Il Calderone di Severus

6.2. Richard Wagner, In occasione del bicentenario dalla nascita

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view post Posted on 13/11/2012, 18:01
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Il prossimo anno è un anno denso, dal punto di vista delle celebrazioni in ambito musicale. Si festeggiano infatti i bicentenari di due tra i compositori d'opera più importanti del XIX secolo (se non i due più importanti) e di uno dei maggiori compositori del XX.
Nel 1813 sono nati, a distanza di pochi mesi l'uno dall'alto, Richard Wagner (Lipsia 22 maggio 1813 - Venezia, 13 febbraio 1883) e Giuseppe Verdi (Roncole di Busseto [PR] 10 ottobre 1813 - Milano, 27 gennaio 1901). Nel 1913 è nato Benjamin Britten (Lowestoft [Suffolk], 22 novembre 1913 – Aldeburgh, 4 dicembre 1976).
Ognuno di loro avrà una discussione apposita, dove analizzerò la maggior parte delle sue opere, senza fare troppi riferimenti biografici, soprattutto perché non amo molto il tentare di cercare ad ogni costo una corrispondenza tra composizione e vita. Ovviamente per qualsiasi curiosità, domanda, sono qui.
Premetto anche che alternerò le lezioni tra i diversi compositori e che, considerando la vastità dei mondi da loro esplorati, toccherò vari temi tra quelli preannunciati nel programma del corso, inserirò tutti gli opportuni link, per rendere il tutto più chiaro.

L'idea di iniziare da Wagner è dovuta essenzialmente al fatto che è il più vecchio, nonché al fatto che ho ancora nelle orecchie il Fliegende Holländer (l'Olandese Volante) che ho ascoltato recentemente a Torino.
Prima di porre l'elenco delle opere di Wagner, faccio una piccola premessa sulla visione poetica del compositore che è fondamentale per comprendere ciò che Wagner ricercava.
Ma prima di tutto, premetto che Wagner non è stato unicamente un compositore, ma anche (e sono certa che lui non apprezzerebbe questo mio anche) uno scrittore e un saggista.
Scrittore innanzitutto perché ha scritto da solo i versi dei suoi libretti, ma anche perché ha tentato di creare un linguaggio ad hoc per le sue opere (amava l'uso, alle volte eccessivo dell'allitterazione), sopratutto laddove voleva conferire un suono arcaico alla lingua tedesca. Scrittore di alcuni racconti e poemi che non hanno mai previsto la messa in musica, ma anche di brevi abbozzi o poemi teatrali ben sviluppati per progetti operistici, poi abbandonati, in favore di altri. Abbozzi che si possono leggere anche come opere letterarie in sé.
Saggista perché ha scritto moltissimo di musica e sulla musica e su sé stesso (ma la sua autobiografia è da prendere con le pinze, come tutte le volte che un artista parla di se stesso). Ciò che è interessante rilevare dei saggi di Wagner, al di là delle sue idee controverse, è il fatto che vi abbia espresso in maniera sistematica le sue idee musicali e compositive. La sua visione poetica, in definitiva.
Ciò che Wagner vuole realizzare - e che inizierà a realizzare, in nuce, dal Fliegende Holländer - è realizzare quello che chiama il Gesamtkunstwerk, ovvero sia l'opera d'arte totale, ovvero la perfetta unione di parola, canto e arte scenica (quella che oggi chiamiamo regia) all'interno delle sue opere. Non è un caso se ogni didascalia dei libretti wagneriani è lunga e precisa, se ogni minimo gesto è sottolineato, considerando che erano visti come mezzo utile per la realizzazione dell'opera d'arte totale, non è un caso se vi sia una forza immaginifica (nel Parsifal pare aver in mente un lungo piano-sequenza di carattere cinematografico, quando il cinema doveva ancora essere inventato) notevole in tutte le sue opere, una forza immaginifica che dovrebbe rispecchiarsi sulla scena, nella parola e nella musica. La parola è sorretta dalla musica e la musica è strettamente legata alla parola e all'immagine, evocativa quindi del mondo che la scena evoca (il ruolo della natura è fondamentale) e di ciò che la parola crea.
Si crea quindi un flusso unico che va a legare l'intero atto e un atto all'altro, un flusso retto da una fitta rete motivica (i Grundmotiven o Leitmotiven), che forma come una sorta di rete che sorregge la narrazione musicale e narrativa.
L'idea di Wagner è quindi quella di andare oltre l'opera, com'è concepita nella sua epoca, oltre, per farla semplice, all'opera a pezzi chiusi, composta da arie, duetti, terzetti etc., per creare per l'appunto quel fllusso continuo di cui scritto sopra e l'opera d'arte totale. Come appena detto, il tessuto delle opere di Wagner si regge su una fitta rete di motivi, i quali si riferiscono ad un oggetto, personaggio, simbolo che compare nell'opera e, per semplificare, ritornano all'interno dell'opera stessa, variando, intrecciandosi con altri, delineando situazioni e sentimenti, in un intreccio complesso, in cui, alla fine, definire ogni tema con un nome, fa perdere senso al tutto, proprio per il continuo gioco di intrecci, per l'intessere quella rete che sostiene tutto.
Naturalmente Wagner non arriva subito ad ideare un cambiamento così radicale nella storia della musica operistica (perché che piaccia o meno fu un cambiamento radicale), ma, inizia, essenzialmente il lavoro a partire dal Fliegende Holländer (dove però l'intreccio motivico non è ancora così totale e si possono riconoscere, seppur celati, i numeri che compongono tradizionalmente un'opera, quindi duetti, terzetti, arie), per continuare in maniera inesorabile.

Riporto ora l'elenco delle opere di Wagner, premettendo che, quando andrò a trattare le diverse opere, salterò le prime quattro perché non le conosco (non vengono mai rappresentate e non esistono praticamente registrazioni adeguate) e quindi non ho le capacità per fare un'analisi veramente accurata. Partirò, tra qualche giorno, dal Fliegende Holländer.
Per ogni opera è indicato il tempo di composizione e l'anno di rappresentazione, in modo da dare l'idea del modo lento di lavorare di Wagner.

1. Die Hochzeit (Le nozze) 1832, incompiuta e parzialmente perduta
2. Die Feen (Le Fate) 1834. Prima rappresentazione: 29 giugno 1888
3. Das Liebesverbot oder Die Novize von Palermo (Il divieto d'amare o la novizia di Palermo) 1834-1836. Prima rappresentazione: 29 marzo 1836
4. Rienzi, der letzte der Tribunen (Rienzi, l'ultimo dei tribuni) 1837-1840, Prima rappresentazione: 20 ottobre 1842
5. Der Fliegende Holländer (L'Olandese Volante) 1840-1841, Prima rappresentazione: 2 gennaio 1843, con successive rielaborazioni
6. Tannhäuser 1842-1845, Prima rappresentazione: 19 ottobre 1845 con successive rielaborazionie, tra cui una per Parigi del 1861.
7. Lohengrin 1845-1848, Prima rappresentazione: 28 agosto 1850
8. Tristan und Isolde (Tristano e Isotta) 1856-1859, Prima rappresentazione: 10 giugno 1865
9. Die Meistersinger von Nürnberg (I Maestri Cantori di Norimberga) 1845-1867, Prima rappresentazione: 21 giugno 1868
10. Das Ring des Nibelungen (L'Anello del Nibelungo), saga composta da quattro opere: Das Rheingold (L'oro del Reno. 1851-1854, Prima rappresentazione: 22 settembre 1869), Die Walküre (La Valchiria
1851-1856, Prima rappresentazione: 26 giugno 1870), Siegfried (1851-1871, Prima rappresentazione: 1876), Götterdämmerung (Il Crepuscolo degli Dei 1848-1874, Prima rappresentazione: 17 agosto 1876). Prima rappresentazione dell'intero ciclo: 1876
11. Parsifal 1865-1882, Prima rappresentazione: 26 luglio 1882
 
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view post Posted on 13/11/2012, 22:20
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I ♥ Severus


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Wagner per me è un compositore molto difficile: la sua musica mi piace, la trovo eroica e romanticamente tragica (che è diverso dal tragicamente romantica!) ma ho un rapporto davvero conflittuale con le sue opere, probabilmente perchè sono complesse ed ho bisogno che qualcuno me le spieghi. Del resto, il tuo pezzo iniziale di spiegazione rende evidente la complessità dell'opera di Wagner e delle sue idee.
Quindi, ben vengano le tue lezioni. :)
 
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view post Posted on 14/11/2012, 10:33
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CITAZIONE (Ida59 @ 13/11/2012, 22:20) 
Wagner per me è un compositore molto difficile: la sua musica mi piace, la trovo eroica e romanticamente tragica (che è diverso dal tragicamente romantica!) ma ho un rapporto davvero conflittuale con le sue opere, probabilmente perchè sono complesse ed ho bisogno che qualcuno me le spieghi. Del resto, il tuo pezzo iniziale di spiegazione rende evidente la complessità dell'opera di Wagner e delle sue idee.
Quindi, ben vengano le tue lezioni.

Wagner non è un compositore immediato e di certo pretende, soprattutto da Tristan in poi, una forte attenzione da parte dell'ascoltatore. Bisogna stare attenti al testo (la parola è importante), all'intreccio dei temi, al gioco dei sentimenti che legano i vari personaggi.
Domani entrerò nel vivo con l'Olandese Volante, che è la più corta delle opere wagneriane (solo 2h20 di musica contro le 4h20 del Crepuscolo degli Dei) e la più abbordabile.
 
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view post Posted on 22/11/2012, 17:01
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Der Fliegende Holländer
Opera romantica




Personaggi:

Daland, navigatore norvegese (basso)
Senta, sua figlia (soprano)
Erik, un cacciatore (tenore)
Mary, nutrice di Senta (mezzosoprano)
Il timoniere di Daland (tenore)
L’Olandese (baritono)

Marinai del Norvegese, l’equipaggio dell’Olandese volante, ragazze.

Scena: la costa norvegese


TRAMA E ANALISI:

Atto I.
Riva erta e rocciosa. Il mare occupa la maggior parte della scena; ampia prospettiva sullo stesso. IN primo piano le rocce, da entrambi i lati formano delle forre da cui rispondono gli echi. Tempo tenebroso; violenta tempesta; fra le rocce persino il vento, che in mare aperto si vede flagellare le onde, perde il suo vigore, solo di quando in quando sembra penetrarvi l’urlo della tempesta. La nave di Daland ha appena gettato l’ancora rasente la riva; l’equipaggio è occupato in rumoroso lavoro, ammainare le vele, lanciare cavi ecc. Daland è sceso a terra; sale su una roccia e, volto verso l’interno, cerca di riconoscere la regione.
Questa la didascalia che apre il libretto, decisamente lunga e articolata, in modo tale da dare un quadro preciso del paesaggio e dell’atmosfera, che è echeggiata dalla musica, dove si ode perfettamente la voce del mare in tempesta. E poco dopo il coro inarticolato dei marinai che stanno lavorando, volutamente privo di parole intelleggibili (Hojohe! Hallojo!). Prima di proseguire con il racconto voglio solo far notare la differenza tra la didascalia iniziale dell’Olandese Volante e quella di un’opera perfettamente contemporanea quale I Lombardi alla Prima Crociata di Verdi, dove si legge solamente La piazza di Sant’Ambrogio. Si ode lieta musica nel tempio, vaga, com’è abitudine nell’opera coeva. Emerge quindi, dalle didascalie, la vocazione letteraria di Wagner, nonché quel suo voler intrecciare tutti gli aspetti dell’arte che è ben presente nella sua visione dell’opera. Aggiungo unicamente, poi inizio a narrare seriamente la trama che il lavoro didascalico è preciso all’interno del libretto anche per quel che riguarda i movimenti dei personaggi.
Daland, come ci dice la didascalia, scende a terra e si guarda intorno. Comprende di essere stato sbattuto dalla tempesta lontano sette miglia dal porto dov’è diretto dopo un lungo viaggio. Il porto è il luogo dove vive (un anonimo villaggio norvegese), dove lo attende la figlia. Vagliando la situazione, decide di tornare a bordo, e di mandare gli uomini a riposarsi, in attesa che la tempesta, che si sta acquietando, finisca del tutto. Ordina al giovane timoniere di fare la guardia alla nave, per quanto Daland non percepisca alcun pericolo imminente.
Il timoniere, per tenersi sveglio, canta una canzone marinaresca che parla di vento del sud, di una fanciulla che lo aspetta, di un regalo fattole, in un clima dolcemente sognante. Alla fine, cullato dal canto, il timoniere si addormenta. Quando è completamente addormentato la tempesta torna ad infuriare ed in lontananza appare una nave con le vele rosso sangue e gli alberi neri. La nave si avvicina e getta l’ancora con un rumore sinistro e terribile. Il timoniere si riscuote appena, ma non si accorge di nulla, e si riaddormenta. L’equipaggio della nuova nave, completamente in silenzio – in netto contrasto con il canto dell’equipaggio norvegese – ammaina le vele e lancia le corde. Un uomo scende, vestito di nero, scende a terra.
L’uomo (di cui il pubblico non conosce ancora l’identità) medita a lungo sul suo destino, con le seguenti parole (contrariamente al solito, analizzerò alcuni passi dell’opera, mentre racconto la trama, perché mi permette di spiegare i vari passaggi in maniera più approfondita), in quella che è, per quanto ben mascherata in un continuo musicale pieno di tensione, la sua aria:

Il termine è trascorso, - e son passati ancora
sette anni: colmo di tedio mi scaglia
il mare sulla riva. Ah! Oceano superbo!
Fra breve termine mi devi di nuovo portare!
Cedevole è la tua superbia, ma eterna la mia pena!
La salvezza, ch’io cerco a terra, mai
Troverò! A voi, flutti dell’immenso mare,
resto fedele, fin che la vostra ultima onda
si franga, e la vostra ultima goccia inaridisca!
Quante volte nella più profonda voragine del mare
Mi precipitai colmo di bramoso desiderio:
ma, ah!, la morte non trovai!
Là dove sta l’orribile fossa delle navi,
sospinsi la mia nave al fondo degli scogli,
ma, ah!, la mia fossa non si chiuse!
Beffardo minacciai il pirata,
in selvaggia battaglia sperai la morte –
«Qui» gridai «mostra le tue imprese,
di tesori sono piene nave e scialuppa! »
Ma, ah! Il barbaro figlio del mare
Con terrore si fa il segno della croce e fugge via.
Quante volte nella più profonda voragine del mare
Mi precipitai colmo di bramoso desiderio!
Là dove sta l’orribile fossa delle navi,
sospinsi la mia nave al fondo degli scogli.
In nessun luogo una fossa! Mai, mai la morte!
Questo il divieto tremendo della mia dannazione!
(Volge lo sguardo al cielo.)
A te chiedo, lodato angelo di Dio,
che mi ottenesti la condizione della mia salvezza!
Infelice, fui forse zimbello del tuo scherno,
quando tu mi offristi la redenzione?
Inutile speranza! Terribile, vano sogno!
Finita è per sempre l’eterna fedeltà!
Solo una speranza mi resta ancora,
sol una, sicura, irremovibile:
fin da quando spuntino ancora i germi della terra
anch’essa deve alla fine andare in rovina.
Giorno del giudizio! Ultimo giorno!
Quando irrompi nella mia notte?
Quando rintrona il colpo annichilatore
Che fa crollare il mondo?
Quando tutti i morti risorgeranno,
allora io svanirò nel nulla!
O mondi, terminate la vostra corsa!
Annichilimento eterno, accoglimi!


Ascolto (L’aria è interpretata da Donal McIntyre. Si tratta di un film-opera, come si può ben notare dalla scena).



È un’aria colma del desiderio di morte e della mancanza di speranza che contraddistingue l’uomo, costretto a vagare per l’eternità tra i mari, con una sosta a terra ogni sette anni, alla ricerca della fedeltà eterna, perché in questo sta la sua possibilità di salvezza. Il libretto è volutamente vago circa le cause della condanna, così come del come l’uomo potrà ottenere salvezza. Sono informazioni sottintese per lui che le conosce perfettamente e che verranno poi fornite all’ascoltatore nel Secondo Atto. Quello che è interessante notare, in questo momento, è la totale mancanza di speranza. Esiste una possibilità di salvezza, ma l’uomo ha perso fede in lei e non vede che una sola possibilità per trovare finalmente la pace: la morte. E, per lui, che la morte non può incontrarla, nonostante la cerchi con tutto se stesso, questa sta unicamente alla fine del mondo.
La riflessione dell’Olandese è interrotta dall’arrivo di Daland che esce dalla sua cabina e nota la nave dalle vele rosso sangue. Sgrida il timoniere che è decisamente imbarazzato per il suo sonno. Poi scorge a terra l’uomo in nero. Daland scende e lo interroga. L’uomo risponde unicamente di essere Olandese. Daland è solidale con lui, pensando che, come lui sia stato sospinto dalla tempesta, aggiungendo poi che si trova poco lontano dalla sua dimora. Continua chiedendo se abbia subito danni. Così risponde l’Olandese:
Salda è la mia nave, e non subisce danni.
Sbattuto fra tempesta e perfido vento,
erro qua e là sulle acque;
da quando? Quasi dirlo non so;
io non conto più gli anni.
Impossibile mi riesce ricordare
Tutti i paesi che incontrai:
uno soltanto, quello che bramo,
io non trovo, la mia patria!
Concedimi per breve tempo la tua casa,
e della tua amicizia non ti pentirai!
Di tesori d’ogni regione, d’ogni dove,
è colma e greve la mia nave; se vuoi trattare,
sarai sicuro del tuo profitto!

Da un lato, quindi, l’Olandese ripone l’accento sul suo vagare senza meta – vagare senza meta che Daland legge però come un esilio – aggiungendo poi l’offerta di ricchezze e tesori. A questa offerta pare essere molto attento il capitano norvegese, rivelando quindi un tratto del suo carattere: il desiderio d’oro e di ricchezza, un desiderio a cui risponde l’Olandese, mostrandogli una cassa colma di perle e pietre preziose. L’Olandese è disposto a scambiare questo tesoro per l’ospitalità.
Chiede poi, quasi ex abrupto, se Daland abbia una figlia. Il capitano risponde positivamente e l’Olandese la chiede in sposa. Il capitano norvegese ne è piacevolmente sorpreso perché avere come genero il misterioso straniero gli prospetterà una vita d’agi e di ricchezze. Quindi accetta di offrire la figlia in sposa all’Olandese. Mentre Daland è preso dall’idea di avere un ricco genero e di poter quindi maritare ottimamente la figlia, l’Olandese è perso in ben altri pensieri, pensieri che ci svelano che egli sarà salvo, quando troverà fedeltà eterna in una donna:
Sarà lei il mio angelo?
Se dalla terribile forza dei tormenti
Il desiderio mi sospinge alla salvezza,
m’è concesso persistere
nell’unica speranza che mi resta?
Devo consumarmi ancora nell’attesa vana
Che a me si rivolga un angelo?
Dei tormenti, che offuscano il mio capo,
avrei forse raggiunto l’agognata meta?
Ahimè! Senza speranza qual sono,
pur m’abbandono alla speranza!

Come si può notare, ancora una volta emerge il tema della mancanza di speranza e dell’improvvisa presenza della stessa, che contraddistinguerà l’Olandese da qui alla fine dell’opera. Così come emerge, ma sarà palese anche negli altri atti, l’opporsi di due mondi: il mondo dell’Olandese e il mondo di Daland, o meglio il mondo fantastico e il mondo normale, borghese. L’Olandese è un diverso all’interno del mondo di Daland, dei marinai e, poi si vedrà, anche del villaggio norvegese, dove vivono Daland ed il suo equipaggio. È portatore di quel desiderio di morte e salvezza che emerge nell’aria e nel duetto con Daland. Non è un caso che, alla fine dell’atto, le due navi partano separatamente, quasi a sottolineare la diversità, il divario che separa i due mondi rappresentati. Un divario che si acuirà a partire dal prossimo atto.


Atto II.
Siamo in una grande stanza in casa di Daland, con alle pareti quadri di soggetti marini, ma soprattutto, sulla parete di fondo il ritratto di un uomo pallido dai capelli scuri e l’abito nero. Le ragazze del villaggio, sorvegliate da Mary, siedono intorno al camino e filano. Senta, la figlia di Daland, ha abbandonato il lavoro e sta fissando con aria di sognante ammirazione il ritratto sulla parete di fondo. Le ragazze cantano un’allegra canzone, fino a quando Mary non rimprovera Senta che non fila e non canta. Le ragazze la prendono in giro, dicendo che è innamorata di un ritratto, ma di guardarsi dalla gelosia di Erik, il cacciatore, che la ama.
Senta le rimprovera e chiede, poi, a Mary di cantare la ballata dell’Olandese Volante. Mary rifiuta e quel punto Senta decide di cantarla lei stessa:
Johohoe! Hohohohoe!
Hohohoe! Johoe!
Incontraste la nave in mare,
rosso sangue le vele, nero l’albero?
Sull’alto bordo l’uomo pallido,
padron della nave, veglia senza sosta.
Hui! Come sibila il vento! Johohe! Johohe!
Hui! Come fischia nella gomena! Johohe! Johohe!
Hui! Come una freccia egli vola via,
senza meta, senza sosta, senza pace!
Ma l’uomo pallido potrebbe un dì ancora
Aver redenzione,
se trovasse una donna che fino alla morte
gli sia fedele in terra!
Ah! Quando la troverai, o pallido marinaio?
Pregate il cielo che presto
Una donna gli serbi fedeltà!
(Verso la fine della strofa Senta si volge verso il ritratto. Le ragazze ascoltano con vivo interesse: Mary ha smesso di filare)
Con cattivo vento e furia di tempesta,
volle un giorno doppiare un capo,
bestemmiò e giurò con folle coraggio:
non desisterò in eterno!
Hui! E Satana udì! Johohe!
Hui! Lo prese in parola! Johohe! Johohe!
Hui! E dannato ora corre
Per il mare senza sosta, senza pace!
Ma, perché l’infelice uomo trovasse ancora
Un giorno redenzione in terra,
rivelò un angelo di Dio come la sua salvezza
potrà un giorno ottenere.
Ah! Potessi tu, o pallido marinaio, trovarla!
Pregate il cielo che presto
Una donna gli serbi fedeltà!
[…]
(Senta che già alla seconda strofa si era levata dalla poltrona, prosegue con sempre crescente esaltazione)
All’ancora ogni sette anni,
per sposare una donna, scende a terra,
si sposò ogni sette anni,
ma non trovò mai una donna fedele.
Hui! «Issate le vele!» Johohe! Johohe!
Hui! «Levate l’ancora!» Johohe! Johohe!
Hui! «Falso amore, falsa fedeltà!
Su in mare, senza sosta, senza pace!»
(Senta, troppo violentemente commossa, ricade nella poltrona.)
RAGAZZE
(dopo una pausa proseguono a cantare sottovoce, con profonda commozione)
Ah! Dove vive quella che un giorno l’angelo di
Dio ti possa rivelare?
Dove trovi quella che fino alla morte ti
Resti fedele?
SENTA
(presa da improvvisa esaltazione, balza dalla poltrona)
Ch’io sia quella che ti redime con la sua fedeltà!
Possa l’angelo di Dio rivelarmi a te!
Per mio merito devi raggiungere la salvezza!


Ascolto (La ballata è interpretata da Nina Stemme)



La ballata di Senta è fondamentale per tutta la storia, divenendone quasi il centro drammaturgico. Sicuramente tutti i motivi musicali principali dell’opera sono presenti nella ballata (ascoltando con attenzione ce ne sono alcuni che si sono già ascoltati nell’aria dell’Olandese), così come è ancora più evidente il tema portante dell’opera: la redenzione. Redenzione cercata dall’Olandese ed offerta da Senta, che, affascinata dalla storia dell’uomo e dal suo ritratto, sogna di essere colei che lo possa redimere. Il rapporto di Senta con l’Olandese – prima di incontrarlo – è decisamente interessante. Da un lato la rende diversa rispetto alle altre ragazze che, se è vero che sono commosse dalla storia, sono atterrite e spaventate dalle ultime parole di Senta (dicono infatti Ci aiuti il cielo! Senta! Senta! e poco dopo E’ fuori di senno!), non comprendendone l’anima. La credono una pazza, una fanciulla ossessionata da una leggenda. In definitiva Senta si pone nello stesso mondo dell’Olandese (il mondo romantico, il mondo fantastico, il mondo dove i sentimenti sono estremi) e non già nel mondo del padre o del villaggio. Accanto a questo si può notare come Senta compartecipi pienamente alla storia dell’Olandese, come, al solo udirne parlare, sia legata indissolubilmente a lui.
L’amore (c’è chi lo chiamerebbe ossessione, ma io preferisco definirlo amore incondizionato) che Senta prova per l’Olandese è quindi motivo di paura per le sue compagne, così come è motivo di terrore da parte di Erik, un cacciatore del luogo, innamorato di Senta. Il giovane entra proprio nel momento in cui Senta, in preda all’esaltazione, pronuncia le ultime frasi della ballata. Si sente perduto, ma l’unica cosa che riesce a dire è che Daland è tornato. Le ragazze, eccitate di poter riabbracciare i propri innamorati od i propri familiari, escono, lasciando soli.
Inizia qui il confronto tra i due giovani, un dialogo tra sordi, se si analizza bene il testo. Erik esprime il suo amore ed i suoi timori. Egli vorrebbe sposare Senta, ma sa che Daland non darà mai il consenso alle nozze, perché è povero (e non ha tutti i torti, considerando che Daland ha “venduto” la figlia al migliore offerente, per quanto questi siano un perfetto sconosciuto). Erik appare all’inizio come un giovane insicuro, che intuisce che Senta, che egli ama sinceramente, non è sua. In fondo l’inizio del duetto lascia ben intuire che i sentimenti che intercorrono tra i due sono ben diversi:

ERIK
Il mio cuore fedele sino alla morte,
i miei scarsi beni, la mia fortuna di cacciatore:
posso così aspirare alla tua mano?
Tuo padre non mi respingerà?
Se allora il mio si spezza di dolore,
dì, Senta, chi parlare per me?

SENTA
Ah! Taci, Erik, adesso! Fammi uscire
A salutare il padre!
Se, come al solito, la figlia non sale a bordo,
non si dovrebbe egli adirare?

ERIK
Vuoi sfuggirmi?

SENTA
Devo andare a bordo!

ERIK
Mi eviti?

SENTA
Ah, lasciami andare!

ERIK
Fuggi lontano da questa ferita
Che m’infliggesti nell’illusione d’amore?
Ah, ascoltami in quest’ora,
ascolta la mia ultima richiesta!
Se questo cuore si spezzerà di dolore
Sarà Senta a parlare per me?

SENTA
Come? Dubiti del mio cuore?
Dubiti ch’io ti voglia bene?
Oh! Dì, che desta in te tali dolori?
Che turba col sospetto la tua mente?

ERIK
Tuo padre, ahimè! Brama solo tesori!
E tu, Senta, come potrei contare su di te?
Esaudisti anche una sola delle mie preghiere?
Non umili ogni giorno il mio cuore?


Senta risponde all’amore di Erik con l’affetto, con un ti voglio bene, che è ben diverso da ti amo. È sfuggente, non risponde realmente alle domande di Erik che cerca rassicurazioni, ma che non le trova, di qui il suo insistere, il suo continuare a fare domande che, immagino, le rivolge quasi ogni giorno, perché non può accettare la verità. Erik, dal mio punto di vista, vive nell’autoillusione che Senta lo ami, illusione che comprende benissimo da solo. Infatti, come dice egli stesso, Senta non ha mai esaudito una sola delle sue preghiere, non ha mai risposto al suo amore con amore, ma unicamente con affetto, come dice lei stessa, in un tentativo piuttosto goffo di rassicurarlo.
Alla fine Erik arriva a comprendere perfettamente dove giaccia il problema, giunge all’unica conclusione logica circa i sentimenti di Senta. Il ritratto e la ballata sono il problema:

SENTA
Il tuo cuore?

ERIK
Che devo pensare? Quel ritratto…

SENTA
Il ritratto?

ERIK
Ti libererai mai dalla tua fatale fantasticheria?

SENTA
Posso impedire la compassione al mio sguardo?

ERIK
E la ballata? Oggi l’hai cantata ancora!

SENTA
Sono una bambina, e non so quello che canto!
Oh! Dì, come? Temi una ballata? Un ritratto?

ERIK
Sei così pallida, sì, non dovrei temere?

SENTA
Non mi deve commuovere l’orrenda sorte del grande infelice?

ERIK
Il mio soffrire, Senta, non ti commuove più?

SENTA
Oh, non gloriarti! Che può essere il tuo soffrire?
Conosci il destino di quello sventurato!
(Porta Erik proprio davanti al ritratto e glielo indica)
Senti il dolore, il profondo cordoglio,
con cui egli guarda verso di me?
Ah! Quanto gli tolse per sempre la pace,
come tagliente tortura mi trafigge il cuore!

ERIK
Guai a me! Mi ammonisce il mio sogno infelice!
Dio ti protegga! Satana ti ha irretita!


Ed ecco che, nel confrontare Erik e l’Olandese, Senta compie una decisa scelta di campo. Il dolore di Erik – perché sia chiaro, Erik soffre – non vale nulla se paragonato a quello dell’uomo ritratto. Il cuore di Senta non appartiene ad Erik, ma all’Olandese. Il cuore di Senta è torturato dal destino dell’Olandese, non già dalle parole di Erik. Senta appartiene ad un mondo in cui Erik non riesce ad entrare (infatti nemmeno lui comprende l’amore di Senta per l’Olandese, ma lo scambia per qualcosa di molto più grave, per qualcosa di malvagio, generato dal Male assoluto), perché Erik appartiene, alla fine, allo stesso mondo di Daland e delle ragazze, un mondo in cui i diversi (perché Senta e l’Olandese sono due diversi) non possono essere compresi. È ovvio che nelle parole di Erik, nel suo tentare a tutti i costi di far volgere Senta verso di sé, v’è il cuore di un uomo innamorato e non riamato, un uomo che ha come rivale non un altro uomo, ma una leggenda, un ritratto, un destino di salvezza e dannazione.

SENTA
Che t’atterrisce tanto?

ERIK
Senta, lascia che ti confidi!
È un sogno, ascoltato come un monito!
(Senta si siede esausta sulla poltrona; all’inizio del racconto di Erik, sprofonda come in un sonno magnetico; sembra così ch’ella sogni proprio il sogno narrato da lui. Erik sta da un lato, appoggiato alla poltrona.)
Giacevo sognando su un alta rupe,
vedevo sotto di me il flutto del mare;
sentivo la risacca, mentre schiumando
la furia dell’onda si frangeva alla riva!
Una nave straniera sulla vicina spiaggia
Io scorsi, strana, stupenda;
due uomini s’avvicinarono a terra
l’uno, lo vidi, era tuo padre.

SENTA
(a occhi chiusi)
L’altro?

ERIK
Ben lo riconobbi…
Con la giubba nera – e pallido volto…

SENTA
(come sopra)
E cupo sguardo…

ERIK
(indicando il ritratto)
Il marinaio, lui.

SENTA
Ed io?

ERIK
Tu uscisti dalla casa;
volasti a salutare il padre…
ma lo vidi appena avvicinarsi a te,
ti precipitasti ai piedi dello straniero,
ti vidi abbracciare le sue ginocchia…

SENTA
(con tensione crescente)
Egli mi sollevò…

Erik
… al suo petto, -
Colma di fervore, t’aggrappasti a lui,
lo baciasti con ardente voluttà…

SENTA
E poi?

ERIK
(osservando Senta con sinistro stupore)
Vi vidi fuggire sul mare.

SENTA
(destandosi subito, in estrema esaltazione)
Egli mi cerca! Devo vederlo!

ERIK
Spaventoso! Ora comprendo!

SENTA
Devo andare in rovina con lui!

ERIK
Ella è perduta! Il mio sogno diceva il vero!

(Erik si precipita fuori, pieno di disperazione e orrore. Senta piombata in muta meditazione dopo che è esplosa la sua esaltazione resta nel suo atteggiamento, con lo sguardo fisso al ritratto)


Ascolto (Duetto Senta/Erik): Anja Silja e Fritz Uhl


Il sogno di Erik, che chiude il duetto, pone le basi per quello che accadrà dopo, per l’arrivo dell’Olandese e per il finale. Allo stesso tempo introduce l’uso che Wagner farà del sogno, anche nelle opere successive (molti personaggi wagneriani hanno sogni premonitori). Quello che importa è il modo in cui Senta reagisce al sogno di Erik, un modo che non lascia più alcun dubbio circa i suoi sentimenti ed il suo essere estranea al mondo borghese a cui dovrebbe appartenere (a cui, alle volte, sembra tentare di voler appartenere, senza riuscirci mai).
Una volta che Erik è uscito, Senta rimane a contemplare il ritratto, canta qualche strofa della ballata, ma si interrompe quando si apre la porta da cui entrano Daland e l’Olandese. Senta si volta ed emette un grido di sorpresa, poi resta in piedi, come incantata, senza distogliere lo sguardo dall’Olandese. L’Olandese, con gli occhi fissi su Senta, avanza lentamente verso il proscenio. Mentre Senta e l’Olandese si fissano immobili, Daland parla dell’accordo di nozze, chiede alla figlia il consenso, ma né Senta né l’Olandese interagiscono. Rimangono semplicemente a fissarsi immobili, lo sguardo dell’uno immerso in quello dell’altra. Anche quando Daland esce, lasciandoli soli, rimangono immobili a contemplarsi. L’Olandese si sente attratto verso Senta (La cupa fiamma, ch’io sento ardere, / dovrei, infelice, chiamarla amore? / Ah no! È la brama della salvezza: / per un tal angelo mi sia concessa), vede in lei, forse l’amore – ma lui, come si legge poco sopra lo nega, riconosce in lei chi lo salverà. Senta è bruciante d’amore e del desiderio di essere la salvezza che l’olandese brama.
A lungo non si parlano (le parole pronunciate nel libretto, sono mormorate a se stessi, mentre si contemplano). È l’Olandese a rivolgersi per primo a Senta:

Non biasimerai la scelta del padre?
Quel che ha promesso, come? Potrebbe valere?
Potresti dedicarti a me in eterno?
Porgeresti la tua mano allo straniero?
Dovrò trovare, dopo tormentosa vita,
nella tua fedeltà il lungamente bramato riposo?


racchiudendo in domande a cui Senta darà risposta (in netto contrasto con le domande formulate da Erik che non incontrano invece risposta alcuna) poco dopo, le sue speranze, quella comprensione iniziale che in Senta si racchiude la sua salvezza. Senta, naturalmente, risponde affidandosi a lui:

Chiunque tu sia, e quale la perdizione
Cui il tuo destino poté consacrarti;
qualunque sia la sorte ch’io mi dovessi guadagnare
sarò sempre ubbidiente al padre.


una risposta ancora cauta, che si artiglia per un attimo al dovere di figlia, quando, però, dentro di lei ha già deciso, sa già quale sarà la risposta, risposta che giunge dopo parole ben più minacciose da parte dell’Olandese, parole più disperate, quasi tema di credere veramente che lì, davanti a lui, sta la salvezza a lungo cercata.

OLANDESE
Ah! Potessi tu immaginare il destino
Cui poi con me apparterrai,
esso ti ammonirebbe sul sacrificio
che m’offri se mi giuri fedeltà!
Fuggirebbe atterrita la tua giovinezza
Dinanzi alla sorte a cui ti vuoi votare,
se non t’appelli alla più bella virtù della donna,
se non chiami tua l’eterna fedeltà!

SENTA
Ben conosco i sacri doveri della donna;
stanne certo, infelice uomo!
Fa’ che il destino giudichi colei
Che può sfidare il suo decreto!
Nella più alta purezza del mio cuore
Conosco l’alto comandamento della fedeltà.
Se la consacro, questa solo io dono:
la fedeltà fino alla morte!


Senta arriva a pronunciare le parole che ci aspettiamo dal momento in cui l’Olandese è entrato nella stanza, parole che sorgono da un sentimento covato da tempo, da quando ha conosciuto la ballata ed il ritratto, da quando è rimasta sopraffatta dall’amore, dal destino che la lega all’Olandese. Lui riconosce in lei la sua salvezza (e lo dice chiaramente poco dopo), lei in lui l’uomo che salverà. Il duetto tra Senta e l’Olandese è un duetto di contemplazione, contemplazione della salvezza, di due anime che si trovano, finalmente.
Il rientro di Daland porta all’accettazione di Senta della proposta di matrimonio (accettazione in cui ribadisce la sua fedeltà fino alla morte). A questo l’Olandese osa finalmente sperare, essere certo che il giorno dopo – il matrimonio è immediato – sarà finalmente unito a colei che ha a lungo cercato.

ATTO III
Insenatura marina con spiaggia rocciosa; da un lato la casa di Daland sul proscenio. Il fondo è occupato da entrambe le navi, quella del Norvegese e quella dell’Olandese, poste abbastanza vicine l’una all’altra. notte chiara: la nave norvegese è illuminata; i suoi marinai sono sulla coperta. Giubilo e gioia. L’aspetto della nave olandese forma un sinistro contrasto: vi è diffusa una innaturale oscurità; vi regna un silenzio di morte.
La didascalia iniziale dell’ultimo atto non fa che acuire l’opposizione tra i due mondi. Da una parte la spensieratezza dei marinai Norvegesi, dall’altra il silenzio dei marinai dannati della nave dell’Olandese. Contrasto che si farà evidente nel pezzo corale che segue, dove i norvegesi tentano di coinvolgere nelle loro canzoni gli uomini dell’Olandese, fino a che questi non risponderanno con i canto, che porta con sé tempesta e spavento, disperato, un canto di morte e di dannazione. I marinai norvegesi sono presi dal terrore, ammutoliti e, poco dopo, scappano.
A questo punto il silenzio torna a regnare sulla spiaggia.
Senta esce da casa sua a passi veloci, inseguita da Erik, che la pressa, chiedendole se è vero che lei si sposa. Senta tenta di metterlo a tacere, ma Erik la blocca ricordandole di quel giorno in cui lei gli avrebbe promesso eterna fedeltà. Senta ne è atterrita e domanda quando mai sia accaduto questo fatto.
Erik, addolorato, ricorda un giorno in cui Daland aveva affidato, prima della partenza, Senta a lui. Ed egli nei gesti della ragazza, nelle sue dimostrazioni d’affetto vi ha letto la promessa. Vi riporto sotto il testo cantato da Erik, che può essere, secondo me, interpretato in diverse maniere. Io provo a proporre le due che mi sembrano più probabili. Da un lato l’episodio potrebbe essersi svolto prima che Senta venga a conoscenza del destino dell’Olandese. Forse prima dell’arrivo del ritratto (non si sa nulla in proposito, ma io immagino che lo riporti Daland da uno dei suoi viaggi), sicuramente prima di conoscere la ballata e perdersi nell’amore per l’Olandese. Da un altro punto di vista – e attualmente è quello che credo maggiormente, perché è coerente con ciò che si vede di Erik nel duetto con Senta – Erik potrebbe aver letto nelle azioni di Senta un amore che non v’è mai stato in realtà, aver confuso quindi un “ti voglio bene” per un “ti amo”. Un abbraccio fraterno per un abbraccio da amante. Dal racconto, tra l’altro, non si evince che Senta abbia mai detto esplicitamente “ti sarò fedele fino alla morte”. Queste parole le ha unicamente volte all’Olandese. Ovviamente queste sono solo mie interpretazioni personali, quindi se uno di voi ne ha una differente ben venga.

Senta! Oh Senta, lo neghi?
Non vuoi più ricordare quel giorno
Quando mi chiamasti a te nella valle?
Quanto a raggiungere per te il fiore dell’altipiano
Con coraggio sopportai innumerevoli affanni?
Ricordi come, dall’alta scogliera,
vedemmo il padre staccarsi dalla riva?
Partiva sulla nave dall’ali bianche,
e ti affidava alla mia difesa.
Quando il tuo braccio s’avvinghiò al mio collo
Non mi confessasti ancora una volta amore?
Quel che di sublime mi penetrò stringendo le tue mani,
dì, non era la conferma della tua fedeltà?


L’Olandese ha spiato, non visto, la scena precedente. Alle parole di Erik si fa avanti, terribilmente agitato, perché crede di aver perduto per sempre qualsiasi possibilità di salvezza. Inizia adesso il finale dell’opera, un terzetto – ma a confrontarsi veramente sono solo Senta e l’Olandese – che porta all’inevitabile finale.

OLANDESE
Perduta! Ahimé! Perduta! Salvezza perduta in eterno!

ERIK
(ritraendosi con orrore)
Che vedo! Dio!

OLANDESE
Senta, addio!

SENTA
(sbarrando la strada all’Olandese)
Fermati! Infelice!

ERIK
(a Senta)
Che vuoi fare?

OLANDESE
Ina mare! In mare! In mare per tutta l’eternità!
(a Senta)
È finita con la tua fedeltà!
Con la tua fedeltà, con la mia salvezza!
Addio! Non voglio rovinarti!

ERIK
Orribile! Questo sguardo!

SENTA
(gettandosi sotto l’Olandese)
Fermati!
Da qui non devi più fuggire!


Il momento iniziale del duetto è colmo di tensione, rapido nel contrapporsi della volontà dell’Olandese di andarsene e la volontà di Senta di trattenerlo. Erik unicamente commenta. È ignorato da Senta che non risponde alla sua domanda e l’Olandese non si rivolge mai a lui. Il confronto che avverrà tra poco è soltanto tra Senta e l’Olandese, mentre Erik assiste impotente alla scena, confermando l’idea che già si era fatto nel duetto del secondo atto, ovvero che Senta è in preda al Male.

OLANDESE
(dà uno stridulo segnale col suo fischietto e chiama l’equipaggio della nave)
Issate le vele! Levate l’ancora!
Dite addio in eterno alla terra!
Di nuovo sono sospinto sul mare!
Io dubito di te! Io dubito di Dio!
Svanita, svanita è ogni fedeltà;
quel che promettesti fu per me uno scherno!

SENTA
Ah! Dubiti della mia fedeltà?
Infelice, che mai t’acceca?
Fermati! Non pentirti delle nozze!
Quel che promisi, io mantengo!

ERIK
Che sento? Dio! Che devo vedere!
Devo credere all’orecchio, all’occhio?
Senta! Vuoi andare in perdizione?
A me! A me! Sei fra gli artigli di Satana.


Come detto poco sopra, Erik vede unicamente il Male, la sua opera, in quello che gli sta accadendo davanti. Come nel duetto del secondo atto, riesce a trovare una sola reazione all’agire di Senta perché non vuole capire quale sia la verità, perché è perso nella convinzione che Senta ami lui e non già l’Olandese, il diverso, il dannato. Quest’ultimo è in preda alla più cupa disillusione, lontano è l’uomo che ha fissato Senta riconoscendo in lei la sua salvezza, è sordo alle parole della donna, sordo perché non vuole condannarla ad un destino simile al suo, come ben si evince da quanto dice poco dopo.

OLANDESE
Apprendi il destino da cui ti salvo:
dannato sono alla più orribile delle sorti,
incontrare dieci volte la morte, sarebbe per me voluttà!
Dalla maledizione solo una donna mi può liberare,
una donna che mi serbi fedeltà fino alla morte.
Mi hai promesso fedeltà, ma non ancora
Davanti all’Eterno: e questo ti salva!
Sappi, infelice, qual è il destino
Che colpisce quelle che mi mancano di fede.
Eterna dannazione è la loro sorte!
Vittime innumerevoli soggiacquero a questa sentenza
A causa mia! Ma tu devi essere salva!
Addio!
(pronto alla partenza)
Addio, mia salvezza, in eterno.


Nell’uomo è scattato il desiderio di salvare Senta, di salvare colei in cui ha riconosciuto la sua salvezza (e forse – ma io credo che sia così – ama), di non condurla a dannazione, come è accaduto ad innumerevoli altre donne che hanno tradito il loro giuramento (non si sa nulla di loro, ma si può presupporre che molte di queste, come Daland, siano rimaste affascinate dalla sua ricchezza; altre forse dal mistero, ma nessuna lo ha atteso come Senta ed amato come lei), rinunciando – o almeno così ho sempre inteso io il libretto – per sempre a qualsiasi possibilità di salvezza, alla sua unica possibilità. Credo che l’Olandese avesse l’obbligo di sposare una donna ogni sette anni e, rinunciando a sposare Senta per salvarla, rinuncia anche alla sua salvezza. E non gli rimane altro che partire, andarsene, dire addio alla sua unica possibilità di incontrare la tanto agognata pace.

ERIK
(in terribile angoscia, gridando verso la casa e verso la nava)
Aiuto! Salvatela, salvatela!

SENTA
(trattenendo l’Olandese)
Ben ti conosco! Ben conosco il tuo destino;
già ti conoscevo quando ti vidi la prima volta!
La fine del tuo tormento è qui. Io sono quella
Per la cui fedeltà devi trovare la tua salvezza!

ERIK
Aiutatela! È perduta!

(Al grido di soccorso di Erik, in fretta sono usciti di casa Daland, Mary e le ragazze, e dalla nave I marina.)

DALAND, RAGAZZE, MARINAI e MARY
Che vedo!

DALAND
Dio!

OLANDESE
(a Senta)
Tu non mi conosci, non immagini chi io sia!
(Accenna alla sua nave, le cui vele rosso sangue vengono aperte al vento e il cui equipaggio si prepara, spettralmente, alla partenza)
Chiedi ai mari d’ogni regione, chiedi
Al marinaio che attraversò l’oceano!
Egli conosce questa nave, il terrore di tutti i buoni:
mi chiamano l’Olandese volante.

(L’olandese giunge con fulminea velocità a bordo della sua nave, che all’istante si stacca dalla costa ed entra in mare. Senta vuol correre dietro all’Olandese; Daland, Erik e Mary la trattengono.)

EQUIPAGGIO DELL’OLANDESE
Johohe! Johohohoe! Hojohohoe!
Hoe! Hoe! Hoe! Huissa!

MARY, DALAND, ERIK, RAGAZZE e MARINAI
Senta! Senta! Che vuoi fare?

SENTA
(con violenza selvaggia si è liberata e raggiunge un banco di scogli proteso nel mare; e da lì chiama con tutta forza l’Olandese che sta partendo)
Loda il tuo angelo e il suo comandamento!
Qui io sono, fedele a te fino alla morte!

(Si precipita nel mare; subito la nave dell’Olandese sprofonda con tutto l’equipaggio. Il mare si gonfia verso l’altro e poi risprofonda in un vortice. – Nel rosso ardente del sole nascente si scorgono al di sopra dei relitti della nave le immagini trasfigurate di Senta e dell’Olandese, che si tengono abbracciate, salgono dal mare e si librano verso l’altro. Un’aureola abbagliante illumina il gruppo sul fondo; Senta rialza l’Olandese, lo stringe al suo petto e accenna al cielo con la mano e lo sguardo. Il banco di scogli, sollevato lentamente sempre più in alto, assume in maniera impercettibile l’aspetto di una nuvola).


L’opera si conclude con la redenzione, ottenuta tramite il sacrificio di Senta (altro tema fondamentale in altre opere di Wagner sarà la redenzione tramite il sacrificio). Sacrificio preannunciato dal sogno di Erik, sogno premonitore, in effetti, ma non nella maniera in cui Erik lo legge. Quell’andare entrambi verso il mare, era la morte che li attendeva e la successiva trasfigurazione che la salvezza ha portato loro. In un certo senso nel finale si assiste a due sacrifici: quello dell’Olandese che lasciando Senta, vuole salvarla dalla dannazione, quello di Senta che, togliendosi la vita, porta salvezza all’Olandese.




Ascolto: Finale atto III. Direttore: Valery Gergiev


Vi lascio, aggiungendo che molta dell’interpretazione dell’opera è basata sulla mia opinione personale. Si può leggere la trama in molti modi, in maniera psicanalitica, come accade in alcune regie (ammetto di non aver mai visto Senta gettarsi in mare. Nell’ultima rappresentazione si pugnala e non avviene nessuna redenzione perché per il regista tutto sta unicamente nella mente di Senta. In un’altra era stato risolto con l’accasciarsi al suolo di Senta ed il palco investito di una luce abbagliante, una soluzione che mi era piaciuta perché rendeva l’idea di fondo), in maniera simbolica o come si vuole. L’opera si presta a infinite letture. Quindi ovviamente potete dissentire da me, dire che secondo voi Senta ha sempre ingannato Erik, che la sua è un’ossessione (come viene vista da alcuni)…
Avrei voluto mettere più ascolti, ma purtroppo non ho trovato molto che mi soddisfacesse a livello canoro o a livello visivo (questo spiega i due ascolti solo audio).
Al contrario di altre volte, non vi assegno compiti, ma lascio spazio alle vostre considerazioni.
 
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view post Posted on 24/11/2012, 14:12
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Alaide @ 22/11/2012, 17:01) 
Questa la didascalia che apre il libretto, decisamente lunga e articolata, in modo tale da dare un quadro preciso del paesaggio e dell’atmosfera, che è echeggiata dalla musica, dove si ode perfettamente la voce del mare in tempesta. E poco dopo il coro inarticolato dei marinai che stanno lavorando, volutamente privo di parole intelleggibili (Hojohe! Hallojo!). Prima di proseguire con il racconto voglio solo far notare la differenza tra la didascalia iniziale dell’Olandese Volante e quella di un’opera perfettamente contemporanea quale I Lombardi alla Prima Crociata di Verdi, dove si legge solamente La piazza di Sant’Ambrogio. Si ode lieta musica nel tempio, vaga, com’è abitudine nell’opera coeva. Emerge quindi, dalle didascalie, la vocazione letteraria di Wagner, nonché quel suo voler intrecciare tutti gli aspetti dell’arte che è ben presente nella sua visione dell’opera. Aggiungo unicamente, poi inizio a narrare seriamente la trama che il lavoro didascalico è preciso all’interno del libretto anche per quel che riguarda i movimenti dei personaggi.

Mi piace molto questa precisione (che rasenta la pignoleria) di Wagner perchè è esattamente la stessa che uso io quando scrivo le mie fanfic; capisco perfettamente che lui voglia che lo spettatore veda nel modo più preciso possibile proprio la stessa immagine/scena che ha in mente lui!


CITAZIONE (Alaide @ 22/11/2012, 17:01) 
Opera romantica

Cosa si intende per opera "romantica"?


CITAZIONE (Alaide @ 22/11/2012, 17:01) 
È un’aria colma del desiderio di morte e della mancanza di speranza che contraddistingue l’uomo, costretto a vagare per l’eternità tra i mari, con una sosta a terra ogni sette anni, alla ricerca della fedeltà eterna, perché in questo sta la sua possibilità di salvezza.[...] Quello che è interessante notare, in questo momento, è la totale mancanza di speranza. Esiste una possibilità di salvezza, ma l’uomo ha perso fede in lei e non vede che una sola possibilità per trovare finalmente la pace: la morte. E, per lui, che la morte non può incontrarla, nonostante la cerchi con tutto se stesso, questa sta unicamente alla fine del mondo.

Sì, lo so, sono malata grave, gravissima, ormai irrecuperabile, ma io ho subito pensato a Severus (già quando citavi l'uomo vestito di nero), figuriamoci leggendo poi le parole, il desiderio di morte privo d'ogni speranza e la ricerca della fedeltà eterna, proprio lui che è l'uomo dell'amore imperituro...

CITAZIONE
Infelice, fui forse zimbello del tuo scherno,
quando tu mi offristi la redenzione?
Inutile speranza! Terribile, vano sogno!
Finita è per sempre l’eterna fedeltà!
Solo una speranza mi resta ancora,
sol una, sicura, irremovibile:

fin da quando spuntino ancora i germi della terra
anch’essa deve alla fine andare in rovina.
Giorno del giudizio! Ultimo giorno!
Quando irrompi nella mia notte?

E questo parole sono assolutamente da Severus...
Ora sono curiosa di conoscere il perchè della condanna dell'Olandese Volante.



CITAZIONE
Ascolto (L’aria è interpretata da Donal McIntyre. Si tratta di un film-opera, come si può ben notare dalla scena).

Molto bello l'ascolto. Leggere tutto il brano prima di ascoltarlo è molto utile per la comprensione globale.
Da brividi la speranza che, nella totale disperazione dell'aria, è racchiusa nelle parole: Quando irrompi nella mia notte?

Ma quel povero cantante lo fanno morire dal freddo! E' immerso nell'acqua ma la temperatura deve essere bassa perchè continua ad uscirgli il vapore dalla bacca quando respira!




CITAZIONE
Come si può notare, ancora una volta emerge il tema della mancanza di speranza e dell’improvvisa presenza della stessa, che contraddistinguerà l’Olandese da qui alla fine dell’opera. Così come emerge, ma sarà palese anche negli altri atti, l’opporsi di due mondi: il mondo dell’Olandese e il mondo di Daland, o meglio il mondo fantastico e il mondo normale, borghese. L’Olandese è un diverso all’interno del mondo di Daland, dei marinai e, poi si vedrà, anche del villaggio norvegese, dove vivono Daland ed il suo equipaggio.

Ooooh sì, sì, sì! I paralleli con Severus continuano: la speranza (e l'amore) che mancano, eppure che vengono continuamente cercati, e la diversità (do fatto, ma anche voluta e cercata) dagli altri.
Sì, la mia malattia è senza speranze, lo so bene...


Edited by Ida59 - 24/11/2012, 15:04
 
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CITAZIONE
Ma l’uomo pallido potrebbe un dì ancora
Aver redenzione,
se trovasse una donna che fino alla morte
gli sia fedele in terra!

Aaaaaaaaaaaah... vestito di nero, e pallido e alla ricerca della redenzione (e dell'amore): è proprio Severus!!!

Eeh, lo trova l'amore e la redenzione, alla fine? ehh? Dimmi che opera romantica significa che finisce bene, ti prego...



CITAZIONE
SENTA
(presa da improvvisa esaltazione, balza dalla poltrona)
Ch’io sia quella che ti redime con la sua fedeltà!
Possa l’angelo di Dio rivelarmi a te!
Per mio merito devi raggiungere la salvezza!

E' chiaro che io faccio il tifo per Senta!


CITAZIONE
il tema portante dell’opera: la redenzione. Redenzione cercata dall’Olandese ed offerta da Senta, che, affascinata dalla storia dell’uomo e dal suo ritratto, sogna di essere colei che lo possa redimere.

Ma guarda un po': la redenzione cercata con sofferenza da Severus e offerta con amore dalle mie eroine, proprio come la trama delle mie fiction... [Suono di sirene che si allontana... e rinchiusero Ida in manicomio...]

CITAZIONE
In definitiva Senta si pone nello stesso mondo dell’Olandese (il mondo romantico, il mondo fantastico, il mondo dove i sentimenti sono estremi) e non già nel mondo del padre o del villaggio. Accanto a questo si può notare come Senta compartecipi pienamente alla storia dell’Olandese, come, al solo udirne parlare, sia legata indissolubilmente a lui.
L’amore (c’è chi lo chiamerebbe ossessione, ma io preferisco definirlo amore incondizionato)

Adoro Senta... e naturalmente anche l'Olandese...


CITAZIONE
È ovvio che nelle parole di Erik, nel suo tentare a tutti i costi di far volgere Senta verso di sé, v’è il cuore di un uomo innamorato e non riamato, un uomo che ha come rivale non un altro uomo, ma una leggenda, un ritratto, un destino di salvezza e dannazione.

Povero Erik... nelle mie fic non avrebbe alcuna speranza...


Edited by Ida59 - 24/11/2012, 15:39
 
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view post Posted on 24/11/2012, 16:45
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Da brividi l' Ascolto (Duetto Senta/Erik): Anja Silja e Fritz Uhl

Più leggo la lezione e più questa storia mi attrae... e sconvolge, per una cosa in particolare (e tu dovresti immaginare perchè, Leonora...)

L'ascolto del duetto tra l'Olandese e Senta non c'è, ma mi è bastato leggere le parole per avere i brividi...

CITAZIONE
Da un altro punto di vista – e attualmente è quello che credo maggiormente, perché è coerente con ciò che si vede di Erik nel duetto con Senta – Erik potrebbe aver letto nelle azioni di Senta un amore che non v’è mai stato in realtà, aver confuso quindi un “ti voglio bene” per un “ti amo”. Un abbraccio fraterno per un abbraccio da amante. Dal racconto, tra l’altro, non si evince che Senta abbia mai detto esplicitamente “ti sarò fedele fino alla morte”. Queste parole le ha unicamente volte all’Olandese. Ovviamente queste sono solo mie interpretazioni personali, quindi se uno di voi ne ha una differente ben venga.

Concordo in pieno con questa tua interpretazione: Erik vede e sente ciò che vuol vedere e sentire.

CITAZIONE
Quest’ultimo è in preda alla più cupa disillusione, lontano è l’uomo che ha fissato Senta riconoscendo in lei la sua salvezza, è sordo alle parole della donna, sordo perché non vuole condannarla ad un destino simile al suo, come ben si evince da quanto dice poco dopo.

Severus, Severus, Severus... Severus che non osa amare, eppure ama. Disperatamente. Ed amando rinuncia per non farle del male: più Severus di così non si può!


Più leggo e più mi piace (questa tua lezione è assolutamente stupenda! E anche l'opera), però comincio a temere che finisca male, molto male...


CITAZIONE
OLANDESE
Apprendi il destino da cui ti salvo:
dannato sono alla più orribile delle sorti,
incontrare dieci volte la morte, sarebbe per me voluttà!
Dalla maledizione solo una donna mi può liberare,
una donna che mi serbi fedeltà fino alla morte.
Mi hai promesso fedeltà, ma non ancora
Davanti all’Eterno: e questo ti salva!
Sappi, infelice, qual è il destino
Che colpisce quelle che mi mancano di fede.
Eterna dannazione è la loro sorte!
Vittime innumerevoli soggiacquero a questa sentenza
A causa mia! Ma tu devi essere salva!
Addio!
(pronto alla partenza)
Addio, mia salvezza, in eterno.


Ora piango... :(
Che qualcuno lo fermi: Senta lo ama, lo ama veramente... per sempre!


CITAZIONE
Nell’uomo è scattato il desiderio di salvare Senta, di salvare colei in cui ha riconosciuto la sua salvezza (e forse – ma io credo che sia così – ama), di non condurla a dannazione, come è accaduto ad innumerevoli altre donne che hanno tradito il loro giuramento (non si sa nulla di loro, ma si può presupporre che molte di queste, come Daland, siano rimaste affascinate dalla sua ricchezza; altre forse dal mistero, ma nessuna lo ha atteso come Senta ed amato come lei), rinunciando – o almeno così ho sempre inteso io il libretto – per sempre a qualsiasi possibilità di salvezza, alla sua unica possibilità. Credo che l’Olandese avesse l’obbligo di sposare una donna ogni sette anni e, rinunciando a sposare Senta per salvarla, rinuncia anche alla sua salvezza. E non gli rimane altro che partire, andarsene, dire addio alla sua unica possibilità di incontrare la tanto agognata pace.

Ooooh sì, sì, sì, certo che la ama, perchè l'Olandese è proprio come Severus, quindi, amandola, rinuncia a lei per salvarla (come mi pare di aver scritto già sopra).
Uffa, che nodo alla gola...
Sì, probabilmente se rompe l'obbligo di matrimonio per salvarla rinuncia per sempre ad ogni sua possibilità di salvezza... e questa scelta è tremendamente da Severus...


Sono arrivata alla fine della lezione... con un nodo alla gola che non ti dico.
Delusa dal finale? No, non potrei esserlo... in fondo è come il verde sguardo in cui perde Severus alla fine...
Aaah... saper credere in un... dopo... :(


Ultima considerazione (prima che mi mettano la camicia di forza)

CITAZIONE
Tu non mi conosci, non immagini chi io sia!
(Accenna alla sua nave, le cui vele rosso sangue vengono aperte al vento e il cui equipaggio si prepara, spettralmente, alla partenza)
Chiedi ai mari d’ogni regione, chiedi
Al marinaio che attraversò l’oceano!
Egli conosce questa nave, il terrore di tutti i buoni:
mi chiamano l’Olandese volante.

Non ci vedete anche voi, al posto dell'olandese che mostra la nave, Severus che mostra il suo marchio, la sua dannazione, e dichiara il suo nome come se fosse coperto d'infamia?

Opera stupenda (me la devo vedere: chissà, magari anche Wagner mi piace se mi viene spiegato prima e riesco a capirlo! ;) ) e lezione altrettanto stupenda e affascinante.
Grazie mille, Leonora!


Edited by Ida59 - 24/11/2012, 17:40
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 24/11/2012, 14:12)
Mi piace molto questa precisione (che rasenta la pignoleria) di Wagner perchè è esattamente la stessa che uso io quando scrivo le mie fanfic; capisco perfettamente che lui voglia che lo spettatore veda nel modo più preciso possibile proprio la stessa immagine/scena che ha in mente lui!

Immagine che spesso viene disattesa (forse già all'epoca di Wagner, che era molto immaginifico e, ovviamente, si scontrava con i mezzi tecnici dei palcoscenici del XIX secolo). Naturalmente, se prendi il caso dell'Olandese, non è affatto facile far entrare in scena due navi praticabili (il praticabile è una parte di scena costruita su cui possono stare i cantanti, ben distinte, quindi, da quelle parti di scena che sono solo di decoro). Molto più semplice a - a volte, efficace - è evocare gli elementi base: il mare, le navi (solitamente con le gomene).


CITAZIONE
Cosa si intende per opera "romantica"?

Questo chiedilo a Wagner :P. E' comunque quello che mette lui come "sottotitolo". Lo si può leggere come l'idea che nell'Olandese siano concentrati molti elementi del romanticismo.


CITAZIONE
Sì, lo so, sono malata grave, gravissima, ormai irrecuperabile, ma io ho subito pensato a Severus (già quando citavi l'uomo vestito di nero), figuriamoci leggendo poi le parole, il desiderio di morte privo d'ogni speranza e la ricerca della fedeltà eterna, proprio lui che è l'uomo dell'amore imperituro...

Ti assicuro che ero certa che tu avresti visto Severus nell'Olandese. D'altronde è uno dei personaggi dove è facile trovare un raffronto. In proposito stavo meditando di linkare la lezione sull'Olandese e quanto segue in Severus, Rigoletto e altri personaggi d'opera.

CITAZIONE
E questo parole sono assolutamente da Severus...
Ora sono curiosa di conoscere il perchè della condanna dell'Olandese Volante.

Mi è piaciuto molto della tua risposta, i commenti sul come andrà a finire la storia.

CITAZIONE
Molto bello l'ascolto. Leggere tutto il brano prima di ascoltarlo è molto utile per la comprensione globale.
Da brividi la speranza che, nella totale disperazione dell'aria, è racchiusa nelle parole: Quando irrompi nella mia notte?

Ma quel povero cantante lo fanno morire dal freddo! E' immerso nell'acqua ma la temperatura deve essere bassa perchè continua ad uscirgli il vapore dalla bacca quando respira!

Essendo un film opera, di solito le parti vengono registrate prima, poi riproposte in playback durante la registrazione, con tutti gli effetti speciali e non del caso.

CITAZIONE (Ida59 @ 24/11/2012, 15:07)
Aaaaaaaaaaaah... vestito di nero, e pallido e alla ricerca della redenzione (e dell'amore): è proprio Severus!!!

Wagner - con la sua precisione - aiuta nel raffronto. Praticamente è uguale a Severus anche nella descrizione. E su questo punto, di solito, anche le messe in scene sono piuttosto fedeli. Quindi ci si ritrova l'Olandese vestito di nero. Non sempre è scuro anche di capelli, ma questo dipende dal cantante e dalla volontà del team di regia (costumista, scenografo e regista) di far indossare una parrucca oppure di evitarlo.

CITAZIONE
Eeh, lo trova l'amore e la redenzione, alla fine? ehh? Dimmi che opera romantica significa che finisce bene, ti prego...

Ovviamente non c'è un lieto fine canonico. Nel romanticismo ottocentesco l'amore di solito si sublima nella morte dei due amanti. Va anche aggiunto che Wagner e lieto fine non stanno propriamente bene nella stessa frase. Ha composto solo tre opere a lieto fine: Le Fate (dove il protagonista e la sua amata - un mortale ed una Fata - trovano alla fine la felicità nel regno immortale delle Fate), Il Divieto d'amare e I Maestri Cantori di Norimberga. Per il resto - con l'eccezione di Parsifal, ma in questo caso si va sul complesso, perché è un'opera dalla trama decisamente non canonica e te ne accorgerai quando ci arriveremo - finali tragici, per quanto sublimi.

CITAZIONE
E' chiaro che io faccio il tifo per Senta!

Anch'io ho sempre fatto il tifo per Senta. E mi rifiuto di accettare quelle interpretazioni (per quanto accettabili e, in base ad un altro punto di vista più legato a lettura di carattere psicanalitico) che la vedono come una donna ossessionata e non come una donna innamorata e disposta a tutto, anche al sacrificio estremo, per amore. Ma, in fondo, Olandese è stata una delle mie opere preferite da quando facevo le medie.

CITAZIONE
Povero Erik... nelle mie fic non avrebbe alcuna speranza...

Erik è un personaggio decisamente dolente, immerso nell'autoillusione. C'è stato un tempo in cui mi stava decisamente antipatico, poi ho cominciato a comprenderlo meglio.

CITAZIONE
L'ascolto del duetto tra l'Olandese e Senta non c'è, ma mi è bastato leggere le parole per avere i brividi...

Purtroppo non ho trovato un duetto Olandese-Senta che mi soddisfacesse.

CITAZIONE
Concordo in pieno con questa tua interpretazione: Erik vede e sente ciò che vuol vedere e sentire.

Felice che tu concordi. Erik è in preda alla più forte autoillusione. Ma, alla fine, che credo che dopo gli eventi che concludono l'opera, riuscirà a superare quello che è successo, pensando che Senta era ormai perduta, vinta dal Male. Non importa se alla fine è evidente che così non è, ma appunto, Erik vede e sente cioò che vuol vedere e sentire.

CITAZIONE
Più leggo e più mi piace (questa tua lezione è assolutamente stupenda! E anche l'opera), però comincio a temere che finisca male, molto male...

Ed in effetti, la tua intuizione è più che legittima

CITAZIONE
Ooooh sì, sì, sì, certo che la ama, perchè l'Olandese è proprio come Severus, quindi, amandola, rinuncia a lei per salvarla (come mi pare di aver scritto già sopra).
Uffa, che nodo alla gola...
Sì, probabilmente se rompe l'obbligo di matrimonio per salvarla rinuncia per sempre ad ogni sua possibilità di salvezza... e questa scelta è tremendamente da Severus...

E' quello che ho pensato anch'io. Dai, possono internarci insieme!

CITAZIONE
Sono arrivata alla fine della lezione... con un nodo alla gola che non ti dico.
Delusa dal finale? No, non potrei esserlo... in fondo è come il verde sguardo in cui perde Severus alla fine...

Io ho sempre adorato il finale dell'Olandese, così incredilmente romantico. Senta è stata per molto tempo una delle mie eroine operistiche preferite per la forza delle sue decisioni.
Un finale diverso si sarebbe scontrato con il clima cupo dell'opera, avrebbe stonato, mentre il finale immaginato da Wagner (che prende spunto da una leggenda del XVI secolo, più volte ripensata da scrittori romantici) è perfetto e perfettamente legato alla psicologia dei personaggi.

CITAZIONE
Non ci vedete anche voi, al posto dell'olandese che mostra la nave, Severus che mostra il suo marchio, la sua dannazione, e dichiara il suo nome come se fosse coperto d'infamia?

Ovvio che sì! Te lo detto ci interneranno insieme.

CITAZIONE
Opera stupenda (me la devo vedere: chissà, magari anche Wagner mi piace se mi viene spiegato prima e riesco a capirlo! ;) ) e lezione altrettanto stupenda e affascinante.
Grazie mille, Leonora!

Grazie a te!
Quest'anno Olandese viene rappresentato alla Scala, quindi se ti interessa non hai che da dirlo! Tra l'altro è l'opera più breve di Wagner (2h20 circa), quindi, da un certo punto di vista, di più facile ascolto.
Nella volontà originale di Wagner doveva essere rappresentata come un tutt'uno filato, senza intervalli. L'hanno proposta così a Torino a ottobre e ti assicuro che è filata senza problemi, come una lunga corsa verso l'ineluttabile finale.

A breve comparirà la lezione sul I atto di Lohengrin. Ci sarebbe prima Tannhauser, ma Lohengrin inaugura la Scala il 7 dicembre e così preparo all'ascolto.
 
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view post Posted on 27/11/2012, 10:45
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CITAZIONE (Alaide @ 27/11/2012, 09:50) 
Ti assicuro che ero certa che tu avresti visto Severus nell'Olandese. D'altronde è uno dei personaggi dove è facile trovare un raffronto. In proposito stavo meditando di linkare la lezione sull'Olandese e quanto segue in Severus, Rigoletto e altri personaggi d'opera.

Medita e agisci pure.

CITAZIONE (Alaide @ 27/11/2012, 09:50) 
CITAZIONE
Ooooh sì, sì, sì, certo che la ama, perchè l'Olandese è proprio come Severus, quindi, amandola, rinuncia a lei per salvarla (come mi pare di aver scritto già sopra).
Uffa, che nodo alla gola...
Sì, probabilmente se rompe l'obbligo di matrimonio per salvarla rinuncia per sempre ad ogni sua possibilità di salvezza... e questa scelta è tremendamente da Severus...

E' quello che ho pensato anch'io. Dai, possono internarci insieme!


CITAZIONE
Non ci vedete anche voi, al posto dell'olandese che mostra la nave, Severus che mostra il suo marchio, la sua dannazione, e dichiara il suo nome come se fosse coperto d'infamia?

Ovvio che sì! Te lo detto ci interneranno insieme.

Sì, sì, che bello... e avvolte strette nelle nostre camicie di forza continueremo a paragonare Severus ai tragici personaggi dell'opera lirica!

CITAZIONE
Quest'anno Olandese viene rappresentato alla Scala, quindi se ti interessa non hai che da dirlo! Tra l'altro è l'opera più breve di Wagner (2h20 circa), quindi, da un certo punto di vista, di più facile ascolto.

Sì, certo che mi interessa: in quali date?


Suddividila in più parti la prossima lezione, perchè questa era lunghissima e se interrompevo poi perdevo il segno!
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 27/11/2012, 10:45) 
Medita e agisci pure.

Oggi pomeriggio agisco!

CITAZIONE
Sì, sì, che bello... e avvolte strette nelle nostre camicie di forza continueremo a paragonare Severus ai tragici personaggi dell'opera lirica!

Con gli psichiatri che scuoteranno al testa, senza saper cosa fare!

CITAZIONE
Sì, certo che mi interessa: in quali date?

Le date sono 28 febbraio, 3, 6, 9, 12, 15 marzo. Ti manderò poi una mail con tutti i dettagli del caso.

CITAZIONE
Suddividila in più parti la prossima lezione, perchè questa era lunghissima e se interrompevo poi perdevo il segno!

Credo che dividerò in atti, così dovrebbe diventare più breve. Per Lohengrin avrò anche più ascolti da proporre, tutti con Kaufmann (giusto per anticipare qualcosa).
 
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Lohengrin
Opera romantica in tre atti




Personaggi:

Heinrich der Vogler, re di Germania (basso)
Lohengrin (tenore)
Elsa von Brabant (soprano)
Friedrich von Telramund, conte brabantino (baritono)
Ortrud, sua moglie (soprano)
L’araldo del re (basso)
Quattro nobili brabantini (tenori e bassi)
Quattro paggi (soprani e contralti)


Conti e nobili sassoni e turingi, conti e nobili brabantini, dame, paggi, vassalli, soldati, donne, servi.

Scena: Anversa, nella prima metà del X secolo


TRAMA E ANALISI:

Atto I.
Inizio subito dicendo che, a differenza dell’Olandese, che è opera che si svolge in un tempo non definito, Lohengrin ha un contesto storico, per quanto, alla fine del racconto, non sia nemmeno fondamentale. Heinrich der Vogler (quello che in Italia è conosciuto come Enrico l’Uccellatore) è un personaggio storico. Ma la storicità di Lohengrin si ferma qui. A Wagner d’altronde – per quanto fosse interessato allo studio della storia – non interessa il dato realistico della storia (e questo lo differenzia sicuramente da Verdi che si muove sempre in un orizzonte più realistico, dove la storia – per quanto reinventata – non include il fantastico e il magico), ma piuttosto il pretesto che essa offre.
Un prato sulla sponda della Schelda nei pressi d’Anversa. Il fiume forma una curva verso il fondo della scena, in modo che a destra viene interrotto da alcuni alberi, ricomparendo poi ad una certa distanza. Sul proscenio siede Re Heinrich sotto una grande quercia (la quercia della giustizia). Accanto a lui stanno conti, nobili e cavalieri sassoni e turingi, che formano il suo seguito. Al lato opposto del proscenio, stanno i conti, i nobili ed i cavalieri brabantini. Alla loro testa sta Friedrich von Telramund, al suo fianco Ortrud. Uomini del popolo e servi stanno sul fondo della scena. Al centro rimane vuoto uno spazio rotondo. L’araldo del re ed i quattro trombettieri reali avanzano verso il centro. Le trombe intonano il saluto reale.
Come già in Olandese, ma come in tutte le opere di Wagner, Lohengrin si apre con una didascalia assolutamente curata, che dà l’idea della scena, una scena quasi cinematografica o comunque sia poco trasportabile sulla scena, soprattutto per quel che riguarda il fiume che fa la curva, scorre in lontananza e riappare.
La scena si apre con l’araldo del re che annuncia che Heinrich è giunto per consultare i nobili del Brabante. Il re prende la parola spiegando che è giunto lì per chiedere aiuto contro gli Ungari che stanno minacciando la stabilità dell’impero. Eppure il re si dice non tranquillo della situazione del Brabante, che è diviso e lacerato, senza una guida. Chiede quindi a Telramund, reggente del ducato, cosa sia accaduto.
Il conte spiega come il vecchio duca del Brabante, prima di morire, gli abbia affidato la tutela dei suoi due figli: Elsa e Gottfried. Friedrich giura di essersi preso ottima cura del ragazzo (il minore dei due fratelli) e di essere rimasto sconvolto quando questo è scomparso. Prosegue poi:

Elsa condusse il ragazzo nel bosco
Ma tornò senza di lui;
con falso dolore mi chiese del fratello,
perché si era allontanata un po’ da lui,
perdendo, così disse, ogni sua traccia.
Vani furono tutti gli sforzi per ritrovarlo.
Quando infine mi rivolsi minaccioso ad Elsa,
il suo pallore e lo spavento
ci rivelarono la sua terribile colpa.


Ecco dunque palesarsi l’accusa nei confronti di Elsa: il fratricidio. Di fronte ai suoi sospetti Telramund rifiuta di sposare Elsa, com’era suo diritto, essendogli stata offerta la mano della giovane dal duca morente, e si sposa con Ortrud.
L’accusa di fratricidio viene ribadita esplicitamente, questa volta ed il conte chiede il giudizio del re. Heinrich è incredulo e chiede conferma a Telramund, il quale risponde:

Sire, la fanciulla che piena d’orgoglio
Respinse la mia mano, vive rapita in un sogno.
L’accuso dunque di un amore segreto.


E già si nota una contraddizione nelle parole di Friedrich che, poco sopra, ha detto di aver rifiutato lui il diritto alla mano di Elsa ed ora accusa lei di averlo sdegnosamente rifiutato. Senza rivelare, ovviamente, cosa sia realmente successo, vi faccio porre l’attenzione sull’indizio che si presenta e che nessuno coglie.
Ma ciò che è importante sottolineare è la seconda parte della frase: Elsa vive rapita in un sogno. Come già detto per quel che riguarda l’Olandese, i sogni hanno un ruolo fondamentale in Wagner. Ed ecco che subito emerge il sogno di Elsa, un sogno che ancora una volta porta in sé una premonizione. Importante è anche il vivere di Elsa in un sogno, in un altrove, perché anche in Lohengrin ci troviamo davanti ad un’opposizione, ma non più tra il mondo borghese ed il mondo fantastico, quanto piuttosto tra il mondo della Magia Nera (o delle Arti Oscure, se preferite) ed il mondo di Elsa (che però vi appartiene parzialmente) e, soprattutto, del protagonista, che è invece l’esatto opposto dell’altro.
Poi c’è il mondo “storico” di Heinrich e della corte, che è, almeno a mio parere, quasi estraneo a quello che accade effettivamente tra i due poli opposti.
Elsa quindi ci viene presentata, prima ancora che entri, come qualcuno che appartiene ad un mondo altro e, come tale, come qualcuno di colpevole, colpevole di uno dei più terribili delitti, la morte di un bambino, ucciso per poter diventare signora del Brabante, accanto all’amante.
Il re chiede quindi che sia chiamata l’accusata, che egli stesso giudicherà.
Elsa giunge vestita di bianco […]; dopo essersi soffermata un attimo sul fondo della scena, avanza lentamente e piena di vergogna fino al centro; alcune donne, anche loro vestite semplicemente in bianco, la seguono, ma si fermano dapprima in fondo, sull’orlo del cerchio di giustizia, rimanendone fuori.
Il re interroga Elsa, che però non risponde, limitandosi a chinare il capo in segno affermativo quando le chiedere il suo nome e se lo riconosce come suo giudice. Infine il re le chiede se riconosce la sua colpa. Ed ecco la risposta di Elsa:

ELSA (guardando tristemente davanti a sé)
Povero fratello mio!

TUTTI GLI UOMINI
Che mistero! Che comportamento strano!

IL RE
Rispondi, Elsa! Confidati con me!

ELSA (guardando davanti a sé, come ispirata)
Sola, in tristi giorni,
io pregai il Signore,
con il mio cuore addolorato
riempii la mia preghiera.
È allora che dai miei pianti
È nato un suono così doloroso,
che, fino a echeggiare potentemente,
si è amplificato nell’aria:
io l’ho ascoltato risuonare lontano
fino a che non ha raggiunto quasi più le mie orecchia
i miei occhi si sono chiusi,
sono caduta in un dolce sonno.

TUTTI GLI UOMINI
Com’è singolare! Sogna? Delira?

IL RE
Elsa, difenditi di fronte al giudizio!

(L’espressione di Elsa cambia dal sogno all’estasi, come se fosse ispirata)


ELSA
Con l’armatura scintillante e splendente
Si avvicinò un cavaliere,
un uomo di una così pura virtù
che non ho mai visto prima:
un corno d’oro pendeva al fianco,
egli si appoggiava sulla spada –
così apparve a me
dal nulla, questo vero eroe;
con gesti gentili
mi portò conforto;
attenderò il cavaliere,
egli sarà il mio campione!


Elsa, e qui c’è una similitudine con Senta, è rapita dall’immagine di un uomo sconosciuto – in questo caso però si tratta di un essere fatto di luce, un cavaliere gentile, senza storia e senza nome -, di qualcuno che le è apparso unicamente in sogno, un sogno in cui la fanciulla ha una fede tale da credere che il cavaliere arriverà a salvarla.
Si fida, quindi, completamente del sogno, certa che sia qualcosa di reale. Per il proseguo dell’opera il tema della fiducia sarà quanto mai fondamentale, se non – dal mio punto di vista – uno degli snodi centrali dell’intero Lohengrin. La fede di Elsa è tale che invoca il giudizio di Dio, ovvero un duello in cui un campione per la sua parte ed uno per la parte di Telramund si sfideranno per stabilire la verità. Chi vincerà il duello, sarà nel giusto.
Telramund accusa ancora di più Elsa, vedendo nelle sue parole la sua colpa e credendo al contempo di poter dimostrare la sua ragione nell’accusarla. Friedrich stesso si va avanti come suo campione, il re chiede ad Elsa chi sarà il suo campione e lei risponde che attenderà il cavaliere.

TUTTI GLI UOMINI
Che il cielo ci aiuti
A veder chiaro chi è colpevole

IL RE
Federico, tu sei un uomo onorevole,
pensa bene – chi stai accusando?

FRIEDRICH
Non m’inganna quel suo delirio!
Lo udiste, essa è invaghita del suo amante!
Per accusarla io ne ho certe ragioni.
Il suo crimine è certamente attestato;
ma sarebbe un grave oltraggio al mio onore,
chiamare dei testimoni per sciogliere il vostro dubbio!
Io qui sto con la mia spada! Chi di voi
Osa combattere contro il mio onore?

I BRABANTINI
Nessuno di noi! Combatteremo soltanto per te!

FRIEDRICH
E tu, Sire, pensa ai miei servigi,
come in battaglia sconfissi i barbari danesi!

IL RE
Il cielo non voglia che tu debba ricordarmelo
E volentieri apprezzo la tua grande virtù;
in nessun’altra mano che nella tua
vorrei sapere che fosse il Brabante.
Ma Dio soltanto dovrà giudicare!

TUTTI GLI UOMINI
Al giudizio di Dio!
Al giudizio di Dio!
Che cominci!

IL RE
Io ti chiedo, Friedrich, conte di Telramund,
vuoi sostenere l’accusa, combattendo per la vita
o la morte, nel giudizio di Dio.

FRIEDRICH
Sì!

IL RE
Ora mi rivolgo a te, Elsa von Brabant!
Vuoi che un campione si batta per te,
per la vita e per la morte nel giudizio di Dio?

ELSA
Sì!

IL RE
Chi scegli come tuo campione?

FRIEDRICH
Ora saprete
Il nome dell’amante

I BRABANTINI
Udite!

ELSA
(sempre con espressione ispirata; tutti i presenti la fissano con grande curiosità)
Attenderò il cavaliere,
egli sarà il mio campione!
Udite cosa offro
Al messo del Signore:
nelle terre di mio padre
porterà la corona.
Mi considererò felice
Se accetterà i miei beni –
Se mi prenderà per consorte,
gli offrirò tutta me stessa!


Con le ultime parole, Elsa appare totalmente fiduciosa nel cavaliere di cui ha sognato e di cui si è innamorata (altrimenti non gli offrirebbe se stessa in questo modo), al solo vederlo nei suoi sogni, così come Senta si è innamorata dell’Olandese unicamente vedendone il ritratto.


Ascolto: Il sogno Elsa: Elsa, Cheryl Studer




Tutta questa prima parte del primo atto, serve naturalmente a creare il clima d’attesa per l’ingresso del protagonista, del cavaliere di cui Elsa parla e che più o meno tutti credono essere il suo amante.
Il re fa chiamare il campione di Elsa dall’araldo. Come nella migliore tradizione favolistica le trombe suonano tre volte, prima che compaia il cavaliere.
Questi arriva su una barca lungo il fiume, trainato da un cigno. Il cavaliere è appoggiato alla sua spada, proprio come nel sogno di Elsa, e come nel sogno porta un corno al fianco ed ha l’armatura scintillante. Friedrich è colmo di orrore e spavento, Ortrud pare spaventata dalla vista del cigno.
Le prime parole del cavaliere sono per il cigno, che ringrazia, prima che questo si allontani lungo il fiume.

Ti ringrazio, mio caro cigno!
Ora ritorna per i vasti flutti,
là da dove mi hai condotto con la tua navicella,
ritorna solo per recarci felicità!
Il tuo dovere hai fedelmente compiuto!
Addio, addio, mio caro cigno!


Tutto nel tono del cavaliere è soffuso, dolce, quasi provenga da un altro mondo (ed in effetti anche Lohengrin, seppur in maniera opposta all’Olandese, è un diverso), da un luogo ben diverso dal Brabante, un luogo evocato, poco prima, unicamente dal sogno di Elsa.
Si rivolge, poi, al re:

Salve, re Einrich! Dio ti benedica,
e guidi sempre la tua spada!
Il tuo altissimo e glorioso nome non cessi mai
Di splendere su questa terra!

IL RE
Ti sono grato! Ben riconosco
Il potere che ti conduce in questo paese,
sei tu il messaggero di Dio?


Solo in questo momento il cavaliere si rivolge ad Elsa. Forse la vede in questo momento (il libretto non è chiaro in proposito) e da allora le sue parole sono solo per lei.

IL CAVALIERE
Sono stato inviato a battermi per una fanciulla
Sulla quale pesa una grave accusa.
Ora lasciate ch’io veda
Se è stato giusto venire fino a lei.
(Si avvicina un poco ad Elsa)
Allora rispondi, Elsa von Brabant:
se sono designato come tuo campione,
vuoi affidarti alla mia protezione,
senza alcun dubbio, senza alcuna paura?

ELSA
(la quale, dal momento in cui il cavaliere è apparso al suo sguardo, è stata incapace di muoversi, come rapita dalla magia, cada ai suoi piedi, come se fosse stata svegliata dalle sue parole)
Mio cavaliere, mio salvatore! Prendimi;
io ti do tutto quello che sono!

IL CAVALIERE
Se vincerò in campo per te,
vuoi che sia il tuo sposo?

ELSA
Come prostrata io sono ai tuoi piedi,
così ti dono liberamente l’anima ed il corpo.


Interessante è notare il modo in cui si svolge il dialogo. Il cavaliere comincia in maniera quasi impersonale, spiegando perché è giunto lungo le rive della Schelda. Poi si rivolge ad Elsa e le pone due domande, domande che forse nascondono una lieve insicurezza (almeno questa è l’idea che mi sono fatta io). Elsa vede, ovviamente, la realizzazione del suo sogno, incontra in carne ed ossa l’uomo di cui si è innamorata e non può che offrirsi a lui. In questo momento, lei sembra assolutamente certa di se stessa e dei suoi sentimenti.
Il cavaliere, invece, arriva alla proposta di nozze in maniera brusca, quasi improvvisa (e non credo lui sappia che lei ha offerto al suo campione la mano) perché improvvisamente – ma questa è sempre una mia idea – se ne è innamorato. In linea teorica il compito del cavaliere è arrivare, difendere l’innocente ed andarsene. Invece lui chiede ad Elsa di sposarlo, una richiesta che porta con sé non pochi problemi.

IL CAVALIERE
Elsa, se sarò tuo sposo,
se dovrò proteggere per te la terra ed il popolo,
se nulla al mondo mi potrà mai togliere da te,
allora devi promettermi una cosa:
non dovrai mai domandarmi,
non dovrai mai cercare di conoscere,
da qual terra io venga,
quale sia il mio nome, o quale sia la mia origine!

ELSA (quasi senza rendersene conto)
Mai, mio signore, ti farò questa domanda!

IL CAVALIERE
Elsa! Hai ben compreso cosa ti sto dicendo?
non dovrai mai domandarmi,
non dovrai mai cercare di conoscere,
da qual terra io venga,
quale sia il mio nome, o quale sia la mia origine!

ELSA
Mio protettore! Mio angelo! Mio salvatore,
tu credi nella mia innocenza!
Quale dubbio potrebbe essere più terribile
Di quello che mi togliesse la fede in te?
Come tu mi sei rifugio nel bisogno,
io saprò restare fedele al giuramento!

IL CAVALIERE
(commosso, stringe Elsa al suo petto)
Elsa! Io ti amo!


Il cavaliere deve – per ragioni che risulteranno chiare a fine opera – ottenere da Elsa un giuramento, un giuramento che lei pare disposta a prendere, professando la più assoluta fiducia in lui. Il giuramento prevede che Elsa abbia la più completa fiducia nel cavaliere, perché mai ne saprà la provenienza, il nome, l’origine, quindi non saprà mai nulla di concreto su di lui, ma solo quello che vede adesso e quello che vedrà nella loro vita insieme. Lei deve affidarsi ciecamente a lui ed il cavaliere è conscio della difficoltà del giuramento, oppure è insicuro e teme che Elsa cambi idea subito, e per questo le dà la possibilità di rifletterci, lo ripete e, nel ripeterlo, non è privo di un certo nervosismo, forse della disperazione di sentire Elsa dire “no”.
Ma Elsa promette, con quella che sembra la più assoluta sicurezza.
Ed il cavaliere senza nome esprime completamente il suo amore per lei. Senza incertezze questa volta, perché egli è realmente innamorato di Elsa, disposto a molto – e lo si capirà anche questo nel finale – per rimanere al suo fianco, per essere il suo sposo, per amarla per sempre. Lo dice chiaramente, prima di proporle il giuramento: “Se nulla al mondo mi potrà mai separare da te” e lui non vuole essere separato da lei. Vuole andare oltre la sua missione, restare come sposo della donna che ama, che forse ha amato quando lei ha inviato il sogno (sempre che sia stato lui. Il libretto non è chiaro in proposito. Ma potrebbe essere stata un’altra forza ad inviare il sogno ad Elsa), che sicuramente ha amato quando l’ha vista.

Ascolto: Il cavaliere: Jonas Kaufmann, Elsa: A. Dasch. Purtroppo la registrazione si interrompe prima del ti amo.


Avvengono i preparativi del duello. I nobili chiedono a Friedrich di desistere, ma l’uomo non vuole incontrare il disonore. Il re dà cenno all’araldo di dettare le regole. I due sfidanti duelleranno in una zona delimitata a forma di cerchio, in cui nessuno potrà entrare. I due duellanti non devono utilizzare trucchi ingannevoli ed essere leali.
Il re invoca il giudizio di Dio e poco dopo inizia il duello.
Il cavaliere e Telramund iniziano a battersi. Il cavaliere vince, dopo una serie di assalti, aggiudicandosi la vittoria. Pur avendo in pugno la vita del conte, gliela risparmia.
L’atto finisce con la celebrazione della vittoria del cavaliere da parte di Elsa, del re e degli uomini, mentre Ortrud si pone delle domande sul cavaliere che ha come “bloccato” (non so usare un termine migliore) i suoi poteri oscuri, che avrebbero dovuto portare la vittoria a Friedrich.
L’importante è notare che per il cavaliere ciò che l’ha fatto vincere è unicamente l’innocenza di Elsa.
Così si chiude l’atto. Nel trionfo e nelle acclamazioni della folla.

Concludo questa parte della lezione, sottolineando come il centro drammaturgico dell’atto è non tanto il duello, quanto il giuramento chiesto dal cavaliere ed accettato da Elsa. E sarà effettivamente intorno al giuramento che si svilupperà il resto della trama.
 
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CITAZIONE (Alaide @ 28/11/2012, 16:44) 
Un prato sulla sponda della Schelda nei pressi d’Anversa. Il fiume forma una curva verso il fondo della scena, in modo che a destra viene interrotto da alcuni alberi, ricomparendo poi ad una certa distanza. Sul proscenio siede Re Heinrich sotto una grande quercia (la quercia della giustizia). Accanto a lui stanno conti, nobili e cavalieri sassoni e turingi, che formano il suo seguito. Al lato opposto del proscenio, stanno i conti, i nobili ed i cavalieri brabantini. Alla loro testa sta Friedrich von Telramund, al suo fianco Ortrud. Uomini del popolo e servi stanno sul fondo della scena. Al centro rimane vuoto uno spazio rotondo. L’araldo del re ed i quattro trombettieri reali avanzano verso il centro. Le trombe intonano il saluto reale.
Come già in Olandese, ma come in tutte le opere di Wagner, Lohengrin si apre con una didascalia assolutamente curata, che dà l’idea della scena, una scena quasi cinematografica o comunque sia poco trasportabile sulla scena, soprattutto per quel che riguarda il fiume che fa la curva, scorre in lontananza e riappare.

E con tutta questa precisa didascalia... perchè viene invece messa in scena con la casa in costruzione e le persone, Elsa compresa, vestite da muratori? (Sono certa che sai a quale versione mi riferisco, mentre io ho il DVD a casa e non ricordo)
Qual è il simbolismo in connessione con l'opera?
 
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view post Posted on 28/11/2012, 19:19
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CITAZIONE (Ida59 @ 28/11/2012, 17:57) 
E con tutta questa precisa didascalia... perchè viene invece messa in scena con la casa in costruzione e le persone, Elsa compresa, vestite da muratori? (Sono certa che sai a quale versione mi riferisco, mentre io ho il DVD a casa e non ricordo)
Qual è il simbolismo in connessione con l'opera?

L'edizione a cui ti riferisci tu è quella di Monaco con Kaufmann e la Harteros. Regia di Jones, un regista splendido quando deve raccontare storie realistiche. A contatto con il fantastico compie scelte che io non condivido del tutto, soprattutto in questo Lohengrin. Credo che la sua idea sia di dimostrare che ciò che Elsa sogna è la stabilità - di qui la costruzione della casa -, così come ciò che Lohengrin cerca è una famiglia, di qui il rogo della casa, nel III atto dell'opera.
Vedremo cosa accadrà a Milano con Guth, regista sempre molto simbolico. Da quel che si dice sui forum specializzati, non ci sarà il cigno e la vicenda sarà traslata nella società capitalistica del XIX secolo. Poi non so se sia vero o meno, anche perché il sito della Scala mostra gli scenografi che stanno costruendo le ali del cigno. Si vedrà il 7.
 
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view post Posted on 29/11/2012, 19:46
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Segnalo le note di regia del Lohengrinche verrà rappresentato alla Scala, dove il regista offre una visione interessante, soprattutto del protagonista, visione con la quale sono abbastanza d'accordo. In fondo ho sempre pensato che Lohengrin cercasse qualcuno che lo accettasse al di là di quello che appare, qualcuno che, alla fine, si fidasse veramente di lui. E lo spiegherò meglio nella prossima lezione!
 
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view post Posted on 7/12/2012, 16:02
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Continuo e concludo l'analisi di Lohengrin. Nel secondo atto non ci sono ascolti, perché non sono riuscita a trovare nulla che mi convincesse.


ATTO II

Il castello di Anversa. In fondo alla scena, nel mezzo, il Palas (abitazione dei cavalieri), a sinistra, sul proscenio la Kemenate (appartamento delle dame); a destra, sul proscenio, l’ingresso della chiesa, e direttamente dietro il portale del castello. È notte. Le finestre del Palas sono illuminate; dal Palas esce una musica esultante, suonata da corni e tromboni.
Sui gradini della chiesa siedono Friederich e Ortrud, ambedue vestiti poveramente in abiti scuri. Ortrud con le braccia appoggiate sulle ginocchia, fissa le finestre illuminate del Palas. Friedrich tiene lo sguardo cupo rivolto a terra

Qui la didascalia introduttiva del secondo atto che si apre sulla coppia “oscura” Friedrich/Ortrud. Analizzando però il testo ci si rende conto che Ortrud ha incatenato alla sua volontà Friedrich, il quale, pur cercando di ribellarsi, di accusarla, non può fare altro – perché ormai privo di una volontà propria (quasi fosse sotto Imperius) – che seguire il volere della moglie. L’ha già fatto sposandola, quando egli desiderava sposare Elsa, che l’ha però rifiutato; l’ha già fatto accusando Elsa dell’omicidio del fratello, lui che di Elsa dovrebbe essere il tutore ed il protettore.
L’uomo, quindi, all’inizio dell’atto si scaglia contro la moglie, accusandola di essere la causa di tutti i suoi mali:
Donna infernale, che cosa mi tiene ancora
Avvinto a te? Perché non ti lascio sola
Per fuggire lontano da qui, lontano.
Là dove la mia coscienza ritroverà la pace!
Per colpa tua ho dovuto perdere
Tutto il mio onore, tutta la mia gloria,
mai più riceverò lodi,
l’onta ha coperto il mio lignaggio!

Ortrud, ascoltando le parole del marito non si sposta mai, rimane ferma, nella posizione descritta da Wagner, mentre Friedrich è straziato da quello che ha fatto, dal disonore che ora lo ricopre, lui che, un tempo, era considerato un uomo giusto ed onesto, un eroe. Si può immaginare che Ortrud abbia approfittato del momento in cui Elsa ha rifiutato le profferte amorose di Friedrich (vorrei ricordare che Elsa è una ragazza e che, con ogni probabilità, si è sentita tradita, quando l’uomo scelto da suo padre, come suo tutore, ha iniziato a guardarla con altri occhi, rispetto a quelli di una figura paterna) e del giorno in cui Gottfried è scomparso. Ortrud ha quindi legato a sé Friedrich per poter distruggere Elsa, raggiungere il potere e dominare il Brabante grazie alla sua magia nera. Ortrud ha convinto Friedrich della colpevolezza di Elsa e a convincerlo che tramite lei sarebbe giunto a dominare il Brabante.
Non mi mentisti, dicendo che dal tuo selvaggio castello
Hai visto compiersi il delitto
Nel cupo bosco a te vicino,
vedesti Elsa stessa annegare
il fratello nel lago? Non fosti tu
ad irretire il mio cuore superbo, con la profezia
che un giorno l’antica stirpe dei Radbod
sarebbe rifiorita e avrebbe regnato sul Brabante?

La stirpe di Radbod è quella a cui appartiene Ortrud e che lei vuole riportare sul trono del Brabante.
Friedrich le rinfaccia quindi la menzogna, le rinfaccia di averlo mandato in duello – fondato sul giudizio di Dio – dove avrebbe sicuramente perso. Al che Ortrud ribatte dicendo che il cavaliere del cigno è in realtà più debole di quanto Friedrich non pensi e che tutto sta racchiuso nel suo segreto:
Io ti dico: s’egli è costretto
A svelare il suo nome e la sua origine,
l’intero suo potere svanisce
un potere, concessogli tramite la magia.

Si manifesta quindi il piano di Ortrud, ovvero quello di risvegliare in Elsa il sospetto. Ortrud ha compreso perfettamente quale sia la più grande paura di Elsa ed intende usarla a suo favore. Vuole fare sì, quindi, che Elsa ponga le domande al cavaliere. E spinge anche Friedrich verso un’altra opportunità.
Se a colui che trae forza dalla magia,
si riesce a strappare una parte,
anche minima del suo corpo,
egli immediatamente
si rivelerà, così com’è senza potere.

Porta, quindi, subito dopo, Friedrich a credere di essere stato sconfitto con l’inganno e non già in uno scontro onorevole (in realtà il cavaliere non usa la magia nel duello, ma Friedrich è troppo accecato dalle parole della moglie per pensarci). Lo convince, quindi nuovamente a credere che Elsa abbia ucciso il fratello e di conseguenza a desiderare di vendicarsi per l’onta che grava sul suo nome. Friedrich, quindi, nonostante il tentativo di liberarsi dall’influenza di Ortrud è totalmente succube di lei, dal momento in cui decide di sposarla ed accusare Elsa.
È la stessa Elsa ad apparire poco dopo sul balcone, colma di felicità per l’imminente matrimonio con l’uomo da lei amato solo a vederlo in sogno. Friedrich e Ortrud la notano. La donna fa allontanare il marito per poter rimanere sola con Elsa, poi chiama la ragazza. La giovane è spaventata e tenta di allontanare Ortrud, ma quest’ultima finge di essere una povera derelitta che non ha mai fatto nulla ad Elsa, che Friedrich ora è terribilmente pentito per l’accusa che le ha volto, le dice di essere misera ed infelice, sposata con uomo ricoperto di onta, ma pentito.
In poche parole, convince Elsa della sua buona fede ed Elsa che è una ragazza decisamente ingenua alle volte, decide di uscire dal castello per farvi entrare Ortrud.
Questa rimasta sola invoca la sua vendetta e chiede benedizione, agli antichi dei, per il suo inganno.
Elsa, che la trova ai suoi piedi inginocchiata, gli si avvicina e decide di chiedere l’indomani al cavaliere di poter perdonare Ortrud e Friedrich. Ortrud si dimostra riconoscente e dice ad Elsa che può fare una sola cosa per ricambiarla.
Inizia così ad insinuare il dubbio nella giovane:
Se tu potessi comprendere
L’origine strana di quest’uomo;
ch’egli mai possa abbandonarti,
così come è giunto – per mezzo della magia!

Ecco quindi evocata la paura di Elsa: l’abbandono. In fondo la ragazza ha vissuto una serie di “abbandoni”. I suoi genitori (forse prima la madre, poi il padre) sono entrambi morti, lasciandola sola, minorenne (altrimenti non avrebbe avuto bisogno di un tutore, ma sarebbe stata lei la reggente del Brabante) con un uomo che si è rivelato diverso da quello che lei credeva: non un tutore, non una figura paterna, ma qualcuno che voleva sposarla, quindi ha vissuto la perdita dell’unica figura “adulta” (Elsa è un’adolescente. Avrà – come molte protagoniste d’opera – tra i 14 e i 16 anni) che poteva sostituire la figura paterna. Poco dopo è sparito il fratello, mentre passeggiavano nei boschi. Lei si è distratta e lui è scomparso. Prova il senso dell’abbandono del fratello che ama e, allo stesso tempo, il senso di colpa per essere la causa di questo abbandono. Senso di colpa, probabilmente, acuito dalle accuse che le sono state rivolte.
Quindi Ortrud gioca la sua carta migliore. È arrivato il cavaliere, l’uomo di cui Elsa è innamorata, un uomo però legato da un vincolo che lo costringe a far promettere ad Elsa di non chiedergli mai nome, origine e stirpe, perché questo equivarrebbe ad un altro abbandono. Ortrud sovverte le parole del cavaliere, lasciando intendere ad Elsa che proprio quel divieto renderà più facile al cavaliere abbandonarla.
Alle parole di Ortrud, in questo momento, comunque, Elsa reagisce decisa, dicendo di aver assoluta fiducia nel cavaliere, ma questa fiducia sta già iniziando ad incrinarsi. Accetta comunque che Ortrud entri nel palazzo, perché è sinceramente convinta del pentimento della donna.
La notte lascia il posto all’alba, le porte del Palas si aprono, escono i trombettieri del re che suonano l’appello. I servi si occupano delle loro faccende, poi, alla fine, arrivano i nobili ed i soldati, colmi di gioia, ancora festosi per gli eventi del giorno precedente. Pronti a festeggiare, come dice l’araldo, le nozze tra il cavaliere ed Elsa, pronti, il giorno successivo ad andare in battaglia, seguendo il re e il cavaliere, giunto come un prodigio il giorno precedente.
In tutto questo giubilo, si fa avanti Friedrich, il quale, accompagnato da quattro nobili, tenta di insinuare il dubbio circa le reali intenzioni del cavaliere, ma gli altri uomini lo allontanano.
A questo punto esce Elsa, pronta per andare in chiesa e sposarsi. Dietro ad Elsa c’è Ortrud, la quale si rivolge ora in maniera orgogliosa alla ragazza, dicendole che lei non vuole seguirla in quella maniera, né strisciare sempre davanti a lei. E gioca subito dopo la sua seconda mossa per instillare il dubbio in Elsa.
Se un falso giudizio ha condannato il mio sposo,
il suo nome ha avuto in padri grande onore;
fu chiamata uomo di altissima virtù,
si conosceva, si tramandava la sua valorosa spada.
Lo sposo tuo, dimmi, chi lo conosce?
Tu stessa il suo nome non potrai mai dire!
[…]
Puoi nominarlo, puoi dirci
Se egli è di stirpe nobile e degna?
Da dove lo portarono le acque?
Quando ti lascerà e dove egli dovrà andare?
Ah no! Questo sarebbe per lui funesto –
Così l’astuto cavaliere ha proibito di chiederglielo!

Elsa reagisce dando della calunniatrice ad Ortrud, ma le parole, per quanto Elsa sembra non volerlo dare a vedere, sono scese nel suo animo, soprattutto, naturalmente, quelle relative all’abbandono. Elsa ha paura di perdere il cavaliere, come ha perduto le altre persone che ha amato: i genitori ed il fratello.
Ortrud continua mettendo in dubbio la purezza d’animo del cavaliere, sottolineando ancora una volta come sia impossibile sapere se egli sia veramente nobile come dice, se non si ha chi sia e da dove venga, senza che Elsa gli ponga la domanda.
Le parole di Ortrud vengono interrotte dall’arrivo del re e del cavaliere. Elsa vedendo l’uomo che ama e che teme di perdere, si getta tra le sue braccia, chiedendogli protezione da Ortrud.
Il cavaliere, pur spaventato – o almeno io credo che l’uomo sia spaventato a questo punto. Vede Elsa che piange tra le sue braccia, in preda al panico, può ben immaginare che cosa le abbia detto Ortrud. Quindi è terrorizzato all’idea che il suo sogno d’amore possa infrangersi -, si mostra deciso e sicuro, credo, proprio per nascondere le sue paure.
Allontanati da lei, donna sciagurata!
Qui non potrai mai vincere!
(si volta dolcemente verso Elsa)
Elsa, dimmi,
essa riuscì ad avvelenarti il cuore?

La domanda del cavaliere rimane senza risposta ed egli non insiste, forse perché non vuole sentire la risposta e vivere nell’illusione che Elsa si fidi di lui al punto da ignorare le parole di Ortrud. Eppure i due innamorati, seguiti dal re e dagli altri, si avviano verso la chiesa, ma Friedrich si para davanti al corteo ed accusa il cavaliere, accusandolo di stregoneria e ripetendo le parole che insinuano il dubbio su di lui.
Che si disperda come polvere davanti al soffio di Dio
Il potere che guadagnò per mezzo dell’astuzia!
Quanto a torte conduceste il giudizio
Che mi rubò l’onore,
perché una domanda gli risparmiaste
quand’egli giunse a combattere!
Ora non impedirete la domanda,
perché gliela porrò:
nome, rango e meriti i gli domando,
ad alta voce, davanti a tutti!
Chi è costui che giunse alla riva,
guidato da un cigno selvatico?
Chi si serve di tali creature magiche
La sua purezza io la considero inganno!
S’egli potrà smentire l’accusa,
sarò stato condannato giustamente,
se no, vedrete
che la sua purezza non è ciò che sembra!

Il cavaliere risponde dicendo che non è a Friedrich che deve la risposta, né al re. Può solo respingere i dubbi dei malvagi, ma senza rispondere alle sue domande, perché solo una persona può porgli quelle domande: Elsa. Nel momento in cui si volta verso Elsa la vede tremante e dibattuta e si preoccupa, esclama Elsa, come la vedo tremare!. Credo che il cavaliere sia spaventato, ancora più di prima, che veda il suo desiderio di essere amato infrangersi, desiderio d’essere amato per quello che è realmente e non per quello che rappresenta per gli altri, di non essere visto come un eroe puro, ma come un uomo. E l’unica strada che ha, come si vedrà nel terzo atto, è proprio quella di non rivelare chi egli sia, perché allora non vi sarà amore, perché allora dovrà abbandonare per sempre, al donna che ama con tutto il suo cuore.
Tutti si interrogano sul segreto del cavaliere. Egli interroga Elsa e le chiede se si sia stata sedotta dalle parole di Ortrud. Elsa giunge alla conclusione che non può chiedergli di rivelare al mondo il suo segreto perché forse questo lo metterebbe in pericolo, ma è chiaro che il dubbio si è ormai insinuato in lei, per quanto il cavaliere speri, preghi, si aggrappi alla speranza che il cuore puro e buono di Elsa non arrivi a conoscere il dubbio.
I due innamorati vengono separati dai cavalieri che inneggiano, alla fine, al cavaliere, dopo che il re ha detto di aver fiducia in lui. Elsa viene fermata da Friedrich che ancora una volta tenta di insinuare il dubbio, dicendole questa volta che se gli permetterà di recidere la punta del dito del cavaliere, questi non l’abbandonerà mai. Ma Elsa è sconvolta, fino a che il cavaliere non le si avvicina.
Il cavaliere a questo punto si rivolge ad Elsa, mettendo a nudo le sue incertezze, la sua paura, la paura che, alla fine, Elsa non si fidi di lui, che alla fine l’amore non sia più potente del dubbio:
Elsa, levati! Nelle tue mani,
nella tua fiducia sta il pegno di tutta la nostra felicità!
Il dubbio non lascia in pace il tuo cuore?
Vuoi pormi la domanda?

Elsa gli risponde che il suo amore è più forte di ogni dubbio. Ed il cavaliere le crede o vuole crederle perché l’ama e non vuole perderla, perché non vuole vedere che il suo sogno, il suo desiderio più intimo si sta per infrangere.


ATTO III
La stanza nuziale. Sul centro, in fondo alla scena, il letto nuziale, riccamente adornato; sotto una finestra aperta, un sofà basso. Si sente della musica provenire dal retroscena; all’inizio si ode un canto lontano che man mano si fa più vicino
E’ la prima notte di nozze di Elsa ed il cavaliere. I due sposi vengono accompagnati nella stanza nuziale, com’era effettivamente usanza nel Medioevo, ed il canto che si ode è una marcia nuziale (per l’esattezza la marcia nuziale che viene, per lo più, suonata ai matrimoni). L’inizio dell’atto è quindi un inno all’amore e alle nozze tra i due innamorati che rimangono poi finalmente soli.
Si apre qui uno degli snodi centrali dell’opera, che è un lungo confronto tra Elsa ed il cavaliere, un confronto che porterà inevitabilmente verso il finale dell’opera:

IL CAVALIERE
Il dolce canto svanisce; siamo soli,
soli per la prima volta da quando ci siamo incontrati.
Ora saremo nascosti al mondo,
nessuno origliando turberà i saluti del nostro cuore.
Elsa, mia moglie! Dolce e pura sposa!
Dimmi, ora sei felice!

ELSA
Come sarei insensibile a chiamarmi soltanto felice,
ora che sono piena di gioia celeste!
Sento ardere per te così dolcemente il cuore,
respiro le gioie che soltanto Dio concede;
mi sento ardere per te così dolcemente il cuore,
respiro le gioie che soltanto Dio concede!

IL CAVALIERE
Se tu, nobile sposa, puoi dirti felice,
allora donami la gioia celeste!
Sento ardere per te così dolcemente il cuore,
respiro le gioie che soltanto Dio concede.


All’inizio pare esserci una perfetta simbiosi tra i due innamorati, una perfetta felicità nell’essere finalmente soli, insieme. Poi il discorso si sposta verso l’essenza del loro amore, un amore nato immediatamente, al solo pensarsi.


IL CAVALIERE
Quant’è nobile l’essenza del nostro amore!
Prima ancora di vederti, avevamo presagito il nostro amore!
E quanto sono stato eletto tuo campione,
fu l’amore a guidarmi da te:
dai tuoi occhi appresi la tua innocenza –
quello sguardo mi rese schiavo della tua grazia.

ELSA
Ma io ti avevo già visto,
mi sei apparso nel sogno meraviglioso;
quando nella veglia ti ho visto starmi davanti,
ho riconosciuto in te l’inviato di Dio.
Volevo allora sciogliermi al tuo sguardo,
avvolgerti i piedi come un ruscello,
come un fiore profumato in un campo,
avrei goduto piegandomi al tuo passo.
È questo soltanto amore? Come si chiama,
questa parola, così indicibilmente divina
come il tuo nome che, ahimé non potrò mai sapere,
che non potrò mai usare per rivolgermi al mio amato!


Ed ecco che dopo le parole d’amore che non riescono ad esprimere l’amore che lega Elsa ed il cavaliere, giunge il tema del nome del cavaliere, il tema del dubbio e della paura dell’abbandono, qui ancora citato in maniera innocente, en passant, ma subito colto dal protagonista che tenta di bloccare Elsa, chiamandola per nome.

IL CAVALIERE
Elsa!

ELSA
Quanto dolce suona il mio nome sul tuo labbro!
Non mi concedi di udire il nobile suono del tuo nome?
Soltanto quando saremo condotti nella calma dell’amore
Mi permetterai di pronunciarlo!

IL CAVALIERE
Mia dolce sposa!

ELSA
Quando saremo soli, quando tutti dormiranno;
non giungerà mai all’orecchio del mondo!


Il tema del nome si fa sempre più pressante, così come i tentativi per ora timidi da parte del cavaliere di fermare Elsa, di convincerla ad abbandonarsi unicamente al loro amore, senza pensare ad altro. E così farà subito dopo, indicando i fiori ed i profumi della notte, in modo da darle allo stesso tempo ad intendere quanto lui l’ami, al di là di chi lei sia, della stirpe di Elsa. Egli l’ha amata al solo vederla, senza chiederle nulla, unicamente perché si è fidato di lei, della sua innocenza.

IL CAVALIERE
Non respiri tu con me i dolci profumi?
Oh! come grati essi inebriano i sensi!
Misteriosamente essi s'appressano attraverso l'aria,
al loro incanto io mi concedo senza domandare...
Così è l'incanto che mi ha congiunto a te,
quando io, o mia dolce sposa, ti ho vista la prima volta;
non ho sentito il dovere di chiederti la tua stirpe;
te vide il mio occhio... te comprese il mio cuore.
Come i profumi mi inebriano quietamente i sensi,
anche se giungessero da una notte misteriosa:...
così la tua purezza doveva inebriarmi
anche se ti ho trovato in sospetto di una grave colpa.


Ma le paure di Elsa sono più forti di qualsiasi rassicurazione del cavaliere, la paura dell’abbandono è grandissima ed Elsa non riesce a resistere, non riesce a sentirsi rassicurata. Al contrario, non si sente degna dell’amore incondizionato dell’uomo. E questo suo sentirsi indegna, emerge dalle sue parole, così come emerge la sua paura, sottesa, mai espressa, ma sempre presente. Vi faccio infine notare come, mentre Elsa parla, compaia il tema che il cavaliere ha usato per chiederle di giurare di non porgli le domande.

ELSA
Ah! s'io potessi apparire degna di te
e non soltanto perdermi di fronte a te;
se potesse un mio aiuto congiungermi a te,
se potessi io vedermi in pena per te!
Come tu mi hai trovata gravata da una tremenda accusa,
ah! così io potessi sapere che tu sei in pericolo;
potrei tollerare coraggiosamente la pena,
se potessi conoscere un pericolo che ti minaccia!...
Di che natura sarebbe mai il segreto,
che la tua bocca a tutto il mondo tace?
Forse che ti attenderebbe sciagura,
se a tutto il mondo fosse manifesto?
Se così fosse, ed io lo potessi sapere,
se mi fosse lecito averlo in mio potere,
nessuna minaccia certo me lo strapperebbe,
per te sarei pronta a morire!

IL CAVALIERE
Mia amata!

ELSA
Oh rendimi orgogliosa della tua fiducia,
così che nella mia piccolezza io non mi perda!
Fa' ch'io penetri nel tuo segreto,
che veda chiaro chi sei!

IL CAVALIERE
Ah! Elsa, taci!

ELSA
Alla mia fedeltà
svela il valore della tua nobiltà!
Da dove sei venuto, dimmi senza rimpianto...
Io ti proverò la forza del tacere!


Elsa cede sempre di più ai suoi dubbi e alle sue incertezze ed il cavaliere sembra, per qualche tempo non sapere cosa fare, forse perché ha troppa paura che Elsa faccia le domande, paura di doverla abbandonare, perché non può fare diversamente, paura di dover lasciare la donna che ama perdutamente.

IL CAVALIERE
(severo e grave,
arretrando di alcuni passi)

Mi devi essere grata di una fiducia grandissima,
perché volentieri ho creduto al tuo giuramento;
se non vacillerai mai di fronte al mio comandamento,
tu sarai la migliore delle donne!

(rapido si volge nuovamente
con tenerezza ad Elsa)

Al mio petto, o mia dolce pura sposa!
Accostati all'ardore del mio cuore;
che i tuoi occhi dolcemente mi illuminino,
occhi nei quali ho visto tutta la mia felicità!
Oh concedimi, che in estasi,
io respiri il tuo respiro;
ah, lascia ch’io ti stringa forte;
fa' ch'io possa esser felice in te!
Il tuo amore sarà la grandi ricompensa
per ciò ch'io per te ho abbandonato;
nessun destino in tutto il mondo di Dio,
fu mai chiamato più nobile del mio.
Se il re m'offrisse la sua corona,
con buon diritto io la potrei rifiutare.
L’unica cosa che valga il mio sacrifico,
vedo nel tuo amore!
E perciò evita sempre il dubbio,
e sia il tuo amore la mia più pronta sicurezza!
Perché io non vengo dall’oscurità e dalla sofferenza,
ma dalla luce e dallo splendore.


Nella sua disperazione, nella sua paura di perdere Elsa, di perdere l’amore della giovane, tenta di rassicurarla, mostrandole quanto sia forte il suo amore, che gli ha fatto rinunciare a tutto, ad un destino luminoso e nobile, perché l’amore che porta ad Elsa è più forte di qualsiasi altra cosa. Ma le parole invece di tranquillizzare Elsa, l’agitano ancora di più, perché vede nelle parole del cavaliere la possibilità dell’abbandono. E lo dice esplicitamente, perché non crede che il l’amore del cavaliere sia più forte di quello a cui ha rinunciato. Non riesce, alla fine, ad aver fiducia nelle sue parole, non crede veramente all’amore dell’uomo perché ha troppa paura di perderlo.

ELSA
Dio m'aiuti, quel che mi tocca udire!
Quale testimonianza la tua bocca m'ha dato!
Tu hai voluto calmarmi con belle parole,
ed ora la mia sventura mi si fa manifesta!
La sorte, cui tu sei sfuggito
era il tuo bene supremo;
dalla beatitudine tu a me venisti
ed aspiri a tornarvi!
Come posso mai credere, infelicissima,
che a te basti la mia fede?
Un giorno verrà in cui te ne andrai,
quando ti pentirai del tuo amore!

IL CAVALIERE
Cessa di tormentarti così!

ELSA
Perché, dunque, tu mi tormenti!
Debbo io contare i giorni,
che rimarrai ancora con me?
Angosciata per vederti restare
mi si appassirà la guancia,...
poi nuovamente tu mi sfuggirai,
ed io rimarrò qui misera!

IL CAVALIERE
(vivamente)
Mai sparirà il tuo fascino,
fino a quando la tua anima sarà libera dal dubbio!


Le parole del cavaliere tentano di rincuorarla. Lui non se andrà mai a meno che il dubbio non vinca la fiducia di Elsa, come sta avvenendo in questo momento. La paura dell’abbandono rende Elsa totalmente incapace di ragionare, di comprendere l’amore dell’uomo, di aver fiducia in lui.

ELSA
Ah! come potrei mai,
trovare il potere di legarti a me?
Tutto il tuo essere è intriso di magia,
sei arrivato fino a me per miracolo;...
come posso io qui,
aver garanzia che tu non mi lascerai?
(Fortemente atterrita, si ferma come se stesse per ascoltare)
Non hai udito nulla? Non senti che alcuno viene?

IL CAVALIERE
Elsa!

ELSA
Ah no!
(con gli occhi sbarrati)
Eppure là... il cigno... il cigno!
Arriva navigando sull'onda del fiume...
tu lo chiami,... egli accosta la navicella...

IL CAVALIERE
Elsa! Trattieniti! Calma il tuo delirio!

ELSA
Niente mi può dar pace,
niente al delirio sottrarmi,
se non che.. n'andasse della mia vita...
il sapere... chi tu sei!

IL CAVALIERE
Elsa, che stai per dire?


Il cavaliere vede sempre di più tutto scivolargli dalle mani, vede che Elsa si sta perdendo nella sua paura e non sa più quale mezzo può usare per tenerla al suo fianco, per averla con sé, per non distruggere il loro amore. Sentendo la musica, sembra un uomo terrorizzato che sta vedendo perdersi tutto, perdere l’unica cosa che lo può rendere se stesso, un uomo, semplicemente un uomo e non un essere angelico e puro, un eroe. Quell’essere superiore che vede anche Elsa e che teme di perdere perché troppo superiore a lei, quando il cavaliere non desidera altro che essere una persona normale, perché, alla fine, seppur in maniera opposta all’Olandese, anche il cavaliere è un diverso ed anche lui sogna un “per sempre” al fianco della donna amata.
Ma nulla vale ed Elsa pone le tre domande.

ELSA
O sventurato eroe,
odi, quel ch'io ti devo domandare!
Dimmi il tuo nome!

IL CAVALIERE
Taci!

ELSA
Da dove vieni?

IL CAVALIERE
Guai a te!

ELSA
Quale la tua stirpe?

IL CAVALIERE
Guai a noi! Che cosa hai fatto?


Elsa ha pronunciato le domande. Tutto è finito. L’amore, il sogno di una vita felice si è sciolto nei dubbi umanissimi di Elsa, nati da una paura troppo grande per poter essere fermata.
Il dialogo si ferma di colpo. Elsa vede Friedrich e quattro nobili che ha convinto a complottare con lui contro la vita del cavaliere entrare nella stanza. C’è un momento rapido di azione. Il grido di Elsa, la reazione del cavaliere che con un solo colpo uccide Friedrich, liberandolo, infine, dal dominio di Ortrud, seppur nel più tragico dei modi.
Ma nulla rimane tra i due sposi, se non la desolazione del cavaliere, che vede la perdita della felicità, tanto sognata e subito scomparsa e il dolore di Elsa.

ELSA
(Si trova di fronte al cavaliere, che a sua volta ha le spalle rivolte verso il fondo della scena. Elsa scorge Friedrich […] che entra da una porta con la spada sguainata.)
Salvati! La tua spada, la tua spada!
(Ella porge rapidamente a Lohengrin la spada appoggiata al divano, così che egli può rapidamente estrarla dal fodero che la contiene. Il cavaliere, con un sol colpo, stende a terra morto Federico, che vibra contro di lui. Ai Nobili atterriti cadono le spade. Essi si precipitano in ginocchio, ai piedi del cavaliere. Elsa che si è gettata al petto del cavaliere, cade lentamente al suolo, svenuta, presso di lui. - Lungo silenzio)

IL CAVALIERE
(profondamente turbato, rimane solo in piedi)
Ahimè! E' perduta per sempre la nostra felicità!

ELSA
(sfinita, aprendo gli occhi)
Onnipotente, abbi pietà di me!
(Il giorno comincia a poco a poco a spuntare; i ceri consumati fino in fondo, minacciano di spegnersi. Ad un cenno di Lohengrin, i quattro Nobili si alzano)

Ascolto: Anja Harteros (Elsa), Jonas Kaufmann (il cavaliere). L’ascolto è diviso in due video e si interrompe con la morte di Friedrich, che il regista sceglie di far morire con la magia e non con un colpo di spada.




Al cavaliere non resta altro che annunciare che dirà, l’indomani, chi sia, da dove venga e quale sia il suo nome.
Il re ed i cavalieri ed i nobili si riuniscono in quella che è la scena del primo atto e lì attendono l’arrivo del cavaliere. Ma a giungere è la salma di Friedrich, poi Elsa che sembra vacillare ed infine arriva il cavaliere.
È lui a rispondere alle domande del re e a spiegare la situazione. Per prima cosa spiega come mai sia morto Friedrich ed ottiene il perdono reale.
Poi giunge il momento di rivelare che Elsa ha infranto il giuramento. Tutti si scagliano contro di lei, accusandola, ancora una volta. Il cavaliere non può far altro che rivelare la sua identità e, prima di farlo, nasconde dietro la rabbia e l’orgoglio della sua origine, il dolore che prova alla perdita di Elsa. Dolore che però riemergerà poco prima della fine dell’opera.
Poi la rivelazione:

In una terra lontana, inaccessibile ai vostri passi,
v’è un castello che ha nome Monsalvat;
un tempio splendido sta dentro ad esso,
prezioso come nulla al mondo;
dentro un calice di potere divino e miracoloso
viene custodito come una sacra reliquia:
un corteo d’angeli lo portò in terra
per affidarlo ai più puri degli uomini.
Ogni anno scende dal cielo una colomba,
a rafforzare il suo meraviglioso potere:
è chiamato il Graal, che la più beata e pura fede
infonde nella confraternita dei suoi cavalieri.
Chi è scelto come cavaliere del Graal,
dal Graal è munito di poteri sovraumani:
gli inganni maligni non possono toccarlo,
se lo ha contemplato, l’ombra della morte da lui fugge.
Anche chi è da esso inviato in terre lontane,
nominato campione della virtù,
non sarà privato del santo suo potere,
se non viene riconosciuto come cavaliere.
Perché così meravigliosa è la benedizione del Graal
Che se rivelata deve fuggire dallo sguardo profano;
non si nutra sospetto sul cavaliere,
una volta svelato egli deve lasciarvi.
Ora udite, che io ricompenso la domanda proibita!
Fu il Graal ad inviarmi a voi:
mio padre, Parsifal, ne porta la corona,
io, Lohengrin, ne sono il cavaliere.


Ascolto: Jonas Kaufmann (Lohengrin)


Il racconto di Lohengrin è volutamente enfatico, in certi punti, soprattutto nel finale. Ed ora leggo quest’enfasi come un modo per nascondere il dolore, un modo per celare il senso di tradimento (Elsa non ha avuto fiducia in lui) e di perdita della felicità, di una felicità – e l’ha detto lui stesso nel duetto – più grande di quella dell’essere cavaliere del Graal, più grande di qualsiasi cosa, talmente grande che, come dice Lohengrin nel duetto, è disposto a rinunciare a tutto, a rinunciare alla vista del Graal, perché egli vuole rimanere sempre accanto ad Elsa e quindi non tornare più a Monsalvat ed assistere al miracolo compiuto ogni anno, miracolo che rafforza il potere del Graal. Io ho inteso questo particolare, come una rinuncia da parte di Lohengrin ai suoi poteri, all’immortalità che deriva dalla visione del Graal. Perché, se è vero che i poteri rimarranno al cavaliere se non viene riconosciuto come tale, è anche vero che le domande di Elsa costringeranno Lohengrin ad andarsene per sempre, richiamato dalla forza del Graal. Il silenzio sulla sua identità, più che un modo per mantenere i poteri – che, da quel che ho intuito [ma credo che qui Wagner sia volutamente ambiguo], verranno comunque persi da Lohengrin perché ha scelto di rimanere lontano dal Graal e dalla sua luce divina – è un modo per poter rimanere accanto ad Elsa, senza mai dover essere richiamato dal Graal. Vivere con lei ed amarla. Una vita ed un amore che gli sono negati.
A questo punto, poco dopo il racconto, il cigno si avvicina alla sponda. Il Graal sta richiamando Lohengrin che non può fare altro che andare, intrappolato nella sua missione di cavaliere del Graal, dal suo dovere, da quel dovere a cui – amando Elsa – ha tentato di sottrarsi, perché, alla fine, egli non vuole essere altro che un uomo come tutti.
E Lohengrin, come quando è arrivato, si rivolge al cigno:


Mio caro cigno!
Ah, quest’ultimo triste viaggio
Ben volentieri ti avrei risparmiato!
Fra un anno, quando il tempo
Del tuo servizio sarebbe stato compiuto,
allora, liberato dal potere del Graal,
avrei voluto rivederti sotto altra sembianza!
(Si sposta verso il proscenio e si rivolge ad Elsa con espressione di grande dolore)
O Elsa! Un anno solamente al tuo fianco,
per essere il testimone della tua felicità!
Allora sarebbe tornato, felice, scortato dai cavalieri
Del Graal, tuo fratello che tu credevi morto.
(Tutti esprimono il più vivo stupore. Lohengrin tende ad Elsa il suo corno, la sua spada ed il suo anello).
Quando egli sarà tornato, quando io sarò lontano,
tu gli darai questo corno, la spada e l’anello.
Il corno lo proteggerà nel pericolo,
la spada lo farò vincitore in battaglia,
ma con l’anello egli si ricorderà di me,
che ho salvato anche te dal pericolo e dal disonore!
(mentre bacia più volte Elsa, che è incapace di parlare)
Addio! Addio! Addio, mia dolce sposa!
Addio! Il Graal si arrabbierà con me se io rimando ancora!
Addio! Addio!




Ascolto: Jonas Kaufmann (Lohengrin). L’ascolto prevede tutto il finale dell’opera e non solo la parte di testo che ho citato.



Lohengrin se ne deve andare e non ha altra scelta. Il Graal lo richiama forte a sé e non può che lasciare degli oggetti ad Elsa perché li passi a Gottfried che è vivo e che giungerà tra un anno, perché al momento sta servendo il Graal. Era questo il destino. Un anno soli, poi l’arrivo di Gottfried e la felicità. Ma nulla di tutto questo sarà per i due. Lohengrin non potrà coronare il suo sogno di un amore eterno e ricco di fiducia ed Elsa, preda dei suoi dubbi, non potrà avere al fianco, mai più, l’uomo che ama.
Ortrud si avanza a questo punto, colma di gioia ed accusa Lohengrin di celare sotto l’aspetto di un cigno Gottfried. E ride, dicendo che ormai il bambino non può più essere liberato.
Ma Lohengrin si inginocchia e prega. Usando i suoi poteri rende forma umana a Gottfried, che Ortrud aveva trasformato in cigno per accusare Elsa di omicidio e per poter prendere il potere.
Lohengrin sale su una navicella, condotta dalla colomba del Graal. Si volta un ultima volta verso Elsa, poi china il capo, sconfitto. Elsa dopo aver abbracciato il fratello, dopo aver visto Lohengrin allontanarsi, non riesce a sopravvivere ad un altro abbandono e cade a terra morta, mentre il cavaliere si allontana sempre di più.
Con la morte di Elsa e l’infelicità di Lohengrin si conclude l’opera. Le forze del male sono state sconfitte. Tutti sanno ora che Ortrud ha trasformato Gottfried in cigno, che ha tramato contro Elsa, che ha spinto Friedrich ad accusare la fanciulla. Ma il prezzo pagato è stato enorme. La morte di Elsa, il dolore eterno (ricordo che il Graal lo rende immortale) di Lohengrin che ha visto morire, mentre si allontana (o almeno così si intuisce dal libretto) la donna al cui fianco avrebbe voluto vivere per sempre.
 
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