Primavera – Esiste una parola per descriverti?
Esiste una parola per descriverti?
Per descrivere ciò che sei in questo momento?
Snape girò una pagina del libro che stava leggendo, ma non ricordava neppure una riga, neppure una voce o una descrizione: la sua mente era ferma alla sera precedente, quando aveva letto nella solitudine della sua stanza, allora sì che ogni cosa era ancora lì.
Ogni parola.
Ogni emozione d’amante.
In quel letto, però, non c’era niente.
Voltava pagina, una dietro l’altra, in un gesto meccanico e vuoto, e non c’era niente.
Soltanto lo scroscio dell’acqua dietro la porta alla sua destra e il profumo che passava sotto come nebbia densa.
Muoveva i piedi frenetico, seguendo un ritmo nascosto, forse il suono di quella parola che continuava a cercare ma non trovava.
Sospirò, gettando il libro dall’altra parte del letto sfatto e
bagnato; bagnato di un altro corpo e di un’altra pelle. Dell’ennesimo sbaglio.
E allora i suoi piedi insisterono a muoversi mentre l’acqua ancora scendeva e dall’altra parte delle pareti la primavera era sbocciata potente e noiosa, e lo guardava, giorno dopo giorno, spegnersi per poi sbocciare lui stesso come uno stelo troppo decrepito che diventava d’improvviso giovane.
Ma lui giovane non lo era da un bel pezzo.
Non lo era mai stato, si disse, nemmeno in mezzo a quella distesa di fiori bianchi.
Era morto dentro anni e anni prima, e nessuna primavera avrebbe mai potuto sbocciare per lui.
Eppure…
Esiste una parola per descriverti?Tra le sue mani ogni primavera marciva.
Il suo olfatto di pozionista poteva sentirne ogni aroma, ogni sfumatura, ma non appena avrebbe allungato le dita, sarebbe tutto svanito, esploso in mille pezzi di nulla e cenere.
Riprese il libro ancora una volta, fermandosi per un attimo a guardarne la copertina: cos’era che lo aveva attratto così tanto?
Forse quella distesa di fiori che lo ricopriva tutto come fosse il prato oltre la finestra.
La odio.O forse quelle dita che lo avevano sfiorato prima delle sue.
Quelle mani strette.
E allora lo aveva preso, sperando di sentirne l’odore tra la carta, la pelle tra le lettere.
Lo aveva preso e non era svanito niente.
La porta si aprì e il profumo lo invase ancora una volta, e sorrise mentre quel corpo avanzava verso di lui, e non gli importava degli sbagli o del dolore, né di ciò che erano o non erano fuori; neppure dei sentimenti di quelli che stavano al di là di quella stanza.
Per qualche ora al giorno, quando riuscivano a rubare tempo al mondo, c’erano soltanto loro due.
Loro due e nessun altro.
Niente vincoli né fedi.
Esiste una parola per descriverti?Esisteva una parola per descriverti?
Mosse la testa verso il vetro opaco della finestra, verso quei fiori colorati che il vento dipingeva in quadri infiniti: esisteva, ne era convinto.
Esisteva fuori di lì.
«Ancora quel libro?»
«Mm.»
«Pensavo l’avessi finito tempo fa.»
«No.»
Silenzio e gocce d’acqua che cadevano.
«Sapevo che l’avresti preso.»
Piegò appena il volto, continuando a fissarlo, come curioso per quell’affermazione, ma non aggiunse nulla. Aspettò.
«Era l’unico stupido modo per dirti qualcosa. L’unico stupido modo in cui sapevo ci saremmo potuti toccare. L’u-»
«Lo so» lo fermò prima che potesse andare avanti, il suo profumo gli si stava attaccando addosso.
Esiste una parola per descriverti?