Parte II
Stringere la mano all’odio
Il Marchio bruciava, bruciava ancora, pretendendo imperioso la presenza del servo anche se il pavido Ministro se n'era infine andato e tutto, le sue parole gridate al mondo svelando le sue colpe ed il gesto che gli era così tanto costato, era stato inutile.
Il mago si era mostrato a tutti, l’anima nuda e vestita solo delle sue tremende colpe, e aveva offerto la vista del Marchio rompendo il suo isolamento e superando la sua tragica riservatezza solo in favore della causa. Era stato un duro, tremendo raffronto con se stesso, un drammatico confronto letteralmente giocato “sulla propria pelle”, il Marchio a rappresentare il suo personale dramma, la summa di tutti i suoi errori e delle sue colpe, l’impossibile convivenza con il se stesso imperdonabilmente colpevole che era stato. E a nulla valeva per lui il pensiero che, adesso, era un altro uomo, del tutto diverso; un uomo che aveva percorso la lunga strada dell’espiazione immerso in una terribile sofferenza; non contava neppure che il suo tremendo rimorso avesse lentamente ricucito ogni profonda lacerazione che la sua scelta sbagliata aveva inflitto alla propria anima. Ancora e sempre gli pareva che nessuna sofferenza fosse sufficiente a ripagare le vite che un tempo aveva tolto: nessun prezzo, mai, sarebbe stato in grado di rimettere in pari i piatti della bilancia, neppure l’offerta della sua stessa vita, proprio quella che in quel momento cruciale si apprestata a fare.
Silente aveva impartito ordini a tutti, ma Severus sapeva bene qual era la parte che gli spettava, probabilmente la più difficile e di sicuro la più rischiosa: il mago era più che conscio che la sua vita era attaccata ad un filo sottile; quel lungo ritardo nella risposta al richiamo del padrone richiedeva spiegazioni ineccepibili e molto convincenti, ma non era affatto sicuro che l'Oscuro Signore gli avrebbe concesso il tempo di fornirgliele. O, forse, poteva augurarsi che avesse deciso di ucciderlo molto lentamente, tra mille tormenti, lasciandogli così almeno la possibilità di parlare. La sua mente, del resto, era perfettamente pronta e l'Oscuro avrebbe trovato piena conferma di ogni sua lucida menzogna.
Se solo fosse riuscito a parlare...Eppure, Severus non aveva paura.
Era pronto, anche a morire se fosse stato necessario, anche se avrebbe in ogni modo cercato di proteggere la propria vita. No, non certo per sé, ma per loro: loro che lo avevano osservato in un silenzio attonito mentre rivelava il Marchio confessando le proprie colpe e mettendo a nudo la sua povera anima lacerata; tutti loro che adesso vedevano in lui solo un Mangiamorte, anche se non lo era più.
Da tanto tempo.Ma ciò che pensavano di lui non aveva alcuna importanza: lo avrebbero disprezzato ancora più di prima, lo avrebbero odiato sempre più a fondo e avrebbero avuto paura di lui; e tutto questo Severus sapeva che lo avrebbe letto il giorno successivo nei loro occhi.
Se fosse stato ancora vivo per incontrare i loro sguardi colmi di sprezzante condanna.Al mago dai lunghi capelli corvini, il cui viso sembrava risplendere nel profondo pallore, tutto ciò non importava. Sapeva bene qual era il suo dovere e lo avrebbe compiuto, indifferente al prezzo che gli sarebbe costato. Era sempre stato così, dal momento in cui aveva effettuato la Scelta giusta:
prima il dovere e poi se stesso. E il suo dolore. E la solitudine portata dall’altrui disprezzo sempre cercato e sollecitato. Era il prezzo che doveva pagare per le sue colpe.
E lo avrebbe pagato, fino in fondo.Mentre ancora il suo cuore batteva forte soverchiato da mille emozioni, l'impossibile avvenne davanti ai suoi occhi sgranati e la signora Weasley fece un balzo indietro urlando:
-
Sirius Black!Severus rimase in silenzio, immobile, senza neppure respirare, un'espressione di rabbia mista a orrore dipinta sul volto pallido, gli occhi neri fiammeggianti:
-
Lui!-ringhiò, fissando Black che gli rese uno sguardo altrettanto disgustato. -
Che cosa ci fa qui?Cosa diavolo ci faceva nell'infermeria proprio Black, l'uomo a causa del quale la sua Lily era morta, l'imbecille che aveva avuto la fottutissima idea di scambiarsi come Custode Segreto con Minus, l'infame traditore che poi aveva venduto all'Oscuro Signore la donna che amava? Perché Albus l'aveva permesso? Proprio in quel momento così importante per la causa, poi...
-
È qui dietro mio invito, - disse Silente, quasi rispondendo alla sua domanda inespressa e guardando alternativamente con assoluta serietà i due maghi che si osservavano in cagnesco, -
come te, Severus. Ho fiducia in tutti e due. È ora che mettiate da parte i vecchi dissapori e vi fidiate l'uno dell'altro.Il mago non riusciva a credere alle parole del preside.
Vecchi dissapori? Black aveva cercato di ucciderlo e per anni non aveva fatto altro che tormentarlo con un continuo stillicidio di intollerabili scherzi, umiliandolo e rendendogli la vista impossibile: altro che
vecchi dissapori! É vero che il vecchio talvolta aveva delle idee molto originali e spesso azzardate, ma Black... no, Sirius Black era davvero troppo e Albus non poteva chiedergli così tanto, non proprio a lui: per dodici anni l'aveva odiato con tutta la disperazione del suo amore perduto credendolo il traditore della sua Lily e, anche ora che infine sapeva la verità, mai avrebbe potuto aver fiducia nell'uomo che da ragazzo aveva cercato di ucciderlo organizzando quell'odioso
scherzo.Da quando, l’anno prima, Silente gli aveva fornito le prove che il traditore di Lily in effetti era quel viscido topo di Minus, Severus non era mai riuscito a smettere di odiare Black. Nel lungo anno trascorso nell’ombra fredda e silenziosa del suo sotterraneo, mentre il marchio tornava a far vivere l’orrore del passato sul suo braccio, il mago aveva sempre cercato con caparbia ostinazione un nuovo motivo per continuare ad odiare Black, rinfocolando il primo motivo di odio, quello provato insieme al terrore a quindici anni, davanti ad un lupo mannaro completamente trasformato.
Naturalmente lo aveva trovato con facilità, il modo per continuare ad odiare senza soluzione di continuità il bullo che lo aveva tormentato durante tutti gli anni di scuola: era stato proprio quell’arrogante presuntuoso di Black ad avere la bella pensata, all’ultimo momento, di scambiarsi con MInus per confondere le acque; l’odiato Black aveva consegnato la vita di Lily nelle mani di quello schifoso traditore: era sua la colpa se Lily era morta!
Se lo era ripetuto mille volte, fino a crederci davvero, così aveva continuato tranquillamente ad odiarlo anche in quell’ultimo anno, quasi per abitudine, desiderando con tutto se stesso di provare ancora quell’odio feroce di cui per tanti anni si era nutrito: un odio profondo ed imperituro, proprio come era il suo amore per Lily.
E ora il cane pulcioso di Black gli ricompariva all’improvviso davanti, proprio in quel momento difficilissimo, con il dannato Marchio che ancora bruciava dilaniandogli la carne e l’anima.
Gli occhi di Black gli rimandarono lo stesso profondo disprezzo che il mago a sua volta provava per lui; gli occhi azzurri di Albus, invece, pretendevano obbedienza.
E dedizione alla causa. Albus gli chiedeva di mettere da parte non solo se stesso, ma anche lo strazio infinito per la perdita dell'amore della sua vita; gli chiedeva di dimenticare
la sua Lily, di accantonarla pur di raggiungere l'obiettivo comune, l'unico scopo che realmente contava, ciò per cui durante quei lunghi anni si era preparato con severa determinazione.
-
Per il momento, mi basterà - continuò Silente impaziente, -
che evitiate ogni aperta ostilità. Stringetevi la mano. Ora state dalla stessa parte. Abbiamo poco tempo, e se i pochi che sanno la verità non restano uniti, non c'è speranza per nessuno di noi.Albus aveva maledettamente ragione e Severus lo sapeva. Doveva farlo, doveva dimenticare il suo strazio
e accantonare la sua Lily, metterla in secondo piano. Doveva pensare solo all'obiettivo comune.
Comune anche a quel dannato bastardo di Black.Lentamente, molto lentamente, e senza mai smettere di fissare con odio Black, il mago avanzò di un passo per stringere la mano del ragazzo che a quindici anni aveva cercato di mandarlo a morire tra le fauci di un lupo mannaro e la cui sventatezza aveva causato la morte di Lily.
Certo, l'Oscuro Signore non avrebbe mai cercato i Potter se non fosse stato lui stesso a riferire quel frammento di profezia; Lily non sarebbe mai morta se lui non avesse scelto di farsi marchiare come una bestia diventando tale. In realtà, Severus sapeva di essere peggio, molto peggio di Black, e, soprattutto, infinitamente più colpevole.
Era vero, Potter e Black, insieme a tutti gli altri boriosi Grifondoro, durante gli anni di scuola gli avevano progressivamente rubato l’affetto e l’amicizia della sua Lily, ma poi era stato lui, solo lui, con la sua folle scelta sbagliata per l’oscurità, con quelle maledette parole riferite al suo padrone d’un tempo, a servire su un piatto d’argento, all’odiato Black, la vita e la morte della donna che non aveva mai smesso di amare.
Su quella collina battuta dal vento, in una sera così lontana che quasi gli sembrava appartenere ad un’atra vita, spinto dal terrore della perdita il mago si era umiliato davanti a Silente implorandolo di proteggere Lily; e gli aveva promesso
qualunque cosa.
Ma Albus aveva invece deciso di affidare la protezione di Lily a suo marito ed ai suoi amici, a quel gruppetto di adolescenti irresponsabili e presuntuosi, da poco cresciuti, che solo qualche anno prima avevano dimostrato così poca considerazione per l’esistenza altrui. La protezione della vita preziosa di Lily, cui Severus teneva più della propria, era passata di mano in mano quasi davanti ai suoi occhi neri di terrore, con suo orribile e profondo tormento, scivolando dalle mani potenti del grande Silente a quelle rapaci dell’odiato rivale che gliela aveva portata via, e poi in quelle prepotenti e scapestrate di Black per arrivare infine in quelle infide e traditrici di quel vigliacco di Minus che, ben lungi dal proteggerla, l’aveva consegnata nelle mani assassine di Voldemort per paura della sua vedetta.
Severus era stato costretto a restare a guardare, da lontano, senza poter fare nulla, del tutto impotente a proteggere direttamente la donna che amava, costretto a fidarsi di chi non si fidava e che odiava invece con tutto se stesso per troppi importanti motivi. Non solo: aveva addirittura fallito in quello che era il suo vitale compito di spia, l’unica cosa che poteva fare per Lily; non era mai riuscito a scoprire chi era la spia di Voldemort che si era insinuata nell’Ordine, il maledetto vigliacco che aveva consegnato il suo amore alla morte. Era stata una orribile catastrofe di cui sentiva tutto il tremendo peso della colpevolezza, alimentata anche dal tormento continuo causato dal pensiero che in nessun modo poteva essere lui a difendere in prima persona la sua Lily, e lo avrebbe invece fatto con il suo stesso corpo! L’inestimabile privilegio, invece, era spettato all’odiato Potter, mentre il mago avrebbe dato letteralmente la vita per poter essere al suo posto e pararsi come scudo protettivo davanti all’Oscuro Signore!
Invece aveva dovuto nascondere e frenare le proprie passioni, aveva dovuto incatenare quel suo cuore temerario che sul bavero voleva solo urlare il suo amore disperato. Era stato costretto a continuare a tenere in piedi il suo difficile doppio gioco, cercando di scoprire le intenzioni di colui che, nemmeno due anni prima, era stato il temuto e potente padrone cui aveva consegnato la propria anima. Era stato oppresso orribilmente dall’angosciata impotenza di dover lasciare la donna amata nelle mani di qualcuno di cui non si fidava per niente, per diretta esperienza personale, e che invece veniva assurto a Custode Segreto. Fidarsi di Black era stata allora la più atroce delle torture, ben peggiore di qualunque altra che Voldemort in persona avrebbe potuto infliggergli, senza cavargli una sola parola, se lui stesso fosse potuto essere il Custode Segreto del suo amore. Invece, aveva solo potuto cercare di tenere lontano il Signore Oscuro da Lily, sapendo che se avesse trovato i Potter lui non avrebbe potuto fare più nulla in assoluto, se non stare a guardare mentre il suo cuore si dissolveva inesorabilmente nella disperazione e nel dolore.
E l’Oscuro Signore li aveva infine trovati, nonostante tutti i suoi sforzi ed i rischi mortali corsi…Il suo cuore quella notte si era frantumato in migliaia di pezzi, acuminati e penetranti, che lo avevano profondamente straziato, e che ancora lo stavano straziando dopo tanti anni…
Quella notte si era sentito orribilmente tradito da Silente. Gli era perfino sfuggito dalle labbra quello sfogo tremante:
-
Credevo... che lei... l'avrebbe... protetta...[1]al quale Albus aveva duramente risposto accomunandolo senza pietà ai Potter che, proprio come lui, si erano fidati della persona sbagliata.
Ma Severus si era affidato a lui, al mago potente, non ai suoi aguzzini dei giorni della scuola. Silente non lo aveva neppure considerato e aveva affermato secco ciò che era davvero importante:
-
Suo figlio è sopravvissuto.[2]Ma il mago era troppo sconvolto e disperato, quella notte, per capire che era davvero quello il fatto importante, al di là della morte della donna che avrebbe amato per sempre e per la quale, solo, avrebbe voluto poter morire come era stato concesso invece all’odiato rivale. In quel momento Severus era stato soverchiato da una tremenda sensazione di doppio tradimento, di Lily e di se stesso, e si vedeva totalmente sconfitto, lui che per la difesa della donna amata avrebbe sacrificato la vita e che quella difesa aveva implorato umiliandosi di fronte a Silente che, invece, con estrema leggerezza e, quasi, disinteresse, ne aveva delegato la protezione a qualcun altro.
No, in quella notte di atroce disperazione Severus non era stato per nulla in grado di comprendere che, già da allora, gli obiettivi dello stratega che poi Silente gli aveva mostrato di essere trascendevano il singolo e puntavano ad un disegno molto più grande ed essenziale: uno scenario finale in cui solo il bambino sopravvissuto era la persona davvero indispensabile, e il sacrificio della vita di Lily assolutamente necessario per il compimento della profezia e, quindi, per la salvezza dell’intero mondo magico. No, del tutto devastato dal suo agghiacciante dolore, Severus quella notte non era stato in grado di pensare lucidamente. Ma poi aveva avuto molti lunghi anni di sofferente solitudine per pensare, e lo aveva fatto, eccome se lo aveva fatto. E infine aveva compreso.
Tutto. Al punto che quegli obiettivi, ora, erano diventati anche i suoi.In quell’ultimo anno, anche se aveva voluto a tutti i costi continuare ad odiare Black, aveva compreso in modo altrettanto chiaro che lo spavaldo Grifondoro in fin dei conti aveva agito solo per il bene degli amici ed in perfetta buona fede proponendo lo scambio con Minus; che Black si era messo in prima linea cercando di attirare coraggiosamente su di sé l’attenzione, anche lui disposto a morire per gli amici, per sviarla così dal vero Custode; e che anche Black, proprio come lui, si torturava con i rimorsi per la morte di Potter e di Lily che imputava a se stesso.
Severus non poteva quindi più rifiutarsi di riconoscere in Black un formidabile alleato, nonostante tutto l’odio che per tanti anni aveva provato per lui: si obbligò a mettere da parte ogni vecchio e doloroso risentimento perché c’era una causa ben più importante per la quale combattere ed essere uniti; si costrinse a dimenticare ogni odio ed ogni sofferenza per non distruggere le speranze per il figlio di Lily e per il mondo magico. Si trattava di un imperativo troppo importante, che in nessun modo doveva essere disatteso: il giovane Potter era più importante di Black, era più importante del proprio orgoglio e del bruciore delle proprie ferite. Era più importante di tutto l’odio che aveva provato e che ancora provava per lui.
Era più importante perfino dell’amore per la sua Lily…Severus allungò quindi il braccio porgendo la mano all'uomo che aveva ferocemente odiato per dodici anni credendolo la causa della morte della sua Lily, mentre sull'altro braccio il Marchio, che aveva appena mostrato ottenendo solo il disgustato disprezzo di tutti, ancora ardeva di mortale impazienza, orrido simbolo di colpa di nuovo celato alla vista sotto la lunga manica nera.
Anche se ora il Marchio era di nuovo nascosto, se esisteva solo per lui, nella sua carne e nella sua anima lacerata, quello sfregio indelebile gli ricordava che l’unico vero carnefice di Lily era stato lui, Severus: non l’arrogante Black, non lo schifoso topo e neppure l’Oscuro Signore che aveva pronunciato le parole di morte. Il vero carnefice del suo amore era stato il suo tragico errore, la scelta avventata di un giovane che credeva di inseguire conoscenza e potere, ma invece voleva solo vendetta per tutte le umiliazioni subite. La folle scelta del giovane Severus aveva condannato a morte Lily ed ora quello stesso ragazzo, finalmente diventato uomo, consapevole di tutti i suoi errori e gravato dai rimorsi per le sue colpe, doveva riparare a quell’errore riconoscendo che c’era qualcosa più importante di se stesso, e perfino della sua amata Lily: c’era la causa
giusta per cui combattere, c’era il suo sentiero di redenzione, colmo di sofferenza, da percorrere fino in fondo; c’erano tutte le sue colpe da espiare pagando il prezzo tremendo del ritorno all’oscurità di Voldemort.
Ma solo per combatterlo. E sconfiggerlo.In una sola, altissima parola, c’era il suo
dovere da compiere, per poter poi aspirare un giorno al perdono.
Il perdono degli altri e, forse, anche il proprio.In fondo, il mago sapeva fin troppo bene, mentre gli stringeva la mano, che l’odio intenso che provava per Black altro non era, come sempre, che odio rivolto verso di sé per tutto ciò che non era stato in grado di fare lui stesso; tutto quello che
non aveva potuto fare a causa delle sue colpe, costretto così ad abbandonare la vita della sua Lily in mano ad altri.
E a vederla morire…Tutto tornava sempre e comunque a quel Marchio maledetto, alle sue colpe e all’impossibilità del perdono, alle scelte sbagliate fatte con piena consapevolezza: tutto era sempre inesorabilmente riconducibile a lui ed ai suoi incancellabili errori. Lui solo era il colpevole ed era giusto che si ferisse ancora ed ancora, che si torturasse tra gli spasimi di un’espiazione che non doveva avere alcun limite. Era un lungo percorso di accettazione, lento e difficile, ma inflessibile, quello che aveva scelto; un percorso tormentato e contraddittorio in cui doveva confrontarsi con se stesso prima ancora che con gli altri.
In totale, profonda umiltà. Riconoscendo ogni suo errore, per espiarlo fino in fondo.
Lo faceva anche per la causa, certo, per l’obiettivo finale e la distruzione del Signore Oscuro, ma soprattutto lo faceva perché, di fronte alle sue imperdonabili colpe, non sopportava l’idea di potersi risparmiare qualche cosa: così si sottoponeva alla pena alla quale si era da tempo condannato e a cui faceva in modo che ognuno, ancora e sempre, lo condannasse. Affinché negli occhi di tutti coloro che lo disprezzavano potesse ogni giorno leggere l’odio.
L’odio ed il disgusto che provava per se stesso e per le sue orribili colpe.Come si era lasciato bruciare il braccio dal Marchio di Voldemort, così ora il mago si lasciò bruciare la mano dalla stretta dell’odiato Black.
Fu una stretta di mano veloce, tra nemici giurati legati da un comune obiettivo; quindi si separarono molto in fretta allontanandosi di nuovo e continuando a guardarsi con odio.
[1] Battuta tratta dal capitolo 33: Il racconto del Principe di Harry Potter e i doni della morte.
[2] Battuta tratta dal capitolo 33: Il racconto del Principe di Harry Potter e i doni della morte.