Il Calderone di Severus

ellyson - Seconde opportunità, Tipologia: one shot - Genere: generico - Rating: per tutti - Avvertimenti: AU - Epoca: Post settimo anno- Personaggi: Severus Piton, Neville Paciock, Hagrid

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view post Posted on 25/8/2022, 13:58
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Dalla luna...

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Titolo: Seconde opportunità
Autore: ellyson
Beta: chiara53 (che si ringrazia molto)
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus Piton, Neville Paciok, Hagrid
Pairing: nessuno
Epoca: post 7 anno
Avvertimenti: Nessuno
Riassunto:
Il parco di Hogwarts ha qualcosa che non va.
Il professor Paciock dovrà trovare una soluzione con un aiuto inaspettato.

Caratteri (spazi inclusi): 33.456

Note: storia scritta per la sfida annuale 15 anni con Severus. Mese di Agosto. Scuola di Durmstrang.
Portatore d’insegne per la scuola di Durmstrang

Seconde opportunità

Passò una mano sul manto erboso.
In quel punto l’erba non era rigogliosa come nel resto del parco né morbida.
I fili d’erba erano di un verde meno acceso e sembravano più fragili, sicuramente erano meno folti.
Si intravedeva il terreno sottostante e anche la terra sembrava non fosse normale.
Ad un occhio meno esperto poteva sembrare solo la naturale conformazione del territorio, ma lui vedeva che c’era qualcosa che non andava.
Era il professore di Erbologia da qualche anno ormai e aveva avuto modo di prendersi cura non solo delle serre, ma anche del grande parco della scuola.
Quando era studente non aveva idea del grande lavoro che doveva svolgere la professoressa Sprite. Non solo si occupava delle lezioni e delle serre, ma aveva anche il compito di prendersi cura di ogni pianta del castello, di ogni ciuffo d’erba del parco e di ogni pianta della Foresta Proibita, almeno della parte più esterna della Foresta Proibita: dopo un certo punto era sconsigliato mettervi piede per non rischiare di invadere il territorio dei centauri o la zona delle acromantule, entrambi per nulla disponibili con l’uomo.
Quando aveva preso il suo posto, aveva ereditato tutto quel lavoro, più le sue ricerche personali che lo tenevano impegnato tra una lezione e l’altra.
La sera era sempre esausto, spesso si fermava a dormire al castello per paura di spaccarsi durante la materializzazione verso casa a Diagon Alley.
Cercava sempre di tornare a casa. Voleva stare con sua moglie e suoi figli, ma Hannah era stata così saggia da fargli notare che ai suoi figli serviva un padre intero e non uno spezzato al San Mungo.
La sola idea di immaginare i suoi bambini percorrere i corridoi dell’ospedale che aveva fin troppe volte percorso da piccolo, gli aveva messo addosso paura. Così, in quelle serate in cui era fin troppo stanco anche per alzare la bacchetta, dormiva al castello.
Spostò con delicatezza un ciuffo d’erba e prese un pizzico di terra.
La annusò e la saggiò con la punta della lingua.
Sputò quasi subito.
- Avevi ragione, Hagrid. – disse continuando a fissare il terreno – C’è qualcosa che non va: la terra ha un sapore acido.
Da una tasca incantata della veste estrasse due barattoli di vetro; in uno ci mise una buona quantità di terra, nell’altro qualche ciuffo d’erba.
Si alzò spolverandosi i vestiti.
- Lo sapevo. – disse il mezzo gigante grattandosi la barba ormai ingrigita dal tempo.
Hagrid era sempre il guardiacaccia della scuola, ma aveva deciso da qualche anno di non lavorare più come insegnante.
Insegnare l’amore per le creature magiche gli piaceva, ma si sentiva più sé stesso nel vecchio ruolo.
Aveva lasciato la cattedra e continuava a sorvegliare il castello e la Foresta Proibita.
Gli anni gli avevano ingrigito barba e capelli, Thor era morto già da tempo e la scuola, per farlo sentire meno solo, gli aveva regalato un nuovo cucciolo di cane che aveva ribattezzato Loki.
Loki era un alano arlecchino che col tempo assomigliava più ad una mucca che ad un cane, era grosso come un piccolo di centauro e aveva il terrore della maggior parte degli animali che Hagrid riteneva carini e docili.
Questo dimostrava quanto quel cane fosse intelligente.
- Cosa vuoi fare? – gli domandò il mezzo gigante.
- Devo capire cosa sta inacidendo il terreno. Serviranno dei test.
- Test?
Sollevò lo sguardo, Hagrid sembrava a disagio.
- C’è qualcosa che non va, Hagrid?
- I test di solito si fanno nell’aula pozioni, vero?
Afferrò al volo il senso di quello che stava dicendo, sorrise e mise nella tasca magica i barattoli.
- Tranquillo, Hagrid. So quello che faccio.

* * * *



Non aveva la minima idea di quello che doveva fare.
Conosceva la teoria, con quella non aveva problemi, ma la pratica... beh, con quella invece, aveva qualche difficoltà.
Grosse difficoltà.

La Sala Grande era strana in estate.
Sparivano i lunghi tavoli delle Case, spariva il tavolo degli insegnanti e restava solo un tavolo rotondo al centro della stanza, circondato dalle candele e da un cielo terso perenne, anche quando fuori era nuvoloso.
Gli dava una strana sensazione frequentare Hogwarts quando era praticamente deserta, perfino alcuni fantasmi avevano altri luoghi da visitare in estate.
Seduto al tavolo in solitudine spalmò un generoso strato di marmellata sul pane tostato, quando la scuola era vuota gli elfi cucinavano molto meno e a lui andava bene così.
Masticò con poco entusiasmo la sua colazione, mentre un barbagianni, solitario esattamente come lui, gli fece cadere nel piatto una busta.
La aprì tenendo la fetta di pane tra i denti e lesse velocemente il messaggio del professore di pozioni che aveva sostituito Lumacorno.
Scorse le poche righe che gli aveva scritto e chiuse gli occhi disperato.
Non l’avrebbe aiutato.
Era in viaggio per l’Europa e non poteva assentarsi dalla sua ricerca, anzi tuttavia gli aveva assicurato che poteva usare il laboratorio più piccolo, quello che non usava quasi mai nessuno. Aggiungeva poteva utilizzare dalle sue scorte quello che voleva, visto che doveva avrebbe dovuto rifare l’inventario prima dell’inizio del nuovo anno scolastico e preferiva avere in dispensa preparati freschi.
Gli passò l’appetito.
Appoggiò il pane rimasto sul piatto e sospirò.
Si sentiva in trappola.
Pensò di attendere il rientro del collega, ma il problema poteva essere grave, il campo di zucche non era molto distante dalle serre e non voleva rischiare di rovinare il suo progetto personale a cui lavorava da oltre un anno.
Poteva essere una scoperta rivoluzionaria nel campo dell’Erbologia e desiderava a tutti i costi portare a termine con successo la sua ricerca.
Si appoggiò allo schienale della sedia e sospirò rassegnato, lo sguardo si spostò all’entrata della Sala Grande e sentì quel poco che aveva mangiato a colazione rivoltargli lo stomaco.
Si alzò con un peso nel cuore e si avviò all’uscita, varcate le grandi porte d’entrata non riuscì ad evitare di guardare l’ingresso dei sotterranei.
Da quando aveva iniziato ad insegnare si era recato nei sotterranei solo pochissime volte e solo quando non poteva evitarlo.
Non gli piacevano i sotterranei, non gli erano mai piaciuti.
Ogni volta gli sembrava che i muri lo schiacciassero, che l’aria gli mancasse nei polmoni e che tutto, ma proprio tutto, puzzasse di pozioni vecchie.
Probabilmente erano solo i ricordi ad inquietarlo così tanto.
I sotterranei gli avevano sempre fatto paura, fin da bambino, ancora prima di conoscere il professor Piton.
Il prozio Algie gli aveva sempre narrato orribili storie di mostri rinchiusi nei sotterranei e di esperimenti fatti sui ragazzini che mostravano scarse qualità magiche.
Per questo motivo tremava anche al solo ricordo della prima volta che aveva messo un piede nei sotterranei.
I suoi giorni da studente e le innumerevoli lezioni di pozioni non avevano migliorato la situazione.
I sotterranei lo spaventavano.
L’idea di fare una pozione lo terrorizzava.
Però l’avrebbe fatto.
Non era più il ragazzino che tremava con un rospo in mano.
Era un mago adulto. Un marito. Un padre di famiglia.
Alcuni lo definivano eroe di guerra.
Non avrebbe avuto paura dei sotterranei, anche se voleva dire rivivere tutti i suoi incubi peggiori.

* * * * *



Entrò in biblioteca con un vago senso di sconfitta nel cuore.
Non era riuscito ad andare nei sotterranei.
Aveva fatto un passo verso l’entrata e gli era parso di vedere un lembo di mantello nero sparire dietro un angolo.
Non era possibile.
Eppure, era certo di quello che aveva visto.
Quel frammento di immagine l’aveva pietrificato sul posto: era rimasto fermo, immobile davanti all’entrata, con gli occhi sbarrati e il cuore che gli martellava nel petto.
Alla fine, aveva deciso di andare in biblioteca e ripassare la teoria prima di passare alla pratica: gli era sembrata un’ottima idea.
La biblioteca era deserta e silenziosa, era quasi alienante trovarsi lì senza nessuno: anche la bibliotecaria si prendeva qualche settimana di vacanza.
Nel silenzio quasi opprimente si incamminò nella sezione di pozioni iniziando a leggere i titoli delle vecchie e logorate coste dei tomi.
Gli ci volle poco per trovare il libro che stava cercando.
Sfiorò appena il libro quando una voce melliflua parlò alle sue spalle.
- Tu non dovresti essere qui!
Fece un salto indietro sbattendo contro il tavolo di consulto.
Si guardò attorno confuso e spaventato.
Conosceva quella voce e questa volta non si era sbagliato.
Non era un lembo di mantello.
- Alza lo sguardo, Paciock.
Un ordine preciso che seguì come quando era un giovane studente spaventato.
Poco in là, appeso ad uno dei muri c’era Severus Piton che lo fissava con lo stesso sguardo accigliato che ricordava.
Era solo il suo quadro. La sua maledetta immagine impressa sulla tela.
Eppure, riusciva ugualmente a farlo sentire piccolo e stupido.
Era ingiusto provare ancora questi sentimenti verso di lui, soprattutto dopo la guerra, quando Harry aveva apertamente mostrato i suoi ricordi; tuttavia, ma non riusciva a dimenticare quegli occhi che lo fissavano nell’aula di pozioni: il suo prendersi gioco dei suoi modi goffi di affrontare la sua materia, o, peggio, le frecciatine velenose che gli rivolgeva, e i tentativi di avvelenare Oscar.
- Non dovresti essere qui. – ripeté il mago.
- È una biblioteca. – rispose con sicurezza – È accessibile a tutti.
- Non intendevo questo, Paciock. - precisò l’altro con lo stesso tono che usava quando doveva spiegargli per la decima volta come tagliare le radici di margherita – Non devi stare nella sezione di Pozioni. Tu non dovresti avere accesso a questo settore. Non dovresti neppure pensare alle pozioni.
- Non sono più un ragazzino, professore.
- Resti ancora lo sfascia calderoni che eri un tempo, anche se sei capace di far crescere rododendri nel deserto. Non cercare di ampliare le tue conoscenze in una materia che non hai mai saputo gestire. Continua a studiare le tue piantine.
- Sono qui proprio per questo. – precisò tornando verso la libreria per prendere il tomo che stava cercando – C’è qualcosa che non va nel parco del castello e devo capire cosa.
Il silenzio che ne seguì lo preoccupò ancora di più. Prese il libro e si voltò di nuovo verso il quadro.
Piton lo fissava dalla tela, seduto su una poltrona che nella penombra della biblioteca sembrava nera, ma forse era verde scuro.
- Non dice più nulla? - si avvicinò al quadro notando solo in quel momento un leggio posto a poca distanza, sul poggia-libri c’era un volume aperto – Sta leggendo un libro?
- Prima che arrivassi a disturbare la quiete della biblioteca sì, Paciock.
- Non può voltare le pagine.
Il mago vestito di nero, anzi il dipinto che raffigurava il mago vestito di nero che l’aveva terrorizzato nella giovinezza, sollevò un sottile sopracciglio.
Una linea nera sottile che rappresentava perfettamente la realtà di un tempo.
- Che accurato spirito di osservazione.
In quel preciso momento un elfo domestico apparve accanto al leggio, si mise sulle punte dei piccoli piedini e voltò delicatamente la pagina del volume.
- Grazie, Goofer. – disse Piton con un tono stranamente dolce.
L’elfo fece un mezzo inchino verso il quadro poi scomparve con uno schiocco di dita.
- Conosce il nome di quell’elfo domestico?
- Conosco il nome di ogni elfo domestico, Paciock. Perché la cosa ti turba tanto?
- Perché lei è Severus Piton.
Rispose semplicemente così, come se quella frase fosse la risposta ad ogni strano comportamento che aveva visto in Piton in tutti quegli anni.
Il quadro restò in silenzio, come aveva fatto prima, seduto sulla poltrona, con lo sguardo attento nella sua direzione.
Forse non sapeva cosa rispondere.
Conosceva poco della magia che animava i quadri di Hogwarts, ancora meno quella dei Presidi che, sicuramente, con gli anni era stata potenziata, bastava vedere la differenza tra i primi Presidi della scuola e gli ultimi. I Presidi più vecchi non parlavano ormai più, si limitavano a dormire tutto il giorno, Silente e Piton, invece, erano sempre in giro per il castello.
Non era insolito vedere Silente giocare a carte con la Signora Grassa e la sua amica Viola.
Piton, invece, si vedeva spesso nel corridoio del terzo piano ed ora capiva che andava in biblioteca per leggere come quando era ancora in vita.
Si chiese perché non l’avesse mai visto: la sua giornata gravitava attorno alle serre, ma aveva passato anche lunghi pomeriggi in biblioteca per delle ricerche di botanica, o per scrivere i suoi articoli e non ricordava di averlo scorto. Neppure di sfuggita, né oppure di sentire il suo sguardo addosso.
Lui aveva sempre sentito lo sguardo di Piton addosso. Non sapeva perché, ma era sempre in grado di sapere quando il professore di pozioni lo fissava.
Forse con dei personaggi dipinti non era la stessa cosa.
- Sono proprio stato un fallimento come insegnante se ogni mia azione è giustificata solo perché sono solo io. – disse infine Piton con tono stranamente triste.
- Lei non è stato un fallimento.
- Io non la vedo così. – rispose l’altro alzandosi dalla sedia.
Istintivamente fece un passo indietro. Non fu un gesto consapevole, non era voluto e, di certo, non aveva nulla di cui essere spaventato da un quadro, ma il suo istinto gli fece fare quel passo.
Se ne vergognò molto; la vergogna aumentò quando vide un lieve sorriso sulle labbra sottili del vecchio Preside, come a dar conferma alle sue parole.
- Non aggiungere troppo velocemente le radici di rosa selvatica.
Si voltò e sparì oltre la cornice.
Si guardò attorno per vedere se lo vedeva spuntare negli altri quadri presenti, ma non lo vide da nessuna parte, forse quel quadro era direttamente collegato a quello nella presidenza.
Confuso e ancora imbarazzato per il suo gesto, Neville prese il libro di pozioni e uscì dalla biblioteca.

* * * * *



Uscì dalla porta dell’aula di pozioni tossendo.
Il denso fumo nero alle sue spalle indicava senza ombra di dubbio che il suo calderone era fuso, avrebbe dovuto comprarne un altro per la scuola.
Si appoggiò al muro facendo lunghi e profondi respiri. Gli occhi gli lacrimavano, la gola pizzicava e la faccia scottava. Prima di fondere il calderone la pozione aveva iniziato a bollire e sbuffare un fumo bollente che l’aveva quasi colpito in faccia, poi era esplosa e aveva iniziato a bucare il peltro.
Con la vista offuscata dalle lacrime osservò la porta spalancata dell’aula e il fumo che ne usciva, l’odore acre avrebbe presto impregnato anche il corridoio.
Per sua fortuna era solo nei sotterranei.
- Così prevedibile…
Chiuse gli occhi trattenendo uno sbuffo e appoggiò la testa alla parete di pietra.
- È venuto a gongolare?
- Volevo assicurarmi che i sotterranei non andassero a fuoco. Aggiungere troppo velocemente le radici di rosa selvatica fa alzare rapidamente la temperatura della pozione ottenendo come risultato una fiammata dritta in faccia e un calderone pietosamente fuso.
- Grazie per la non richiesta lezione di pozioni.
- È scritto nel libro. Nel terzo paragrafo, prima della spiegazione sulla preparazione dell’elaborato. Se non avessi saltato la prima parte l’avresti letto. Lo avresti saputo anche se avessi seguito le mie lezioni.
Aprì gli occhi e alzò lo sguardo, c’era un solo quadro appeso davanti all’aula di pozioni: Linfred di Stinchcombe. Piton occupava tutta la tela, aveva un cipiglio accigliato, lo stesso che aveva quando passava accanto al suo calderone durante una lezione.
- Come faceva a sapere che pozione avrei creato?
- Intuito Paciock. – spiegò semplicemente – Hai parlato di qualcosa che avvelena il parco della scuola. Posso supporre che tu abbia provato a mettere in pratica la Terza Legge di Golpalott e che l’incantesimo di rivelazione deve averti dato un risultato confuso e del tutto inconcludente, questo perché la Terza Legge di Golpalott non è applicabile in questi casi. Viene spiegato al sesto anno.
- Le ricordo che non ho preso i M.A.G.O. nella sua materia.
- Peccato che la Granger non possa borbottarti suggerimenti all'orecchio.
Si staccò dal muro con un’improvvisa intuizione.
- Devo andare.

* * * *



Il Ministero della Magia gli incuteva sempre un certo disagio.
Nonostante gli anni passati i ricordi della battaglia al Ministero gli facevano ancora venire gli incubi. Erano rari, ma capitava, specialmente nei periodi di forte stress.
In quei sogni si trovava nella stanza dell’arco di pietra, Bellatrix gli puntava la bacchetta alla gola e gli sussurrava all’orecchio tutto quello che aveva fatto ai suoi genitori per farli impazzire.
Si appuntò il nome sulla camicia e lasciò che l’addetto gli controllasse la bacchetta, poi si avviò verso gli ascensori.
Nessuno pronunciava il suo nome, non era famoso come Harry o gli altri suoi amici, era solo il professore di Erbologia di Hogwarts e gli andava più che bene.
Aveva avuto il suo momento di gloria, finita la guerra, ma, per sua fortuna, era durato molto poco.
Lasciava ben volentieri le interviste e l’attenzione della stampa agli altri.
L’ascensore si fermò al suo piano bruscamente, scese di fretta e si avviò verso l’ufficio del capo sezione del Dipartimento per la Regolazione e il Controllo delle Creature Magiche.
Hermione sedeva alla sua scrivania, era concentrata su un libro: sopra di lei c’erano cinque aeroplani di carta che attendevano di essere letti, una piuma stava scrivendo da sola su una pergamena.
Sembrava occupatissima, ma Hermione era sempre occupatissima.
Bussò delicatamente alla porta.
- Un istante. – disse lei senza alzare gli occhi dal tomo.
Entrò nell’ufficio e si sedette di fronte alla scrivania.
La strega alzò appena lo sguardo.
- Ciao Neville. – lo salutò frettolosamente – Devo finire di leggere questa legge irlandese sulla regolarizzazione delle zone di caccia dei Tritoni nel Mare del Nord. - la vide leggere una sola parola per poi tornare a guardarlo di nuovo. - Merlino! Cosa ti è successo alle sopracciglia?
Si grattò la testa con un sorriso imbarazzato.
La pozione gli era praticamente esplosa in faccia e gli aveva bruciato le sopracciglia.
Hannah glielo aveva fatto notare quella mattina, quando si era presentato alla locanda per salutare lei e stare un po’ con i bambini.
La sua faccia era ridicola senza sopracciglia.
Ovviamente Piton si era ben guardato dal dirglielo, quando era corso fuori dall’aula di pozioni.
- Un piccolo incidente con una pozione.
La penna d’oca smise immediatamente di scrivere, cadde sulla pergamena come se una mano invisibile l’avesse lasciata cadere.
Hermione appoggiò il libro sulla scrivania, improvvisamente la restrizione del campo da caccia dei Tritoni nel Mare del Nord aveva perso la sua importanza.
- Perché stavi facendo una pozione?
Aveva lo stesso tono di Piton, lo stesso identico tono sorpreso e scettico. Avrebbe dovuto offendersi, ma era Hermione, una delle sue migliori amiche, colei che l’aveva aiutato durante tutte le lezioni di pozioni da quando aveva messo piede nei sotterranei.
Aveva anche provato a dargli qualche ripetizione nei, fine settimana, senza successo.
Le spiegò quello che stava accadendo al parco del castello e di quello che aveva provato a fare per risolvere il problema.
- La Terza Legge di Golpalott non si applica in questi casi.
- Sì, - rispose amareggiato – ora lo so.
- Perché sei qui, Neville?
- Speravo che tu avessi una delle tue brillanti idee per trovare la soluzione a questo dilemma.
- Mi dispiace, Neville. Ma non saprei proprio come aiutarti.
Sospirò deluso appoggiandosi allo schienale della sedia.
- Accidenti… Piton mi darà il tormento.
- Piton?
- Il suo stupido ritratto. Non fa che seguire ogni mia mossa da quando mi ha visto in biblioteca a fare ricerche sulle pozioni.
- Puoi dargli torto?
- Stai dalla sua parte?
- Siamo stati crudeli con Piton. Almeno al suo ritratto diamo il beneficio del dubbio.
Incrociò le braccia al petto esattamente come un bambino che fa i capricci.
- Mi odia. – borbottò in modo infantile.
- Lui non ti odia. – rispose semplicemente l’altra – Se ti avesse odiato, quando era Preside ti avrebbe mandato in punizione dai fratelli Carrow; invece, ti mandava da Hagrid dove sapeva che eri al sicuro. Era un uomo ambiguo, solo e in conflitto con sé stesso. Aveva un pessimo carattere e sicuramente non sopportava i Grifondoro, ma nonostante tutto, metteva sempre i ragazzi davanti alle sue necessità e voleva che capissimo da soli i nostri limiti imparando dai nostri errori. Aveva un modo burbero di insegnare, è vero, ma le lezioni di Piton sono difficili da dimenticare anche dopo anni. – vedendolo poco convinto sospirò – Sai che è stato Piton a suggerire alla McGranitt di affidarmi una Giratempo al terzo anno?
- Cosa? Credevo che fosse stata la professoressa.
- Oh, no. Lei era fortemente contraria all’inizio. Credeva che lasciandomi frequentare tutti i corsi sarei impazzita o che avrei avuto un crollo.
- Così è stato, Hermione. Hai avuto un crollo.
- Lo so, ma se mi avessero imposto di non frequentare tutti i corsi sarei impazzita nel tentare di capirne il motivo e probabilmente avrei seguito lo stesso il programma studiando di nascosto in biblioteca. Piton lo sapeva, aveva capito che tipo di studentessa ero e ha suggerito alla McGranitt e a Silente la Giratempo affinché capissi da sola che seguire tutti quei corsi contemporaneamente mi avrebbe portato all’esaurimento. La professoressa si è lasciata convincere e mi ha fatto avere il permesso dal Ministero.
- Stai cercando di convincermi che Piton ti ha quasi fatto venire un esaurimento nervoso per farti un favore?
Hermione sorrise.
- In un certo senso… se c’è una cosa che la guerra mi ha insegnato è questa Neville: dietro ogni azione di Piton c’era sempre una spiegazione valida. Sono certa che per il suo ritratto sia lo stesso.

* * * *


Era di nuovo in biblioteca, questa volta nella sezione di Erbologia.
All’inizio si era sentito osservato, ma con l’arrivo del solito elfo domestico che aveva voltato le pagine sul leggio la sensazione era diminuita, abbastanza da permettergli di concentrarsi sulla sua ricerca.
Verso il primo pomeriggio, quando ormai i libri ingombravano gran parte del tavolo, sospirò pensieroso passandosi una mano tra i capelli.
- La Granger non è stata d’aiuto?
La voce arrivò da lontano, ma fu perfettamente udibile nella biblioteca vuota.
Se ci fosse stata la bibliotecaria avrebbe lanciato occhiate malevole a chiunque osasse disturbare il sacro silenzio della biblioteca, quadri di ex Presidi compresi.
- Questa volta no. – rispose senza voltarsi – Ha già finito di leggere?
- L’elfo gira le pagine una volta al giorno. Due pagine si leggono in fretta. Ti ho lasciato un po’ di tranquillità per studiare.
- Ma che gentile…- mormorò a mezza voce sperando che non lo sentisse – Probabilmente avrà pensato che stessi dormendo con gli occhi aperti.
- Riconosco uno sguardo concentrato quando lo vedo. – continuò il Preside facendogli capire che l’aveva udito benissimo.
- Perché non mi ha avvertito che creare un antidoto non avrebbe funzionato?
- Se ti avessi detto che sarebbe stato inutile e pericoloso, soprattutto conoscendo le tue scarse abilità in pozioni, mi avresti dato retta?
Non rispose, non perché non sapeva la risposta, ma perché la conosceva fin troppo bene.
Non gli avrebbe creduto. Sarebbe andato avanti per la sua strada ignorando i segnali, ignorando le avvertenze solo per dimostrare che poteva farcela, che non era più lo studente impacciato di un tempo.
In fin dei conti non era quello che aveva fatto durante il sesto anno?
Sfidarlo apertamente davanti a tutti. Ignorare le sue frasi che, riesaminate col senno di poi, avevano tutt’altro significato. Continuare nella sua crociata contro di lui nonostante tutti gli avessero detto di non sfidare troppo la sorte.
Non stuzzicare il drago che dorme.
Questo dice il motto di Hogwarts.
Lui l’aveva svegliato il drago di Hogwarts e l’aveva anche fatto infuriare più di una volta.
Eppure, non era stato punito, non gravemente almeno, piccole punizioni che mettevano a tacere i fratelli Carrow e che mantenevano intatta la sua copertura di Mangiamorte.
- Ha rischiato che i sotterranei prendessero fuoco solo per insegnarmi qualcosa?
- Ha funzionato. Voi Grifondoro non accettate consigli siete così maledettamente cocciuti.
Non gli rispose questa volta, scartò il libro che stava esaminando e ne prese un altro.
Continuò a leggere, la fastidiosa sensazione di essere osservato era ancora presente, ripensò agli anni trascorsi al castello, al suo ritorno non più come studente, ma come professore.
In tutti quegli anni era la prima volta che la avvertiva così distintamente, era la prima volta che si sentiva gli occhi di Piton addosso.
- Lei mi ha evitato in tutti questi anni. – disse lentamente, alzando lo sguardo dal tomo.
Ci fu un lungo silenzio, così lungo che Neville si voltò per vedere se Piton fosse ancora nel quadro.
Il ritratto lo fissava da lontano, seduto su quella poltrona.
- Sì, l’ho fatto.
Il professore di Erbologia si alzò e si avvicinò alla cornice.
- Perché?
- Non ci siamo lasciati nel migliore dei modi.
Ripensò all’ultima volta che si erano scontrati. Gli aveva urlato che era un assassino, quando aveva capito che i Carrow non si sarebbero limitati solo a qualche taglio come punizione per la sua arroganza ed era sparito nella Stanza delle Necessità.
Le sue ultime parole al Preside Piton furono degli insulti, la sua risposta fu solo un sopracciglio alzato.
Non ci aveva più pensato fino a quel momento.
Chinò il capo imbarazzato.
- Mi dispiace. – gli disse – Io… l’ho insultata… più di una volta.
- Era giusto così.
- Ma lei non lo meritava.
- Tu non potevi saperlo. Se neppure Minerva McGranitt ha capito i miei piani come poteva arrivarci un ragazzino di diciassette anni? Tu eri il faro della speranza di Hogwarts, Paciock. Potter era il simbolo della guerra, ma tu… tu eri l’emblema della ribellione nella scuola di stregoneria più famosa del mondo. Potter combatteva una guerra fuori, ma tu la combattevi dall’interno.
Non replicò, non sapeva cosa dire, non l’aveva mai vista sotto questo punto di vista. Per lui era stato naturale combattere contro quello che, all’epoca, credeva un nemico.
Poteva almeno cercarlo dopo che Harry aveva fatto ammettere il dipinto in presidenza. Invece si era limitato ad apprendere la notizia senza alcuna emozione, era solo un articolo letto sul giornale della mattina.
- Non pensarci troppo, Paciock. – disse il ritratto di Piton – È solo passato. Mi tocca già sopportare Potter e le sue patetiche scuse ogni volta che si ritrova in questo castello. Non iniziare anche tu.
Fece un lieve sorriso.
- Visto il fallimento nell’aula di Pozioni, sai già qual è il prossimo passo per trovare una soluzione al tuo problema?
Capì che il cambio di argomento era solo un modo per non fargli perdere tempo a rivangare un passato che nessuno avrebbe mai potuto modificare.
Si grattò la testa pensieroso lanciando un’occhiata ai libri accatastati sul tavolo.
- A dire il vero ho molte idee, ma senza ulteriori indizi non saprei quale possa essere la strada giusta da seguire. Stamattina sono tornato al punto indicatomi da Hagrid, l’erba è ancora più secca dell’ultima volta e il terreno è asciutto in modo anomalo; eppure, ha piovuto in questi giorni.
- Da come lo descrivi sembrerebbe che il veleno stia agendo direttamente nel terreno, che, di conseguenza, avvelena le piante.
- La falda acquifera! – urlò colto da un’improvvisa folgorazione – Come ho fatto a non arrivarci prima… ero così concentrato sulla realizzazione della pozione che non ho unito gli indizi. C’è qualcosa nel terreno che lo sta avvelenando, ma il problema è nell’acqua sotto il terreno.
Si avvicinò quasi di corsa alla pila dei libri sopra il tavolo, spostò i tomi così velocemente che un paio caddero a terra; il tonfo rimbombò per tutta la biblioteca.
- Sei fortunato che Madama Pince sia in vacanza, Paciock. – disse Piton – Altrimenti ti avrebbe bandito dalla biblioteca per tutta la vita.
Lo ignorò e sfogliò velocemente un tomo così vecchio che il titolo dorato sulla copertina si era cancellato con l’usura.
Quando trovò la pagina che cercava sorrise vittorioso e tornò di fronte al dipinto.
- Ecco! Non scende in troppi dettagli, - mormorò leggendo velocemente il testo – ma dice che in una riserva babbana nel Nord America c’è stata un’alluvione che ha fatto straripare il fiume locale. Qualche settimana dopo il rientro delle acque, il terreno dei campi ha iniziato ad inaridirsi e tutte le piantagioni sono morte. Hanno scavato e hanno trovato una Manticora morta. Era morta da anni, ma aveva iniziato a decomporsi solo di recente.
- È abbastanza logico. – disse Piton – Gli animali magici hanno una lunga vita e anche nella morte i loro corpi si decompongono più lentamente. Il veleno nella coda della manticora ha avvelenato il terreno.
- Esatto, l’alluvione ha tolto il primo strato di terriccio che proteggeva la creatura, questo ha accelerato i tempi della decomposizione e il veleno invece di disperdersi lentamente si è riversato in quantità maggiori nel terreno, avvelenandolo. Il Ministero americano ha dovuto chiudere la riserva, bonificare l’area, oblivare tutti i nativi americani che avevano visto la creatura e trasferirla in un posto sicuro. Abbiamo avuto una primavera molto piovosa quest’anno.
- La Foresta Proibita ospita molte creature magiche. – osservò Piton.
Neville chiuse il libro con un colpo secco.
- Devo verificare una cosa.
Uscì dalla biblioteca in tutta fretta.
- Il libro, Paciock. – urlò Piton cercando di guardare oltre la cornice.
Neville rientrò in fretta, appoggiò il libro sul tavolo e si avvicinò al leggio, senza dire nulla voltò la pagina del libro che stava leggendo Piton e uscì di nuovo dalla stanza.
Il dipinto sollevò un sopracciglio dipinto, sorpreso.

* * * *



Volare non era il suo forte, ma non era un calderone, quindi poteva cavarsela.
Nonostante non volasse su un manico di scopa da anni fu facile cavalcare una vecchia Stella Freccia presa dal capanno vicino al campo di Quidditch.
Sorvolò la zona di parco ammalata e notò che non si trattava di un punto isolato del parco, c’era come una scia di erba decisamente più secca e rada che risaliva fino ad una piccola radura, in quel punto l’erba era quasi del tutto assente, un angolo di parco nudo.
Si chiese perché Hagrid non l’avesse notato.
Atterò con poca grazia e si incamminò verso il capanno del guardiacaccia: il mezzo gigante era seduto su un robusto sgabello fuori dalla porta di casa intento ad intagliare un pezzo di legno chiaro. Loki lo fissava sdraiato accanto a lui.
- Hagrid! – lo chiamò il giovane professore – Forse ho capito cosa sta avvelenando il parco.
- Lo sapevo! – sorrise l’altro – Tu eri l’unico che ci sarebbe arrivato.
- Però prima ho bisogno di sapere cosa c’è a settanta yard da dove hai notato il problema.
Hagrid si grattò la barba pensieroso.
- Settanta yard hai detto? Lì non c’è nulla. È troppo vicino al confine con la foresta… a parte…
- Cosa?
- Lì è dove ho seppellito Aragog quando è morto. È la sua tomba, ma non ci vado più da anni, troppi ricordi dolorosi.
Neville si passò una mano sul volto, conosceva quel nome, Ron aveva parlato di lui per settimane al loro secondo anno. Quelle storie lo avevano terrorizzato così tanto che aveva avuto gli incubi.
Certe notti aveva sognato che l’aula di pozioni era invasa da disgustosi ragni.
Un doppio incubo.
- Aragog l’acromantula? – domandò per esserne certo.
- Naturalmente! Quanti Aragog conosci?
- Era grande, vero?
- La più grande acromantula che abbia mai visto! Dovevi vedere che bello che era Neville… e che zanne! In quelle zanne c’era abbastanza veleno per uccidere tutti centauri della Foresta Proibita!

* * * *



La biblioteca ora era silenziosa e tranquilla, i tavoli erano stati riordinati e i libri rimessi al loro posto.
Il professore di Erbologia si avvicinò al quadro che di solito occupava Piton, la cornice era vuota, voltò le pagine del libro sopra il leggio e si girò verso la porta.
- Grazie, Paciock. – echeggiò una voce alle sue spalle.
Si volse e sorrise timidamente.
- Prego.
- Quindi è stato il veleno di un’acromantula a creare quel problema?
- Sì, Hagrid non ha pensato al veleno che negli anni si sarebbe disperso nel terreno grazie alla falda acquifera. Il veleno di Acromantula è molto forte anche dopo anni dalla morte dalla creatura. Ma ora ho risolto: ho trovato un antidoto al veleno.
- Sei tornato nella mia aula di Pozioni?
- No. Questa volta mi ha aiutato un collega di Londra. Abbiamo annullato gli effetti del veleno e ho ripiantato l’erba. Con un fertilizzante di mia invenzione sta già ricrescendo tutto. Quando arriveranno gli studenti sarà tutto come prima.
- Ben fatto, Paciock.
Restò a bocca aperta. Era la prima volta che Piton si congratulava con lui per qualcosa.
Anche se era solo un dipinto, una sbadita ombra colorata del mago che era stato, quel complimento lo fece sorridere.
- Grazie, Preside Piton.
- Tornerai alle tue serre, ora?
- Sì, ma prima mi prenderò qualche settimana di vacanza. Questa storia mi ha tenuto lontana da Hannah e dai bambini più di quanto avrei pensato.
- Buone vacanze allora.
- Grazie…- si voltò per uscire, ma tornò in fretta sui suoi passi – se per lei va bene verrei ogni tanto a girarle le pagine del libro. Così magari la tengo aggiornata su quello che succede nel parco.
Il Preside lo fissò per qualche secondo in silenzio.
- Non vedo l’ora.
Non capì se fosse sarcastico o meno, ma non approfondì la questione.
Era stato cieco con Piton negli anni in cui era stato il suo spaventoso insegnante.
Ma poteva sempre iniziare a conoscerlo.
Era solo un quadro ora, una pallida copia, ma non avrebbe sprecato questa opportunità.

FINE
 
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view post Posted on 31/8/2022, 16:05
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Mi è piaciuto tanto il tuo Neville, ancora legato al passato di studente inetto in Pozioni che, nonostante l'immenso coraggio dimostrato durante l'ultimo anno di scuola, sembra non abbia fatto tesoro di quell'esperienza: fa tenerezza il suo immaginarsi non all'altezza delle aspettative del suo insegnante più intransigente nonostante gli anni passati. Un soffio di malinconia mi ha colta impreparata di fronte alla 'presenza' di Piton nella veste del suo ritratto: hai avuto un'idea originalissima (anche se triste). Complimenti anche per l'uso della creatura magica e per le conoscenze in geochimica ;) che hanno dato al racconto una marcia in più. <3
 
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view post Posted on 1/9/2022, 10:10
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Grazie mille!
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view post Posted on 10/10/2022, 18:04
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Un'idea bella e originale, Elly, quella di gestire il confronto tra un Neville perfettamente in canone e il tuo splendido ritratto di Severus che nonostante i confini segnati da una cornice non perde un briciolo delle proprie peculiarità. Fantastico il particolare dell'Elfo che gira le pagine del libro una sola volta al giorno :lol:

Ed è così che il racconto si dipana in modo accattivante, regalando più di uno spunto per rimanere deliziati delle piccole schermaglie tra i due che riconducono ai tempi in cui il primo era studente maldestro e l’altro professore temuto.
Ma in tutto ciò c'è anche molto di più: in questa vicenda è data la possibilità a entrambi di ripensare a molti particolari legati al passato, per ripercorrere le fasi di un raffronto basato inizialmente sull’impossibilità di costruire un rapporto adeguato, ma che ora può finalmente trasformarsi in un sentimento di reciproca stima.

Un racconto molto ben congegnato, in cui l'uso degli elementi richiesti avviene in modo fluido e naturale e l’ingegnosa soluzione che hai architettato mi è piaciuta tantissimo. Brava, Elly, come sempre non fallisci mai il bersaglio! <3
 
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3 replies since 25/8/2022, 13:58   112 views
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