Il Calderone di Severus

Ida59 - Solo il mio dovere - Raccolta “In difesa di Severus Piton”, Genere: Drammatico, Introspettivo - Avvertimenti: Nessuno - Epoca: HP 7^ anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: Silente, Presonaggio originale

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view post Posted on 3/4/2017, 21:08
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Autrice: Ida59 (26/8  - 15/9/2005)
Beta-reader:nessuno
Tipologia:one-shot
Rating:  per tutti
Genere:drammatico, introspettivo
Personaggi:
Personaggi:Severus Piton, splendido personaggio della Rowling, rivisto e re-interpretato da me.
Pairing:Nessuno
Epoca: HP 7° anno
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Quanto costa ad un uomo d’onore mantenere fede alla propria parola? Quanto è difficile scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile? Come dice Silente “Sono le scelte che facciamo che dimostrano chi siamo veramente”. Questo è Severus Piton, con il suo dolore, sulla Tomba Bianca, un anno dopo.
Nota uno: E’ stato molto duro leggere il finale di HP6 e questa storia nasce dal mio grande dolore e dalla necessità di mediarlo con le parole per far emerge tutto ciò che, secondo il mio personale punto di vista, la Rowling non ha scritto sulle emozioni e sul dolore di Severus Piton mentre si apprestava a compiere il suo dovere e ad uccidere Albus Silente.
Nota due: Questa storia è stata scritta per un Concorso di Fanfictions e le prime righe (quelle in corsivo)  sono state scritte da Mariacarla.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali di ……… (solo se avete inserito uno o più personaggi originali creati da voi, naturalmente), i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
 
Questa storia appartiene di pieno diritto alla raccolta “In difesa di Severus Piton” nata per difendere questo splendido personaggio dopo i fatti narrati in “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”.
La raccolta è composta dalle seguenti storie:
Solo il mio dovere
“Un uomo che sa uccidere gli amici”
“Non era odio”
“Scelte”
“Maschere di sangue”
“Luci e ombre del cristallo – ovvero – La studentessa”
“Condannato a vivere”
“Riflessi di sangue”
“Brindisi per un amico”
“Sfumature di sorriso”
“Premio di mezzanotte”
“Un sogno nell’oscurità”
“Forza e resistenza del cristallo – ovvero – L’innamorata”
 
 
 
 
 

Solo il mio dovere
 

 

Era morto.
Lui era morto.
Il sole tramontava oltre le colline: un immenso disco di fuoco rosso, ardente al di là dei confini neri del suo mondo.
Il mago strinse convulsamente le dita intorno alla bacchetta: ormai era uno strumento inutile, inerte, privato della sua magia.
Senza neanche rendersene conto la spezzò, con gli occhi vuoti.
La donna che era rimasta in disparte gli sfiorò la spalla, con una dolcezza composta. Una strana, malinconica tenerezza.
- Non preoccuparti... - sussurrò.


- Io sono e rimarrò sempre al tuo fianco.
La sua voce carezzava l’aria tersa del crepuscolo.
Il mago sollevò il viso pallido e stanco, incorniciato dai lunghi capelli neri, mentre i frammenti spezzati della bacchetta scivolavano via dalle dita affilate e, con un lieve scricchiolio, si adagiavano sul marmo bianco e freddo della tomba.
Una brezza leggera increspava le acque limpide del lago e un sorriso triste si disegnò appena sulle sue labbra sottili.
- Lo so. – rispose piano, quasi a fatica.
Una lunga pausa.
- Sei la mia unica ragione di vita, ora. – poi strinse ancora le labbra, abbassando nuovamente il capo.
La donna raccolse i due pezzi della bacchetta:
- Perché?
Il mago non rispose.
- Perché hai voluto spezzare la tua bacchetta?
Ancora un lungo silenzio, carico di tremendi ricordi.
Poi le sue labbra tremarono appena nel doloroso sussurro che ne uscì a stento.
- Troppo sangue, troppe morti. Troppa sofferenza.
Lo sguardo dei profondi occhi neri era perso nel rosso sole morente che si rifletteva, sanguigno, nelle tremolanti acque del lago.
- Troppi rimorsi. Non intendo usarla mai più! – terminò il mago duramente, stringendo con forza i pugni.
La donna si avvicinò ancora, ma lui la respinse con un gesto gentile ma deciso della mano.
- Severus, lascia che ti stia vicina! – lo implorò.
Il mago sospirò, ma scosse piano il capo.
- No, non ora. Lasciami solo, ti prego. – sussurrò girandosi ancora verso la tomba. – Lasciami solo con Lui.
Anche la donna sospirò, poi ripose nella tasca interna del mantello i frammenti della bacchetta e si allontanò piano, dirigendosi verso la Foresta Proibita.
Severus Piton la seguì per un po’ con lo sguardo serio, che s’addolciva quanto più lei si allontanava. Per un fugace istante un lieve sorriso gli illuminò appena le iridi nere.
La strega scomparve nella foresta; il mago si girò verso la tomba e, sommessamente, cominciò a parlare:
- Eccomi, Albus, sono qui. Sono finalmente venuto a piangere sulla tua tomba, - mormorò con voce roca - dopo aver compiuto fino in fondo il mio dovere.
Un lungo silenzio, cupo e opprimente, avvolse l’aria: nessuno rispose, la Fanny non intonò il suo soave canto e Severus Piton, figura nera e solitaria che si stagliava immobile nella luce livida del tramonto, si abbandonò ai suoi pensieri e al suo dolore.

*


Ho fatto quello che volevi, Albus, ho portato a compimento tutto ciò che mi chiedesti di fare poco più di un anno fa.
Ho aiutato Harry a distruggere gli Horcrux, anche se quell’impertinente ragazzino neppure sa chi deve ringraziare per questo.
Ho continuato a far avere all’Ordine tutte le informazioni necessarie, e anche loro non sanno chi ringraziare.
Voldemort è stato sconfitto ed io ora non servo più a nulla.
Non ci sono altri atroci compiti da assolvere con la mia bacchetta, lorda di sangue, ed io ho compiuto in silenzio il mio dovere.
Sapevi perfettamente che lo avrei fatto, fino in fondo, senza mai tirarmi indietro, per quanto devastante dolore mi fosse potuto costare.
Tu sapevi che lo avrei fatto, altrimenti non mi avresti mai affidato quel compito.
E adesso che il nostro mondo sta festeggiando la definitiva fine di un incubo, io, anche io, misconosciuto e odiato da tutti, ho finalmente il diritto di venire ai piedi della tua tomba, chiuso nel silenzio della mia ignorata sofferenza.
A testa alta, ma con l’anima distrutta.
Meglio venire nel riservato silenzio della chiusura estiva della scuola, meglio farlo senza che nessuno, ancora oggi, mi possa vedere.
Come un anno fa, quando da lontano ho assistito al tuo funerale, immobile e celato nella foresta. Io, il tuo assassino, ancora completamente sconvolto e incredulo per ciò che ero stato in grado di fare, odiato e vituperato da tutti coloro che ti piangevano.
Senza avere il diritto di piangere per te: nessuno me lo avrebbe permesso.
E anche ora, vedendomi davanti alla tua tomba, quanti di loro crederebbero alla sincerità del mio dolore?
Ma tu lo sai quanto mi sono costate quelle due maledette parole: tu lo sai come hanno definitivamente lacerato la mia anima.
Quella notte, però, l’anima di Draco è rimasta integra.
Era questo, soprattutto, ciò che volevi: la salvezza del ragazzo, impedire che a diciassette anni diventasse un assassino, come invece lo ero diventato io alla sua età.
Così mi hai pregato di ucciderti e di salvare l’anima del giovane Malfoy.
E di precipitare la mia sempre più a fondo nell’abisso.
Ed io l’ho fatto, dannato vecchio testardo: ti ho ucciso!
Una scelta tremenda, ancora una volta una scelta cui non potevo e non volevo sottrarmi: la giovane vita di Draco contro l’inestimabile dono della tua morte, l’anima ancora pura di un ragazzo contro la mia, ormai irrimediabilmente condannata e perduta.
Ancora una volta, era giunto per me il momento di scegliere: non ciò che era facile, ma ciò che era giusto, come tu, tanti anni fa, mi avevi insegnato.
Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, mi dicevi sempre, e tu sapevi chi ero io, tu sapevi che cosa avrei scelto.
Ho esitato per un istante, là sulla torre, e tu mi hai guardato negli occhi.
Quale infinito flusso di pensieri nella tua mente completamente aperta alla mia, quanto profondo affetto, quale irrevocabile decisione!
Quanto incredibile coraggio, in quel tuo pregarmi di ucciderti senza altre esitazioni, senza pietà, senza tradire la mia copertura di spia.
Quanta infinita fiducia riposta in me, un tempo insensibile assassino e adesso solo, semplicemente, Severus.
Severus… ti prego…

Mille parole non dette, un’esistenza intera in quel silenzio spezzato, la tua vita che comprendeva e benediva la mia, la tua incrollabile fiducia in me, quella fede che un tempo mi aveva restituito alla vita e che ora mi chiedeva l’impossibile e reclamava in cambio la mia anima.
Ho dovuto ucciderti: era quello che volevi da me, il tuo ultimo desiderio, la tua ultima, crudele e ferma richiesta.
Era la scelta giusta, il mio dovere, solo il mio dovere, e l’ho fatto per te.
Solo per te: non l’avrei fatto per nessun altro.

*


Severus Piton sollevò per un istante il viso al cielo che imbruniva, gli occhi neri che brillavano febbricitanti, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nel palmo delle mani.
Poi trasse un lungo respiro.

*


Ma ho protetto l’anima del giovane Malfoy, come tu volevi, Albus, l’ho fatto quella notte e in tutti i maledetti giorni che si sono susseguiti nell’infinito orrore della mia nuova vita, onorato e rispettato Mangiamorte tra i Mangiamorte.
L’Oscuro Signore è finalmente sconfitto e tutti i suoi frammenti d’anima sono stati distrutti, ma l’anima di Draco è ancora integra, anche se il sorriso dell’innocenza non brillerà mai più sul suo viso di ragazzo, cresciuto troppo in fretta tra il sangue e la morte.
Sapevo bene a quale agghiacciante modo di vivere sarei andato incontro, ma l’atroce ricordo di quei mesi interminabili brucia la mia mente perché di nuovo, come se tutti quegli anni non fossero mai passati, mi sono trovato prigioniero nel baratro infernale dal quale un tempo tu mi avevi aiutato a uscire.
Ma ora non ero più solo: ora la vita di un ragazzo smunto e pallido dipendeva da me.
Solo da me, dalla mia freddezza e dal mio totale autocontrollo, dalla mia capacità di mentire e di far credere che fossi un mostro, proprio come loro.
Solo tremendi e insopportabili ricordi.

Il fuoco arde nel cerchio dei Mangiamorte e le fiamme si levano alte nel cielo nero, a bruciare la mia anima consunta e lacera.
Stringo forte i denti, fino a quando sento la sua mano tremante tra le mie.
Allora lo guardo in profondità, negli occhi chiari che brillano nella notte, enormi e spalancati dietro la maschera, e stringo piano le sue dita ghiacciate, mentre sento il sangue che pulsa a un folle ritmo, quello terrorizzato del suo cuore.
Lui mi guarda e so che vorrebbe fuggire via, invece rimane lì, fermo e silenzioso.
Non fuggirà: ha già cominciato a scontare le sue colpe e, come me, pagherà tutto, fino in fondo e senza tirarsi indietro.
Non posso chiudere gli occhi sotto l’imperscrutabile maschera d’argento, posso solo piangere e le lacrime, come in quel tempo lontano, rigano di nuovo le mie guance: lacrime di disperazione di un uomo, ora, costretto a rivivere il suo imperdonabile passato, impotente a cambiare qualsiasi cosa di questo maledetto presente.
Un nuovo tremito della sua mano sottile, ed io l’avvolgo ancora di più nella mia, come se potesse servire a qualcosa, come se potessi alleviare la sua pena o, almeno, scaldare la sua piccola mano.
Non mi serve vederle: so che le lacrime rigano abbondanti anche il suo giovane viso, lacrime di terrore di un ragazzo davanti alle atrocità che i suoi occhi, con crudele verità, gli mostrano inesorabilmente.
Le sue iridi chiare, ancora striate d’innocenza, hanno visto tutto ciò che le mie, ormai inesorabilmente colpevoli, già conoscevano bene, da troppo tempo ormai, e, quando il fuoco arde violento in mezzo al cerchio dei Mangiamorte, puoi solo ascoltare le interminabili urla dell’agonia e pregare che finisca presto.
Quando non ce la faccio più, quando la sua mano trema troppo nella mia e temo che anche gli altri Mangiamorte lo notino, allora avanzo deciso al centro del cerchio ed estraggo il mio pugnale per regalare, con rapidità e destrezza, la morte come unica pietà.
Poi lo guardo negli occhi e mi chiedo se, almeno lui, comprende lo strazio che mi dilania il cuore. Un tremito impercettibile, una lacrima che brilla invisibile nei suoi occhi e ho la mia risposta. Torno in silenzio nel cerchio, crudele Mangiamorte fra i Mangiamorte.
Ma lui, ancora, cerca la mia mano, sporca di sangue ora, e vi si abbandona confidente.
Ancora la stringo piano nella mia, dietro la schiena, e lui ricambia l’invisibile stretta.
Tra noi non c’è bisogno di guardarsi negli occhi: ciò che è nato nell’atrocità di queste notti non morirà mai e ci legherà per sempre.
Ma io, di nuovo, paventerò il sonno come la condanna più insopportabile, fuggirò per il resto della vita dai miei tremendi ricordi, quelli di oggi che si aggiungono a quelli del passato; cercherò vanamente di sfuggire dal terrore sempre disperatamente uguale di quegli occhi spalancati nel buio della notte.
In quel momento estremo la loro povera mente è vuota, sono già senza vita davanti a me, e la Morte è nei loro occhi, a fissarmi beffarda, ricordandomi che, prima o poi, toccherà anche a me.
E anche io comincio a bramare una fine pietosa, che mi colga nel sonno, o tramite la mano ferma e decisa di un amico.
Io, però, non ho più amici.
Ho ucciso l’unico che avevo.

*


Lentamente, Severus Piton cadde in ginocchio, gli occhi serrati per cercare di trattenere ancora una volta cocenti lacrime, troppo a lungo negate.
Le sue sottili mani bianche sfiorarono appena la superficie fredda del marmo in una struggente carezza.

*


Ti ho ucciso, Albus, ho ucciso l’unico amico che avevo, ho ucciso l’unica persona che avesse mai creduto in me.
Ho ucciso l’unica persona che aveva fiducia in me, così tanta fiducia da affidarmi non la sua vita, ma la sua morte.
Ho ucciso l’uomo che mi ha tratto dall’abisso in cui la mia giovanile incoscienza, avida d’antiche e possenti conoscenze, mi aveva irrimediabilmente sprofondato.
Ho ucciso l’unico uomo che ha saputo leggere nella mia anima lacerata e comprenderla. Non hai mai rivelato a nessuno il motivo per il quale credevi in me, non aveva alcun senso: nessuno di loro avrebbe mai potuto capire.
Solo tu potevi comprendere fino in fondo.
Ed io ti ho ucciso.
Mi hai obbligato a ucciderti, Albus. Ma io non volevo. Non volevo!
E’ vivido il ricordo di quella notte, come un incubo dal quale mi sono svegliato solo pochi istanti fa.

Ero sul chi vive, come mi avevi chiesto, perché sapevo di quell’ultima tua pericolosa missione: volevi il ragazzo con te, il giovane e sfrontato Potter, per insegnargli tutto, fino all’ultimo.
All’improvviso è arrivato Vitious ed io l’ho schiantato affinché, abile combattente, non rischiasse inutilmente la vita. Quindi le due ragazze: le ho convinte non so come a restare fuori della mischia. Poi ho corso come un pazzo verso il Marchio Nero, temendo d’arrivare troppo tardi: non ero riuscito a individuare cosa il giovane Malfoy stesse preparando, non avevo ottenuto la sua fiducia… ed ora la sua anima poteva essere già perduta.
Ho ignorato la battaglia ai piedi della torre, nessuno mi ha fermato, nessuno mi ha rivolto la parola: non avrei potuto udirli in mezzo al rombo tumultuoso del mio cuore.
Sono salito per le scale con il cuore in gola, gli scalini erano interminabili e il fiato mi mancava, poi la porta da spalancare e quella scena: Draco con la bacchetta puntata verso terra e tu… ancora vivo!
Ero arrivato in tempo.
Il mio cuore batteva all’impazzata.
Ero arrivato in tempo.
Non avevo più fiato.
Ero arrivato in tempo per ucciderti.
L’unica persona che mi voleva bene e credeva in me.
Ero arrivato in tempo per fermare Draco e salvare la sua giovane anima.
Ero arrivato in tempo per distruggere definitivamente la mia.
Severus…
La tua debole voce, come una spada acuminata, trafigge il mio cuore.
Sapevo cosa dovevo fare, qual era il mio orrido dovere.
Spinsi di lato il ragazzo e ti guardai.
Mi avevi salvato, credevi in me, eri stato il mio unico amico in tutti quei lunghi anni.
Ti volevo bene, Albus, come non avevo mai voluto bene a nessuno in vita mia.
Ma pretendevi che ti uccidessi.
Come potevo farlo, come potevo riuscirci, come potevo trovare la forza e la determinazione per commettere una simile atrocità?
Eppure te lo avevo promesso: dovevo cercare l’odio dentro di me, dovevo trovarlo per poterlo fare. Ma verso di te provavo solo affetto e riconoscenza.
Non potevo, non volevo!
Severus… ti prego…
Tu mi preghi: mi guardi negli occhi e mi preghi di farlo.
Mi ricordi la mia promessa.
Una promessa fatta a te ha più valore di un Voto Infrangibile.
Ti ho odiato in quel momento, Albus, per ciò che mi costringevi a fare, ti ho odiato con tutte le mie forze.
Poi ho odiato me stesso per quello che ti avevo promesso di fare. Per quello che, alla fine, sapevo che avrei fatto.
Così ho cercato dentro di me l’odio necessario: ho odiato il mio passato e le imperdonabili colpe, ho odiato l’uomo che ero diventato, l’uomo capace di uccidere il suo unico amico, l’unica persona che avevo imparato ad amare.
Ho odiato l’uomo che tu sapevi avrebbe compiuto il suo dovere, fino in fondo.
Un’esplosione d’odio incontrollata, concentrata in quelle due dannate parole, che ti hanno addirittura sbalzato fuori della torre.
Io ti ho ucciso, Albus.
Ti ho ucciso.
Mi hai obbligato a ucciderti, Albus.
Ma io non volevo!

*


- Io non volevo ucciderti!
L’urlo disperato del mago lacerò l’aria: si era alzato improvvisamente in piedi, il vento a sollevare in aria il lungo mantello nero, come un fantasma oscuro nella notte che lenta calava sul lago.
Poi crollò di nuovo rigidamente in ginocchio.

*


Così rimasi solo, Albus, di nuovo completamente solo.
Ma non li biasimo, sai, non ha importanza se tutti loro mi hanno voltato le spalle. Era la giusta reazione, me l’aspettavo, l’avevo ampiamente prevista.
Certo non era una predizione difficile: credevano in me solo perché tu lo volevi, solo perché tu li incitavi a farlo, solo perché tu avevi fiducia in me. E loro credevano fermamente in te.
Nessuno di loro è mai stato, davvero, mio amico: nessuno ha mai avuto fiducia in me, nel mio reale pentimento, nella mia sincera devozione alla causa dell’Ordine.
Io sono sempre stato diverso per loro, e, quindi, sospettabile.
Le mie informazioni facevano comodo, se io rischiavo la vita per loro era solo il “minimo che potessi fare con quel tremendo passato che mi trovavo alle spalle”, ma certo ai loro occhi non mi sono, né mai mi sarei potuto, riscattare.
Sapevo dei loro sgradevoli bisbigli alle mie spalle; i loro sguardi, soffusi di velato disprezzo, sfuggivano il mio, timorosi di incontrarmi in luoghi bui ed isolati. Semplicemente, mi evitavano, facevano a meno di trovarsi nei miei paraggi, ed era così facile il loro compito visto come vivevo appartato e in solitudine nel mio freddo sotterraneo!
Una difensiva solitudine obbligata, un ininterrotto e forzato isolamento nel quale solo tu sapevi intrometterti.
Ma io ti ho ucciso e sono irrimediabilmente colpevole ai loro occhi.
Occhi che mi hanno sempre scrutato con un fondo di lontano sospetto, mai veramente estinto neppure in diciassette anni: sia che mi sfidassero dietro a quegli occhialini quadrati, alla fine di una vittoriosa partita di Quidditch; o che fossero pieni di dolore per l’imminente trasformazione alla bieca luce della luna, mentre mani tremanti anelavano a una pozione costata la fatica e il sonno di intere nottate; o, ancora, quell’occhio che roteava convulso mentre si avvicinava ticchettando verso di me, colmo di determinazione e avido di preziose informazioni sull’Oscuro Signore.
Eppure, quanta abnegazione per loro, quanti rischi mortali corsi, quante sofferenze per una piccola, miserabile, preziosa informazione da recare all’Ordine, e quanto sospetto e disprezzo nei loro occhi ho ricevuto in cambio a ogni riunione.
Così fuggivo via, ogni volta sempre più rammaricato e deluso, rifiutando scontrosamente la cortese falsità degli inviti a cena a Grimmauld Place.
Quante crudeli Cruciatus dell’Oscuro Signore ho più volte affrontato e sopportato in silenzio per convincerlo della mia falsa fedeltà; quante volte gli ho permesso di invadere irrispettosamente e dolorosamente la mia mente; quanta sofferenza e quanti tremendi sforzi per continuare a mentirgli, giorno dopo giorno, guardandolo a fondo in quei suoi orridi occhi pieni di sangue!
Ho dovuto imparare a controllare ogni minima emozione, a eliminare ogni sentimento dalla mia vita e diventare del tutto gelido e imperturbabile.
Ma non ho mai perduto la mia umana sensibilità, purtroppo, solo ho richiuso tutto in me stesso, fino a quando mi sembrava di scoppiare.
Allora ho cerato nuove e inumane pozioni per negare le mie emozioni, ho trovato nuove formule per dominare i miei sentimenti, ho cercato di rinnegare di essere un uomo e mi sono imposto di diventare un automa, un attore perfetto che pronuncia sempre l’odiosa battuta giusta al momento adeguato.
Anche se sapevo benissimo che nessuno mi avrebbe mai applaudito, perché il pubblico era tutto contro di me.
Ma io sapevo che stavo facendo il mio dovere, solo il mio maledetto dovere.
Così ho continuato per anni la mia dolorosa recita, giorno dopo giorno, camminando su un filo sottile, correndo ogni volta un rischio sempre più grande di quello precedente.
Mi osservavo allo specchio e avrei avuto tanto bisogno di sorridermi incoraggiante, ma non potevo più farlo: da troppo tempo mi ero imposto di dimenticare cos’era un sorriso.
E alla fine l’ho veramente dimenticato.
Anche se tu mi sorridevi sempre, confortante, con i tuoi luminosi occhi azzurri dietro gli occhialini a mezzaluna, che ogni volta ti scivolavano sul naso.
Ti invidiavo.
E ti volevo bene ogni giorno di più.

*


Severus Piton era oppresso da una grande spossatezza. Progressivamente, lasciò che il suo corpo abbandonasse la precedente rigidezza e, piano piano, si accasciò a terra appoggiando il busto sulla tomba dell’uomo ucciso un anno prima.

*


Ma nella silenziosa solitudine della notte, nel mio sotterraneo, tornavo a essere solo un uomo, con tutte le mie debolezze e le mie paure.
Con i miei orribili ricordi.
Con gli inconfessabili desideri e le perdute speranze.
Un uomo solo e disperato.
Così fuggivo lontano, nel buio silente e freddo della notte, e urlavo alle stelle la mia disperazione e il mio terrore.
Sono belle le stelle, brillano lucenti nel cielo nero come fate irraggiungibili, ma non sono mai scese fino a me.
Anche se mia madre, in un giorno lontano ma mai dimenticato, mi aveva raccontato quella bella favola, ed io volevo credere nelle favole e nelle fate, ci avevo creduto con tutta la mia infantile determinazione.
Fino a quando, ancora bambino, la mia fata ha chiuso gli occhi davanti a me, in un lago di sangue, ed io sono rimasto solo.
Da quel giorno non sono mai più stato bambino.
Sono sempre stato solo da allora, nessuno mi ha più amato, nessuno è più rimasto al mio fianco, a stringermi la mano, quando avevo paura del buio.
Così l’Oscurità mi ha ghermito con le sue lunghe mani sottili, i suoi sussurri invitanti, le sue conoscenze ammalianti.
L’odio mi ha riempito le mani di sangue fino a quando tu, Albus, mi hai afferrato traendomi fuori dal baratro dell’orrore.
Da allora sei sempre rimasto al mio fianco.
Fino a quando ti ho ucciso, per ritrovarmi sempre più disperatamente solo con le mie colpe.

*


Severus Piton aveva finalmente ceduto e lacrime silenziose solcavano il suo volto affilato scendendo infine a bagnare il marmo bianco.
La donna, uscita dalla foresta udendo il suo urlo angosciato, era giunta piano alle sue spalle, chinandosi su di lui, accarezzandogli piano i lunghi capelli neri.
Poi si accoccolò a terra al suo fianco, gli strinse la mano sussurrando:
- Sono qui, Severus, non sei più solo, non sei più solo!
Il mago sollevò il viso pallido, rigato di lacrime e rimase a guardarla.
- Se c’è qualcuno al mondo che sa, che sa benissimo che tu non volevi ucciderlo, è proprio lui, Albus!
Severus la contemplava, muto, le lacrime svanite dal viso stanco.
- Ti amo, Severus, lo sai!
Occhi neri e profondi, che brillavano nella notte più delle stelle, si avvicinarono agli occhi limpidi e chiari della donna:
- E mi hai di nuovo insegnato a sorridere. – sussurrò piano, un dolce sorriso a illuminare lieve il suo volto.
L’attirò delicato a sé, sfiorandole appena la fronte con le labbra, mentre mormorava con voce roca:
- Lui voleva che il mondo fosse pieno d’amore…
- Lo so. – rispose la donna rialzandosi e prendendolo per mano. – Ma ora andiamo, andiamo a casa, Severus. E’ tutto finito, adesso.
Gli sorrise, attendendo che si rialzasse:
- Hai fatto il tuo dovere, fino in fondo, rischiando di perdere l’anima e la vita. Ma sei ancora vivo e ora, finalmente, puoi davvero ricominciare a vivere.
- Sì, ho fatto il mio dovere. Solo il mio dovere.

Le stelle erano ormai sorte, fate irraggiungibili, a illuminare la notte nera e la Tomba Bianca.
Ma una di loro, la più bella, gli stringeva la mano e lui non era più solo.
Il suo amico, il suo unico amico dalla lunga e fluente barba bianca, dai luminosi occhi azzurri, gli sorrideva da lassù, stella rifulgente tra le stelle del cielo.
Il sorriso di quel caro vecchio era sempre stato pieno di speranza.
Severus asciugò l’ultima lacrima che, ostinata, era scesa ancora a rigargli la guancia e si voltò a guardare la tomba ancora una volta: era sciocco, lo sapeva benissimo, ma gli pareva di aver udito l’eco lontana di una benevola risata.
E le risate di Silente erano inconfondibili.

Edited by Ida59 - 22/7/2022, 22:00
 
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La mia raccolta di 13 one-shots “In difesa di Severus Piton” (scritta tra l'agosto 2005 e il novembre 2007) nasce dalle dolorose emozioni provate leggendo HP6. Ho avuto, e avrò ancora bisogno, di scrivere diverse storie per assorbire e cercare di neutralizzare il dolore nato dalla lettura del finale di HP6, per cercare di spiegare a me stessa, e a chi altro vuole stare ad ascoltare, quali sono stati i motivi che hanno spinto Piton a compiere determinati gesti e quali sino stati i sentimenti e le emozioni che ha provato.
E che, soprattutto, Severus Piton continua lealmente e dolorosamente ad obbedire agli ordini di Silente.
Ovviamente tutte queste storie contengono rilevanti spoiler del 6° libro, ma anche del 7° libro, benché quasi tutte le storie io le abbia scritte prima di leggere la spiegazione ufficiale di JKR. Ma, in un certo senso, chi amava Severus e sapeva guardare oltre le apparenze e dietro alla sua maschera, sapeva da sempre qual era la verità.

"In difesa di Severus Piton"



“Solo il mio dovere”
“Un uomo che sa uccidere gli amici”
“Non era odio”
“Scelte”
“Maschere di sangue”
“Luci e ombre del cristallo – ovvero – La studentessa”
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Sto rileggemdo poco per volta tutte le mie fic apportando le necessarie revisioni stilistiche, visto il tempo intercorso dalla scrittura, giacchè voglio stamparle tutte come veri libri, i racconti sotto forma di raccolte, ovviamente. Chi fosse interessato ad avere una copia condividendo il costo della stampa in piccolissime tirature, mi contatti in privato. Per ora siamo in undici: più siamo più il costo unitario diminuisce.

Ho inserito sopra il testo revisionato.


Edited by Ida59 - 23/7/2022, 14:45
 
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