Il Calderone di Severus

Lonely_Kate: Promesse, Genere: introspettivo, drammatico - Personaggi: Severus Piton, Neville Paciock, altri personaggi- Rating: per tutti - Pairing: nessuno - Epoca: post HP7 - Avvertimenti: AU

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view post Posted on 16/8/2022, 17:22
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Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

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Autore: Lonely_Kate
Titolo: Promesse
Data: luglio-agosto 2022 (revisione ad agosto 2023).
Beta: Chiara53
Previewer: Mitsuki91
Tipologia: racconto one-shot
Genere: drammatico, introspettivo.
Rating: per tutti
Personaggi: Severus Piton, Neville Paciock, H. Potter, H. Granger, R. Weasley, H. Lumacorno, M. McGranitt.
Pairing: nessuno
Epoca: post HP7
Avvertimenti: AU
Riassunto: Tra le voci una ti ha sfiorato l’orecchio; inspiegabilmente è accanto a te, la riconosci, ti è familiare. Ha sussurrato, pacata, parole inattese dense di speranza alle quali, meravigliandotene, ti sei aggrappato con tutte le tue forze.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling ed a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Scritto per la Sfida dei “15 anni con Severus” del Calderone di Severus; sfida di agosto 2022: Neville Paciock, Biblioteca di Hogwarts, Giratempo, Aragog

Ruolo Campione Scuola di Hogwarts Battute: 53909/53323 Punti lunghezza: 4

“Una chiara affinità esiste tra lo stato ipnotico e lo stato di sonno, il quale è la condizione necessaria per sognare. L'ipnosi viene chiamata un sonno artificiale; alla persona che ipnotizziamo diciamo: "dorma", e le suggestioni che ad essa provengono da parte nostra sono paragonabili ai sogni del sonno naturale. Nel sonno naturale ritiriamo il nostro interesse dal mondo esterno; in quello ipnotico lo ritiriamo ugualmente da tutto il mondo, a eccezione di quell'unica persona che ci ha ipnotizzato, con la quale rimaniamo in rapporto”.

Sigmund Freud - Introduzione alla psicoanalisi.




Prologo
2 maggio 1998


Il silenzio è interrotto solo da qualche scricchiolio sinistro, più inquietante dell’assenza stessa di rumori.
Un soffio di vento penetra attraverso i vetri rotti e, irrispettoso, solleva polvere sudicia e maleodorante, come una badilata di indifferenza sul tuo corpo immobile e dimenticato.
Il vecchio pavimento di assi irte di schegge e il compatto tappeto di polvere che lo ricopre fanno da giaciglio al tuo ultimo sonno.
Sei privo di conoscenza… ma respiri ancora, un flebile anelito di vita stenta ad abbandonare le tue narici.
Stringi ancora nella mano il calore del corpo del ragazzo a cui ti sei afferrato poco prima.
Senti ancora il suo respiro caldo sul viso.
Conservi ancora impressa nelle retine l’immagine dei suoi trasparenti occhi verdi.

Entri ed esci da uno stato di semincoscienza e ti sei quasi perso nel luogo buio e freddo in cui il mostro ha provato a scaraventarti.
Nell’oscurità non hai ritrovato quegli stessi occhi, non hai intravisto nessuna luce pronta ad accoglierti tra le braccia e darti il meritato ristoro dal dolore e dalle colpe.
Sei stato sul punto di abbandonarti alla disperazione più cupa, una volta consapevole che neppure nella morte avresti trovato le risposte bramate per tutta la vita.
Poi, improvviso, uno scossone, il corpo più leggero, l’impressione che molte mani ti sollevassero e accarezzassero frenetiche; voci a sussurrarti parole indistinte, lacrime a lavare via il sangue secco e la polvere soffocante.
Tra le voci una ti ha sfiorato l’orecchio; inspiegabilmente è accanto a te: la riconosci, ti è familiare. Ha sussurrato, pacata, parole inattese dense di speranza alle quali, meravigliandotene, ti sei aggrappato con tutte le tue forze:
“Professore, io la salverò”.

Era la voce di Neville Paciok.

****


Lampi colorati schioccavano lacerando l’aria irrespirabile del castello. Clangori metallici e valanghe di calcinacci sovrastavano urla disperate come echi lontani, ultima traccia evanescente delle numerose vite che presto si sarebbero estinte quali impronte fugaci nella polvere.
Sudore e sangue rappreso tingevano i volti dei sopravvissuti, guerrieri selvaggi pronti all’estremo sacrificio pur di trionfare sulle tenebre.
La notte più lunga stava terminando, ma la battaglia non era ancora conclusa. Lottare per la propria vita, combattere per quella degli altri e per l’immaginifico mondo che mostrava tutta la sua fragilità: un elettroshock per le menti meno audaci e una carica inesauribile per i più ardimentosi.
Neville Paciock non avrebbe saputo dire a quale dei due gruppi appartenesse, ma quelle parole che inaspettatamente gli aveva rivolto l’Oscuro, avevano aizzato le fiamme ardenti della ribellione nel suo cuore.
-Mi unirò a te quando l'inferno gelerà*, aveva risposto al viscido invito del mostro di unirsi ai suoi seguaci.
Pochi momenti concitati, l'Incantesimo Petrificus sciolto: una scintilla d’argento e uno sfavillio di rubini squarciarono l’aria; il possente fendente tranciò di netto l’immonda testa sibilante.
L’oscena serpe assassina, morta.
Harry invece era vivo. E batté l’oscurità con la luce dell’amore, la forza della verità.
Piton non era quello che sembrava.
Piton era morto nella Stamberga Strillante ad opera dello stesso serpente che aveva decapitato.

Le parole di Potter rimbombavano nella testa di Neville accompagnate dal martellare furioso del suo cuore; l’euforia chimica donata dalla scarica di adrenalina liberata nel suo gesto eroico era svanita e il giovane si ritrovò preda di un senso di vuoto e abbandono incolmabili.
Ma il giovane Paciock non ebbe il tempo di soffermarsi a riflettere.
Un timido raggio di sole si fece largo nell’aria satura di dolore, accarezzò i volti emaciati e stanchi, raggiunse la punta insanguinata della spada di Grifondoro e inondò la sua figura.
Come falene attratte dalla luce, le urla di gioia lo raggiunsero: mentre Hogwarts si stringeva nell’abbraccio al salvatore del mondo magico, anche Neville fu strattonato e sollevato in trionfo.
Guardò Harry, e gli rivolse un debole sorriso.
Avevano condiviso uno strano destino, il Prescelto e lui: il non-Prescelto.
Entrambi vittime dell’odio apparente del mago in nero e suoi stessi carnefici per il disprezzo e la disistima covati per anni nei suoi confronti: un vero tripudio di equivoci che aveva sconvolto la mente di Neville impedendogli di gioire appieno per la vittoria finale.
Come in trance, si fece largo tra la folla festante, riconsegnò la spada di Godric Grifondoro a Potter e, si sentì chiedergli del corpo dell’uomo.
“Intendi lasciarlo lì?” pronunciò, con lo sguardo implorante.
Harry non rispose, gli occhi verdi persi nel vuoto, quasi indifferente alle mani che lo toccavano e accarezzavano. Era sopraffatto e Neville lo capiva.
Tutta quella devastazione, le certezze dissolte insieme alla polvere che si librava nell’aria, che ostruiva narici e pori della pelle, lasciava un sapore amaro in bocca e inaridiva le ultime lacrime conservate per piangere i morti.
Capiva di dover lasciare tempo di sedimentare a emozioni tanto forti.

Prese a inoltrarsi nel castello, forse alla ricerca di risposte, forse del vecchio se stesso a cui era abituato. Cercava forse il piccolo Paciock che si era ritagliato un’identità nel corso degli anni: il maldestro e incapace studente, la vittima preferita del professore di Pozioni.
Neville sentiva il vuoto dentro di sé farsi più ampio e profondo. Era lui quello confuso e ciò che lo lasciava inquieto e stordito non era il desiderio di rivalsa nei confronti di Piton, ma un banale, folle bisogno di ricevere un gesto di approvazione da quell’uomo enigmatico.
Lo voleva, e lo voleva adesso, ma non poteva riceverlo.
I passi lo condussero in una zona disastrata da un incendio: gli ammassi di detriti anneriti rafforzarono l’ineluttabilità di quanto era avvenuto quella notte; l’aria impregnata di residui fumi irritanti lo fece tossire violentemente.
Sbirciò il suo volto in un frammento di specchio ormai opaco: capelli spettinati e sporchi, occhi cerchiati e cupi che sembravano quasi neri. Si fermò allora a fissare lo sguardo riflesso, febbrile, quasi bruciante, e il ricordo di altri occhi neri e profondi che per anni lo avevano giudicato, che per anni lo avevano odiato, lo aggredì con una violenza inattesa.
Eppure, in un’unica occasione, tempo prima, in quegli occhi si era perso in preda allo stupore: una rievocazione, il barlume di un ricordo, la percezione quasi dolorosa di essere stato vicinissimo alla verità e di non averla saputa cogliere…
Era questa la causa del suo turbamento, la ricorrente sensazione di non aver capito quando sarebbe stato ancora in tempo per cambiare le cose?
Diede un calcio a ciò che restava di una credenza in legno e da lì emerse l’angolo di un volume con la copertina blu e argento parzialmente bruciacchiata. Raccolse il tomo e deglutì: stringeva tra le mani impolverate una copia di “Pozioni Avanzate”.
Si pulì sommariamente i palmi sui pantaloni e con delicatezza aprì il volume: sul retro di copertina una scritta vergata in una grafia regolare, stretta e appuntita recitava:

“Questo libro è di proprietà del Principe Mezzosangue”.


Il cuore di Neville tremò.
Istintivamente nascose il volume sotto la maglia e si allontanò, accompagnato dallo scricchiolio dei calcinacci che calpestava con cautela.
Decise di rifugiarsi nell’unico luogo in tutta la scuola, insieme alle Serre, che l’avesse sempre accolto amorevole, senza mai giudicarlo.

La Biblioteca di Hogwarts era stata uno dei pochi locali risparmiati dai momenti più concitati della battaglia finale. Solo deboli fiamme, divampate ad opera di una maledizione, avevano lambito una sezione che per fortuna conteneva libri poco importanti.
La Biblioteca era da sempre un porto sicuro per i solitari e i riflessivi, gli studiosi e gli ambiziosi, i sognatori e i reietti che desideravano incontrare la loro vera identità nascosta nelle pagine di polverosi e misteriosi volumi.
La presenza discreta e austera di Madama Pince, invero burbera e molto severa coi profanatori del silenzio, favoriva la concentrazione e preservava la quiete del luogo. Neville considerava la donna acida e tagliente simile a Piton, ma non si era mai angosciato o spaventato quando gli appariva furtivamente alle spalle durante le letture.
-Chissà adesso dov’era finita, si chiese in un sospiro.
Il giovane si beò ancora una volta della compagnia di tutti quei volumi; nel rapporto con loro si sentiva compreso e ascoltato.
I libri non avevano occhi: non lo fissavano con disprezzo e disappunto.
i libri non avevano voce: non lo deridevano con gelido sarcasmo o gli mettevano i brividi con toni lapidari.
La sua frequentazione nei locali, e non necessariamente quelli dedicati all’adorata Erbologia, era divenuta necessaria e impellente soprattutto durante l’ultimo anno: ogni qual volta la lotta interiore che doveva affrontare si scontrava con i compagni spesso sconfortati, o contro i Mangiamorte ormai padroni della scuola; si rifugiava lì e il respiro si faceva più calmo, la mente trovava requie dagli sforzi quotidiani di resistere e tenere insieme il gruppo. Il profumo gentile del raccoglimento e il lieve ronzio delle menti al lavoro era un balsamo per tensioni e malumori.
Nonostante fosse da solo, furtivamente, sfilò il libro del Principe da sotto il maglione e lo poggiò con cautela sul ripiano di un tavolo, accarezzando, con la punta delle dita, i lati smussati della consunta copertina rigida. Si interrogò sul fortuito ritrovamento: com’era sopravvissuto quel volume all’incendio, e perché era finito lì? Era sicuro di ricordarlo nelle mani di Harry durante il sesto anno, e Harry quell’anno era diventato incredibilmente bravo in Pozioni. Neville lo aveva invidiato con tutto se stesso. Che il libro c’entrasse qualcosa?
Poi gli eventi erano precipitati, Silente era morto, Piton fuggito ed Harry, Ron ed Hermione non erano più tornati a scuola all’inizio dell’incubo che per tutti gli studenti fu l’ultimo anno.
Bastò questa considerazione per far nascere in Neville il timore che forse il destino del volume fosse proprio l’oblio.
Aveva voluto così Potter… o lo stesso Piton?
Tuttavia, era possibile che il libro si fosse fatto trovare, che avesse scelto lui come ultimo padrone?

La Biblioteca era semibuia, le fiaccole spente, il cielo all’esterno si era annuvolato.
Trovò una candela e la fissò con la sua stessa cera sul tavolo: Madama Pince non era nei paraggi per sgridarlo indignata di tanta sciatteria.
Aprì il volume e iniziò a sfogliarlo.
Nelle annotazioni che s’infittivano sulle pagine riconobbe la regolare grafia appuntita del suo professore, si stupì di fronte alle intuizioni del giovane Piton, si turbò alla lettura di strani segni e formule intrise di Magia Oscura.
Ecco perché Harry era diventato così capace in Pozioni!
Neville si ritrovò presto la vista offuscata dalla stanchezza e da un velo di lucida e compatta tristezza che gli stringeva il cuore in una morsa. Si stropicciò gli occhi per impedire alle lacrime di uscire: il suo intransigente insegnante non avrebbe gradito un tale segno di debolezza ed a Neville sembrò che Piton stesso lo guardasse attraverso le pagine del libro.
Pensò all’uomo abbandonato in quel luogo spaventoso che era la Stamberga Strillante e si domandò se Harry si fosse deciso ad andare a recuperarne il corpo.
Lo stesso refolo di vento penetrato poco prima attraverso un vetro rotto nella Stamberga, si infilò in Biblioteca, fece tremolare la fiammella della candela e la spense.
Nel tentativo di riaccenderla le mani di Neville tremarono, per la stanchezza e lo sforzo con la pesantissima spada, e la candela si rovesciò sul libro schizzandone le pagine di cera.
Pronunciò un “Gratta e Netta” ma fu di nuovo maldestro: le pagine presero a girare frenetiche e gli occhi del giovane vi rimasero come incollati: le fissò con intensità e provò un capogiro. Rapido bloccò i fogli con entrambe le mani e la sua attenzione fu catturata da un piccolo disegno…

La fiamma della candela che illumina il mio banco di lettura è ormai debole, fioca e traballante. Nell’ondeggiare della luce sulle pagine del tuo libro di Pozioni, professore, ho visto un disegno diverso dagli altri, uno strano simbolo stilizzato a me ignoto: una runa? Dovrei chiederlo a Hermione, ma poi all’improvviso l’ho riconosciuto, sembra la riproduzione di una Giratempo.
Che volevi fare, professore, cosa avevi intuito? Quest’oggetto magico ora è andato perduto, eppure tu, chissà quando, ne avevi riprodotto l’immagine con uno scopo a me ignoto.
Il disegno è piccolo, decora l’angolo di alcune pagine in sequenza. È perfetto nella sua minuzie di particolari e lo si apprezza nella sua interezza solo facendo scorrere veloci i fogli. Così, pizzico con due dita un gruppo di pagine e le lascio scivolare via veloci.
Eccola, la riconosco, si muove, gira, gira, gira…


La mente di Neville si annebbiò sempre di più…

Il pavimento della Stamberga Strillante è sporco e screziato di rosso cupo.
Una sensazione fisica di terrore e disgusto mi riempie le narici.
Non odo alcun rumore.
Davanti a me la figura imponente di Hagrid ostacola la visuale sul corpo sollevato con premura come fosse fatto di cristallo.
Harry è al mio fianco, lo chiamo ma non si volta.
Si avvicina ad Hagrid e sfiora una mano dalle dita affusolate, abbandonata e bianca come il marmo.
Mi manca la voce, mi manca il respiro.
Ti guardo riverso tra le braccia del guardacaccia, ricoperto di sudicia polvere e residui del tuo stesso sangue. Una vaporosa essenza circonda come debole aura la tua sagoma nera.
L’anima non è ancora svanita, sembra aggrappata a te con fili sottili come la seta dei ragni.
Proprio qualche ragnatela ti si è impigliata tra i lunghi capelli neri, tende silenziose a calare il sipario su quel viso sempre così ombroso e imperscrutabile, ma ora quasi irriconoscibile nell’immota amimia della morte.
Tu, eroe tra gli eroi di questa assurda guerra, vittima incompresa che il giudizio ingiusto dell’uomo ha condannato alla solitudine, e la furia cieca di un mostro ha gettato nel pozzo nero dell’oblio. Avvicinarmi a te fa ancora paura, anche adesso che sei così tranquillo, gli occhi chiusi;
mi accosto ugualmente al tuo orecchio.
Ti sussurro una promessa.
Voglio con tutto me stesso riportarti indietro, voglio mostrarti cosa sono diventato.
Grazie a te.



Neville si riscosse all’improvviso. Realizzò di non trovarsi nella Stamberga Strillante, ma ancora in Biblioteca. Il libro di Pozioni Avanzate davanti a lui. La fiamma della candela ritta e brillante.
Che strano sogno aveva appena fatto? Così vivido da sembrare reale. Ricordava tutti i sensi stimolati e la sua stessa voce che pronunciava parole di salvezza al suo ex professore.
Richiuse il libro e decise di nasconderlo tra alcuni vecchi volumi di Babbanologia che nessuno leggeva mai.
Un insistente formicolio alla nuca, forte come un presentimento, aveva preso a stuzzicarlo non appena si era destato. Uscì veloce dalla Biblioteca.
Giunto in Sala Grande cercò Harry con lo sguardo, ma fu Hermione a corrergli incontro con un’espressione di attonito stupore ed euforia: “Neville, è incredibile, Piton è ancora vivo! L’hanno portato d’urgenza al San Mungo”.
Lo sapeva; l’aveva capito dal suo strano sogno che non tutto era perduto.
Ma com’era possibile?
Neville si lasciò contagiare dall’ottimismo dell’amica accantonando per un momento lo sconcerto.
Cosa avrebbe dovuto fare per salvare davvero Piton?

***


Erano passate solo ventiquattro ore, ma per chi aveva visto sorgere l’alba del nuovo giorno sulle rovine dell’ultima lunga notte, parve passata una vita intera.
L’orrore che circondava i sopravvissuti era lo scenario peggiore immaginabile: occorreva contare i morti e dare loro degna sepoltura, valutare i danni al castello, esaminare se stessi per raccogliere e ricomporre i cocci delle loro anime insanguinate.
Tutti si erano rimboccati le maniche, ma non era facile.
Il piccolo gruppo dei cosiddetti ‘eroi’ doveva affrontare la prova più dura: quella contro i loro stessi demoni. Harry portava sulle spalle un peso enorme, massiccio di dubbi e domande che rischiavano di restare per sempre senza una risposta. Passava dall’irritabilità ai silenzi più rocciosi e, durante la notte, il suo sonno agitato gettava i compagni nello sconforto.
Neville, seduto sul letto, in parte nascosto dalle tende strappate del baldacchino, ascoltava i lamenti e le parole senza senso dell’amico.
Hermione poco prima gli aveva accarezzato una spalla, incoraggiandolo a riposare:
“Neville, impazzirai se continui a tormentarti così… Non abbiamo il potere di intervenire sugli ultimi eventi, dobbiamo solo stare uniti e andare avanti. Ho dato lo stesso consiglio a Harry” Aveva detto la giovane guardandolo con occhi limpidi e sicuri, lo sguardo di chi è in pace e non ha lasciato nulla in sospeso, nulla di incompiuto.

Lei non poteva capire.
Hermione mi ha suggerito di andare avanti e non pensare. Non pensare più a te, professore.
Non posso, non voglio. Sono consapevole che i miei dubbi, il mio irrisolto è niente in confronto alla montagna di domande che Harry si porta sulle spalle: pesanti rocce dai bordi affilati che lascerà indietro con il tempo. Sarà necessario, sarà inevitabile.
Ma le mie domande sono altrettanto pesanti: sarò abbastanza forte da lasciarle andare?
Sono stato troppo debole. Io che avrei dovuto capire, che forse ti avrei potuto salvare.
Alla fine il sonno mi prende mentre penso al tuo libro che ho nascosto e allo strano sogno del pomeriggio.


3 maggio 1998

Una fitta e sottile pioggerella, calda e benefica, aveva preso a cadere in quel rigurgito di primavera tardiva che preparava la natura all’arrivo dell’estate. L’acqua si faceva strada attraverso gli squarci sul tetto; tutti quelli impegnati al lavoro di rimozione dei calcinacci e allo sgombero dei locali mostrarono mani e volti alla pioggia sempre più intensa. Rivoli d’acqua grigiastra formarono delle pozze nei palmi e sul pavimento, ma nessuna tempesta sarebbe stata in grado di lavare via il dolore e i rimpianti che si respiravano nell’aria satura di echi di morte.
Non giunse sollievo neppure con le notizie dal San Mungo. La Professoressa McGranitt, proclamata nuovo Preside di Hogwarts, ogni paio d’ore faceva la spola con l’ospedale magico:
“Temo di non avere buone nuove” disse esitante, con un tono mesto per lei così inconsueto, “Esiste la forte possibilità che il professor Piton possa non farcela. Il veleno di Nagini è troppo potente” aveva rivelato a tutti, tormentandosi le mani rugose ed evitando di guardare i presenti coi suoi liquidi occhi azzurri.
Il boato di un tuono risuonò nel cuore di Neville.
Voltò le spalle ai suoi amici e corse via per raggiungere la Biblioteca. Aveva un disperato bisogno di stringere tra le braccia il libro di Piton.

Tirò fuori il volume, a stento salvatosi dalle fiamme, che custodiva come un pesante segreto parole e formule vergate dalla mano sapiente del mago: il libro, alla fine, aveva scelto lui, il timido, impacciato, insignificante Paciock come ultimo padrone.

Io, Neville Paciock, ho sfidato la paura, ho sfidato il male e ho vinto, ma non sono stato in grado di vedere.
Mi avevi mostrato la strada tempo fa, professore, e il mio inconscio aveva intuito, il mio cuore aveva quasi gioito. Ma il destino non ha voluto che la mia spada spezzasse i sericei fili intessuti dal Fato.
Sono stato abbastanza coraggioso, professore? Forte quanto tu avresti voluto che fossi? Mi distrugge il pensiero che potrei non avere più la possibilità di mostrarti cosa sono diventato: uno stupefacente e valoroso guerriero, silenzioso e inaspettato… proprio come te.
Cosa resterà di noi? Come ti raggiungerò?
I sentimenti sono la parte ultraterrena della nostra essenza più profonda: essi sopravvivono al tempo, alla decomposizione dei corpi. Non restano rinchiusi nelle ossa come solidi baluardi, reliquie di corpi mortali. Vivere per sempre: muoversi a spasso tra le ere è come vivere per sempre? Se ne possedessi il potere, se questa Giratempo fosse reale, lo farei, professore: vorrei tornare indietro nel tempo e venire da te. Vorrei uccidere Nagini prima che lei uccida te.
Devo farlo, devo salvarti.
Io, che potevo essere il Prescelto. Tu, che sei la mia Profezia… e io non l’ho capito.


Neville si procurò di nuovo una candela, di nuovo aprì il volume sfogliandolo fino alle pagine con lo strano simbolo che tanto somigliava a una Giratempo stilizzata.
Una forza misteriosa guidò le sue dita che strinsero gli angoli di un gruppo di fogli, lasciandoli poi scivolare via veloci… sempre più veloci…

Un frusciante suono di passi nel sottobosco scalfiva, esclusivo, il denso silenzio nella Foresta Proibita. Il mutismo del variegato gruppetto di figure che attraversavano la notte non nasceva da rispetto o timore, che invero il luogo meritava, ma dall’incapacità di esternare un pensiero razionale, un giudizio scevro dal dubbio.
Impossibilitati a smarrirsi nel folto della foresta, grazie alla guida sicura di Hagrid, i quattro preferirono perdersi nei propri pensieri.
Un po’ defilato dal gruppo, camminava silenzioso Neville Paciock. A testa bassa contava i passi da quando avevano lasciato l’ufficio del Preside di Hogwarts.
I suoi ragionamenti erano di certo molto diversi da quelli dei compagni, di sicuro impegnati in invettive e insulti carichi d’odio indirizzati a chi gli aveva imposto quella singolare punizione pochi minuti prima. Aveva incasellato l’occhiata nera e profonda di Piton nella teca della sua personale collezione di sguardi che l’uomo gli aveva rivolto nel corso degli anni. Possedeva innumerevoli duplicati: severo disappunto, arida commiserazione, glaciali rimproveri, ma quello sguardo, quell’ultimo sguardo che gli aveva rivolto era straordinario, incredibile: una muta soddisfazione pregna di incoraggiamento e rassicurazione.
Neville era scioccato dalle sue stesse supposizioni, credeva di conoscere bene i moti del mago nei suoi confronti e no, orgoglio e fiducia non li aveva mai visti, mai carpiti, mai neppure sognati. Eppure, sapeva che l’istinto, a cui sempre più spesso faceva ricorso per sopravvivere all’incubo del nuovo anno scolastico, non l’avrebbe mai tradito.
Uscendo dalla presidenza, Neville si era voltato e aveva incrociato ancora una volta gli occhi di Piton: una luce di divertito compiacimento faceva capolino dalle più remote profondità della nera essenza dell’uomo, come se avesse fatto una corsa a perdifiato nella sua anima, afferrato un po’ di luce, e fosse tornato indietro a mostrare… orgoglio. Quello sguardo era per lui, lui solo e sembrava dire: avanti, Paciock, so che puoi farcela, non deludermi.

-No, Professore, non ti deluderò mai più.



Il boato di un tuono fu subito seguito dal sonoro crack di un fulmine. Il fugace bianco elettrico illuminò la figura di un giovane assopito su un tavolo della Biblioteca. Davanti a lui giaceva un vecchio libro dalla copertina bruciacchiata. Neville spalancò gli occhi all’improvviso.
Una goccia di pioggia gli scivolò dalla tempia per finire sulla guancia arrossata.
Plink… plink… plink…
C’erano crepe anche nel soffitto della Biblioteca, doveva dirlo a Harry.
Si strofinò il viso umido e ringraziò in cuor suo le lacrime cadute dal cielo: le sue si erano completamente prosciugate.
Le notizie della McGranitt avevano inaridito e reso sterile l’esile speranza che gli aveva infiammato il cuore solo il giorno prima. Quelle lacrime non sue erano l’unico balsamo rimasto per lenire il grande dolore che lo tormentava.
Aveva di nuovo fatto uno strano sogno. Era la seconda volta che gli capitava di assopirsi cullato dall’immagine ipnotica della Giratempo fatta scorrere sulle pagine del volume di Pozioni. Si era di nuovo ritrovato catapultato in un ricordo, quasi in una realtà parallela dove la sua mente era viva, lucida, accesa da un fervore sconosciuto. L’impressione di poter interagire con gli eventi era potentissima e Neville si muoveva in essi guidato da una voce ammaliante che gli risuonava nella testa: la sua stessa voce. Nel sogno aveva fatto una promessa a Piton.
Mentre era assorto in queste incomprensibili elucubrazioni, qualcosa si mosse nel suo campo visivo ancora offuscato dallo sfinimento dei pensieri: un sottile e luminescente filo argenteo gli oscillava davanti agli occhi. Neville si sforzò di mettere a fuoco: all’estremità del filo si agitava un esserino. Una goccia d’acqua dall’alto lo colpì e la piccola creatura dalle otto zampe pelose e dai multipli occhi si staccò dal filo e cadde sul ripiano in legno dove il giovane teneva poggiata la testa. Il ragno zampettò attratto dal calore del corpo umano e si fermò davanti al volto di Neville, come sfidandolo.
“E tu da dove sbuchi?” sussurrò il ragazzo all’indirizzo del singolare ospite, “Eri nascosto in qualche vecchio volume, vero?”
Il ragnetto agitò le zampe anteriori e le sollevò in posizione da combattimento.
“Ehi, sei piccolo ma aggressivo, un insospettabile guerriero… mi somigli” Neville alzò la testa dal banco e si massaggiò gli occhi arrossati.
“Sembri un’Acromantula in miniatura”, aggiunse tra sé e sé e sorrise. La memoria fece un capitombolo, rimbalzò elastica nonostante l’ottundimento non ancora dissolto, e bussò furiosa a uno dei cassetti in cui il giovane aveva immagazzinato, senza neppure accorgersene, i racconti narrati da Harry sugli strani avvenimenti che l’avevano tenuto lontano da Hogwarts prima dell’epilogo della battaglia. Aveva ascoltato con sincera compartecipazione la rivelazione della scoperta degli Horcrux, della sua stessa natura come uno dei frammenti dell’anima di Voldemort, e il coinvolgimento straziante della figura controversa del loro ex professore di Pozioni ed ex Preside, Piton.
L’associazione di idee che si scatenò in quell’istante fu più veloce di una batteria di fuochi d’artificio, del rovinare preciso delle tessere del domino: il segreto degli Horcrux estorto a Lumacorno, il veleno magico e molto prezioso di Aragog…
Il cervello di Neville faceva salti carpiati con immagini e voci, ricordava i suoi studi, rielaborava fatti reali mescolandoli con una irrefrenabile scintilla intuitiva.
Un contro-veleno, un antidoto partendo dallo stesso veleno mortale.
Da dove veniva tutta quella follia creativa?
Accarezzò, ammaliato, il libro davanti a sé; un’ondata di commozione lo colpì in pieno petto.
Non riusciva assolutamente a capacitarsi di ciò che gli stava capitando, ma, qualunque fosse la magia, Piton c’entrava: non era stato il caso a volere che lui trovasse il libro.
Neville si alzò risoluto.
Dovevano provare, non avevano nulla da perdere.

***

La memoria non è una linea retta ma una serie di giri tortuosi che vanno indietro nel tempo. Questo è il principio di funzionamento delle prodigiose Giratempo, marchingegni dotati di una magia potente e pericolosa come la possibilità di viaggiare nel tempo e modificarne gli eventi. Neville non si era imbattuto in una vera Giratempo, ma in un incanto altrettanto straordinario elaborato dalla genialità del suo ex insegnante di Pozioni e maestro di Magia Oscura: quello di poter venire in contatto con la parte di sé più profonda, più nascosta, una forza inconsapevole posseduta dal cervello dell’uomo e non raggiungibile se non attraverso l’ipnosi. Solo chi è dotato di una profonda e completa consapevolezza di sé riesce a spingersi a esplorare i luoghi più reconditi della mente umana; un esercizio molto utile per accrescere le proprie potenzialità, per raggiungere livelli di comprensione e intuizione impossibili nel normale stato di veglia.
Neville scoprì così la possibilità di venire in contatto con una parte del suo Io che non credeva di possedere: un’acuta capacità di mettere a frutto le conoscenze, le informazioni unite a una perspicacia non spontanea ma indotta. Neville era impressionato. In passato aveva scovato una sua identità proprio in un libro, il raro testo di Erbologia che gli aveva regalato Moody - o almeno colui che lo impersonava - ed ora un nuovo volume pregno di stupefacente magia gli chiedeva ragione della sua nuova, rinnovata identità guidandolo in un viaggio ipnotico attraverso i ricordi.
Un viaggio verso la consacrazione della verità, la strada della vita.
Neville avrebbe fatto di tutto per Lui.

Tu mi hai cambiato, professore, ed io, inconsapevole e cieco ragazzo, spaventato dalle note più superficiali della tua voce e dal tuo aspetto, voglio essere ancora in tempo per rendertene merito.

Stringo l’elsa di una spada molto pesante.
Trancio di netto la testa assassina di Nagini; la recupero e fisso il serpente morto negli occhi.
I denti affilati grondano una secrezione vischiosa e verdastra.

***

Hermione e il Professor Lumacorno erano impegnati in un fitto cicaleccio, con le teste che formavano un capannello da cui fuoriuscivano rapidi squittii e bassi rimbrotti da oboe stonato.
Neville era corso a cercare la sua compagna di Casa più brillante e, di sicuro, la più brava della scuola in Pozioni. Le aveva descritto la sua teoria e lei l’aveva trascinato di nuovo in Biblioteca passando prima dal claustrofobico salottino dove si era rifugiato a meditare il Professor Lumacorno. Questa era la versione ufficiale, ma tutti sapevano che la McGranitt lo aveva letteralmente chiuso lì dentro, per impedirgli di andarsene e lasciare il castello senza averli aiutati nella ricostruzione. Grazie al permesso della Preside, e insieme al docente di Pozioni, si erano tuffati, febbrili, nella consultazione di diversi tomi su veleni e antidoti custoditi nella Sezione Proibita della Biblioteca.
Harry, Neville e Ron, seduti allo stesso tavolo, sfogliavano disorientati quegli arcani volumi e guardavano straniti i due sapientoni: avevano rinunciato a capire le poche parole che riuscivano a udire del botta e risposta tra i due. Il più spazientito era Harry che si tormentava con due dita la fronte quasi avvertisse la nostalgia del fastidio della cicatrice. Neville intrecciava nervoso le mani e sembrava sempre sul punto di interrompere i due confabulatori. Ron distribuiva le sue occhiate interrogative un po’ a tutti i presenti.
Neville non ne poté più e sbottò: “Allora, ho ragione oppure no?”
Ma Harry s’intromise di scatto alzando la voce: “Professor Lumacorno, Hermione, volete spiegare anche a noi il contenuto dei vostri ragionamenti privati?”
“Harry, dovresti esserci arrivato anche tu!” rispose piccata Hermione “Il veleno di Acromantula, una sostanza potentissima estratta da una bestia inavvicinabile da cui si possono ottenere numerose pozioni e antidoti! Ma non capite?” insisté la ragazza sconcertata dagli sguardi vacui dei suoi amici.
Neville intervenne di nuovo: “Oh, insomma, non è una gara a chi ci arriva prima! Hermione, professor Lumacorno, si può ottenere un antidoto partendo dal veleno originario di Nagini oppure no?”
Harry nel frattempo si era alzato in piedi, pronto ad andarsene, una indecifrabile espressione sul volto stanco.
“Per favore” s’intromise d’un tratto Ron che aveva afferrato la mano di Harry. “Stiamo calmi” disse tranquillo rivolgendosi a tutti “Harry, siediti, lo sappiamo che stai male, che sei arrabbiato e amareggiato, lo siamo tutti. Questa situazione è orribile e noi ce la metteremo tutta per tentare di risolverla”
Harry si risedette e strinse con lo sguardo in un abbraccio il suo più caro amico di sempre.
“Grazie, Ron” aggiunse Hermione, lanciando anch’ella un’occhiata carica d’affetto e gratitudine al ragazzo dai capelli rossi.
Il professor Lumacorno, trascinato suo malgrado nell’acceso dibattito, ma invero allettato dalla prospettiva di una potenziale nuova scoperta che avrebbe portato il suo nome, statuì in tono accademico: “Vede, signor Potter… Harry, l’intuizione del signor Paciock è molto intrigante. Si basa sul principio di un contro veleno i cui effetti dovrebbero contrastare quelli della tossina primigenia…”
“Quindi, estraendo il veleno dalla testa di Nagini, come ha proposto Neville, potremmo provare a ricavare un antidoto efficace per salvare Piton!” completò elettrizzata Hermione, mai guarita dalla sindrome della So-Tutto-Io.
“Certo, si potrebbe” rimuginò Lumacorno paziente, “ma è necessario ripristinare l’accesso al Laboratorio di Pozioni e… dovrei poter tornare nelle mie stanze a recuperare l’ampolla col veleno di Aragog, mi servirà, credo”. Aggiunse speranzoso.
“Mi occuperò io di raggiungere il Laboratorio, creerò una squadra che si possa dedicare a questo lavoro a tempo pieno” intervenne subito Harry, non fingendo interesse verso una materia da lui tanto detestata e preferendo sfogare i suoi pensieri e malumori con una fatica più fisica che intellettuale.
Tutti si alzarono pronti a mettersi all’opera. Poi la voce squillante di Hermione bloccò tutti:
“Per Merlino, fermi! Prima di tutto dobbiamo assolutamente recuperare la testa di Nagini!” sentenziò la giovane strega.
“E sperare che non sia troppo tardi per estrarre il veleno dalle ghiandole ofidiche” concluse Lumacorno, prima di lei questa volta.

***

Ho bisogno di pensare a te.
Odo nella testa la tua voce che mi parla, suadente, e io, ubbidiente e sottomesso, mi concentro e la ascolto con la massima attenzione.
Sono giorni ormai che Hermione e Harry mi guardano straniti; sono preoccupati per me, per il mio equilibrio mentale. Anche quello di Harry è in pericolo, lo so. Tuttavia, entrambi mi scrutano e sostengono di trovarmi troppo cambiato. Non mi vedono da quasi un anno. Come faccio a spiegare loro che quel Neville non esiste più, da tanto tempo, e che forse ora è morto insieme a te nella Stamberga Strillante e giace accanto a te al San Mungo: i nostri corpi ricoperti da candide lenzuola sporche di polvere grigiastra, seppelliti da memorie passate nell’inutile attesa che qualcuno con l’istinto dell’archeologo venga a spazzare via l’oblio, piano piano, con uno di quei pennelli dalle setole delicate e morbide che si usano per paura di rovinare i reperti, per paura di ferire, anche se è troppo tardi. I nostri vecchi corpi in disfacimento, gusci vuoti, ombre di ciò che non siamo più.
Torno a rifugiarmi nell’angolo defilato della Biblioteca che è diventato solo mio, solo nostro.
A furia di sfogliarlo il libro del Principe si apre automaticamente alla pagina dove appare il primo disegno della Giratempo. Tra poco compirò un nuovo viaggio nei ricordi, o un nuovo viaggio in una dimensione temporale parallela o lontana, grazie all’auto ipnotismo che mi indurrò. Sì, è di questo che si tratta: le pagine scorrono veloci, la Giratempo ruota su se stessa, e io tornerò da te.


Uno strano chiarore soffuso si distende dinnanzi al mio campo visivo.
A fuoco, al centro dell’ampio ambiente ovattato c’è una tenda bianca come il tutto che la circonda. Vedo la mia mano che scosta cauta un lembo del paravento: ci sei tu ora davanti a me.
Il lenzuolo che ti ricopre per intero è davvero di una brutta tonalità di grigio.
La testa è abbandonata sul cuscino, reclinata su un lato.
Non vedo il tuo viso, vorrei tanto poterti guardare negli occhi.
Non muovi le labbra ma io sento lo stesso la tua voce.
Non sono spaventato da questa nuova esperienza: finora nei miei viaggi non ero mai riuscito a parlare con te, così semplicemente mi avvicino ancora e ti ascolto.
Non sono preparato a quello che stai per dirmi.

- Non ti ho invitato, Paciock, non ho invitato nessuno qui.
Non troverai le risposte che cerchi alle tue domande infilandoti nella mia testa con la magia che io stesso ho inventato.
È vendetta che cerchi? Il mio corpo è qui, è tornato per offrirsi alla pubblica commiserazione, ma è giusto che tutti sappiate che la mia mente, la mia volontà, il mio spirito di sacrificio non sono affatto tornati indietro dalla morte, tutt’altro: sono spenti e sopiti nel pozzo nero e umido dell’indifferenza.
Io non voglio rinascere.
Volete tutti ripulirvi la coscienza, sognando di entrare in queste stanze disarmati e con il cuore gonfio di empatia, pieni di buone intenzioni, ma nessuno si chiede se il guscio vuoto che giace in questo letto un cuore ce l’ha ancora, eppure vi prodigate per riportare in vita lo stesso mostro di prima.
Io sono una fiera, Paciock, ringhio, e una bava velenosa mi riempie la bocca rendendo nauseante e stomachevole qualsivoglia sciocca voglia di rinascita.
Dannato Paciock cosa vuoi?
Vuoi dirmi: grazie professore! Per aver contribuito a rendermi l’uomo che sono, oppure: mi scusi, signore, se l’ho odiata con tutto il mio piccolo e coraggioso cuore da Grifondoro?
E io, invece? Cosa dovrei dirti io?
Bravo, perché hai ucciso la bestia che ha ucciso me?
Scusa, per essere stato per anni il tuo Molliccio?
Vuoi che ti dica grazie, perché c’era anche la tua voce a sollevarmi dal pavimento lurido della Stamberga, c’erano anche i tuoi occhi sinceri a ripulire il lerciume che ricopriva il mio corpo e la mia anima?
Un po’ del mio sangue ti è rimasto appiccicato alle dita, Neville, e ricorda: non esiste arma più potente del sangue; contaminerai tutto quello che tocchi con l’onta di cui è intriso il mio!
Vattene e dimenticami, lasciatemi tutti, scordatevi che esisto, così come il vostro giudizio, puro e immacolato, ha cancellato il mio nome per sempre dal mondo.

Professore, se potessi urlerei, se potessi ti prenderei a schiaffi, ma ho imparato da te.
Nonostante tutto mi hai insegnato l’immenso potere della mente, lo sconfinato potere delle parole.
Ti guardo affondare il volto nel cuscino; la tua voce è flebile più di un sospiro, ma io riesco a udirla, ancora.

- Smettetela di prolungare le mie sofferenze: incapaci!
Ti sento dire arrabbiato, e forse deluso.
Ora tocca a me rispondere, signore!
Lei ci dipinge come una banda di stolti con le facce abbellite da finti sorrisi e le mani ripulite dalla polvere delle rovine del castello e delle nostre vite. Pronti a dispensare abbracci, elargire carezze nell’ingenua convinzione che ora tutto andrà bene, che non dovremo più nasconderci dietro delle maschere, dietro vuote parole. Crediamo, o ci illudiamo, che la gioia per la vittoria sull’oscurità sia tanto grande da illuminare di semplicità ogni cosa.
Invece, sembra che vogliamo mancarle di rispetto stringendola nell’abbraccio della speranza, accanendoci a trovare una cura, mentre ignoriamo - sciocchi sognatori - che lei è ancora prigioniero di un carceriere implacabile e senza pietà, che le ha imposto una condanna senza appello, che le acceca la ragione e soffoca l’ultimo anelito d’amore e di vita.

- E quale sarebbe quest’entità malvagia che governa la mia mente, domina i miei pensieri e possiede - demone insidioso e marcio - il mio cuore?
Domandi ironico, tu che inaspettatamente ignori che la verità è più atroce della menzogna.
È lei stesso, signore - ti rispondo sincero.
E ora so che non devo salvare solo il tuo corpo, ma anche la tua anima.



Sono immerso nel buio quando torno in me, richiudo gli occhi anche se non fa differenza ormai, non sono abbastanza veloce per fermarle: le mie lacrime sono tornate.
Ho bisogno di stare da solo.
A nessuno importerà, nessuno oserebbe ricordare le ferree regole della scuola ora.
Stringo al petto il tuo libro, chiudo gli occhi e mi Smaterializzo.


5 maggio 1998

“Sala Grande, sgombra; Biblioteca, già sgombra, la maggior parte dei libri è integra, ma manca la lista di quelli ormai inutilizzabili. Il laboratorio di Pozioni è ancora parzialmente sommerso dai detriti” snocciolò Hermione sospirando avvilita, poi aggiunse, “Le cucine sono a posto” e fece un occhiolino a Ron che si era lamentato di aver fame per tutta la mattina: sono stanco di mangiare polvere, aveva sbottato, subito zittendosi dopo aver notato, con la coda dell’occhio, l’amico Harry avvicinarsi a passo spedito.
Il Prescelto era ricoperto di una fine patina polverosa: i capelli ingrigiti e gli occhi opachi, consumati dal sonno perso, dagli orrori e dalle lacrime ormai esaurite; aveva un’aria vissuta e stanca così inopportuna per i suoi quasi diciotto anni. Tuttavia, dietro le lenti rotonde, Ron notò un lampo di furia autentica.
“Cosa state facendo?” sbottò irato. “Hermione, perché diamine sei qui invece che con Lumacorno al lavoro sulla pozione?” Inveì con un tono accalorato e accusatorio.
Dopo i primi momenti di euforia per l’inattesa intuizione di Neville e l’ottimismo sfrenato dei ragazzi, si era inanellata una serie di imprevisti e ostacoli che aveva smorzato drasticamente gli animi e gettato Potter in un’insidiosa depressione che si manifestava ora con passivo torpore, ora con un assordante mutismo e, talvolta, con imprevedibili e irritanti scatti d’ira.
Neville era semplicemente sparito dalla circolazione.
Hermione sapeva che c’era una cosa più importante e urgente del rimettere in piedi Hogwarts; se non avessero presto portato a termine l’impresa quasi impossibile dell’antidoto, in cui si erano imbarcati con scarsi mezzi e incomplete conoscenze, avrebbero subito una perdita ancora più grave.
La giovane strega rispose conciliante:
“Harry, siamo fermi col lavoro sulla pozione, non possiamo andare avanti se non riusciamo a raggiungere il Laboratorio e il deposito privato”
Gli occhi di Harry sprizzavano lampi, aveva un leggero tremore a una mano.
“Sei riuscito a dormire un po’?” gli chiese con dolcezza Ron colto da una stretta allo stomaco per lo stato di agitazione in cui versava il suo migliore amico.
“Notizie di Neville?” Harry cambiò discorso all’improvviso.
“No”, rispose la giovane strega, “non è tornato ancora, ma lo farà, Harry, ci stiamo dannando anche per lui, del resto l’idea è stata… ”
“Non ci stiamo dannando, Hermione!” la interruppe indignato Potter, alzando di nuovo la voce. “Stiamo cercando di rimediare a un errore, forse al più grande errore che abbiamo commesso… che ho commesso in tutti questi anni!” sbottò avvilito. Aveva stretto i pugni fino a farsi impallidire le nocche, fissava l’amica con uno sguardo febbrile.
“Lo so, Harry” gli sussurrò piano la ragazza, avvicinandosi per abbracciarlo stretto. ”Stiamo facendo l’impossibile e ti prometto che continueremo a lavorarci. Vogliamo tutti la stessa cosa, ci riempirebbe di gioia la certezza di poter guarire il Professor Piton.”
Il salvatore del mondo magico si liberò con dolcezza dall’abbraccio dell’amica e fidata consigliera.
“Non dobbiamo solo provarci, Hermione, dobbiamo riuscirci.” Le disse con le lacrime agli occhi; poi nascose il volto dietro le mani sporche, alla ricerca di uno sfogo per le colpe, i rimpianti, le perdite, le sconfitte personali. Ma Harry non riuscì a piangere.
“Hermione, tu e Lumacorno dovete dedicarvi a tempo pieno alla pozione” si riscosse il ragazzo, sollevando il capo “Ho bisogno di sapere che davvero stiamo facendo l’impossibile di cui parli.” Disse prendendole la mano. “Lascia a me e alla mia squadra il compito di ripristinare i locali del castello e prima di tutto l’accesso al Laboratorio sotterraneo”
La giovane strega gli cedette il suo taccuino e si allontanò.
Intanto, Neville non era ancora tornato…

Hermione si Materializzò davanti a lui all’improvviso.
“Sapevo di trovarti qui” gli disse lanciando una veloce occhiata al vetusto cappello con un avvoltoio impagliato che Neville si rigirava tra le mani.
Era tornato nella casa dov’era cresciuto in preda a un profondo senso di inadeguatezza e ai sensi di colpa; quel cappello era un monito per la fallacia del suo intento: lui era solo lo studente che aveva deriso Piton trasformandolo in sua nonna con una sola parola. Perché mai il mago avrebbe dovuto affidarsi a lui?
Ma Neville era cambiato, non era più quel ragazzetto spaventato e doveva dimostrarlo al professore.

“Ci sono novità, Herm?” Le chiese posando il cappello.
“Con il Professor Lumacorno forse abbiamo trovato il passaggio sbagliato, Neville. Il biglietto che hai inviato col suggerimento di usare anche il sangue di Piton mi ha dato da pensare e credo che dobbiamo implementare gli sforzi e usare al meglio il veleno di Aragog e quello di Nagini” lo aggiornò con calma la strega. “Purtroppo, non siamo ancora riusciti ad aprire un varco per il Laboratorio di Pozioni e questo ha fatto contemporaneamente gettare la spugna a Lumacorno e mandare fuori di testa Harry. C’è voluta tutta la mia capacità persuasiva per calmarli e convincerli a riprendere il lavoro, ma ho bisogno del tuo aiuto, Neville!”
Il giovane rispose tristemente:
“Ho già compiuto il mio grande gesto eroico, Hermione, e poi sono sempre stato pessimo in Pozioni; ti immagini se il Professor Piton scoprisse che è stato proprio un mio elaborato a guarirlo?” disse con una smorfia d’amarezza sulle labbra.
La Granger fissò intensamente i suoi grandi occhi nocciola in quelli del ragazzo:
“Neville, ma ti senti? Piton sarebbe orgoglioso di te, del tuo coraggio, della tua intraprendenza.
Hai tenuto testa ai Carrow durante gli ultimi mesi a scuola, diventando una guida e un riferimento per gli studenti che volevano combattere, ma avevano bisogno di uno sprone continuo per non soccombere al terrore e alle minacce.
Hai ucciso Nagini e avuto l’intuizione per l’antidoto: il Professor Piton sarebbe fiero di te”
“Non ne sono così sicuro, Hermione… “ la voce di Neville si incrinò. “Noi… non sappiamo neppure se lui lo vuole, se il professore vuole essere salvato. Forse ci stiamo accanendo inutilmente”
“Perché pensi questo?” Il volto della Granger tradiva una consapevolezza che non avrebbe mai rivelato apertamente.
Neville le rispose fissandola a sua volta:
“Se… se davvero riuscissimo a riportarlo indietro, Hermione, io... noi… saremo abbastanza forti da affrontare l’odio di un uomo che preferirebbe essere morto?”
La giovane strega gli prese di scatto una mano e la strinse:
“Non possiamo saperlo, Neville. Il cuore dell’uomo è misterioso e certo quello del nostro ex professore non è cristallino: non sappiamo quasi niente di lui oltre che ha lottato per anni per rendersi sgradevole e odioso, per vivere in un ruolo scomodo e terribile, per condannarsi alla solitudine e all’indifferenza del mondo. Il nostro sarà forse un compito egoista, ingiusto, ma rinunciare lo sarebbe molto di più. E, se esiste una minuscola possibilità che il professor Piton possa desiderare un cambiamento, un riscatto, una sciocca carezza, chi siamo noi per negarglielo? Neville, non dimenticare che il cuore di quell’uomo ha nascosto per anni un amore senza tempo”
Il giovane Paciock tirò a sé Hermione: non si vergognava più delle lacrime, ma si vergognava di non aver ancora una volta dimostrato abbastanza forza.
“Vieni, torniamo insieme a lavorare sulla pozione” gli sussurrò all’orecchio la Granger prendendolo per mano.

8 maggio 1998

Il tempo aveva preso a dilatarsi e restringersi all’infinito durante le lunghe ore che Lumacorno, Hermione e Neville trascorsero su decine di grossi tomi a studiare, sommersi da decine di pergamene su cui provavano passaggi ed effettuavano modifiche alla pozione.
All’imbrunire di quell’ennesimo giorno senza successi, un forsennato passaparola rimbalzò sulle pareti in rovina e si infilò nella Sezione Proibita della Biblioteca come un soffio di vento fresco e pulito.
L’accesso al Laboratorio di Pozioni era stato sgomberato.
Sollevati, i tre raggiunsero di corsa i locali sotterranei timorosi del disastro che avrebbero trovato: per fortuna l’ambiente era silenzioso, freddo e l’aria libera dai detriti.
Iniziarono.

Con Hermione stiamo lavorando alla massima velocità possibile, professore, non dormiamo più, non mangiamo quasi più. Ci aggiriamo nel castello come fantasmi allucinati. Ma lo facciamo per te, lo facciamo perché sappiamo che l’amore è l’unica grande fonte di salvezza che resta imperitura sulla terra. Porti in te un po’ di questa immortalità, e noi dobbiamo solo renderla reale.

Dopo tre giorni di lavoro estenuante, di tentativi gettati al vento, sudore, disperazione, esultanza… l’antidoto fu ultimato.
Un set di fiale dal misterioso e limpido contenuto verde smeraldo fu consegnato dalle mani tremanti di Neville alla McGranitt.
“Vieni con me al San Mungo” gli propose l’anziana donna.
Neville accettò.
“Devo prima prendere una cosa, Preside”. Affermò il giovane.

***

Qualche ora dopo, in Sala Grande arrivò un gufo reale dallo splendido piumaggio brunito. Hermione sciolse con mani tremanti la pergamena arrotolata alla zampa:

“Si è svegliato! Ce l’abbiamo fatta!”


Epilogo
giugno 1998

La luce del sole attraversa a tratti il cielo cosparso di candide nuvole; un raggio di sole illumina le tue mani bianche di una luce dorata e gentile.
Sei seduto su una poltrona comodissima e nuova di zecca; ti sei rifiutato di accomodarti nella tua, vecchia e consunta, che ha accolto il tuo corpo stanco e pensieroso per anni. Non ti saresti sentito a tuo agio: quella poltrona conserva l’impronta di un corpo, di un uomo che non esiste più.
Non è un pensiero positivo, ricco di buoni propositi, tutt’altro: quello che eri è morto nella Stamberga per mano dell’Oscuro; quello che sei ora è inconsistente e senza forma: acqua libera che suo malgrado si adatta al contenitore, un impasto molle che, da settimane, viene violato e manipolato senza opporre resistenza, un’essenza che fugge via attraverso i pori della tua pelle ed evapora fumosa disperdendosi nel nulla.
Hai sentito intorno a te decine di mani che volevano toccarti, decine di occhi che volevano scrutare nella tua anima, che si sentivano autorizzati dalla verità a invadere il tuo spazio più privato; vorrebbero parlare per te, sentire per te, gioire per te, amare per te.
Ma tu, cosa vuoi?
Sei un solitario, lo sei stato da sempre e non ha importanza se la scelta sia stata tua o imposta dal destino. Cos’è cambiato che ha reso così drastico il mutamento del mondo nei tuoi confronti?
È bastato un silenzio calato al momento opportuno, un ricordo donato alla persona giusta, morire al momento giusto? Tu non hai fatto nulla, è bastato non essere, annullarsi, sparire per farsi amare?

Tieni aperto sulle gambe ricoperte da un plaid scozzese il tuo vecchio libro di Pozioni Avanzate.
Con la punta di due dita sfiori un lembo della coperta: è l’unica carezza che senti di fare alla vecchia amica che te l’ha regalata. Per Minerva è un modo per aiutarti, per te un mezzo per averla accanto: è lei il tuo punto di riferimento nella vita dopo Albus, nonostante tutto.

Ricordi frammentati di racconti troppo assurdi per essere reali confondono la tua mente non ancora completamente sgombra dal veleno mortale della bestia.
Neville Paciock - sì proprio lui - ti ha riportato il vecchio libro di Pozioni Avanzate appartenuto a te e, prima ancora, a tua madre. Ciò che è accaduto, nei giorni dopo la tua presunta morte, ha i contorni indistinti del sogno. Quello che sai ti è stato raccontato dalle voci di chi ha insistito per starti accanto nei giorni più difficili: una voce ferma e serena, seppur interrotta da involontari singhiozzi, Minerva; un’entusiasta e pratica, Granger; una sospirata, ancora imprigionata in un groviglio di troppe domande, Potter; infine, l’ultima, quella che hai ascoltato più spesso nel silenzio ombroso dei tuoi strani sogni, una voce timida e impacciata, ma fremente di forza e impazienza, Paciock.

Lo hai visto accarezzare la copertina rovinata con una devozione pari solo a quella che si dedica a un oggetto raro e prezioso mentre ti confessava un’esperienza metafisica: attraverso incredibili avvenimenti, l’appendice cartacea che rappresenta la tua stessa essenza, ha acceso una scintilla, ha alimentato il fuoco della speranza.
Il ragazzo-che-avrebbe-potuto-essere-il-Prescelto ha trovato la tua singolare Giratempo, un incanto che ti ha consentito di esplorare le capacità occulte della mente, di collegarti ad altre menti e ai ricordi, interagire con essi, modificarli se necessario: una magia che si sarebbe poi rivelata molto utile nel percorso per diventare il portentoso Occlumante in grado di mentire all’Oscuro.

Il giovane ha fatto tesoro del tuo modo brusco e sprezzante di insegnare, ha compreso la forza e il modo ruvido e silenzioso che hai di amare, così il libro gli ha permesso di contribuire a cambiare la storia, gli ha permesso di riportarti indietro.

In una particolare pagina del volume è infilata una lettera piegata, le cui pagine sono ricoperte da una grafia timida e arrotondata.
Leggi per l’ennesima volta le parole donate dal tuo ex studente: il più insospettabile, il meno dotato, il Prescelto mancato che, tuttavia, ha contribuito con coraggio e ostinata determinazione a salvare il mondo magico… e te. Ti ha scritto senza remore, senza timore di offenderti o di apparire ridicolo. Il testo sembra il resoconto di un viaggio, un’avventura compiuta con un unico scopo: riportarti indietro, restituirti la vita che meriti.

“Da questa pagina è iniziato il mio viaggio, professore, il luogo da cui ha avuto inizio il percorso che mi ha permesso di raggiungerla, di capirla. Mentre gli eventi vorticavano intorno a noi, seguendo un destino tanto agognato quanto sconosciuto, io compivo un passo dopo l’altro verso la consapevolezza di aver portato sempre con me una parte di lei. Sapevo che ogni cosa accaduta, ogni evento verificatosi lo è stato per un motivo ben preciso: renderci partecipi del suo di destino, signore, diventare i suoi salvatori. Lo meritava!”


Chiudi la lettera, la riponi nel libro alla pagina dove appare il prodigioso simbolo, ti alzi piano dalla poltrona e apri una finestra. Lasci che il timido e tiepido sole scozzese ti scaldi il viso, ti accarezzi le palpebre chiuse. Respiri a fondo, il profumo dell’estate incipiente ti inonda il petto.
Sorridi, sereno per la prima volta nella tua nuova vita.
Forse non è ancora tutto perduto.


* HP e i Doni della Morte

Edited by Lonely_Kate - 13/8/2023, 21:25
 
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view post Posted on 17/8/2022, 10:55
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Un racconto che imprigiona il lettore dalla prima all'ultima parola e lo spinge a fare un viaggio nell'anima dei protagonisti che hai descritto con una potenza espresiva ed evocativa non comune... ma di questo non mi stupisco, perché intuisco, da ogni pesata parola, quale sia la profondità della tua.
La storia è perfetta e ben strutturata, incalzante e avvincente. Grazie per questo prezioso regalo.
Complimenti

Edited by Gabrix1967 - 28/9/2022, 23:33
 
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CITAZIONE (Gabrix1967 @ 17/8/2022, 11:55) 
Un racconto che imprigiona il lettore dalla prima all'ultima parola e lo spinge a fare un viaggio nell'anima dei protagonisti, che hai descritto con una potenza espresiva ed evocativa non comune... ma di questo non mi stupisco, perché intuisco, da ogni pesata parola, quale sia la profondità della tua.
La storia è perfetta e ben strutturata, incalzante e avvincente. Grazie per questo prezioso regalo.
Complimenti

Cara Gabri, le tue parole sono un dono meraviglioso. Mi hai resa felice: una gioia in apparenza semplice, ma prodigiosa di effetti sul mio cuore. Grazie <3
 
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view post Posted on 28/9/2022, 21:48
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Mamma mia, Cate: impossibile staccare gli occhi e il cuore da questo gioiello, in cui si evincono la cura e l’amore con cui lo hai elaborato.
Non c’è stato un passaggio della vicenda che non mi abbia coinvolto, emozionato e commosso, non c’è stata descrizione che non mi abbia appassionato, non c’è stato un momento in cui la tensione abbia subito un calo.

E' davvero una storia meravigliosa quella che hai scritto, e che hai avuto l’illuminazione di ambientare in una Hogwarts post bellica grandemente suggestiva, ancora grondante sangue, disperazione e macerie, un racconto in cui hai reso in modo potente e significativo il dramma e l’introspezione contenuti.

In questo scenario tragico, ma anche sfiorato da primi, timidi tentativi di volersi lasciare al più presto tutto alle spalle, si inseriscono in modo eccezionale le figure dei ragazzi, di Minerva, ma soprattutto del tuo sorprendente Paciock. Impossibile non amarlo e non sentirsi totalmente calati nei suoi pensieri, nelle sue sensazioni, difficile non restare toccati dal suo desiderio di riscatto e dal bisogno lacerante di salvare colui che gli ha insegnato, anche e soprattutto con intransigenza, a diventare uomo.

Ho trovato veramente riuscito anche l’uso che hai fatto della Giratempo, non più oggetto fisico tra le mani di Hermione ma animazione incantata che induce Neville a proiettare il proprio subconscio accanto a quello del professore in stato di incoscienza. Un tocco di genio!
Mia cara, credo che questo non avrebbe che potuto e dovuto essere il miglior episodio a seguire di quanto avvenuto nell’ultimo libro: un prezioso tassello di rara bellezza e grande sentimento, che mi è piaciuto davvero tanto! Un applauso, bravissima <3
 
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view post Posted on 29/9/2022, 09:30
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Cara Ele, sono onorata e grata per i complimenti :] , commossa anche io dalla consapevolezza che hai apprezzato tutti gli elementi cardine della vicenda: il momento storico, i personaggi chiave, l’inedito e forse un po’ stravagante uso della Giratempo. Anche il mio è stato un viaggio insieme a Neville e Severus, ho provato a immedesimarmi, ho provato a soffrire con loro.
CITAZIONE
Mia cara, credo che questo non avrebbe che potuto e dovuto essere il miglior episodio a seguire di quanto avvenuto nell’ultimo libro: un prezioso tassello di rara bellezza e grande sentimento, che mi è piaciuto davvero tanto!

Come tutte noi che adoriamo Severus, ho immaginato un seguito per la saga che, come dici tu, avrebbe dovuto essere. :cry:
È stata una sfida impegnativa questa di agosto, e non immagini quanto mi riempiano di gioia le tue meravigliose parole.
Grazie di vero <3
 
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view post Posted on 13/10/2022, 14:29
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I ♥ Severus


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Da brividi il prologo: bravissima!

CITAZIONE
Hermione si Smaterializzò davanti a lui all’improvviso.

Quando ci si Smaterializza, si svanisce dal posto in cui ci si trova per Materializzarsi (o rimaterializzarsi) in un altro luogo. Quindi, Hermione si Materializzò...

CITAZIONE
Ma lo facciamo per te, lo facciamo perché sappiamo che l’amore è l’unica grande fonte di salvezza che resta imperitura sulla terra. Porti in te un po’ di questa immortalità, e noi dobbiamo solo renderla reale.

Stupenda frase!

Attenzione ai dettagli. Se siamo al 10 maggio,
CITAZIONE
Dopo tre giorni di lavoro estenuante,

ci ritroviamo al 13 maggio nell'epilogo, non ancora al 10 maggio.

Una storia molto complessa (sì, ami complicarti la vita con i salti temporali e quasta volta hai aggiunto anche una magia ipnotica) ma anche molto bella, che ho apprezzato molto: un Neville fantastico, una Giratempo con inantesimo al seguito, inventato da Severus, e Aragog ben piazzato, per non parlare dell'essenziale biblioteca.
Brava.
 
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view post Posted on 13/10/2022, 16:41
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CITAZIONE (Ida59 @ 13/10/2022, 15:29) 
Da brividi il prologo: bravissima!

Grazie :]
CITAZIONE
Ma lo facciamo per te, lo facciamo perché sappiamo che l’amore è l’unica grande fonte di salvezza che resta imperitura sulla terra. Porti in te un po’ di questa immortalità, e noi dobbiamo solo renderla reale.

Stupenda frase!

Se mi concentro su Severus è facile ;) :lovelove:

CITAZIONE
Hermione si Smaterializzò davanti a lui all’improvviso

Quando ci si Smaterializza, si svanisce dal posto in cui ci si trova per Materializzarsi (o rimaterializzarsi) in un altro luogo. Quindi, Hermione si Materializzò...

Ineccepibile, chiedo scusa.

CITAZIONE
Attenzione ai dettagli. Se siamo al 10 maggio,
CITAZIONE
Dopo tre giorni di lavoro estenuante,

ci ritroviamo al 13 maggio nell'epilogo, non ancora al 10 maggio.

Una storia molto complessa (sì, ami complicarti la vita con i salti temporali…

Faccio sempre l’errore di non rileggere a mente fredda le storie, dopo aver lasciato passare qualche giorno dall’ultima stesura. Più il costrutto è complesso, più è facile incappare nell’errore. :(

CITAZIONE
… questa volta hai aggiunto anche una magia ipnotica) ma anche molto bella, che ho apprezzato molto: un Neville fantastico, una Giratempo con incantesimo al seguito, inventato da Severus, e Aragog ben piazzato, per non parlare dell'essenziale biblioteca.
Brava.

Cara Ida, la fanwriter in erba che è in me è orgogliosa per i complimenti agli elementi della sfida. Le tue parole mi hanno resa davvero molto felice. Grazie <3

Edited by Lonely_Kate - 14/10/2022, 06:59
 
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view post Posted on 13/10/2022, 18:05
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I ♥ Severus


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La storia è davvero molto bella: terminata la sfida potrai fare le necessarie correzioni.
 
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view post Posted on 13/8/2023, 20:29
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Riapro questa discussione a un anno di distanza per informarvi che ho apportato le correzioni necessarie relative a date e sequenza temporale degli eventi nella prima parte del racconto. Il libro di Pozioni Avanzate è parte essenziale della storia e non sono proprio riuscita a lasciarlo incenerito come da canon (: .
 
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8 replies since 16/8/2022, 17:22   235 views
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