Il Calderone di Severus

Biboarwen - Tre madri, Tipologia: one-shot - Genere: drammatico, introspettivo - Epoca: post seconda guerra magica - Avvertimenti: AU - Rating: Per tutti - Paring: Severus/Hermione

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view post Posted on 26/10/2022, 02:54
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Autore: biboarwen
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo, romantico
Paring: Severus/Hermione
Epoca: post settimo anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: esiste un amore più forte di ogni altro. Un amore che se ne frega della ragione, delle regole, dell’impossibile e persino della morte: quello di una madre.
Questa storia, come le mie precedenti, tenta di essere legata alle altre in un’unica long.

Note: storia scritta per la sfida annuale “15 anni con Severus”. Mese di ottobre. Scuola di Durmstrang

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Caratteri: 13114

TRE MADRI

Da anni non venivo in questo posto.
Il mio ultimo ricordo mi vede seduto in un angolo, con l’incapacità di piangere dipinta sul volto e la voglia di piangere nascosta nell’anima.
La polvere era ovunque allora, così come è ovunque adesso.
Non so perché ho accettato tutto questo.
Mi hai detto che l’unico modo di guarire il passato è quello di seppellirlo sotto un futuro felice. Sotto a nuovi ricordi.
Forse hai ragione tu. Negli ultimi strani anni della mia vita ho capito che hai sempre ragione tu.
Così come ho capito che contrastare la tua follia non serve proprio a niente, se non a generare litigate infinite che di solito si concludono tra le lenzuola candide del nostro letto.
Noi siamo sempre stati così. Luce e ombra, dinamite e sabbia, fuoco e ghiaccio, rumore e silenzio. Ognuno con il suo modo di essere, ognuno con la sua voglia perenne di avere ragione, ognuno con la sua necessità inguaribile di chiedere scusa.
Questa volta, come tutte le volte, ho ceduto io.
Mi sono chiuso nei miei silenzi, ho lanciato nei tuoi occhi le mie solite minacce, e alla fine ti ho lasciata vincere, e mi sono ritrovato qui, tra la polvere e i frammenti di una solitudine che avevo sempre creduto invincibile.
Nulla è invincibile, con te. Neppure i ricordi.
Dalla cucina provengono rumori di stoviglie spostate con foga. Ti sento sbuffare al cospetto della mia vecchia apatia.
Qui dentro tutto era apatia, prima di te, prima di voi.
Un cucciolo d’uomo dai capelli neri gioca sui miei stivali con un sacchetto pieno di gobbiglie che questa mattina ha spacchettato fremente. Ogni tanto mi guarda, mi sorride con l’entusiasmo e la stima che si riservano agli eroi.
Un giorno sarò in grado di dirglielo, quanto io sia l’eroe più sbagliato di tutti. Un giorno sarò in grado di affrontare i suoi enormi occhi nocciola e di raccontargli la verità. Ma non oggi. Lui è ancora troppo piccolo e io sono ancora troppo sporco.
Il tempo è un dio benevolo. Affievolisce, rende sopportabile. Ma non cancella.
Così come lo hai fatto tu, Hermione.
Hai affievolito, hai reso sopportabile. Ma non hai cancellato.
Talvolta, quando nelle nostre nottate piene di parole, mi guardi al di là di una tazza di tè fumante, io ancora mi vergogno.
Mi capita di pensare che vorrei davvero che tu non sapessi niente. Che amassi un uomo pulito, senza colpe da provare a dimenticare.
E poi ti vedo sorridere, e capisco che no, nemmeno il marciume del mio passato è riuscito a dissuaderti dallo stringermi la mano. E capisco anche che, forse, mi ami molto di più.
Perché me lo hai detto, anche se ho faticato ad ascoltarlo.
«Vieni a darmi una mano con i piatti?» un urlo mi raggiunge dalla cucina.
Mio figlio mi guarda, si lascia scappare una risata.
Il tono impaziente di sua madre è un qualcosa di noto ad entrambi.
«Meglio che vai, papà.»
Già, meglio che io vada. È questo ciò che resta di un Mangiamorte che faceva tremare di paura il mondo intero.
Ed è un qualcosa che mi riempie il petto di gioia.
Sei una madre, adesso.
Una madre è qualcosa di sublime, qualcosa di lenitivo e candido che ti avvolge il cuore.
Talvolta penso che sia questo a generare tanto male, nel mondo sporco in cui ho camminato per anni: l’assenza di una madre.
Qualcuno per cui l’istinto è più forte della ragione, del giudizio e del male stesso.
Io non so se ho avuto una madre. Ho avuto una donna che mi ha messo al mondo e che, a suo modo, forse mi ha amato.
Ma non così. Non come ami tu, Hermione. Non con la luce che ti ho visto negli occhi in quella mattina di pioggia, quando hai stretto mio figlio sul seno appena un attimo dopo che le tue urla di dolore avevano squarciato il silenzio.
«Severus…» la tua voce spazientita mi strappa ai pensieri.
Inforco il corridoio. Supero la porta.
Sei bella da togliere il fiato con quel maglione di lana troppo grande e un foulard legato sulla testa. I capelli spettinati, gli occhi pieni di sfida. Perenne, perpetua. Gli occhi di chi è abituato a combattere.
Sposare me è stata una dichiarazione di guerra. Al mondo e a te stessa. Ma stai vincendo, ragazzina. Maledizione quanto abilmente stai vincendo.
«Pensi di averne almeno uno che non sia sbeccato?» lo dici interrompendo la tua frenetica analisi dei miei pensili, mentre con un braccio ti asciughi il sudore dalla fronte.
«Temo di no…»
«Perfetto! Lo sai che tra meno di un’ora avremo a pranzo delle persone, vero Severus?»
«Sì, e so anche di essere uno dei maghi viventi più potenti al mondo. Credo di poter considerare l’ipotesi di far apparire un servizio di piatti che soddisfi le tue esigenze estetiche, Hermione…»
Ti fermi, mi guardi. Per un attimo la tua innata voglia di battaglia ti sfoca le iridi color nocciola. Poi chiudi gli occhi. Li riapri, mi guardi.
Una risata si intrufola tra la polvere e il disordine.
«Volevo fare una cosa normale, in una casa normale, fingendo di essere persone normali, lontane da un castello immenso… almeno il giorno di Natale.»
«Ma questa non è una casa normale. Io non sono una persona normale. Penso che l’ultimo problema della giornata possa essere rappresentato dai piatti, ragazzina.»
Hai insistito per fare questa festa. Hai invitato quel ragazzino cresciuto troppo in fretta di Potter, sua moglie, i suoi figli. Hai invitato l’esercito intero dei Weasley che risultano troppi malgrado la guerra. Hai invitato Teddy.
Hai invitato tutti. Tutti quelli ancora vivi, almeno.
Quanto di più simile alla mia personale visione dell’inferno che meriterei per l’eternità.
Ma tu ridi. Questo mi basta.
«Me la dai una mano?» lo chiedi con quell’aria da bambina che mi ha fatto gettare alle ortiche anni interi di incubi.
«Ovviamente…» sorrido.
Ti osservo prendere uno straccio, affannarti su un tavolo che solo il fuoco potrebbe rendere utile a qualcosa.
Mi avvicino. Ti prendo la mano.
Tu alzi gli occhi, li porti così vicini alla mia pelle da sentirla bruciare. Con una mano ti aggiusto una ciocca di capelli dietro all’orecchio, in un gesto dettato dall’abitudine. Sorridi anche tu.
«Noi non siamo persone normali, Hermione. Non abbiamo niente da dimostrare.» lo sussurro appena. Ma tu lo senti. Tu hai sempre sentito tutto di me.
Con due colpi di bacchetta scompare il tavolo, scompaiono i pensili impolverati, i piatti rotti. Scompare anche la mestizia che ha regnato in questa casa da sempre.
Una tovaglia di lino bianco, calici di cristallo, un servizio di piatti che nella mia immaginazione ho pensato potessero piacerti. Pirofile straripanti di tacchino arrosto, di patate al forno. Persino una piccola zuppiera con la salsa ai mirtilli che devo aver visto in qualche vecchio film.
È tutto fresco, adesso. Tutto pulito.
Brilla di vita, quasi come te.
Il campanello della porta suona di colpo, interrompendo l’immagine stupita di te che hai deciso di regalarmi. Mi guardi interdetta.
«Sono già qui? È troppo presto!»
Sollevo le spalle. Non parlo più. Uno come me lo ha già fatto abbastanza.
Di colpo il rumore invade il nostro silenzio. Il suono leggero delle gobboglie viene tramortito da un vociare indistinto. Tutti parlano, tutti chiedono, senza aspettare risposte.
L’immagine di Molly è la prima a presentarsi sulla soglia della cucina. Dietro di lei un mare di teste rosse che ridono e schiamazzano in direzione di mio figlio.
Intravedo Potter da lontano. I nostri sguardi si incrociano. Lui sussulta. Io no.
Accenna un sorriso, cercando di farmi vedere una riconoscenza che prova ad elargirmi da anni. La vomita come può nel mio sguardo immobile, incapace di mostrare l’uomo che hai cavato a forza dalla gabbia del mio tormento, Hermione.
È un qualcosa con cui anche lui dovrà imparare a convivere. Il dubbio che io conosca o meno la vastità del suo ritrovato rispetto.
La cucina viene invasa lentamente, come da una valanga che si mangia la montagna.
«Ma avete già preparato tutto! Noi siamo arrivati prima per dare una mano…» Molly si porta le mani sui fianchi in un gesto che la caratterizza da sempre «Sei stata impeccabile, Hermione!»
Ti volti, mi guardi. Ti lasci scappare una risata.
Io sorrido. A te sì, a te sorrido sempre.
Armeggiano con le sedie, si siedono al tavolo, spostano bicchieri, assaggiano patate con le mani.
Sì, quanto di più simile alla mia personale visione dell’inferno. Ma me lo merito. Mi merito tutta questa vita caotica e semplice che non so affrontare.
Ron ti guarda ancora di sottecchi, ogni tanto. Se riuscissi a provarne mi farebbe quasi tenerezza.
Osserva te, poi osserva me. Sospira.
Io fingo di non vederlo. Una volta non lo avrei fatto. Una volta mi sarei divertito a sollevare un sopracciglio, a socchiudere gli occhi, a farlo tremare di paura. Adesso no. Adesso è tutto diverso.
La moglie di Potter ti raggiunge, ti stampa un bacio sulla guancia, ti sussurra qualcosa all’orecchio. Ha visto il rimpianto di suo fratello anche lei. È sempre stata la più intelligente di tutti.
Tu guardi nella mia direzione. Con te non devo alzare nessun sopracciglio, non devo palesare nulla. Tu sai e basta. Hai sempre saputo e basta.
Le risate si fanno più fragorose, le sedie si spostano. I più intrepidi cominciano a sedersi a tavola. Siamo tutti qui, quelli che sono sopravvissuti, almeno.
«Siamo fuori orario, ma che dite, cominciamo lo stesso?» lo dici sfilando il foulard dalla testa, cercando di dare una forma ai tuoi capelli ricci che non hanno alcuna intenzione di obbedire.
Il caos fine a sé stesso ha cominciato a dare fastidio anche a te, da un po’ di tempo a questa parte. Le prime avvisaglie di una penuria di pazienza che deve averti infettata, mentre diventavi adulta al mio fianco, ragazzina.
Li vedo sedersi piano, uno dopo l’altro. Molly ed Arthur invecchiati dal tempo e dal dolore, un pugno di giovani uomini dai capelli rossi diventati adulti improvvisamente in una notte lontana, Ginny che vedo apparire e scomparire dai nostri appartamenti con una ciclicità che ho imparato ad apprezzare con gli anni, Potter che porta sulle spalle un peso difficile da dimenticare. Eserciti di bambini dai nomi che non riesco a ricordare. Tranne uno. Di uno il nome lo ricordo. Non so dire se con fastidio o con orgoglio.
C’è mio figlio, che mi sputa in faccia sorridendo tutta l’incredulità per una vita che ancora stento a credere di meritare. Che indossa con spavalderia i miei occhi e con arroganza il tuo sorriso.
E poi c’è Teddy, seduto in disparte, chiuso in quella solitudine che solo chi si è sentito solo davvero è capace di provare.
Se fossi ancora capace di farlo lo stringerei tra le braccia. Come un padre che si è visto strappare troppo presto.
L’amore è capace davvero di ribaltare ogni cosa, anche la più marcia. Non ci avevo mai creduto. Poi sei arrivata tu.
Ti osservo rivolgere a Teddy un sorriso amaro.
Stai provando anche tu la tristezza che provo io? Sei riuscita di nuovo a leggermi dentro?
Una madre. Ecco cosa servirebbe a chiunque il giorno di Natale. Una madre nel cui sguardo, anche solo per un momento, potersi sentire al sicuro. E improvvisamente mi rendo conto che in troppi, in questa stanza, una madre l’hanno persa troppo in fretta.
Se fossi capace di esprimerlo sarebbe questo il mio desiderio per Natale. Che chiunque, in questa stanza, potesse rivedere per un attimo gli occhi di una madre volata via troppo in fretta.
Afferro una sedia, la folla si scosta. Nessuno smette di essere un Mangiamorte, nemmeno quando ha immolato l’esistenza per un tavolo imbandito, vibrante di spensieratezza. Nessun uomo che ha fatto paura smette di fare paura.
Di questo prima o poi sarò in grado di farmi una ragione.
Per un istante il silenzio avvolge ogni cosa.
Osservo i tuoi occhi al mio fianco socchiudersi verso un punto indefinito della stanza.
Poi si spalancano di colpo.
«Tonks…» lo sussurri piano. La bocca aperta, lo sguardo pieno di meraviglia.
Mi volto e lei è lì, sorride, ci osserva con la sfacciataggine che neppure una guerra che l’ha vista sconfitta è riuscita a strapparle di dosso.
Di cose ne ho viste tante nella mia strana vita. A molte ho faticato a credere. Ma questa è così assurda da sembrare vera.
La luce bianca intorno ai suoi capelli viola sembra fatta di lana. Lampeggia alle sue spalle come a voler vomitare altra luce.
Un fremito.
Sposta gli occhi, osserva suo figlio che fatica a riconoscerla.
Muove un passo verso la sua sedia. Lo raggiunge.
Teddy sorride.
La luce bianca lampeggia di nuovo.
È tutto assurdo, come in un sogno.
Un’altra figura si fa strada nel silenzio assordante di un tavolo imbandito.
La riconosco subito, malgrado gli anni, malgrado la felicità, malgrado i tuoi occhi che mi fanno innamorare giorno dopo giorno, un po’ di più.
«Lily…» anche il mio è solo un sussurro.
Sorrido. Reggo il suo sguardo per un attimo, prima di capire che non è per me.
Le iridi verdi che per anni mi hanno dato il tormento si spostano nella stanza a cercare una sola cosa.
Quando incrociano quelle stesse iridi che una genetica benevola ha voluto lasciare in eredità al mondo, di colpo, si fermano.
È lo sguardo di un’altra madre. Bello come solo lo sguardo di una madre sa essere.
E io mi ritrovo qui, seduto in un Natale inatteso, ad osservare il miracolo dell’amore vero. Quello che se ne fotte della paura, della ragione e persino della morte.
L’amore di una madre.
L’amore di tre madri che osservano quanto hanno di più caro al mondo.

Edited by biboarwen - 26/10/2022, 21:25
 
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view post Posted on 27/11/2022, 20:00
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In un luogo fuori dal tempo si colloca questa tua ennesima, intensa narrazione delle vite semplici e, per fortuna, (a)normali di Severus ed Hermione. Sempre fortissime le descrizioni degli animi dei protagonisti e, tra tutte, quella del sentire del nostro mago che scopre quanto possa essere incredibile e straordinaria la felicità.
 
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view post Posted on 27/11/2022, 21:43
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CITAZIONE (Lonely_Kate @ 27/11/2022, 20:00) 
In un luogo fuori dal tempo si colloca questa tua ennesima, intensa narrazione delle vite semplici e, per fortuna, (a)normali di Severus ed Hermione. Sempre fortissime le descrizioni degli animi dei protagonisti e, tra tutte, quella del sentire del nostro mago che scopre quanto possa essere incredibile e straordinaria la felicità.

Grazie Kate!
 
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view post Posted on 6/12/2022, 22:02
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La storia è stupenda, strepitosa, coinvolgente e scritta in modo meraviglioso con un Severus che ti fa innamorare e stringere il cuore ad ogni frase.
I requisiti della sfida, però, sono rispettati appena appena.
Ciò non toglie che mi sia piaciuta tantissimo.

Credo però che ci sia un problema di incoerenza interna, se non ho capito male.
Qui ti riferisci agli occhi del figlio di Severus, giusto? E li definisci nocciola (come quelli di Hermione?)
CITAZIONE
Un giorno sarò in grado di dirglielo, quanto io sia l’eroe più sbagliato di tutti. Un giorno sarò in grado di affrontare i suoi enormi occhi nocciola e di raccontargli la verità. Ma non oggi. Lui è ancora troppo piccolo e io sono ancora troppo sporco.

Ma anche qui ti riferisci agli occhi del figlio di Severus, che ha ereditato i suoi, quindi neri e non nocciola.
Mi sono persa qualcosa?
CITAZIONE
C’è mio figlio, che mi sputa in faccia sorridendo tutta l’incredulità per una vita che ancora stento a credere di meritare. Che indossa con spavalderia i miei occhi e con arroganza il tuo sorriso.

Citazione dalla Tosca di Puccini (Roma è diventata il mondo intero) o è un caso?
CITAZIONE
È questo ciò che resta di un Mangiamorte che faceva tremare di paura il mondo intero.

 
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view post Posted on 7/12/2022, 14:51
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CITAZIONE (Ida59 @ 6/12/2022, 22:02) 
La storia è stupenda, strepitosa, coinvolgente e scritta in modo meraviglioso con un Severus che ti fa innamorare e stringere il cuore ad ogni frase.
I requisiti della sfida, però, sono rispettati appena appena.
Ciò non toglie che mi sia piaciuta tantissimo.

Credo però che ci sia un problema di incoerenza interna, se non ho capito male.
Qui ti riferisci agli occhi del figlio di Severus, giusto? E li definisci nocciola (come quelli di Hermione?)
CITAZIONE
Un giorno sarò in grado di dirglielo, quanto io sia l’eroe più sbagliato di tutti. Un giorno sarò in grado di affrontare i suoi enormi occhi nocciola e di raccontargli la verità. Ma non oggi. Lui è ancora troppo piccolo e io sono ancora troppo sporco.

Ma anche qui ti riferisci agli occhi del figlio di Severus, che ha ereditato i suoi, quindi neri e non nocciola.
Mi sono persa qualcosa?
CITAZIONE
C’è mio figlio, che mi sputa in faccia sorridendo tutta l’incredulità per una vita che ancora stento a credere di meritare. Che indossa con spavalderia i miei occhi e con arroganza il tuo sorriso.

Citazione dalla Tosca di Puccini (Roma è diventata il mondo intero) o è un caso?
CITAZIONE
È questo ciò che resta di un Mangiamorte che faceva tremare di paura il mondo intero.


Hai ragione, Ida. Il tema è appena rispettato, anche per via dei personaggi secondari che in questo caso sono dominanti. Lo so, lo so 😭, ma ho capito quella parte del regolamento dopo averla pubblicata.
Sulla questione degli occhi io intendevo l’espressione, più che il colore, ma ci sta che sia passibile di dubbio. A fine concorso correggerò perché potrebbe sembrare un contro senso.
La citazione della Tosca non è voluta, ma ora che ci penso è bellissima e me ne approprio volentieri 😜.
Come sempre ti ringrazio infinitamente per aver letto la mia storia e ti ringrazio per il tuo giudizio sempre attento e per la tua brillantezza mai scontata.
Sperando di riuscire presto ad essere più assidua nel frequentare e nello scrivere, ti mando un grande abbraccio.
 
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view post Posted on 7/12/2022, 15:36
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No, un momento, ora che ci ripenso, forse c'è un problema i canone. Non si può far apparire il cibo: lo spiega Hermione nel 7° libro, quando sono in giro a campeggiare per l'Inghilterra, è una legge di Galpalott o roba simile. Il cibo appare solo sulle tavole a Hogwarts ma solo perchè sotto, in diretta corrispondenza, ci sono le cucine con gli elfi che cucinano e poi mandano su i cibi.
 
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view post Posted on 7/12/2022, 20:39
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CITAZIONE (Ida59 @ 7/12/2022, 15:36) 
No, un momento, ora che ci ripenso, forse c'è un problema i canone. Non si può far apparire il cibo: lo spiega Hermione nel 7° libro, quando sono in giro a campeggiare per l'Inghilterra, è una legge di Galpalott o roba simile. Il cibo appare solo sulle tavole a Hogwarts ma solo perchè sotto, in diretta corrispondenza, ci sono le cucine con gli elfi che cucinano e poi mandano su i cibi.

Oh porca vacca! Questa cosa mi era completamente passata di mente. Non la ricordavo proprio! Non ho tempo di riscriverla adesso 😢. Piuttosto non facciamola gareggiare e mi prendo la meritata penalità!
Scusate!
 
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view post Posted on 7/12/2022, 21:33
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I ♥ Severus


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Naaaa... non è così grave da inficiare la storia: ti assegnerò un punto di malus. Non cade il mondo. Tra l'altro, correggere la storia non è facile e immediato.
 
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