CITAZIONE (Severus Ikari @ 29/1/2010, 22:32)
<i>Per alcuni versi mi ricorda Severus perchè anche il protagonista come lui deve andare in scena, indossare la maschera di clown, ridere a dispetto dell'anima che invece piange e soffre.
Un po' come Severus, che indossa la sua maschera e interpreta da anni la sua finzione, uomo arcigno, cupo, senza emozioni, quando la sua anima è lacerata da mille sofferenze, rimorsi e amore non corrisposto.
E' un paragone azzardato, ma ci sta, che dite?
Comunque, questo è il testo
Ci sta... ci sta! Perfettamente! Non ci avevo mai pensato prima, ma ora che mi ci fai riflettere mi chiedo come non ho mai potuto pensarci.
Io propongo un ascolto che invece con Severus non ha nulla a che fare (in realtà ho in mente da stamane un brano che fa sempre venire in mente Severus, ma non ho ancora trovato un'esecuzione come piace a me), anzi forse è un personaggio operistico che è proprio l'esatto contrario di Severus, in quanto mostra in maniera evidentissima le proprie emozioni. Anzi è forse uno dei personaggi maschili di tutta la storia del melodramma che più mette in evidenza quello che prova nel profondo del suo animo. E' un brano che personalmente adoro e che ultimamente ho sempre nelle orecchie, quindi alla fine era inevitabile che finissi per mettere proprio questo, tra gli svariati brani d'opera che amo e che ascolto piuttosto di sovente.
Si tratta di uno dei tanti asoli di Werther, dall'opera omonima di Massenet, non il più celebre (Pourquoi me reveillez), ma uno tratto dall'atto II, in cui, nel particolare il protagonista riflette sulla morte e sul suicidio, dopo che Charlotte gli ha chiesto di andarsene fino a Natale. Trovo i versi veramente stupendi e di una profondità che mi stupsice ogni volta.
Propongo l'interpretazione di Giuseppe Filianoti che ho avuto il piacere di ascoltare due volte in Werther. (l'ascolto del brano in questione inizia al minuto 5:40 del video proposto sotto, che include anche il duetto precedente tra Charlotte e Werther, in cui lei chiede al giovane di andarsene da Wetzlar fino a Natale).
Oui! Ce qu'elle m'ordonne...
pour son repos... je le farai!
Et si la force m'abbandonne...
Ah! C'est moi pour toujours qui me reposerai!
Pourquoi trembler devant la mort?
Devant la notre?
On lève le rideau...
puis on passe de l'autre coté.
Voilà ce qu'on nomme mourir!
Offensons-nous le ciel en cessant de souffrir?
Lorsque l'enfant revient d'un voyage, avant l'heure,
bien loin de lui garder quelque ressentiment,
au seul bruit de ses pas tressaille la demeure
et le père joyeux l'embrasse longuement!
O Dieu! Qui m'a créé, serais-tu moins clément?
Non, tu ne saurais pas, dérobé sous tes voiles,
rejeter dan la nuit ton fils infortuné!
ton fils!
Devinant ton suorire au travers des étoiles
il reviendrait vers toi d'avance pardonné!
Père! Père! Père, que je ne connais pas,
en qui pourtant j'ai foi, parle à mon coeur, appelle-moi!
Appelle-moi!
Appelle-moi!
(traduzione: Sì! Quello che mi ordina...
per la sua pace... lo farò!
E se la forza mi abbandona...
Ah! Sono io che per sempre riposerò!
Perché tremare davanti alla morte?
Davanti alla nostra?
Si alza il sipario...
poi si passa dall'altro lato.
Ecco, quello che dicono morire!
Offendiamo il cielo cessando di soffrire?
Quando il bamibno ritorna da un viaggio, prima del tempo
ben lontano di portargli un qualche rinsentimento,
al solo rumore dei suoi passi trasalisce la dimora
e il padre felice lo abbraccia a lungo!
O Dio! Che mi hai creato, sarai tu meno clemente?
No, tu non sarai, nascosto sotto i tuoi veli,
respingere nella notte il figlio infelice!
Tuo figlio!
Indovinando il tuo sorriso attraverso le stelle
egli ritornerà verso di te, perdonato in anticipo!
Padre! Padre! Padre, che non conosco,
ma in cui ho comunque fede, parla al mio cuore, chiamami,
Chiamami!
Chiamami!)