Il Calderone di Severus

Ania_DarkRed86 - Malinconia, Genere: generale, introspettivo, malinconico - Epoca: post 7° anno - Pairing: Snarry - Personaggi: Severus - Avvertimenti: AU

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view post Posted on 17/5/2021, 18:24
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Dalle nebbie della Valacchia

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Titolo: Malinconia
Autore: Ania_DarkRed86
Data: 6 marzo 2020
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, generale, malinconico
Personaggi: Severus Snape
Pairing: Severus/Harry
Epoca: post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: La malinconia di un fiore appena sbocciato era tutto ciò che aveva.
Una musica lontana. Un far festa che non gli apparteneva.


Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. La trama di questa storia è invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

Nota: storia scritta per Sfida n. 7 FA+FF: Severus e le Stagioni




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Malinconia



La malinconia di un fiore appena sbocciato era tutto ciò che aveva.
Una musica lontana. Un far festa che non gli apparteneva.
Eppure il mondo esplodeva in colori tutto intorno alla sua pelle, ma lui rimaneva schiavo del nero, affamato di nient’altro che oscurità.
Osservava e basta al di là di un vetro sporco che faceva fatica a riflettere persino la sua immagine. Quel volto pallido, sempre più scavato da notti insonni e da amplessi di incubi inutili.
Se ne stava lì, fermo, a pensare per ore neppure sapeva a cosa, forse soltanto al caos che aveva dentro.

Era successo per caso. Era bastata una voce, un profumo non troppo lontano, e nella sua testa aveva iniziato ad agitarsi una tempesta di quelle che ti lasciano rotto da una parte, un relitto che fa fatica a galleggiare, dove si riposano i gabbiani e le alghe crescono incontrollate.
Alla fine era arrivata la primavera, ma in lui era nato l’ennesimo tormento, l’ennesima emozione da buttare.
E aveva provato a gettarle con forza nel fondo di un oceano immaginario. Lo aveva provato fino a vedere il sangue e pezzi d’anima andare ancora in frantumi, vederli ancorarsi a parole uscite da altre labbra, ad un sorriso tra mille.
Aveva urlato «Basta» al sole e poi alla pioggia e persino al vento. Aveva poi cercato l’eco tra le foglie e i rami spezzati, tra le increspature del lago e tra i prati che odoravano del fresco di un mattino.
Aveva urlato e poi cercato e persino provato a piangere.
Provato a lanciare parole disperate in mezzo a nient’altro che silenzi, a voci vuote. A promesse infrante.
Fuori si godevano tutti il sole, ma a lui rimaneva la terra.
Guardare in basso per non sfiorare un altro paio d’occhi, correre lontano e trovare dopo una scusa per avvicinarsi ancora. E poi correre di nuovo via col cuore spezzato stretto tra le mani.
Provare a volare da un’altra parte dove la primavera non esiste e dove i fiori bruciano e marciscono tra le ore.
In un luogo senza amore.
Senza più quel viso.

Si era voltato sentendo alcuni passi, distratto appena era tornato a guardare davanti a sé, il vetro sporco dove far correre le dita e scrivere una parola soltanto, poche lettere confuse tra la polvere.
Poi le lettere erano diventate tante, sparse su fogli che si accumulavano ad ogni giorno che passava in ogni angolo della propria casa. Parole che mai avrebbe detto, ai piedi di un comodino mentre altre si nascondevano tra le lenzuola, lì dove i desideri rimanevano muti e colti da un’improvvisa sete che non sarebbe riuscito a placare neppure con tutta l’acqua del mondo, neppure con lacrime e piogge.
Eppure la primavera era arrivata davvero, portandosi dietro una giacca rossa abbandonata ai piedi di un albero, una piega tra le gambe e tasche che nascondevano tutto ciò che non era in grado di dire.
Lui che non era altro che silenzi avrebbe voluto parlare, farlo per ore in quegli amplessi di incubi inutili che si trasformavano in altri amplessi fatti di carne e umori e vino sulla pelle.
Parlare e basta, ma le sue parole erano mute, senza un suono che le disegnasse tra le nuvole.
La primavera era arrivata trascinando con sé il suo corpo e i suoi sospiri, e i suoi vestiti in un letto che non era il proprio.

La malinconia di un fiore appena sbocciato era tutto ciò che aveva.
Una musica lontana.
Un far festa che non gli apparteneva.
 
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