Autore: Lonely_Kate
Titolo: Un Gigante per amico
Data: giugno 2022.
Previewer: Mitsuki91, Chiara53
Tipologia: racconto one-shot
Genere: generale, introspettivo, fluff
Rating: per tutti
Personaggi: Severus Piton, Rubeus Hagrid.
Pairing: nessuno
Epoca: post HP7
Avvertimenti: AU
Nota: il titolo dei paragrafi è tratto dai versi della canzone “Una donna per amico” di Lucio Battisti.
Riassunto: Era nato con un destino scritto dal Fato, nella vita aveva percorso un’unica rotta come se il suo sestante si fosse bloccato puntando sempre la stessa stella… e non era una buona stella.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling ed a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.Scritto per la Sfida dei “15 anni con Severus” del Calderone di Severus; sfida di luglio 2022: Hagrid, Diagon Alley, Burrobirra, Nagini
Battute: 31368; Punti lunghezza 3.8
Ruolo Portatore di Insegne Scuola di HogwartsHo scelto te, un gigante, per amicoLa porticina laterale era stata chiusa piano, accompagnata da una mano pallida che spiccava nella notte. In alto il cielo terso era cosparso di miriadi di stelle e vi risaltava una nube lattescente lì dove gli astri erano più fitti: nelle notti di luglio in Scozia la Via Lattea brillava più luminosa che mai.
Una figura ammantata di nero attraversò il buio percorrendo, a passi lenti, un lungo viottolo di terra battuta che l’avrebbe portata ai confini della Foresta Proibita.
L’uomo conosceva i dintorni del castello come le sue tasche: viveva lì da quasi tutta la vita e probabilmente non se ne sarebbe andato mai. Il sentiero che stava percorrendo, invece, era una consuetudine recente per una serie di singolari circostanze verificatesi diversi mesi prima.
Quando giunse a destinazione, un po’ in affanno nonostante il passo strascicato, l’uomo bussò alla porta di una casupola rustica il cui camino fumava.
- Perché diavolo ha acceso il camino a luglio? Pensò.
Nel mentre l’uscio si spalancò mostrando l’imponente sagoma di un uomo barbuto ritagliata nella luce dell’interno della casa: “Oh, Professor Piton, proprio puntuale! Entra, accomodati”, esclamò a voce alta il mezzo gigante.
“Hagrid, quante volte ti ho detto di non chiamarmi più professore?” sussurrò debolmente l’ospite.
“Eh, l’abitudine, professore, le vecchie buone maniere che mi ha imparato la mia mamma”.
“Si dice ‘insegnato’, Hagrid”, precisò Piton entrando praticamente in un forno: il focolare era accesso e scoppiettante. Prese subito a guardarsi intorno alla ricerca di un posto dove sedersi: si stancava ancora con facilità se camminava a lungo.
Il monolocale in cui viveva Rubeus Hagrid era un luogo disordinato, ingombro delle cose più assurde che Piton avesse mai visto, così tolto il mantello, in mancanza di un appiglio, lo rimpicciolì e lo infilò in una tasca della giacca. Intanto, Hagrid aveva preso ad armeggiare in una piccola dispensa.
“Ciò un nuovo tipo di whisky… cioè no, non è un whisky ma una roba del genere, mi pare si chiama Rum, l’ho comprato in quella nuova drogheria a Diagon Alley ‘’La Segale Cornuta
§’’, la conosci, professore?”, domandò tutto eccitato l’omone. Aveva recuperato da un ripiano una bottiglia panciuta e due bicchieri spaiati.
-
Bel nome per una drogheria, pensò Severus. -
Piuttosto, un negozio di veleni! Finalmente Piton riuscì ad accomodarsi tra sacchi ricolmi di strani ortaggi, due sedie sgangherate e l’invadente presenza di Zanna che soleva sempre salutarne l’arrivo con un debole guaito di benvenuto e uno sbrodolarsi di bava, per poi tornare a sonnecchiare vicino al camino.
Da diversi mesi Hagrid invitava Severus Piton nella sua angusta e caotica dimora e il giovane mago aveva poi consolidato quell’abitudine. Di tanto in tanto, e spesso non visto, Rubeus soleva soffermarsi a guardarlo con i suoi occhi neri, proprio come quelli di Severus, solo più grandi e attraversati da una luce tenera e accogliente. Piton non lo avrebbe ammesso neppure sotto tortura: gli piaceva passare un paio d’ore alla sera col mezzo gigante per sorbire uno degli strani liquori ad altissima gradazione, talvolta di dubbia provenienza, che l’omone teneva sempre in casa e che acquistava nei negozi più disparati: il coraggio a Severus non era mai mancato.
“Ho una cosa da farti vedere prima di bere” disse Hagrid, sfregandosi le enormi mani.
“Perché il camino è acceso?” chiese Piton con un filo di voce; sudava e dovette sbottonare i primi bottoncini della giacca per riuscire ad allentare un po’ la sciarpa di seta nera: era un accessorio che indossava sempre per semplice eleganza, ma da qualche tempo non si toglieva neppure per dormire.
“Mi serve caldo” gli rispose sibillino il mezzo gigante. Prese un sacco di iuta che era adagiato sulla pietra del focolare e lo avvicinò a Severus suggerendogli di dare una sbirciatina all’interno.
“Infila una mano”, gli chiese sorridendo Hagrid.
Severus lo fissò dubbioso: “Non ci sarà mica un’Acromantula o un cucciolo di Ungaro Spinato?”
“No no, non sono mica matto” sbottò Hagrid, facendo sollevare un sopracciglio a Piton.
“Su, coraggio!” lo esortò l’uomo grande e grosso.
Suo malgrado, Severus infilò un braccio in fondo al sacco: con la punta delle dita sfiorò una superficie liscia e curva. “È un uovo! Un uovo di Drago?”
“Bravo, ci hai indovinato!” esclamò felice Rubeus, “Ma non è un uovo di drago, no… Basta, è una sorpresa, ho già parlato troppo! Beviamo il Rum” detto questo versò due generose dosi di un liquido scuro, color cuoio, che profumava di vaniglia e spezie.
Severus, titubante, vista la pericolosa abitudine dell’amico, prima annusò la bevanda, poi la assaggiò con la punta della lingua: sapeva di caramello e melassa, era eccellente!
Rubeus continuò: “Il nuovo droghiere ha detto che la bottiglia viene da un’isola che sta in mezzo all’oceano, Avena o una cosa così, e vicino ci va un buon sigaro… ecco, tieni” Hagrid tirò fuori da una scatola due lunghi e spessi sigari.
“L’isola si chiama Cuba e ha per capitale L’Avana” lo corresse Piton, “Credo che il fumo non sia l’ideale per la mia gola”, aggiunse a bassa voce, declinando l’offerta del sigaro.
“Certo certo, scusa, professore, non ci avevo mica pensato. Ti fa ancora male?”
“Solo se parlo troppo” rispose piano Severus.
“Ah, be’, allora non è un problema per te!” ammiccò allegro Hagrid
-
Touchè, pensò Piton, accennando a un mezzo sorriso sghembo: davvero credeva di essere cambiato?
Aveva ritenuto che gli ultimi mesi, dalla frettolosa dimissione dal San Mungo, fossero stati determinanti per la sua psiche: si sentiva diverso, aveva l’impressione che l’affetto delle persone che lo circondavano fosse dettato dal cambiamento che avvertivano in lui e non dalla scontata commiserazione e senso di colpa per il madornale errore di valutazione nei confronti dell’ex-Preside di Hogwarts ed ex-finto braccio destro dell’Oscuro. Forse la ‘terapia Hagrid’ non era poi servita a molto: era rimasto lo stesso uomo taciturno e scostante. Un uomo con un passato pesante, una figura sgradita la cui anima lacerata era macchiata da troppi delitti; un uomo dall’inopportuno e ingombrante presente da eroe fasullo che, troppo spesso, ricadeva nella sua radicata misantropia. L’unica persona a cui aveva permesso di avvicinarsi davvero era Rubeus Hagrid: un essere che era riuscito a sfondare il muro invisibile dell’odio di Piton per se stesso; una creatura che con pazienza, assertività, capacità di sopportazione ed empatia, era riuscito a entrare nel cuore del mago che si sentiva nero dentro e fuori. Piton non gli avrebbe mai attribuito nessuna delle doti elencate, eppure l’evidenza dei fatti parlava chiaro: Hagrid era riuscito a rabbonirlo. Ogni volta che gli occhi neri del gigante si soffermavano per un attimo in quelli di Severus, questi si chiedeva quale dote magica possedesse il guardiacaccia per aver ottenuto un tale miracolo.
Nel frattempo aveva trovato una posizione comoda tra due sacchi di tela grezza, dall’ignoto ma soffice contenuto; si rilassò sorseggiando quell’ottima bevanda mentre veniva cullato dal borbottio sommesso del vocione del mezzo gigante.
-
Di che sorpresa blaterava Hagrid? Pensò Severus ormai preda di un piacevole torpore.
Beh, l’avrebbe scoperto a suo tempo.
Ti odio, forte e debole compagna
Che poche volte impara e troppo insegnaUna sera mentre stava per arrivare alla casupola del guardiacaccia, udì un urlo provenire da quella direzione. Provò ad affrettare il passo ma le gambe cedettero e dovette rallentare.
Una volta sulla soglia del monolocale trovò il mezzo gigante intento a strofinare con particolare lena un uovo bianchissimo. Nell’aria si sentiva odore di birra. “Cosa è successo?” chiese trafelato Piton.
Hagrid non aveva sentito l’uomo arrivare e sussultò:
“Oh, niente niente, Professore, un piccolo incidente”. Sul pavimento cocci di un otre di grosse dimensioni navigavano in un lago di Burrobirra.
“Ci chiedo scusa, Professore, ho finito il rum e stasera volevo offrirle una ottima Burrobirra ma… ehm, il fiasco è caduto ed è finito sul sacco con l’uovo, per miracolo non si è rotto”
“Non importa, Hagrid” lo tranquillizzò Severus, “Non ho voglia di bere stasera”. E così dicendo si accomodò in casa.
“No no, ne è rimasta ancora un po’ sul fondo! Sai, professore, anche questa l’ho presa dal mio amico droghiere di Diagon Alley, è aromatizzata alla segale”
“Allora è meglio lasciarla lì dov’è, Hagrid, non mi sembra il caso di rischiare, forse l’abbiamo scampata bella!” Esclamò Severus lanciando un’occhiata eloquente all’omone.
“Dici?” chiese perplesso l’uomo, “Ma ne bevevamo solo un pochino, però!” aggiunse, subito rassicurante.
“Hagrid, per favore, sta attento a cosa acquisti da quel tipo. E poi sei sicuro che il negozio sia a Diagon Alley e non a Notturn Alley?” chiese dubbioso e preoccupato Severus.
“Sì sì, ci sto attento, non ti preoccupare per me, Professore, ce ne vuole per farmi fuori… Ought!”
Un pesante corno di Erumpent*, che pendeva dal soffitto, cadde sulla testona del gigante.
***
Dopo due settimane Severus ricevette un biglietto via gufo. Dal tono sgrammaticato seppe a chi apparteneva prima ancora di arrivare alla firma. Era un invito:
“Fatti trovare alle dieci di sera vicino alla fontana circolare.
Mi ci faccio trovare da solo.
Se non vieni ti aspetto lo stesso”
Severus non riuscì a trattenere un moto di apprensione: –
Cosa aveva in mente quell’uomo?Poi pensò che doveva smetterla di affliggersi, Rubeus glielo ripeteva spesso: era finito il tempo delle continue preoccupazioni, della diffidenza, dell’incertezza sul futuro. Aveva ricevuto una seconda possibilità, una nuova vita che meritava di godere fino in fondo; doveva riappropriarsi di un’esistenza che con lui era stata fin troppo avara di promesse e speranze.
Facile a dirsi! Non ricordava di essere mai stato un uomo diverso, non rammentava momenti davvero sereni e spensierati. Era nato con un destino scritto dal Fato, nella vita aveva percorso un’unica rotta come se il suo sestante si fosse bloccato puntando sempre la stessa stella… e non era una buona stella.
Più tardi, due figure poco assortite erano illuminate dagli argentei raggi della Luna.
Un eccitatissimo Hagrid passò a Severus un sacco di iuta che si muoveva.
“Per Salazar, cosa diamine c’è qui dentro?” Esclamò Piton.
“È un regalo per te, Profess… ehm, Piton. Meglio se lo apri nella tua stanza, potrebbe scappare”
Severus sollevò entrambe le sopracciglia e allontanò d’istinto il braccio che reggeva il sacco.
Hagrid, con un’espressione compiaciuta, lo salutò e se ne andò lasciandolo solo con quella cosa.
***
Al sicuro nella sua stanza privata nei sotterranei del castello, un Severus curioso e trepidante si pose a distanza di sicurezza dal sacco.
Con un colpo di bacchetta lo aprì e per poco non svenne: un giovane Pitone Reale prese a strisciare verso di lui.
Il mago arretrò di scatto, il respiro divenne affannoso, boccheggiava: l’aria non voleva saperne di entrargli nei polmoni.
Il serpente si avvicinava minaccioso con le fauci spalancate a mostrare una lunga fila di piccoli denti aguzzi.
La vista dell’uomo si annebbiò, sì, era sicuro, era proprio una bolla, una enorme bolla fluttuante col serpente al suo interno…
“NO!”, Piton gemette con voce strozzata dal terrore.
Urtò in malo modo la scrivania alle sue spalle, la bacchetta gli scivolò dalla mano, un calderone pieno di una pozione in cottura insieme ad alcuni cilindri e provette in vetro rovinarono rumorosamente sul pavimento.
L’improvviso frastuono lo riscosse.
Tornato in sé, appellò la bacchetta che gli era caduta e rapido pronunciò l’incantesimo
Incarceramus: il serpente sparì rinchiuso nel sacco.
Severus, ancora ansante, con la fronte imperlata di sudore freddo e le gambe instabili, riuscì a sedersi sulla prima sedia capitata a tiro; intrecciò le mani per arrestarne il tremore e si sforzò di concentrarsi per recuperare un respiro normale.
Nagini.
Hagrid gli aveva regalato una Nagini in miniatura, il suo amico Hagrid, dopo tutti quei mesi a coltivare la loro amicizia, gli aveva donato un serpente identico a quella bestia immonda!
Perché? Si domandò Severus.
Il cuore gli martellava nel petto.
Le labbra sottili furono scosse da un fremito.
“Maledetto gigante”, biascicò tra singhiozzi inarrestabili.
Perché Hagrid aveva voluto donargli una creatura del genere? Come poteva non immaginare che ne sarebbe rimasto sconvolto? Aveva mal interpretato le attenzioni del compagno?
Le labbra si contrassero in un sorriso sardonico: lui era solo un essere da compatire, da dileggiare. Il male che aveva fatto era troppo grande e, in buona sostanza, l’istinto del guardacaccia era difendere il mondo magico da pericoli come lui. Quel serpente era allora un messaggio o un avvertimento?
Eppure Rubeus era sempre stato gentile, paziente, amorevole… Sì, Severus si era quasi convinto che Hagrid gli volesse bene davvero.
Non riusciva a pensare con lucidità, disperazione e rabbia lottavano per prendere il sopravvento sulla razionalità e il buon senso.
Le mani di Severus non tremavano più, erano aperte a raccogliere le sue lacrime: non immaginava di essere ancora capace di piangere, in realtà credeva che non avrebbe mai più versato una sola lacrima di dolore nella vita.
Glielo avevano promesso, tutti.
Ma era stato solo un stupido illuso.
Piton si trattenne dalla voglia di uccidere subito l’animale. L’avrebbe riportato al gigante il giorno dopo.
Le conseguenze spesso fan soffrire
A turno ci dobbiamo consolareAveva restituito il serpente ad Hagrid, il quale ne era rimasto a dir poco sorpreso e addolorato.
Severus, ancora accecato dalla rabbia, gli aveva rivolto parole dure, spietate, implacabili nel ricordargli i tragici avvenimenti che avevano messo a rischio la sua vita.
Il cuore continuava a battere veloce; Piton strinse un pugno sul petto.
L’omone teneva la testa bassa, coi folti barba e capelli che gli nascondevano il viso. Stringeva tra le mani un enorme fazzoletto giallo a pois rossi e piagnucolava, tirando su col nasone:
“Ci chiedo scusa, Professore, io volevo solo dare omaggio alla sua Casa regalandoci un serpente reale”.
“Una bestia identica a Nagini, Hagrid!” sibilò con un filo di voce Piton che si massaggiava la radice del naso con due dita.
“No, non è uguale a… questo è maschio ed è una specie rara, albina” continuò Rubeus dopo una rumorosa soffiata nel fazzoletto spiegazzato. “Da grande sarà al massimo due metri e diventerà bianco e oro, insomma color Burrobirra… Forse è colpa della birra che ci è caduta sopra tempo fa”.
Con sua somma sorpresa Severus non se n’era andato sbattendo la porta, ma era rimasto ad ascoltare le scuse del mezzo gigante: forse era stato sciocco a non provare a mettersi nei panni di uomo semplice e senza malizia come Hagrid. Gli occhi gli caddero sulla bottiglia di rum invecchiato che aveva condiviso con lui.
Il cuore di Severus ebbe un attimo di pace; nelle pause tra un battito e l’altro si fece strada il dubbio: esisteva, seppur remota, la possibilità di sbagliarsi? Di cosa aveva più bisogno, di continuare a odiare, di non fidarsi mai di nessuno, oppure di avere conferma di essere un uomo nuovo, meritevole del dono della vita ricevuto?
Ma nella sua mente si agitavano ancora le funeste ipotesi formulate la sera prima: per un ex-Mangiamorte la redenzione era impossibile, per un assassino addirittura assurdo!
Una violenta ondata di nausea lo travolse.
Era così confuso, gli girava la testa.
Il mezzo gigante continuava a parlare: “Mi sono dimenticato di dirti che lui si chiama proprio Burrobirra. È un buon animale per compagnia e non voglio che tu pensi a quell’altro serpente quando lo vedi. Burrobirra non ti morderà sul collo…”
Severus divenne all’improvviso amimico, il volto di un pallore spettrale, si mise una mano sul collo.
Non sentendo Piton rispondergli, Hagrid alzò la testa e notò che il colore della pelle di Severus era diventato di un pericoloso giallo grigiastro, le sue palpebre ebbero un fremito e la mano al collo tremava leggermente.
Il gigante si alzò di scatto, prese tra le braccia il mago che adagiò su un’ampia coperta di vello di pecora. Zanna si avvicinò a Severus per leccargli il viso.
“Togliti, Zanna, lascialo stare, non vedi che sta male? Ci chiedo scusa professor Piton, ora ti passa”, provò a confortarlo il mezzo gigante.
Hagrid versò una generosa dose di rum in una vecchia coppa, e aiutò Severus a bere a piccoli sorsi.
Il mago aprì gli occhi e si trovò di fronte il faccione di Hagrid che lo guardava preoccupato. Provò ad alzarsi:
“Fammi andare via per favore”, chiese con un filo di voce.
“No no, sei troppo debole, ci penso io a te”, Hagrid lo spinse delicatamente sul giaciglio.
Severus si oppose con tutta la forza che aveva:
“Hagrid, ho detto che voglio andarmene, fa sparire quella bestia, toglimela dalla vista!” seppur fiacco il tono non ammetteva repliche.
“Subito, si certo” disse solerte il mezzo gigante.
Ma il mio mestiere è vivere la vita
Che sia di tutti i giorni o sconosciutaPassò diverso tempo prima che Severus si facesse rivedere alla porta di casa del guardacaccia. Nel frattempo, Burrobirra era cresciuto e diventato un sinuoso pitone reale albino dalla splendida livrea geometrica bianco-dorata. Stava acciambellato vicino al focolare dove ardevano braci incandescenti.
Il mago portava un sacchetto con sé e lo consegnò subito ad Hagrid non appena questi gli aprì la porta; un’espressione di gioia autentica fece capolino tra i folti capelli e barba:
“Oh, Profes... Piton, sei tornato a trovarmi, come ti senti?”
Un po’ a stento Severus sussurrò:
“Sto meglio, Hagrid, questo è per te, viene dal negozio La Segale Cornuta a Diagon Alley. Posso entrare?”
“Certo, certo, entra!”
Gli occhi del mago in nero piombarono sul grosso gomitolo giallo arrotolato al caldo vicino a Zanna.
Il suo cuore perse un battito.
Hagrid però aveva ragione, non era tanto somigliante a Nagini, sia per dimensioni che per colore. Tuttavia, Severus avrebbe preferito non averlo nella stessa stanza con lui.
“È il nostro rum preferito, eh?” esclamò felice il mezzo gigante aprendo il pacchetto. “Apro subito una bottiglia. Siediti e fa come se stai a casa tua. Hai visto quant’è diventato bello Burrobirra?”
Severus tirò un eloquente sospiro: proprio non capiva Hagrid. Non era davvero stupido; a volte ti sorprendeva con la sua infinita generosità e con pensieri profondi; altre volte ti spiazzava con trovate tanto folli quanto ridicole: divertenti poche volte, pericolose quasi sempre!
Severus ci aveva riflettuto per giorni, voleva ardentemente trovare la forza di accettare il dono dell’amico: era sincero il dolore provato dal mezzo gigante dopo il suo rifiuto, ma la sola idea di tenere in camera quella bestia così simile all’altra che aveva attentato alla sua vita era un vero affronto; si sarebbe svegliato di notte ascoltando i sibili raccapriccianti di quella lingua viscida, avrebbe sentito lo stridore dei denti e rivisto quelle fauci spalancate avventarsi sul suo fragile collo.
Dopo essersi scolati più di mezza bottiglia di rum, Hagrid si fece coraggio e riuscì di nuovo a lasciare Severus senza parole.
“Professore, nel negozio di Diagon Alley ho preso una crema miracolosa. Il mio amico dice che fa sparire le cicatrici, anche quelle magiche. Ho pensato che… se non vedi più la tua cicatrice sul collo allora riesci a dimenticare Nagini e puoi prendere con te Burrobirra”.
Piton fu colpito e affondato: nella sua bonaria ingenuità, Hagrid era di una dolcezza disarmante.
Forse perché si era commosso, o forse perché sopraffatto dal troppo rum che aveva in corpo, Severus decise di assecondarlo.
“Vediamo” disse in un sussurro a fior di labbra. Con gesti lenti e impacciati dall’ebbrezza alcolica iniziò a slacciarsi la giacca e a sciogliere la lunga sciarpa; scoprì il collo e voltò la testa di lato.
Hagrid era rimasto immobile con il barattolino di unguento tra le grosse mani e le dita già sporche di crema. Era uno dei pochi che aveva avuto la possibilità di vedere la profonda e deturpante cicatrice sul collo di Piton. Il mezzo gigante la fissò attento e iniziò a singhiozzare:
“Oh, Professore, ora capisco perché non vuoi Burrobirra con te. Quella maledetta Nagini ti ha ridotto proprio male. Sono dispiaciuto tanto, Professore, molto molto dispiaciuto”, il mezzo gigante si asciugò le lacrime con le mani impiastricciandosi la barba con la crema.
“Hagrid, non piangere”, gli disse piano Severus. “Non mi importa di portarmi dietro questa deformità, è solo una delle tante piaghe che il mio corpo sfoggia in silenzio, all’oscuro dalla vista di tutti e da tutta la vita”. Concluse con un amaro sorriso sulle labbra sottili.
Fece per ricoprirsi ma Hagrid lo fermò: ”No no, fammi provare la crema miracolosa”
E fu così che il portentoso prodotto dall’abominevole odore finì spalmato sul candido collo di Severus, che si lasciò accarezzare dalle manone del mezzo gigante e si addormentò.
Il mattino dopo Severus si svegliò con un gran mal di testa; le mani corsero al collo che era coperto dalla sua sciarpa di seta. Parole e immagini della sera prima comparvero a sprazzi. Si alzò e vide un biglietto poggiato a una tazza ancora fumante.
“Hai dormito sodo, Professore, bevi il tè, dopo starai bene.
Io ho portato Burrobirra ad arrampicarsi un po’ sugli alberi così fa esercizio”
In quel momento si sentì terribilmente stanco e solo.
Al San Mungo, per mesi, aveva rifiutato le visite. L’unica che aveva lasciato passare, un giorno, era stata Minerva che però scacciò con freddezza quando l’anziana collega aveva iniziato a piangere.
Stava facendo il possibile per continuare a essere ancora e sempre solo. Ma più desiderava rigettare le cure più il suo corpo andava nella direzione opposta. Alla fine cedette: fu la voce scambiata tra i medici dell’Ospedale magico in sua presenza, relativa alla salute del fratello di Hagrid, che lo risvegliò dal torpore della rassegnazione e dal rifiuto del mondo.
Da quel momento tutto cambiò.
Mi arrendo, fa' come vuoi
Ci ritroviamo, come al solito poiSeverus si era smaterializzato a Diagon Alley nel tardo pomeriggio, alcuni giorni dopo l’ultimo incontro con Hagrid. Poteva raggiungere Londra in treno e poi muoversi a piedi, ma aveva preferito evitare di farsi vedere in giro: erano ancora in troppi a non essersi congratulati con lui scambiando qualche battuta o desiderando solo toccare l’eroe della Seconda Grande Guerra Magica con una pacca sulla spalla o una sudata stretta di mano.
Piton non lo sopportava. In questo non era affatto cambiato.
Nonostante le precauzioni, Severus dovette fare una breve tappa dallo Speziale: rifornire la sua scorta di rari e viscidi ingredienti per le pozioni era solo una scusa, la smaterializzazione richiedeva molte più energie di quanto fosse opportuno spendere. Una volta riposato, si avviò verso il negozio che cercava. Il Serraglio Stregato si trovava sul lato nord di Diagon Alley, nella parallela opposta al vicolo che ospitava La Segale Cornuta, la drogheria dove Hagrid acquistava il rum, ma da cui Severus preferiva tenersi alla larga: il commesso era tanto losco quanto curioso.
Doveva trovare il modo per farsi perdonare e restituire il sorriso al mezzo gigante; l’obiettivo era fargli accantonare l’idea di trasformare Nagini… no, Burrobirra, in un tenero animaletto da compagnia. Non era un’impresa facile, non voleva urtare la sensibilità di Rubeus che, sebbene le apparenze facessero presupporre il contrario, era molto sensibile e permaloso.
L’idea che sperò vincente era sostituire il pitone reale con un altro animale stravagante: doveva convincere Hagrid a cedere Burrobirra e la proprietaria del Serraglio Stregato a scambiarlo.
L’interno del negozio era piccolo, saturo di un odore penetrante e straripante di gabbie di ogni dimensione che rivestivano le pareti a tutt’altezza: c’erano animali grandi e piccoli, strani gatti, rospi viola, enormi conigli bianchi e altre improbabili creature.
“Oh, Signor Piton, che onore averla nel mio negozio!” proruppe in un’esclamazione di sincero giubilo una strega di mezza età: la donna dietro al bancone aveva abbassato gli occhiali dalle lenti scure per osservare meglio il mago.
Severus avrebbe fatto volentieri dietrofront ma aveva una missione da compiere.
“Come posso servirla?” lo incalzò solerte la strega.
“Ha un animale magico, almeno di livello XXX, che scambierebbe con un raro esemplare di pitone reale albino adulto?” sputò fuori Piton con voce incerta.
La strega corrugò la fronte e inclinò la testa con fare interrogativo:
“Un pitone reale non è un animale magico! Come ne è venuto in possesso?”
Severus continuava a guardarsi intorno alla ricerca di una creatura che potesse suscitare l’interesse del mezzo gigante: il suo amico extralarge aveva una passione per le bestie più pericolose e, spesso, proibite.
Con buona probabilità era finito nel posto sbagliato.
“Ehm, non è mio, devo aiutare un amico dopo un acquisto… incauto” spiegò il mago. “Forse non sapeva di cosa si trattasse quando si è procurato l’uovo”
“Uhm” la strega arricciò le labbra e incrociò le braccia davanti a sé, “immagino che non sarà facile rivendere una bestia del genere, ma vedrò di accontentarla: non si nega un favore al salvatore del mondo magico!”
Severus ebbe un sussulto. Se l’avesse sentito Potter!
“Ecco, forse ho quello che fa al caso suo” la strega gli mostrò una gabbia che conteneva una creatura piccola e brutta, coi denti sporgenti che sembrava molto timida.
“È un Ghoul, solo di livello XX, ma è il massimo che posso fare. In alternativa potrei procurarle un Pixie, però non oggi”
Piton era dubbioso, non sarebbe tornato al castello senza la soluzione al loro problema, così accettò il Ghoul e promise alla strega di farle avere il pitone reale albino entro pochi giorni.
Ringalluzzito dal successo della trattativa, decise di fare lo stesso una capatina al La Segale Cornuta per acquistare una scorta di rum per sé e per il guardacaccia.
Trattò il droghiere con particolare freddezza, ma questi, salutandolo, lo etichettò come l’amico speciale di Rubeus Hagrid: non c’era ironia nella sua voce e Piton ne rimase molto colpito. Gli sembrava impossibile che quell’aggettivo venisse accostato a lui. Com’era accaduto tutto questo?
La sua memoria fece un capitombolo nel passato.
La nascita della loro amicizia era avvenuta poco meno di un anno prima. All’epoca le condizioni di Severus erano ancora troppo instabili, ma aveva quasi affatturato mezzo San Mungo pur di farsi dimettere. La sorte gli aveva portato a conoscenza lo strano e mortale morbo che aveva colpito il fratello di Hagrid, Grop. Piton sapeva di essere l’unico in grado di curarlo e doveva farlo lui stesso recandosi al suo laboratorio privato.
Da allora la gratitudine di Hagrid aveva sfiorato vette imbarazzanti: una volta, Rubeus lo aveva preso in braccio e portato in Sala Grande alla cena che Minerva volle organizzare per festeggiare il termine dei lavori di ristrutturazione del castello di Hogwarts. Il mezzo gigante fece accomodare un ancor tanto debole Severus Piton accanto a sé e per poco non prese anche a imboccarlo: gli bastò ricevere uno dei proverbiali sguardi di ghiaccio bollente del collega per farlo desistere.
Alla fine Severus si era rassegnato alle attenzioni di Hagrid iniziando, prima in sordina, poi con maggior regolarità, a recarsi a casa sua di sera: l’unico modo che conosceva per ripagarlo di tanta gentilezza.
E tu, amico caro, mi consoli
Perché ci ritroviamo sempre soliDavanti alla porta della casupola del guardacaccia era inchiodato un biglietto sgualcito, a tratti illeggibile: l’inchiostro si era in parte sciolto per la pioggerella della settimana precedente.
Hagrid aveva atteso Severus per giorni.
Hagrid era arrabbiato con lui? Certo, cosa si aspettava dopo che l’aveva trattato in quel modo?
Severus era dispiaciuto e pentito, ma proprio non riusciva a scendere a patti col cattivo gusto dell’omone.
Un cattivo gusto che, tuttavia, appariva tale solo agli occhi di Piton. Per Salazar, il mondo era pieno di persone che desideravano solo dare e ricevere calore e affetto, anche attraverso un semplice gesto. Il mezzo gigante aveva scelto quel dono appositamente per lui: Severus era il suo ‘amico speciale’.
L’amicizia è il fondamento di una vita felice, purtroppo aveva imparato la lezione a sue spese: nulla contava se non condividere ammirazione, affetto o piccole attenzioni.
Fece il giro della casetta e si inoltrò fino all’orto delle zucche giganti, ma Rubeus non c’era. Appoggiò la gabbia che aveva portato con sé e si sedette su uno dei grossi ortaggi. Nel frattempo, il Ghoul aveva infilato un braccio tra le sbarre per catturare un lungo lombrico: lo gustava come fosse una leccornia.
-Almeno qualcuno è felice, pensò Piton.
“Profess… Piton!” il vocione di Rubeus fece scattare Severus all’impiedi.
“Hagrid” Severus pronunciò il nome del mezzo gigante a mo’ di saluto. Osservandolo avvicinarsi, ne scrutò con attenzione il volto. Era pronto a ricevere improperi o anche insulti se necessario.
Ma questi non arrivarono.
Sul viso dell’omone non vi era traccia di rabbia o rancore, solo il consueto affabile sorriso e due occhi scintillanti di gioia.
Hagrid non avrebbe mai smesso di sorprenderlo.
Severus sollevò la gabbietta col Ghoul.
“Hei, cos’è quello, per Merlino? Hai portato con te un orco in miniatura?” Domandò divertito il mezzo gigante iniziando a ridere di gusto. In una mano stringeva un sacco di iuta vuoto.
Severus tirò un respiro profondo:
“È per te Hagrid, per farmi perdonare il rifiuto di Burrobirra”
“Oh, no no, non dovevi farmi un regalo!” si schermì Rubeus, sollevando davanti agli occhi la gabbietta col Ghoul ancora intento a masticare. “E non devi scusarti, ho capito che ho fatto un errore. Burrobirra starà bene dove l’ho portato. Non sono arrabbiato con te, professore, mi basta che siamo amici”
In un impeto di felicità, Hagrid lo abbracciò con foga, ma subito si ritrasse: Severus era così gracile, sottile come un fuscello, poteva contargli le ossa sotto gli ampi polpastrelli, era come una piccola bambola vestita di nero con lunghi e sottili capelli che gli coprivano in parte il viso, e profondi occhi tristi.
“Scusa, mi sono lasciato prendere la mano” si giustificò imbarazzato l’omone. “E poi non voglio che stai male ogni volta che lo vedi” precisò con rammarico. “Ora sono io che devo proteggere te, Profess… ehm, Piton”, concluse il mezzo gigante guardandolo con dolcezza.
L’esternazione fisica e verbale di Hagrid cancellò in un sol colpo il pensiero di Piton di dover risolvere il grattacapo per il mancato scambio del pitone reale.
Con lo sguardo puntato verso l’accogliente casupola del guardacaccia, Severus fece appello al nuovo uomo che ancora si nascondeva sotto gli abiti scuri e le numerose cicatrici ormai vecchie e scolorite:
“Anche a me basta esserti amico” sussurrò con un’ombra di disagio nella voce: forse un giorno, grazie a Hagrid, avrebbe imparato a esternare con più sicurezza i suoi sentimenti.
Piton ne era finalmente certo: meritava l’amicizia di quello strano omone, meritava di essere sopravvissuto.
Hagrid gli diede una leggera pacca sulla spalla:
“Andiamo a festeggiare, ho comprato altre tre bottiglie di rum!” decretò festante Rubeus
“Intendi prenderti cura di me facendomi ubriacare, Hagrid?” ribatté Piton tra il serio e il faceto.
“Oh… ehm… forse… “ balbettò confuso il mezzo gigante.
“Ci sto!” esclamò Severus.
§ La segale cornuta è un cereale contaminato dal parassita
Claviceps purpurea o, più comunemente noto, “ergot” (dal francese “sperone/corno"). Gli speroni contengono alte concentrazioni di alcaloidi che hanno un diffuso utilizzo nella medicina tradizionale, ma se assunti in alte dosi possono dare effetti tossici e la morte.
*
Erumpent: creatura magica di livello XXXX simile a un grosso rinoceronte (
Animali Fantastici e dove trovarli).
Edited by Lonely_Kate - 18/7/2022, 09:54