Il Calderone di Severus

La Torre Nera (serie) - Stephen King

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Ale85LeoSign
icon13  view post Posted on 8/6/2012, 08:51




Serie "La torre nera" di Stephen King:



1982 - L'ultimo cavaliere (The Dark Tower I: The Gunslinger)
1987 - La chiamata dei tre (The Dark Tower II: The Drawning of the Three)
1991 - Terre desolate (The Dark Tower III: The Waste Lands)
1997 - La sfera del buio (The Dark Tower IV: Wizard and Glass)
2003 - I lupi del Calla (The Dark Tower V: Wolves of the Calla)
2004 - La canzone di Susannah (The Dark Tower VI: Song of Susannah)
2004 - La torre nera (The Dark Tower VII: The Dark Tower)
2012 - Il vento attraverso la serratura (The Dark Tower: The Wind Through the Keyhole)

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Come già anticipato apro appositamente qui, in Letteratura Fantasy, una discussione su questa serie che, mi conosco, prima o poi riprenderò in mano.
Prima di darvi un parere sui libri che ho letto (soltanto i primi tre) vediamo un po' di trama da Wikipedia.


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La torre nera è una serie di romanzi di fantasy, fantascienza, horror e western dello scrittore americano Stephen King. La serie è stata definita il magnum opus di King - oltre ai sette romanzi che compongono la serie, molti dei suoi altri romanzi sono collegati alla storia, introducendo concetti e personaggi che entrano in azione con il progressivo andamento della serie. La serie è stata recentemente adattata per una miniserie di fumetti della Marvel supervisionata da King, scritta da Peter David e Robin Furth e illustrata da Jae Lee.

La serie si ispira ai poemi Childe Roland alla Torre Nera giunse di Robert Browning, The Waste Land di Thomas Stearns Eliot e, nella prefazione all'edizione del 2003 di The Gunslinger, King indica tra le fonti Il Signore degli Anelli e Il buono, il brutto, il cattivo.

Il personaggio principale, Roland, è l'ultimo membro vivente dell'ordine dei cavalieri conosciuti come pistoleri. Il mondo in cui vive è abbastanza differente dal nostro anche se presenta strane similitudini - organizzato politicamente secondo le linee di una società feudale, condivide caratteristiche sociali e tecnologiche con il vecchio West Americano, così come poteri e reliquie magiche appartenenti ad un'avanzata società ora scomparsa da tempo. La ricerca di Roland, la sua ragione di esistere, è trovare la Torre nera, un edificio leggendario che si dice essere il punto di snodo dell'universo. Nell'opera si dice che il mondo di Roland è "andato avanti", espressione che indica un insieme di trasformazioni e sconvolgimenti: pazze nazioni distrutte da guerre, intere città e regioni cancellate dalla faccia della terra senza lasciare traccia, e anche il sole a volte sorge a Nord e tramonta ad Est. All'inizio della serie, gli obiettivi di Roland, così come la sua età, non sono chiari, ma continuando la lettura molte cose vengono svelate.

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Vi propongo anche un'interessante Nota dell'Autore tratta dal primo romanzo della serie, in cui King spiega come è cominciata questa serie.
Da una risma di fogli di carta verdi... :D


La Torre Nera ha avuto inizio, credo, perché ereditai una risma di carta nel semestre primaverile del mio ultimo anno di università. Non fatevi subito l'idea sbagliata che fosse la solita carta giardiniera o una risma di quei «fogli di seconda» colorati che molti aspiranti scrittori usano perché la car-ta colorata di quel tipo (spesso contenente larghi grumi di legno alla deriva) costa tre o quattro dollari meno.
La risma ereditata da me era di color verde brillante, spessa quasi come cartone, e di dimensioni quanto mai eccentriche: diciotto centimetri di larghezza per qualcosa come venticinque di lunghezza, mi pare di ricordare.
All'epoca lavoravo alla Biblioteca dell'Università del Maine, dove un giorno, del tutto inaspettatamente, apparvero misteriosamente alcune risme di tal fatta e di vario colore. La mia futura consorte, Tabitha Spruce, se ne portò a casa una color uovo di pettirosso; il suo ragazzo di allora se ne por-
tò a casa un'altra color struzzo americano. A me toccò quella verde.
Destino vuole che diventassimo tutti e tre autori veri, una coincidenza quasi troppo sbalorditiva perché la si possa ritenere tale in una società dove sono letteralmente decine di migliaia (se non centinaia di migliaia) gli studenti universitari che aspirano alla professione di scrittore e dove sono solo poche centinaia a farcela. Dopo d'allora io ho pubblicato una dozzina di romanzi, mia moglie ne ha pubblicato uno (Small World) ed è impegnata nella scrittura di un secondo ancora migliore del primo e il suo ragazzo
dei tempi dell'università, David Lyons, è un riconosciuto e apprezzato poeta, nonché fondatore della Lynx Press nel Massachusetts.
Forse è successo per via della carta, ragazzi. Forse era carta magica. Sapete, come in un romanzo di Stephen King.
Non posso sperare che tutti coloro che stanno leggendo queste righe abbiano idea di quanto quei cinquecento fogli di carta ancora immacolata mi sembrassero carichi di possibilità; sono sicuro però che non uno di voi in questo momento sta annuendo in perfetta sintonia con il mio stato d'animo
di allora. Si capisce che gli autori che pubblicano hanno tutta la carta che vogliono: è il loro principale bene strumentale ed è persino deducibile dalle tasse. Possono averne in tal quantità, per dirla tutta, che quella montagna di fogli con su scritto niente riesce talvolta a esercitare un'influenza malefica, tant'è che scrittori migliori di me hanno parlato di una muta sfida lanciata da tutto quello spazio bianco e Dio sa che alcuni di loro ne sono stati tanto intimiditi da zittirsi.
L'altra faccia della medaglia, specialmente per uno scrittore giovane, è un senso di travolgente esaltazione, davanti a tutta quella carta da riempire: ci si sente come un alcolista che contempla una bottiglia di whisky ancora sigillata.
Così, una sera di quel marzo 1970, mi ritrovai seduto alla mia vecchia Underwood da ufficio, quella con la 'm' sbreccata e con la 'O' maiuscola sopra la riga, a scrivere le parole che cominciano questo racconto: L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.

***



Quel che posso dirvi dell'Ultimo Cavaliere, l'unico libro che mi ricordo un po' (a dire il vero mi ricordo un pochino anche la "Chiamata dei tre" ma molto vagamente. Terre Desolate l'ho letto, ma ricordi zero) è che è vero: è un mix tra western, fantascienza, fantasy e un pizzico di horror. Lo stile è sempre quello di King ed è bello da leggere, indubbiamente. La storia è tremendamente strana, anche se l'inizio, lo ammetto, mi aveva catturata con quest'aria western, desolata, questo personaggio che ricorda per davvero un giovane Eastwood solitario in mezzo al deserto, armato di pistole, all'inseguimento di questo uomo in nero e della Torre Nera.

Vi cito un passaggio per darvi un'idea dello stile narrativo, anche se so che serve a poco. Mi occorrerà per davvero una rilettura per darvi una recensione come si deve:

***



L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì.
Il deserto era l'apoteosi di tutti i deserti, sconfinato, vasto fino a traboccare nel cielo per enne parsec in tutte le direzioni. Bianco; accecante; arido; amorfo salvo che per l'abbozzo labile e nebuloso delle montagne all'orizzonte e l'erba canina ispiratrice di dolci sogni, incubi, morte. A indicare
la via appariva di tanto in tanto una lapide, perché un tempo la pista semicancellata scavata nella spessa crosta alcalina era stata una strada di corriere.
Da allora il mondo era andato avanti. Il mondo si era svuotato.

***



Questo modo di scrivere a me piace da matti, ma evidentemente non è bastato.
Tenete conto che è un romanzo che ho letto sempre nel periodo delle medie e mi ricordo che in casa avevamo la serie fino ai lupi del calla (sì doveva essere il 2004, quando era appena uscito quest'ultimo libro. Adesso, per la fine dell'anno, dovrebbe uscire l'ottavo libro che vi ho citato in inglese "The Wind Through the Keyhole"). Il primo libro non mi era dispiaciuto anche se a livello di trama, bisogna essere molto elastici durante la lettura.
Se qualcuno ha letto alcuni di questi libri, il suo parere è ovviamente ben accetto.
Io credo che tornerò su questa discussione quando avrò ripreso in mano almeno il primo cavaliere e gli altri tre, giusto per dare un'opinione fresca e non su strascichi zoppicanti del passato.
 
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