Il Calderone di Severus

Gabrix1967 - Il mio peggior nemico, Tipologia: one-shot - Rating: per tutti - Genere: drammatico, introspettivo - Personaggi: Severus Piton, Minerva Mc Granitt, altri - Pairing: nessuno - Epoca: Post 7° anno - Avvertimenti:AU

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view post Posted on 22/9/2022, 12:29
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GabrixSnape

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Titolo: Il mio peggior nemico.
Autore/data: Gabrix1967 – Agosto/Settembre 2022
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Minerva Mc Granitt, Albus Silente, altri.
Pairing: nessuno
Epoca: Ultimo quadrimestre 1998
Avvertimenti: AU

Nota 1: Questo racconto è stato ispirato da un’antica credenza celtica, secondo la quale le anime di coloro che abbiamo perduto sono prigioniere in qualche essere inferiore: un animale, un vegetale o una qualsiasi cosa inanimata. E sono perdute per noi fino al giorno - che per molti non arriva mai - in cui ci troviamo a passare accanto all’albero o a possedere l’oggetto che è la loro prigione. Allora quelle anime trasaliscono, ci chiamano, e appena le abbiamo riconosciute, l’incantesimo è spezzato. Sono state liberate da noi. Hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi.

Nota 2: Nel dialogo tra Severus e Silente c’è un richiamo al salvataggio per mezzo di Fanny, di cui ho raccontato nella storia di luglio “Nuove prospettive”.

Nota 3: Scritta per la sfida 15 anni con Severus - Settembre.

Campione della Scuola di Beauxbatons

Caratteri: 45844

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Riassunto: Qualche volta le seconde opportunità ci colgono impreparati ad affrontarle, al punto da farci desiderare di non averle avute, ed è faticoso raggiungere lo stadio in cui, finalmente liberi dal passato, si riesce a riconoscerle come tali ed essere grati a chi ce le ha concesse.

Così è del nostro passato. Cercare di evocarlo è fatica sprecata, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono inutili. È nascosto fuori dal suo dominio, dalla sua portata, in qualche oggetto materiale (nella sensazione che ci darebbe quell’oggetto materiale) che non sospettiamo. Dipende dal caso che si incontri quell’oggetto prima di morire o non lo si incontri.”
- Marcel Proust – Dalla parte di Swann

Il mio peggior nemico.



Arrancando sul sentiero che conduceva alla capanna di Hagrid, Severus non riusciva a cancellare le immagini delle fiamme che divampavano dal tetto né il suono delle voci concitate dei suoi compagni di fuga, che lo riportavano alla dannata notte in cui aveva posto fine alla vita dell’unica persona con la quale avesse potuto confrontarsi senza timore di essere smascherato.
In verità, da quando era tornato a Hogwarts, dopo la lunga degenza al San Mungo, gli capitava la stessa cosa ovunque andasse. Non esisteva un luogo - o un qualsiasi oggetto che per caso rientrasse nel suo campo visivo - che non lo trascinasse, suo malgrado, indietro nel tempo, asservendolo alle emozioni suscitate. In quel pesante periodo di bilanci, le emozioni erano spietatamente negative.
I tanti anni trascorsi tra le mura del castello avevano finito per costituire per il mago un bagaglio di ricordi amari, giacché a loro erano legati gli oltraggi più crudeli che avesse mai subito, le scelte più tormentose che avesse mai adottato, le separazioni più angosciose che avesse mai dovuto sopportare. Tutto gli appariva immobile: bloccato nell’attimo più doloroso che il luogo, o l’oggetto, gli rammentavano.
Essere ancora lì, con tante ferite aperte e altrettanti rapporti irrisolti, trasformava le giornate di Severus in una lenta agonia fatta di una lunga catena di pensieri che, evocati da tutto ciò che lo circondava, lo braccavano durante quella che sempre più, e con maggiore evidenza, finiva per apparire, a chi lo osservasse, come la fuga da un nemico, tanto potente e ostile quanto invisibile, che continuava ad avere la meglio: il passato.

*****


Abbandonata la propria scrivania per sgranchirsi le gambe, Minerva si avvicinò a una delle finestre della presidenza.
L’incarico conferitole da poco le aveva imposto di rimediare ai danni cagionati dall’ultima guerra contro Voldemort. Si era accorta fin da subito che quelli al castello erano i più facili da riparare. Persino il suo indomito spirito guerriero si era invece dovuto piegare davanti a sofferenze per le quali non aveva ancora trovato una cura.
Sospirò gravemente, scorgendo giù in basso, su un sentiero innevato, la familiare sagoma nera e sottile dell’uomo che caparbiamente, come ogni giorno da quando era riuscito ad abbandonare il suo appartamento, sfidava l’inadeguatezza del proprio corpo imponendosi un contegno che gli costava indicibili sforzi.
“Ti preoccupi ancora per il ragazzo?”
La voce di Albus ruppe il pesante silenzio della stanza e Minerva si voltò a guardare la cornice dalla quale il vecchio preside sorrideva bonariamente.
“È ancora molto sofferente,” mormorò, tornando a osservarlo dalla sua postazione in alto.
“Ma è anche incredibilmente forte, non dimenticarlo,” tentò di rassicurarla Silente.
Minerva scosse il capo.
“Non lo diresti, se potessi vederlo come ora lo vedo io. È debole, e solo… e silenzioso. Sarebbe tanto più facile se ci urlasse contro il suo dolore e il suo risentimento,” mormorò.
“Non sarebbe da lui,” osservò Albus.
“No, non sarebbe da lui!” confermò la strega tornando a sedersi. “Non adesso.”
“Non si sopravvive mai completamente all’assenza delle persone che si sono amate e perdute, specie quando si sono smarriti anche tutti i legami che ci tenevano ancorati alla vita,” disse ancora Silente prima di assopirsi.
Minerva pensò che Albus avesse ragione: da quando il giovane collega aveva perso anche l’unica persona con cui avesse avuto un confronto sincero, di fatto non gli restavano altri con cui confidarsi.
Tornò rattristata alla corrispondenza da evadere, ma in cuor suo, sentiva impellente il bisogno di risolvere con Severus le questioni che erano rimaste in sospeso.

*****


Nonostante le difficoltà e gli strascichi della guerra, le lezioni si svolsero regolarmente finché, arrivate le vacanze di Natale, il castello si svuotò completamente degli studenti. Forse perché le famiglie erano ancora troppo scosse per non volersi accertare, direttamente, dello stato di salute dei propri figli.
Privati della routine scolastica, i professori avrebbero avuto più tempo libero da dedicare ai propri interessi e all’elaborazione dei recenti avvenimenti che avevano segnato tutti indelebilmente.
Minerva pensò che quella pausa potesse facilitare l’auspicato avvicinamento a Severus, ma dovette ricredersi subito quando, il giorno stesso della partenza dei ragazzi, mentre discuteva con Sibilla del carico di nuove sfere divinatorie che tardava ad arrivare, lo vide allontanarsi da tavola ancor prima che fosse servita la frutta. Le fu subito chiaro che aveva sottovalutato la distanza che ancora li divideva.
“Ti prego di scusarmi, riprenderemo il discorso più tardi!” disse, alzandosi improvvisamente, lasciando la professoressa di Divinazione costernata.
“Ma mi servono per la ripresa delle lezioni!” piagnucolò quest’ultima all’indirizzo della preside che, però, era già troppo lontana per udire la frase pronunciata con la solita voce querula.
Severus marciò per i corridoi del castello senza una meta precisa. Il passo, reso incerto dalla gamba ancora semi paralizzata per gli effetti del veleno, faceva apparire il suo incedere faticoso. Alle sue spalle, Minerva osservava l’avanzata ostinata, avvertendone tutto lo sforzo e la dolorosa perseveranza.
Come se un incantesimo gli impedisse di fermarsi, il mago, ignaro della presenza della preoccupata spettatrice, sembrava condotto forzatamente lungo un percorso che si arrestò infine sulla Torre di Astronomia. Lì parve ridestarsi da un sonno profondo.
“Perché non hai voluto trovare un modo diverso?” sussurrò, afferrando con entrambe le mani le pietre alla base delle merlature del bastione dal quale era volato giù Silente. Il capo, abbandonato tra le spalle tese, rivelava tutto il suo sconforto.
Minerva, nell’ombra, ingoiò le lacrime: Albus le aveva rivelato quanto avesse insistito perché Severus proteggesse l’anima di Draco a discapito della propria. Tuttavia, considerò inopportuno rivelarsi e, per non oltraggiare l’orgoglio del mago che era determinato a nascondere le proprie sofferenze, decise di allontanarsi in silenzio, lasciando che il tempo del confronto maturasse.

*****


Dall’alto della torre, Severus osservò i territori di Hogwarts con rimpianto.
Pur essendo un luogo a cui erano legati ricordi molto amari, era lì che continuava a tornare, come sospinto da una forza maligna che volesse ricondurlo ai suoi incubi… o dal desiderio inconscio di tagliare le funi che lo tenevano avvinto al passato e lo costringevano a rivivere momenti tristi. Almeno così pensò Minerva che, allontanatasi dal mago, era ora diretta alla capanna di Hagrid. Tuttavia, sollevando gli occhi in alto, verso il punto in cui l’aveva visto tormentarsi qualche istante prima, riusciva ancora a scorgere la sagoma ammantata di nero. Ma intanto che osservava l’imponente torre, la preside trasalì. Il giovane collega si sporgeva pericolosamente dalle merlature e pareva guardarla fissamente, benché Minerva avesse la sensazione che qualcos’altro attirasse la sua attenzione.
In effetti, il piglio deciso dell’anziana strega aveva rotto l’immobilità della porzione di spazio che rientrava nel campo visivo del mago.
Severus avrebbe riconosciuto quell’incedere anche al buio, solamente dal suono fermo e delicato prodotto dai passi e - a occhi chiusi - avrebbe potuto ricostruire i lineamenti austeri che gli sembrava di conoscere da sempre. L’autorevolezza, alimentata dalla consapevolezza di essere nel giusto, non aveva mai abbandonato i tratti del volto di Minerva quando si erano trovati a confrontarsi faccia a faccia: sia quando la fiera paladina di Hogwarts si era battuta contro chi considerava un nemico nei corridoi del castello per difendere i suoi ragazzi; sia quando, qualche tempo prima, dimessa dal San Mungo, aveva respinto il maldestro slancio d’affetto che aveva rischiato di rivelarle i suoi sentimenti. Forse, se avesse compreso la sincerità dell’impulso che per un istante aveva intaccato la maschera distaccata dietro la quale era obbligato a nascondersi, più tardi avrebbe potuto intuire che dinanzi a lei non c’era un vigliacco in fuga, ma che anche lui era lì per difendere i ragazzi e la scuola.
Chissà se anche Minerva ripensava a quegli eventi. Chissà come aveva reagito alle rivelazioni di Potter. Chissà se anche a lei, nel silenzio della notte, capitava di essere risvegliata dal suono delle parole dure che gli aveva rivolto. Tutte le attenzioni che ora gli rivolgeva testimoniavano una presa di coscienza. No, non era un codardo! Ora lo sapeva la preside, lo sapevano i colleghi e anche le dannate pietre di quella torre che, con il loro canto ipnotico, continuavano ad attrarlo lassù, dove tutto era solitudine, dolore e perdita. La riabilitazione agli occhi del mondo magico, che forse un tempo avrebbe potuto considerare come una vittoria personale, era invece per Severus un presente, vuoto di prospettive, che il ricordo dei corpi senza vita a cui era sopravvissuto riempiva di disperazione.
Dal basso, la preside vide improvvisamente sparire la sagoma nera come inghiottita dalle merlature. Attese impaziente che riapparisse, ma non accadde. Quindi, inquieta, riprese il cammino.
Severus rimase ancora qualche istante a guardare lontano.

*****


Un’altra questione che investì prepotentemente la preside, durante quelle prime vacanze di Natale dopo la Seconda Guerra Magica, fu il mistero del bizzarro comportamento di Mrs. Purr.
Come tutti gli ospiti del castello, anche la fedele compagna di Gazza aveva subito le pressioni che la battaglia aveva imposto. Ma una volta ristabilito l’ordine e ritornata la quotidianità di un tempo, il felino era sembrato guarito dai timori che l’avevano reso insicuro e meno intraprendente, costringendolo a vivere nell’ombra dei calzoni del suo padrone. Con la ripresa delle lezioni infatti, i suoi enormi occhi gialli erano tornati a riempirsi del vecchio piglio da arrogante accusatrice e, tra gli studenti vecchi e nuovi, la sua fama di spia aveva ricominciato a circolare.
Tuttavia, durante la cena del giorno della partenza dei ragazzi, Gazza, contravvenendo alle solite abitudini, prese posto accanto alla preside.
“Sono sicuro che qualcuno le ha lanciato una fattura!” gracchiò, scostando leggermente la tovaglia per mostrare a Minerva la gatta che se ne stava acciambellata sotto la sedia.
L’anziana strega si piegò in avanti per guardare in basso, da dove due occhi gialli carichi di risentimento ricambiarono il suo sguardo.
“Chi?” domandò Minerva, versandosi da bere.
“Qualcuno di quei piccoli farabutti. Se ci fossero ancora i gemelli Weasley, o Potter, potrei esserne quasi certo. Ma di sicuro, tra quelle faccette angeliche si nasconde il responsabile di qualche tremendo scherzo alla mia povera gatta,” dichiarò senza mezzi termini.
“Suvvia, Argus, io non vedo grandi segni di sofferenza!” provò a contraddirlo la preside.
Il Guardiano di Hogwarts strabuzzò gli occhi e senza attendere oltre si piegò sotto la sedia, riemergendo con il recalcitrante felino che, venuto allo scoperto, soffiò in direzione di tutti quelli che osavano incrociare il suo sguardo.
“E questi non sarebbero segni di sofferenza?” chiese indignato, passando la mano, un po’ qua e un po’ là, sulle zone del corpo di Mrs. Purr in cui il pelo era visibilmente più rado, mentre la gatta agitava nervosamente la coda.
“Dipenderà dal trauma della guerra,” provò a ipotizzare Minerva.
“Da quello era perfettamente guarita,” contestò con decisione Gazza. “Il pelo era ricresciuto e lei era di nuovo il mio braccio destro,” disse, rimettendola a terra, visto che non riusciva più a tenerla per quanto si dibatteva.
“Piuttosto, il mese scorso, ho sequestrato una scacchiera magica truccata a un Grifondoro e l’ho nascosta nel mio ripostiglio. Quel ragazzaccio ha guardato la mia gatta in modo strano. Sicuramente è stato lui, ma non ci ho fatto caso subito perché avevo fretta di portare al sicuro quella stupida scacchiera. Mrs. Purr è entrata con me, ma quando l’ho chiamata prima di uscire, per accertarmi di non chiuderla dentro, ho scoperto che era già fuori. Era dietro una colonna ad aspettarmi e mi è sembrata subito molto spaventata. Sono convinto che sia stato quel ragazzo,” insistette, ostinatamente.
Minerva si trovò costretta a promettere a Gazza che Mrs. Purr avrebbe ricevuto tutto l’aiuto di cui aveva bisogno. Il mattino dopo, chiese a Madama Chips di predisporre nella sua Infermeria un’area dove poter visitare accuratamente la gatta e vi convocò Hagrid, quale esperto di animali magici.
Un guardingo Gazza seguì con pignola attenzione tutte le visite e le verifiche compiute. Tanto Hagrid, quanto Madama Chips, concordarono sul fatto che Mrs Purr fosse in perfetta salute e che le cause della perdita di pelo potevano ben essere imputabili al periodo stressante che tutti avevano attraversato. Tuttavia, poiché non ci fu verso di convincere il sospettoso guardiano, Minerva decise di accontentarlo, convocando a Hogwarts anche un esperto Magizoologo, che sicuramente avrebbe potuto confermare quanto già era emerso dai controlli cui era stata sottoposta la creatura.
Quando alla fine tutti furono d’accordo che non ci fossero cause organiche e tantomeno magiche, Gazza insorse e, brandendo verso tutti i presenti la sua gatta come un monito, provò a contraddirli facendo ancora una volta vedere le zone in cui il pelo risultava diradato. Ottenne solo che l’area dell’infermeria attrezzata per quel consulto si svuotasse più velocemente.
Rientrando al castello dopo aver accompagnato lo specialista interpellato, Minerva vide lo sconsolato Gazza camminare lentamente lungo il corridoio, seguito da una timorosa Mrs. Purr, che sembrava cercare di nascondersi tra le sue gambe, rischiando di farlo inciampare a ogni passo.
Per quanto il bilioso felino non le fosse molto simpatico, Minerva dovette ammettere che il suo atteggiamento, se non altro, denotava un evidente stato ansioso. Così, raggiunse il guardiano.
“Non lasceremo alcunché di intentato,” esclamò. “Ora che sappiamo che il malanno di Mrs. Purr non dipende né da cause organiche, né da cause magiche, sappiamo da dove ripartire!” dichiarò, provando a rassicurarlo.
Le parole della preside sortirono l’effetto desiderato: Gazza sfoggiò il suo migliore sorriso e, abbracciata la sua gatta, se ne andò soddisfatto.
Minerva rimase indietro. Aveva ben altre preoccupazioni a riempirle le giornate, ma anche un’altra carta da giocare per provare a risolvere il misterioso malanno di Mrs Purr.

*****


Grazie alle vacanze e al castello semideserto, Minerva non trovò molti ostacoli per trasformarsi nel meraviglioso soriano che all’occorrenza prendeva il suo posto. Aveva deciso di aiutare Gazza perché non desiderava che le paturnie del bizzoso Magonò pregiudicassero ulteriormente la serenità di quel primo Natale dopo la guerra.
Come Animagus, la strega poteva contare su un’agilità che l’età non le garantiva più e sulla possibilità di comunicare con il felino. Ma anche in quelle vesti scoprì molto poco.
L’assenza degli studenti garantiva a Mrs. Purr una tranquillità che le consentiva di trascorrere le giornate sonnecchiando al tepore dei camini accesi, quando non mangiava i gustosi manicaretti che Gazza aveva iniziato a farle servire, nella convinzione che una buona nutrizione avrebbe inciso positivamente sul suo umore.
Tuttavia, nel tardo pomeriggio, un evento straordinario destò l’attenzione di Minerva che, nelle sue forme di gatto, se ne stava in prossimità del ripostiglio di Gazza.
Sui gradini della scala d’ingresso, c’erano ampie pozze d’acqua fin sotto le clessidre. La preside ne conosceva la causa, avendo assistito al ritorno di Severus da una delle sue estenuanti passeggiate nei territori di Hogwarts. Era nevicato per tutta la giornata e sui sentieri la neve era alta. Il mago infreddolito era apparso sul portone, con le spalle ancora coperte dalla neve di cui sembrava non essersi neanche accorto. Poi, passando davanti alla Sala Grande prima di dirigersi verso il suo appartamento, aveva automaticamente scrollato il mantello lasciandosi dietro una lunga scia bagnata e scivolosa.
Sopraggiunto lì, Gazza aveva recuperato dal ripostiglio un secchio e uno straccio per asciugare e ora, affaccendato, esclamava indignato di essere l’unico a preoccuparsi della sicurezza degli altri.
Ma, oltre alla pittoresca esibizione di Gazza, ciò che colpì Minerva fu il comportamento sospetto di Mrs Purr. La gatta sembrò attendere che il guardiano fosse sufficientemente assorbito dalle proprie incombenze per intrufolarsi nel ripostiglio e saltarne fuori con qualcosa - di cui però non si intuiva la natura - stretto tra i denti.
Quando era ormai pronta a inseguire Mrs. Purr, la preside dovette soprassedere perché vide Severus tornare sui suoi passi. Così, per nascondersi da lui che ben conosceva il suo aspetto di Animagus, s’infilò in tutta fretta nel ripostiglio di Gazza e attese.
“Dovrebbe togliersi il mantello e metterlo ad asciugare, disse Gazza, indispettito.
“Lo farò,” rispose il mago con voce distratta.
Chissà perché era tornato indietro, si chiese Minerva all’interno del ripostiglio, esaminando ciò che la circondava e considerando che non sembrava esserci alcunché di idoneo a spaventare Mrs. Purr, nemmeno la tana di qualche famiglia di enormi specie di topi che potessero minacciarne l’indiscussa supremazia nel regno degli oggetti dimenticati.
L’impaziente soriano balzò fuori dal ripostiglio non appena sentì allontanarsi le voci dei due imprevisti interlocutori. Frustrata, l’anziana strega si voltò in ogni direzione, ma della gatta di Gazza non c’erano tracce. Fortunatamente, l’animale in cui poteva trasformarsi aveva un fiuto eccezionale e un udito finissimo. Così, non le ci volle molto per capire in quale direzione si fosse allontanata Mrs. Purr con il misterioso oggetto sottratto dal ripostiglio.
Ma anche nei panni di soriano, Minerva dovette ammettere che l’età giocava a suo svantaggio. E, mentre i suoi sensi di Animagus le indicavano inequivocabilmente la direzione, le sue deboli giunture le rendevano difficile recuperare terreno. E più provava a spicciarsi, più il distacco cresceva.
Ormai stremata e scombussolata, decise di rinunciare all’inseguimento e di riprendere le sue sembianze.
Riemerse quindi dal soriano in cui si era trasformata e si accorse di essere nell’aula di Astronomia, in cima alla torre. Considerò che mai come in quell’ultimo periodo si era ritrovata così spesso da quelle parti, guardò in ogni direzione, cercando un senso al fatto che si trovasse lassù, ma di Mrs. Purr non c’erano tracce: l’aula era deserta.
Poco prima di dichiararsi sconfitta, udì un leggero fruscio che veniva dall’alto. Si affrettò a salire le scale, pensando di scovare finalmente la gatta di Gazza, ma sul tetto del torrione, nero e sottile, avvolto dal mantello appesantito dalla neve, vide Severus.

*****


Perché continui a cercare qui ciò che potresti trovare tra di noi?
La domanda di Minerva si congelò nell’aria fredda che li avvolgeva e alla strega si strinse il cuore, nel constatare che, oltre al mantello, anche gli abiti di Severus erano zuppi.
Il mago volgeva lo sguardo dolente all’orizzonte, assorto in una sofferenza palpabile. Trasalì, paventando di non essere più solo; ogni volta che si trovava lassù, avvertiva il peso della contiguità con qualcuno che non intendeva rivelarsi e quella presenza lo stordiva fino a fargli perdere il contatto con la realtà. Ma quando si voltò non vide altro che le pietre della torre, che avevano uno strano potere su di lui. Le osservò sgomento come se ne sentisse il carico sul petto, come se in esse acquistassero corporeità i suoi rimorsi. In un modo molto particolare, sentiva che la torre lo possedeva, imprigionandolo e tenendolo lontano dalla nuova vita che gli era stata offerta.
Riemerse dai pensieri soffocanti. E come accadeva tutte le volte che ritornava cosciente, avvertì la necessità di recarsi di sotto, dove lo attendeva l’affettuosa invadenza dei colleghi, dalla quale Minerva lo proteggeva. Sentiva quanto impegno mettesse la preside per favorire l’esigenza di un convalescente di starsene in disparte e in silenzio. Vedeva come, nonostante i pesanti impegni legati al suo nuovo incarico, fosse sempre pronta a non fargli pesare l’inattività che prendeva tutte le sue giornate. Severus era ben consapevole del fatto che una qualsiasi sua collaborazione sarebbe stata accolta con entusiasmo e avrebbe sollevato Minerva e gli altri colleghi dalle eccessive incombenze che la guerra aveva portato; ma da una parte gli strascichi della ferita magica e le diminuite forze, dall’altra un profondo sentimento di inadeguatezza, gli impedivano di assecondare la muta richiesta che sentiva essergli rivolta da tutti.
Tuttavia, dopo aver disceso la rampa di scale che dal tetto conduceva all’aula di Astronomia, Severus si arrestò all’apparizione di due enormi e inquietanti occhi gialli.
Mrs. Purr era sbucata da un angolo buio e ora gli stava davanti, fissandolo, indecisa sul da farsi.
Severus la considerò con attenzione. Doveva riconoscere che qualcosa nel suo sguardo arrogante si era smarrito. Come denunciato da Gazza, sembrava inquieta e le chiazze di pelle che si vedevano attraverso il pelo diradato confermavano la sua sofferenza. Si chinò per guadarla più da vicino ma, evidentemente sentendosi minacciata, quella si diede alla fuga, buttandosi in una discesa a capofitto della scala.
Rimasto di nuovo da solo, il mago si chiese perché la gatta fosse salita sin lassù. Così, alla ricerca di una risposta, illuminò la porzione di spazio dalla quale era sbucata. Non sapeva nemmeno lui cosa cercare esattamente, ma al bagliore del Lumos vide qualcosa che probabilmente non avrebbe dovuto trovarsi lì, almeno non dietro quella colonna, qualcosa che rifletteva la luce della sua bacchetta. Si avvicinò, incuriosito ma guardingo, e raccolse un piccolo specchio, impreziosito da una sottile filigrana, con un grazioso manico decorato da un meraviglioso zaffiro posto sulla punta dell’impugnatura. Lo stupore venne presto sostituito dal disgusto, quando il mago constatò che il manico dello specchio era bagnato, probabilmente dalla saliva di Mrs Purr.
“Stupido gatto,” mormorò seccato, asciugandosi la mano sul bordo del mantello. Poi, avvicinò l’oggetto per osservarlo meglio. A colpirlo furono le dimensioni davvero ridotte della superficie riflettente, che lo faceva apparire come un accessorio adatto a una creatura davvero piccola, o da portare in un bagaglio a mano, magari per averlo sempre con sé. Ma più ancora, ciò che Severus constatò fu che lo specchio aveva un aspetto molto antico. In più parti, microscopici puntini neri ne provavano la vetustà, confermata da un’unica iscrizione a destra sul sottile bordo: 1067.
La data incisa era molto vicina a quella di fondazione della scuola e l’aspetto di quell’oggetto era molto prezioso: si sarebbe detto appartenuto a una strega molto potente, forse addirittura a una delle fondatrici, ipotizzò incredulo.
Il mago sgranò gli occhi e, avvicinato lo specchio, riconobbe una porzione del suo volto. Indugiò sulle iridi nere dalle quali traspariva una stanchezza che gli fece paura, poi qualcosa che si agitava sullo sfondo attirò la sua attenzione. Vide molte minuscole figure indistinte, simili a Inferi, che vi si agitavano e un brivido gli attraversò la schiena mentre, tornato alla sagoma in primo piano, si rispecchiò di nuovo nel proprio sguardo.
“Un Avversaspecchio,” mormorò, attonito, mentre i suoi altri occhi non smettevano di guardarlo.
Esaminò ogni parte dell’oggetto magico: di nuovo lesse la data incisa sul sottile bordo d’argento e di nuovo ne considerò la leziosa impugnatura, completata dal prezioso zaffiro… azzurro!
Quell’Avversaspecchio era forse appartenuto a Priscilla Corvonero? Molti elementi sembravano dimostrarlo. La data, prima di ogni altra cosa. Dopo l’istituzione della scuola, i criteri di selezione degli studenti pretesi da Salazar Serpeverde avevano creato tra i suoi fondatori i primi seri dissidi. Forse Priscilla aveva cominciato a temere le ritorsioni di Salazar al punto di volersi accertare con ogni mezzo di esserne sufficientemente distante? Il colore della pietra preziosa, inoltre, faceva supporre che l’oggetto potesse appartenere a qualcuno della casa Corvonero. Infine, il fatto che egli riuscisse a distinguere i propri nemici dimostrava inequivocabilmente che quell’oggetto, riemerso dalla notte dei tempi, probabilmente a causa della distruzione di alcune parti del castello portata dall’ultima guerra, non avesse proprietari diversi dal suo attuale possessore: e quello era lui, visto che Mrs Purr, che con ogni probabilità l’aveva rinvenuto nel ripostiglio di Gazza, aveva inteso liberarsene.
“Il mio nemico,” mormorò, tornando a guardare l’Avversaspecchio.
Quindi, presa consapevolezza di quella scoperta, mise l’oggetto magico al sicuro nella tasca della redingote, e si avviò verso il proprio appartamento.

*****


La mattina seguente, provato dal rinvenimento dell’Avversaspecchio e dalle rivelazioni che l’avevano accompagnato, Severus si avviò senza appetito alla Sala Grande per la colazione. Indugiò sotto le enormi clessidre, lasciandosi incantare dai colori brillanti che le riempivano, ognuno portatore di precipue caratteristiche: nel loro insieme, la forza del mondo magico. Un fruscio alle sue spalle lo distrasse dalle sue considerazioni. Si voltò in tempo per vedere l’esile figura di Minerva emergere dalla scala d’ingresso. L’aria stanca e l’elegante bastone che l’accompagnava da un po’ di tempo nelle camminate più lunghe richiamarono alla mente di Severus il ricordo della strega di ritorno dal San Mungo, dopo il ricovero cagionato dai quattro Schiantesimi che l’avevano colpita: stesso luogo, stesso pallore, stesso bastone.
“Oh, questo: che straordinaria coincidenza! Ma non è come quella volta. Semplicemente, mi facilita le passeggiate nella neve!” esclamò Minerva, come a voler dare risposta alla muta domanda che la preoccupazione sul volto del mago sembrava suggerire.
Severus la guardò incredulo. Possibile che la strega avesse fatto riferimento allo stesso episodio che si era appena riaffacciato nella sua memoria?
“Non ho mai avuto modo di dirti quanto quel giorno abbia apprezzato la tua accoglienza. Certo, fu ben strano per me vederti così interessato alla mia salute in un momento così delicato per Hogwarts. Allora sembravi più vicino al Signore Oscuro che a noi. Forse per questo ho interrotto il tuo slancio: non lo pensavo sincero. L’affetto che rischiava di rivelare metteva in imbarazzo me quanto te, e non riuscivo ad accettarlo. Ci ho pensato tante volte in seguito, sai? Se non fossi stata tanto distratta dalla difesa degli studenti della mia casa, e non avessi cominciato ad assegnare loro dei punti, dirimendo il conflitto in corso, mi avresti abbracciata?”
Per tutto il breve discorso, la voce di Minerva apparve commossa, non vi traspariva il solito piglio fermo. Il dubbio sembrava logorare anche lei. Il tono della sua ultima domanda lasciava supporre che avesse la propria convinzione in proposito, e che pensasse che sì, anche se non l’aveva abbracciata, Severus era davvero contento di vederla di nuovo in piedi e salva.
Il volto sofferente di Severus non si smosse. La maschera impassibile dietro la quale si era sempre nascosto dichiarava ancora una volta la scarsa propensione a mostrare i propri sentimenti e quanto fosse abituato a rinunciarvi, avvezzo com’era a saperli indifferenti per i loro destinatari. Tante cose quel silenzio confermò a Minerva.
“Probabilmente no,” mormorò stancamente il mago. “Ma in quella occasione, sei stata più pronta di me a risolvere l’imbarazzante situazione in cui avrei potuto cacciarmi,” ammise.
“Non l’avresti comunque fatto,” confermò l’anziana strega, “Troppo dipendeva dalla tua solitudine. Se avessi davvero saputo sin da quel momento quale affetto ti legasse a me, la tua copertura sarebbe saltata. Allora, io non avrei commesso l’imperdonabile errore di crederti un codardo, ma il mondo magico sarebbe stato a rischio e la mia consapevolezza avrebbe probabilmente intralciato la tua missione.”
Con gli occhi velati di lacrime, Minerva strinse le mani di Severus tra le sue: erano fredde e rigide.
“Puoi perdonarmi?” gli chiese a bruciapelo.
Severus ritrasse le mani, quasi che il suo corpo fosse stato attraversato da una potente scossa.
“Tu chiedi perdono a me?” domandò stupito.
Minerva gli riafferrò le mani. “Ci hai protetti con eroica determinazione: tutti dovremmo chiederti perdono e ringraziarti,” affermò con convinzione. E l’emozione che l’aveva turbata lasciò il posto alla rigida intransigenza che da sempre la distingueva.
“E’ ora di colazione,” disse infine, riprendendo il proprio originario contegno. “Andiamo?” chiese con un tono che non consentiva risposte negative.
Severus non potè fare altro che offrirle il braccio, e insieme entrarono in Sala Grande.

*****


Ritornato nel suo appartamento dopo colazione, Severus cominciò a meditare su tutte le proposte che la preside gli aveva appena fatto: prima di tutte, riprendere l’insegnamento di Pozioni, giacché Lumacorno, che non vedeva l’ora di dedicarsi a incarichi più importanti, non mancava di ribadire quanto gli fosse divenuta penosa quella attività. Riprendere l’insegnamento non gli sarebbe dispiaciuto. Nonostante le numerose seccature, quell’attività gli aveva sempre portato anche tante soddisfazioni.
Passando assorto davanti al camino, afferrò distrattamente l’Avversaspecchio che aveva portato con sé dalla Torre di Astronomia e lo posizionò all’altezza degli occhi. Quello gli restituì la sua immagine sbiadita: benché dei suoi occhi riuscisse a cogliere ancora il colore, ora il suo volto era velato da una nebbia soffusa.
Bussarono alla porta. Il mago ripose l’Avversaspecchio sulla mensola sopra il camino e andò ad aprire.
Una stizzita Minerva entrò senza troppi complimenti, dirigendosi con passo marziale verso il camino.
“Non lo sopporto più: devi aiutarmi!” esclamò, irritata.
Poi, cominciò a spiegare che Lumacorno le aveva appena comunicato di avere accettato l’invito del Ministro della Magia Americano a tenere a fine gennaio un corso di formazione per gli insegnanti di Difesa Contro le Arti Oscure.
“Mi ha detto di non poter rifiutare un incarico così prestigioso!” strillò, inviperita. “E senza darmi nemmeno un congruo preavviso,” aggiunse.
Severus la guardò, pensoso. Doveva essere difficile per l’anziana strega affrontare quel nuovo inaspettato problema, dopo aver lavorato tanto perché le lezioni riprendessero puntualmente.
“Severus, ti prego,” mormorò Minerva. E il suo viso apparve terribilmente stanco.
Il mago annuì.
“Farò ciò che serve,” dichiarò.
“Anche se non ti sentissi ancora pronto?” domandò la preside preoccupata.
“Anche in quel caso,” confermò, rassegnato.
“Non avrei mai voluto chiederti un sacrificio così grande,” si scusò la preside, consapevole delle difficoltà che quella concessione avrebbe comportato per il convalescente.
Nel silenzio che improvvisamente era calato nell’austero appartamento, un bagliore proveniente dalla mensola sopra il camino la distrasse.
“E questo?” chiese, afferrando la piccola impugnatura in filigrana d’argento e avvicinando a sé l’oggetto dall’apparenza preziosa.
In primo piano, la superficie riflettente le mostrò un volto spigoloso di cui la strega poté comunque intuire le fattezze, benché apparisse sfocato, e delle minuscole figure sullo sfondo.
“Un Avversaspecchio?” domandò indecisa.
“L’ho trovato ieri nell’aula di Astronomia,” confermò Severus. “Ce lo deve aver portato la gatta di Gazza per allontanarlo dal ripostiglio nel quale è costretta a entrare. Immagino sia stato questo a spaventarla, probabilmente ci vedeva riflessi dei nemici: dei gatti più grossi, forse?” spiegò.
“Mrs. Purr? Ma questo Avversaspecchio non è certamente di sua proprietà,” esclamò la strega indecisa sulla ricostruzione del mago.
“Sarebbe stato di chiunque l’avesse trovato e in qualche modo posseduto,” la contraddisse il mago. “Vedi, ho ragione di credere che questo specchio possa essere appartenuto addirittura a Priscilla Corvonero,” dichiarò, mostrando alla preside la data sulla sottile cornice d’argento e la preziosa pietra azzurra incastonata sul manico.
“E poiché Mrs. Purr ha rifiutato di tenerlo e, anzi, se ne è volontariamente liberata abbandonandolo in cima alla torre, tu che l’hai trovato ne sei diventato il nuovo proprietario?” chiese Minerva, seguendo il filo del discorso.
“Ho ragione di crederlo,” confermò Severus.
“In assenza del suo proprietario, l’Avversaspecchio ha finito per appartenere a chi l’ha rinvenuto e utilizzato,” concluse.
“Dopo Mrs. Purr, a te!” considerò la preside. “Ecco perché è andata via da lassù convinta di aver allontanato dei nemici e ora appare più distesa: non ha altri contendenti nel suo regno,” disse, sorridendo. “E tu, cosa ci vedi esattamente?” domandò poi, con timore, pensando al volto riflesso che aveva da poco riconosciuto.
“Nulla di preoccupante,” la rassicurò il mago.
“Allora sono lontani?” si accertò Minerva.
“Immagino siano quasi tutti a Azkaban,” azzardò Severus.
“Questo ti consentirà di tornare all’insegnamento senza distrazioni,” dichiarò quindi Minerva, provando a alleggerire i toni del discorso che, in verità, l’aveva turbata più di quanto riuscisse ad ammettere.
Severus annuì, promettendo che presto l’avrebbe raggiunta in presidenza per accettare formalmente l’incarico e ricevere da Lumacorno i registri e i compiti, ancora da correggere, che gli studenti gli avevano consegnato prima di partire per le vacanze.

*****


Un paio di ore dopo, come d’accordo, Severus arrivò alla presidenza.
Scacco al gatto!” mormorò imbarazzato. Le scale apparvero e il mago salì al piano di sopra; ma una volta giuntovi, constatò che Minerva non c’era.
La presidenza lo inghiottì nel suo vortice di ricordi.
Ovunque posasse gli occhi, Severus vedeva apparire scene del passato. Le ombre di se stesso e di Silente erano dappertutto e, nell’aria, echi di brandelli di conversazione si accendevano e si estinguevano come deboli fiammelle. Sconvolto, scosse la testa. Provò a chiudere gli occhi, coprendosi le orecchie con i palmi delle mani. Ma le immagini e le voci erano dentro di lui e non si placavano. Poi, quando ormai pensava che sarebbe impazzito, una frase di senso compiuto s’impose sul brusio indistinto.
“Perché sei così inquieto?”
Anche in quel tremendo stato di scombussolamento, Severus riconobbe la voce di Silente e si voltò a cercarlo. Lo distinse quasi subito tra i quadri degli altri presidi di Hogwarts. Un flusso di sensazioni contrastanti lo assalì. Il vecchio l’aveva usato e poi abbandonato. Gli aveva mentito. Aveva fatto di lui un essere abietto, odiato da tutti. Ma, soprattutto, l’aveva lasciato in vita.
“Io non dovrei essere qui,” mormorò, sopraffatto dallo sconforto.
“Tu sei esattamente dove dovresti essere e dove meriti,” lo contraddisse Silente.
Severus piegò il capo, serrando i pugni, senza riuscire a replicare.
“Anche Fanny non ha dubitato un solo istante che tu meritassi il suo aiuto,” rimarcò il vecchio preside.
“Mi ha aiutato perché tu gliel’hai chiesto, così come in passato sono stato tollerato perché tu volevi così!” insorse il mago.
“Sbagli, e lo sai. È l’aiuto che ti sei meritato con la tua fedeltà e il tuo coraggio e, quando ne è stata consapevole, non ha esitato un solo istante a prestartelo. Era ciò che ti dovevamo in cambio di tutti i sacrifici che hai dovuto sopportare per assecondare i piani di questo vecchio caparbio,” mormorò, e subito sembrò assopirsi.
“Non andartene,” lo implorò Severus. “Non mi è rimasto nulla…” mormorò. Aveva i pugni così stretti che le nocche erano diventate bianchissime.
Gli occhi del dipinto si riaprirono.
“Invece, hai un’altra possibilità! Non sprecarla inseguendo ancora il passato: non è lì che troverai le risposte,” disse.
“Ma è lì che ho lasciato tutto …” sussurrò il mago, sfinito.
“Non temere, ciò che ti serve è ancora con te, qui e adesso.” Poi Silente chiuse gli occhi e tacque.
Il fruscio di un tessuto pesante, proveniente dalle sue spalle, annunciò a Severus che non era più solo.
“Allora è per parlare con lui che mi hai fatto venire,” disse senza voltarsi.
“Ha insistito tanto per incontrarti,” confessò Minerva, con sincerità.
Severus non aveva molto altro da aggiungere. Si sentiva un po’ sciocco a non averlo capito subito, ma comprendeva perfettamente che non aveva lasciato molte alternative, con i suoi silenzi e le sue continue fughe.
“Per l’orario delle lezioni non ho problemi: sostituirò Lumacorno nelle ore che sono già state concordate all’inizio dell’anno. Né la scuola né i ragazzi hanno bisogno di altre complicazioni,” disse in tono conclusivo.
“Albus ha sempre avuto ragione sul tuo conto,” dichiarò la preside e gli occhi tradirono la sua emozione.

*****


Quella sera, a cena, Severus trovò tutti in fermento.
Hagrid aveva finalmente portato un grande abete e i professori erano indaffarati ad allestirlo.
“Non è curato come negli anni scorsi, ma volevo che Hogwarts avesse il suo albero anche quest’anno!” disse Minerva, andandogli incontro.
“È bello e caldo come sempre,” constatò il mago. Poi, impugnata la bacchetta, con un ampio movimento del braccio fece sollevare la grande stella luminosa che giaceva a terra e la posò in cima all’albero. Mai, prima di quel momento, aveva partecipato ai preparativi per il Natale.
La preside sgranò gli occhi, stupita.
Anche Severus era sorpreso: per la prima volta da quando era tornato a Hogwarts, i suoi fantasmi gli concedevano una tregua. Sembrava che, per un momento, il passato e il presente fossero di nuovo al loro posto.

*****


La cena fu scandita dagli interrogativi di Gazza.
Mrs. Purr aveva recuperato il suo temperamento intraprendente e sembrava molto più distesa.
Tuttavia, il perché di quella situazione continuava a sfuggirgli e Severus pensò che esporre al Guardiano del castello le sue teorie avrebbe solo contribuito a confonderlo ulteriormente. Ciò nonostante, avvicinandosi al sospettoso felino, con un incantesimo pareggiò il pelo nelle zone in cui era diradato.
“Professore …”
Gazza lo guardò stupito, ma non riuscì a completare quella che con ogni evidenza doveva essere una frase di ringraziamento.
A fine cena, Severus ritornò affaticato nel suo appartamento. Aveva bisogno di una tregua da tutte le emozioni che aveva vissuto nella giornata. Voleva starsene da solo. Si avvicinò infreddolito al camino, dove le fiamme erano ancora alte: un’altra attenzione che la preside aveva ordinato già ai primi freddi per curarlo meglio durante la convalescenza. Rimase un po’ a occhi chiusi, con le mani tese verso la fonte di calore e, quando sentì che questo si irradiava dalle mani verso il corpo, inspirò profondamente. Riaprendo gli occhi vide l’Avversaspecchio che sembrava attenderlo. Lo afferrò titubante, avvertendo l’impellente bisogno di specchiarvisi, ma al tempo stesso, temendo ciò che avrebbe scorto al suo interno.
Nel piccolo riquadro incorniciato dalla filigrana d’argento, il suo volto era sparito.
Una sensazione di pace mai provata prima gli si diffuse nel petto, infondendogli fiducia. Forse Albus aveva ragione: forse davvero aveva ancora con sé ciò che gli serviva per andare avanti.
Quando l’Avversaspecchio aveva potuto osservarlo con i suoi stessi occhi, aveva tenuto imprigionata la sua anima. Ora che non lo guardava più, Severus si sentiva affrancato. Quella consapevolezza gli fece apparire possibile anche prendere le distanze dal passato, e si sentì più leggero, quasi purificato, pronto a giocarsi l’occasione che la vita gli aveva regalato.
Ma un sentimento indistinto continuava a turbarlo.

*****


La mattina della vigilia di Natale trascorse lenta e tranquilla.
Tuttavia, man mano che la giornata andava avanti, Severus cominciò ad avvertire di nuovo un profondo senso di inquietudine. Dopo pranzo, provò a dedicarsi alla lettura del manuale di Pozioni per organizzare le lezioni di gennaio, ma qualcosa continuava a distrarlo e a turbarlo. Così, incapace di sottrarsi ai pensieri che, pur rimanendo confusi, lo assorbivano completamente, uscì. Era così agitato che non considerò il fatto che la temperatura esterna sarebbe stata molto rigida e che avrebbe potuto tornargli utile il mantello. Semplicemente, lasciò il suo appartamento, vinto dalla necessità di scoprire cosa lo spingesse ad abbandonare il confortevole tepore del camino per il gelo esterno.
Ma non era quello su cui rimuginava quando si accorse di essere in cima alla torre di Astronomia.
Nello stesso punto in cui solo pochi giorni prima aveva rinvenuto l’Avversaspecchio, distinse la sagoma grigio polvere di Mrs. Purr, che, guardinga, sembrava cercare qualcosa.
“Credo che i tuoi nemici siano andati via,” le sussurrò, rassicurante, pensando che probabilmente la gatta si aspettasse ancora di scorgere le figure dei suoi antagonisti sulla lastra riflettente dello specchio.
Evidentemente assorta nella ricerca, Mrs. Purr non doveva essersi accorta della presenza di qualcuno alle sue spalle, così, in tutta risposta alla gentilezza del mago, si voltò di scatto e, inarcato il dorso in posizione di attacco, soffiò con foga al suo indirizzo. Poi fuggì, con il pelo ancora ritto.
Severus scosse il capo, sorridendo alla vista della fuga scomposta del felino, che a causa dell’impeto della corsa, continuava a scivolare sulle pietre gelate del pavimento.
La torre piombò di nuovo in un silenzio innaturale.
Il mago osservò la scala che portava sul tetto e sentì il bisogno di tornare di sopra.
Il sole, ormai basso all’orizzonte, annunciava il tramonto, soccombendo lentamente all’avanzata del buio che, come un pesante tessuto nero, calava dall’alto, nascondendo tutto ciò su cui si posava.
La neve che aveva avvolto ogni cosa nel suo manto morbido rendeva l’atmosfera così ovattata che il mago ebbe la sensazione di essere in una sorta di universo parallelo. Eppure quelle erano le merlature dalle quale Albus era precipitato, vinto dalla Maledizione Senza Ritorno che gli aveva scagliato, pensò avvicinandovisi.
“Sei ancora convinto che ciò che cerchi sia quassù?”
La voce di Minerva lo richiamò al presente. Non l’aveva sentita arrivare, considerò un attimo prima di voltarsi.
“In realtà, di tante cose non sono più sicuro,” mormorò, tornando a guardare oltre il bastione.
Era una dolorosa ammissione, ma era la verità. La fine della missione e del suo ruolo di spia l’aveva privato della maschera con la quale si difendeva da un mondo al quale si era sempre sentito estraneo. Se prima le sue certezze erano ancorate alla consapevolezza di aver accettato di difendere il ragazzo e il mondo magico a qualunque costo, ora che gli erano venute a mancare, non riusciva più a trovare il proprio spazio. Coloro che gli stavano intorno erano le stesse persone a cui era stato inviso fino a pochi mesi prima, fino alla scomparsa di Voldemort. Troppe cose erano state taciute fino a quel momento perché fosse facile riallacciare dei rapporti sinceri.
Sentì una mano leggera sulla spalla.
“È così per tutti,” gli mormorò l’anziana strega, stringendo leggermente i polpastrelli sul dorso ossuto del mago.
Severus provò la stessa dirompente emozione che avrebbe provato se Minerva l’avesse abbracciato. Per la prima volta avvertì davvero il suo affetto, e quel sentimento lo fece vacillare. Gli fu necessario appoggiarsi a qualcosa e ciò che gli era più prossimo era la fredda pietra che non aveva trattenuto il suo mentore. Appena le mani del mago ne entrarono in contatto, il sangue gli si congelò nelle vene perché, davanti a sé, vide qualcuno sprofondare nel vuoto. Ma ciò di cui si accorse quasi subito fu che non si trattava del corpo di Albus, che tante volte aveva rivisto precipitare. Il volto dell’uomo che cadeva nel vuoto era il suo, e allontanandosi sembrava sorridergli, invitandolo ad andare avanti.
Si nascose il volto tra le mani e, incapace di continuare a guardare, si girò dalla parte opposta, lasciandosi cadere.
Minerva gli si inginocchiò accanto e gli allontanò le mani dal viso. Severus era cinereo.
“Cosa è successo?” gli chiese, preoccupata.
“Credo che la torre mi abbia appena liberato,” mormorò cercando di non farsi sopraffare dalle emozioni che la visione aveva scatenato in lui.
“È sembrato che volesse invitarmi ad andare avanti, allontanando da me ciò che sono stato. Ma ciò che sono stato è indissolubilmente legato a ciò che sono diventato… ed è tutto quello che mi resta,” mormorò. Aveva chiuso gli occhi e il volto era contratto in una smorfia di dolore.
Minerva prese le mani del mago tra le sue.
“Lascia che ad allontanarsi siano solo i brutti ricordi e tieni con te tutto il resto. Tieni soprattutto il cuore generoso che ti batte nel petto e che ha fatto di te ciò che sei. Non conta ciò che sei stato, ma ciò che sei diventato. Oggi, davanti a me vedo solo un uomo che non si è arreso e ha sopportato prove che avrebbero fatto capitolare chiunque. Sii fiero di questo!”
Gli occhi di Minerva, nonostante le parole decise, erano velati di lacrime. Le narici vibranti per lo sforzo di contenere la commozione e il leggero tremore scaturito dalla mandibola serrata per lo stesso motivo, rivelavano la comprensione e l’affetto che nutriva nei confronti del mago, ma come quest’ultimo anche la preside non era avvezza a plateali dimostrazioni dei propri sentimenti. Si era già spinta troppo in là e lo sapevano entrambi.
Con un gesto simile a quello che avrebbe potuto compiere per scacciare un insetto molesto, l’anziana strega sembrò allontanare l’emotività cui si era abbandonata.
“Mi accompagneresti in Sala Grande?” chiese poi, risollevandosi a fatica. “Gli Elfi staranno attendendo il mio arrivo per servire la cena della vigilia di Natale.”
Severus si alzò e le porse il braccio.
Un senso di leggerezza gli si diffuse nel petto e, man mano che scendeva i gradini, sentiva sempre più netta la sensazione che la torre l’avesse davvero liberato dalla sua lunga prigionia per consegnarlo all’affetto di una nuova vita.
Mentre Minerva procedeva al suo fianco con ferma leggerezza, Severus sorrise grato al futuro che lo attendeva.

Edited by Gabrix1967 - 22/9/2022, 17:47
 
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view post Posted on 25/9/2022, 16:26
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Sono rimasta molto impressionata, mi hai affascinata. Hai scelto un leit motiv molto suggestivo per il tuo racconto, Gabri, lo definirei spirituale per il profondo significato messo alla base del rapporto tra Severus e l’oggetto magico della sfida. Sembra quasi che la leggenda celtica sia stata fatta apposta per l’Avversaspecchio.
CITAZIONE
“Il mio nemico,” mormorò, tornando a guardare l’Avversaspecchio.

Lo specchio è da tradizione emblema della consapevolezza, della capacità dell’uomo di guardare, ammirare ma anche giudicare… se stessi. La superfice riflettente restituisce un’immagine ribaltata e, cambiando angolo di visione, spesso può cambiare anche la percezione che abbiamo di noi stessi e quella agli occhi del mondo. Ma gli specchi magici possono restituire anche l’immagine dell’anima di chi guarda.

Lo stile è ricercato, i termini scelti con cura e il costrutto degli eventi si infila nelle trame originali della saga seguendo un filo logico intriso di mistero e pathos. Sono numerose le frasi che hanno acceso il mio interesse, le ho trovate efficaci, intense e fortemente allusive del sentire di Severus, di ciò che un uomo, non semplicemente un mago, può avvertire nel cuore camminando nella vita dopo i terribili eventi vissuti.
CITAZIONE
Non esisteva un luogo - o un qualsiasi oggetto che per caso rientrasse nel suo campo visivo - che non lo trascinasse, suo malgrado, indietro nel tempo, asservendolo alle emozioni suscitate. In quel pesante periodo di bilanci, le emozioni erano spietatamente negative.

CITAZIONE
… la fuga da un nemico, tanto potente e ostile quanto invisibile, che continuava ad avere la meglio: il passato.

CITAZIONE
“Non si sopravvive mai completamente all’assenza delle persone che si sono amate e perdute, specie quando si sono smarriti anche tutti i legami che ci tenevano ancorati alla vita,”

Importante e drammatico il definirsi del legame che tiene uniti il mago e l’anziana amica: Severus deve riuscire ad andare oltre una realtà che per lui è sempre stata immutabile, straziante:
CITAZIONE
La maschera impassibile dietro la quale si era sempre nascosto dichiarava ancora una volta la scarsa propensione a mostrare i propri sentimenti e quanto fosse abituato a rinunciarvi, avvezzo com’era a saperli indifferenti per i loro destinatari.

Per poter raggiungere la consapevolezza della speranza, scoprire che esiste un possibile anche per lui. In questo passaggio, guidato dal particolare Avversaspecchio, non sarà solo, ma preso per mano dalla donna che, superate le passate vicissitudini, ha recuperato per lui tutto l’affetto e la fiducia che merita.
CITAZIONE
“Lascia che ad allontanarsi siano solo i brutti ricordi e tieni con te tutto il resto. Tieni soprattutto il cuore generoso che ti batte nel petto e che ha fatto di te ciò che sei. Non conta ciò che sei stato, ma ciò che sei diventato. Oggi, davanti a me vedo solo un uomo che non si è arreso e ha sopportato prove che avrebbero fatto capitolare chiunque. Sii fiero di questo!”

Quanta attenzione hai messo nel costruire questa storia, Gabri, una vera e propria celebrazione di uno spirito superiore, di un’anima rischiarata dalla bellezza e dalla forza che viene dal perdonarsi.
 
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view post Posted on 26/9/2022, 17:06
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Come al solito, i tuoi commenti mi lasciano senza parole, Kate. Ti ringrazio per la lettura sempre attenta e per le parole che rivolgi alla mia storia. <3
 
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view post Posted on 27/10/2022, 12:28
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Gabri... Questa storia mi ha lasciata senza parole. Semicemente meravigliosa. Quando Severus smette di considerarsi un nemico e smette di specchiarsi... Mi sono commossa.
Ben fatto, davvero. Ho sentito tutta l'angoscia e il timido sollievo di Severus, e mi sono anche divertita con la parte di mrs. Purr. Ottimo lavoro!
 
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view post Posted on 27/10/2022, 17:21
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GabrixSnape

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Grazie infinite, Sara! Mi fa molto piacere che la storia ti sia piaciuta. <3
 
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I ♥ Severus


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La storia mi è piaciuta poco perchè è inutilmnete lunga a complessa e in tante parole si perdono le parti migliori, cioè il rapporto tra Minerva e Severus e l'influenza che questo ha sulla "liberazione" di Severus stesso.
La parte della gatta (che tra l'altro non è magica) è troppo lunga, complicata e non sempre credibile e motivata. Serve a far arrivare lo specchio sulla torre, ma Severus poteva trovarlo dovunque e in modo molto più credibile, quindi per me la gatta è sostanzialmente inutile.
Anche l'Avversaspecchio non è essenziale: rende solo espliciti i passaggi psicologici di Severus verso la propria liberazione, ma il lettole li avrebbe compresi lo stesso senza distrarsi in elucubrazioni che non portano a nulla.
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 14/11/2022, 14:34) 
La storia mi è piaciuta poco perchè è inutilmnete lunga a complessa e in tante parole si perdono le parti migliori, cioè il rapporto tra Minerva e Severus e l'influenza che questo ha sulla "liberazione" di Severus stesso.
La parte della gatta (che tra l'altro non è magica) è troppo lunga, complicata e non sempre credibile e motivata. Serve a far arrivare lo specchio sulla torre, ma Severus poteva trovarlo dovunque e in modo molto più credibile, quindi per me la gatta è sostanzialmente inutile.
Anche l'Avversaspecchio non è essenziale: rende solo espliciti i passaggi psicologici di Severus verso la propria liberazione, ma il lettole li avrebbe compresi lo stesso senza distrarsi in elucubrazioni che non portano a nulla.

Mi dispiace che non ti sia piaciuta.
La lunghezza è stata resa necessaria dall'esigenza di rendere più chiare le tribolazioni verso la difficile liberazione da un passato opprimente e tiranno fatto di errori e ricordi dolorosi, che nella Torre hanno massima espansione, per i fatti tristemente noti. A me, che ho scritto poco in merito, è sembrato utile illustrare, spendendo qualche parola in più, il modo in cui ho immaginato il graduale passaggio ad uno stato d'animo più lieve.
Ho provato a descrivere il rapporto che all'improvviso muta per il mutare degli elementi sui quali era basato (il mago che tutti credevano un nemico era in realtà dalla loro parte). La guerra restituisce a Hogwarts un uomo che tutti hanno scoperto diverso da come si era mostrato, ma il cambiamento deve essere metabolizzato, anche dallo stesso Severus che al principio, ancora convalescente, non è consapevole di quanto le rivelazioni sul suo conto siano riuscite a mutare la considerazione che gli altri hanno di lui. In realtà, quella consapevolezza gli arriva dall'Avversaspecchio, che lo mette di fronte a una verità molto difficile da accettare: gli altri lo hanno perdonato, è lui l'unico che non riesce ad assolversi. Per questo, lo specchio è indispensabile, perché gli fa da guida verso una consapevolezza nuova. Gli dimostra che è sulla strada giusta e gli dà le conferme di cui ha bisogno. A lui, che è abituato a cavarsela da solo e a non confrontarsi con gli altri, quella verità scomoda (essere rimasto il suo ultimo temibile nemico) arriva attraverso un oggetto, perché gli è difficile affidarsi alle proprie percezioni in un ambito sconosciuto, quale per lui è quello dei sentimenti.

Edited by Gabrix1967 - 14/11/2022, 16:37
 
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CITAZIONE (Gabrix1967 @ 14/11/2022, 16:06) 
La lunghezza è stata resa necessaria dall'esigenza di rendere più chiare le tribolazioni verso la difficile liberazione da un passato opprimente e tiranno fatto di errori e ricordi dolorosi, che nella Torre hanno massima espansione, per i fatti tristemente noti. A me, che ho scritto poco in merito, è sembrato utile illustrare, spendendo qualche parola in più, il modo in cui ho immaginato il graduale passaggio ad uno stato d'animo più lieve.
Ho provato a descrivere il rapporto che all'improvviso muta per il mutare degli elementi sui quali era basato (il mago che tutti credevano un nemico era in realtà dalla loro parte). La guerra restituisce a Hogwarts un uomo che tutti hanno scoperto diverso da come si era mostrato, ma il cambiamento deve essere metabolizzato, anche dallo stesso Severus che al principio, ancora convalescente, non è consapevole di quanto le rivelazioni sul suo conto siano riuscite a mutare la considerazione che gli altri hanno di lui. In realtà, quella consapevolezza gli arriva dall'Avversaspecchio, che lo mette di fronte a una verità molto difficile da accettare: gli altri lo hanno perdonato, è lui l'unico che non riesce ad assolversi. Per questo, lo specchio è indispensabile, perché gli fa da guida verso una consapevolezza nuova. Gli dimostra che è sulla strada giusta e gli dà le conferme di cui ha bisogno. A lui, che è abituato a cavarsela da solo e a non confrontarsi con gli altri, quella verità scomoda (essere rimasto il suo ultimo temibile nemico) arriva attraverso un oggetto, perché gli è difficile affidarsi alle proprie percezioni in un ambito sconosciuto, quale per lui è quello dei sentimenti.

Non è la parte dell'evoluzione psicologica di Severus che è lunga, quella va benissimo così. La mia idea del personaggio però mi fa ritenere che non abbia affatto bisogno dell'Avversaspecchio per sapere che il suo unico nemico è il suo passato e che l'unico che non riesce a perdonarlo è lui stesso.
Così come non è guardando nell'Avversaspecchio che Severus compie la necessaria evoluzione: lo specchio, semplicemente, la rende esplicita, ma non è lo specchio a determinarla bensì, tra gli altri, Minerva con il suo atteggiamento e le sue parole.

La parte lunga, complessa e per me inutile e inconcludente è quella relativa a Mrs Purr e al pelo perso, con tutti i relativi esami magici... su un gatto che magico non risulta essere. E per cosa perde ciuffi di pelo? Perchè vede cani o altri animali cattivi nello specchio? No, dai... E se dello specchio aveva paura, perchè torna sulla torre? E poi, perchè lo porta proprio sulla torre? Le bastava che non fosse nel suo sgabuzziono o nei dintorni, non ha alcun senso logico che lo porti sulla torre.
E, per curiosità, cosa cavolo ci vede Minerva nell'Avversaspecchio? Mica l'ho capito. (:
 
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Cara Gabri,

ho fatto un salto sul forum in un momento di questa pausa forzata che mi tiene a letto. Una volta tanto, ho 5 minuti 5 per dare un’occhiata in giro dopo tanto tempo. Sono rimasta colpita dal vedere proprio la tua storia in cima all’elenco, e ho pensato a quando abbiamo condiviso le avventure del Bosco. Che peccato poter interagire così poco con voi!

A questo punto, ho pensato di lasciare un messaggio almeno a te, visto che per tanti anni sono stata la tua beta. Ero curiosa di vedere la tua evoluzione in questo certamen di storie che richiedono tanto impegno creativo.

So che ogni mese avete dei personaggi fissi con cui far interagire Severus, e mi ha colpito il fatto che per questa storia il coprotagonista fosse Minerva. Tu sai che io ho un grande affetto per Minerva, che considero un po’ il mio alter ego nel mondo potteriano. Quindi, ho cominciato a leggere, ed ecco i miei commenti. Scusami se non sarò proprio esaustiva, ma scrivere con un computer poggiato sulla pancia non è il massimo ;)

Allora, mi è piaciuto molto lo sviluppo della storia, soprattutto nelle parti in cui Minerva e Severus interagiscono. Anche io ho sempre pensato che Severus sia stato il peggior nemico di se stesso e che, se qualcuno avesse potuto aiutarlo, quello sarebbe stato Minerva.

Ho apprezzato molto i dialoghi così raccolti e vibranti che hai fatto nascere tra loro. Nessun grido emotivo, solo una quieta tempesta di sentimenti che delinea la nascita di un nuovo rapporto tra la donna anziana e l’uomo giovane e ferito così gravemente.

Non dovrei dirlo ma mi ha attirato enormemente anche la citazione che hai messo all’inizio. Il legame con oggetti o creature terrene: “Allora quelle anime trasaliscono, ci chiamano, e appena le abbiamo riconosciute, l’incantesimo è spezzato. Sono state liberate da noi. Hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi.” L’ho trovato uno spunto suggestivo in modo dolce e triste.

È sempre commovente sentire Minerva chiedere perdono a Severus per gli errori del mondo magico, ed altrettanto commovente vedere come Severus non ci creda. Anni e anni passati nel disprezzo e nel sospetto hanno lasciato un segno fortissimo sulla sua anima. Ma nelle bellissime frasi che fai dire a Minerva, luccicano la certezza e l’affetto che sono il cemento per la ricostruzione dell’anima di Severus.

È stato anche bellissimo veder rincontrarsi Albus, il grande manipolatore ormai ridotto a un quadro, e Severus. In quello scambio di battute non ci sono scuse effettive, ma c’è il riconoscimento del sacrificio e del valore, anche se sempre con quel tono paternalistico da vecchio saggio seccante che hai saputo rendere molto bene. Non possiamo aspettarci che Albus ammetta di aver sbagliato, come ha ammesso con Harry. Però direi che questo è un buon inizio. ;)

Le vicissitudini della povera Mrs Purr sono un piccolo diversivo all’interno della storia, che distoglie l’attenzione di Severus da sé stesso per poi riportarlo bruscamente ad una terribile scoperta, una scoperta che cambierà definitivamente i suoi sentimenti.

Direi che hai seguito un ritmo catartico che si sviluppa lentamente ma ben dosato, alternando momenti di dialogo con momenti in cui il luogo, la natura e gli oggetti contribuiscono a creare nuovi orizzonti. Severus vede farsi nuove tutte le cose, e la sua prospettiva riemerge quasi stupita dal caos mentre una nuova consapevolezza modella la sua anima.

Ci sono passaggi in questa storia che avrei voluto scrivere io. So che a dire così anche io adesso sembro un "patronising Albus", come dicono gli inglesi, ma ti ho seguito per tanti anni e sono felice di vedere che hai raggiunto una splendida maturità artistica. Brava!

E per concludere, un saluto a tutte le altre scrittrici che si stanno affrontando in questa gara così coinvolgente ed esigente. Mi sarebbe piaciuto essere con voi. Un grande abbraccio con tanto affetto!
 
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view post Posted on 19/1/2023, 11:24
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GabrixSnape

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CITAZIONE (Lady Memory @ 14/11/2022, 18:57) 
Cara Gabri,

ho fatto un salto sul forum in un momento di questa pausa forzata che mi tiene a letto. Una volta tanto, ho 5 minuti 5 per dare un’occhiata in giro dopo tanto tempo. Sono rimasta colpita dal vedere proprio la tua storia in cima all’elenco, e ho pensato a quando abbiamo condiviso le avventure del Bosco. Che peccato poter interagire così poco con voi!

A questo punto, ho pensato di lasciare un messaggio almeno a te, visto che per tanti anni sono stata la tua beta. Ero curiosa di vedere la tua evoluzione in questo certamen di storie che richiedono tanto impegno creativo.

So che ogni mese avete dei personaggi fissi con cui far interagire Severus, e mi ha colpito il fatto che per questa storia il coprotagonista fosse Minerva. Tu sai che io ho un grande affetto per Minerva, che considero un po’ il mio alter ego nel mondo potteriano. Quindi, ho cominciato a leggere, ed ecco i miei commenti. Scusami se non sarò proprio esaustiva, ma scrivere con un computer poggiato sulla pancia non è il massimo ;)

Allora, mi è piaciuto molto lo sviluppo della storia, soprattutto nelle parti in cui Minerva e Severus interagiscono. Anche io ho sempre pensato che Severus sia stato il peggior nemico di se stesso e che, se qualcuno avesse potuto aiutarlo, quello sarebbe stato Minerva.

Ho apprezzato molto i dialoghi così raccolti e vibranti che hai fatto nascere tra loro. Nessun grido emotivo, solo una quieta tempesta di sentimenti che delinea la nascita di un nuovo rapporto tra la donna anziana e l’uomo giovane e ferito così gravemente.

Non dovrei dirlo ma mi ha attirato enormemente anche la citazione che hai messo all’inizio. Il legame con oggetti o creature terrene: “Allora quelle anime trasaliscono, ci chiamano, e appena le abbiamo riconosciute, l’incantesimo è spezzato. Sono state liberate da noi. Hanno vinto la morte e ritornano a vivere con noi.” L’ho trovato uno spunto suggestivo in modo dolce e triste.

È sempre commovente sentire Minerva chiedere perdono a Severus per gli errori del mondo magico, ed altrettanto commovente vedere come Severus non ci creda. Anni e anni passati nel disprezzo e nel sospetto hanno lasciato un segno fortissimo sulla sua anima. Ma nelle bellissime frasi che fai dire a Minerva, luccicano la certezza e l’affetto che sono il cemento per la ricostruzione dell’anima di Severus.

È stato anche bellissimo veder rincontrarsi Albus, il grande manipolatore ormai ridotto a un quadro, e Severus. In quello scambio di battute non ci sono scuse effettive, ma c’è il riconoscimento del sacrificio e del valore, anche se sempre con quel tono paternalistico da vecchio saggio seccante che hai saputo rendere molto bene. Non possiamo aspettarci che Albus ammetta di aver sbagliato, come ha ammesso con Harry. Però direi che questo è un buon inizio. ;)

Le vicissitudini della povera Mrs Purr sono un piccolo diversivo all’interno della storia, che distoglie l’attenzione di Severus da sé stesso per poi riportarlo bruscamente ad una terribile scoperta, una scoperta che cambierà definitivamente i suoi sentimenti.

Direi che hai seguito un ritmo catartico che si sviluppa lentamente ma ben dosato, alternando momenti di dialogo con momenti in cui il luogo, la natura e gli oggetti contribuiscono a creare nuovi orizzonti. Severus vede farsi nuove tutte le cose, e la sua prospettiva riemerge quasi stupita dal caos mentre una nuova consapevolezza modella la sua anima.

Ci sono passaggi in questa storia che avrei voluto scrivere io. So che a dire così anche io adesso sembro un "patronising Albus", come dicono gli inglesi, ma ti ho seguito per tanti anni e sono felice di vedere che hai raggiunto una splendida maturità artistica. Brava!

E per concludere, un saluto a tutte le altre scrittrici che si stanno affrontando in questa gara così coinvolgente ed esigente. Mi sarebbe piaciuto essere con voi. Un grande abbraccio con tanto affetto!

Ma dove sono stata tutto questo tempo per non accorgermi di questo commento?
Posso dirlo? Mi hai commossa.
Leggere le parole di elogio della persona che mi ha preso per mano e, con pazienza infinita, ha saputo regalarmi uno spirito più maturo per l'interpretazione dei personaggi che tanto amiamo, è per me motivo di orgoglio e di stupore. Sì, anche e soprattutto, di stupore. Dopo tutte le critiche che ho dovuto mandare giù, non pensavo che avresti mai potuto scrivere per un mio racconto tali complimenti! :XD:
Scherzi a parte, ti ringrazio infinitamente Mep, sia per questo commento che per ciò che hai fatto per me, e spero che molto presto tu possa tornare a regalare a tutte noi le tue storie ... Già, le tue storie, a cominciare da quella di cui attendiamo il seguito! ;)
 
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9 replies since 22/9/2022, 12:29   211 views
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