella notte feci quanto possibile per salvaguardare anche la sua vita, ma lui, a differenza mia, non ha saputo compiere in silenzio il suo dovere, rispettando gli ordini.
Tutti gli ordini, per quanto possa costare.
Ed io so bene quanto mi è costato obbedire all’ultimo ordine di Silente.
Provai un’intima e profonda soddisfazione sostenendo l’inganno, come già avevo fatto con chi da molto tempo, ormai, non è più il mio padrone, del mio doppio e triplo gioco, contro Silente e a favore dell’Oscuro; l’esser tornato a lui con due ore di ritardo, ma su ordine di Silente, preservandomi in tal modo come sua preziosa, ma del tutto fasulla, spia.
Ricordo ancora adesso l’interminabile e crudele Cruciatus cui mi sottopose, prima di permettermi di pronunciare una sola parola a mia difesa, mentre mi contorcevo a terra e lui cercava di sfondare la mia mente con violenza, alla ricerca della verità.
Ma, nonostante l’atroce e incessante tormento, l’Oscuro ha potuto vedere solo la mia, alterata e preconfezionata verità, senza intuire la grandiosa trappola che io e Silente avevamo predisposto per lui.
Mi dilettai a modulare un incredulo stupore nella voce, all’affermazione che Bellatrix era la più leale e fedele seguace dell’Oscuro Signore. Fu una piccola vendetta appagante insinuare l’amaro sospetto che, dopo il fiasco al Ministero, il suo padrone avesse perso la fiducia in lei, per riporla in me, invece, e avesse smesso di condividere con la sua serva ogni importante informazione.
Il rossore d’umiliazione sul suo volto fu un impagabile sollievo per l’ira che ribolliva in me al pensiero della sua venerazione per l’orrendo serpente.
La schernii, sostenendo di non aver mai cercato il nostro caro padrone, dopo la sua scomparsa, perché come molti altri la mia fede vacillò. Come avrei voluto sibilarle in faccia che sapevo bene, meglio di lei stessa, quali estreme misure avesse preso per fermare la morte.
I suoi Horcrux, i preziosi tesori che ti ha affidato, vero Bellatrix?
Ti lasciasti sfuggire un’inestimabile informazione e, dopo la verifica di un ultimo dettaglio, avrò infine scoperto dove l’hai nascosto; un altro oggetto che protegge un brandello della sua anima maledetta, invece, già l’ho individuato: è la Coppa di Tosca Tassorosso.
Riguardo al povero Lucius, è proprio vero: se non avesse usato il diario ai suoi scopi, Potter non avrebbe potuto distruggerlo. Uno di meno, fortunosamente e senza danni, ma è pur sempre stato un buon inizio.
Infine, quale insolente e temeraria bugia ti rifilai circa il timore di Silente di vedermi ricadere nel vortice delle Arti Oscure, motivo cui mi avrebbe sempre rifiutato, con mio gran scorno e crescente delusione, la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure!
Avevo confezionata questa scusa apposta per l’arroganza del nostro padrone, che aveva maledetto la cattedra molti anni fa, dopo il rifiuto di Silente di affidargliela. Ancora vedo il ghigno sottile nel suo volto di serpente: si beava dell’avvilimento del servo, che, a sua volta, si stava prendendo gioco di lui.
Piccole soddisfazioni, inestimabili per chi deve continuare a umiliarsi, piegando il capo al suo cospetto per baciare l’orlo di tenebra della sua veste.
Che assurde menzogne ti propinai su Potter: come hai potuto credermi?
Che il tuo signore, evidentemente con il senno di poi, fosse felice che non l’avessi ammazzato, perché così ha potuto usarne il sangue per risorgere in quella notte maledetta, quando era stato lui stesso a cercare d’ucciderlo facendo lanciare il malocchio sulla scopa a Raptor!
Quale idiozia pensare che avrei mai potuto uccidere il ragazzo, o farlo espellere dall’unico posto al mondo in cui potevo tenerlo d’occhio, quando ho invece trascorso cinque anni a proteggerlo assiduamente, anche da se stesso e dalla sua folle propensione a cacciarsi nei guai!
Per tornare a Raptor, invece, lì sì che rischiai di rovinare tutto.
Silente sospettava di lui e mi aveva chiesto di tenerlo d’occhio, per proteggere la Pietra Filosofale, ma nessuno immaginava che l’Oscuro Signore avesse preso possesso del suo corpo e ascoltasse le mie parole sibilate per intimorirlo. Con Raptor ho rischiato che il mio gioco venisse scoperto ed è stato il motivo primo per il quale sospettava che lo avessi tradito. L’ho dolorosamente pagato sulla mia pelle, con la tremenda Cruciatus al suo ritorno.
Ma non ho ceduto.
Faticavo a restare serio, quando affermai d’essere sempre riuscito a ingannare Silente perché avevo interpretato bene la mia parte. Certo che ho recitato bene, Bellatrix, e quella sera replicai con gran successo uno spettacolo privato, a uso esclusivo dei tuoi occhi, nonché delle orecchie di Codaliscia: solo che è il tuo padrone che ho sempre ingannato e non Silente, l’uomo che mi ha accolto e aiutato tanti anni fa e al quale devo così tanto!
Già lo pregusto con orgoglioso piacere: arriverà anche per me il momento in cui potrò infine togliermi dal viso questa impassibile maschera di spia e soffiare in faccia a Voldemort tutto il mio odio e la sprezzante soddisfazione d’essere sempre riuscito a raggirare il più grande Legilimante del mondo.
Solo pochi instanti, per i quali sono fin d’ora pronto a morire: in quel momento voglio vedere il suo volto sbiancare e gli occhi rossi, che troppo a lungo hanno violato la mia mente senza rispetto, dilatarsi nello stupore per poi, all’improvviso, afferrare e comprendere il mio complesso imbroglio.
E allora sì che gli permetterò di leggere tra i miei pensieri tutto il rovente odio e l’infinito disprezzo che provo.

Le bugie di cristallo saranno polvere
quando la verità balenerà nuda
innanzi alla tua tenebra piegata.
E il riso brillerà atroce
e aperte ti saranno le mie porte
per leggervi il sapore di una dolce ribellione. [2]


Invece, Bellatrix, ti raccontai che Silente vuole credere il meglio delle persone e questa è la sua più gran debolezza, che avrei sfruttato ai miei fini, impietosendolo con finti rimorsi.
Non avrei potuto fare affermazione più falsa!
Credere nelle persone è la più grande forza di Silente: ha avuto fiducia in me e mi ha offerto una possibilità di riscatto, dando di nuovo un senso alla mia vita.
Riguardo ai miei rimorsi, non puoi neppure immaginare, Bellatrix, quanto fossero, e ancora sono, profondamente ed angosciosamente sinceri, con quale strazio siano impressi nella mia anima, in quel poco che ne resta, ora, della mia anima.
Come vedi, non solo affermai il falso, quella sera, qualche mezza verità la raccontai, dove non faceva danno.
Anche se mi è costò moltissimo ammettere che, avendo scoperto che la povera Emmeline Vance era ormai perduta e non potevo fare nulla per salvarla, fui io a bruciare sul tempo Yaxley e riferire tutto all’Oscuro, per appropriarmi degli schifosi onori risultanti. Ma qualsiasi cosa mi metta in buona luce con lui, se non crea danno, è manna per me.
Emmeline non aveva alcuna speranza di cavarsela, purtroppo, anche se fossi stato zitto. Un altro peso che grava sulla mia coscienza, già fin troppo oberata.
Un’altra persona che non sono riuscito a salvare, una delle tante vittime di questa interminabile guerra che mi vede crudele pezzo essenziale sulla scacchiera che Silente ha sempre manovrato con maestria.
Già, Silente e la sua mano ferita, la maledizione inarrestabile che l’avrebbe ucciso in ogni caso, se prima non l’avessi fatto io.
Era fondamentale mascherare il problema, di cui l’Oscuro sarebbe stato informato da Draco stesso, ma solo dopo l’inizio della scuola, se non fossi riuscito a risolverlo prima. Era necessario deviare l’attenzione su una banale ferita: per nessun motivo l’Oscuro Signore doveva sospettare che Albus avesse distrutto un suo Horcrux!
Così ti raccontai di Silente che invecchiava, riflessi rallentati, una lesione riportata nella lotta al Ministero, lusingando la futile vanità dell’Oscuro d’essere riuscito a ferire cotanto avversario.
E, ancora una volta, sono riuscito a ingannarlo.
Alla fine, tappata la bocca all’invasata Bellatrix, mi dedicai a Narcissa e al suo terrore per la vita di Draco: sapevo che l’Oscuro gli aveva affidato una missione praticamente impossibile, una punizione per il fallimento di Lucius al Ministero, e avevo vaghi sospetti. La visita di Narcissa dimostrava un innegabile tempismo: sapevo, ma non abbastanza, ed era l’occasione per scoprire ciò che ancora non conoscevo.
Se solo non avessi avuto pena delle sue lacrime e del suo dolore di madre!
Non riuscivo a guardarla negli occhi.
Proprio come mi era successo con Lily, dopo aver riferito la profezia e messo in pericolo la vita di suo figlio. Dopo che Silente le rivelò che lavoravo per lui ed ero io a passare le preziose informazioni che permettevano loro di sfuggire all’Oscuro Signore e rimanere vivi, una sera, mentre James non c’era, l’ho trovata in ginocchio ai miei piedi, implorandomi di salvare suo figlio.
Implorava proprio me, che di suo figlio avevo decretato la morte, rivelando la profezia.
Lily non lo sapeva: questo piccolo particolare Silente non glielo aveva riferito.
Ora stava accadendo la stessa cosa: Narcissa mi supplicava di salvare suo figlio, ed io sapevo di essere stato la causa prima del fallimento di Lucius al Ministero, visto che proprio io avevo fatto in modo che l’Ordine arrivasse in tempo.
Non ero riuscito a salvare i Potter, anche se avevo implorato il mio padrone per la vita di Lily, in ricordo della nostra vecchia e ormai lontana amicizia; ma, per fortuna, il ragazzo si era salvato.
Draco, però, non sarebbe stato altrettanto fortunato: nessun antico incantesimo sarebbe scaturito dal sacrificio di sua madre per salvarlo.
Questa volta dovevo proteggere io il ragazzo.
E lo avrei fatto, a qualsiasi costo.
In quel momento ancora non immaginavo quanto mi sarebbe costato.
Fu così che scivolai nella trappola che tu, Oscuro Signore, avevi con astuzia preparato per me, servendoti della fedelissima Bellatrix e sfruttando le lacrime dell’inconsapevole Narcissa. Avrei dovuto immaginare che l’idea del Voto non poteva essere di Narcissa: doveva per forza avergliela suggerita la sorella, ben istruita da te.
Lo dedussi solo più tardi, a mente fredda, non davanti alle lacrime che Narcissa spargeva sul mio petto o mentre singhiozzava ai miei piedi.
In quel momento continuavo a rivedere Lily e la disperazione del suo terrore, di cui ero la sola causa. Poi, il suo corpo inerte a terra, vicino alla culla in cui il bimbo gridava, spaventato da luci e rumori.
Una trappola perfetta, per testare la vacillante fedeltà di un servo che non era riuscito a violentare Jamie come avrebbe dovuto, con la crudeltà e il piacere che pretendevi da me. [3]
Quella notte leggesti nella mia mente tutto l’odio e il disgusto che provavo per me: era così forte la mia emozione, ed io così angosciato, che non riuscii a evitarlo.
Forse, non ci ho neppure provato.
Forse, volevo solo che tu infine sapessi.
Non ce la facevo più: volevo soltanto morire.
Le mie sensazioni sono state così forti che oscurarono ogni altro mio pensiero e ricordo, proteggendo il resto della mia mente: credo sia così ma non ne sono certo, e tu, senza dubbio, non ti fidi di me, anche se fai credere a tutti ch’io sia il prediletto. Se così fosse, non mi avresti messo il viscido topo sempre alle costole.
Una cosa, però, la comprendesti bene: in quel momento volevo solo morire.
Me lo negasti con feroce crudeltà, spegnendo d’un colpo la tua ira di fuoco e lasciandomi andare via, vivo nel corpo ma distrutto nell’anima.
Nuovi e pericolosi sospetti sono sorti su di me, che mai potrei fugare. Così hai preparato la trappola del Voto, in cui sono stoltamente caduto. Immagino il tuo ghigno malefico quando lo hai saputo: se ti fossi stato fedele, ti avrei liberato di un pericoloso avversario; se non lo fossi stato, avrei pensato da me alla mia eliminazione.
In ogni caso, solo tu vincevi.
Ma, forse, non è stato così e tu non hai affatto vinto.
Io, però, senz’ombra di dubbio, io sì che ho perduto.
Tutto.

Smarrita è la via dell'innocenza:
macchie di sangue costellano il sentiero
che diritto conduce ai miei baratri. [4]


Lo persi quella sera, la mano che tremava tra quelle di Narcissa.
Mentre la guardavo negli occhi azzurri colmi di lacrime, per la prima volta in tutta la sera, e vedevo nella sua mente la mia atroce condanna.
Quando capii che stavo giurando di uccidere Silente?
Solo un istante prima che me lo chiedesse.
Ci volle tutto il mio coraggio e la mia determinazione per non sottrarre la mano alla stretta, ma non riuscii a impedire che tremasse.
Mi mancò il fiato, il cuore cessò di battere e non riuscivo più a parlare.
Fissavo i due anelli di fuoco che incatenavano la mia volontà e i suoi occhi colmi di lacrime.
Bellatrix torreggiava sulle nostre mani, suggello della mia dannazione: m’ero divertito a beffarla tutta la sera e quella era la sua spietata vendetta.
Non potevo rimanere in silenzio, alla terza richiesta: il mio inganno sarebbe stato scoperto e tutto il mio lavoro e i sacrifici sarebbero stati vani, la mia vita inutile.
Draco sarebbe stato perduto.
Non so dove trovai la forza per rispondere, ma lo feci.
Giurai.
Giurai ciò che non avrei mai pensato di essere in grado di fare.
L’ultimo serpente di fuoco scese su di noi: sapevo che l’inferno si spalancava davanti a me.

Dopo pochi istanti sono corse via, Bellatrix che a trascinare la sorella, impedendole perfino di ringraziarmi.
Sono caduto in trappola e non posso far altro che sfogliare le pagine di questo libro infernale, dove ogni parola è una maledizione che condanna la mia anima a una morte senza fine.
Crollai a terra di schianto, in ginocchio, disperato per ciò che avevo fatto, il pensiero fisso su Crystal: avevo giurato d’uccidere Silente sapendo a priori che non l’avrei mai fatto.
Questo avrebbe comportato la mia sicura morte.
E la mia Crystal?

Nella notte del cuore
la goccia del tuo nome lento
in silenzio circola e cade
e rompe e svolge la sua acqua.
[5]




1. Earendil
2. Earendil
3. Vedi ancora i capitoli 18 e segg. di “Luci e ombre del Cristallo”
4. Earendil
5. Pablo Neruda – dalla raccolta “Todo el amor”: tratto da “Lamento lento”.
 
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3. L’inizio della fine




Chiudo gli occhi, soffocato dalle mie tenebre, ma questa notte non voglio dormire.
Eppure, gli incubi non sono poi così peggiori dei ricordi.

Il mio ricordo
trascina pesanti catene
e l’incubo è prigioniero
quando disegna di trilli
la sera. (1)


*


Quella notte dormivo d’un sonno agitato, ma il bagliore argenteo della fenice mi svegliò subito.
Il Patronus parlò con voce così flebile che faticai perfino a riconoscerla.
Una disperata richiesta d’aiuto.
Il cuore prese a martellarmi in petto.
Vecchio testardo: s’era di nuovo cacciato nei guai.
Da solo, ancora una volta.
Ed io, allora, a cosa diavolo servivo io?
Fui in piedi in un balzo e in due ero già vestito. Afferrai la bacchetta e la borsa con le pozioni d’emergenza e mi precipitati nella Foresta Proibita, seguendo la lucente Fenice per smaterializzarmi.
Lo ritrovai riverso a terra, in fin di vita, la spada di Grifondoro ancora stretta in pugno e l’anello dei Gaunt, avvolto in un denso fumo nero e con la pietra spezzata, infilato all’anulare dell’altra mano.
Aveva cercato di distruggere un Horcrux del Signore Oscuro e stava morendo: aveva usato le sue ultime forze per inviarmi la richiesta d’aiuto tramite il Patronus.
Per un brevissimo istante, la consapevolezza che stavo per perderlo mi soffocò; lottai angosciato per respirare e recuperare il necessario controllo, quindi mi chinai per esaminarlo: una Maledizione Oscura, di enorme potenza, si era scatenata dall’anello quando aveva cercato di distruggerlo.
A fatica riuscii a sfilarglielo dal dito, ma solo usando la magia: sembrava che l’oggetto ancora lottasse e cercasse di attaccare anche me. Appena lo ebbi tra le mani lo lasciai cadere a terra: era rovente e mi resi conto che la mano di Albus stava bruciando dall’interno, a partire dal punto in cui l’anello era stato a contatto con la pelle.
Provai a contrastare la maledizione che si era insinuata in lui mormorando convulsamente ogni potente contro-incantesimo di mia conoscenza: mi resi presto conto che in nessun modo, purtroppo, nonostante i ripetuti e ostinati sforzi, sarei riuscito a estinguere l’invisibile fuoco nero.
Ero sudato e disperato e Albus gemeva piano a ogni nuovo sortilegio tentato. Avrei voluto avere il tempo per chinarmi su di lui e confortarlo, ma ogni secondo era essenziale per la sua salvezza.
Alla fine, riuscii a intrappolare momentaneamente la maledizione all’interno della mano: lui era pallido come un morto e le mie ginocchia dolevano.
Gli sfiorai appena le labbra secche: respirava ancora, pianissimo, un soffio quasi privo di vita.
Estrassi una provetta dalla borsa: dovetti imporre alle mie dita di non tremare, mentre gli versavo piano il contenuto in gola, sorreggendogli con attenzione il capo. Poi feci lo stesso con un’altra. Ne cercai una terza, dal contenuto molto più denso, e glielo spalmai generoso sulla mano, con amorevole cura: non avrebbe avuto alcun effetto sulla maledizione, ma leniva il dolore che traspariva dal volto pallidissimo, mentre riprendeva piano conoscenza.
Aveva rischiato di morire, pochi minuti ancora e non sarei arrivato in tempo.
Mi accorsi che stavo tremando e avevo il respiro affannato.
Per quanto mi costasse ammetterlo, anche con me stesso, gli volevo bene e non volevo perderlo.
Per il momento gli avevo salvato la vita, anche se non ero riuscito a debellare la maledizione.
Raccolsi da terra l’anello: non scottava più e lo infilai in una tasca interna del mantello, insieme con la spada di Grifondoro; gli riposi la bacchetta nell’ampia veste blu e lo sollevai delicato fra le braccia rialzandomi in piedi: era incredibilmente leggero per un uomo della sua altezza.
Mi smaterializzai e tornai nella Foresta, e quindi a Hogwarts: passai il resto della notte a vegliarlo. Sudava e si lamentava. Io gli cambiavo di continuo il panno bagnato sulla fronte.
E gli tenevo piano la mano, quella sana, tra le mie.
Lui mi stringeva appena le dita.
Era vivo, ma non sapevo ancora per quanto tempo.
L’indomani, quando si risvegliò e fui certo fosse fuori pericolo, la mia paura si trasformò in ira furiosa e gliene dissi di tutti i colori. Perché era andato da solo, perché era stato così stupido da infilarsi al dito l’anello che, in modo evidente, dimostrava d’essere stato stregato, perché non mi aveva chiamato subito, ma aveva cercato di far da sé, correndo rischi enormi e perdendo tempo prezioso?
Mi rispose solo con un sorriso e non mi rivelò mai per quale dannato motivo avesse deciso di indossare l’anello, invece di distruggerlo.
Si guardava la mano bruciata e avvizzita, come fosse un trofeo: sembrava considerarlo un equo scambio per la distruzione di un frammento d’anima di Voldemort.
Vecchio pazzo: no, non ne valeva la pena, non se si trattava della sua vita.
C’era la mia da usare: gliela avevo offerta tanti anni prima.
Però, mi ringraziò con calore d’averlo salvato, almeno per il momento.

*


Da quella notte cominciò un lungo travaglio alla ricerca di una soluzione definitiva per la mano di Albus.
I primi giorni lui si mostrava ottimista, e dubitai perfino che lo facesse solo per incoraggiarmi, ma presto parve abbandonare ogni speranza.
Soprattutto quando gli raccontai del Voto e della missione affidata a Draco dall’Oscuro Signore.
- Non ha importanza, Severus, sono vecchio e ho vissuto abbastanza.
Mi sfuggì un basso ringhio.
Importava eccome.
A me importava.
Non avevo intenzione di permettere a Draco, ammesso mai che potesse riuscirci, di ucciderlo.
A quel tempo, ancora non avevo capito cosa Albus avesse in serbo per me.
L’unico mio angosciato pensiero, in quel momento, era per Crystal.
La mia Crystal, ancora non rivista dopo la tragica notte in cui aveva salvato la mia anima.
Ma, ancor prima di rivederla, Albus mi confidò il suo piano, quando venne a salutarmi nel mio studio: la scuola era finita e non c’era motivo perché io rimanessi al castello. L’Oscuro Signore aveva perso troppi seguaci al Ministero ed io gli servivo più di prima.
Albus me lo comunicò col solito sorriso sulle labbra, la voce pacata e distaccata, come se stesse parlando della morte di un altro, di un fatto scontato, stupendosi che non lo avessi già capito da solo.
- …ma naturalmente dovrai essere tu ad uccidermi, Severus!
Lo guardai a lungo in silenzio, totalmente incredulo.
Inaccettabile.
I vaneggiamenti di un vecchio pazzo.
Un vecchio pazzo che, sorridendomi, mi chiedeva di ucciderlo.
Chiusi gli occhi e deglutii la mia agghiacciante paura.
Se non fossi riuscito a trovare una soluzione definitiva per la sua mano, sarebbe morto lo stesso, da lì a pochi mesi.
Aveva rinunciato a lottare e lasciato solo sulle mie spalle il carico di trovare una dannata soluzione, come se lui non credesse ce ne fosse una.
Ma io l’avrei trovata, ne ero certo: doveva esistere, dovevo trovarla.
Trovare la terza via, in quel bivio tra la sua morte e la mia, era l’unica scelta che mi rimaneva per non smarrirmi in un folle labirinto di disperazione, per non annegare sempre più dentro me stesso, smarrendomi nel mio dolore.
Riaprii gli occhi e lo guardai fisso:
- No. – risposi, con gelida determinazione. - Non lo farò.
- Severus… ti prego…
I suoi occhi azzurri mi stavano scrutando: non aveva bisogno della Legilimanzia per comprendere i miei pensieri. Li portavo scritti sul viso, sulle labbra serrate e le mascelle contratte, avvolgevano i miei pugni chiusi e incatenavano ogni mio rigido movimento.
- No. – ripetei ancora, in un sibilo di disperata ostinazione.
- Non troverai la soluzione, Severus. Sai anche tu che non esiste.
I miei occhi lo fulminarono.
L’avrei trovata, a costo d’inventare un sortilegio o distillare una nuova pozione o qualunque altra cosa che mi permettesse di liberarlo dalla maledizione. Diversi anni prima, dopo la caduta di Voldemort, avevo trafugare molti suoi preziosi e antichi libri di Magia Oscura: avrei impegnato le mie notti leggendo, cercando, provando.
E ci sarei riuscito.
Dovevo riuscirci.
- Sei giovane: hai più motivi di me per continuare a vivere.
Ancora l’insopportabile sorriso e il brillio azzurro e sereno delle iridi.
- E, perdonami se te lo ricordo, ma hai giurato di uccidermi sotto l’egida di un Voto Infrangibile!
Era indiscutibile: avevo preso l’irrevocabile decisione di sacrificare la mia vita per la sua, ma in quel momento desiderai solo spaccargli il naso, anche se arrivavo secondo.
Ancora una volta intuì i miei pensieri: erano nelle fiamme dei miei occhi.
Si ritrasse veloce dall’ipotetica traiettoria del pugno che non avrei mai levato su di lui: vecchio e con una mano maledetta, ma con i riflessi ancora dannatamente pronti!
- Non puoi lasciarti morire, Severus: pensa a Crystal.
Crystal.
Una lama nel petto, incandescente, a perforare il cuore.
Non gli sfuggiva proprio nulla, si accorgeva sempre di tutto… e capiva.
Poi, solo il gelo scese nella mia anima e sul mio viso.

Verrà la morte e avrà il tuo nome:
m'implori il sacrificio del mio essere,
demonio o angelo infernale che sia.

La mia sofferenza vive attraverso i tuoi occhi,
la piaga della nostalgia scava il solco
dell'anima inchiodata al dovere. (2)


Crystal era perduta in ogni caso, qualunque fosse stata la mia scelta.
Se mi fossi lasciato morire, l’avrei perduta e lei avrebbe enormemente sofferto.
Ma l’avrei perduta anche se avessi deciso di uccidere l’unica persona che credeva in me, che mi voleva bene, cui avevo imparato a volere bene: neppure Crystal avrebbe potuto accettare una tale mostruosità.
Come avrebbe potuto continuare a vivere accanto a un tale assassino?
Come avrebbe potuto amarmi ancora?
- Non sottovalutarla, Severus: lei è in grado di comprendere la tua anima.
Un urlo disperato mi uscì dalle labbra:
- No!
Mi accasciai su me stesso, cadendo in ginocchio, mentre stringevo i pugni e mormoravo piano il suo nome fra le lacrime.
No, la mia adorata Crystal non doveva rimanere legata al mio orrido destino, non doveva diventare la donna di un assassino, da tutti considerato traditore e la cui vita continuava a rimanere appesa a un filo.
No, non l’avrei permesso.
Dovevo trovare il modo per allontanarla da me, subito, prima che potesse davvero cominciare ad amarmi: una piccola sofferenza, ora, per risparmiargliene una immensa tra qualche mese.
Poi, avrei debellato la maledizione di Albus.
Infine, sarei morto.
Ecco quello che dovevo fare: non era difficile.

Dissolviti alla fine dei nostri orizzonti:
noi saremo solo ricordi dispersi nel vento
e la nostra eco un grido spento nel nulla. (3)


Mi sollevai di nuovo in piedi: le lacrime a offuscarmi la vista, ma la decisione era presa e la mia voce ferma e secca.
- No: non ti ucciderò, Albus. E non intendo discuterne oltre.
Raccolsi la borsa in cui avevo magicamente stipato tutte le mie cose e gli girai le spalle con un movimento deciso che fece ondeggiare il mantello.
Lui sospirò.
Io fuggii via.

*


Fu una fuga di breve durata: avevo un insopprimibile bisogno di rivedere Crystal e stringerla tra le braccia, anche se sapevo che era l’ultima cosa che avrei dovuto fare.
Un incontro tremendo (4), in cui ebbi subito la definitiva conferma d’un sospetto che m’angosciava: dopo la tremenda notte in cui avevo violentato Jamie, ero riuscito a punire me stesso per quel barbaro gesto fino al punto di non essere più in grado di avere un’erezione.
Avevo stretto Crystal tra le braccia con indicibile desiderio, l’aveva baciata con passione, ma il mio corpo era rimasto indifferente.
Un motivo in più, se ancora non ne avessi avuti a sufficienza, per indurla ad allontanarsi da me, a dimenticarmi.
Sfruttai bieco la sua paura d’amare, mi mostrai sgradevolmente esigente nelle mie aspettative verso di lei e le feci credere di non essere all’altezza del mio amore; infine, insinuai in lei l’amaro sospetto che io fossi uguale a ogni altro uomo che aveva approfittato di lei e la convinsi ad andarsene lontano da me, per cercare di capire se stessa.
Mi guardava in silenzio, nuvole di paura ad oscurare di nuovo la luce dei suoi occhi: ogni mia parola era un pugnale che mi lacerava il cuore, con lenta profondità, ripetutamente, mentre tornavo a indossare la maschera che negava la mia umanità.

Cuore
con sette pugnali
ormai è tardi!
Vattene per la strada
degli ahimé.
Vattene
in nessun posto,
Fiore del Mai,
nel vento,
nel vento.
Ah cuore
con sette pugnali!
(5)

*


Le regalai del tempo, preziosa risorsa che non possedevo, sperando che il suo timore d’amare, che avevo con crudeltà ravvivato, riuscisse a sopraffare il delicato sentimento che stava nascendo per me nel suo cuore; contavo sul fatto che il tempo passasse in fretta e la magia violata del Voto Infrangibile venisse presto a riscuotere il prezzo fatale.
Invece, io sono vivo e lei non è mai tornata indietro a cercarmi.
Ho superato me stesso e, insieme al mio cuore, sono riuscito a uccidere anche l’amore che la mia dolce Crystal cominciava a provare per me.
Era ciò che volevo.
Perché, allora, cocenti lacrime solcano ancora le mie guance scarne, ora che sono solo l’odiato assassino e traditore di Albus Silente?
Perché il mio cuore maledetto, che dovrebbe solo essere morto, ancora non vuole rassegnarsi, anche se sperare nel suo amore non ha più alcun senso?

*


Sono ancora qui, raggomitolato nel mio mondo d’incubo , a ripercorrere il lungo cammino degli eventi che, dalla negazione della felicità con Crystal, mi hanno portato in quest’inferno.

La notte scende
Oh che oppressione
Un lungo destino di sangue. (6)


*


Studiai giorno e notte, in ogni istante concessomi da Voldemort, lessi e rilessi ogni singola riga degli antichi e preziosi volumi che gli avevo sottratto; provai e riprovai, preoccupato dalla maledizione dell’anello che, col passare del tempo, era sempre più difficile tenere confinata nella mano di Albus: dovevo ripetere, a intervalli sempre più bervi, il complicato sortilegio che la intrappolava, addirittura a distanza di pochi giorni dalla volta precedente e il mio vecchio amico non riusciva più a nascondere il dolore che lo assillava, diventando ogni giorno più debole.
La mia profonda conoscenza della complessa arte delle pozioni mi aveva permesso, già da alcuni giorni, di distillare un pericoloso filtro in grado di contrastare bene gli effetti della maledizione, attenuando anche il dolore che affliggeva Albus.
Uno degli ingredienti insostituibili, però, era un veleno che, nonostante qualsiasi antidoto, si accumulava gradualmente nell’organismo e, nel giro di un paio di mesi al massimo, avrebbe superato la soglia di tolleranza di Albus, portandolo comunque alla morte.
Cominciai a somministragli la pozione, monitorando con attenzione il veleno assorbito dal sangue e poi trasferito nel suo organismo; intanto, continuavo a trascorrere le mie notti chino sul fuoco del calderone, in quella lunga estate, tentando ogni possibile nuova combinazione, senza successo.
Ogni volta che gli portavo il filtro, appena modificato e migliorato, mi ringraziava, ma subito dopo scrollava la testa e mi incitava a riposarmi, indicando le occhiaie che si allargavano sul mio volto, sempre più pallido e smagrito.
Continuava a preoccuparsi per me, più di quanto non facesse per se stesso.
Alla fine, quando ormai disperavo di trovare la soluzione, ebbi un’illuminazione.
Ricordai un vecchio sortilegio oscuro, di cui mi aveva fatto cenno Voldemort diversi anni prima: uno dei tanti che aveva analizzato nella sua incessante ricerca dell’immortalità. Nella versione originale permetteva un travaso di vita da un soggetto a un altro, allungando quella di una persona tramite il risucchio di quella dell’altra.
Cosa sarebbe accaduto se avessi applicato il sortilegio alla mia pozione, aggiungendole un ultimo ingrediente, il necessario tributo sottratto a un’altra vita?
Il veleno contenuto nella pozione infettava il sangue di Albus e si accumulava nel suo organismo: ma il sangue offerto da un’altra persona avrebbe potuto, catalizzato dall’oscuro sortilegio, sostituirsi di volta in volta a quello di Albus, purificandolo?
Non mi restava che provare.
Slacciai rapido i bottoni della giacca e la gettai sulla poltrona, quindi aprii quelli del polsino della camicia e arrotolai la manica fino al gomito. Afferrai un piccolo coltello dalla lama ben affilata e, con mano ferma, premetti con la punta alla ricerca della vena del polso.
Per un istante la lama brillò sulla pelle pallida, riflettendo il rosso del fuoco del camino e il mio sguardo nero e determinato: praticai con sicurezza un’incisione profonda sul polso sinistro, appena sotto il marchio della mia schiavitù.
La lama affondò e Il sangue stillò, mentre stringevo i denti e rivolgevo il braccio verso il basso, lasciando il coltello per afferrare una provetta graduata: avrei dovuto fare esperimenti per individuare l’esatta quantità occorrente.
Un lungo rivolo, intenso rubino disciolto, fluì caldo sulla pelle, scivolò lungo l’anulare fino a raggiungerne la punta: pesanti e gonfie gocce di doloroso affetto si raccolsero nella fiala.
Per un lungo istante, quasi ipnotizzato dal mio stesso sangue, desiderai morire così, adagio, dissanguato, affinché non vi fosse più nessun’altra alba di disperazione senza la mia Crystal.
Mi riscossi quando la provetta fu colma del mio tiepido fluido vitale: purtroppo, in quel momento la mia morte era solo un miraggio agognato che, come tutti gli altri, non poteva avverarsi; ma, a differenza d’ogni altra mia precedente e ormai svanita illusione, sarebbe presto venuto il giorno in cui l’unico sogno rimasto si sarebbe infine realizzato.
Rimarginai la ferita con un colpo di bacchetta e versai il sangue, goccia a goccia.
Appena a contatto con la pozione verde scuro si udì un crepitio: rimestai con cura il liquido, mentre la superficie scintillava e il colore virava in un macabro e intenso rosso.
Alzai la bacchetta e mormorai l’oscura formula dell’antico sortilegio: il liquido nel piccolo calderone prese a ribollire con forza, quasi volesse uscirne; poi si placò di colpo e la superficie si ricoprì di fiamme, come se l’inferno ne fosse emerso all’improvviso, con il suo soffio rovente. Ritrassi rapido il viso, riuscendo a sottrarmi solo in parte alla vampata di vapore ardente: gli occhi mi lacrimavano e la guancia destra pulsava di dolore. Presi mentalmente nota della particolare reazione, onde evitarne le negative conseguenze le volte successive.
Le fiamme scomparvero in una frazione di secondo, il liquido si calmò e assunse una tonalità marrone bruciato: la nuova pozione era pronta e conteneva una piccola frazione della mia vita, che intendevo offrire ad Albus per salvare la sua.
Solo allora mi resi conto di quanta potenza magica era stata necessaria per operare l’incantesimo infernale: ero stanchissimo, svuotato da ogni energia.
Il polso bruciava nel punto in cui l’avevo inciso. Con gli occhi offuscati dalle lacrime appurai che non si notava il segno del taglio: avevo fatto un buon lavoro.
Appena più sopra, invece, il marchio spiccava nero sulla pelle pallida del mio avambraccio.
Avrei voluto squarciare l’emblema dei miei errori e inondare con il sangue la pozione, ma sarebbe stato inutile: il sangue doveva essere aggiunto fresco, nella giusta quantità, appena prima di compiere il sortilegio di travaso della linfa vitale.
Non potevo distillare la pozione e poi conservata: la magia oscura imponeva che la vittima predestinata, la cui vita veniva utilizzata nello scambio diabolico, fosse viva nell’esatto istante, per esserne privata a altrui vantaggio.
Se la pozione avesse funzionato, mi sarei trovato davanti a un ulteriore problema da risolvere: ma ci avrei pensato più avanti.

*


Il mattino successivo sperimentai il nuovo ritrovato su Albus e, verificato che il suo sangue non avesse accumulato nuovo veleno negli organi vitali, mi permisi un lieve sorriso di soddisfazione.
Ce l’avevo fatta.
La pozione, con l’aggiunta del mio sangue e del sortilegio, funzionava: questo implicava, però, che io rimanessi vivo, sia per preparare la pozione sia, soprattutto, per utilizzare il mio sangue, nonché per praticare il necessario sortilegio oscuro, ammesso mai di riuscire a convincere Albus ad accettare l’infernale scambio di vite e di sangue.
Se lo conoscevo abbastanza, e lo conoscevo molto bene, non avrebbe mai acconsentito: quindi, tanto per cominciare, Albus non avrebbe mai dovuto sapere la verità.
Saremmo stati pari, considerato tutte le informazioni che mi rivelava solo in parte.
Ad ogni modo, non era un problema: nessuno sapeva mentire meglio di me e Silente non aveva mai neppure provato a frugarmi nella mente.
Se dovevo restare vivo, però, occorreva trovare un modo per aggirare l’incantesimo del Voto Infrangibile.
Era difficile, ma non impossibile: se avevo scoperto da solo il modo per debellare la maledizione dell’anello, insieme a Silente avrei trovato il modo anche per aggirare il Voto.
Ero certo che, in questo caso, Albus non si sarebbe sottratto al compito: era della mia vita che si trattava, ora.
Sapevo che gli importava, eccome!
A me, invece, premeva solo nella misura in cui la mia sopravvivenza era necessario a permettergli di continuare a vivere.
Avrei continuato a distillare la sua vita, rinunciando a goccia a goccia alla mia, con l’amara constatazione che era l’ultima possibilità per riscattarmi, prima della fine, prima di poter implorare per la mia morte.
Ormai avevo perduto l’amore di Crystal e, con lei, se n’era andata ogni mia ragione di vita.

*


Eppure, dopo più di un anno, ancora il suo nome vive sulle mie labbra, amare d’infinta tristezza, e il suo dolce suono si perde nel nulla nero che mi circonda, in questa notte che non vedrà mai l’alba.

T’ho perduta. Non t’ho avuta. L’ora
è soave per il mio dolore.
Lascia che l’essere mio memore
senta l’amore,
ancor che amare sia un’ansia,
una ricordanza falsa e vana,
e la notte di questo vago anelito
non abbia mattino. (7)



1. Garcia Lorca: tratto da “Banderuola”
2. Earendil
3. Earendil
4. Vedi i capitoli 23 e 24 di “Luci e ombre del Cristallo”
5. Garcia Lorca: tratto da “Voto”
6. Guillaume Apollinaire - dalla raccolta “Poesie a Lou”: tratto da”X. Se morissi laggiù”
7. Fernando Pessoa - tratto da “Nell’oro senza fine della morta sera”
 
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view post Posted on 10/9/2022, 18:49
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I ♥ Severus


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4. Un anno di ricordi



La Sala Grande è uno sfavillio di fluttuanti candele, si riflette nell’oro delle stoviglie sulla tavola con ricchezza imbandita per il banchetto d’inizio anno scolastico.
Il mio stomaco è rigidamente chiuso e so che non riuscirò a trangugiare nulla: pochi giorni fa Silente mi ha comunicato di avermi assegnato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, cui per tanti anni ho aspirato, ma che mi aveva sempre negato con ostinazione, senza che riuscissi a comprenderne il motivo.
Finché mi confidò del sortilegio di Voldemort, giusto l’anno in cui assegnò la cattedra a Lupin. Aveva capito che non sarei stato in grado di sopportare l’affronto, così si era deciso a rivelarmelo.
Adesso l’affida a me: non è sicuro che la mia pozione possa funzionare per sempre o, forse, sospetta che gli nasconda qualche cosa, come in effetti è. E il Voto Infrangibile pende sempre, inesorabile, sulla mia testa.
Ad ogni modo, Albus ha deciso di rischiare il tutto per tutto: Potter e i suoi amici hanno un assoluto bisogno che qualcuno insegni loro a difendersi con reale efficacia.
Ne abbiamo discusso a lungo ed entrambi siamo disposti a sfidare la Maledizione della Cattedra. In fin dei conti, se tutto va bene, cioè se la mia pozione stregata funziona e se riusciamo ad aggirare il Voto, salvando l’anima di Draco, una volta superata anche l’ultima, piccola e trascurabile seccatura, cioè l’ira furibonda che coglierà l’Oscuro Signore al fallimento del suo piano - e lo indurrà a prendersela con me come mai ha fatto prima d’ora -, se sopravvivo, potrei sempre tornare a Hogwarts a insegnare Pozioni!
No, ad Albus non è piaciuto il mio sarcastico accenno alle consistenti difficoltà insite nel piano. Del resto, non ha l’abitudine di modificare i programmi solo perché io non concordo!
Mi sono sempre chiesto se anche Lupin sapesse e, se del caso, come abbia affrontato l’anno scolastico con quella consapevolezza: curioso, alla fine sono stato proprio io, insieme alla luna piena, a dare una mano alla Maledizione.
Sarò ancora io, con un mio atto, o con la mancanza dello stesso, a far avverare ancora una volta la Maledizione?
La cattedra di Difesa, a lungo agognata, è diventata ambito premio e temuta condanna insieme!
Scrollo la testa e mi accorgo che sto di nuovo stirando le labbra nel solito odioso sorrisetto, sgradevole e sarcastico per chi lo osserva da fuori, ma tristemente amaro per me.
Vorrei mostrare un’aria di trionfo davanti agli studenti, quando Silente comunica il mio nome quale nuovo professore di Difesa; invece, riesco a malapena a sollevare una mano per ringraziare il boato di applausi dei miei Serpeverde.
Per un istante incrocio lo sguardo di Potter: è sbigottito per la notizia e non ho bisogno di entrargli nella mente per comprendere i suoi pensieri. Glielo leggo in faccia che è sconsolatamente convinto che io abbia alfine raggiunto l’agognata meta.
Scommetto che riesce perfino a vedere un trionfo, che non esiste, dipinto sui miei lineamenti tirati.
E, forse, se come altri crede alla voce del malocchio sulla cattedra, presto si consolerà con i suoi amici augurandomi una terribile morte.
Si volta con furia verso Weasley: ho indovinato. La Granger li redarguisce severa: l’ennesima dimostrazione che il sangue dei Babbani a noi maghi fa solo bene.
Anche tu hai indovinato, Potter: la Maledizione della cattedra pende come una spada di Damocle sulla mia testa e in palio c’è proprio la mia vita.
Quanto è atroce la morte che mi hai augurato, Potter?

Porre fine al libro dei miei giorni,
questo chiedi ignaro delle parole
che non sai leggere sul mio sacrificio.
Il discepolo si ribellò al maestro
screziandone di odio la nera ombra,
balenare e scomparire di segreti mai svelati. (1)


Tutti, nella Sala, hanno realizzato a pieno il significato delle parole del preside e un brusio di commenti incrociati esplode fra i tavoli: solo Albus sembra ignaro di tutto.
E la sua mano, questa sera, mi sembra sempre più nera e bruciata.

*


Non posso crederci.
Il mio volume di Pozioni Avanzate, il libro del Principe Mezzosangue che credevo per sempre perduto!
Nelle mani di Silente.
Un brivido mi sale lungo la schiena.
Il vecchio libro di mia madre, sul quale avevo annotato i miglioramenti procedurali per le pozioni e gli incantesimi inventati da ragazzo.
Una parte importante della mia giovinezza è richiusa tra le fragili pagine fittamente scritte.
C’è anche una grande amicizia, lì dentro, e la sua drastica conclusione.
Uno dei miei tanti errori.
Forse anche un destino diverso, senza quell’errore.
Lo rigiri tra le mani, con finta noncuranza, attendendo la mia reazione.
Come il solito, con te è inutile tentare di fingere: mi conosci troppo bene per non aver notato la minuscola incrinatura nella mia maschera di gelida impassibilità.
Non voglio dartela vinta, non subito, per lo meno: non sarò io il primo a parlare.
Con calma mi accomodo sull’accogliente sedia davanti alla scrivania, sistemo il mantello e mi rilasso, attendendo, il volto di nuovo imperscrutabile.
Mi tendi il libro: controllo l’impulso di allungare le dita verso un così importante pezzo del mio passato e faccio solo un secco cenno di diniego.
Non ti darò neppure questa soddisfazione: prima voglio sapere com’è finito nelle tue mani.
Lo apri e sfogli alcune pagine, mormorando il nome di alcuni ingredienti da una lista.
- Che calligrafia minuta e spigolosa: non credi che assomigli alla tua?
Ti guardo con studiata indifferenza. Smettila di fingere e veniamo al sodo, Albus: cosa vuoi da me, questa volta?
- Le… vi… corpus - compiti con finta insicurezza. - incantesimo non verbale.
Mi guardi ancora, provocatorio, e sorridi.
Resto immobile, gli occhi come specchio nero a riflettere il tuo sguardo azzurro.
- Sai di chi è questo libro, vero, Severus?
La tua non è una domanda che richiede risposta.
Ed io non intendo aprire bocca.
- Me lo ha dato Lily, pochi giorni prima di morire: era dispiaciuta di essere stata la causa della sua sottrazione e voleva restituirtelo.
Stringo le labbra e resto rigidamente ancorato alla protezione del mio silenzio.
- Ti era molto grata per ciò che stavi facendo per salvarli.
Già, lei non sapeva che ero io la causa del pericolo mortale in cui si trovava la sua famiglia.
Fisso in profondità i tuoi occhi limpidi: non sei uso a raccontare tutta la verità, Albus. Mai.
Lily.
La mia amica Lily.
La migliore amica, fino a quel giorno, dopo gli esami di G.U.F.O.
- Lei ti voleva bene, Severus.
Deglutisco. Ho la gola secca.
Anche io gliene volevo, molto.
- Se tu non avessi intrapreso quella strada…
M’irrigidisco e ti fulmino con gli occhi, ma non t’interrompi.
- … tutto avrebbe potuto essere diverso. Lo sai, vero?
Ho un soffocante nodo alla gola.

Chiudo gli occhi, mentre un passato che avevo creduto di poter dimenticare mi assale senza pietà con un susseguirsi d’immagini assolate.

Tu pensoso in disparte il tutto miri;
non compagni, non voli,
non ti cal d’allegria, schivi gli spassi
(2)


Un bambino malvestito abbandonato a se stesso, solo in un parco giochi deserto, dominato dal fumo nero e appiccicoso della ciminiera.

Io solitario in questa
rimota parte della campagna uscendo,
ogni diletto e gioco
indugio in altro tempo
(3)


Altalene che dondolano cigolando e la magia di un mondo diverso che nasceva nei suoi limpidi occhi verdi; invidiose ripicche fraterne, il Cappello che ci divideva, scherzi maligni e, su tutto, la grande amicizia con Lily, che persisteva nonostante i rispettivi gruppi di amici si odiassero, rinsaldata dalle lunghe estati condivise, io e lei, sempre insieme, da soli, da quando non avevamo neppure dieci anni.
Lily, l’unica cosa bella che ricordo della mia solitaria e trascurata infanzia.
Lily, unica compagna che un tempo sapeva consolare la mia solitudine.
Lily, che sperimentava con me nuovi modi di distillare pozioni, e poi gioiva degli elogi che Lumacorno elargiva ai suoi sorrisi.
Lily, che mi guardava impaurita, mentre le mostravo gli incantesimi inventati.
Lily, una bambina che diventava donna e continuava a ripetermi che stavo sbagliando.
Lily, un’amicizia che sarebbe potuta diventare amore, se solo ne avessi avuto il coraggio.
Lily, mi avresti davvero amato se non mi fossi avventurato su quella strada senza uscita?
Perché Lily, perché mi hai fatto del male anche tu? Perché mi hai tradito?
Eravamo amici, i migliori amici, ma ora so con certezza che sei stata tu a dar loro il mio libro, come sei stata sempre tu a rivelare i miei incantesimi, anche quelli non verbali, quelli che loro non avrebbero mai potuto carpirmi.
E’ per questo che quel giorno sei intervenuta in mia difesa, mentre dondolavo umiliato appeso al Levicorpus di James, il mio incantesimo che proprio tu gli avevi svelato?
Era solo perché ti sentivi in colpa?
Solo tu potevi averglielo detto, solo tu conoscevi la formula che non avevo mai pronunciato ad alta voce.
Così, l’ira furiosa dell’umiliazione, del tradimento e della gelosia mi strappò di bocca quella parola, imperdonabile insulto per un’amica che mi era sempre stata vicina.
Ti ho chiesto scusa mille volte, ma avevi ragione tu, Lily: quella parola ormai era abituale sulle mie labbra anche se, sei anni prima, quando nella tua ingenuità mi avevi chiesto se essere figli di Babbani faceva differenza, ti avevo risposto che no, non c’era alcuna differenza.
Ho continuato a pensarlo, dentro di me, Lily, anche mentre correvo sulla pericolosa china e poi sprofondavo nel baratro: avevo visto le tue magie di bimba ed eri brava Lily, brava proprio come lo ero io, anche se i tuoi genitori erano Babbani.
Dentro di me ho sempre saputo qual era la verità, Lily, come lo so adesso.
Anche in me scorre lo stesso sangue Babbano.
So che non puoi perdonami, anche per tutto l’altro male che ti ho fatto: so che è per questo che, attraverso tuo figlio, ora i tuoi occhi mi guardano con odio.
E’ ciò che mi merito, la giusta punizione per le mie colpe, Lily, ma quell’odio è tremendo da sopportare, ogni giorno, dalle iridi che un tempo s’immergevano con fiducia nell’oscurità delle mie e mi sorridevano incoraggianti.
Pesanti lacrime solcano silenziose le mie guance, mentre chino il capo e cerco di ricacciare in fondo al cuore questi ricordi che, da tanto tempo, sono ormai solo amari rimorsi per una cara amica morta a causa mia.
Se non avessi intrapreso quella strada maledetta, Lily sarebbe viva, tutta la mia vita sarebbe stata diversa e adesso Crystal sarebbe tra le mie braccia.
Però, quella strada io l’ho volontariamente imboccata e le mie stupide lacrime adesso sono inutili.
Non le rinnego, né le asciugo: restano sul mio volto pallido testimoni della mia intima sofferenza.

Le strade ci dividono in mondi contrapposti
e avvolto nella bufera della mia solitudine,
guardo fisso una realtà chiara e offuscata.
Dei miei orizzonti io conosco il profilo,
ma ignoro quanto male mi avvolgerà
oltre le aride lacrime e i sentieri desolati.
Lontana nel cielo, brilla ancora
la stella che si forgia nel mio destino.
Non sarò più quel cielo che t'avvolge. (4)


Sollevo il viso: mi guardi in silenzio e aspetti che concluda l’interminabile flusso dei miei pensieri.
Le mie lacrime brillano riflesse nei tuoi occhiali a mezzaluna.
Allungo di scatto il braccio e quasi ti strappo il libro dalle mani:
- Perché non me lo hai reso subito, allora, se sapevi che era mio? – ti assalgo rude.
Non ti scomponi, non lo fai mai: aspetti sempre con pazienza che la mia ira si plachi.
Ora, però, sei tu che rimani in silenzio ed io, ormai, ho ceduto.
Rimetto il libro sulla scrivania, senza aprirlo, senza degnarlo neppure di uno sguardo, anche se vorrei invece accarezzarne delicato ogni pagina: lì dentro ci sono io, l’orgoglioso Principe Mezzosangue, e la mia strabiliante e potente magia.
C’è l’amore deluso e rifiutato per mio padre, ci sono la mia paura e il mio coraggio, il mio rimpianto di bimbo per carezze mai avute: c’è il suo sangue Babbano che mi circola nelle vene, ugualmente rosso come quello dei maghi.
- Cosa vuoi da me, questa volta, Albus? – chiedo in un accorato sussurro.
Mi sorridi di nuovo: significa che le cose si mettono male.
Avanti, sono pronto, parla.
- Harry Potter.
Fai una pausa a effetto, attendendo la mia reazione.
Sospiro rassegnato: sempre lui!
- Era convinto di non poter tentare il MAGO in Pozioni, perché non ha avuto un Eccezionale.
Con un secco cenno della mano ti faccio capire di saltare i preamboli.
- Minerva mi ha detto…
Ti interrompo e rincaro a parole:
- Lo so. Vieni al sodo, Albus.
Facciamola finita alla svelta, ho capito dove vuoi arrivare.
Il mio sguardo si posa mesto sul vecchio libro, appena ritrovato e di nuovo già perduto.
- Il ragazzo ha bisogno di un piccolo aiuto in Pozioni. Hai sempre detto…
Fulmini neri saettano dai miei occhi. Per Merlino, Albus, devo essermi sempre spiegato molto male: a Potter serve un enorme aiuto in Pozioni e dubito che il Principe Mezzosangue possa essere sufficiente.
- Ci sono molti incantesimi interessanti. Gli saranno utili.
Sospiro di nuovo scuotendo piano la testa.
- Questo libro gli serve, Severus. – affermi con sicurezza.
Il mio libro, il libro del Principe Mezzosangue, in mano a Harry Potter!
- Harry lo apprezzerà, Severus, enormemente, fidati di me.
Mi fido di te, lo sai benissimo che mi fido.
- Il ragazzo non dovrà mai sapere che è mio. – minaccio con durezza.
- Oh… su questo siamo d’accordo, non temere. –sorridi malizioso. - Se sapesse che è tuo non gli sarebbe d’alcuna utilità.
Già, dannatamente ovvio.
Mi alzo di scatto, un ultimo sguardo al mio libro, poi solo il mantello nero che ondeggia mentre esco veloce dalla porta.

*


Le Arti Oscure.
Difesa contro le Arti Oscure.
E’ la Difesa che voglio insegnare.
Sento i loro occhi puntati su di me, mentre cammino per la classe, il mantello che fluttua piano, cercando le parole migliori per far comprendere a fondo quanto pericolo è insito in quelle arti.
Non solo per i temibili sortilegi, sempre mutevoli, che quelle arti sanno creare, bensì per il dominio che possono avere sulla mente e sull’anima.
Sono solo ragazzi, proprio come lo ero io, e molti di loro sono ambiziosi e attratti dal potere: i miei Serpeverde sono i più a rischio, in particolare Draco che sfugge al controllo dei miei penetranti occhi.
Invece tu, Potter, che mi stai guardando con strafottente odio dipinto sul viso, tu sembri non subire il fascino maledetto di queste arti: vorrei poter affermare che è solo il sangue di Lily a proteggerti, ma, in questo caso, devo ammettere che anche quello di tuo padre ti è di potente esempio.
Sento la mia voce, bassa e suadente, descrivere il fascino e il pericolo, inscindibilmente uniti, che attraggono e distruggono, anime e corpi. Una lotta impari, dalla vittoria che sembra impossibile, contro un ineluttabile e sempre cangiante Male, che ogni volta si ripresenta in nuove vesti, sempre più forte e spaventevole.
Ancora mi guardi, Potter, e non sai quanto stai sbagliando a giudicarmi.
No, è passato il tempo lontano in cui il fascino perverso delle Arti Oscure mi avvelenava l’anima e si preparava a rovinare la mia vita.
Ho capito i miei errori, più a fondo di quanto chiunque possa credere, e per la fatale attrazione di un tempo ho amaramente pagato il prezzo, fino in fondo, più e più volte, perdendo o dovendo rinunciare a tutto ciò che amavo.

Allora gli occhi annego, non usi a lacrimare,
per preziosi amici nascosti nella notte sterminata della morte
e lamento la perdita di molte svanite illusioni.
Allora mi affliggo di passate afflizioni
e desolato di dolore in dolore ridico
il triste conto di già lamentati lamenti,
che nuovamente pago, come se già non li avessi pagati.
(5)


Ma voglio, devo evitare, che altri cadano nella diabolica trappola: non posso permettere che altre anime si perdano nell’oscurità.
Non è la Cruciatus che vi mostro in questo quadro, il vero pericolo, per quanto atrocemente straziante per il corpo possa esserlo quella dell’Oscuro Signore, ed io l’ho assaggiata fin troppe volte.
No, non è il corpo a essere in pericolo, ma l’anima, e ne avete davanti il patetico esempio: cammino leggero tra voi, ma la mia anima è perduta, al punto che il mio unico amico non si è fatto scrupolo di chiedermi di ucciderlo.

*


- Severus, per caso ricordi le parole di Narcissa quando hai contratto il Voto Infrangibile, per la parte che mi riguarda?
Non ho mai capito come fai a parlare della tua morte con questa distaccata leggerezza; non mi stai neppure guardando e tutta la tua attenzione sembra concentrata sul liquido ambrato del Firewhisky invecchiato che fai oscillare lento nel piccolo bicchiere di cristallo.
Se ricordo le parole, per caso?
Come se potessi mai dimenticarle!
- Le parole precise, Severus. E’ importante.
Ti giri a guardarmi e sei terribilmente serio.
Una scintilla di speranza anima i miei occhi neri, sollevati dall’ennesimo librone d’incantesimi che ancora esamino, cercando il modo per aggirare quel maledetto Voto.
- E se dovesse rendersi necessario… se Draco dovesse fallire… - la voce trema, mentre ripeto le parole di Narcissa, così come tremò la mia mano quella sera, - vuoi tu portare a compimento l’impresa che l’Oscuro Signore ha ordinato a Draco di eseguire?
Mi sorridi soddisfatto, mentre nelle orecchie echeggia ancora, agghiacciante, il mio “Lo voglio.”. Mi sembra che il feroce serpente di fuoco dell’incantesimo di nuovo incateni la mia volontà al più abietto assassinio.
Stringo i denti e sospiro: la tua mano mi sembra appena migliorata.
- Quindi, il Voto contratto con Narcissa prevede il tuo intervento come necessario solo se Draco fallisce. – precisi, sottolineando bene le parole, - Non se Draco non riesce a uccidermi, ma solo se fallisce.
Guardo con intensità la scintilla di malizia nei tuoi sereni occhi azzurri; intanto, levi il bicchiere verso di me e lo tracanni d’un sol colpo.
Mi rendo d’improvviso conto che, se a prima vista il significato delle parole sembra lo stesso, approfondendo non è così.
- La noti anche tu, vero Severus, la sottile ma essenziale differenza?
- Intendi dire che l’importante sta nel giudicare se Draco fallisce il suo compito? E che il fatto di non riuscire a ucciderti entro l’anno non è già, di per sé, un fallimento?
Accogli le mie parole con cenni d’assenso del capo così vigorosi che gli occhiali ti scivolano sul naso.
- È indubbio che si tratti di un fallimento, se giudicato dagli occhi dell’Oscuro Signore. – ribatto puntiglioso.
- Certo, Severus. Ma a favore di quale persona è stato contratto il Voto? Non certo a favore di Lord Voldemort, bensì del giovane Malfoy: quindi è dal suo personale punto di vista che occorre verificare se non riuscire a uccidermi sia da considerarsi o meno un fallimento.
Sì, Albus, ora è tutto chiaro e la mia ammirazione per te è ancora cresciuta, e non lo avrei creduto possibile dato l’elevato livello già raggiunto.
E’ vero che Draco mi sfugge e non riesco a influenzarlo in alcun modo, ma è altrettanto evidente che con il passare del tempo si è reso conto della gravità dell’azione che gli è stata richiesta: non è un mistero, per me, che si rifugi spesso a piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
Sono sempre più sicuro che Draco non solo non sia in grado di uccidere Silente, ma che neppure voglia compiere quell’azione, anche se è via via più terrorizzato dalle minacce che l’Oscuro continua a rivolgere alla salvezza della sua famiglia.

Fobia,
mi soffochi di aspre nubi
che promettono tempesta su di noi
e il dilaniarsi sanguinoso dell'innocenza.
Lascia almeno che il sole si difenda
finché non sia spento l'ultimo anelito
di purezza.(6)


Sei tu a tradurre in parole pacate i miei irruenti pensieri:
- Anche tu conosci bene Draco e sai che, nel profondo, la sua anima è ancora integra e pura. Sono certo che quell’atto efferato gli ripugna in modo atroce. – affermi deciso. - Se riusciamo a convincerlo che sono in grado di proteggere lui e la sua famiglia, il ragazzo sarà felice di rinunciare al suo tremendo compito.
- Quindi sei convinto che se Draco decide, volontariamente, di non sporcarsi le mani di sangue e di conservare integra la propria anima, - per un istante m’interrompo, ricordando con amarezza che io, a suo tempo, non ne fui capace, - se si rifiuta di portare a termine quel compito orrendo, questa sua coraggiosa scelta non può essere letta come un suo fallimento?
- Ne sono certo. – mi sorridi con tutta la tua serenità infine ritrovata. - E se così stanno le cose, non sarà necessario un tuo cruento intervento risolutivo, Severus, e il Voto potrà essere aggirato.
Non mi sembra neppure vero.
Traggo un lungo e profondo respiro: per la prima volta dopo mesi, mi sembra che l’aria fluisca di nuovo libera nei miei polmoni.
La speranza mi sorride dalle chiare iridi azzurre di Albus.
- Aiuterò Draco a prendere quella decisione: lo devo a te, Severus, che tanti anni fa, abbandonato solo a te stesso, non riuscisti a compiere la scelta giusta quando ti trovasti davanti al bivio tra il bene e il male.
Mi guardi contrito, come se fosse anche colpa tua l’orrore che c’è nella mia vita.
Mi mordo le labbra, turbato, chiedendomi se quell’aiuto che non avuto avrebbe potuto fare la differenza.
Se sarei stato capace di lasciarmi aiutare.
- Allora rimasti a guardare, in silenzio, mentre ti rovinavi la vita, scegliendo le tenebre e abbandonando la luce. – sospiri piano, sprofondando nell’ombra cupa dei miei occhi. – Ma non ripeterò lo stesso errore con il giovane Malfoy, a nessun costo gli permetterò di sbagliare: non rimarrò ancora a osservare da lontano un’anima cadere nel baratro. La tua già mi pesa a sufficienza.
Ora sei tu che stringi i denti e deglutisci responsabilità che non ritengo tue. Ma sei un uomo forte, tu, e non ti arrendi mai.
- Promettimelo, Severus! – esclami con veemenza. – Se qualcosa andasse storto ed io morissi, promettimi che ti occuperai di Draco e farai di tutto per mantenere integra la sua anima!
Annuisco con gravità.
Poi chiudo gli occhi e abbasso il capo: non c’era bisogno di chiedermelo, lo sai, Albus.
Sono pronto a fare qualsiasi cosa, ma non solo per Draco, per chiunque che, come lui, come me un tempo, si trovi sull’orlo del baratro. Gli tenderò la mano, a qualsiasi costo.
Tiro un lungo sospiro e torno alle necessità del presente.
- Dobbiamo stare attenti a non mettere in allarme l’Oscuro Signore: Draco se la cava discretamente con l’Occlumanzia ma, a differenza mia, non è in grado di servirsene per proteggere e alterare i propri pensieri fino al punto di mentirgli.
- Certo, Severus. L’incolumità di Draco è il nostro primo obiettivo. – asserisci quieto. – Ma sono fiducioso di poter convincere il giovane Malfoy, fosse pure all’ultimo momento, in modo da non metterlo in pericolo con Voldemort.
Ed io, a mia volta, ho piena fiducia nella tua capacità di convincimento, Albus, per averla provata sulla mia pelle.

Così, alla fine, siamo ragionevolmente sicuri che il metodo per aggirare la vincolante magia del Voto Infrangibile esista: il difficile è applicarlo, visto che Draco continua a sfuggirmi, occludendomi la mente.
Non sono ancora riuscito a scoprire nulla dei suoi piani, né a recuperarne la fiducia, prima incrinata dall’arresto di suo padre, dato che m’incolpa di aver usurpato i suoi privilegi, e poi dall’intervento di Bellatrix, che continua a bollarmi come traditore e lo aizza contro di me.
Il metodo, tutto sommato, è piuttosto semplice, anche se sapremo con certezza se funziona solo dopo averci provato: del resto, è la mia vita che è in gioco e, considerato che non ho nessuna intenzione di ammazzare Albus, sono più che disposto a correre il rischio di morire.


1. Earendil
2. Giacomo Leopardi – tratto da “Il passero solitario”
3. Giacomo Leopardi – tratto da “Il passero solitario”
4. Earendil
5. William Shakespeare – Sonetti: tratto dal n. 30.
6. Earendil

Edited by Ida59 - 13/9/2022, 20:21
 
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I ♥ Severus


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5. La fine di ogni speranza



Per alcune settimane fui un po’ sollevato e una vaga speranza tentò a fatica di rinascermi nel cuore: non avrei dovuto uccidere Albus e, forse, potevo continuare a vivere, se Draco avesse rinunciato di propria volontà al suo compito.
Nello stesso periodo, Crystal, che dopo la nostra separazione si era recata in Africa, tornò in Inghilterra.
Accadde durante le vacanze di Natale, mentre ero a Spinner’s End sotto l’assidua sorveglianza del viscido topo.
Non avevo alcuna possibilità di muovermi senza destare sospetti e il ricordo di quei giorni, in cui Crystal era così vicina, eppure irraggiungibile, ancora oggi mi tormenta.

*


Nella mia mente c’è solo un tarlo insistente che continua a ripetermi lo scoraggiante ritornello: sei tornata dall’Africa, sei andata da Silente, ma non sei venuta a cercarmi.
Mi aggiro per questa casa che odio, come un drago cui hanno tagliato le ali; prendo un libro da uno scaffale e lo sfoglio senza leggere neppure una parola: lo chiudo di scatto e ne prendo un altro, che non subisce migliore sorte.
Ho ucciso il tuo amore per me: sono riuscito a fare anche questo.
Eppure, nel profondo del mio cuore, l’illusione non si rassegna a morire.
Cerco di confortarmi, raccontandomi che non sai dove abito, quindi non puoi raggiungermi.
Ma Silente conosce l’indirizzo: non te lo ha rivelato? Non gli hai chiesto nulla di me?
I giorni si trascinano cupi e lenti, ognuno uguale al precedente. Spio la via semideserta da dietro le tende, nella denegata speranza di scorgere un miraggio: ci sono solo leggeri fiocchi di neve che volteggiano tristi nell’aria e nessuno suona alla mia porta.
Con la ripresa delle lezioni, torno a Hogwarts, ma tu non ci sei più.
Non voglio chiedere a Silente, devo mostrarmi indifferente.
Eppure, dopo pochi giorni dal mio ritorno, mi ritrovo nel suo studio a implorarlo di dirmi dove si trova la mia Crystal.
La mia Crystal che, forse, non è più mia.
E’ un colpo durissimo sapere che sei a Grimmauld Place, dove i membri dell’Ordine ti fanno a turno da istruttori e uno in particolare, fra gli altri, è responsabile della tua istruzione magica.
Remus Lupin.
Non ho il coraggio di domandare nulla e Silente mi racconta solo che tu volevi, prima d’ogni altra cosa, colmare il ritardo nell’istruzione magica; così, invece di tornare a scuola, dove ci sarebbe stata dispersione di tempo, Albus ti ha preparato un dettagliato piano di studi affidandoti alle assidue cure del Mannaro, che sovrintenderà a tutto, come l’anno scorso facevo io.
Lo scopro oggi, quando mancano solo tre giorni alla luna piena.
Non fiato nemmeno, replicare sarebbe tempo perso con Albus, e mi precipito nel sotterraneo a distillare la Pozione Antilupo: quel vecchio sconsiderato ti ha lasciato tra le braccia di un incosciente che tre anni fa è riuscito a dimenticarsi di prendere la pozione che gli preparavo.
Non c’è proprio da stare allegri!

La pozione è pronta: la tentazione di consegnarla di persona è enorme.
Per controllare che Lupin la beva, afferma sprezzante la mia mente; per rivedere Crystal, sussurra appassionato il mio cuore.
Richiamo la determinazione che mi ha sempre sorretto in questi lunghi anni e resisto alla tentazione: consegno la pozione a Silente, accompagnandola con insistenti raccomandazioni.
Sono stato io ad allontanare Crystal da me e so che è stata la decisione giusta: non devo rovinare tutto solo perché ho una minima speranza di sopravvivere, le farei solo del male ed è l’ultima cosa che voglio.

*


Il mio cuore, però, la pensa diversamente dalla mia mente e il ricordo dei tuoi baci, mia adorata Crystal, diviene delizioso tormento: sento ancora le tue calde labbra sfiorarmi e ardo d’un impotente e doloroso desiderio.

Le tue labbra m’hanno sfiorato
e mi hai dato un bacio.
... … …
Il mio cuore si è aperto
come un fiore sotto il cielo,
i petali di lussuria
e gli stami di sogno.
… … …
Mi sono allontanato da te
amandoti in segreto.
Non so come sono i tuoi occhi,
le mani e i capelli.
Solo mi resta sulla fronte
la farfalla del bacio. (1)


Il tempo sembra essersi cristallizzato nei miei sospiri, il pensiero sempre fisso su di te durante le interminabili giornate di lezione; la notte, invece, impossibili chimere scacciano i vecchi incubi, solo per torturarmi ancora di più, avvolgendomi in una stupenda e consolante illusione che la mente sente ormai perduta.
Il mio cuore, invece, mi conduce ostinato sulle ali delicate del sogno, unico luogo dove ancora posso dolcemente amarti, alla ricerca d’intense emozioni che non potrò mai scordare, ma non potrò più provare di nuovo, se non in questi meravigliosi deliri notturni.
Mi trovo a vagare con te, mio soave amore, su incantati sentieri di sfavillante cristallo, perdendomi nel riflesso della tua luce, mentre ti stringo ancora tra le braccia e ti bacio con passione infinita, sussurrandoti l’amore che placa il mio antico dolore e disperde l’oscurità che ancora alberga in me.
Solo un sogno, più vero della realtà, in cui sono proprio io, libero da ogni maschera e costrizione, avvinto alla stupenda stella che svanirà nel chiarore soffuso del mattino, dopo aver riempito di luce la mia notte infinita, inseguita da inestinguibili languori, disciolta infine in amare lacrime.
Vivi ancora e sempre dentro di me, Crystal, perduto amore, nella sofferenza dell’anima soffocata dai rimorsi, a donarmi lo spiraglio di luce che ancora mi permette di sopravvivere in questa quotidianità che prelude al disastro finale, dove anche tu cesserai alfine di esistere, cancellata dall’ultima mia imperdonabile colpa.
Tu, mio dolce angelo, perfezione di bellezza, hai saputo liberare il mio cuore e ora vivrai per sempre negli spazi infiniti dell’illusione d’amore, oltre il labirinto di colpe e scelte sbagliate, sull’argentea scia dell’amore che mi hai donato, infinitamente lontana dalla triste realtà che è solo mia e m’incatena alle crudeli pene di questo mondo tenebroso, in cui la rinnegata speranza di riaverti ancora sussiste nelle lacrime che il mattino bagnano il cuscino.

Lascia la realtà, stanotte,
e raggiungimi spiegando le ali.
Lascia i pensieri diurni
e fissa lo sguardo dentro l’anima
cercando un’emozione che solo a te appartiene.
Trovami nei sogni
perché solo lì è possibile amarsi.
Quando chiudo gli occhi
è come aprirli su abissi infiniti
dove non esistono vertigini o barriere.
Posso vagare in sentieri incantati,
nei sogni forgiati di puro cristallo,
e fendere la nebbia più densa
desiderando perdermi tra le tue braccia.
Sogno è realizzare ciò che non si può,
sogno è amare con tutto me stesso,
sogno è sussurrarti le tempeste dell’anima
non appena mi perdo nei tuoi bagliori.
Sei l’ultima stella svanita al mattino
che ha brillato sulle mie notti
di sospiri e ricordi sbiaditi al risveglio.
Sei un’aura di bianche passioni
oltre il labile confine della vita vera
e riempi l’oscurità di luce
che tuttavia non potrà mai destarmi.
Vivi dentro di me
sorta da una nostalgia quotidiana
di amare, amare colei che non esiste.
Un angelo perfetto è allora disceso
dai cieli rinchiusi nel mio cuore,
venuto a sfiorarmi dolcemente in viso
e rubare un palpito dolce come te.
Vivi con me,
rinchiusa in spazi infiniti
aperti a possibilità illimitate.
E vagare in dimensioni irreali
diviene la fine del labirinto
che conduce all’argento del tuo amore,
lontano da una realtà smarrita
e da dolori vuoti come me
quando la luce svanisce col domani
ma la speranza di riaverti resiste. (2)


Arriva l’alba e i sogni svaniscono alle prime luci rosate, lasciandomi di nuovo a questa livida realtà d’incubo, dove non c’è spazio per lusinghe d’amore.
I pochi giorni di felicità trascorsi con te, mia Crystal, sono sempre più tormentosamente vividi nella mia memoria, così lontani e irraggiungibili, ma perfetti e indimenticabili.
Appena ho tempo libero, anche tra una lezione e l’altra, trascuro il dovere d’insegnante e, invece di correggere i compiti, trascino i miei passi per il parco di Hogwarts, a raggiungere la parte più solitaria e lontana dal castello, dietro il lago e vicino alla Foresta Proibita, come facevo sempre con te, in quella stupenda e luminosa primavera, per sottrarci a occhi indiscreti.
Ma la tua mano non è più tra le mie, per essere ricoperta da dolci e appassionati baci, il tuo corpo non vibra più tra le mie braccia, né labbra calde mi sussurrano un irrequieto e travolgente desiderio.
Solo il sibilo freddo e ostile del vento ferisce le mie orecchie, lamento di un cuore che non sa rassegnarsi, nel triste rintocco di ore ormai morte alla felicità.
E amare lacrime di dolente rimpianto rigano lente le mie guance.

I singhiozzi lunghi
dei violini
d’autunno
mi feriscono il cuore
con languore
monotono.
Ansimante
e smorto, quando
l’ora rintocca,
io mi ricordo
dei giorni antichi
e piango;
e me ne vado
nel vento ostile
che mi trascina
di qua e di là
come la foglia
morta. (3)


*


Tonks è di stanza a Hogsmeade da qualche mese, a rinforzare la protezione del castello.
Non l’ho mai sopportarla, così scoordinata e maldestra: l’idea che possa entrare nel laboratorio, con le preziose ampolle allineate sul tavolo e i grandi vasi ordinatamente disposti sugli scaffali, alla mercé di un suo gesto incontrollato, mi mette i brividi.
Ha la pessima abitudine di non stare mai zitta: ogni volta che l’ho incontrata a Grimmauld Place mi ha sempre assillato con mille domande, cui non avevo intenzione di rispondere.
Negli ultimi mesi, però, la fastidiosa inclinazione sembra averla abbandonata, insieme all’insopportabile mania di colorarsi la capigliatura nel modo più sgargiante possibile.
Quando entra nella scuola per parlare con Silente, si aggira per i corridoi con l’aria triste e dimessa, i capelli color topo che le cadono flosci ai lati del viso smagrito e, strano, è silenziosa e non cerca più di attaccar discorso, né con me né con altri.
All’improvviso, mi torna alla mente che il Patronus di Tonks è di recente cambiato e l’avevo perfino presa in giro: è un argenteo lupo che rivela i suoi sentimenti per Lupin che il Mannaro, evidentemente, non ricambia, rendendola così triste e delusa.
Nonostante la mia personale avversione, Tonks è una ragazza carina di cui un uomo potrebbe innamorarsi.
Eppure, Remus Lupin, che, data la disgraziata natura lupesca, non è nella condizione di essere attorniato da belle donne, sembra indifferente a ogni tentativo di seduzione da parte della giovane strega.
Perché?
Di colpo la risposta è evidente: c’è Crystal al suo fianco, ed è facile immaginare che la bellezza e il fascino sensuale della donna che amo possa aver travolto anche Lupin. Tra le due donne, nessun uomo esiterebbe a scegliere.
Giungo alla dolorosa ma logica conclusione che se Lupin non ricambia Tonks e Crystal non è mai venuta a cercarmi, tra i due è nato qualcosa.
Le mie dita si stringono con forza involontaria intorno alla fialetta della Pozione Antilupo, che per il secondo mese consecutivo ho preparato per Lupin, rischiando di frantumarla nell’impeto di gelosia.

Ti è ignota la sua luce,
né mai assaporerai la sua anima:
lei era mia, lontana e dolce chimera.
Ah, fosse il mio giorno ancora legato al tuo,
e s'intrecciassero ancora i nostri ricordi,
amara nostalgia che ferisce col sorriso. (4)


Sospiro cupo e a fatica allento la presa sul vetro sottile: se Crystal ama Lupin, la pozione è ancora più preziosa ed io, con il cuore straziato, continuerò a distillarla per l’uomo che mi ha portato via la donna che ha riacceso i miei impossibili sogni d’amore.
Lupin non ha colpa, in effetti: io ho perduto Crystal, è il mio passato che, ancora una volta, uccide ogni illusione e distrugge la tenue speranza che proprio Crystal era riuscita a far rinascere nel mio cuore.
Sigillo la provetta, la inserisco nell’involucro protettivo e la lego alla zampa del gufo che attende impaziente. Non c’è bisogno di biglietti d’accompagnamento: Lupin conosce la pozione e la luna piena è alle porte.
Esco dal castello e libero il gufo nel vento freddo della notte, poi resto a osservare la speranza svanire nel cielo nero, mentre il mio mantello ondeggia nell’aria scura; infine, adagio m’incammino ancora verso il lago, la cui superficie nera è increspata dalla spuma bianca delle piccole onde sollevate dal vento, a tratti illuminate dalla luna che appare rapida tra le nuvole.
Giungo alla spiaggia, dove la risacca viene a morire ai miei piedi, ancora e ancora, e resto a fissare la luna, gelida luce in questa notte in cui i miei sogni ancora una volta muoiono, uccisi da scelte lontane che continuano a condannarmi alla solitudine e al dolore.
Intanto, il gufo vola verso Lupin con la preziosa pozione, da me ancora migliorata: gli permetterà d’ammirare il riflesso della luna negli splendidi occhi della mia adorata Crystal.

Quando la terra è d’ombre ricoverta,
e soffia ‘l vento, e in su le arene estreme
l’onda va e vien che mormorando geme,
e appar la luna tra le nubi incerta;
torno dove la spiaggia è più deserta
solingo a ragionar con la mia speme,
e del mio cor che sanguinando geme
ad or ad or palpo la piaga aperta.
Lasso! Me stesso in me più non discerno,
e languono i miei dì come viola
nascente ch’abbia tempestata il verno;
Chè va lungi da me colei che sola
far potea sul mio labbro il riso eterno:
Luce degli occhi miei, chi mi t’invola? (5)


*


Poi, tutto precipitò ancora e ogni flebile favilla di speranza, che già da qualche tempo aveva abbandonato la mia mente, svanì definitiva anche dal cuore.
Una sera Silente mi vide aggiungere il mio sangue alla pozione e praticare il diabolico sortilegio: ero troppo stanco e non mi accorsi che era entrato nel mio studio.
Come avevo previsto, fu irremovibile e si rifiutò di assumere il filtro che gli permetteva di controllare la maledizione e lenire il dolore alla mano.
Le sue ore adesso erano contate: prima o poi la maledizione sarebbe dilagata nell’organismo, uccidendolo tra atroci sofferenze.
Ricordo la nostra terribile conversazione, come fosse avvenuta pochi istanti fa.

*


- Quanto tempo pensi che mi rimanga?
Esito, non lo so con certezza, sono passati mesi e la maledizione si è rafforzata: senza la pozione a tenerla sotto controllo può trattarsi di pochi mesi, o solo settimane, forse. Sono disposto a ripetere l’incantesimo che intrappola la maledizione dell’anello anche ogni giorno, più volte, fino allo sfinimento, se è necessario per tenerti in vita un po’ più a lungo.
Cerco di essere inutilmente ottimista nella risposta:
- Cinque, sei mesi al massimo.
Annuisci appena, sereno:
- Sì, lo immaginavo.
Mi sorridi incoraggiante: il mio viso è l’emblema della desolazione.
- Avanti, non fare quella faccia. – dici in tono risoluto, venendo rapido al dunque. – Voglio che tu mi prometta che lo farai, quando sarà il momento.
Scuoto il capo.
- Morire in due è inutile, Severus: lo sai!
Sì, lo so, ma questo non mi darà mai la forza per ucciderti.
- Inoltre, anche tu tieni a Draco e sono certo che non vuoi che la sua anima si corrompa.
Chiudo gli occhi: si stanno colmando di lacrime e questo non è il momento adatto.
L’anima di Draco, un ragazzo che, come me un tempo, rischia di perdersi per sempre.
Io mi ero perduto: nessuno aveva saputo aiutarmi.
Quella di Draco, invece, è un’anima pura e integra, può ancora essere salvata.
La mia è ormai lacerata e distrutta: nulla e nessuno potrebbe mai ridarmi la mia innocenza.
Io, invece, posso ancora aiutare il ragazzo.
Lacrime di sconforto scendono lente sulle mie guance.
Ti voglio bene, Albus, come potrei mai trovare il coraggio per farlo?
- Non posso… non ci riuscirò mai - mormoro con voce rotta, il capo chino.
- Vuoi lasciare che muoia tra le mille sofferenze della maledizione? O permettere che sia Draco a uccidermi, terrorizzato da Voldemort? O lo faccia magari qualche Mangiamorte, approfittando della mia debolezza, schernendomi e ingiuriandomi?
Sollevo il viso, striato dalle lacrime che non riesco a trattenere, e faccio un debole cenno di diniego.
- Severus, io mi fido di te: a nessun altro affiderei la mia morte.
Sospiro: è venuto il momento di dirtelo.
Con voce bassa e roca sussurro:
- Non posso, mi dispiace, Albus. Io…
Le parole mi muoiono sulle labbra davanti al tuo sorriso paterno.
Ecco quello che sei sempre stato, per me: un padre.
Un padre che attende paziente, in silenzio, che io trovi il coraggio.
Il coraggio per dirti che ti voglio bene.
E il coraggio di ucciderti.
- Ti voglio… bene.
Appoggi la mano sulla mia spalla e, con lieve incertezza, cerchi di attirarmi verso di te.
Non mi oppongo al tuo abbraccio: non ce ne sarà mai più un altro.
- Grazie, Severus. Era da tanto tempo che aspettavo queste tue parole.

Non chiedere al vento di morire:
il suo lamento griderà in eterno.
Riecheggia tra le note della sola musica
che sappia intessere i fili della mia salvezza.
Non abbandonarmi nel vuoto,
non c'è strada ad indicarmi il sole. (6)


Sì, lo so: tante volte, troppe, le parole sono salite spontanee sulle mie labbra, ma per pudore le ho sempre ricacciate indietro.
- Ti prego, Albus, non chiedermelo. – ti supplico afferrandomi alle tue spalle.
- Mi dispiace, Severus, - sussurri stringendomi a te, - solo tu sei in grado di farlo, di trovare la forza e il coraggio necessari. Sono io che ti imploro, figlio mio!
Serro stretti gli occhi, baluardo inutile contro le lacrime che fluiscono senza ritegno bagnandoti la veste, mentre mi stringi nell’abbraccio paterno.
Rimango a lungo con la fronte appoggiata sulla tua spalla, le braccia abbandonate inerti lungo i fianchi, piangendo in silenzio, finché percepisco lo sforzo che stai facendo per rimanere in piedi, sostenendo anche parte del mio peso.
Mi sollevo dalla tua spalla e ti guardo: il tuo viso è stanco, ma ancora e sempre sorridi.
- Mi fido di te, Severus, mi sono sempre fidato completamente di te, dal giorno in cui venisti a cercare il mio aiuto, e sono certo che anche questa volta non mi deluderai.
Aspetti una risposta che non arriva, ancora incatenata dall’affetto per te.
- Promettimelo, Severus, ti prego…
Un’ultima lacrima scende greve di afflizione sulla guancia, mentre chino il capo in uno straziato cenno d’assenso.
Lo farò, Albus, ti ucciderò, ma quel “sì” non uscirà mai dalle mie labbra.

*


I giorni passano lenti, mentre ogni certezza si sgretola: il mio vasto sapere non mi ha permesso di salvare Albus e gli errori del passato costringono la mia vita verso l’oscurità, negandomi la speranza di redenzione perseguita dedicando l’esistenza alla causa della sconfitta dell’Oscuro Signore.
Ho perduto anche l’amore di Crystal, che per un attimo aveva illuminato le mie tenebre: mi sento trascinare sempre più verso l’inferno, definitiva prigione di lamento e nostalgia per una vita non vissuta che non ho più speranza alcuna di poter vivere.
La luce dell’alba entra appena a illuminare la mia stanza e, come freccia acuminata, scava un solco tra le mie angosce notturne, solo per rivelarmi ciò che già sapevo: l’incubo è la mia realtà e non posso trovare scampo nel vile trucco di risvegliarmi, perché non esiste più alcuna alba per me, nella notte infinita in cui sarò presto condannato a vivere in completa solitudine, quando avrò perso anche Albus.
Eppure, percorrerò fino in fondo ogni tortuoso sentiero che il destino, forgiato dalle mie colpe passate, ha predisposto per me, a mia definitiva dannazione, finché vedrò anche la mia ombra cercare di separarsi da me, disgustata dall’orrore per l’uomo che è costretta a seguire.
Vorrei poter gridare la mia disperazione, ma non c’è nessuno che può udirmi, né sono disposto ad accettare aiuto: compirò il mio dovere, fino in fondo.
In silenzio.


1 - Garcia Lorca - “Libro de poemas”: tratto da “Madrigale”.
2 - Earendil: “Argento”. Scritta nel febbraio 2007.
3 - Paul Verlaine – Dalla raccolta “Poesie saturnine – Paesaggi tristi”: V-Canzone d’autunno.
4 - Earendil.
5 - Ugo Foscolo – Poesie giovanili: tratto da “Sonetto”.
6 - Earendil.
 
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view post Posted on 24/10/2022, 20:33
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6. Corsa verso il baratro


- Dove stai andando, Severus?
Le ombre della sera si allungano sul fogliame scuro, mentre la voce decisa di Silente mi richiama sul limitare della Foresta Proibita.
- Cosa fai, adesso: mi segui? – rispondo con dura e seccata ironia. – Non eri tu quello che si fidava completamente di me?
- Certo che mi fido! – ribatti con calma, neppure sfiorato dai miei modi sgradevoli. – Ma voglio evitare che tu perda il tuo prezioso tempo cercando ancora una soluzione che non esiste.
La tua voce si è indurita.
- Rassegnati!
Un’esortazione, secca come un ordine.
Come sempre sei informato di tutto ciò che accade nella scuola e sai che non mi sarei mai rassegnato, che avrei cercato una soluzione per la tua mano fino all’ultimo momento possibile.
Non importa se anche io ormai non credo più in questa evenienza: ho un assoluto bisogno di aggrapparmi a un’impossibile illusione per tirare avanti, nell’attesa che l’inferno richiuda di nuovo le sue pesanti porte su di me, come già è stato in un tempo lontano.
- Ne abbiamo discusso decine di volte: uccidermi è l’unica soluzione possibile e dovrai sfruttarla al meglio per riconquistare la fiducia di Voldemort. – affermi per l’ennesima volta, ripetendo parole che conosco a memoria. – La tua presenza al suo fianco, accettata senza più che l’ombra del dubbio la lambisca, è essenziale per individuare l’Horcrux che ancora non conosciamo e in quali nascondigli sono celati gli altri. Solo tu puoi aiutare Harry, ormai!
- Non è vero! - rispondo irritato. – Finora le tue brillanti deduzioni sono state insostituibili per trovarli. E’ solo questione di tempo...
- È questo il problema, Severus! Sai che il mio tempo è contato! – m’interrompi deciso.
- Solo perché rifiuti irresponsabilmente di bere la mia pozione! – sibilo stizzito.
- Non intendo bere il tuo sangue, Severus, né permetterti di replicare ancora quell’incantesimo infernale: è fuori discussione! – ribadisci con durezza, alzando il tono di voce.
Ti guardi alle spalle: la Foresta Proibita intorno a noi sembra tranquilla e deserta.
- Però non ti sei fatto scrupolo di chiedermi di ucciderti, vero? – ringhio, il volto deformato da una collera impotente. – Dai tutto per scontato, Albus: potrei anche aver cambiato idea!
- Ormai me l’hai promesso, Severus, ricordalo. Piuttosto, devi tenere d’occhio il nostro giovane amico Serpeverde. – continui ammiccando, più tranquillo dopo aver ristabilito quelli che, secondo te, sono patti definiti e incontrovertibili. – Draco è terrorizzato e sta diventando un pericolo, più per sé e per gli altri allievi che non per me.

*


Ti ho sottovalutato, Potter: non pensavo che avresti mai provato un incantesimo sconosciuto su un compagno di scuola.
Quell’incantesimo era “Contro i Nemici”, Potter, era scritto in modo chiaro sul mio libro, ma tu lo hai provato, senza conoscerne gli effetti, su un tuo compagno: consideri Draco alla stregua di un nemico?
Hai rischiato di ucciderlo, ed io sarei perito con lui, a causa del Voto. Per fortuna ho udito gli strilli di Mirtilla e nessuno conosce meglio di me il necessario contro-incantesimo.
Il Sectumsempra è Magia Oscura, Potter, credo che ti sia chiaro che il Principe Mezzosangue non andava tanto per il sottile in queste cose: del resto, aveva tutte le sue buone ragioni per farlo, visto come tuo padre e quel bastardo di Black lo tormentavano.
Ma è Magia Oscura e non mi aspettavo che la usassi con tale facile superficialità.
E’ pericolosa, Potter: non sono riuscito a farti entrare in testa nemmeno questo concetto, con le mie lezioni di Difesa?
Cerchi di mentire, proprio a me.
E’ ridicolo!
Il mio libro ti galleggia in primo piano nella mente: non sono riuscito a insegnarti nulla, neppure in Occlumanzia.
Ma Silente ha avuto ragione: il Principe, invece, riesce a insegnarti ogni cosa.
Peccato che sia più pericoloso di quanto Albus avesse stimato.
Ti ho chiesto di portarmi i tuoi libri. Tutti. Ma il testo di Pozioni Avanzate che c’è nella tua borsa non è quello giusto.
Cerchi di prendermi in giro, con lo stupido soprannome del tuo amico Weasley.
Però, inaspettato, trovo altro nella tua mente: tu ci tieni molto a questo libro.
Non riesco a credere alle emozioni che percepisco in te: gli sei riconoscente per averti insegnato tante cose e lo consideri alla stregua di una guida.
Ma c’è altro e questa è la cosa più incredibile: per te il Principe è come un amico, di cui ti fidi pienamente, di cui cerchi sempre l’aiuto. Stimi l’intelligenza del Principe e apprezzi le sue profonde conoscenze magiche.
Sei bugiardo e imbroglione, Potter, ma non intendo toglierti il libro che hai nascosto chissà dove: non voglio, non posso, privarti dell’unica parte di me che ammiri in modo incondizionato.
Leggilo fino in fondo, Potter, potrà esserti molto utile perché ci sono alcuni incantesimi, ma anche nuove pozioni da me inventate, che nessun altro al mondo conosce: sono sicuro che tua madre l’ha mostrato solo a tuo padre, così i miei segreti sono periti con loro.
Ma non sperimentare gli incantesimi ostili sui ragazzi: potrebbe essere più pericoloso di quanto credi. Il Principe Mezzosangue, a quel tempo, si era già incamminato sulla strada che portava alla perdizione: c’era una guerra in atto, allora come adesso, ma il Principe stava dalla parte sbagliata.
Ma ora, non più.
Ora ha capito.
Troppo tardi, ma infine anche il Principe ha capito.

*


I mesi passano, lenti e dolorosi, con il sole di questa inoltrata primavera che ogni giorno sorge su una terribile aspettativa di morte.
Non la mia morte, purtroppo.
Non c’è alcuno scampo: Albus non intende cedere!
A fine giornata il sole tramonta piangendo in quello che, ogni sera, mi sembra sempre più un lago di sangue, ed io mi accingo ad affrontare un’altra notte affastellata di incubi del passato che mi annunciano spietati quelli del mio nuovo futuro.
Non ho più notizie di Crystal: non ho chiesto nulla, non voglio sapere nulla.
Avere la conferma che è felice tra le braccia di un altro è indicibile tormento, eppure è una dolce consolazione essere certo che, almeno lei, potrà ancora essere felice.
Evito con cura di metter piede a Grimmauld Place: non è necessario e non avrei la forza di rivedere i suoi occhi privi d’amore per me.
Ogni notte rimando sempre più a lungo il temuto momento in cui il sonno cattura la mia mente e cammino, procedo lento inoltrandomi nella Foresta, dove solo la luna può vedermi, quando fa capolino dalle nuvole, e ogni suo candido raggio mi ricorda la perduta felicità.
Continuo a distillare la pozione per Lupin, ogni mese sempre più perfetta e lui, stupito dal portentoso effetto, mi invia pergamene piene di sentiti ringraziamenti per la libertà dalla bestia che ogni mese gli regalo.
Lo faccio solo per Crystal, il mio adorato e perduto amore, sperando di poter aiutare la sua felicità e quando rimesto il calderone una lacrima vi cade dentro.
Se non mi vergognassi, anche solo a pensarlo, potrei asserire che sono le mie straziate lacrime d’amore a rendere così efficace la pozione per l’uomo che, in questo momento, può bearsi del suo splendido sorriso e godere dei baci della donna che avrebbe potuto essere mia.

Pronuncio il tuo nome
nelle notti buie,
quando gli astri vanno
a bere alla luna
e dormono gli alberi
delle foreste cupe.
Ed io mi sento vuoto
di passione e musica.
Orologio impazzito che canta
morte ore antiche.
Pronuncio il tuo nome
In questa notte buia,
ed il tuo nome suona
più lontano che mai.
Più lontano delle stelle,
più dolente della pioggia quieta. [1]


Io, invece, trascino piano i miei passi tra le radici nella cupa Foresta, avvolto nella pioggerella leggera, e sommesso sussurro il nome del mio amore: ogni volta che le adorate sillabe lasciano le mie labbra tremanti, so d’averla perduta un poco di più e il vuoto si allarga, congelando il mio cuore.
Ancora un altro stanco sussurro e il suo nome, gioiello prezioso, s’innalza nell’aria scura, volando sempre più lontano e irraggiungibile, oltre le stelle e le mie svanite illusioni.

*

Nella bufera rabbiosa,
la vela gonfia di vento,
lui viene spingendo la barca.
Nell’oscurità della notte oscura
come pauroso e mortale veleno,
pare che il cielo infranto
s’inabissi nel mare:
lui viene avanti scomparendo
nel seno d’onde alte e rabbiose
senza pace e senza meta.[2]


Il vento ulula intorno a me, rabbioso nella notte nera: la veste bianca del vecchio canuto si confonde con la vela, poi diventa essa stessa la vela di una barca impazzita che si getta nel gorgo impetuoso delle onde.
Il suo sorriso brilla, occhi di stelle mi fissano, vuoti di vita, in questa tenebrosa notte: sta bevendo la pozione distillata con il mio sangue.
Ma… un momento! Il colore non è quello giusto: no, Albus, non bere, è un veleno mortale!
La coppa si rovescia e le onde si tingono di rosso, mentre il cielo, spaccato dal Marchio di morte, è risucchiato nel gorgo che ha già inghiottito la barca.
Un lampo verde squarcia la notte e Albus scompare nei flutti, gridando il mio nome, divorato dalle mie orrende parole di Mangiamorte.
Per un istante rimane sospesa solo l’ombra tenue del suo sorriso.
Poi il buio, gelido e nero, torna a soffocarmi.

*


Non me ne sono reso conto, ma la stanchezza ha vinto la mia resistenza e sono scivolato negli incubi del sonno: adesso sono di nuovo sveglio, madido di un sudore gelido.
Questa è una notte infinita e memorie strazianti tornano a torturare senza alcuna pietà la mia anima, persa in questo soffocante labirinto di dolore.

*


Sei andato via con Potter, che è quasi peggio che se te ne fossi andato da solo.
Peggio per il mio orgoglio, calpestato e ignorato, anche se so che il ragazzo ha bisogno d’essere testato sul campo.
Ma ha ancora così tante cose da imparare: come potrà aiutarti?
Ti sarà solo d’impaccio e, alla fine, vi caccerete nei guai e sarò io a dover rimettere insieme i cocci, ammesso mai di ritrovarli, e sperando ancora una volta d’arrivare in tempo.
Mi hai detto di aspettarti e rimanere all’erta; obbedisco, come sempre, e attendo nella notte estiva stranamente fredda dopo il lungo temporale.
O, forse, il gelo è solo dentro di me, nella mia anima che trema sapendo quale terribile ora si sta avvicinando.
Non riesco a restare fermo nel sotterraneo: ho provato a leggere, ma i miei occhi inquieti si rifiutano di mettere a fuoco le lettere.

Si fa cupa la sera. Si gela. Il pontile
ha un brivido e la risacca geme nel suo legno
canoro, poi ricade pesante
su un ritmo brutale come la noia tetra
che un tempo martellava i miei colpevoli giorni:
solitudine del cuore nel vuoto dell’anima,
la lotta dei mari e dei venti dell’inverno,
l’Orgoglio vinto, straziato, che rantola e declama,
e questa notte in cui serpeggia un agguato infame,
catastrofe fiutata, preannuncio dell’Inferno. [3]


Sono uscito nella notte, verso il lago nero, e percorro adagio il lungo e scricchiolante pontile, la bacchetta a illuminare il passo successivo.
Le piccole onde sciabordano appena e s’infrangono sui pali di sostegno, perdendosi nel nulla intorno a me, mentre attendo che il mio triste destino si compia, figlio di colpe passate, tante volte già pagate, ma che ancora esigono, insaziabili, il penoso obolo.
Il mantello fluttua nell’aria tesa e la mia anima geme, come le vecchie assi di legno, contorte e spaccate, sulle quali cammino.
La notte è nera, senza luna e senza stelle: sembra la notte giusta in cui la speranza debba morire.
Dovrò essere io a ucciderla.
Un sospiro mi esce dalle labbra sottili e pare un lamento: le folli scelte d’un tempo, gli errori e le colpe d’un giovane fiero e ambizioso che voleva solo essere stimato per quel che sapeva di valere, si abbattono su di me come venti furiosi e mi spingono verso l’abisso.
Il mio orgoglio è sconfitto: vorrei potermi gettare ai piedi delle mie vittime a implorare la pietà che non ho avuto con loro.
La pietà che Albus non mi permette di avere con lui.
Rimarrò solo, senza più un’anima, nel cuore solo l’infinita disperazione di chi non merita alcun perdono.
Odiato da tutti.
Sento che l’ora è vicina: l’odio serpeggia e brucia sul mio braccio, mentre l’agguato è ormai teso. Presto un orrendo lampo verde mi spalancherà le porte dell’inferno ed io le varcherò volontariamente.
Per eseguire i tuoi ordini, Albus.
Perché tu vuoi così.
Perché ti fidi di me.
Perché non posso deluderti.

I miei incubi tingono il vuoto notturno
dell'ombra che non scompare alla luce lunare,
e l'anima si fa goccia indistinta nel rimorso.
Il tuo sorriso increspava d'argento
gli oceani che cullavano il tuo nome dentro me
finché ti ho smarrita tra le onde,
ma naufrago io non trovo requie dal dovere,
e le mie rive sempre cerco nel rimorso:
ad affondare è l'anima priva d'approdo. [4]

*


E’ quasi mezzanotte e il castello tace.
Sono tornato nel sotterraneo: aspetto immobile il tuo ritorno da oltre un’ora; dove diavolo sei finito, Albus?
All’improvviso, il piccolo Vitious irrompe nello studio urlando che i Mangiamorte hanno fatto incursione nella scuola.
Ha il fiatone e si stringe il petto.
Il mio cuore cessa di battere per un istante e annaspo, incapace di riempire d’aria i polmoni.
È giunto il momento e l’inferno mi attende oltre la porta.
Non riesco a capire come Draco sia riuscito a far entrare i Mangiamorte nell’invincibile Hogwarts, come abbia potuto portare quegli assassini proprio qui, nella sua scuola, dove ci sono i suoi amici.
Ancora una volta Albus aveva ragione: un ragazzo terrorizzato può essere molto pericoloso ed io ho fallito l’essenziale compito di vigilare su di lui.
Vitious è pallido come uno straccio e sembra stare male, ma mi incita a seguirlo per dare battaglia ai Mangiamorte: non posso permetterglielo, non è in grado di combattere in quelle condizioni.
Inoltre, non ci deve essere alcuna lotta nella scuola: lo impedirò, non voglio che ci siano feriti tra gli studenti e neppure tra i professori.
Quando avrò fatto ciò che devo fare, tutto sarà finito e farò in modo che i Mangiamorte lascino la scuola senza causare danni: possiedo la necessaria autorità per farmi obbedire.
Mi dispiace, Filius: è necessario per tutelare la tua incolumità.
- Stupeficium!
Il sibilo metallico della mia voce incontra lo stupore dei suoi occhi, mentre cade a terra con un tonfo sordo.
Ed io comincio a correre. Verso il baratro.
Una corsa brevissima: Granger e Lovegood sono fuori della mia porta.
Cosa diavolo ci fanno due studentesse in giro a quest’ora? Perché non sono al sicuro nei loro dormitori?
Devo assolutamente tenerle lontano dal pericolo, così le mando a soccorrere il piccolo Vitious, sperando che l’incombenza le trattenga per il tempo necessario a far allontanare i Mangiamorte dalla scuola.
Riprendo a correre verso la torre di Astronomia, come Filius mi ha indicato, dove il maledetto Marchio di morte di Voldemort infetta il cielo della mia amata Hogwarts: un oltraggio che non avrei mai creduto possibile.
Salgo a due a due i gradini di marmo della grande scalinata della Sala d’Ingresso, il mantello che ondeggia alle spalle e la bacchetta ben salda in mano.
Sono vivo: quindi il Voto non è stato infranto.
Cosa significa?
Albus ha convinto Draco a recedere dalle sue intenzioni, o il ragazzo ha già lacerato la propria anima ed io, ancora una volta, ho tremendamente fallito?
Mentre mi avvicino di corsa alla base della torre, sento sempre più distinti i rumori della battaglia: le urla s’incrociano gridando incantesimi, gli strepitii e i lampi di luci delle maledizioni rimbalzano impazziti sui muri.
Mi getto tra loro, incurante di tutto se non del tempo che trascorre troppo rapido e di un’anima che sta precipitando nel baratro.
Quella di Draco?
O arriverò in tempo per scagliare la mia anima all’inferno, al posto della sua?
La torre più alta del castello: neppure a metà scala sono già senza fiato e il cuore mi scoppia in petto.
Devo riuscire a respirare e mantenere una lucidità perfetta: sarà essenziale quando sarò là sopra, quando vedrò Albus davanti a me.
Avrò il coraggio di ucciderlo?

E la morte piovve nel vuoto prima di me,
e cadendo mi sorrideva lieta,
invitandomi a seguirla nel tripudio. [5]


Cosa troverò sulla torre: un lago di sangue?
Draco non è certo solo, ci saranno dei Mangiamorte con lui: come potrà Silente convincerlo a rinunciare al suo compito, in loro presenza, senza condannare il ragazzo a morte certa?
Nei tanti piani predisposti insieme, non avevamo mai previsto lo scenario dei Mangiamorte a Hogwarts: quanti saranno? Posso riuscire a renderli inoffensivi o la loro presenza significa che è definitivamente impossibile salvare Albus?
Maledizione, come ha potuto, Draco, farmela così sotto il naso?
E Potter?
Sulla torre deve per forza esserci anche lui.
Se mi vedrà uccidere Silente, come potrò mai aiutarlo, in seguito?
Mi odierà, più di quanto già mi odi adesso, dopo aver saputo che sono stato io a rivelare a Voldemort la profezia che ha condannato i suoi genitori.
La porta della torre è davanti a me e un brivido gelato mi percorre la schiena: io non voglio più uccidere.
Io non voglio uccidere Albus.
Non posso uccidere l’uomo a cui voglio bene come a un padre.
La mia mano trema, mentre sollevo la bacchetta e mi accingo ad aprire la porta.
Albus è vivo!
Sta male, si regge a fatica in piedi, eppure non vedo ferite. Che la maledizione dell’anello lo stia già uccidendo?
Ci sono due scope: anche Potter è qui, senza dubbio nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, pronto a colpirmi alle spalle quando mi avrà visto compiere una terribile e imperdonabile azione.
Morire è solo ciò che più ardentemente desidero, ma non ora: ho troppi importanti doveri da portare a termine, prima di poter smettere di soffrire.
Quattro Mangiamorte. C’è anche Greyback.
E’ impossibile batterli da solo, anche col favore della sorpresa, con Albus in quello stato, Draco con la bacchetta abbassata e Potter che già starà prendendo la mira contro di me.
Draco.
- Il ragazzo non sembra in grado… [6]
Le parole di Amycus mi confermano che Draco non è capace di uccidere.
Poi, il mio nome, sulle sue labbra, in un dolce e agghiacciante sussurro di morte.
- Severus…
Avanzo e spingo rude Draco di lato, mentre i Mangiamorte arretrano, perfino Greyback sembra temermi.
Il mio volto deve essere terrificante, traboccante di odio verso me stesso e il mio passato che mi costringe a compiere la più tremenda delle azioni; sopraffatto dal disgusto per ciò che mi sto imponendo di fare per eseguire l’ultimo ordine di Albus.
Per l’ultima volta incrocio i suoi occhi azzurri e gli apro la mente affinché veda i miei pensieri.

Tu m’hai guardato dentro
nell’oscurità delle viscere:
nessuno ha la mia disperazione
nel suo cuore.
Sono un uomo solo,
un solo inferno. [7]


Ti voglio bene, Albus, padre mio.
Anche se mi costringi ad ucciderti.
- Severus… ti prego…
Sollevo la bacchetta: brucia nella mia mano.

E’ dolore che finisce e amor che si consuma,
torre di sangue aperto con le mani bruciate. [8]


Non c’è spazio per indecisione o dolore: sono solo un maledetto assassino.
L’inferno è davanti a me.
Punto deciso la bacchetta sul suo petto.
Sono un assassino che vuole solo morire.
Le porte dell’inferno si spalancano.
Non voglio ucciderlo.
- Avada Kedavra!
Un raggio verde di morte.
Per lui.
Per me.

Uguale raggio mi chiude
in un centro di buio,
ed è vano ch’io evada. [9]


Ho annientato la mia anima e sono sceso all’inferno.


1. Garcia Lorca – tratto da “Se le mie mani potessero sfogliare”.
2. Rabindranath Tagore – tratto da “Traversata”
3. Paul Verlaine – Raccolta “Amore”: tratto da “Bournemouth”.
4. Earendil
5. Earendil
6. Nella parte che segue, il corsivo individua le parole originali scritte dalla Rowling.
7. Salvatore Quasimodo – Dalla raccolta “Ed è subito sera”: tratto da “Al tuo lume naufrago”.
8. Garcia Lorca – Tratto da “Terra e luna”.
9. Salvatore Quasimodo – Dalla raccolta “Ed è subito sera”: tratto da “Spazio”.
 
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view post Posted on 25/10/2022, 15:15
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I ♥ Severus


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7. Harry e Draco


In questa notte orrendamente tinta di verde, la morte mi ha sorriso ed io l’ho abbracciata in nome dell’amicizia e del dovere.
La mia anima è perduta, tra il fuoco del nulla e il gelo del silenzio, ma so che non troverò requie, né dall’uno né dall’altro.
Solo l’amaro sapore di un addio mi lega ancora a questa vita, un addio che mi confina nel deserto dei miei giorni futuri, vuoti d’umanità e illuminati solo da un cielo privo d’ogni stella.
Il rimorso d’un lontano passato diventa presenza opprimente della mia nuova realtà e sigilla ogni finestra da cui potevo respirare innocenza.
Eppure, sono pronto ad affrontare la mia condanna a vivere: ho ancora dei doveri da assolvere, colpe da commettere e anime da salvare, prima di potermi dire finito.
Così precipito nell’abisso del mio futuro, dove il fondo non è la fine del dolore, ma solo l'inizio di una maggiore sofferenza che dovrò affrontare per continuare a compiere il mio dovere.

Adesso, però, non sono più io.

Non ebbe paura, era
uscito da se stesso:
era una creatura
appena creata dalla morte,
era il suono d’una campana rotta
che l’aria sferza come il fuoco,
era condannato a vivere [1]


Sono solo un automa, sorretto esclusivamente dalla determinazione di portare al più presto, e a qualsiasi costo, i Mangiamorte fuori della scuola, prima che altro sangue innocente scorra in questa notte di disperazione.
Ho promesso ad Albus che avrei protetto i suoi ragazzi e manterrò anche questo impegno.
Afferro Draco per il colletto e lo trascino via con me, mentre intimo agli altri di uscire subito.
Il ragazzo è terrorizzato dall’accaduto, ma, soprattutto, ha paura di me, dopo ciò che mi ha visto fare.
Mi chiedo dove diavolo sia Potter e perché ancora non abbia cercato di fermarmi… o di uccidermi.
Ai piedi della torre ci sono altri Mangiamorte che stanno combattendo contro l’Ordine. Ci sono forme scure a terra, ma non posso fermarmi per capire di chi si tratta, né per aiutare chi presto mi odierà: devo evitare altre morti e far cessare subito la battaglia, trascinandomi dietro nella fuga quelli che d’ora in poi diventeranno i miei soli, orrendi e disgustosi amici.
Ancora ordino gelido a tutti di andar via e spingo Draco davanti a me, per proteggergli le spalle.
Sto correndo a perdifiato nel parco, fuggendo dall’unico luogo che posso chiamare “casa”, mentre Potter, infine comparso dal nulla, m’insegue per vendicare la morte di Albus.
Mi accorgo di non provare più alcuna emozione, come se davvero non avessi più un’anima.
Il raggio rosso dello schiantesimo passa appena oltre la mia testa: mi fermo per proteggere la fuga di Draco, mentre lo incito a correre.
Per due volte provi a cruciarmi, Potter, ed io te lo impedisco. Lo sai che sono Maledizioni senza Perdono? Hai già imparato a usarle? Sai quanto ti può costare, dentro?
Ti rispondo beffardo, mettendo in dubbio le tue capacità, mentre devio con facilità gli incantesimi urlati nella notte rischiarata dalle fiamme che avvolgono la capanna di Hagrid.
Sento Thor guaire, mentre mi dai del vigliacco perché non reagisco al tuo attacco.
Possibile che tu non riesca proprio a capire che non voglio farti del male?
Che, nonostante ciò che mi hai visto fare, sono dalla tua parte, l’unico che potrà aiutarti, ora che Silente non c’è più?
Quanto rendi difficile il mio compito, presuntuoso ragazzo!
Mi è impossibile non ricordarti, provocatorio, che tuo padre non mi attaccava mai se non erano in quattro contro uno: non era vigliaccheria, quella?
Ancora urli incantesimi che paro con facilità, per averli letti nella tua mente: quando imparerai a occluderla?
Cerco di impartirti un’ultima, utile lezione di Difesa contro le Arti Oscure, proprio qui, sul campo di battaglia.
Poi, ancora una volta, incito i Mangiamorte ad allontanarsi, ricordando loro che presto arriveranno gli Auror.
La mia Hogwarts ha già subito troppi oltraggi e dolori: non ne permetterò altri.
Riprendo a correre verso i cancelli, quando urla lancinanti mi bloccano: quella carogna di Rowle sta cruciando Potter.
Intervengo rapido a interrompere la maledizione, colpendo a mia volta con voluta durezza il grosso Mangiamorte biondo, mentre ti contorci a terra e, senza neppure usare la Legilimanzia, percepisco il tuo intenso odio contro di me: stai pensando che sia io a torturarti.
Urlo ancora un’ultima volta l’ordine di ritirata e finalmente li vedo correre verso i vicini cancelli.
Tu, Potter, invece non demordi ancora: respingo con facilità il tuo Sectumsempra, sempre verbalmente lanciato, poi intercetto il Levicorpus nei tuoi pensieri.
Le fiamme della capanna di Hagrid sono l’unica fonte di luce e, per un istante, nella penombra della notte rivedo James Potter usare contro di me gli incantesimi che io stesso avevo inventato, umiliandomi davanti a tutta la scuola.
Sono sconvolto oltre ogni dire per ciò che ho appena dovuto fare a Silente e l’odio contro di me e il mio orrendo gesto esplode, improvviso e incontrollato, quasi fossi tornato a essere il solitario ragazzo d’un tempo, rifiutato e schernito da tutti, ma ora finalmente in grado di vendicarsi: l’incantesimo schizza da solo dalla mia bacchetta e ti colpisce, scagliando a terra il figlio dell’odiato James Potter.
Albus ti ha fatto avere il mio libro affinché potesse esserti utile nella lotta contro Voldemort, il libro del Principe, il libro che contiene tanta parte della mia infelice giovinezza, e tu, Harry Potter, il Prescelto, proprio come il tuo schifoso padre rivolti contro di me le mie invenzioni.
No, non te lo permetterò!
Senza rendermene conto, i pensieri diventano parole, urlate con il dirompente odio represso di anni di feroci umiliazioni subite, mentre con un movimento inconscio faccio schizzare lontano la tua bacchetta.
La tua atroce accusa mi trafigge, come null’altro potrebbe straziarmi con maggiore crudeltà:
- Mi uccida come ha ucciso lui, vigliacco…
Il dolore esplode, brucia spietato, intenso e devastante, nel cuore e nella mente, e sconvolge il mio viso insieme con l’immane disperazione di chi, alla fine, deve affrontare la tremenda realtà.
Ho ucciso Albus Silente, il mio unico amico, il padre che ha saputo amarmi, nonostante i miei errori e le mie colpe, il grande mago che mi stimava e che credeva in me fino in fondo.
C’è voluto tutto il mio coraggio, la mia forza e la mia determinazione per farlo, per riuscire a pronunciare le due fatali parole e dirigergli contro la mia potente magia, sbalzandolo perfino fuori dalla torre, nella notte nera della mia perdizione, per adempiere l’orrido dovere che lui stesso mi aveva assegnato.
Tutto il mio coraggio… e quel poco che restava della mia povera anima, già troppo lacerata.
Sento un urlo squarciare la notte e la magia erompe incontrollata dalla mia bacchetta:
- NON CHIAMARMI VIGLIACCO!

*

Sfuria nelle tenebre il vento
in un rombo continuo.
Null’altro nel mio pensiero
che il non poter sostare.
L’anima pare abbia tenebra,
dove spiri in crescendo
una follia che insorge
da volontà d’intelletto.
Infuria nelle tenebre il vento,
né si può liberare.
Son legato al mio pensiero
come il vento è legato all’aria.
[2]


Mi sono infine smaterializzato e adesso anche Hogwarts appartiene al passato, per sempre perduta.
Il vento mi romba nelle orecchie in queste nuove tenebre che mi circondano: vorrei fermarmi a raccogliere i pezzi di me stesso, ma so che ancora non mi è concesso e devo, invece, continuare a fuggire da quelli che erano i miei amici, solo per rifugiarmi tra quelli che sono i miei veri nemici.
So di aver colpito Potter con violenza, ma non so quanto il mio gesto sia stato volontario, travolto com’ero dal dolore per aver ucciso Albus, mentre lui m’accusava di vigliaccheria.
Non immagina, il ragazzo, quanto mi è costato pronunciare le due fatali parole: mi ha visto puntare la bacchetta, ma non ha sentito l’urlo sconvolto della mia anima che moriva insieme al padre che non ho mai avuto, mentre ingoiavo lacrime di disperazione e odiavo me stesso più di quanto mi sia mai odiato in vita mia.
Potter ha visto l’odio e il disgusto sul mio volto, senza capire che solo a me erano diretti quei sentimenti, a me che dovevo trovare la forza e il coraggio di uccidere il mio unico amico.
E l’ho trovato, non so come, ma ho trovato il coraggio.
Forse era nei suoi occhi azzurri che mi guardavano con dolcezza, o nella sua debole voce che m’implorava.
Forse era nell’affetto che provavo per lui.
Sto piangendo, adesso, da solo, in mezzo al vento che infuria nelle tenebre della mia anima annientata.
Vorrei poter annegare nei ricordi, nella nostalgia e nel pianto e abbandonarmi all’oceano di tristezza che preme furioso dentro di me; se lo facessi, le onde tempestose che mi scuotono renderebbero irraggiungibile il remoto orizzonte della salvezza. Non posso far altro che aggrapparmi alla zattera del dovere, oppresso dall’immane zavorra dei rimpianti e dei rimorsi, e percorrere con fierezza la dolorosa via della redenzione, lo sguardo fisso volto solo allo scopo finale: distruggere Voldemort.
Mi sono materializzato un po’ discosto dal punto indicato da Greyback mentre fuggiva. Ho un assoluto bisogno di solitudine e raccoglimento prima di indossare la nuova e tremenda maschera, di traditore e assassino: rimarrà per sempre inchiodata sul mio volto a soffocare le lacrime di un’immensa sofferenza che nessuno crederà mai che io provi.
Mi uccida come ha ucciso lui, vigliacco…
Non sono un codardo, Potter, sono solo un uomo coraggioso e sventurato che ha spalancato con le proprie mani le porte dell’inferno.
Ci vuole un enorme coraggio per dannare per sempre la propria anima, come io ho fatto questa notte, uccidendo Albus.
E a nulla vale il pensiero che lui sarebbe ugualmente morto, di lì a poco.

Il mio essere risuona di urla strazianti:
non più pace, non più i miei amati silenzi.
Io che nel mistero fondevo il rimorso,
vorrei farmi eco della tempesta inumana
che ora grandina sulla coscienza,
piegandola all'amaro sapore della polvere,
sospingendola oltre i labili confini del nulla. [3]


Io l’ho ucciso, io ho ucciso chi un tempo aveva saputo accettarmi, con tutte le mie colpe, e mi aveva teso la mano aiutandomi a uscire dal baratro.
L’ho ucciso, e nell’abisso sono tornato, ottemperando al suo ultimo ordine e compiendo il mio dovere.
Severus… ti prego…
Mi ha supplicato, con la solita ferma dolcezza, nei limpidi occhi azzurri la fiducia che ha sempre avuto in me, sicuro che non l’avrei deluso, che avrei mantenuto le mie promesse, tutte.
Ed io l’ho ucciso.
Le lacrime inondano anche i miei pensieri e mi sembra di impazzire: non posso più restare qui, devo assolutamente raggiungere gli altri, c’è ancora una promessa essenziale da mantenere e un dovere importante da compiere.
Proteggere l’anima di Draco e salvarla dalla dannazione.
Aiutare Potter a trovare e distruggere gli Horcrux per sconfiggere infine l’Oscuro.
Mi aggrappo ostinato alla volontà, rinnegando l’esistenza di qualsiasi emozione in me; grazie ai lunghi anni di esercitazione nell’Occlumanzia mi concentro solo sulla missione, per eseguirla al meglio, sfruttando a fondo tutta la mia intelligenza.
Come un folle, divido me stesso, nego l’esistenza dei miei sentimenti, seppellendoli in profondità nel segreto del mio cuore, sotto una spessa e impenetrabile coltre di ghiaccio; resto legato solo ai miei lucidi e logici pensieri, diventando un tutt’uno con loro, così come il vento, che ancora infuria nelle tenebre, è legato all’aria nera che mi circonda.

Non sono più uno, sono infiniti
invisibili nemici lesti a infonder morte
all'uomo che si è privato della vita,
ombra indistinta tra orizzonti smarriti.[4]


Un’ultima lacrima, mista al sangue del profondo sfregio inflittomi dall’ippogrifo, scende lenta sulla gota, unico accorato omaggio che mi è permesso in onore di un amico morto.
Un ultimo sospiro, pieno d’angosciata devastazione, per la mia Crystal perduta, e mi dirigo deciso e impassibile, a testa alta, verso il mio nuovo, orrido futuro, spietato Mangiamorte fra i Mangiamorte.

*

Avanzo guardingo tra le tenebre, quando un’ombra più scura attrae la mia attenzione e indistinti singhiozzi, portati dall’impetuoso vento, s’insinuano nel mio cuore.
Sembra che anche Draco, proprio come me, non abbia voluto materializzarsi nel luogo dell’appuntamento.
Oppure, ha solo sbagliato di poco la destinazione, per l’inesperienza della giovane età.
No, non lo credo: aveva la bacchetta abbassata, quando arrivai sulla torre, e Amycus ha affermato che non era stato in grado di svolgere il suo compito.
Non è il coraggio che difetta a Draco, ne sono certo: lui non è come me, non è un assassino.
Troppe volte l’ho udito piangere angosciato nel bagno di Mirtilla.
Non ho mai pianto, alla sua età: io ho ucciso, senza alcuna pietà.
Non è questione di coraggio, solo di lucida follia, e lui non è mai stato esaltato come un tempo sono stato io, troppo ambizioso di gloria e sapere per ragionare con coerenza e capire cosa stavo facendo, il cuore accecato dall’odio verso un mondo che non mi aveva mai accettato.
E adesso, che solo invoco la morte per espiare le mie colpe, infine comprese a pieno, devo invece accettare di vivere per proteggere l’anima di Draco, ancora innocente e fragile, mentre la mia è da troppo tempo perduta, seppellita sotto un cumulo d’imperdonabili crimini.

Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avanza è sol languor e pianto.
E’ secco il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch’empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
l’umana strage, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d’altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggio mi appiglio,
e so invocar e non darmi la morte.[5]


Mi avvicino silenzioso alle spalle di Draco.
È facile immaginare il suo stato d’animo. È disperato e terrorizzato: dopo il suo fallimento teme per la propria vita e per quella dei suoi cari, si crede solo e abbandonato da tutti, anche da me che, freddamente e davanti ai suoi occhi, ho fatto ciò che lui non ha voluto fare.
Anche Draco, come tutti ormai, mi teme credendomi uno spietato assassino, incapace di provare sentimenti.
Un assassino con acuminate lacrime di cristallo scolpite per sempre sul volto, il cui cuore sanguina con lancinante pena.
Un’anima perduta, sola nella notte della propria devastante agonia, viva esclusivamente per espiare le colpe e compiere il dovere assegnato.

E come una statua che rimpiange la vita,
lo sguardo abbandona l'umanità della luce
e avanza freddo nel buio nitido del dovere. [6]


Impugno la bacchetta e avanzo guardingo: devo riuscire a individuare i pensieri di Draco, comprendere fino in fondo la sua anima, essere certo che la sua è stata una scelta e non solo paura.
Devo sincerarmi che Draco non è e non sarà mai ciò che io sono stato, che non seguirà la strada sbagliata che io intrapresi pieno d’arroganza, che il suo braccio rimarrà sempre libero dal vergognoso marchio di schiavitù dell’Oscuro Signore.
Devo proteggere e difendere la sua anima, illuminargli la strada e indirizzare le sue scelte, affinché Albus non sia morto invano e la mia discesa all’inferno possa almeno essere utile a qualcuno.
Devo aiutarlo, devo riuscire a impedirgli di rovinarsi la vita.
Lo devo a un ragazzino triste e solitario, rifiutato e umiliato da tutti; lo devo a un giovane troppo intelligente per accettare di non essere stimato per il suo vero valore; lo devo a un uomo che non ha mai vissuto e ha dovuto rinunciare a ogni illusione e all’amore per pagare ogni suo terribile debito.
Lo devo all’uomo che sono, che ancora ricorda e sogna l’amore di Crystal.
Lo devo al mago cui Albus ha rivolto la sua ultima e fiera preghiera, non all’assassino che tutti credono che io sia.
Lo devo a me stesso.
Lo devo a ciò che rimane dell’anima di Severus Piton.

Altre anime hanno
dolenti spettri
di passione. Frutta
con vermi. Echi
di una voce bruciata
che viene da lontano
come una corrente
d’ombra. Ricordi
vuoti di pianto
e briciole di baci. [7]



1. Pablo Neruda – Dal poema “La spada di fuoco”. Tratto da: XVI – La solitudine.
2. Fernando Pessoa – “Sfuria nelle tenebre il vento”.
3. Earendil.
4. Earendil.
5. Ugo Foscolo – “Odi e sonetti” : “Di se stesso”.
6. Earendil.
7. Garcia Lorca – Tratto da “Ci sono anime che hanno…”
 
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view post Posted on 30/10/2022, 11:16
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I ♥ Severus


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8. Uomo in una notte


Stai tremando appena, Draco: credo tu stia piangendo, ma non posso esserne certo perché ti sono alle spalle.
Non hai neppure la bacchetta in mano e chiunque potrebbe farti del male, mentre io ancora stringo tra le dita sottili questo mio terribile strumento di morte.
Del resto, io sono un assassino, tu solo un ragazzo che ha rifiutato d’uccidere.
Mi avvicino senza far rumore e ti aggiro fino a trovarmi davanti a te.
Sì, stai piangendo e non ti sei nemmeno accorto del mio arrivo.
Mi fai terribilmente compassione.
- Draco. – Sussurro piano, con dolcezza, cercando di non spaventarti.
Spalanchi gli occhi di colpo e fai un salto all’indietro, cercando spasmodico la bacchetta nel mantello. La tua mente, in questo momento, non ha protezione ed io vedo il tuo terrore per la mia persona.
Ripongo la bacchetta nel mantello, proprio mentre tu, infine, sei riuscito a impugnare la tua e sei pronto a difenderti, ma troppo tardi, se solo avessi voluto farti del male.
Tu sei solo un ragazzo, ed io l’assassino: questa è la realtà.
Col dorso della mano cerchi furtivo di cancellare l’evidente traccia delle lacrime, mentre tenti di indurire il volto pallido e affilato di bimbo spaventato.
Ti guardo impassibile e, impietoso, ti invado la mente, per la prima volta da un anno così aperta davanti ai miei occhi penetranti, alla ricerca delle vere emozioni che hai provato sulla torre.

Oltre la nebbia sanguigna della paura
la notte è l'ultimo viaggio
del tuo dolente e soffocato respiro,
quando le parole sono musica muta
allo schiudersi d'inferni colmi di sirene
che suadenti cantano l'uccisione della salvezza. [1]


La paura prevale su tutto: paura di morire, paura che i tuoi genitori siano uccisi a causa del tuo fallimento, paura dell’assassino che, sotto i tuoi occhi, ha freddamente ucciso Albus Silente.
Terrore, un enorme terrore che non ti permette di occludermi la mente.
Poi, dietro la paura, vedo la consapevolezza di non essere capace di uccidere, maturata nel crescente smarrimento di mesi di lacrime versate a mano a mano che comprendevi, sempre più a fondo, l’enorme atrocità di ciò che l’Oscuro Signore ti aveva imposto.
Infine, la tua scelta, coraggiosa: abbassare la bacchetta, non uccidere Albus, anche se i Mangiamorte avrebbero capito, riferendo il tuo fallimento.
Un amaro sorriso mi si dipinge sul volto stanco, pallido, straziato dagli artigli dell’ippogrifo: Albus deve essere riuscito a convincerti, ottenendo così di aggirare il Voto Infrangibile, ed è probabile che non sarei morto rompendo la promessa fatta a Narcissa un anno fa.
Anche se, a quel punto, nulla sarebbe cambiato per il povero Albus! L’ho visto nella mente di Potter, meglio che nelle illustrazioni d’un libro, mentre mi accusava di vigliaccheria per aver ucciso un uomo disarmato che, invece, stava morendo avvelenato dalla pozione che proprio lui, Potter, gli aveva fatto bere per recuperare l’Horcrux dal bacile di pietra.
Come se non gli fosse già bastata la maledizione dell’anello dei Gaunt!
Sarebbe morto lo stesso, adagio, tra gli spasimi del veleno, deriso e ingiuriato da Greyback e gli altri, che avrebbero fatto osceno scempio del suo corpo.
“Severus… ti prego…”
Era per questo, che m’implorava.
Avrei solo voluto confortarlo e potergli chiudere pietoso le palpebre.
Invece, chiudo solo le mie, di scatto, per evitare che lacrime impossibili sfuggano alla volontà e mi ritiro dalla tua mente: ho visto abbastanza da capire ciò che mi serve.
Non ti sei tirato indietro per paura, Draco: hai scelto e, a differenza di me alla tua stessa età, hai fatto la scelta giusta che io non ebbi il coraggio di fare.

Quali pozioni ho bevuto di lacrime di sirene,
distillate da alambicchi sporchi dentro come l’inferno,
somministrando paure alle speranze e speranze alle paure,
sempre perdendo quando mi vedevo vincere! [2]


Quando, dopo un fugace istante, riapro gli occhi, mi avvedo subito che il terrore nei miei confronti è ulteriormente aumentato. Hai scambiato il mio desolato e amaro sorriso per un ghigno di trionfo davanti alla tua debolezza che mi ha permesso di rubarti quella che, solo un anno fa, ritenevi fosse la gloria di cui ti saresti ammantato uccidendo Silente.
Quale enorme cambiamento, Draco, in un così breve tempo, quale sconvolgimento per un ragazzo educato a essere servo dell’Oscuro Signore!
Dopo il lungo silenzio, trovi la forza di reagire e, per difenderti, mi attacchi, quasi con le stesse parole già usate a Natale, quando parlammo a quattr’occhi dopo la festa di Lumacorno.
- Perché è intervenuto? L’avrei ucciso io, non me ne ha lasciato il tempo!
Che pietosa menzogna, povero Draco: il tempo l’hai avuto in abbondanza, tutto quello che volevi, ma l’hai usato per prendere una diversa decisione.
Comprendo bene, però, che davanti all’assassino di Silente non ti resta far altro che indossare anche tu la maschera e cominciare una recita che conosco fin troppo bene.
Ti sorrido beffardo e provocatorio: voglio condurti ad ammettere, almeno con te stesso, quale difficile strada hai deciso di percorrere, nonostante i drammatici rischi che a quella scelta solo inscindibilmente legati.
- Presumo tu abbia abbassato la bacchetta solo per prendere maggiore slancio, allora, - affermo ambiguo, mentre sollevo scettico un sopracciglio, - per dare maggiore forza alla tua maledizione mortale, vero? – insinuo meschino, con falsa voce carezzevole.
Il mio odioso e abituale sorriso di scherno, di solito riservato ad altri, questa notte è per te, mentre attendo la tua replica.
- Io… io non l’avevo mai lanciata prima: avevo bisogno… di concentrarmi.
Rimango immobile, il sorriso sempre più cinico e incredulo, mentre lo sfregio lasciatomi dall’ippogrifo comincia a bruciare fastidioso.
- Bellatrix mi ha detto che occorre…
Che occorre essere un assassino per lanciare quella maledizione, Draco, e tu non lo sei.
Con lenta e studiata indifferenza apro il mantello ed estraggo una piccola fiala.
Al tuo sguardo interrogativo e spaventato – m’è così facile comprendere che credi si tratti di Veritaserum per obbligarti a confessare la sconfitta – mi degno appena di spiegarti, con voce pungente:
- E’ dittamo, Draco, solo innocuo dittamo per evitare sgradevoli cicatrici sul volto. Non che il mio aspetto m’interessi molto, per altro.
Faccio una pausa a effetto, trangugiando un lungo sorso dalla fiala, poi mi slancio di colpo verso di te, con la voluta intenzione di intimorirti ancora di più:
- Pensavi forse che fosse Veritaserum? Destinato a te?
Sbianchi in volto: più che pallido sei verdastro, nella notte illuminata solo da livide stelle.
- Non temere, – sogghigno appena, mentre la pelle lacerata del viso si stira con dolore nel movimento, ma è nulla in confronto agli squarci che ho inflitto spietato alla mia anima, – ho anche il Veritaserum tra le mie scorte.
Adagio infilo di nuovo la mano nel mantello, ma solo per trarne la bacchetta che dirigo con perizia sul mio volto per medicare il lungo graffio lasciato dai taglienti artigli dell’ippogrifo.
- Lumos! – esclamo quindi per rischiare la notte intorno a noi.
Continui a fissarmi in silenzio, chiedendoti che razza d’uomo sono per aver ucciso con tale freddezza Silente e ora prendermi gioco in modo tanto crudele del tuo terrore.
All’improvviso, sono di nuovo nella tua mente: speravi che io fossi diverso e Bellatrix era quasi riuscita a convincerti che, sì, forse io stavo davvero dalla parte di Silente. Ancora poco e avresti ceduto, confidandoti con me e cercando il mio aiuto.
Ora, invece, sei felice di non averlo fatto: sei sicuro che io sia un fedelissimo servo dell’Oscuro e tremi al pensiero che avrei potuto denunciarti a lui.
Draco, Draco, mio povero ragazzo!
La tua mente questa notte si spalanca davanti a me ancora più facilmente di quella di Potter: come riuscirò a proteggerti dal nostro orrido padrone?
- Non c’è bisogno del Veritaserum con me! – urli con voce acuta.
- Davvero? – insinuo maligno, sollevando un sopracciglio.
– Lei ha voluto solo rubarmi la gloria!
C’è una forte nota isterica nella tua voce e con la coda dell’occhio noto ombre che si avvicinano: le tue grida hanno attirato l’attenzione dei nostri sgraditi compagni.
- Non vedevo l’ora di uccidere quello stupido e inutile vecchio! - gridi con voce stridula.
La mano scatta involontaria e mi trovo con la bacchetta a premere minacciosa sulla tua gola, mentre sibilo furente e vedo riflesse nel tuo sguardo atterrito le fiamme impetuose dei miei occhi:
- Non osare, Draco, non osare insultare Silente! Tu non…
M’interrompo e mi volto di scatto a lato: Greyback e i due Carrow stanno arrivando. Sono loro che, sulla torre, hanno visto Draco fallire. Travers, invece, è stato colpito a morte durante la fuga.
La mia bacchetta è fulminea, come la mia decisione e le maledizioni che formulo nel pensiero con l’odio violento che alberga in me: tre raggi di mortale luce verde in rapidissima successione, tre pesanti tonfi, tre Mangiamorte in meno sulla terra, tre maghi che non potranno tradire Draco.
Ho ucciso Albus.
Cosa sono tre morti in più, ora, per la mia anima?
Ansante e a bocca aperta resto a guardare i loro corpi accartocciarsi per terra, mentre sento il tuo urlo squarciare la notte.
Mi riscuoto subito: altri rapidi movimenti della mia bacchetta e i loro corpi svaniscono, trasformati in informi cumuli di foglie. Ti afferro per un braccio e mi smaterializzo non so neppure dove: so solo che non voglio altri Mangiamorte tra i piedi.
Ho ucciso abbastanza, per questa notte.

Ti scrollo brutale, allontanandoti da me: arretri incespicando, senza mai lasciarmi con lo sguardo, il terrore a dilatare le tue pupille.
- Non mi uccida come loro… per pietà… - mi scongiuri.
- Non ho alcuna intenzione di ucciderti, adesso.
Sei confuso e non capisci più nulla: la mia imprevista e violenta reazione ai tuoi insulti a Silente, seguita da tre altre scioccanti morti e adesso la mia glaciale risposta.
Nel primo, vago chiarore di quest’alba insanguinata, mi squadri in silenzio, convinto che io sia del tutto pazzo e crudele oltre ogni immaginazione.
Cerco di controllare la voce e riprendo da dove siamo stati interrotti, scandendo lento le parole:
- Non osare mai più insultare la memoria di Albus Silente, Draco, mai più.
Un lampo d’errata comprensione passa nei tuoi occhi: sai del Voto Infrangibile contratto con tua madre e sei tornato a credere che io fossi davvero amico di Silente e lo abbia ucciso solo per salvarmi la vita.
Ormai ho perso il controllo di me stesso: uccidere Albus mi è costato troppo e non riesco più a fingere, non con te che non hai voluto ucciderlo ma che ora, proprio come Potter, m’accusi d’essere un codardo, interessato solo a salvare la mia schifosissima pelle.
- No, non sono un vigliacco, Draco.
La mia voce è roca e si spezza subito appena riprendo a parlare.
- Uccidere Albus è costato tutto il mio coraggio…
Continuare è uno sforzo immane, e una lacrima scende nel solco della ferita ancora aperta sul mio volto, nulla in confronto a quella che lacera in profondità la mia anima.
Ma hai diritto di sapere.
- …e la disperazione del mio cuore.
- Perché? – mi chiedi a bruciapelo, ancora senza capire.
Ti guardo in profondità negli occhi.
- Perché Albus me l’ha ordinato.
Respiro a fatica, mentre cominci a comprendere.
- Per salvare la tua anima, Draco, perché non sei un assassino. L’ho fatto affinché tu non diventassi mai un assassino. Così ha voluto anche... lui.

Giovane uomo, altri sentieri e altra vita
t'avvolgeranno nella rete di altri turbinii:
consapevoli dolori e discernimento rarefatto
saranno le armi della tua rinascita
che ti offro con la morte del mio senso. [3]


Rammenti all’improvviso le parole di Silente sulla torre, mentre comincio a vedere il tuo terrore per Voldemort mutarsi in odio.
- Perché lui ti voleva bene… e anche io te ne voglio.
L’ultimo sforzo, poi avrò detto tutta la verità.
- Non potevo permetterti di rovinarti la vita, come feci con la mia, tanti anni fa. – sussurro con voce roca.
Perché tu, in pochi mesi, hai capito molto più di quanto abbia compreso io nei miei primi tempi da Mangiamorte.
Perché tu, questa notte, hai compiuto la tua scelta, quella giusta, e sei diventato uomo.
- Guardami bene negli occhi, Draco! – esclamo prendendoti per le spalle, le nere fiamme delle mie iridi riflesse nei tuoi occhi spalancati. - Dopo ciò che ho fatto per salvare la tua anima, dannando irreparabilmente la mia, non intendo più recitare davanti a te. Quindi ti racconterò la verità, tutta la mia orgogliosa e coraggiosa verità. – continuo con fierezza, gli occhi sempre più scintillanti.

Fissi lo sguardo e m’abbagliò la luce.
Balzai nella fornace della lotta,
bruciante di rifarmi intensamente
degli anni non vissuti fra battaglie,
sciupati senza il fuoco di un’idea.
………
Torturato la vinsi la tortura
E i segreti rimasero con me:
la carne lacerata, l’ossa infrante
fecer più salda l’anima e la fede. [4]


- Io non sono più un Mangiamorte: lasciai l’Oscuro Signore diciassette anni fa e da allora sono sempre e solo stato un fedele amico di Silente. Quando Voldemort è ritornato sono andato da lui su ordine di Silente e gli ho sempre mentito, ingannandolo con l’Occlumanzia e prendendomi gioco di lui, rischiando ogni giorno la vita.
L’ombra di un sorriso illumina infine il tuo giovane viso in questa notte di sanguinoso sgomento: sai che hai trovato in me la protezione di un amico e la sicurezza di una guida.
Hai gli occhi lucidi, pieni di lacrime come i miei, ma c’è ancora una domanda che brucia nella tua mente sconvolta dagli orribili avvenimenti delle ultime ore: vuoi sapere perché ho ucciso i tre Mangiamorte.
Sospiro desolato.
Un’altra verità che peserà come un macigno su di te. Ma non posso fare nulla per risparmiartelo.
- Hanno visto che avevi abbassato la bacchetta, sulla torre, e hanno capito che non avevi intenzione di ucciderlo.
Mi guardi, apri la bocca, ma la richiudi senza proferir parola.
Sì, li ho uccisi per salvarti, Draco.
Mi dispiace, ma la morte d’ora in poi sarà la realtà d’ogni nostro giorno e presto lo scoprirai da te, così come tanti anni fa lo scoprì anche il giovane Severus, ma solo dopo essersi macchiato indelebilmente le mani con sangue innocente.

Crollo di menzogne, di idoli,
tornati nella tenebra;
schianto di catene
che si spezzano,
cadono. [5]


Solo allora capii le menzogne di un idolo che era invece una serpe infernale e mi teneva avvinto nelle sue tenebre con falsi e folli ideali; solo in quel momento riuscii a spezzare le mie catene.
Rimarrò al tuo fianco a sorreggerti, Draco: non ti lascerò solo, nella disperazione che ogni giorno cresce, mentre la speranza svanisce, come è stato per me.
Non lascerò che le tue mani si sporchino di sangue, come le mie, e che la tua anima si laceri: l’ho promesso ad Albus.
Scrollo la testa, sconsolato:
- Ho dovuto farlo, Draco. Mi dispiace, non c’era altro modo per salvarti: ti avrebbero denunciato all’Oscuro Signore.

Verità, ti ergi sul destino
e come un ponte senza parapetti
superi l'abisso infinito della rivelazione.
Fermati! T'immortala la mente rinnovata
in solide immagini che mi fanno diverso
al giovane sguardo pronto a brillare ancora.[6]


Lacrime amare scendono senza vergogna sul tuo giovane viso.
Questa notte quattro uomini sono morti e ora sai che li ho uccisi per te.
All’improvviso ti butti fra le mie braccia, singhiozzando disperato.
M’irrigidisco.
Il tuo gesto m’imbarazza, ma infine ti accolgo tra le braccia e ti stringo, buttando via la mia protettiva maschera d’impassibilità anche con te.
Crystal sarebbe fiera di me.
Ho ucciso Albus e ora eredito, nei tuoi confronti, il ruolo di guida che lui aveva con me.
Spero di esserne all’altezza.

*


Mentre ti tenevo stretto a me ti ho spiegato con calma ogni cosa, anche la maledizione che aveva ormai condannato Albus a morte sicura.

… Tutti fuggirono
in una primavera di rimorsi i neri inverni
delle mie noie, dei miei disgusti, delle mie tristezze!
Eccomi dunque solo, tetro e solo,
tetro e disperato, più gelido di un vecchio. [7]


Ti ho raccontato brevemente di me, dei motivi che un tempo mi spinsero a lasciare l’Oscuro Signore, della vita solitaria in un tetro sotterraneo e del pericoloso gioco da anni condotto contro di lui, grazie alle mie capacità di Occlumante.
Di nuovo sei preda del terrore e mi chiedi come potrai celargli i tuoi pensieri.
Un nuovo, insormontabile problema ti attanaglia: ora che sai tutto di me temi di tradirmi quando ti frugherà nella tua mente.
Ti sorrido tranquillo assicurandoti che esiste una soluzione: la stessa che tanti anni fa Silente escogitò con me, quando per la prima volta mi rimandò indietro da Voldemort con il compito di spiarlo. Con un complesso incantesimo modificherò una parte della tua mente dandoti la possibilità, con un particolare artificio, e a seconda delle necessità del momento, di avvalerti di questa insuperabile protezione contro la Legilimanzia dell’Oscuro.
Ti sorrido orgoglioso e ti prometto che, più avanti, ti confiderò tutti i miei preziosi segreti per ingannare anche il più grande Legilimante del mondo magico.

*


Sono stremato, dopo aver operato l’incantesimo così dispendioso d’energie magiche, ma ora dobbiamo andare: gli altri saranno già tornati e ogni minuto di ritardo peserà greve su di noi.
Frugo nelle tasche del mantello e ti porgo un’altra fiala: temo che avrai bisogno della protezione di questa pozione.
Mi guardi di nuovo un po’ teso.
- Ancora non ti fidi di me, Draco?
Mi sorridi incerto, ma allunghi la mano e cominci a bere.
- Ti proteggerà dal dolore.
Deglutisci.
- L’Oscuro Signore ha raggiunto il suo scopo, questa notte, ma non nel modo che voleva: temo che subirai la sua punitiva ira.
Il tuo viso, già provato dalla terribile notte, si riempie d’orrore. Presagisci che il peggio deve ancora venire: quando sarai al cospetto di Voldemort.
Non hai terminato la fiala, però me la rendi.
Ti faccio segno di berla tutta.
- E lei? Non la beve? –chiedi preoccupato, mentre torni a sorbire il prezioso liquido.
- Non ce n’è abbastanza per entrambi.
Di nuovo ti blocchi e mi porgi il poco liquido rimasto.
Ti sorrido mesto, rifiutando la generosa offerta.
Povero Draco, ancora non hai idea di cosa ti aspetta.
- Bevila tutta, Draco, e non preoccuparti per me.
- Ma lei ha detto che… ci punirà entrambi?
- E’ possibile. Ma non temere per me: sono abituato alle sue Cruciatus.


1. Earendil.
2. William Shakespeare – Sonetti: tratto dal n. 119.
3. Earendil.
4. Salvatore Cacciola – Liriche della Resistenza: tratto da “Alfonso Cuffaro”.
5. Salvatore Cacciola – Liriche della Resistenza: tratto da “Vittoria d’aprile”.
6. Earendil.
7. Paul Verlaine – Poesie saturnine – Melancholia : tratto da “IV – Voto”.
 
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9 - Mangiamorte tra i Mangiamorte


Come previsto, Voldemort non è soddisfatto: Silente è stato eliminato, ma Draco ha fallito il suo compito e deve essere punito.
Resto immobile, i pugni stretti sotto il mantello: Draco trema ai suoi piedi e racconta la versione concordata. So che la sua mente è protetta dal mio incantesimo, ma questo è il momento più difficile.
- … i membri dell’Ordine hanno ingaggiato una furiosa battaglia per difenderlo. – spiega Draco.
L’enorme Rowle e gli altri Mangiamorte della spedizione confermano annuendo.
- Erano anche sulla torre…
Ora solo io annuisco deciso.
Voldemort mi trafigge con il penetrante sguardo di sangue, ma nei miei pensieri vede solo una scena di confusa lotta mortale.
- Quando sono arrivato erano in seria difficoltà: Alecto e Grayback erano già morti e Travers giaceva a terra, ferito grave. Però, Draco era riuscito a disarmare Silente, mio Signore. – affermo impassibile e, per distrarlo da quella del ragazzo, gli offro in pasto la mia mente che mostra una convulsa fuga in cui Amycus è colpito a morte da un sortilegio vagante.
- E dimmi, Severus, chi credi abbia avvertito l’Ordine? – sibila sospettoso.
- Non ne ho idea, Signore: nessuno mi aveva informato che sarebbe stato per questa notte. – ribatto con calma, una volta tanto senza mentire.
- Quindi hai deciso di intervenire e fare il lavoro al posto di Draco?
- Non c’era più tempo: quelli ai piedi della torre ci avrebbero bloccato la ritirata.
Un ultimo, perforante sguardo delle iridi di rosso rubino e poi si gira di scatto puntando la bacchetta sul ragazzo.
- Crucio!
Sussulto appena: sapevo che il momento sarebbe arrivato.
Rowle e gli altri sghignazzano, ma Bellatrix è seria e immobile. Mi slancio verso Narcissa che mi cade tra le braccia, senza una sola parola. L’adagio piano su un divano, grato che abbia perso i sensi e non debba assistere al supplizio del figlio.
Torno a osservare Draco che si contorce a terra, urlando, e mi sento morire: non posso fare nulla per aiutarlo, solo rimanere a osservare, impassibile come sempre, senza lasciar trapelare la mia pena.
Mi aggrappo all’efficacia della mia pozione antidolorifica e prego solo che tutto finisca presto.
Voldemort si volge verso di me, senza smettere di torturare il ragazzo, e mi fissa a lungo, quasi divertito.
Gli restituisco un duro sguardo impenetrabile.
- Non mi avevi detto di aver contratto un Voto Infrangibile con Narcissa. – sibila infine. - E’ per questo che hai ucciso Silente: per proteggere la tua vita?
Ancora dubita di me e, di nuovo, mi tende una trappola.
- No. – rispondo secco. – Draco avrebbe potuto farcela, se ce ne fosse stato il tempo.
Mi avvicino e m’inginocchio ai suoi piedi:
- Ti prego, Padrone: l’hai punito abbastanza. Voglio bene al ragazzo: è per questo che ho contratto il Voto. Volevo solo proteggerlo.
- Che animo sensibile, Severus! – sibila con distaccato disprezzo.
Resto in ginocchio e continuo a implorarlo, ignorando gli struggenti lamenti della mia anima alle menzogne che, sicure e determinate, mi escono dalle labbra.
- Ti prego, è solo un ragazzo. L’avrebbe ucciso se gliene avessi dato il tempo. Ma volevo guadagnarmi la gloria di eliminare il vecchio bastardo che ho dovuto sopportare per sedici anni: ne avevo tutto il diritto!
Mi guarda e sorride maligno, poi abbassa la bacchetta e la tortura di Draco cessa all’istante.
- Così hai preteso la gloria, mio ambizioso Severus, disubbidendo ai miei ordini?
Annuisco, attendendo la mia sorte.
Però respiro di nuovo, senza avere l’ardire di guardare Draco.
- E hai voluto vendicarti dell’immondo paladino dei Babbani.
Mi obbligo a rispondere e forzo il volto in un ignobile ghigno: ho vergogna di me stesso.
- Sì, mio Signore: una vendetta a lungo bramata.
Il volto di rettile mi sorride lascivo.
- Così vuoi bene a Draco… e come sei stato premuroso con la bella Narcissa! Il caro Lucius può stare tranquillo ad Azkaban con un affezionato amico che si prende cura della sua famiglia.
Lascio che le disciplinate immagini della mia mente confermino gli osceni sospetti: dopo aver dovuto uccidere Albus, nulla più mi sembra troppo.
- E mi sei anche fedele, Severus?
Il pericoloso sibilo del rettile penetra feroce e maligno nella mia mente.
Annuisco con un movimento secco e deciso del capo.
- Totalmente fedele?
Sono già in ginocchio ai suoi piedi, a implorare pietà calpestando il mio orgoglio per il bene di Draco: cos’altro pretende da me?
- Certo, mio Signore e Padrone: ho ucciso Silente per eliminare il tuo maggior nemico.
Mi fa cenno d’alzarmi e sibila:
- Provami la tua fedeltà, Severus.
Guardo il volto di serpente con fare interrogativo, chiedendomi a quale nuova prova vuole sottopormi e se troverò ancora la forza per ubbidire dopo quanto successo nelle ultime ore.
Eppure, so che dovrò ubbidire ancora a questo demone, ma solo perché così vuole Albus Silente.

Ma ho stretto un patto
che mi tiene legato
alla colpa nera,
io appartengo
al mio tenace démone.
………
Ma intanto ascolto
suoni d’altri tempi.
Vipera dei boschi,
ancora sulla mia strada?
Questa volta, tu mordi. [1]


- Dimostramelo, allora: crucia Draco!
Spalanco gli occhi e per un istante non riesco a mascherare le mie emozioni: è come se il mio volto gridasse disperato il no che le mie labbra, fermamente serrate, hanno impedito che sfuggisse.
- Il mio tanto fedele servo è forse dibattuto tra la fedeltà al suo padrone e l’affetto per un ragazzino?
La voce sibila pericolosa, mentre le fessure rosse delle pupille scintillano minacciose.
Stringo i denti ed estraggo la bacchetta: gli occhi di Draco, a terra ansimante, sono dilatati dalla paura e pervasi di dolore. Mi chiedo se la pozione bevuta è ancora in grado di proteggerlo almeno un poco dal dolore che dovrò infliggergli. Narcissa, per fortuna, giace ancora svenuta sul divano.
Mi avvicino piano a Draco: dallo sguardo che mi rivolge capisco che sa già che obbedirò al mostro che ci comanda e che il mio strazio sarà pari al suo, mentre sarò costretto a torturarlo.
Punto la bacchetta su di lui e la mia voce, ferma e gelida, pronuncia:
- Crucio!
Resto immobile, le mascelle contratte, a fissare Draco che si contorce a terra, gli occhi puntati su un ragazzo che è diventato uomo in questa notte d’orrore: i miei denti scricchiolano, spasmodicamente stretti, per trovare la determinazione a reggere questa ripugnante maledizione, nel cuore solo cupa disperazione e le sue urla a trafiggermi la mente.
Contemplo l’oscurità dentro di me con la stessa fermezza con cui so che devo andare fino in fondo, finché il nemico non sarà annientato e i primi raggi dell’alba nascente non si rifletteranno mai più nel sangue che questa notte la mia lealtà ha versato.
Ancora pochi secondi, un tempo infinito di intenso strazio, mentre il respiro mi brucia i polmoni.
Infine Voldemort mi fa cenno di smettere.
Mi precipito su Draco e gli sollevo la testa, picchiata a terra con violenza negli spasimi del supplizio inflitto, e lo stringo piano a me, con addolorato affetto.
Una preziosa fiala è tra le mie mani tremanti e gliene verso delicato in gola il contenuto, poi con la bacchetta cerco di sopire i tremiti del giovane corpo, con tanta durezza provato. Mi guarda con gratitudine, dietro il sofferente velo di lacrime, ed io gli sorrido appena, piegandomi di più su di lui per sfiorargli piano il viso in un accenno di carezza.
- Mi dispiace…
E’ solo un sussurro, nessuno deve udirlo, l’unica consolazione possibile in questo momento, oltre a lenire le sue pene fisiche con la magia.
Lo aiuto a rialzarsi e, verificato che riesce a reggersi in piedi, gli faccio sorbire tutta la Pozione Corroborante rimasta nella fiala.
So che Voldemort ci osserva, ma ormai sa che a Draco ci tengo e, quindi, non ho nulla da perdere.
- Bene, giovane Malfoy, ora che hai provato sulla tua pelle lo straziante tormento di una Cruciatus, - sibila lento alle mie spalle, quasi godendosi le parole e soffiandole tra le sottilissime labbra esangui – sono certo che saprai infliggerne una oltremodo dolorosa al mago che ti ha sottratto gli onori che avresti ricavato uccidendo Silente!
Il ragazzo non può impallidire di più, lo vedo oscillare come se stesse alfine per crollare, gli occhi spalancati davanti al crudele ordine di Voldemort.
- Obbedisci, Draco! – gli intimo sottovoce, le spalle rivolte all’Oscuro che non può sentirmi. – Non preoccuparti per me: sono abituato e so controllare il dolore.
La sua mano trema e quasi non riesce a estrarre la bacchetta: lo aiuto e gliela metto in mano, esortandolo ancora.
- Fallo, subito, quanto più forte riesci o lui ti punirà ancora, obbligando di nuovo me a torturarti.
Gli stringo la mano per un istante, cercando di infondergli il coraggio che manca nei suoi occhi.
- Cru… Crucio!
E’ troppo flebile la sua voce, come la sua volontà di farmi del male, così non riesce a mantenere in atto la maledizione ed io rimango in piedi, immobile davanti a lui, mentre ancora lo imploro:
- Ti prego, Draco, non tradirti proprio ora, o Silente sarà morto invano. Per favore, Draco, trova la forza e torturami come lui pretende: io resisterò, non temere.
Le lacrime annegano i suoi occhi grigi, mentre esclama:
- Crucio!
Il dolore mi assale improvviso e deciso, intenso e straziante ed io gli sorrido, mentre arcuo la schiena e cado in ginocchio, trattenendo ogni lamento.
I minuti passano lenti e c’è più dolore sul volto di Draco, rigato dalle lacrime, che non sul mio, rigidamente contratto solo dalla sofferenza fisica.
Il sole sta sorgendo, infine, ma la nostra notte non è ancora finita e durerà finché Voldemort non sarà sconfitto.

Luce, dissolviti nel sangue
che in nome del potere si è versato,
infrangiti contro la dura corazza del buio
che nel nostro male si erge e risplende:
ancora rossa è la mano che ferisce,
e nera l'anima che si scaglia sugli amici;
è sceso nell'abisso chi bramava un nuovo giorno
e si è perso nel gelo di un odiato destino.
Il mio dolore è oltre l'infinito,
e non può appartenere a questa terra:
sono un demone dal ghigno infernale
o uno spirito oscuro leale per sua dannazione? [2]


Draco è scivolato in ginocchio e trema, mentre io mi contorco a terra, gemendo piano sotto la sua efficace Cruciatus.
Non è più un ragazzo, è diventato un uomo che conosce il dolore e sa cosa significa soffrire e far soffrire.
Però, Draco ha compiuto la sua scelta: quella giusta.

*


Adesso che Draco, forzato torturatore, è stremato perfino più di me, sua docile vittima, Voldemort gli concede magnanimo di interrompere la Cruciatus qualora si ritenga soddisfatto a sufficienza del supplizio inflitto, così vendicandosi di chi gli ha rubato la gloria derivante dall’uccisione di Silente.
L’affrettato sì del ragazzo mi mette i brividi, frammisto di determinazione e disperazione allo stesso tempo.
Mi rialzo da terra con penoso sforzo, ma devo aiutarlo a levarsi in piedi: è ancora in ginocchio davanti a me e nei suoi occhi, colmi di lacrime, c’è una pena infinita e la struggente richiesta di perdono per la sofferenza che è stato costretto a infliggermi.
Mi chino e sussurro:
- Va tutto bene, Draco, non temere. – gli sorrido appena. – Per oggi è finito: sei stato in gamba e sono fiero di te.
Non riesce a restituirmi neppure un accenno di sorriso, ma so che il mio apprezzamento è importante e gli rende chiaro che non ha fatto nulla di cui debba essere perdonato da me.
Socchiudo le palpebre per un istante: comincio a scoprire alcuni aspetti di Albus che fino a poche ore fa ancora ignoravo.
Alle mie spalle, l’Oscuro Signore sta distribuendo ordini affinché si festeggi degnamente, in questa indifferente alba, la morte del suo più pericoloso avversario, tributando i dovuti onori al suo impeccabile assassino.
Sospiro e stringo i denti: per me non è ancora finita.
Narcissa, però, intercede per il figlio.
Non so come sia riuscita, una volta rinvenuta, a resistere fino a ora, guardando Draco che mi torturava: più volte ho incrociato i suoi occhi azzurri, colmi di lacrime angosciate, mentre subivo la Cruciatus del suo ragazzo. Non ha ceduto e sono certo che Lucius sarebbe fiero di sua moglie.
Supplica Voldemort di permettere a Draco di lasciare il consesso, poiché non sarà lui a ricevere gli onori, carpitigli dall’ambizioso Severus.
Sorrido tra me per la sottile astuzia di Narcissa: conosco l’Oscuro abbastanza bene per sapere che è deliziato dal constatare, sibilando in faccia all’addolorata madre, che l’ambizione del caro Severus è superiore al suo, da brevissimo tempo, declamato affetto per Draco e per lei stessa.
Piego le labbra in una smorfia d’amara ironia: ottimo, comincio ad acquistare preziosi apprezzamenti dal mio padrone con questa schifosa recita.
Narcissa ottiene il permesso di andarsene col figlio e, mentre glielo affido, mi sussurra svelta:
- Grazie, Severus, non lo dimenticherò!
Troppo rapido lo sguardo che ci scambiamo per comprendere il reale significato delle sue parole, ma, certo, non è una madre sdegnata, offesa per gli onori sottratti al figlio, che mi sta parlando.
Con la mano mi sfiora appena la guancia ferita e una lacrima le trema sulle ciglia:
- Mi dispiace…
Mi chiedo se sta pensando alla lacerazione sul mio volto, o se riesce a intuire anche quella della mia anima.
Le sorrido: lascio Draco in buone mani e ci sarà qualcun altro che mi aiuterà a proteggerlo.
La seguo avviarsi alla porta, orgogliosamente affiancata al figlio: lancia fiere occhiate ai presenti che si scostano al suo passaggio.
Per ora, almeno per Draco, è finita.
Stiro le membra contratte dal supplizio subito, nulla in confronto a quelli impartiti dall’Oscuro in persona, e raddrizzo con dignità le spalle sistemandomi il mantello.
Avanzo a testa alta verso il Signore dell’Oscurità, che mi accoglie con un orrendo sorriso compiaciuto sul bianco viso di rettile:
- Bene, Severus, ora che hai pagato il prezzo della tua ambizione, è giunto il momento di goderti alfine tutti gli onori che ti sei guadagnato!
Non so cosa darei per indossare l’odiata maschera da Mangiamorte, in questo terribile momento.
Invece, è il mio viso che deve atteggiarsi come l’insensibile maschera, ora che sono solo un Mangiamorte tra i Mangiamorte.
La ripugnante recita ricomincia: dipingo un ghigno schifoso e appagato sulle labbra sottili.
Ma i miei occhi restano vuoti, nero specchio di un’anima che non esiste più.
Argentee coppe appaiono nell’aria, colme di prelibato vino, più rosso del sangue.
- A te il privilegio del primo brindisi, Severus! – mi esorta l’Oscuro.
Afferro adagio la coppa che fluttua e la levo in alto, esclamando con voce stentorea:
- Alla morte di Albus Silente, ignobile protettore di Babbani e ultimo nemico dell’Oscuro Signore!
La porto alle labbra ed è come se fossi costretto a bere il suo stesso sangue.

Ah! L’angoscia, la rabbia vile, la disperazione
di non poter confessare
in un tono di grido, in un ultimo grido austero
il mio cuore che sanguina.
………
Ah! Furia del dolore che non ha sorte nel gridare.
Del grido che non ha
potere più del silenzio, che torna, dall’aria
nella notte senza essere! [3]


Qualcuno avrà pietosamente chiuso gli occhi di Albus?
I miei, invece, devono rimanere spalancati sull’orrore di questo novello inferno, dove bestie senza cuore mi rivolgono sorrisi traboccanti d’invidia.
Al primo brindisi ne seguono altri, tra risa e osceni insulti all’uomo che, unico tra gli altri, ha saputo capirmi e accettarmi, con tutte le mie colpe; all’uomo che ha creduto in me e di me si è fidato fino in fondo, al punto di affidarmi la sua morte.
A ogni successivo brindisi, con gesto meccanico levo in alto la coppa rabboccata dalla magia con quello che sempre più mi sembra sangue: bevo fino in fondo l’amaro fiele, affogando la mia disperazione alla ricerca di un oblio che non verrà mai.

Mesci, Morte, il senso della vita
e versa nella coppa il sangue delle tue vittime:
berrò sino all'ultima stilla di vite spezzate,
perché della mia possa obliarmi
e trarre nel nulla il respiro del vuoto.
Possa vagare su ali ferme il mio destino,
scagliandosi oltre le barriere di questa vita
e farsi ombra indistinta di colpe cancellate...
solo quando il dovere sarà alla fine di tutto
intriso del fuoco nero del rimorso. [4]


Una violenta marea sanguinosa si leva feroce e si abbatte sulle scogliere della mia coscienza, mentre l’anima è scagliata su lidi deserti, alla ricerca di una requie che so di non poter trovare finché tutto il Male non sarà distrutto.
Manate sulle spalle e virili complimenti, indecenti menzogne che Albus sia morto con la paura negli occhi implorandomi per la sua vita, rutti e sputi a terra, insulti, offese e insolenti oltraggi e, su tutto, gli occhi di rubino dell’Oscuro Signore a scrutarmi la mente per strapparmi la verità.
Poi, il temuto responso: l’agghiacciante sorriso, soddisfatto per i sospetti sulla mia fedeltà placati nel sangue generoso di Silente.
Infinitamente lontano da qui, nelle profondità del mio cuore, protette da questo immondo orrore, vivono la preziosa luce azzurra del suo sorriso e la pacata dolcezza della voce che pronuncia il mio nome, con l’amore di un padre.
Un ultimo brindisi di sangue e la mia anima ancora si spezza, un urlo silenzioso a contorcere il mio cuore nel nulla tenebroso dei miei occhi.
E’ l’orrore che grida, muto, nei tortuosi meandri della mia coscienza, è la consapevolezza della perdizione nell’impossibilità del perdono, è l’accettazione di un crudele dovere da portare avanti in nome della lealtà, dell’amicizia e del profondo affetto per il mio unico amico.

Anima mia! Anima mia! Radice della mia sete errante,
goccia di luce che spaventa gli assalti del mondo.
Fior mio. Fiore della mia anima. Terra dei miei baci.
Rintocchi di lacrime. Turbine di voci.
Nell’alta notte la mia anima si contorce e si spezza.
La castigano le fruste del sogno e la scavano.
Per questa immensità non vi è più nulla sulla terra.
Non vi è più nulla.
Le ombre si sconvolgono e precipita tutto.
Cadono sulle mie rovine i travi della mia anima.
Non brillano gli astri freddi e bianchi.
Tutto si rompe e cade. Tutto si cancella e passa.
E’ il dolore che ulula come un pazzo in un bosco.
Solitudine della notte. Solitudine della mia anima.
Il grido, l’urlo. Non v’è più nulla sulla terra!
La furia che spaventa i canti e le lacrime.
Solo l’ombra sterile spezzata dalle mie grida.
E la parete del cielo tesa contro la mia anima. [5]


Dai cieli del mio cuore sono svanite le due stelle che guidavano il mio cammino: vago nel nulla, e nel nulla voglio smarrirmi, poiché ogni frammento d’umanità ha abbandonato la mia anima.



[1] Paul Verlaine – Dalla raccolta “Saggezza – III”: tratto da “II – Dal fondo del giaciglio…”.
[2] Earendil.
[3] Fernando Pessoa – Tratto da “Ah! L’angoscia, la rabbia vile, la disperazione…”
[4] Earendil.
[5] Pablo Neruda – Raccolta “Todo el amor”: tratto da “Anima mia!”.
 
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view post Posted on 6/11/2022, 21:52
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I ♥ Severus


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10. Il mio Inferno


Ho riaperto gli occhi pieni di fiamme
e ho visto l’orrore della mia stamberga;
sono rientrato in me stesso ed ho sentito
la spina degli affanni maledetti.
La pendola dai funebri accenti suonava
brutalmente mezzogiorno; un torrente
di tenebre il cielo versava
sul torpido mondo indolente [1]

.
Solo poche ore d’oblio, un sonno agitato da bianchi fantasmi che sussurrano con dolcezza il mio nome, poi il brutale risveglio all’inferno: potente, onorato, invidiato e temuto Mangiamorte fra i Mangiamorte, secondo solo all’Oscuro Signore.
Nel mondo magico a quest’ora tutti sanno che ho ucciso Silente.
Mi sembra di sentir serpeggiare il mio nome, in un indistinto brusio di disonore: Severus Piton, traditore, assassino, Mangiamorte.
Questo pensano di me: li ho sempre ingannati, non ho mai abbandonato il mio vero padrone e ho tradito la fiducia di un povero vecchio che si ostinava a voler credere in me.
E sono fuggito come un codardo, ingiuriosa ciliegina in bella vista sulla torta servita da Potter, che non ha capito nulla di ciò che è accaduto tra noi ieri notte. Del resto, non che ci sperassi, considerati i trascorsi rapporti e dopo che m’ha visto uccidere Silente.
Le mie labbra si piegano in un’amara smorfia disillusa: sono invidiato e riverito dai miei veri nemici e odiato da coloro cui sono amico e per i quali ho sempre rischiato, e continuo a rischiare, la vita.

Come sopportavi in silenzio quegli insulti!
Espiavi così i tuoi culti infami
e i peccati che ti negarono la tomba![2]


Nessuno di loro ha mai creduto davvero in me, oltre le parole di stima di Albus. È facile credermi infido traditore e nessun dubbio attraversa le loro ottuse menti: non si rendono neppure conto che, credendomi suo assassino, è la memoria del grande Silente che, in realtà, oltraggiano. Come se io avessi mai potuto anche solo pensare d’ingannarlo!
Posso piegare sentimenti ed emozioni alla necessità di un’ordinata menzogna, e così mentire con successo all’Oscuro Signore che, senza cuore, crede di controllare la mia mente. Ma non avrei mai potuto ingannare l’uomo che mi sorrideva, con il cuore in mano, offrendomi una seconda possibilità da tutti negatami. L’uomo che sapeva leggere la disperazione e il rimorso nel profondo del mio cuore, e non nella mia mente; l’uomo che mi ha aiutato a credere di nuovo in me stesso.
L’ho ucciso, obbedendogli, ma non l’ho mai ingannato.
Mai.

Le menzogne sono la cenere dei sogni,
e avvolgono di buio profondo
le solitarie strade dell'anima.
In me splende un sole
che non può illuminare il mondo.
Sei muta compagna, verità, solo della mia vita perduta. [3]


Ma loro questo non lo possono capire.
Non conoscono l’amicizia e l’affetto tra noi, i suoi sorrisi paterni, la fiducia e la stima che hanno saputo ricostruire la mia vita e darle di nuovo un senso.
Non possono neppure immaginare il mio straziante dolore, immensamente più grande di ogni altro.
Loro vedono solo un maledetto traditore e un crudele assassino.
Io, invece, sono soltanto un uomo disperato, condannato a vivere all’inferno.
Da solo, avvolto dalle tenebre.

E vivo in silenzio lo stridore del rimorso,
e incedo col mio male senza requie per la via,
e nella pioggia battente non penetra la luce
perché la mia umanità si è spenta nel dolore. [4]

*


Sto salendo adagio sul fianco scosceso della collina.
Fa caldo e sto sudando sotto il nero e lungo mantello che striscia sull’erica in fiore, carezzandola delicato.
Avrei potuto materializzarmi sull’altro versante, protetto nel folto del bosco, e osservare da lontano il funerale.
Invece, preferisco penare, incespicare sui sassi e scivolare sulle radici scoperte, solo per rimandare ancora un po’ il momento in cui la rivedrò.
Le possenti mura, le torri svettanti, i cortili decorati, i lunghi corridoi. Il mio sotterraneo.
Hogwarts è là, oltre la cima della collina, lontana e irraggiungibile, quella che per tanti anni è stata la mia sola e vera casa. Il porto sicuro e riparato in cui Albus, diciassette anni fa, mi accolse, ventenne spaventato e amaramente pentito, e mi protesse sottraendomi ai peggiori orrori della vita di Mangiamorte che avevo scelto di seguire.
E’ là che è morto il mio cuore, sulla sua torre più alta, e ora giace sepolto nel più profondo e freddo dei suoi sotterranei.
Ho perduto tutto: casa, amicizia, amore e speranza; e non so più neppure piangere.
Ancora pochi, faticosi passi e la rivedrò: bellissima, immersa nel sole e per sempre perduta.

Il mio cuore è silenzioso come uno sguardo.
C’è una casa al di là delle colline.
Il mio cuore è silenzioso come uno sguardo.
La mia casa è là, dietro le colline.
Sopporto il mio cuore come una vecchia maledizione.
Non c’è ragione per il rimpianto.
Sopporto il mio cuore come una vecchia maledizione.
Perché mai argomentare o rimpiangere?
Il mio cuore vive in me come un fantasma.
Al di là delle colline giace morta la mia speranza.
Il mio cuore vive in me come un fantasma.
Al di là della mia speranza giacciono morte le colline.
Mi hanno strappato il cuore come la gramigna.
Non era vero che avrei dovuto vivere.
Mi hanno strappato il cuore come la gramigna.
Non potevo pensare che vivere fosse vero.
Ora ci sono grandi macchie nel mio cuore.
Ci sono macchie simili al sangue sul pavimento.
Ora ci sono grandi macchie nel mio cuore.
E il mio cuore giace sul pavimento.
La stanza ora è chiusa per sempre.
Il mio cuore ora è sepolto vivo.
Il mio cuore ora è chiuso per sempre.
Tutta la stanza è sepolta viva. [5]


Sono tutti là, in riva al lago, a rendere l’ultimo saluto all’uomo che ho ucciso.
All’amico che amavo come un padre.
Sono troppo lontano per ascoltare i discorsi ufficiali che ricordano la sua grandezza, ma non m’importa. Non ho bisogno delle loro parole per sapere chi era Albus Silente.
Un grande mago. Non avrebbe apprezzato l’ipocrisia di facciata dei falsi amici seduti in prima fila con tristi espressioni di circostanza, per rendergli volentieri tutti gli onori adesso che è morto, tirando un sospiro di sollievo per essersi infine liberati di lui.
Il mio soffocato sospiro, invece, è dolore puro, labirinto di sofferenza lancinante che nulla potrà mai lenire, rimorso infinito e dannazione eterna.
Stringo i pugni e singhiozzo, come un bambino orfano di tutto, poi mi lascio scivolare piano a terra, solo per scoprire che, anche senz’anima, riesco ancora a piangere, come l’amore per Crystal era riuscito a insegnarmi un anno fa.
Piango, in silenzio, amare e inutili lacrime per ciò che quella notte ho perduto.
La mia sola vera casa, rifugio e protezione da me e dalle mie scelte errate.
L’amicizia e la stima di Albus e il suo paterno sorriso incoraggiante.
L’amore di Crystal, dolce e intenso, unica speranza per il futuro.
Rimangono solo i rimorsi per le mie colpe passate e l’orrore per quelle che verranno.
Albus è morto e il suo corpo arde, fiamme bianche tra le mie cocenti lacrime.
Crystal è di nuovo fuggita in Africa, deserto di desideri tra i miei desolati rimpianti.

Abbraccio silenzioso le rovine del presente,
e la polvere screzia di vuoto ciò che un tempo
eran splendide costruzioni d'alti ideali.
Addio, sogni, che avete cancellato l'uomo da me,
e addio a te, cuore maledetto,
non più capace di tessere mondi dorati.
Addio, amara nostalgia di fugaci gocce di gioia,
mi prostro al destino del male futuro
non chiedendo ad alcun Dio un riscatto svanito,
anelando all'ultimo desiderio di un prigioniero:
divenire nota indistinta nell'eco del nulla. [6]

*


Ormai albeggia, e quest’interminabile notte, confusa tra incubi e ricordi, alfine si avvicina al termine.
Sono passati quattro mesi da quando sono stato condannato a vivere in questo inferno, dove il giorno sempre segue la notte, ma le tenebre non si sollevano mai.
Non riesco più a distinguere tra i miei personali incubi, che mi perseguitano la notte, e la realtà, anche peggiore, del giorno.

Con occhi spenti dalla febbre vana della veglia
vedo con orrore
il nuovo giorno recarmi lo stesso giorno della fine
del mondo e del dolore,
un giorno uguale agli altri, della eterna famiglia
dei giorni così.
E nemmeno il simbolo vale, il significato
del mattino che viene
uscendo lento dalla stessa essenza della notte che era,
per chi,
avendo tante volte sempre sperato invano,
più nulla spera. [7]


Dopo la morte di Silente, l’Ordine della Fenice è stato allo sbando per parecchie settimane, anche se i suoi membri ora sembrano essersi ripresi. Passare loro informazioni è quasi impossibile e solo di rado, e in modo imprevedibile, servendomi di casuali mezzi di fortuna, mai utilizzabili una seconda volta, riesco a far avere loro indizi importanti sulle attività di Voldemort.
Nel frattempo ho scoperto che Bellatrix ha nascosto la Coppa di Tassorosso nelle segrete del castello dei Lestrange, ma non ho ancora trovato il modo di penetrarvi.
Sono tornato a Grimmauld Place, prima che cercassero di rendermelo impossibile con i loro sciocchi incantesimi di protezione, e sono riuscito a trovare il dannato medaglione di Serpeverde visto nella mente di Potter la notte in cui uccisi Albus.
All’inizio non l’avevo realizzato, poi mi ricordai d’averlo già visto almeno altre due volte: tra le mani di Regulus, una vita fa, e poi tra le mani di Kreacher, circa due anni fa.
Se solo Albus me ne avesse parlato, invece di andare a cercarlo con Potter!
Recuperarlo è stato facile, considerato quanto l’elfo continua a essere sempre affezionato a Regulus: è bastato fargli capire che io e il suo padrone eravamo stati molto amici e volevo solo aiutarlo, e il vecchio elfo è scoppiato in lacrime raccontandomi tutto e riprendendo a punirsi per non essere stato in grado di rispettare l’ultimo ordine del suo padrone: distruggere il medaglione.
Trovare il modo per aggirare le micidiali protezioni dell’Horcrux è stato molto più complesso e rischioso ma, alla fine, ci sono riuscito e l’ho reso quasi inoffensivo: distruggerlo, ormai, è una cosa che anche ragazzi in gamba possono fare e sono certo che la Granger ci potrà arrivare, lasciando poi l’onore dell’azione risolutiva a Potter.
Ho convinto Kreacher a far ritrovare per caso il medaglione a Potter, assicurandogli che il ragazzo sarà in grado di distruggerlo. Devo solo escogitare il modo per aiutare la Granger a procurarsi il libro adatto: quando lo avrà in mano, troverà da sola la risposta e il potenziale magico di Potter, nonché la sua determinazione, saranno sufficienti a eliminare il brandello d’anima. Li terrò d’occhio e rimarrò loro vicino, per evitare spiacevoli imprevisti, ma, se li ho giudicati bene, sapranno cavarsela da soli.
Dopo saranno tre gli Horcrux distrutti: so dov’è la Coppa di Tassorosso e Nagini è sempre sotto i miei occhi.
Non ne manca che uno.

Il potere dell’Oscuro Signore in questi quattro mesi è cresciuto in modo esponenziale, così come il terrore che circonda la sua ascesa, proprio come venti anni fa, con il consueto corredo di morti e sparizioni, mentre le segrete della sua fortezza si riempiono di prigionieri da torturare.
Le loro urla strazianti perforano la mia mente, giorno e notte, e vorrei solo potere essere al loro posto, martoriato pezzo di carne senza futuro.
Invece, l’Oscuro pretende da me pozioni per far loro rivelare preziose informazioni: io distillo solo filtri che annebbiano la mente e confondono la verità delle estorte parole, sopendo la coscienza del dolore nell’oblio di una morte pietosa.
Nel buio nauseabondo delle segrete, chiudo loro gli occhi sull’orrore circostante, sperando che qualcuno possa un giorno farlo per me, mentre silenziose lacrime di cristallo scavano le mie guance pallide, perdendosi nello spaventoso nulla che mi circonda.
Vorrei fuggire, invece assisto agghiacciato a raccapriccianti orge, spingendo Draco dietro di me, lontano dal cerchio bestiale, cercando di proteggere un’innocenza ormai profondamente violata.
E il mio pugnale, dall’affilata punta avvelenata, di nuovo elargisce morti pietose che straziano a fondo la mia anima distrutta.

Tutto qui è paura…
Il cielo è inorridito
d’illuminare la fitta ombra.
I passi che fai
tra queste brughiere
sollevano polveri
pestilenziali…
………
E’ l’ebbrezza a morte,
è la nera orgia,
è lo sforzo amaro della tua energia
verso l’oblio dolente
della voce intima,
è la soglia del crimine,
è il volo sanguinante.
………
Versi la tua anima,
il tuo latte e la tua fiamma
in quale disperazione?[8]


Sono in balia della feroce tempesta abbattutasi su di me, dove le caparbie onde di un destino avverso mi allontanano dalla riva della salvezza, spingendomi di nuovo verso il gorgo della perdizione.
Eppure, il mio sguardo rimane fisso, là dove un tempo brillavano le stelle che, ardite, disegnarono la giusta rotta della mia vita e illuminano l’unico possibile varco che ancora si apre tra i flutti tenebrosi: percorrere di nuovo la dolente via del Male, bruciando d’atroci rimorsi, per salvare altre vite e compiere fino in fondo un dovere che mi incatena al passato ma che, solo, può alla fine spezzare le orride catene; rendere l’estremo sacrificio di una vita, ormai distrutta, in nome dell’altrui libertà dal Male e dalla sofferenza, a compimento di promesse che non posso dimenticare.
Così, nelle contorte contrade della mia anima angosciata, scorgo il sentiero che conduce a un lontano orizzonte e so che devo procedere impavido, lottando nel buio e nella solitudine, al di là di tutto, compiendo fino in fondo il mio dovere, per dare un senso estremo anche alla vita di un dannato.
Quando mi ribello al Male che nasce da me, dalle mie fatali pozioni o dalla mano che, senza tremore alcuno, ferisce a morte, la mia povera anima vola via, lontano, e fugge dalle prigioni del rimorso cercando rifugio nel rispetto di un ineluttabile dovere.
Mi ribello a me stesso, eppure non indugio nelle scelte, né indietreggio: la mia vita è perduta ma il destino che nasce dalle mie promesse deve ancora forgiare l’altrui futuro.
Davanti a me si spalanca l’abisso, con il melmoso fondo di Male, ma non vi sprofonderò, non mi annullerò nella sua perdizione: amicizia e amore sono volati via da me, ma il dovere nato da una promessa resta indomito al mio fianco e mi sorregge.

*


Draco, almeno, sono riuscito per ora a strapparlo da questo inferno, che è rimasto solo mio.
Insieme a Lucius, facilmente liberato da Azkaban con gli altri Mangiamorte grazie al crescente potere dell’Oscuro Signore che ormai dilaga per il Ministero, sono riuscito a ottenere che il ragazzo torni a frequentare la scuola, quella di Durmstrang, visto che non sarebbe ben accolto da Minerva nella vecchia Hogwarts.
Un sospiro mi sfugge: non so cosa avrei dato per poterlo affidare alle care e severe mani della nuova Preside, ma certo la mia raccomandazione non sarebbe stata accettata.
Intanto, con Lucius e Narcissa studio come salvaguardare Draco, quando la protezione di quest’ultimo anno di scuola sarà terminata.
Lucius, dall’altro capo della tavola, mi osserva con occhi di ghiaccio, sempre regalmente distaccato, ma c’è un’ombra cupa nel suo sguardo, un’incertezza che non è mai stata sua: ma non è stata la prigionia ad Azkaban ad intaccarlo.
Ama suo figlio, ma lo ha ritrovato cambiato, quasi da non riuscire più a riconoscerlo, anche se ha avuto solo due giorni per restare con lui.
Narcissa gli ha raccontato del Voto.
Tutti i Mangiamorte sanno della mia ambizione, apertamente dichiarata quella notte davanti al nostro padrone, che ha rubato la gloria a suo figlio.
Lucius, però, ha notato l’abbraccio fra me e Draco quando il ragazzo è partito per Durmstrang: sa dell’affetto sempre provato per suo figlio, ma sa anche che un Malfoy non compirebbe mai quel gesto verso il mago che lo ha privato degli onori che gli spettavano.
Inoltre, Narcissa mi sorride, gentile e riconoscente, mentre mi passa il piatto di portata invitandomi a servirmi con abbondanza, visto che sono sempre più pallido e stanco.
E questa è un’altra cosa che non quadra con i fatti, né con la recita che, invece, ieri ci ha visto portare avanti di fronte a Voldemort, quando Narcissa mi squadrava sprezzante.
Le labbra di Lucius restano serrate, anche se c’è una domanda che gli brucia.
Non me la porrà, non ora: suo figlio per il momento è salvo e lui, prima, deve guardare a fondo dentro se stesso.
E capire.
Poi verrà da me.
Solo allora saprò se avrò ritrovato un amico.

*


Ancora un’altra volta, ancora sangue davanti ai miei occhi, vite che non posso salvare e sofferenze che non posso lenire; solo perché nessuno ha creduto al disperato avvertimento d’un traditore: hanno certo temuto che volessi attirarli in trappola!
C’era tutto il tempo affinché l’Ordine intervenisse, se Lupin avesse creduto al messaggio che accompagnava la pozione Antilupo che continuo a distillare per lui.
C’era tutto il tempo per salvarli.
Invece, sono qui, solo, la maschera d’argento inchiodata sul viso a coprire lacrime che non so più piangere, orrido dispensatore d’oblio con il mio filtro che distorce la verità, unica protezione che posso fornire a un uomo che mi era amico fino a pochi mesi fa, ma, che se ora vedesse il mio volto, mi insulterebbe sputandomi in faccia il suo stesso sangue, che lento gli cola dalla bocca.
Sta morendo tra le mie braccia, mentre fingo ancora d’estorcergli informazioni, ormai parole senza senso che gli gorgogliano a fatica nella gola lacerata.
Bellatrix si alza dal mio fianco e ne approfitto per versare veloce un’ultima pietosa goccia di morte fra le labbra del prigioniero.
Un ultimo tremito, un lungo gemito straziante e un altro membro dell’Ordine muore difendendo preziose informazioni con l’aiuto del mio filtro.
Bellatrix mi osserva sospettosa: non posso far altro che lasciar rotolare disinteressato a terra il corpo e rialzarmi a mia volta, mentre la morte ancora mi sfida dallo sguardo ormai spento, dagli occhi spalancati sull’orrore che ancora una volta non posso chiudere con misericordia.
- Perché anche questo ha resistito alla tua pozione? – domanda diffidente.
- Ha rivelato diverse informazioni. – rispondo sbrigativo, cercando di aggirare il problema, mentre i pulisco le mani insanguinate sul mantello.
- Notizie incomprensibili, direi. – insinua ancora.
- Solo perché tu non le comprendi, non vuol dire che non siano utili al nostro Signore. – sibilo sprezzante, voltandole le spalle.
Mi afferra per un braccio obbligandomi a fermarmi.
- Perché è morto così presto? – m’incalza di nuovo, combattiva.
- Chiedilo a Goyle: è suo il pugnale. – rispondo secco indicando l’elsa che spunta dal corpo riverso a terra.
Riesco a liberarmi di Bellatrix, solo per rendermi conto di colpo dello scenario spaventoso che mi circonda: annaspo nell’aria rovente degli incendi che hanno raso al suolo il minuscolo villaggio, in cui pochi maghi vivevano tranquilli in mezzo ai Babbani.
L’odore di carne bruciata è nelle mie narici dilatate, grida e lamenti angoscianti, intervallati da oscene risate sguaiate, feriscono le mie orecchie e posso solo serrare gli occhi davanti ai miei compagni che, mentre è allestito un bestiale banchetto notturno, si divertono a torturare e violentare inermi e terrorizzate vittime, dopo aver già ucciso tutti i maghi, rei solo d’essere traditori del loro sangue.
Crollo a terra, cercando invano di trattenere conati di vomito, senza la forza di chiedermi in quale girone dell’inferno sono precipitato.
Ho un unico, straziante desiderio: strapparmi il cuore dal petto.

Il triste mio cuore di poppa
sbava, coperto di trinciato:
gli schizzano addosso la zuppa,
al triste mio cuore di poppa:
alle porcate della truppa
che scoppia in un riso sguaiato
il triste mio cuore di poppa
sbava, coperto di trinciato!
Itifallici e soldateschi
quei giochi l'hanno depravato!
Al timone io vedo affreschi
itifallici e soldateschi.
O flutti abracadabranteschi,
che il mio cuore sia lavato!
Itifallici e soldateschi
quei giochi l'hanno depravato!
Dopo i mozziconi distrutti,
che fare, o mio cuore rubato?
Tireranno bacchici rutti
dopo i mozziconi distrutti,
e avrò vomitanti ributti
se il cuore, io, ho ringoiato:
dopo i mozziconi distrutti
che fare, o mio cuore rubato? [9]




1. Charles Baudelaire - Les Fleurs du Mal, tratto da « Quadri parigini » : CII – Sogno parigino.
2. Charles Baudelaire - Les Fleurs du Mal, tratto da « Les Fleurs du Mal » : CXVI – Un viaggio a Citera.
3. Earendil
4. Earendil
5. Fernando Pessoa – Raccolta “Il giardino del delirio”: “La finestra infranta”.
6. Earendil
7. Fernando Pessoa – Tratto da “Per tutta la notte il sonno non venne”
8. Paul Verlaine – Dalla raccolta “Saggezza – III”: tratto da “Dal fondo del giaciglio…”.
9. Arthur Rimbaud: “Il cuore rubato”
 
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