| Rispondo ora alle domande 3-4-6-7.
CITAZIONE 3) Come cambia la vostra personale visione di Severus, e quindi la caratterizzazione psicologica che gli conferite, a seconda del tipo di storie che scrivete su di lui?
4) Nelle storie “romantiche” è diverso da quelle in cui non è presente alcun pairing?
6) Che differenza c’è tra il Severus di un breve racconto e quello di una lunga storia a capitoli?
7) Severus è o non è, anche solo in parte, caratterialmente diverso a seconda di ciò che scrivete di lui e del tipo di personaggi con cui lo fate interagire?
Indubbiamente il mio Severus sarà più canon in storie NON romantiche, mentre ci aggiungerò del mio (anche se è poi difficile affermare che sia FUORI canon, ma sicuramente sarà AU) in storie romantiche. Così, il mio Severus delle storie NON romantiche, nell’essere più in canone con l’originale, sarà anche più duro e rigido, anche se è sicuramente più “scoperto, cioè interpretabile dal lettore rispetto all’originale della Rowling, mentre quello delle storie romantiche è innegabilmente più dolce e lascia maggiormente fluire le proprie emozioni. Ma questo avviene, però, solo in “privato”, nell’intimità dei suoi pensieri o con la persona amata, mentre in pubblico i suoi comportamenti, gesti e parole restano fedeli al Severus IC, di stampo NON romantico, e credo che di questo si possa avere una facile riprova leggendo le mie storie SALTANDO tutte le parti relative all’intimità dei pensieri/emozioni/sentimenti di Severus (come fa la Rowling) e vestendo quindi i panni degli altri personaggi della storia che, a differenza dei lettori, non hanno accesso ai suoi pensieri ma possono solo vedere l’apparenza dei suoi gesti/movimenti, ascoltare le sue parole e valutare i suoi atti/comportamenti. Quello che segue è il cap. 11 di “Ritorno alla vita”, depurato da ogni pensiero di Severus e non credo che sia difficile riconoscere qui il personaggio canon della Rowling, il Severus supposto Mangiamorte. I due ragazzi sono due suoi allievi dell'ultimo anno. Ma se leggete il capitolo integrale credo che le cose risulterebbero, diverse, molto diverse, essenzialmente diverse. Eppure, ciò che segue è ciò che ha visto Voldemort, anche se non è esattamente quello che è accaduto nell’anima di Severus.
La voce di Voldemort era gelido metallo che strideva stizzosamente nella notte silenziosa: - Ti stavo attendendo. Piton s’inchinò rispettosamente al suo cospetto, fino a baciare l’orlo della veste nera: - Ti chiedo perdono Oscuro Signore: la ferita si è rivelata più grave di quanto avevo stimato. L’avete ripreso? – chiese guardandosi intorno, irrequieto. - Non c’è traccia di Lupin. Sembra essersi volatilizzato. – rispose Voldemort seccamente. - Maledizione! Potevo estorcergli importanti informazioni! Sono certo che qualcuno, al Ministero, ha creduto alla versione di Silente e di Potter sul tuo ritorno, mio Signore. Voldemort lo fissò a lungo, intensamente, mentre il mago ne sosteneva lo sguardo con fredda sicurezza. Infine l’Oscuro disse, molto lentamente: - Lucius afferma che è impossibile. Piton inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno alla ricerca di Malfoy: - Forse… Lucius si sbaglia. – rispose altrettanto lentamente e continuando a fissare la vivida luce rossa degli occhi di Voldemort – Vuoi correre il rischio di sottovalutare quest’informazione? Voldemort continuò a scrutarlo, avvolto in un gelido silenzio. - C’è dell’altro, Oscuro Signore. Lupin ha resistito al Veritaserum, ciò che farebbe supporre che al Ministero abbiano scoperto un antidoto. Piton sollevò lentamente il mantello ed estrasse un’ampolla contenente un liquido trasparente: - Questo è un Siero della Verità, potente come e più di quello del Ministero. Lo ho distillato io, personalmente, molto tempo fa, ed ora te ne faccio dono. – disse tendendo la mano con l’ampolla verso Voldemort – A questo siero, nessuno saprà trovare rimedio. – sussurrò, mentre un perfido sorriso distendeva le sue labbra. Voldemort allungò una lunga mano sottile, diafana e rapace, ad afferrare l’ampolla. - Una goccia, una sola goccia, per quindici minuti di verità purissima. – spiegò orgoglioso. Voldemort strinse l’ampolla tra le mani, poi inclinò un poco la testa di lato, ancora ad osservare Piton. Infine avvicinò il volto a quello del mago, finché i suoi occhi sanguigni non furono che a pochi centimetri da quelli dell’altro: - Bevila! – sibilò con voce appena intelligibile, mentre i suoi occhi frugavano nella mente del mago. Piton impallidì e si ritrasse di scatto di lato, afferrò quindi il siero e ne trangugiò una goccia. Dolori lancinanti allo stomaco lo fecero ripiegare per un istante su se stesso. Poi si rialzò, sempre più pallido, a fissare nuovamente gli occhi di rubino di Voldemort, mentre gli rendeva l’ampolla. - Cos’è successo tra te e Lupin, nel passato? Piton raccontò il terribile scherzo architettato ai suoi danni da Sirius Black, quando erano ancora studenti. La spaventosa notte di luna piena in cui aveva scoperto la vera natura di Remus Lupin e si era così ritrovato davanti ad un Lupo Mannaro completamente trasformato. Raccontò il suo terrore di ragazzo, la selvaggia ferocia del Lupo, il dolore lancinante delle profonde ferite infertegli e l’intervento provvidenziale di James Potter che, sotto forma di cervo, aveva tenuto occupato il Mannaro permettendogli infine di fuggire, pur gravemente ferito, salvandogli quindi la vita. Piton ancora ansimava, mentre raccontava, gli occhi persi nei ricordi del passato. - Cos’è successo tra te e Lupin, ieri? – incalzò Voldemort. Il mago non ebbe alcun’esitazione e ripeté la stessa versione in precedenza fornita a Malfoy. Un lampo vermiglio scaturì per un istante dagli occhi di Voldemort, poi un sorriso crudele distese le sue labbra sottili, portando una parvenza di vita su quel viso cadaverico: - Non ho ancora punito quei due Mangiamorte per l’errore commesso. – sibilò piano – Vuoi che ti chieda ora, che sei sotto l’effetto del siero, quale sarebbe per te la punizione adeguata? O preferisci rispondere quando sarai libero dall’effetto del siero? Piton ridusse gli occhi ad una fessura, mentre fissava intensamente Voldemort: - E’ molto sottile questa tua domanda, Oscuro Signore. Veramente degna di te. – sussurrò piano, scandendo lentamente ogni parola – Chiedere ad un uomo, che non può mentire, se è sua intenzione mentirti quando potrà di nuovo farlo. Domandalo ora, oppure più tardi. Come tu vuoi. – disse freddamente, con lentezza - La mia risposta sarà sempre la stessa. Il gelido sorriso, sul volto di Voldemort, ora esprimeva la sua intima soddisfazione: - Sei un mago intelligente, Severus. Sempre perfettamente lucido e del tutto controllato. – asserì con un sibilo tagliente – Assolutamente imperscrutabile. - Devo intendere queste tue parole come un complimento, mio Signore, o come una minaccia? – chiese Piton piano, inarcando lievemente un sopracciglio. Voldemort ignorò deliberatamente la sua domanda e annunciò: - Non li ho ancora puniti perché volevo lasciare a te il verdetto. Gli occhi di Voldemort lo scrutavano attentamente. - C’è solo un verdetto possibile. - affermò Piton. Alzò ancora una volta gli occhi ad affrontare lo sguardo penetrante di Voldemort: - La morte è l’unica punizione. – statuì lentamente, con voce del tutto distaccata. Voldemort interruppe il contatto con i suoi occhi ed un gelido sorriso increspò le labbra esangui: - Bene, Severus! Allora divertirti e chiama gli altri. Puoi dare inizio alla Cerimonia. - No! Nessun’altra Cerimonia di Tortura e di Morte per me. Te lo dissi già molto tempo fa. – esclamò Piton con secca determinazione. - Severus! – lo richiamò Voldemort con ira. - No! – ripeté il mago, senza la minima esitazione. - Tu hai emesso il verdetto e tu lo eseguirai! - Il mio era un verdetto di morte, e quello eseguirò! – sibilò, sollevando alta la fronte, gli occhi fiammeggianti – Ma non li torturerò! Non lo farò mai più, te lo ho già detto! Ancora una volta gli occhi di Voldemort furono improvvisamente e furiosamente dentro di lui, questa volta come se volessero strappargli via l’anima per leggerla poi alla luce rosseggiante del grande fuoco che ardeva alto vicino a loro. - Dal tuo ardire, noto che l’effetto del siero è ancora attivo. - sibilò piano, senza smettere di premere rabbiosamente sulla sua anima e sulla sua mente. - Sì, ma ti rimangono solo pochi istanti. Rivolgimi ora la domanda che ti brucia, Oscuro Signore. – esclamò il mago levando fieramente il viso pallido, con i lunghi capelli corvini che ondeggiarono lievemente a quel movimento deciso - Quella domanda che da troppo tempo, ormai, intuisco nei tuoi occhi e che mi offende! - No! Non te lo chiederò. Ho tanti altri modi per avere la risposta ai miei dubbi. – spiegò Voldemort in un sibilo acuto - Ora fa di quei due ciò che vuoi. Anche se avrei preferito che tu permettessi ai tuoi compagni di divertirsi un po’. – mormorò stizzito, volgendogli le spalle – Un divertimento così raro, ultimamente! - Sono sotto l’effetto di un Siero della Verità, non sotto il tuo Imperius. – esclamò Piton – Che, tra l’altro, sai bene che non ha mai avuto effetto alcuno su di me! Voldemort si voltò per incenerirlo con la brace rovente dei suoi occhi: - Ti ho detto di fare ciò che “vuoi”! - Farò ciò che “devo”! – sibilò di rimando. Piton si diresse con passo deciso verso i due giovani Mangiamorte, che erano incatenati nell’angolo, in fondo al grande salone, ed avevano ascoltato tutta la conversazione. Si accorse subito che stavano tremando: sapevano perfettamente cosa stava per accadere loro. Leggeva chiaramente nei loro occhi il terrore muto e disperato, l’orrore delirante e paralizzante di chi sa che il suo destino è immutabilmente segnato e che nulla più potrà salvarlo. Di chi conosce l’inutilità di implorare una pietà che non può esistere. Strinse le labbra ed alzò la bacchetta su uno dei due ragazzi, gli occhi sgranati dal terrore, i riccioli castani appiccicati al viso sudato, la bocca spalancata in un agghiacciante urlo senza voce. La sua mano era perfettamente ferma, mentre puntava la bacchetta. La sua voce, gelida, dura ed inumana pronunciò senza alcun’emozione ed esitazione quelle due fatali parole: - Avada Kedavra! Il giovane dai riccioli castani crollò silenziosamente a terra, l’altro gemette sottovoce, stringendo convulsamente le mani tremanti sul mantello. Solo una frazione di secondo ed un altro lampo verde scaturì dalla sua bacchetta d’implacabile assassino, seguendo l’ordine impartito da quella sua voce, sempre più glaciale, sempre più tagliente, sempre più disumana. Il suo passo era sempre veloce e deciso mentre tornava da Voldemort e con voce gelida e indifferente pronunciò: - Il verdetto è stato eseguito. Voldemort scrutò con attenzione il suo viso pallido e senza espressione, la sua mano che riponeva con cura la bacchetta all’interno del mantello, i suoi occhi privi d’alcuna luce, le sue labbra sottili fermamente serrate. - Vedi, Severus, avevo ragione io. Quella domanda era inutile. Non ha importanza sapere se tu mi hai tradito. – sussurrò piano, avvicinandosi a lui – L’istinto dell’assassino è radicato troppo profondamente in te: tu sei un mio Mangiamorte fino al midollo, Severus. Che tu lo voglia oppure no, lo sei e sempre lo sarai. Non potrai mai sottrarti a te stesso, mai. E non potrai neppure mai sottrarti a me! Ora Voldemort aveva accostato le lunghe e sottili mani al suo viso e le stava facendo scorrere leggere sulle guance, quasi a volere provare con quel gesto la potestà sull’altro: - Ho visto scagliare quella maledizione migliaia di volte, Severus. Chi tremava, chi sudava, chi doveva forzare se stesso, chi temeva, chi piangeva, chi all’ultimo istante rinunciava. Chi godeva, chi fremeva, chi rideva, chi si eccitava, chi la pregustava leccandosi le labbra, chi derideva, chi insultava la sua vittima. Il volto diafano di Voldemort era assolutamente impassibile e la sua voce acuta e metallica non tradiva alcuna emozione. Le sue braccia ora pendevano immobili lungo i fianchi. - Ma non ho mai visto nessuno come te. Nessuno è mai stato così freddo, così distaccato, così insensibile ed inumano. Così indifferente ed impassibile. Solo io, Severus. Solo io. E tu sei esattamente come me, anche se cerchi di negarlo a te stesso. Severus Piton guardò Voldemort dritto negli occhi. Un lungo, interminabile e profondo sguardo. Senza paura, senza sollievo, senza alcuna emozione. - Io non sono come te, Oscuro Signore: nessuno può esserlo. Ed io, certo, non avrei l’ardire di volermi considerare tuo pari! – disse freddamente Piton, mentre si piegava fino a terra, in un sottomesso inchino. Prima ancora di essersi rialzato del tutto si era già smaterializzato.
Il mio Severus delle storie romantiche è, essenzialmente, un personaggio che, grazie all’amore e all’interscambio a livello profondo con un altro essere umano, è in grado di cambiare e di evolversi con il tempo e con le esperienze, mentre il Severus delle storie senza pairing , che appare indubbiamente più canon, rimane anche immutabilmente uguale a se stesso (una volta che la sua caratterizzazione, nella mia personale reinterpretazione, ha raggiunto il punto finale d’arrivo, cosa che si è verificata all’inizio del 2004), in un certo senso inchiodato, per così dire, in quel rigido canone di pensieri in cui la Rowling l’ha per sempre congelato nei suoi libri (ad esempio le tristissime Severus/Lily che, a priori, non possono avere alcun tipo di evoluzione).
Dalla differenza, sopra esposta, nella capacità evolutiva del personaggio delle storie romantiche rispetto a quelle senza pairing, deriva anche l’ovvia conseguenza che le storie senza pairing sono per lo più brevi one-shot che fotografano un istante della sua vita, in sé immutabile, mentre le storie romantiche si sviluppano in più capitoli, proprio per dare agio a Severus di rispondere alle interazioni cin gli altri personaggi e, conseguentemente, di evolversi modificandosi nel corso della storia che, proprio per questo, deve per forza essere lunga per dare credibilità e spazio ai cambiamenti della sua caratterizzazione psicologica che, certo, non possono accadere in un sol giorno!
Edited by Ida59 - 12/6/2015, 10:10
|