Il Calderone di Severus

Ida59 - Il luogo dei sogni - Raccolta "Il Tempio", Genere: Introspettivo - Altro Genere: Fantasy, sentimentale, drammatico Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Nessuno - Personaggi: I personaggi originali delle Vestali del Tempio

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view post Posted on 5/5/2017, 21:22
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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Il luogo dei sogni

 
 
Titolo: Il luogo dei sogni
Autore/data: Ida59 – 3-16 marzo 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: storia a capitoli
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, sentimentale, fantasy, drammatico.
Personaggi: Severus e diversi Personaggi originali (Vestali del Tempio)
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Ecco come e perché è nato il luogo in cui vivono i nostri sogni, alimentati dall’amore per Severus.
Parole/pagine: 15.245 / 38
Nota: Storia scritta per l’iniziativa “Il Sensuale Tempio dei Bottoncini che Tirano” nell’ambito della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.
Il personaggio da me interpretato è Ilya, la Vestale Maxima.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, ove presente, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 

Appartiene alla raccolta "Il Tempio" composta da seguenti storie, poesie, haiku e tanka per celebrare il Sensuale Signore del Tempio dei Bottoncini che Tirano.


- Perle nere - Poesie
- Alba radiosa - Poesia
- Colori nel sole - Poesia
- Le ali del sorriso - Poesia
- Sogno reale - Poesie
- Tanka del Tempio - Poesia
1 - Il luogo dei sogni - storie a capitoli (no pairing - personaggi originali)
2 - Non sei sola - storie a capitoli (no pairing - personaggi originali)


 
 

Il luogo dei sogni

1. Risveglio
2. Realtà
3. Rivelazioni
4. Domande
5. Amore
6. Ricordi

7. Ilya
8. Il Tempio
9. Le Vestali
10. Occhi neri




 
 
 


 

Il luogo dei sogni
 
 

1.   Risveglio

 
 
Severus Piton aprì gli occhi.
Era immerso in un riposante silenzio, l’aria fresca che gli carezzava il viso.
La gola non gli faceva più male; non bruciava ad ogni respiro, non c’era più alcun lacerante dolore quando deglutiva. Semplicemente, era come se Nagini non lo avesse mai azzannato strappandogli la vita a morsi crudeli.
Tastò piano il collo con le dita sottili; no, non aveva sognato: sotto la seta nera della sciarpa, una cicatrice, seppur lievissima, c’era, proprio là dove le zanne dell’orrido serpente l’avevano martoriato. Nemmeno tutto il dittamo del paiolo di Merlino, però, avrebbe potuto ridurre in quel modo la cicatrice dello squarcio che Nagini gli aveva inflitto: il segno appena accennato che sentiva sotto la punta delle dita sembrava quasi il ricordo della cicatrice che avrebbe dovuto esserci, come se fosse passata un’intera vita, come se quella fosse quasi una vita diversa…
Il mago sospirò piano socchiudendo per un breve istante gli occhi neri.
Era disteso su un comodo ed ampio giaciglio in un luogo semi aperto: sentiva l’aria fresca alitargli piano sul viso anche se vecchie pareti di pietra chiara lo circondavano. Si sollevò un poco sui gomiti, senza alcuna fatica; l’ampia stanza in cui si trovava era chiusa solo per tre lati: nel quarto vi era un’ampia apertura e all’ondeggiare della tenda bianca, di lino leggero, in parte tirata, intravvedeva alte colonne di pietra della stessa calda tonalità dei muri ed altri veli chiari e semi-trasparenti fluttuavre nella brezza che odorava di mare.
Vi erano pochi mobili, intorno a lui: solo due poltroncine dalla morbida imbottitura color panna ed un piccolo tavolino rotondo con una brocca d’acqua, un bicchiere ed un melograno aperto, alcuni chicchi rossi disposti con uno motivo runico su un piattino; vi era anche un cassettone col piano ricoperto da un lungo, candido cuscino ed un piccolo armadio; tutto era in legno chiaro e richiamava il colore accogliente della pietra levigata delle pareti e del pavimento.
Si rese conto di stare perfettamente bene e di non avere né fame né sete.
Si sollevò a sedere: era vestito di tutto punto, il lungo mantello ripiegato con cura su un seggiolino ai piedi del letto, macchia nera che contrastava col candore delle lenzuola e con la tonalità calda della pietra e del legno.
Sul tavolino vide una piccola coppa; si allungò per vedere meglio: conteneva piccoli cristalli semi grezzi. Il mago non si considerava certo un esperto in materia, ma conosceva piuttosto bene l’antico potere delle pietre: lo aveva studiato a fondo perché spesso le loro polveri entravano nella composizione delle pozioni che distillava e nelle lunghe sere trascorse da solo nel suo sotterraneo aveva letto molti libri sulle loro qualità magiche. Dal colore e dalla forma gli parve di individuare frammenti di smeraldo, topazio, opale. Con maggiore sicurezza individuò un grosso cristallo di kunzite dall’intensa e lucente tonalità rosa orchidea. Piena certezza ebbe per il cristallo di quarzo rosa, che troneggiava nella composizione, più grande di tutti gli altri messi insieme. Rimase perplesso dallo strano accostamento di gemme, tra l’altro anche preziose. Socchiuse gli occhi concentrandosi, cercando di ricordare il significato di quei cristalli: era certo che vi fosse un denominatore comune.
All’improvviso il nesso gli apparve chiaro nella mente: l’amore! [1]
Sollevò stupito un sopracciglio: chi mai si era preso la briga di comporre quella pregiata unione di gemme grezze? Tra i cristalli magici, il quarzo rosa era per definizione quello dell’amore, dell’amore vero e profondo. Si diceva che il suo potere sapeva penetrare nel cuore, a lenire il dolore di antichi traumi, a portare il perdono, a curare e a guarire. La kunzite, invece, era reputata in grado di spezzare qualsiasi blocco emotivo nell’area del cuore. I maghi che conoscevano davvero l’antica magia delle pietre affermavano di poter vedere e guarire anche le più profonde e dolorose emozioni delle ferite del cuore.
Severus scosse la testa, turbato.
Le altre gemme preziose, invece, semplicemente simboleggiavano l’amore: l’amore eterno risplendeva nei bagliori dell’iride all’interno dell’opale “nobile”; l’amore fedele risiedeva nel verde intenso del fragile smeraldo; l’amore ardente bruciava nell’oro splendente del topazio.
Scosse di nuovo il capo davanti a quello strano enigma e si alzò dal letto: i piedi nudi assorbirono con piacere il tepore del liscio pavimento di pietra. Indossava qualcosa di molto simile al suo consueto abito nero, ma la stoffa era molto più leggera, simile a seta sottile che fasciava il suo petto, la lunga fila di bottoncini perfettamente allineata.
Ai piedi del letto, di fianco al mantello, c’era anche la sua bacchetta, nera e sottile: tese le dita ed il legno magico, obbediente al suo silenzioso comando, gli volò nella mano; raccolse il mantello e con un gesto elegante se lo pose sulle spalle. Si guardò intorno, controllò anche sotto il letto, ma le scarpe proprio non c’erano.
Sotto il giaciglio, però, c’erano due basse ciotole che contenevano altre pietre; le appellò per osservarle meglio: fluttuarono nell’aria seguendo obbedienti la punta della bacchetta e si posarono sulle candide lenzuola.  Severus si inginocchiò per un esame approfondito; questa volta non ebbe difficoltà a riconoscerle: erano tutte pietre magiche dai riconosciuti poteri curativi ed energizzanti. La ciotola più piccola conteneva cristalli di crisocolla verde-azzurra e di agata blu, ottimi per ridurre e controllare gli stati febbrili. La ciotola grande conteneva raffinati cristalli di granato rosso e di corniola di un bel rosso-arancio, prismi di ametista viola scuro, di azzurrite dall’intensa tonalità indaco dell’imbrunire e di trasparente cristallo di rocca, alcune lucenti sferetta di pirite e un ciottolo ben levigato di diaspro sanguigno con evidenti inclusioni rosse.
Erano tutte potenti pietre magiche legate al sangue.
La mano del mago corse di nuovo alla gola in un gesto quasi del tutto inconscio.
Qualcuno lo aveva curato con quei cristalli, cercando di rigenerare la gran quantità di sangue che aveva perso nella Stamberga Strillante, purificandolo dal veleno di Nagini e poi ossigenando, rafforzando e stabilizzando la sua circolazione sanguigna. Doveva essere stato un lavoro lungo e complesso che aveva richiesto molte energie magiche. Probabilmente era stato curato da un vecchio stregone molto potente, conoscitore dell’antica magia delle pietre.
Per un istante nella sua mente apparve l’immagine sorridente di Silente, gli occhi azzurri luminosi e sereni dietro le piccole lenti a mezzaluna. Severus sospirò appena, con rimpianto: chissà, magari Albus conosceva qualche decrepito druido sopravvissuto al tempo
Stava per rialzarsi, quando un lieve rigonfiamento a lato della federa del cuscino attrasse la sua attenzione. Qualcosa era nascosto nel bordo, cucito con lunghe gugliate di uno scuro filo sottile. Il mago si avvicinò di più e sgranò gli occhi per lo stupore: non era un filo, era un lungo capello castano intriso di una gradevole essenza di caprifoglio! Con delicatezza, per non spezzarlo, divaricò i bordi e vide le rune incise su levigate piastrelle di onice marrone. Riconobbe subito i simboli, senza alcuna fatica: era un potente ed antico incantesimo druidico di guarigione e di rigenerazione fuso con uno di protezione.[2]
Severus si rialzò, sempre più stupito dalla misteriosa presenza che lo aveva curato: e se fosse stata una donna?
Uscì con circospezione dalla stanza, quasi senza neppure sfiorare il lino trasparente della candida tenda.
La bacchetta era pronta nella sua mano, ma il mago aveva la sensazione che nessun pericolo si aggirasse tra quelle vecchie mura che odoravano di mare e di sole, anche se, sotto a tutto, distingueva anche un sentore intenso di molte erbe diverse, l’amaro della polvere estratta dalla corteccia di salice[3] a prevalere su tutte: era sicuro che da qualche parte, lì vicino, nei giorni passati molti calderoni fossero stati a lungo all’opera anche se ora non ve n’era più alcuna traccia.
Il silenzio che lo circondava, trasportato dalla brezza tiepida, aveva in sé qualcosa di magico, di insolitamente incantato: risuonava di tranquilla serenità mentre l’aria vibrava di magia potente.
Riportò la mano al collo ed allentò la sottile sciarpa di seta nera, quasi a controllare che il lieve segno della cicatrice fosse ancora lì: no, non stava sognando, nonostante quella strana sensazione che lo circondava, quasi piacevole, di pace e serenità..
Percorse piano l’ampio colonnato di quello che gli parve un vecchio tempio greco; in fondo, seminascosto dalle colonne, gli parve di intravvedere anche la parete circolare del tempio più interno, quello cui solo i sacerdoti potevano accedere. O le sacerdotesse. Severus sollevò stupito un sopracciglio: non sapeva bene il perché, ma quel luogo aveva un sentore di femminea dolcezza. Forse era solo l’organza leggera dei teli, dai colori delicati, che danzavano leggiadri tra le colonne accompagnati dalla brezza marina. O forse erano tutte quelle pietre legate all’amore che aveva trovato nella coppa sul tavolino. O il lungo capello che tratteneva le rune…
Si diresse a est, verso l’ampia uscita del tempio illuminata dal sole, il lungo mantello nero che accarezzava piano la pietra tiepida e levigata del pavimento.
Proseguì lento fino a stagliarsi sulla soglia, elegante figura, densa d’oscurità, avvolta dai raggi vividi del mattino inoltrato.






2.   Realtà

 
 
Severus rimase un attimo immobile sulla soglia, quasi abbagliato dalla luce che lo avvolgeva, poi respirò a fondo il profumo del sole e del mare.
Nel respirare percepì qualcosa all’altezza del cuore, tra le piccole pieghe dell’abito che si erano formate sul suo petto: tastò con la mano e individuò una minuscola taschina la cui apertura era stata accuratamente cucita con un capello simile a quello che tratteneva le rune sul bordo della federa del cuscino; con un veloce incantesimo a fior di labbra superò la fragile barriera e con le dita estrasse due piccoli cristalli, dei sottili prisma di trasparente quarzo rosa e di lucente kunzite dall’intensa colorazione rosa.
Rimase ad osservarli a lungo, rigirandoli fra i polpastrelli, sempre più sconcertato: qualcuno aveva voluto posarli proprio lì, sul suo cuore. Qualcuno che probabilmente ne conosceva in modo preciso il potere.[4] Era piuttosto turbato e si chiese con timore se quel mago, o forse era meglio dire quella strega, conoscesse anche i segreti del suo cuore. Infine rimise a posto i cristalli sigillando la taschina con la magia.
Severus scese piano i pochi gradini che immettevano in un largo spiazzo erboso disseminato di sedili di marmo bianco ricoperti da morbidi cuscini color panna; percorse altri passi volutamente lenti, l’erba soffice che gli carezzava le piante nude dei piedi, ed infine si girò: sì, alle sue spalle si ergeva un tempio di fattura greca, perfettamente conservato, l’arioso porticato delimitato da una doppia fila di colonne, in marmo chiaro quelle esterne.
Il volto pallido del mago, incorniciato dai lunghi capelli corvini, denotava intenso stupore, i profondi occhi neri spalancati su tutta quella luce.
Tornò a guardarsi intorno.
Il tempio si ergeva sull’altura di una piccola isola boscosa. Dietro alle colonne, in fondo sulla destra, un cancello senza alcun recinto immetteva in quello che doveva essere il giardino del tempio, dove erano coltivate con cura piante officinali e curative: a intervalli, quando il vento cambiava direzione, il suo naso dall’odorato ben addestrato individuava senza alcuna fatica il loro profumo. Il mago annusò l’aria: in quell’istante era il sentore della malva e della lavanda a prevalere su tutto, ma in precedenza aveva distinto anche l’achillea febbrifuga e cicatrizzante e l’acanto protettore dei luoghi sacri; e aveva colto anche il profumo intenso del gelsomino, notturno fiore dell’amore.
Spaziò in ogni direzione con lo sguardo nero scintillante nel sole: intorno e sotto di sé distingueva solo il verde scuro delle fronde degli alberi che brillavano al sole mescolandosi con l’argento delle foglie degli ulivi.
Come immensi stendardi verdi e argento, i colori della Casa di Serpeverde lo accoglievano circondandolo protettivi. Tutto intorno c’era solo l’immensità del mare e del cielo che separavano quella strana isola incantata dal mondo.
Ridusse gli occhi ad una scura per guardare più distante, la mano a proteggerlo dal riverbero del sole che brillava alto nel cielo: in lontananza, sull’orizzonte tutto intorno all’isola, distingueva una bruma leggera, dove i confini del mondo, o della realtà, sembravano sfumare nel nulla.
Di nuovo il mago portò la mano alla gola, cercando il contatto con una concretezza che sembrava sfuggirgli dalle dita, gli occhi neri immersi in una luce intensa che, però, non lo infastidiva.
Severus tornò di nuovo verso il tempio e si sedette sulla pietra tiepida dei gradini cercando la riposante ombra delle colonne, circondato dalla brezza silenziosa che odorava di mare e di pace. Si appoggiò con le spalle al marmo fresco del basamento del pilastro esterno e chiuse gli occhi.
Voleva pensare, concentrarsi: doveva capire cosa gli stava accadendo.
Cosa diavolo ci faceva lì, incredibilmente vivo, in quell’improbabile isola incastonata come in un sogno nel mare blu cobalto, seduto sui gradini di un tempio greco così perfetto da sembrare sorto per magia?
Perché non era invece immerso nell’odore acre del suo stesso sangue, definitivamente morto, sul pavimento polveroso della Stamberga Strillante?
Eppure… ricordava fin troppo bene il lacerante dolore delle zanne di Nagini che gli straziavano la gola. Con fatica trattenne la mano: sapeva che sotto la sottile sciarpa di seta nera c’era la cicatrice, ma era troppo piccola e leggera per essere il risultato di quel letale attacco.
All’improvviso, una musica dolcissima riempì l’aria e il mago spalancò gli occhi: Fanny!
Balzò in piedi e cercò la fenice con lo sguardo, gli occhi neri puntati verso il bosco a nord illuminato dal sole alle sue spalle, immenso stendardo verde e argento che ondeggiava sinuoso sotto la brezza marina. Continuava a sentire l’armoniosa melodia di Fanny, ma non riusciva in alcun modo a scorgerla.
Fu un lampo velocissimo e la sua mente lo riportò indietro, avvolto dal buio della sua cecità ed immerso nella sofferenza rovente dello squarcio alla gola: era lo stesso dolce canto che vibrava dentro di lui, che gli rendeva la vita strappata dai crudeli morsi, che leniva con fresche lacrime ogni bruciante dolore. Non aveva visto Fanny, quella notte nella Stamberga Strillante, gli occhi neri spalancati nel nulla dell’esistenza che sempre più scivolava via ad ogni goccia di sangue perduta; non l’aveva vista ma aveva udito il melodioso canto e percepito le lacrime scendere sul collo come incantato balsamo a lenire ogni sua sofferenza.
Si appoggiò con le spalle alla colonna, abbandonando all’indietro il capo, e deglutì il ricordo, chiedendosi se le fatate lacrime di fenice avrebbero potuto davvero salvarlo dal veleno di Nagini e rimarginare la profonda ferita lasciando solo la lieve cicatrice che aveva appena scoperto di avere.
Sospirando, volse di nuovo lo sguardo verso il bosco verde e argento, dove la musica continuava a risuonare melodiosa, il blu cobalto del mare scintillante nel sole come sfondo perfetto a tutto quell’inverosimile incanto.
Sì, il mago sapeva che le fatate lacrime di felice avrebbero potuto compiere quella potente magia, ma Fanny doveva aver pianto a lungo sul suo corpo quasi senza vita per riuscire a salvarlo. Perché lo aveva fatto? Chi l’aveva inviata? Silente era…
Severus chiuse gli occhi mentre un leggero tremito percorreva il suo corpo al ricordo del caro amico che non c’era più, che lui stesso aveva dovuto uccidere.
Un nuovo, lungo sospiro colmo di dolorosa amarezza aleggiò sulle labbra sottili del mago: sapeva bene quale forte vincolo aveva unito Albus alla sua fenice quando era in vita, ma poteva quel legame essere sopravvissuto alla sua morte?
A quanto pareva, la risposta a quella domanda era positiva. Fanny era intervenuta in suo aiuto, anche se lui non lo aveva chiesto; ma il mago sapeva bene d’essere sempre stato fedele a Silente: gli aveva dimostrato la sua più totale lealtà proprio obbedendo al suo ultimo e tremendo ordine. E gli era sempre rimasto fedele anche dopo averlo ucciso, continuando a compiere il proprio dovere in quell’orrenda recita che lo vedeva preside dei Mangiamorte, traditore ed assassino del suo unico amico, dell’uomo cui aveva imparato a volere bene come al padre che mai aveva realmente avuto.
Severus conosceva bene le parole di Albus e le sue promesse; gli pareva quasi di sentire ancora la sua voce pacata nelle orecchie: “Io avrò veramente lasciato la scuola soltanto quando non ci sarà più nessuno che mi sia fedele… AHogwarts chi chiede aiuto lo trova sempre “[5]
Silente non aveva mai lasciato Hogwarts: troppe erano le persone disposte a mostrargli la loro lealtà fino alla morte! Ed una di quelle persone era stato proprio lui, Severus Piton, l’uomo che l’aveva ucciso ma che si era lasciato uccidere dall’Oscuro Signore senza pronunciare le parole che avrebbero potuto facilmente salvarlo, senza rivelare il segreto della Bacchetta di Sambuco, salvando così la vita a Draco e perdendo la propria, lasciando però al giovane Potter quel piccolo vantaggio che, forse, poteva permettergli di vincere.
In fin dei conti, era del tutto conscio d’aver compiuto la stessa scelta che Lily aveva operato tanti anni prima: aveva semplicemente deciso di morire per dare al ragazzo, al figlio che non era suo, la possibilità di sopravvivere. Chissà cos’era accaduto, poi, se Harry era riuscito a sconfiggere ancora una volta il Signore Oscuro, se il suo sacrificio non era stato vano…
Le ultime note dell’armonioso canto di Fanny si persero nell’aria tiepida colma di sole ricordandogli che, in effetti, era ancora vivo, o così almeno gli pareva, anche se non era proprio certo di trovarsi davvero nel mondo reale.
Il mago volse di nuovo lo sguardo verso la perfezione del tempio, poi lo allargò all’incanto dei boschi verdi e argento fino ad abbracciare l’abbagliante blu del mare che si perdeva nella bruma indefinita all’orizzonte: scosse piano il capo sollevando scettico un sopracciglio, quindi tornò a sedersi sui gradini, all’ombra della prima colonna esterna, e chiuse gli occhi concentrandosi, cercando di ricordare cos’era accaduto dopo il salvataggio da parte di Fanny.
Ricordò che il canto della fenice era terminato in una lunga nota acuta, intensa e struggente, e lui era rimasto di nuovo solo, nel buio silenzioso che lo avvolgeva. Cercò di sforzarsi, di ricordarsi chi l’avesse portato fuori dalla Stamberga Strillante, e poi curato, accudito, guarito del tutto ed infine trasportato lì, in quel luogo che ad ogni passo vibrava di magia, una magia potente che il mago non riusciva ad individuare, a riconoscere.
In quel luogo dove, nel luminoso silenzio, risuonava la pace.
Tornò al buio privo di rumori dei suoi ricordi, che si protraeva tetro e cupo, colmo di disperazione, privo della luce verde di quelle iridi in cui aveva creduto di spegnere per sempre il nero stanco e profondo dei propri occhi.
Poi, all’improvviso, colse le voci.
Dapprima solo una, sempre la stessa, decisa e determinata, ma anche commossa e venata di emozione intensa, un turbamento di cui Severus non riusciva a comprendere il significato.
Poi tante altre voci, vicine e lontane, colme della stessa, incomprensibile emozione della prima.
Voci di donna.
Di nuovo la prima voce: pronunciava parole d’amore e lo chiamava, insistente, forse spaventata; non voleva che morisse e ripeteva il suo nome, ancora ed ancora, con amore, con intensità, con infinita dolcezza, come nessun altro, mai, lo aveva pronunciato.
E poi le altre voci femminili, ancora, lo chiamavano accorate e turbate: tutte ripetevano con dolce ostinazione che doveva vivere, che anche lui aveva diritto ad essere amato, ad essere felice… E il suo austero nome risuonava come una dolce melodia d’amore sulle loro labbra.
Il mago spalancò gli occhi neri, confuso dalla forza del ricordo, dall’intensità delle voci che echeggiavano nella sua mente.
In quell’esatto momento, Severus si accorse che le voci non erano più solo nei suoi ricordi.

 




3.   Rivelazioni

 
 
Severus si rizzò velocemente in piedi girandosi verso il bosco a sud, il sole ad illuminargli gli occhi neri ed il lungo mantello che ondeggiava mollemente nella tiepida brezza.
Udiva voci, allegre risate e scalpiccio di corse tra gli alberi. Alcune donne apparvero presto dal folto del bosco, ridenti e spensierate, seguite più indietro da un gruppo più numeroso: indossavano abiti leggeri, a più veli sovrapposti di colori sgargianti, che ondeggiavano nell’aria per la corsa. Il rosso, intenso e brillante, distingueva la prima donna dai lunghi capelli castani, seguito dal tenue verde acqua, frammisto a bagliori di smeraldo, della seconda; poi spiccava il blu cobalto di una donna più piccola, quasi trascinata per la mano dall’entusiasmo di un’altra abbigliata in veli di cupo amaranto. A lato un’altra donna, alta e dalla corporatura robusta, avanzava incerta con una semplice tunica blu notte, mentre, quasi nascosta dietro un albero, perfettamente mimetizzata dai veli verde cupo e marrone, ve n’era un’altra. Dietro di loro, il gruppo s’ingrossava: veli gialli s’intrecciavano al porpora, verde scuro con l’azzurro chiaro, arancio frammisto al bianco, ed poi oro, rosso, indaco, argento, blu, panna, rosa di tutte le tonalità, dal più chiaro al viola, passando per il lilla: tutte le sfumature dell’iride coloravano il prato che dal bosco conduceva al tempio, dove il mago, macchia nera tra tutti quei colori, si ergeva elegante illuminato dal sole del mezzogiorno incombente.
La donna che guidava il gruppo, passionale rosso che spiccava sul verde dell’erba, si bloccò non appena lo vide, il sorriso felice sul volto accaldato dalla corsa. Quasi fosse un comando silenzioso, anche le altre donne si immobilizzarono e risa e chiacchiericcio cessarono all’istante, il sorriso a rallegrare i loro volti, gli sguardi luminosi fissi sull’oscurità stupita del mago che non poté altro che credere d’essere nel bel mezzo di un impossibile sogno.
La donna il cui improvviso arresto aveva bloccato il gruppo, abbigliata d’antichi veli tinti di rosso vermiglio che svolazzavano leggeri nell’aria, riprese ad avanzare tranquilla, i lunghi capelli castani che sprigionavano riflessi ramati sotto il sole e un sorriso felice, che al mago parve quasi estasiato, adagiato sulla piccola bocca ben disegnata.
Lo fissava, guardava proprio lui, e si avvicinava sorridendogli.
La mano del mago tastò di nuovo la sottile cicatrice; nonostante i suoi ricordi nella Stamberga Strillante, nonostante le lacrime fatate di Fanny, quello poteva essere solo un sogno: nessuna donna gli aveva mai sorriso così, con quel sorriso colmo d’amore che mille volte aveva desiderato vedere sulle labbra di Lily, quel sorriso che brillava silenzioso sul volto della donna dai veli rossi, ma anche sul volto di tutte le altre donne.
Sì, un sogno, poteva essere solo un sogno!
- Benvenuto, Severus!
La voce, venata di grande emozione, si era fatta dolcissima quando aveva pronunciato il suo rigoroso nome, riuscendo a renderlo dolce come mai lo aveva sentito pronunciare.
No, non era vero.
Altre voci di donna avevano pronunciato il suo nome con altrettanta dolcezza… e amore! Erano le voci che risuonavano nei ricordi della sua mente, quando Fanny l’aveva lasciato solo, armoniose quasi quanto il canto della fenice.
La donna avanzò ancora, seguita alla spicciolata anche dalle altre, variopinti colori che riempivano il prato: ormai era solo a pochi passi dal mago.
- Sono felice… siamo tutte felici, - disse, allargando il braccio e indicando anche le altre, - che tu abbia infine deciso di risvegliarti…
C’era qualcosa di non detto nelle parole della donna, qualcosa di importante lasciato in sospeso, avvolto nel mistero che la sua memoria non riusciva a penetrare.
- … e di accogliere il mio invito. Il nostro invito.
La donna lo guardava fisso, sorridendo al suo evidente stupore di trovarsi in quello strano luogo.
I ricordi del mago erano confusi, popolati solo da dolci voci femminili e dall’emozione d’amore che gli trasmettevano con grande intensità. Amore… per lui, per un assassino. In quale sogno, mai, poteva accadere una cosa simile?
- Non ricordi nulla, Severus?
Il sorriso persisteva sul volto della donna abbigliata con una raffinata tunica di impalpabili veli rosso vermiglio sovrapposti, fermata in vita da un’alta cintura sempre rossa, in parte simile ad un chitone greco e perfettamente in tema col tempio sui cui gradini si trovavano. I capelli castani scendevano inanellati in lunghi riccioli morbidi sulle spalle e sul petto e il sole vi traeva riflessi ramati. Anche le altre donne si erano ormai avvicinate, anch’esse vestite in modo simile all’antica moda greca, ognuna con una tunica a veli leggeri  e sovrapposti dello stesso colore o di tonalità similari, alcune anche con corte mantelline svolazzanti in colori a volte contrastanti all’abito. Erano di tutte le età, ragazzine e donne mature, di statura e corporatura completamente diverse tra loro.
Ma tutte lo guardavano sorridenti, con amore, quasi adoranti.
Il mago, in tremendo imbarazzo in quel consesso esclusivamente femminile, non ricordava nulla. Nei suoi ricordi aleggiavano solo voci, voci di donna. Voci colme d’amore. Voci adoranti che lo chiamavano, che gli indicavano la strada, che lo imploravano di scegliere di vivere.
Un sogno, solo un sogno assolutamente folle, non poteva esserci altra spiegazione per Severus che, gli occhi neri sgranati, fissava le donne quasi senza respirare.
- No, non ricordi proprio nulla… - sospirò la donna in rosso scrollando rassegnata il capo e inclinandolo un poco da un lato, permettendo così al sole di illuminarle gli occhi verdi screziati d’ambra.
- Era la notte della battaglia di Hogwarts, pochi instanti dopo la concessione della tregua di un’ora da parte di Voldemort. - cominciò a raccontare con voce sicura. - Come molti altri, da Hogsmeade stavo recandomi al castello, per aiutare a difenderlo dall’ultimo attacco. All’improvviso, un lampo vermiglio ha squarciato la notte davanti ai miei occhi, svanendo dentro la Stamberga Strillante dopo aver divelto le assi che chiudevano una finestra.
Il mago sapeva bene di quale particolare momento si trattava.
- Mentre mi inerpicavo per la strada, ho udito una musica bellissima levarsi dalla catapecchia e ho intuito che si trattava della fenice di Silente.
Gli occhi della donna si fecero grandi, languidi, brillanti di lacrime:
- Era per te che piangeva, Fanny. Per l’uomo che più d’ogni altro era stato fedele a Silente. Sempre. – aggiunse con voce incrinata da un’intensa commozione. – Io ho visto le sue lacrime fatate scendere come liquidi cristalli sul tuo collo squarciato, ho visto la magia di guarigione compiersi davanti ai miei occhi spalancati…
Severus fissava la strega, immobile, rapito dalla sua voce.
La ricordava, ora, quella voce.
Era nella sua mente, nei suoi ricordi sepolti, in sogni mai sognati.
Era la voce colma d’amore che pronunciava il suo nome nel buio di quella notte di morte, che lo ripeteva insistente ed ostinata richiamandolo alla vita; era la voce che aveva aggiunto le sue lacrime a quelle di Fanny e aveva reso dolcissimo il suo nome, la voce che aveva fatto cessare il freddo tremendo che lo avvolgeva in quella oscura vigilia di morte.
- Ti ho portato via, Severus, ho usato tutta la mia magia per portarti lontano, per curarti, per farti tornare a vivere… - esclamò con enfasi colma d’amore, - ma non ci sarei mai riuscita senza di loro, - aggiunse voltandosi verso le amiche, - senza il loro grande amore per te!
Il mago ora fissava tutte le donne, gli occhi neri spalancati e le labbra dischiuse, incredulo davanti a quelle rivelazioni che davano infine un significato a tutte le voci femminili che aleggiavano nei suoi ricordi, quelle voci irragionevolmente colme d’amore.
Per lui, sì, proprio per lui.
Lui, il Mangiamorte, l’assassino, l’uomo dall’anima lacerata che non meritava di vivere e di essere felice. Il mago il cui nome risuonava dolce e traboccante d’amore sulle labbra di tutte quelle donne sconosciute che gli avevano salvato la vita portandolo in un luogo pieno della loro potente magia.
L’amore.
Portò la mano alla piccola taschina che conteneva i cristalli che l’antica magia dei druidi riteneva in grado di curare anche le ferite d’amore del cuore. E, per Merlino, se non era più che profonda la ferita del suo cuore!
Erano state quelle donne a inserirli nel suo abito, era di una di loro il lungo capello castano con il quale era stato cucito l’incantesimo con le rune nel suo cuscino: forse la strega con l’elegante tunica rossa, o forse quella con la mantellina marrone e la veste verde scuro che ancora cercava di mimetizzarsi tra gli ultimi alberi.
In ogni caso, erano state loro a curarlo, con il loro amore, con l’arcana magia delle pietre e con pozioni distillate con amorevole cura con le erbe di cui in quel momento, col vento che aveva cambiato direzione, sentiva provenire forte il profumo da dietro il tempio dove aveva intuito esserci un giardino.


[1] Le informazioni sulle pietre e gemme descritte in questo capitolo sono state tratte dal sito “Bethelux“ www.bethelux.it/pietre.htm, gentilmente segnalatomi da Ellyson.
[2] Le informazioni sulle rune sono state tratte dal sito “Bethelux“ www.bethelux.it/rune.htm, gentilmente segnalatomi da Ellyson.
[3] Fin dall’antichità alla polvere amara estratta dalla corteccia del salice bianco era riconosciuto il potere alleviare il dolore ed abbassare la febbre. Si tratta del principio attivo “salicina” ora conosciuto come acido salicilico; l’acido acetilsalicilico è conosciuto con il nome di aspirina.
[4] Per la spiegazione del potere dei due cristalli si veda il precedente Capitolo 1 – Risveglio.
[5] Harry Potter e la Camera dei segreti – Capitolo 14: Cornelius Caramell.  Parole d Silente a Lucius Malfoy.

Edited by Ida59 - 17/12/2018, 19:13
 
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I ♥ Severus


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Da un dolce sogno d'amore!

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4.   Domande

 
- Ti abbiamo curato, con il nostro amore abbiamo vegliato a lungo sul tuo sonno profondo. - continuò a spiegare la strega con voce intensamente commossa. – Ma tu non volevi risvegliarti: il tuo corpo era guarito, ma la tua anima ancora soffriva.
Il mago la fissava, immobile ed in silenzio, quasi senza respirare, cercando di capire, tentando di ricordare, sforzandosi di accettare l’inverosimile realtà traboccante d’amore che si presentava ai suoi occhi, spalancati in tutta quella luce che lo avvolgeva senza infastidirlo.
- Ti abbiamo chiamato per giorni, per settimane. – aggiunse la strega, la voce che si faceva sempre più accorata. – Ognuna di noi ha pronunciato il tuo nome con tutto l’amore del suo cuore, ti abbiamo implorato di scegliere di vivere, ti abbiamo indicato la via per giungere fino a qui…
Le parole colpirono profondamente Severus; il ricordo delle voci che aleggiavano nella sua mente era dunque corretto: gli sembrava di risentirle anche in quell’istante, ogni voce diversa dall’altra, così come diverse erano le donne colorate che lo circondavano tenendosi però a rispettosa distanza.
- E alla fine hai scelto, Severus! - terminò la donna, il sorriso che più del sole le illuminava le iridi verdi screziate di nocciola dorato. – Hai deciso di riaprire gli occhi proprio qui, nel luogo di cui tutte noi ti avevamo mostrato l’esistenza!
Il mago trasse un lungo sospiro e scosse piano la testa, i lunghi capelli corvini ad incorniciargli il volto pallido, gli occhi neri che bruciavano di rimorsi mai sopiti:
- Io non merito questo luogo di sogno, io non sono degno di tutto l’amore che mi tributate! – rispose cupo, con impeto irato. – Voi non vedete le mie mani sporche di sangue innocente, voi non conoscete le mie colpe!
- Il nostro amore ci ha fatto comprendere tutto di te, Severus. – rispose la strega, il sorriso che si faceva sempre più dolce e luminoso, quasi angelico. - Ogni tua colpa ci è nota, ma, soprattutto, conosciamo l’atroce sofferenza dei tuoi rimorsi, la percepiamo a fondo nei nostri cuori... - la voce tremò appena facendosi più dolce ed esile mentre una lacrima le brillava sulla guancia, - ed è per questo che ti amiamo!
Il mago rimase senza fiato, le labbra sottili semi aperte e gli occhi neri spalancati, scintillanti nel sole, stordito da quelle parole dal significato inequivocabile che, però, non riusciva proprio a credere fossero davvero per lui.
Chi mai avrebbe potuto amarlo per le sue colpe e per i suoi strazianti rimorsi? Chi avrebbe potuto conoscere la tormentata realtà della sua vita?
Chi erano quelle donne che gli sorridevano e, al tempo stesso, avevano gli occhi lucidi di pianto e le guance rigate da lacrime che facevano risplendere i loro volti?
Erano forse angeli dai mille colori? Quei colori che nella sua vita non erano mai entrati, uccisi sul nascere dall’oscurità che aveva scelto di servire credendo di poter invece trovare riscatto alle sue umiliazioni?
Era morto, allora, e quello era il Paradiso in cui non aveva mai creduto?
No, non poteva essere in Paradiso: non lui così colpevole, lui così imperdonabile, lui che aveva distrutto la propria vita e quella di troppi innocenti, lui che aveva causato la morte di Lily, che aveva ucciso Albus, lui che…
Si accasciò sui gradini del tempio, senza più forze, il capo ripiegato sul petto e la mente colma di domande che ricevevano solo risposte impossibili.
- Severus…
Il suo nome era dolcissimo.
- Severus…
Il suo nome era melodia d’amore sulle labbra di quelle donne.
- Severus…
Il suo nome aleggiava nell’aria tiepida e luminosa come promessa di perdono.
- Severus…
Rialzò il capo, gli occhi neri che ardevano di una speranza fino allora sconosciuta.
- Severus…
C’era davvero amore nelle voci di quelle donne, nei loro occhi, nei loro sorrisi. Loro che sapevano, che conoscevano l’orrore delle sue colpe ma anche lo strazio dei suoi rimorsi. Lo leggeva nelle loro menti, aperte al suo sguardo senza alcuna protezione, un ’amore sincero e totale, puro come sempre era stato puro il suo amore per Lily.
Com’era possibile? Cos’era accaduto? Cosa gli stava accadendo?
Era forse diventato pazzo a causa del veleno di Nagini?
- Chi sei? - mormorò piano, rivolto alla donna che gli aveva parlato fino a quel momento. – Chi sono queste donne?
- Non ricordi neppure questo? – rispose la strega in un accorato sospiro. – Il mio nome, il mio volto, chi sono?
Il mago scosse il capo, rassegnato.
Non ricordava nulla, non capiva nulla. Sarebbe dovuto essere morto, il suo corpo inerte e freddo abbandonato nel suo stesso sangue; invece era lì, in un luogo che pareva fatto di sogni, attorniato da angeli che lo amavano con casta passione.
Sì, forse era proprio impazzito a causa del veleno e Fanny avrebbe fatto meglio a piangere le sue lacrime su qualcuno che ben più di lui meritasse di vivere.
- Non importa, - s’impose di sorridere la strega, - il mio nome non è importante, io non sono importante: solo tu lo sei!
- Sono un assassino! – urlò Severus all’improvviso, alzandosi in piedi con sguardo truce.
- No! Non lo sei!
Un’altra donna si era fatta avanti, avvolta da tenui veli color verde acqua frammisti ad altri di brillante smeraldo.
La fissò con il suo sguardo duro e penetrante, ma i dolci occhi dalle iridi grigio-verde non smisero di sorridergli:
- Non lo sei più da tanto tempo, Severus. – sussurrò piano, con delicata dolcezza.
- Ho ucciso, la mia anima è lacerata, è senza speranza… - gemette il mago, disperato.
- No, non è vero! – esclamò la donna con dolce enfasi, gli occhi illuminati dall’amore. – La tua anima è pura, Severus!
- La dolce e comprensiva Ki ha ragione, - s’intromise di nuovo la strega, - non ne conosce il motivo perché è Babbana, ma il suo cuore conosce la verità della tua anima.
Severus spostò lo sguardo dall’una all’altra, sempre più stupito: ammesso che quel posto esistesse davvero e non fosse solo il delirio di un pazzo, come poteva una Babbana essere in un luogo che vibrava così intensamente di magia?
- Il rimorso è un sarto crudele, Severus, - aggiunse la strega, - con tremendo, insopportabile dolore, ricuce l’anima. Me lo ha insegnato Stasja. – spiegò indicando una donna alta fasciata da una ricca tunica d’un cupo amaranto.
- Occorre avere piena consapevolezza di ciò che si è commesso. - intervenne la strega con voce grave guardando fisso il mago con i suoi grandi occhi marrone. – Il dolore del rimorso può distruggerti, ma se sai resistere…
Severus la fissò sgomento: come poteva la strega conoscere quel segreto così orribile, legato alla più oscura magia? Quel segreto tremendo che aveva scoperto con intenso tormento sulla propria pelle tanti anni prima?
- Io l’ho solo letto su “Segreti dell'Arte Più Oscura”, - rispose la strega alla muta domanda del mago, - ma tu l’hai affrontato e hai resistito a tutto quello spaventoso dolore, Severus, e la tua anima, ora, è di nuovo integra, proprio come ha affermato l’inconsapevole Ki. – concluse con un mesto sorriso.[1]
Un impercettibile sospiro di sollievo sfuggì dalle labbra sottili del mago che per un attimo aveva temuto che la donna parlasse per conoscenza diretta. Incrociò lo sguardo acuto della strega vestita di rosso e seppe che lei aveva compreso il suo timore, che lei conosceva davvero molte cose del suo passato. Aveva la confusa sensazione di averla già vista, di conoscerla, ma non riusciva a ricordare nient’altro se non la sua voce e le sue lacrime nella Stamberga Strillante, e il calore che da lei promanava e a un certo punto l’aveva avvolto, protettivo e rassicurante.
- Ho ucciso Albus Silente, il mio solo amico, l’unica persona che credeva in me! – sibilò duramente, incapace di accettare tutta quella comprensione e quell’amore che nulla chiedeva in cambio.
Fu una donna piccolina, dalla tunica d’intenso color cobalto che rispose con impeto, incapace di trattenersi:
- Hai solo obbedito al suo tremendo ordine, Severus! – esclamò con enfasi rivelando una verità che solo il mago conosceva. – E farlo ti è costato tutto il tuo grande, eroico coraggio!
Il mago ammutolì: come potevano quelle donne, streghe e Babbane che fossero, conoscere anche quel suo doloroso segreto? Lo aveva rivelato solo al ragazzo, quando gli aveva dato i suoi ricordi, in punto di morte. Possibile che Potter lo avesse raccontato loro? Ma, allora, significava che il ragazzo era vivo! Quanto tempo era trascorso da quando non era morto sulle assi polverose della Stamberga Strillante?
Giorni, settimane addirittura, aveva detto la strega dal nome ancora sconosciuto che di nuovo lo stava fissando, lo sguardo attento a cogliere ogni minima espressione del suo volto, come l’impercettibile sorriso che era sfuggito dalle sue labbra sottili al pensiero che Harry fosse sopravvissuto allo scontro finale.
- Ely ha ragione, è questa la verità, da tutti conosciuta, finalmente. - confermò la strega con un breve cenno del capo ed un lieve sorriso soddisfatto sulle labbra rosse. – Anche se io già la conoscevo, Severus, ben prima che Harry la rivelasse al mondo…
Quello sguardo sicuro, quell’atteggiamento deciso; e quell’aria dolce e innamorata che le illuminava gli occhi. Dove diavolo aveva già visto quella strega?
- La donna che amavo è morta per causa mia. – disse cupo, in un’ultima, odiosa accusa verso se stesso. – Sono io che l’ho uccisa, con le mie parole.
- No!
Una giovane voce acuta gli si oppose con decisione e una ragazza alta con la tunica arancione ed una criniera di capelli biondo scuro avanzò quasi di corsa staccandosi dal gruppo:
- Hai fatto di tutto per salvarla, ha rischiato più e più volte la tua vita! – esclamò con giovanile foga, lampi d’oro negli occhi verde chiarissimo, così diversi da quelli della sua Lily. – Non è colpa tua, tu sei innocente!
- Non essere così irruente col nostro ospite, Alex. – l’ammonì l’altra con voce pacata, trattenendola con fermezza per un braccio ed impedendole di salire sui gradini ai cima ai quali era fermo il mago.
Severus scosse ancora il capo, incredulo, abbandonando le braccia lungo il corpo, sconfitto: quelle donne conoscevano ogni segreto della sua vita.
Chi erano? Perché si trovava lì? In quale luogo si trovava?
Domande mute che restarono solo nella sua mente.





 

5.   Amore

- Cos’è accaduto, nel mondo reale, la notte in cui non sono morto? – chiese invece il mago con voce atona.
Già, il mondo reale, quello vero, quello in cui lui era morto. Perché il luogo in cui si trovava non poteva essere reale. Era un sogno, un Paradiso che per lui non poteva esistere, era il delirio di un povero folle che ancora osava sperare che qualcuno potesse comprendere il suo dolore e, addirittura, amarlo!
- Harry Potter ha combattuto con Voldemort e lo ha sconfitto, - rispose la strega, - grazie al potere della Bacchetta di Sambuco per la quale tu sei stato disposto a morire in silenzio…
- Come un vero eroe! – completò con enfasi Ely, la piccola strega dalla tunica blu cobalto, con occhi sognanti. – Harry ha raccontato tutto quello che ha visto nei ricordi che gli desti…
Mentre le due donne parlavano, la bruma leggera che prima indugiava all’orizzonte si era dilatata ed aveva avvolto l’isola, quel luogo dove i sogni sembravano vivere negli occhi innamorati di streghe e Babbane che credevano in lui.
Anche se non lo meritava, anche se non era degno del loro amore.
Severus scosse amaramente il capo, abbassandolo rassegnato mentre si appoggiava con la schiena alla colonna: non era un eroe, aveva semplicemente fatto il suo dovere, la scelta giusta, finalmente. Aveva deciso di sacrificarsi, di morire in silenzio, perché quello era l’unico modo in cui poteva ancora aiutare il giovane Potter e mantenere la promessa di proteggere il ragazzo fatta ad Albus tanti anni prima.
La bruma aveva ormai raggiunto i boschi intorno al tempio togliendo ogni colore alle fronde verde e argento che fino a pochi istanti prima brillavano al sole in quel mondo irreale in cui c’erano persone che davvero credevano che lui fosse un coraggioso eroe. Ma non lo era, non era mai stato un cavaliere dalla scintillante armatura: Potter lo era! Sì, James Potter era perfetto per quel ruolo, e infatti si era anche portato via la sua bellissima principessa. Lui, invece, era sempre stato solo un silenzioso cavaliere nero, a tutti misconosciuto, che aveva rischiato ogni giorno la vita per vegliare su quella del figlio che non sarebbe mai stato suo…
Il sole, alto nel cielo, si era appannato e la sua luce non scaldava più: la bruma si era alzata dai boschi, era diventata foschia scura che corrodeva ogni elemento di quel mondo fatto di sogni in cui il mago non riusciva a credere. Il marmo chiaro delle colonne esterne del tempio, là in cima, vicino ai capitelli ionici, sembrava sfumare progressivamente in tonalità prive d’ogni luce e le colonne svanivano lente, inghiottite dalla nebbia che diventava sempre più densa e scendeva implacabile.
- No, Severus, no!
La strega di cui non riusciva a ricordare neppure il nome era salita rapida sui gradini; con decisione gli aveva sollevato il mento con la mano ed ora lo guardava fisso negli occhi neri che avevano perso ogni luce:
- Credi, Severus, credi a ciò che vedi intorno a te! – esclamò, l’implorazione nella voce. – Credi al nostro amore, ti prego: non esiste nulla di più vero e potente del nostro amore per te!
Lo sguardo nero del mago rimase incatenato per un attimo a quello verde scuro della strega, illuminato da intensi bagliori dorati. Per un lungo momento gli parve che il sole brillasse di nuovo caldo nel cielo.
- Credi nei sogni, Severus, - continuò con ferma dolcezza, - i sentieri del sogno conducono alla verità, ti portano a noi, al nostro amore!
La coltre di nebbia che aveva avvolto il tempio sembrò diradarsi.
- Dove sono? – chiese infine il mago in un sussurro sottile.
- Nel luogo dei sogni, se vuoi, - rispose piano la strega, - dei miei sogni, dei nostri sogni, dei tuoi sogni.
Il mago sospirò e cercò di abbassare il volto pallido, ma la mano di lei con decisione glielo impedì trattenendolo per il mento:
- Oppure sei nel mondo reale, Severus, - continuò con sicurezza, - sta a te deciderlo, solo a te.
Gli liberò il mento e con la mano gli sfiorò la guancia spingendo delicatamente dietro la spalla i lunghi capelli neri. Il mago rabbrividì a quel tocco leggero, ma non si ritrasse.
La nebbia si era alzata e il marmo chiaro dei capitelli brillava di nuovo al sole.
- Solo tu puoi decidere se questo è un sogno oppure la realtà: tutto dipende solo da te. – sentenziò con voce greve la strega, conscia dell’importanza che le sue parole avevano per la vita di tutti loro. – Solo tu puoi decidere della tua vita e dei tuoi sogni. Noi possiamo darti solo il nostro infinito amore, Severus. – concluse sorridendo e, sollevandosi in punta di piedi, gli posò un casto bacio sulla guancia.
Il sole sfolgorò nel cielo, di nuovo caldo, illuminando gli occhi neri del mago che era rimasto immobile, il respiro trattenuto, profondamente turbato dal tepore delle labbra sulla sua guancia; la nebbia, sconfitta, si ritrasse indietro verso il bosco.
- Come sono arrivato qui? – chiese Severus in un sussurro tremante.
- Cerca nei miei occhi la tua risposta, - gli sorrise la strega, - è la stessa risposta che troverai negli occhi di ognuna di noi. Sempre.
E Severus guardò.
Vide l’amore, l’amore che non lo aveva lasciato morire, l’amore che lo faceva vivere; vide tutto l’amore che non aveva mai avuto in vita sua, tutto l’amore che aveva sempre ardentemente desiderato. Se quell’amore fosse venuto a mancare, se i pensieri di quelle donne, streghe e Babbane, si fossero allontanati, se l’avessero dimenticato, lui avrebbe perso consistenza, sarebbe svanito come un sogno non più sognato, abbandonato nell’oblio, mai esistito.
Sempre.
Così la strega aveva affermato, esattamente come il mago aveva detto ad Albus in un’altra vita.
- Sì, sempre, - ribadì la donna, quasi gli avesse letto nella mente, - il nostro amore per te esisterà sempre.
La nebbia sembrava dissolta, svanita, di nuovo respinta oltre il bosco, lontana sul mare; e una dolce melodia, colma d’amore, proveniva dalle fronde che di nuovo brillavano al sole, verdi e argento in onore di Serpeverde.
- Perché… perché mi amate? – chiese in un incredulo sussurro. – Come potete amare un uomo come me? Con tutte le mie orrende colpe… Io non merito il vostro amore, non ne sono degno!
- Ognuna di noi conosce la straziante sofferenza della tua vita, Severus. - gli sorrise la strega sfiorandogli piano la guancia che ancora ardeva per il casto bacio ricevuto. – Conosciamo i tuoi atroci rimorsi e i tuoi tremendi rimpianti e tutte, ognuna a modo suo, abbiamo perdonato le tue colpe.
Il mago scosse il capo, ancora ostinatamente incredulo, e il sole si spense, avvolto dalla nebbia nera, e l’aria si fece buia e gelida.
- Non è possibile! Non potete sapere… – esclamò, deciso a continuare a soffrire per espiare le sue colpe, da solo.
- La magia può tutto, Severus!
- No… non può essere, - replicò scuotendo vigorosamente il capo mentre il buio avvolgeva cose e persone facendole progressivamente dissolvere, - qui ci sono anche delle Babbane: come possono, loro, conoscere… sapere…
- L’amore, Severus, - mormorò a fatica la strega, mentre il rosso del suo abito si tingeva di nero e la melodia di Fanny diventava silenzio, - l’amore è la magia più grande, più potente di tutto… - aggiunse ancora con strenuo sforzo mentre l’oscurità la ghermiva per inghiottirla, - dovresti saperlo… proprio tu…
Severus spalancò gli occhi nel buio che lo circondava, inorridito: la stava uccidendo, stava uccidendo tutte quelle donne che incredibilmente lo amavano, che conoscevano le sue colpe ma lo avevano perdonato. Sentiva tutte le loro voci ripetere ancora il suo nome, con disarmante dolcezza; e c’era amore infinito nelle severe sillabe del suo nome, c’era il perdono che gli ridava vita e speranza, c’era il futuro che non aveva mai avuto. Le voci lo circondavano nel buio, lo accarezzavano, lo abbracciavano, e il suo nome era dolcissimo su quelle labbra invisibili, soave come mai era stato, così colmo d’amore e di perdono!
L’amore avvolse con forza il mago, vero e reale, e gli scaldò il cuore come mai era avvenuto in tutta la sua esistenza; e in quell’istante Severus si rese conto che, davvero, solo lui poteva scegliere quale sogno sognare, quale vita vivere.
La strega era muta, adesso, e stava svanendo davanti ai suoi occhi neri spalancati nel nero.
- No, Ilya, no!
Si slanciò in avanti e l’afferrò per la vita stringendola con forza a sé, per strapparla all’oscurità.
Poi precipitò nel nulla.





 

6.   Ricordi

Severus galleggiava leggero nel nulla.
Era come dormine, i sogni che gli aleggiavano intorno.
O, forse, erano solo i ricordi della sua vita.
Ricordi importanti, ricordi che aveva dimenticato, che aveva voluto dimenticare.
Perché? Forse perché gli spiegavano cos’era accaduto e lui ne aveva paura?
O qualcuno glieli aveva fatti dimenticare?
Ora galleggiavano nel nulla insieme con lui, dentro di lui.
Doveva solo guardare, ricordare.
 

*

La porta della presidenza si aprì all’improvviso e la strega entrò con passo deciso, non annunciata dal Gargoyle tacitato dalla parola d’ordine che solo a lei aveva rivelato, volendosi fidare ancora della vecchia amica.
Severus Piton si lasciò sfuggire un amaro sospiro, poi sollevò lo sguardo dalla noiosa pergamena che stava leggendo preparandosi ad affrontare qualche nuova, tremenda accusa nei suoi confronti e a leggere di nuovo l’odio negli occhi della strega alla quale col tempo aveva imparato a voler bene come ad una madre.
Un sopracciglio sottile si alzò a dipingere lo stupore sul suo volto pallido: non era Minerva!
- Come diavolo hai fatto ad entrare? – sibilò stizzito. – Minerva non aveva il diritto di rivelarti…
- La tua parola d’ordine? – lo interruppe la strega dai lunghi capelli castani con un sorriso di sfida. – Quella stupefacente parola d’ordine che, tra tutte, hai deciso di scegliere?
Il mago la fissò in silenzio con il nero sguardo tagliente, chiedendosi cosa intendesse dire.
- Minerva mi stupisce, davvero: no, non mi ha rivelato la parola d’ordine, non pensavo neppure che tu gliela avessi comunicata. Ma se la conosce, come può non aver capito, non essere nemmeno stata sfiorata dal dubbio? – chiese sconcertata scrollando piano la testa.
- Cosa intendi dire, Ilya? – chiese sospettoso il mago, a disagio.
La donna non rispose e solo scrollò di nuovo il capo, mesta, i capelli castani che si adagiarono in lunghi riccioli inanellati sui seni:
- Sempre al freddo, sempre a punirti… - mormorò girandosi verso il camino e accendendo il fuoco con un movimento deciso della bacchetta.
Tornò a volgersi verso il mago e si avvicinò tranquilla all’imponente scrivania riponendo la bacchetta nelle pieghe del mantello:
- Ti conosco bene, Severus Piton, meglio di quanto tu creda. - sussurrò piano la strega guardandolo con una strana luce negli occhi, la voce che si colorava di dolcezza. – Ho provato con Albus, la prima volta…
Il mago si irrigidì, sempre più a disagio sulla sedia di fronte alla strega che dimostrava di conoscerlo davvero bene.
- Ma, certo, Albus sarebbe stato davvero eccessivo, soprattutto se intendevi condividere la parola d’ordine con Minerva: come avresti potuto spiegarle di aver scelto proprio il nome dell’amico che avevi dovuto uccidere…
Il cuore di Severus fece un balzo: non c’erano accuse né odio nella voce di Ilya, solo un grande dolore e una voluta enfasi che poneva l’accento sul fatto che fosse stato obbligato ad ucciderlo.  Doveva allontanarla dalla verità, subito, prima che dicesse troppo, prima che capisse tutto.
- Già, Il Voto Infrangibile. Non ho avuto scelta. – rispose con glaciale durezza.
Era sicuro che presto avrebbe visto l’odio nascerle negli occhi verdi screziati d’ambra alla luce delle vigorose fiamme del camino che aveva acceso per riscaldarlo, proprio lui che quel calore ancora e sempre si negava. Sì, Ilya lo conosceva bene, troppo bene. E da troppo tempo.
Invece la strega scoppiò in una stridula risata che gli ricordò un gemito di dolore:
- Non prendermi in giro, Severus. Non puoi ingannare una donna che ti ama.
Il volto del mago divenne una pallida maschera di impassibilità, gli occhi neri e vuoti.
- È inutile l’Occlumanzia, con me: riserva la tua maestria per Lord Voldemort e la recita per la povera Minerva. – rispose rabbiosa, la voce incrinata di pianto. - Non ho bisogno di entrare nella tua mente: io so leggere il tuo cuore, io so chi sei, lo so da tanto tempo!
Il mago rimase immobile sulla sedia, il respiro contratto, i lunghi capelli corvini che gli incorniciavano il volto pallido in cui gli occhi neri come lucidi cristalli riflettevano le fiamme del camino.
- Il tuo viso è da mesi una maschera di dolore, Severus, - sussurrò con voce colma d’amore, - e c’è solo disperazione nei tuoi meravigliosi occhi neri, ormai del tutto privi di ogni luce…
- Tu farnetichi, Ilya! – sibilò il mago, spaventato dalla capacità della donna di comprendere così bene i suoi stati d’animo.
- No, Severus, io ti amo!
La strega si zittì di colpo, quasi stupita dalle sue stesse parole, il mago che la fissava impietrito dopo quella sconcertante rivelazione. Non era certo quello il modo in cui Ilya aveva a lungo sognato di rivelargli il suo amore, quasi aggredendolo, ma ormai la verità le era sfuggita dalle labbra. Si obbligò a riscuotersi:
- Bene ora conosci il mio segreto, Severus: ti amo, da sempre! – esclamò, gli occhi colmi di lacrime a fatica trattenute. – Ma io conosco il tuo; c’era un accordo tra te e Silente, ne sono certa: tu hai solo obbedito al suo tremendo ordine…
Le lacrime ruppero l’argine e la sua voce divenne un sussurro incrinato:
- Gli volevi bene, saresti morto per lui… mai lo avresti ucciso, mai…
Severus socchiuse gli occhi per un istante e strinse i pugni: come aveva potuto tradirsi in quel modo? Trasse un lungo respiro colmo di rassegnata amarezza: doveva allontanarla da sé, subito, sradicare quell’amore che non meritava, di cui non era degno. Ilya non doveva amarlo, non lui che aveva ucciso l’Amore e l’Amicizia, non lui che aveva le mani sporche di sangue innocente, non lui con tutte le sue orride colpe.
Non lui.
- Suppongo che chi ha ascoltato queste tue folli fantasie, Ilya, ti abbia già riso in faccia, e compatito per il tuo mal riposto amore, giusto?  – chiese con distaccata indifferenza, la bocca inondata dall’amarezza dell’irriverente menzogna.
La maga assentì, gli occhi verdi resi brillanti dal pianto.
- Ma io so che è questa la verità. – insistette ancora in sussurro che morì in un singulto.
Severus scosse il capo, un mezzo sorriso di scherno sul volto pallido. Si alzò infine in piedi:
- Sono un Mangiamorte, e lo sono sempre stato. Nessuno lo sa meglio di te. – sibilò freddamente sapendo di colpirla a fondo. – Per anni ho dovuto sottostare alle ubbie di quel Babbanofilo che mi teneva in pugno col ricatto e poteva in ogni momento farmi rinchiudere ad Azkaban.
- Non è vero, non è vero… tu gli volevi bene, come a un padre! - singhiozzò Ilya.
Il mago si sentì soffocare, nella bocca l’acre disgusto per la propria schifosa recita:
- Il ritorno dell’Oscuro Signore mi ha infine liberato. – affermò, un ghigno orribile che gli deformava il volto pallido, gli occhi neri spenti d’ogni luce. – Uccidere Silente è stato il mio più grande piacere, ed ogni volta che pronuncio la parola d’ordine rinnovo il mio godimento!
- No!
La strega rimase per un attimo a fissarlo inorridita, poi fuggì via.
Severus si accasciò sulla sedia sospirando e chiuse gli occhi.
Vedere l’amore per lui risplendere negli occhi di Ilya era anche peggio di vedere l’odio lampeggiare in quelli di Minerva.
 

*

Non aveva più rivisto Ilya da quella sera d’inverno.
E non aveva più riacceso il fuoco nel camino, da quando si era spento.
Sì, proprio per punirsi, per privarsi anche di quel misero conforto, proprio come aveva affermato lei.
Ogni cosa che la strega aveva asserito era vera.
Ilya lo amava.
Da sempre.
Quel pensiero non lo aveva mai sfiorato prima di quella sera, eppure, avrebbe dovuto capirlo. Ma aveva avuto occhi solo per la sua Lily.
Quando Lily gli aveva chiuso la porta in faccia, Ilya era invece rimasta al suo fianco e aveva continuato imperterrita a cercare di convincerlo a non diventare Mangiamorte, a non compiere quella folle scelta sbagliata che gli avrebbe per sempre rovinato la vita.
E quando aveva commesso l’errore fatale, quando aveva lacerato la sua anima e immerso le mani in sangue innocente, contro ogni sua aspettativa Ilya non era scappata via, non lo aveva rinnegato. Era rimasta ancora con lui. Senza condividere la sua scelta, senza accettarla, ancora combattendola con ostinazione, ma non gli aveva tolto la sua amicizia. Il suo amore, ora che sapeva che era tale.
E infine, quando aveva perduto tutto, la strega gli era rimasta sempre accanto, a confortarlo, a sostenerlo, ancora una volta senza mai rivelargli il suo amore e consolando invece la sua disperazione per l’amore per sempre perduto. E lui non aveva mai capito nulla: era stato davvero cieco, così ripiegato su se stesso, chiuso sul suo dolore…
Poi era ancora stata sua amica quando aveva cominciato ad insegnare a Hogwarts, dopo i processi ai Mangiamorte: Ilya sapeva molto bene quanta riconoscenza il mago provasse verso Silente che lo aveva salvato da Azkaban, gli aveva concesso una seconda possibilità e un nuovo scopo nella vita nel proteggere il figlio che mai sarebbe stato suo. Negli anni successivi, infine, la strega aveva visto nascere anche il suo affetto per il vecchio mago, che aveva preso il posto della riconoscenza.
Eppure le aveva orribilmente mentito, a quegli occhi colmi di lacrime e di amore. Aveva continuato la sua recita, da solo, anche se la strega voleva solo confortarlo.
Perché Ilya sapeva fin troppo bene che il suo amore per lui era senza alcuna speranza: ecco perché non glielo aveva mai rivelato e aveva tenuto quel prezioso sentimento protetto nel cuore, fino a quella sera, quando con tutta evidenza le era scappato fuori dalle labbra, senza realmente volerlo. La strega sapeva che il mago amava Lily fin da prima della scuola, e aveva continuato ad amarla anche dopo la sua morte. Anzi, che l’aveva amata anche di più da allora, con la forza dirompente ed ossessiva dei suoi rimorsi e dei suoi rimpianti.
 
Non aveva più rivisto Ilya.
Fino alla notte in cui Fanny aveva cantato per lui nella Stamberga Strillante, piangendo lacrime incantate sul suo corpo straziato.
Ora ricordava.
Tutto.



[1] Sono tutte spiegazioni racchiuse nel libro citato e fornite da Hermione; cfr. “Harry Pottere e i doni della Morte”, capitolo 6°.
 
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view post Posted on 9/5/2017, 21:05
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I ♥ Severus


Potion Master

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Da un dolce sogno d'amore!

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7.   Ilya

 

L’amato verde delle iridi di Lily infine svanì lasciandolo di nuovo solo.
Davanti ai suoi occhi neri, spalancati ciechi nel nero, vi fu solo il silenzio della morte.
E il rovente dolore alla gola ripetutamente squarciata dalle zanne avvelenate.
All’improvviso, del tutto inatteso e insperato, giunse il melodioso canto di Fanny, e la dolce frescura delle sue lacrime che sembravano avere il potere di allontanare la morte e lenire l’atroce sofferenza della sua agghiacciante e solitaria agonia.
Ma il buio rimase ad opprimerlo ed il freddo a schiacciarlo come una greve coperta di gelo.
Finché non sentì l’abbraccio stringendolo al suo corpo morbido e caldo.
Con amore.
Con disperazione.
Con ardente passione
Un improvviso calore lo avvolse: un tepore sconosciuto, una sensazione meravigliosa, mai provata prima.
Sentì le lacrime della strega scendergli cocenti sul viso, sugli occhi ancora spalancati sul nulla, sulle guance già fredde di morte; poi scivolare leggere sul collo e farsi fresche, nuovo balsamo incantato per la sua ferita avvelenata.
La luce infine tornò, un chiarore tenue, appena accennato, ma sufficiente per vedere di nuovo. Dall’ombra emerse piano il suo viso, bello e disperato, gli occhi di un verde scuro e intenso così diverso da quello Lily, pieni di lucenti lacrime d’amore che il mago non credeva esistessero. E poi la sua voce, tremante, che ripeteva il suo nome rendendolo dolcissimo, che lo chiamava, ancora e ancora, contendendolo alla morte, cercando di strapparlo ai suoi gelidi artigli, mentre con le mani gli accarezzava delicata il volto pallido come non mai.
Severus mosse le labbra, a fatica, ma la voce non uscì, strozzata in gola dalle zanne di Nagini.
La strega, però, lesse il proprio nome sulle sottili labbra mute e lo ripeté, insieme con il suo, rendendolo dolcissimo, mentre il sorriso le illuminava il viso:
- Sì, Severus, sono io, Ilya.
Il mago la fissò in silenzio per un lungo istante, infine svenne.
 

*


 
Non era più nella Stamberga Strillante, anche se la melodia del canto di Fanny continuava ad aleggiare nell’aria tiepida e luminosa che intravvedeva ogni tanto quando riusciva ad aprire gli occhi.
Ma era così difficile tenerli aperti, si sentiva tanto debole, incapace di ogni movimento…
Rimase immobile, gli occhi chiusi, l’anima colma dell’armonia del canto della fenice.
Poi sentì la sua voce, e il canto di Fanny si trasformò nelle parole colme di amore e di dolcezza di Ilya che carezzavano il suo cuore.
- È stata Fanny ad aiutarmi a portarti qui, Severus; da sola non ci sarei mai riuscita: era troppo lontano per smaterializzarmi con te. E poi, tu eri così debole, la tua vita attaccata ad un filo sottile…
Un tocco leggero di quelle dita delicate rinfrescò la sua fronte rovente.
- Stai ancora così male… sei così debole… la febbre è così alta… ed io non so più che cosa fare! – gemette preoccupata la strega. - Ti prego, Severus, combatti anche tu insieme con me: il veleno di Nagini divora il tuo sangue, e ne hai perso così tanto che anche le tue belle labbra sottili sono ormai senza più colore…
Le dita gli sfiorarono le labbra in un languido tocco tremante.
- Sono così belle, così sensuali, appena dischiuse in questo tuo respiro leggero…
Il mago sentì il calore delle dita lasciarlo e quasi lo rimpianse.
- Lo so che vuoi morire, Severus, ma io non te lo permetterò!
La voce s’era fatta all’improvviso determinata, ma sempre traboccante di una dolcezza sconcertante per il mago.
- Torna a vivere, Severus! - lo implorò sfiorandogli appena le labbra con le sue e il mago poté cogliere il tepore della sua sospirante implorazione.
 - Hai diritto a vivere e ad essere felice! – esclamò stringendolo delicatamente a sé, le labbra a sfiorargli piano la tempia e le mani a carezzargli lievi i capelli neri sparsi sul candido cuscino.
Il mago non aveva la forza di muoversi e di reagire, di aprire gli occhi o di parlare. Ma anche se avesse potuto, non lo avrebbe fatto: quell’abbraccio era delicato, rispettoso, colmo d’amore puro e sincero.
- Meriti di vivere, Severus, - gli sussurrò piano in un orecchio, - hai ampiamente espiato ogni tuo peccato, pagato fino in fondo per ogni tua tremenda colpa …
Le lacrime scesero dalle guancie di Ilya e caddero infine anche sul suo collo ferito, fresco balsamo rigenerante quasi come le fatate lacrime di Fanny.
In quel momento il mago non sentiva più il bruciante dolore che per ore, o forse giorni, l’aveva straziato più del fuoco.
- Come vorrei potermi specchiare nei tuoi meravigliosi occhi neri, Severus! Come vorrei poterli vedere di nuovo scintillare, colmi di vita!
La strega si concesse un lungo sospiro e rimase in silenzio: il mago sentiva il suo sguardo fisso su di sé, le sue braccia che lo avvolgevano in una tenera stretta appassionata.
- Ti amo, Severus, immensamente. – sussurrò piano sfiorandogli la fronte con un casto bacio. – So che non dovrei tenerti tra le braccia e accarezzarti, e sfiorare il tuo dolce e sofferente viso con le mie labbra… se fossi cosciente me lo impediresti!
La sentì quasi ridacchiare impertinente tra i suoi capelli, facendogli solletico.
- So che non accetteresti il mio amore, sono del tutto rassegnata, ormai…
La sentì sollevare il petto in un lungo sospiro mentre possessivamente lo stringeva a sé.
- Tu ami lei, Lily. Sempre. Sei stato disposto a morire per lei, per suo figlio.
La sentì tremare appena, la voce che s’incrinava.
- Lei che non è mai stata tua, lei che ha scelto un altro e ha rifiutato il tuo immenso amore. Lei che ti ha escluso dalla sua vita chiudendo per sempre la porta ad ogni tua speranza.
Le lacrime scesero di nuovo, sulle guance di Ilya accostate a quelle del mago.
- Oh Severus, se tu sapessi quanto vorrei che i tuoi occhi neri mi guardassero con amore, che le tue braccia mi avvolgessero protettive, che le tue mani accarezzassero la mia pelle con fremente desiderio, che le tue labbra sottili sfiorassero le mie, vi indugiassero, per poi baciarle con passione…
Ilya singhiozzò, continuando a stringerlo piano a sé, attenta a non fargli male alla ferita, le lacrime che gli inondavano il volto ed i capelli neri.
Cocenti lacrime d’amore, proprio come quelle che troppe volte e troppo a lungo il mago aveva pianto per la sua perduta Lily.
- Ma sono sogni, solo sogni, sogni impossibili…
Severus ebbe un tremito, aprì gli occhi e a fatica sussurrò:
- Ti prego, Ilya, non piangere per me.
La strega si bloccò all’istante e si ritrasse da lui, rossa in viso.
- Non merito le tue lacrime, Ilya. – aggiunse in un sofferto, sottile sussurro imbarazzato.
- Tu non sai quanto amore c’è in queste lacrime!
Il mago sospirò piano, la gola che doleva mentre deglutiva quell’amore impossibile:
- È proprio per questo che non voglio che tu pianga per me: io non merito il tuo amore.
La strega gli sorrise, le lacrime a rendere sempre più brillanti le iridi verdi screziate di nocciola che si perdevano nel nero profondo degli occhi del mago:
- Tu sei degno dell’amore, Severus, tu meriti tutto l’amore cui hai sempre anelato e che non hai mai avuto in tutta la tua vita! – esclamò raggiante. – Con tutta la tua infinita sofferenza ti sei meritato il diritto di vivere pienamente, di essere felice, di amare e di essere amato!
Il mago la fissò, profondamente turbato, inondato da quell’inatteso scoppio di passione.
Per un attimo i suoi occhi neri scintillarono febbricitanti, incatenati a quelli della strega; poi, esausto per il troppo sangue perduto, le energie corrose e consumate dal veleno di Nagini, Severus svenne e ripiombò in un sonno pesante, senza sogni.

 





8.   Il Tempio

 
 
Severus Piton riaprì gli occhi.
Questa volta si ritrovò semi disteso su una chaise longue[1] morbidamente imbottita e foderata di seta color panna, sulla quale i suoi abiti intessuti d’oscurità, e il mantello elegantemente drappeggiato sulle spalle, creavano un cupo contrasto. Non era più nella stanza con i pochi mobili di legno e le pareti e il pavimento in pietra della stessa calda tonalità: adesso era nella parte più interna del tempio, un ampio ambiente circolare con levigate pareti bianche ed il pavimento di marmo nero, lucido specchio su cui tutto si rifletteva.
Il suo lungo sedile chiaro era posto al centro di un piccolo anfiteatro con tre ordini di gradinate, nere e lucenti come il pavimento ma ricoperte da morbidi cuscini e schienali color panna; era delimitato alle spalle da un semicerchio di snelle colonne ioniche in marmo bianco dalle fitte scanalature, disposte ad intervalli regolari a sostegno della volta. La luce si riversava con abbondanza dall’alto, da grandi aperture a semiarco, e il riverbero dorato che si rifletteva sui candidi pilastri indicava che il pomeriggio era ormai inoltrato.
Severus aveva dormito a lungo.
E ricordato molto.
Le donne dagli abiti variopinti lo attorniavano in silente attesa, sedute con ordine sulle gradinate. C’era anche la strega dall’elegante tunica rossa: i lunghi capelli castani le scendevano inanellati sui seni che si sollevavano nel respiro ansante, mostrando tutta la sua preoccupazione; era in piedi, proprio davanti a lui, e lo guardava con intensità, gli occhi verdi illuminati dalla luce dorata del sole che si iniziava il lungo cammino per avviarsi al tramonto.
Tutte attendevano qualcosa. Qualcosa di importante.
Da lui.
- Ilya… - sussurrò piano, sollevandosi a sedere senza alcuno sforzo.
La tensione nella sala circolare sembrò sciogliersi nell’istante stesso in cui il mago aveva pronunciato con dolcezza il nome della strega che si avvicinò sorridente e si sedette al suo fianco, all’improvviso rilassata: con delicatezza gli sfiorò appena la guancia pallida spostando dietro l’orecchio una ciocca ribelle dei lunghi capelli neri.
- Ora ricordo tutto…
Il sorriso della strega si fece più ampio ed un sospiro di sollievo le sfuggì dalle labbra rosse:
- Avevi voluto dimenticare… - mormorò piano, la voce colma di comprensione.
Il mago annuì; sì, ora lo sapeva, aveva solo voluto dimenticare.
Perché aveva avuto paura, paura di tutto quell’amore rivolto a lui e che non credeva di meritare, di cui non si sentiva per niente degno.
- Sì, - ammise in un sereno sussurro profondo, - ho avuto paura di tutto questo… amore! – spiegò indicando con un elegante gesto della mano tutte le donne sedute sulle gradinate del minuscolo anfiteatro.
- E adesso? – chiese Ilya con voce ancora un poco tesa.
Severus sfiorò con la punta delle dita la piccola tasca dell’abito posta proprio sul suo cuore e accarezzò piano le pietre che l’antica magia naturale affermava avessero il potere di entrare in un cuore ferito, lenirne l’antico dolore e curarne le profonde ferite fino a guarirle completamente.
I suoi occhi neri scintillarono nel volto pallido mentre un lieve sorriso dischiudeva appena le sue labbra sottili:
- Il mio cuore sta guarendo, poco per volta, - spiegò in un sussurro commosso rivolto a tutte le streghe e Babbane sedute sulle tre gradinate, - grazie alla vostra potente magia d’amore.
Fu come se il sole, invece di tramontare, sorgesse di nuovo in tutto il suo fulgore, illuminando il sorriso delle donne che lo stavano guardando, l’amore negli occhi.
- Ora vuoi raccontarmi tutto ciò che ancora non conosco, Ilya? – chiese il mago con voce profonda che vibrò nell’emozionato silenzio che lo attorniava. – Com’è nato questo luogo che sento vibrare di ogni tipo di magia, bianca e oscura, antica e moderna? – aggiunse voltandosi verso di lei.
La strega sorrise soddisfatta al suo fianco: Severus manteneva sempre intatta la sua capacità di analizzare con lucida logica ogni evento, ogni singolo elemento della realtà che lo circondava.
- E, soprattutto, come è possibile che tante donne si siano raccolte qui…
Il mago rivolse di nuovo l’incredulo sguardo nero verso le donne dagli abiti variopinti, sui loro capelli castani, biondi, rossi e neri, lunghi e corti, lisci e ricci, incrociando i loro occhi dalle iridi azzurre, nocciola, verdi, nere, grigie. Erano di tutte le età: ragazzine e donne più mature di lui, più giovani e circa della sua età, come Ilya, tutte accomunate da quello sguardo traboccante di amore che gli creava un profondo imbarazzo ma che, al contempo, scaldava il suo cuore aiutandolo a sanare la vecchia ferita.
- … ed i loro occhi risplendano d’amore, per me! – concluse in un turbato sussurro.
Ilya sorrise e si accomodò meglio sul morbido sedile a fianco del mago per cui era stato realizzato tutto ciò che li circondava:
- Mettiti a tuo agio, Severus: si tratta di una lunga, incredibile e meravigliosa storia! Io stessa ancora non ne ho compreso tutti gli arcani significati.
La strega si alzò: le pieghe della tunica rosso rubino si allargarono ed ondeggiarono specchiandosi nel nero lucente del pavimento lasciando intravvedere ricercati sandali rossi, alla schiava, che dalla caviglia sottile salivano fino al ginocchio.
- Scoprii tempo fa quest’isola deserta in mezzo al mare, lontana da ogni rotta frequentata, e fui subito sedotta dal suo fascino antico e incontaminato. – spiegò Ilya incedendo sicura sugli alti tacchi sottili al centro del piccolo anfiteatro, seguita dagli sguardi attenti degli astanti. – L’aria profumava di mirto e menta, di ginestre e ginepro; le sue coste, che salivano irte dalle spiagge bianche, erano fittamente ricoperte da pini marittimi alternati a scuri cipressi e ad argentei ulivi. Quando per la prima volta ho visto le foglie brillare al sole è stato come guardare un immenso stendardo Serpeverde che fluttuava nel vento e non ho potuto fare a meno di pensare a te, Severus, alla nostra Casa. - spiegò girandosi per un attimo verso il mago, un sorriso orgoglioso sul volto rapito nel ricordo.
Il mago rispose con un sorriso appena accennato: sì, anche lui aveva percepito gli stessi intensi profumi e notato il verde e l’argento delle fronde la prima volta che, uscito dal tempio, si era guardato intorno.
- Ma, soprattutto, l’aria vibrava con intensità di magia, come mai mi era accaduto prima. – soggiunse con aria misteriosa, abbassando il tono di voce per ottenere la piena attenzione. – Sulla cima sorgeva un antico tempio, piuttosto ben conservato, troppo ben conservato, a dire il vero.
Sorridendo soddisfatta, Ilya tornò a sedersi di fianco al mago:
- Questo luogo era probabilmente protetto con l’Incanto Fidelius, ma il suo Custode Segreto doveva essere morto senza che nessun altro ne conoscesse l’ubicazione e, quindi, come l’incantesimo stesso prevede, sull’isola scese il più completo oblio per mille anni durante i quali nessun essere umano vi pose mai piede. – rivelò la strega, orgogliosa della sua deduzione. – E forse io sono stata la prima a rimettervi piede, per puro caso!
Severus sollevò un sopracciglio e la fissò con sguardo assorto, valutando le probabilità, poi annuì:
- Continua. – la invitò.
- Probabilmente nelle sue antiche origini si trattava di un tempio dedicato a Hestia, l’antica divinità greca del focolare, il cui simbolo era un cerchio, appunto un focolare rotondo, in cui ardeva il fuoco sacro. In seguito, deve essere stato eretto un tempio dedicato alla romana Vesta, divinità pressoché equivalente a quella greca. – riprese Ilya alzandosi di nuovo. – Ho riconosciuto l’Aedes Vestae,[2] che è il luogo in cui ci troviamo noi ora. Anche se, a dire il vero, - s’interruppe un attimo ed ammiccò verso una ragazza dalla ruggente capigliatura biondo scuro e la tunica di uno squillante arancione, - la creativa Alex lo ha modificato in modo sostanziale seguendo le mie indicazioni.
Il mago fissò la ragazza, la stessa di cui Ilya aveva frenato l’irruenza la mattina, che abbassò con timidezza il viso soffuso di un delicato rossore dopo aver incontrato il suo sguardo nero e penetrante.
- Credo di aver individuato anche il Penus Vestae.[3]- riprese la strega con sicurezza, indicando una cavità di forma trapezoidale proprio alle spalle della chaise longue su cui sedeva il mago, che si girò per osservarla.
- Così, tra di noi, scherzando ci siamo attribuite l’ambito titolo di tue sacre Vestali, - confessò Ilya arrossendo violentemente, la voce che si faceva fievole - dedicate a te, Severus, al Signore del Tempio, con tutto il nostro immenso amore!
Il mago tornò a fissarla, lo sguardo nero e turbato che ardeva nel volto pallido e serio incorniciato dai lunghi capelli corvini.
Poi le sue labbra si dischiusero appena in un impacciato sorriso colmo d’imbarazzo e Severus inclinò appena il capo in segno di accettazione di quel delicato gioco d’amore che sembrava averlo stregato, gli occhi neri che scintillavano illuminati dai raggi del sole che dal foro in cima al tempio[4] si riversavano al centro dell’anfiteatro dove era posto il suo sedile.
Ilya per un attimo rimase incantata a rimirare il mago, poi si riscosse e riprese a raccontare:
- Non sapevo dove portarti, Severus, né quali cure ti servissero. – nella voce vibrava ancora la concitazione di quei momenti difficili. – Ma sapevo che non avresti mai voluto finire in mano ai Guaritori del San Mungo, con tutto il morboso interesse verso di te che ne sarebbe derivato.
Il mago stirò le labbra sottili in un sorriso storto, colmo di amarezza, ed annuì piano: già s’immaginava i titoli roboanti della Gazzetta del Profeta, il suo prezioso amore segreto profanato e sviscerato, sbattuto in prima pagina in pasto all’intero mondo magico. Scosse il capo e si lasciò sfuggire un sospiro.
- Ho pensato a questo luogo, di cui m’ero eletta Custode Segreto tempo prima, e non so come, Fanny l’ha compreso e ci ha portati qui, in un lampo!
In quello stesso istante il melodioso canto della fenice riempì di struggente armonia l’aria dorata del pomeriggio: da quando era arrivata, non se n’era più andata ed era sempre rimasta a vegliare il mago.
- Fanny mi ha aiutato e ha pianto ancora le sue lacrime sulla tua ferita, - spiegò Ilya abbassando lo sguardo, imbarazzata, - insieme alle mie…
Severus sorrise appena, con trattenuta dolcezza:
- Sì, lo ricordo bene, Ilya, molto bene… - sussurrò piano, con voce calda e vibrante - Grazie.
Ilya rimase immobile, quasi senza respirare, le lacrime a fatica trattenute che rendevano ancora più verdi i suoi occhi screziati d’ambra, persi dentro le nere profondità di quelli del mago.
Si riprese a fatica dall’intenso turbamento, la voce ancora incerta, e si alzò avvicinandosi alle altre donne:
- La tua ferita era ormai rimarginata e non perdevi più sangue, Severus, ma rimanevi incosciente, senza forze né energia e con la febbre molto alta: avevi perso moltissimo sangue e quello rimasto era avvelenato dal veleno di Nagini. – raccontò con voce ancora carica della preoccupazione di quei giorni. – Ho provato ogni incantesimo di guarigione che conoscevo, li ho ripetuti più e più volte; ti ho fatto bere innumerevoli fiale di pozione Rimpolpasangue ed altre ancora, ma tu non miglioravi e il pallore del tuo volto diventava sempre più intenso ed io avevo paura, una tremenda paura!
 
 




 

9.   Le Vestali

 
 
Per un attimo Ilya sembrò rimanere senza fiato, gli occhi sbarrati come se fosse di nuovo attanagliata dal terrore provato in quei primi giorni, quando aveva creduto che il mago sarebbe morto tra le sue braccia senza mai più riaprire quei meravigliosi occhi neri che tanto amava.
- Invece, dopo qualche giorno sono arrivate loro!
Il mago sollevò scettico un sopracciglio:
- Come è possibile? Hai detto d’aver protetto l’isola con l’Incanto Fildelius: nessuno poteva vederla o approdarvi.
- Già, proprio così! Davvero, non so come sia stato possibile, – esclamò la strega allargando perplessa le braccia, – ma credo che il mio amore sincero per te abbia attratto con forza il loro amore. È come se io stessa inconsciamente le avessi chiamate, avessi implorato il loro aiuto mostrando la strada per arrivare fino a te.
Gli occhi di Ilya brillavano di lacrime:
- Credo che in quella stanza al Ministero della Magia, in cui la studiano con attenzione da tanto tempo, abbiano ancora molte cose da scoprire sulla potente magia dell’amore!
Si voltò quindi verso le amiche:
- Ely è stata la prima ad arrivare. – disse indicando una brunetta piccolina dal chitone blu cobalto, seduta in fondo alla prima gradinata. – Conosce molto bene l’arte della divinazione del cielo e dei pianeti, che ha appreso dai Centauri: ha seguito il sentiero delle stelle più luminose della notte ed è arrivata qua. Ha subito previsto l’arrivo di tutte le altre, da ogni luogo e dimensione, quando io ancora ero incredula e pensavo fosse impossibile.
- La seconda ad arrivare è stata la silenziosa Penelope, che proviene dalle antiche terre dei druidi. – proseguì a raccontare Ilya, indicando una strega dalla tunica verde cupo coperta nel busto da una corta mantellina marrone, gli occhi nocciola ed i lunghi capelli castani intricati come i rami di un vecchio albero.
- Ha seguito la via dell’amore: ha percepito che tu avevi un grande bisogno di amore, Severus, semplice amore incondizionato, e lei aveva un cuore pieno di amore da donarti! – narrò con enfasi Ilya. - Penelope conosce tutto sull’antica magia delle pietre e degli incantesimi di guarigione delle rune che, insieme a tutti gli altri, ci hanno permesso di guarire il tuo sangue… e il tuo cuore…
Severus ricordò le pietre sotto il letto e sul tavolino e le rune cucite nella federa del cuscino; poi sorrise accarezzando le pietre nel taschino e sussurrò con voce turbata:
- Grazie!
Penelope spalancò stupita i grandi occhi nocciola, il sorriso ad addolcirle all’improvviso il bel visetto dal quale la tensione sembrava all’improvviso del tutto svanita.
- Quella è Alex, invece, l’artefice materiale di ogni cosa bella che vedi nel Tempio. – continuò Ilya indicando ancora l’energica ragazza dalla semplice tunica di un arancio acceso ed una rigogliosa criniera color biondo scuro che li osservava dall’ultima gradinata, i luminosi occhi verde chiaro spalancati con interesse. – Basta saperla guidare con mano ferma e la sua creatività può trasformare qualunque cosa in un capolavoro!
Il mago notò che la ragazza arrossiva ancora incontrando il suo penetrante sguardo nero; si volse quindi verso la strega seduta al suo fianco, un sorriso malizioso sul volto pallido ed un sopracciglio inarcato:
- E tu hai tutta la determinazione necessaria, vero Ilya?
La strega finse dapprima una malcelata indifferenza silenziosa, infine cedette:
- Tutta la determinazione che serve, Severus, lo sai…
- Sì, lo so, - rispose il mago in un profondo sussurro, gli occhi neri scintillanti, - e te ne sono infinitamente grato!
Ilya abbassò il capo e lo volse dall’altro lato mordendosi piano le labbra, lasciando che un lungo sospiro ne uscisse.
Quindi si alzò di scatto e, camminando, riprese a raccontare.
- Lei è la sensibile Stasja e viene dalla Transilvania. – continuò indicando una strega alta sull’ultima gradinata, fasciata da una ricca tunica d’un cupo amaranto. – Ha appreso terribili segreti della magia oscura, e conosce anche il colpevole male ed il dolore di un amore sbagliato. Ha usato quegli orribili segreti solo a fin di bene, per te, per neutralizzare il veleno di Nagini e permetterti di guarire; perché, amando te, Stasja è tornata a vivere!
Severus fissò intensamente la strega nelle scure iridi marroni, cogliendovi con chiarezza il fin troppo conosciuto dolore di un amore che aveva bruciato la vita.
- Per me… - sussurrò profondamente colpito.
- Sì, Severus, per te, per amor tuo, come tutte noi! – rispose con enfasi Ilya tornando a sedersi accanto al mago.
- Anche se all’inizio non credevo alle sue divinazioni, Ely aveva ragione; dopo le prime, alla spicciolata, ne sono presto arrivate altre da tanti luoghi diversi, perfino delle Babbane: non avrebbero proprio dovuto vedere l’isola, neppure immaginarne l’esistenza celata dalla magia, eppure la forza del loro amore le ha guidate qui. – spiegò la strega. – La prima è stata Ki, e di recente ne sono arrivate altre tre.
Ilya stessa sembrava ancora stupita da quell’inverosimile fatto, mentre indicava una donna con un corto caschetto di capelli scuri ed abbigliata con una ricercata tunica a due veli sovrapposti, verde acqua e smeraldo, seduta al centro della prima gradinata; i luminosi occhi verde-grigio, grandi e languidi, spalancati sul dolce viso sorridente, erano fissi senza timore in quelli neri di Severus che ricambiava l’intensità dello sguardo. Le altre tre, molto più giovani e con tuniche rosa di diverse tonalità, erano insieme sull’ultima gradinata: si tenevano per mano, timide e un po’ a disagio alla presenza del mago finalmente sveglio.
- In una silente notte di plenilunio, invece, Stasja ha sentito dei lievi gemiti provenire dal limpido laghetto dalla verde superficie da cui attingiamo l’acqua fresca e incontaminata per il tempio: mi ha subito avvertito e sulle rive abbiamo trovato Kendra. – rivelò indicando una giovane donna minuta dai vellutati capelli verdi e la carnagione di un tenue verdino opalescente, avvolta in un impalpabile velo della tonalità verde chiara dell’acqua. – Non sappiamo esattamente chi sia, forse è l’incarnazione del lago stesso…
Severus la osservò, stupefatto, gli occhi neri che con intensità scrutavano negli occhioni spalancati e colmi d’infantile ingenuità dell’eterea creatura che, per amor suo, aveva preso vita uscendo dal lago.
- Non erano in grado di fare nulla per te, solo donarti la forza del loro immenso e generoso amore. – raccontò Ilya commossa. – Così la dolce Ki e la tenera Kendra sono sempre rimaste accanto al tuo letto, a vegliarti e a sorriderti, a rinfrescare la tua fronte e inumidire le tue labbra. Non hanno mai perso la speranza, sicure che presto ti saresti risvegliato: ripetevano sempre il tuo nome con infinito amore, chiamandoti, indicandoti la strada per tornare a sognare e a vivere.
Severus posò lo sguardo nero e intenso sulle due donne, sorridendo loro con garbato rispetto.
- Per fortuna è presto arrivata anche l’allegra e coinvolgente Chiara, con tutte le sue preziose conoscenze su erbe e piante curative. – proseguì indicando una donna esuberante, alta e dalla robusta costituzione, con capelli castani ramati, corti e mossi, ed abbigliata con una semplice tunica blu notte. – Non si è mai risparmiata e con un duro ed energico lavoro in pochi giorni ha fatto rivivere l’originario giardino di piante officinali e curative delle antiche Vestali e ci ha fornito tutta la materia prima che ci serviva per distillare le pozioni curative e rinvigorenti per il tuo sangue, gli antidoti al veleno di Nagini, i decotti per tenere sotto controllo la febbre che ti divorava, il dittamo e gli unguenti per ammorbidire la pelle che si stava cicatrizzando e, infine, i complessi filtri per tenere gli incubi lontani dal tuo sonno e portarti con noi in un mondo fatto di sogni!
Severus guardò Chiara con il sorriso negli occhi e sulle labbra, colpito, poi guardò tutte le altre donne che erano lì esclusivamente per lui, perché lo amavano, e che con totale dedizione avevano fatto tutto ciò che potevano per salvargli la vita e dargli la possibilità di essere felice.
All’improvviso si sentì a disagio, fuori posto in quel luogo così colmo di amore, lui che per tutta la vita aveva saputo ossessivamente amare solo la donna di cui aveva causato la morte, nutrendo quell’amore con atroci rimpianti e strazianti rimorsi.
- E voi… voi cosa volete in cambio da me? – proruppe infine il mago, preoccupato, alzandosi in piedi. – Io… io non mi sento ancora in grado di amare e poi voi… voi siete…
Ilya scoppiò in una cristallina risata, seguita anche da alcune delle altre donne che avevano intuito l’inconsistente timore del mago.
- Noi non vogliamo assolutamente nulla da te, Severus, non temere: solo la possibilità di amarti…
Il mago trattenne con ansia il respiro all’interruzione della maga che lo guardava con aria dolce e maliziosa insieme, il tono di voce remissivo e rassicurante:
- … di amarti senza mai chiederti nulla in cambio. – completò Ilya. - Solo di amarti, Severus. Di restarti vicino. Di godere della tua presenza, della tua vicinanza. Di perderci nell’infinita ed oscura profondità dei tuoi occhi neri. Cercando di portarvi un po’ di serenità. Solo questo, Severus, nient’altro.
Il mago ammutolì.
- Vogliamo semplicemente la possibilità che questo luogo, - continuò la strega con ardente dolcezza, - fatto della stessa materia dei sogni, come ha scritto un grande poeta Babbano[5], - e con la mano indicò la parete dietro le colonne dell’anfiteatro che d’incanto si rivelò coperta da una grande libreria circolare, stipata di libri, - continui ad esistere, per noi e per te.
Ilya s’interruppe solo un istante, guardando tutte le altre che assentirono all’unisono:
- Questo luogo è perfettamente reale, Severus, e allo stesso tempo del tutto irreale. È il luogo dove vivono i sogni più segreti del nostro cuore, dove il nostro amore per te può prosperare, senza chiedere nulla in cambio.
La strega sorrise avvicinandosi al mago, sfiorandogli appena il viso in un’impalpabile carezza di sogno che Severus non fu neppure certo d’aver sentito sulla sua pelle:
- Ognuna di noi ha la sua vita al di fuori di qui, vera e reale, con le sue gioie ed i suoi problemi. E poi c’è questo luogo incantato, fatto solo di sogni e di amore, in cui rifugiarsi ogni volta che ne abbiamo bisogno. Quel bisogno di amare e di essere amato che è insito in ogni essere umano. C’è chi l’amore l’ha trovato ed è felice, Severus; ma c’è anche chi non l’ha mai trovato, oppure lo ha perduto, e ancora rincorre il suo sogno e vive solo dei suoi sogni. E c’è chi ha un cuore pieno di amore da donare…
Una lacrima brillò silenziosa negli occhi verdi screziati di nocciola della strega e le sue labbra tremarono, la voce che s’incrinava di commozione:
- Può essere così anche per te, Severus, se tu lo vorrai!
Il mago la guardò, quasi impaurito:
- Se lo vorrò… - ripeté in un sussurro incerto, l’aria che intorno a lui tremolava rendendo indefiniti i contorni di ogni cosa, anche del viso di Ilya.
- Chiudi gli occhi, Severus, e ascolta il tuo cuore, i tuoi sogni…
 




 
 

10.   Occhi neri

 
 Severus chiuse gli occhi lasciandosi cullare dalla dolce cantilena della voce di Ilya che lo trasportò in alto, tra impalpabili nubi di vapore penetrate dai raggi dorati del tramonto.
Vedeva l’isola sotto di sé, il grande stendardo verde-argento che ondeggiava sulle cime degli alberi, il prato verde puntinato di bianchi sedili e al centro il tempio fatto d’oro dal sole che tramontava dietro l’estremità posteriore; e il mare blu, intenso, dal quale i raggi radenti traevano riflessi cangianti: rosso, oro, arancio, argento.
Una brezza tiepida lo circondava carezzandogli il volto e facendo volare i suoi lunghi capelli neri; era densa di mille profumi, delicati ed intensi al tempo stesso, che gli riportavano i ricordi della sua vita e gli annunciavano quelli che ancora doveva vivere.
La melodiosa nenia lo circondava, penetrava in lui:
- Ho voluto per te un luogo sempre tiepido, luminoso e pieno di colori, Severus, affinché tu non soffrissi più nel freddo silenzioso ed oscuro del tuo sotterraneo…
Un singolare pensiero s’insinuò inopinato nella mente del mago: se quello era il tempio di Vesta, perché non aveva mai visto, da nessuna parte, il braciere con il fuoco sacro che le Vestali tenevano sempre accesso in onore della Dea?
La voce di Ilya risuonò limpida nella sua mente:
- Non abbiamo bisogno di alcun fuoco, nel Tempio, Severus…
La sentiva vibrare dentro di sé, in mezzo ai suoi pensieri, pervasa d’amore e di dolce passione:
- Il nostro sacro fuoco sono i tuoi scintillanti occhi neri, Severus, ed io come Vestale Maxima mi sono assunta il piacevole compito di Custode delle Fiamme Nere.
Al mago sembrò quasi di vederla sorridere vicino a sé, i lunghi ed inanellati capelli castani ondeggiare lievi nel vento e risplendere di riflessi ramati nel sole del tramonto, gli occhi verdi screziati d’oro e traboccanti  d’amore.
- A me sola l’onore e l’onere di far sì che la luce della vita brilli per sempre luminosa nei tuoi meravigliosi occhi neri, Severus…
Alla voce di Ilya si erano aggiunte adesso quelle delle altre donne, in un’unica dolce melodia che gli riempiva il cuore, che lo scaldava, che lo liberava da ogni doloroso legame con il passato.
- Il Tempio è sogno e realtà; esiste e non esiste; esiste solo per te, eppure anche senza di te, Severus.
Il mago all’improvviso comprese: quel posto irreale si sovrapponeva perfettamente alla realtà. Sarebbe potuto tornare a Hogwarts come Preside finalmente stimato e vivere la sua vita; ma allo stesso tempo poteva sempre tornare lì, in qualsiasi istante, al Tempio ed alle sue Vestali, luogo altrettanto reale del possente castello di Hogwarts. E loro lo avrebbero ogni volta accolto con amore generoso e sincero, finché il suo cuore non fosse finalmente guarito del tutto e pronto di nuovo ad amare.
Gli bastava semplicemente riaprire gli occhi su quel sogno e crederlo vero.
Doveva solo convincersi che anche lui meritava di vivere, di essere felice, di essere amato.
Era sufficiente seguire quelle voci che lo chiamavano rendendo dolcissimo il suo nome e lasciarsi guidare da loro nel luogo dei sogni.
E Severus, infine, decise.
Aprì gli occhi, neri e scintillanti nel sole del tramonto.
E sorrise.
Sorrise ad ognuna di loro, felice, con casto e puro amore.
 
Severus si ritrovò sul prato davanti al tempio, in mezzo ai vivaci colori delle loro tuniche, figura nera stagliata nel sole che tramontava lento alle sue spalle, elegante apparizione di sogno con il mantello nero che fluttuava nel vento della sera, accolto dai loro sorrisi felici.
Ilya, rosso fuoco d’amore, tese la mano verso il mago:
- Ecco, amiche mie: il Signore del Tempio è finalmente arrivato!





[1] Utilizzata  anche nella Grecia antica dai filosofi durante le lezioni; caratterizzata da un sedile piuttosto profondo e da una spalliera inclinata che permettevano una posizione allungata.
[2] La parte più interna della costruzione religiosa, il tempio rotondo in cui era custodito il fuoco sacro della Dea.
[3] Un ripostiglio in cui era custodito tutto il necessario per i riti in onore di Vesta ed anche, nella parte più nascosta, alcuni misteriosi oggetti di culto.
[4] Serviva per fare uscire i fumi del sacro fuoco perennemente acceso in onore a Vesta e vegliato dalle sue Vestali.
[5] William Shakespeare, La tempesta.

Edited by Ida59 - 6/12/2018, 22:01
 
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Che bel sogno, Ida. Quanto amore nell'immaginare un luogo protetto (che un po' mi ricorda questo Calderone ;) e qualcuna delle Streghine "vestali" l'ho pure riconosciuta nelle tue descrizioni) in cui curarlo e tenerlo al riparo da qualunque turbamento.
Un amore che diventa solido e tangibile: diventa appunto un luogo in cui essere coltivato.
Un amore che si scalda e si alimenta con il fuoco del suo sguardo.
Come dice il Colonnello Brandon «datemi qualche cosa da fare altrimenti impazzisco»: che ne so una tunica dismessa (anche di un colore terribile) e due padelle, giusto per preparare il pranzo; uno straccio per spolverare le colonne. Fatemi fare qualcosa!
:wub:
 
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view post Posted on 6/12/2018, 22:06
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:D :D :D :wub:
Se ambisci a un ruolo nel Tempio, devi scegliere il tuo nome e indicare le tue mansioni. Leggi nella discussione de Il Sensuale Tempio dei Bottoncini che Tirano.
E non mi dire che non l'avevi ancora scoperta!
 
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view post Posted on 6/12/2018, 22:33
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CITAZIONE (Ida59 @ 6/12/2018, 22:06) 
:D :D :D :wub:
E non mi dire che non l'avevi ancora scoperta![/color]

:wacko:
Ebbene è così! :blink:
Ma quanto imbranata sono?:P

Pensavo di propormi come venerante Vestale dei sussurri a fior di labbra, custode delle parole non dette, adoratrice delle sensuali labbra. Indossarei volentieri una veste bianca.:wub:

Edited by Gabrix1967 - 7/12/2018, 10:23
 
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view post Posted on 7/12/2018, 10:55
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CITAZIONE (Gabrix1967 @ 6/12/2018, 22:33) 
Pensavo di propormi come venerante Vestale dei sussurri a fior di labbra, custode delle parole non dette, adoratrice delle sensuali labbra. Indossarei volentieri una veste bianca.:wub:

Devi scrivere nella discussione che ti ho segnalato sopra.
 
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view post Posted on 7/12/2018, 11:46
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CITAZIONE (Ida59 @ 7/12/2018, 10:55) 
Devi scrivere nella discussione che ti ho segnalato sopra.[/color]

Ok, ma devo capire meglio come funziona. Mi sono fermata a pagina 10 di oltre 100 e non so ancora se è sufficiente proporsi o bisogna scrivere contestualmente qualcosa. Mi propongo e poi, appena torno da Hogwarts, studio meglio la situazione. Ora Severus mi sta facendo preparare il Distillato di Morte Vivente, non posso sbagliare, altrimenti mi caccia subito via! :lol:
 
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view post Posted on 7/12/2018, 12:02
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view post Posted on 31/8/2019, 20:47
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CITAZIONE (Ele Snapey @ 23/4/2014, 18:02) 
Ed ecco, capitolo per capitolo, pian piano me la sono centellinata tutta, con vero piacere! Assolutamente deliziosa: un magistrale colpo di bacchetta magica che ha ricostruito le origini del Tempio, giustificandone con maestria l'essenza fatta di sogno, e mi ha catapultato incredibilmente in questa realtà, apparentemente virtuale, ma resa possibile e tangibile dalla tua sempreverde abilità descrittiva. Certo non avrei mai immaginato di avere la facoltà di predire il futuro XD ma ti ringrazio per la collocazione che mi hai dato: mi sono sentita un po’ piccola fondatrice e parte storica del “Tempio”, di questa oasi di fantasia in cui posso anch'io lasciarmi alle spalle l’esistenza piatta di tutti i giorni e riprendere a dare sfogo alla mia immaginazione (che per me è linfa vitale) e alla mia passione.
In questa ricostruzione delicata e verosimile di come lui si sia potuto salvare, grazie alla forza dell’amore che lo ha strappato alla morte e ricondotto al sogno, tutto ritrova il giusto assetto e ogni cosa si ammanta di bellezza: è bella l’anima del nostro Severus e giustamente tutto ciò che lo circonda, perché ogni meraviglia e perfezione generata dall'incanto del luogo possa ridargli finalmente la meritata felicità, ma sono belle in primis le tue descrizioni precise e mirate a forgiare con perfezione la meravigliosa atmosfera protetta dalle colonne del tempio e, una per una, le personalità stupende e inequivocabili di ogni Vestale.
Ti ringrazio proprio perché, tornando a casa semi distrutta dopo aver trascorso giornate grigie e opache all'interno di padiglioni pieni di polvere e rumore, ho potuto ritrovare qualche momento di gioia grazie al calore di un Tempio magnifico, esattamente un luogo in cui avrei bisogno di immergermi per ritemprarmi e che è comunque servito a confortarmi e farmi distrarre per qualche momento dalla triste consuetudine: al termine della lettura è stato come se per i giardini curati del tempio ci avessi veramente camminato, e avessi avuto davvero il privilegio di assistere al ritorno alla vita del nostro immenso mago dei sogni! ;) Superlativo!
 
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view post Posted on 21/10/2019, 09:16
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CITAZIONE (Ida59 @ 7/7/2014, 21:35) 
CITAZIONE (Ele Snapey @ 23/4/2014, 18:02) 
Ed ecco, capitolo per capitolo, pian piano me la sono centellinata tutta, con vero piacere! Assolutamente deliziosa: un magistrale colpo di bacchetta magica che ha ricostruito le origini del Tempio, giustificandone con maestria l'essenza fatta di sogno, e mi ha catapultato incredibilmente in questa realtà, apparentemente virtuale, ma resa possibile e tangibile dalla tua sempreverde abilità descrittiva.

Sei sempre bravissima a fare complimenti, Ele, grazie!
CITAZIONE
Certo non avrei mai immaginato di avere la facoltà di predire il futuro XD ma ti ringrazio per la collocazione che mi hai dato: mi sono sentita un po’ piccola fondatrice e parte storica del “Tempio”, di questa oasi di fantasia in cui posso anch'io lasciarmi alle spalle l’esistenza piatta di tutti i giorni e riprendere a dare sfogo alla mia immaginazione (che per me è linfa vitale) e alla mia passione.

In effetti, anche tu sei una delle colonne portanti del Tempio, quindi dovevi per forza trovare la tua giusta collocazione e, per una che sa leggere così bene il carattere delle persone negli astri… be’, aggiungere anche la predizione del futuro mi sembrava il minimo per te!
CITAZIONE
In questa ricostruzione delicata e verosimile di come lui si sia potuto salvare, grazie alla forza dell’amore che lo ha strappato alla morte e ricondotto al sogno, tutto ritrova il giusto assetto e ogni cosa si ammanta di bellezza: è bella l’anima del nostro Severus e giustamente tutto ciò che lo circonda, perché ogni meraviglia e perfezione generata dall'incanto del luogo possa ridargli finalmente la meritata felicità, ma sono belle in primis le tue descrizioni precise e mirate a forgiare con perfezione la meravigliosa atmosfera protetta dalle colonne del tempio e, una per una, le personalità stupende e inequivocabili di ogni Vestale.

Sono felice che tu abbia apprezzato le descrizioni ma, soprattutto, abbia colto a fondo l’atmosfera protettiva e colma d’amore che aleggia tra le colonne del tempio, alimentata da tutte noi. E naturalmente sono felice che ti sia piaciuta anche la caratterizzazione delle varie Vestali
CITAZIONE
Ti ringrazio proprio perché, tornando a casa semi distrutta dopo aver trascorso giornate grigie e opache all'interno di padiglioni pieni di polvere e rumore, ho potuto ritrovare qualche momento di gioia grazie al calore di un Tempio magnifico, esattamente un luogo in cui avrei bisogno di immergermi per ritemprarmi e che è comunque servito a confortarmi e farmi distrarre per qualche momento dalla triste consuetudine: al termine della lettura è stato come se per i giardini curati del tempio ci avessi veramente camminato, e avessi avuto davvero il privilegio di assistere al ritorno alla vita del nostro immenso mago dei sogni! Superlativo!

Davvero belle le tue parole ed io sono felicissima se la lettura della mia fic è riuscita a ritemprarti da faticose giornate lavorative. E sono ancora più contenta di essere riuscita a portarti a vivere per un po’ tra le colonne del tempio!

 
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10 replies since 5/5/2017, 21:22   180 views
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