Il Calderone di Severus

Lonely_Kate, Aliquid Tibi Vis, Genere: drammatico, introspettivo- Personaggi: Severus Piton, Remus Lupin-Rating: per tutti - Epoca: varie- Avvertimenti: nessuno

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view post Posted on 20/6/2022, 10:50
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Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

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Titolo: Aliquid Tibi Vis
Autore: Lonely_Kate
Data: maggio-giugno 2022
Beta: Ida59
Tipologia: racconto one-shot
Genere: drammatico, introspettivo
Rating: per tutti
Personaggi: Severus Piton, Remus Lupin, altri personaggi
Pairing: nessuno
Epoca: varie
Avvertimenti: nessuno.

Riassunto: Una nube mossa dal vento celeste si scostò piano rivelando un cerchio splendente che rischiarò la terra di luce argentea. Pochi giorni dopo era arrivata l’ennesima notte di plenilunio.

Scritto per la celebrazione dei “15 anni con Severus“ del Calderone di Severus; sfida di giugno 2022 (Remus Lupin, Notturn Alley, Mantello dell’Invisibilità, Ippogrifo).

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling ed a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. La fanart inserita in calce si intitola “A Kind Of Magic” e appartiene a ‘0star-girl0’.Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Battute: 37670 (punti lunghezza 4). Ruolo Campione, Scuola di Hogwarts

Per la pazienza, i consigli, l’attenzione e la spinta a migliorare: cara Ida, il mio grazie è come un abbraccio tramutato in parole.

Alle compagne d’avventura che con la loro presenza, nel Calderone e nella mia vita, rendono possibili la magia e i sogni.


Aliquid Tibi Vis


1976


Il vociare degli studenti di Hogwarts, nell’intervallo pomeridiano delle lezioni, si mescolava al festoso cinguettio che riempiva l’aria profumata dell’aprile scozzese, ma lui non lo sentiva.
Stava correndo a perdifiato nel corridoio al settimo piano del castello con l’orecchio puntato alle sue spalle per percepire il rumore concitato dei passi che lo seguivano e che, inesorabilmente, si stavano avvicinando.
Severus si fermò e, ansante, prese ad andare avanti e indietro alla spasmodica ricerca di una statua o un arazzo dietro il quale nascondersi: nulla, solo una banale parete di grossi mattoni consunti dai secoli. Fece una smorfia a Barnaba il Babbeo condannato, come lui, a essere bastonato a vita. Avrebbe preferito vedersela con un Troll piuttosto che con gli odiosi ma abili bulletti della scuola.
Stava per perdere le speranze quando, d’incanto, un ampio portale circondato da un intricato intreccio di ghirlande ornamentali apparve sulla parete di fronte al quadro di Barnaba.
La sorpresa non impedì a Severus di lanciarsi sui battenti e sparire dietro gli alti pannelli decorati: di fronte ai suoi occhi sgranati si parò un locale stranissimo col soffitto alto come quello di una cattedrale e ingombro dei più disparati oggetti. Era il nascondiglio perfetto: in mezzo a quella confusione non l’avrebbero mai stanato! Gli venne in mente la storia che circolava nella scuola sull’esistenza di una stanza magica che appariva solo in caso di bisogno: la Stanza delle Necessità. Severus l’aveva sempre ritenuta solo una leggenda.
Iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di un anfratto o una cassapanca dove infilarsi, finché un tenue luccichio non attirò la sua attenzione: seminascosta da un’alta pila di vecchi libri, c’era una porticina con un pomolo di metallo dorato. Una forza misteriosa sembrò attrarlo e il giovane si arrischiò a girare lo strano pomello a forma di stella: il tempo necessario ad abituarsi alla semioscurità e scorse una piccola camera dalle pareti lisce, di mattoni color crema, senza mobilio e con un’unica finestra a ogiva da cui entrava la poca luce ambrata del pomeriggio. Una stanza nella stanza!
Al centro del pavimento era collocata una placca di rame lucido e splendente a forma di stella a quattro punte; nel mezzo erano incise le parole: Aliquid Tibi Vis*, e su ognuna delle punte: Ignis, Aqua, Terra, Aer.
Sempre più incuriosito, Severus si avvicinò e ci finì coi piedi sopra: subito avvertì un confortante senso di pace e d’istinto chiuse gli occhi. In un attimo la stanza era sparita! Intorno a lui c’era la sua radura preferita nei pressi del Lago Nero, immersa nella tenue luce del crepuscolo, con le lucciole che svolazzavano placide tra i cespugli. Il giovane guardò i piedi che calpestavano il soffice sottobosco erboso e fu travolto da un’ondata di stupore che gli mozzò il respiro: era stupefacente!
Riaprì gli occhi e fece un passo in avanti, ma il bosco sparì, lasciandolo di nuovo circondato dalle spoglie pareti della stanzetta.
Severus si fermò a riflettere ripetendo più volte, come una cantilena, le parole incise sull’icona a stella e si mise di nuovo sul simbolo. Provò a pensare intensamente alla sua Sala Comune: iniziò a percepire un tepore sul viso e riconobbe il maestoso camino col serpente come effige - in cui ardevano fiamme basse - e gli eleganti divani neri. Nell’ampio salone rischiarato da luce verdastra non c’era nessuno.
Severus, occhi aperti, fece di nuovo un passo in avanti e anche il salotto sparì.
Era sconcertato, non conosceva un simile incantesimo; forse la Stanza delle Necessità aveva creato quel luogo magico solo per lui? In quella piccola camera era al sicuro, protetto dalle incursioni dei Malandrini? Era certo di essere riuscito a seminare quei furfanti, ma la prossima volta?
Avvilito dalle considerazioni poco incoraggianti, decise che era ora di tornarsene davvero nella sua Sala Comune.
Ma le sorprese per il giovane Serpeverde non erano finite.
Quando varcò il passaggio, restò a bocca aperta: l’ampio locale, dal basso soffitto, era rischiarato dalla luce del sole che filtrava attraverso le acque del Lago Nero; la luminosa sfumatura smeraldo virava verso un verde fluorite. Il giovane sapeva che questo singolare effetto indicava l’albeggiare: la notte era passata per intero e lui era certo di essere rimasto nella camera solo per pochi minuti!
Credendo di sognare, si pizzicò un braccio e, no, era sveglissimo! L’eccitazione era incomparabile, ma non c’era tempo per scervellarsi sull’accaduto: doveva evitare di farsi trovare fuori dal letto a quell’ora.
Raggiunse i dormitori e si ficcò sotto le coperte ancora vestito, fingendo di dormire.

Solo dopo diversi giorni Severus intuì che i Malandrini non conoscevano il punto di accesso alla Stanza delle Necessità. Si era sempre chiesto come diamine facessero, ogni volta, a scovare i luoghi dove si rintanava, ma ora era diverso! Inoltre, scelse di non condividere la magica scoperta con l’amica del cuore. Nonostante l’immensa fiducia riposta nella loro amicizia era indubbio che la ragazza trascorresse sempre più tempo con i compagni di Casa e con i Malandrini. Severus si sentiva in colpa, tuttavia, preferì non sfidare troppo la sorte.
Il rapporto con Lily era cambiato: la serena complicità dei primi anni a Hogwarts sembrava soltanto un lontano ricordo.

Fu così che la piccola camera con la stella divenne il suo rifugio.
Il luogo magico possedeva un incanto ancor più sorprendente. Vi regnava un silenzio profondo come se i suoni venissero inghiottiti dalle pareti, e non erano i soli a sparire: al suo interno il tempo pareva contrarsi su sé stesso, cosicché a ogni minuto corrispondevano, nel mondo esterno, ore o addirittura giorni!
La camera sembrava chiamarlo e lo accoglieva amorevole come una madre che, d’istinto, avverta il bisogno di cure di un figlio e corra a proteggerlo. La stella a quattro punte ascoltava il suo cuore, esaudiva i suoi desideri quasi attingesse alle sue fantasie, cullandolo in sogni incredibili.
Qualunque fosse l’elemento scelto, Ignis, Aqua, Terra o Aer, Severus ne restava estasiato: poteva ritrovarsi a sguazzare felice immerso nelle acque scure e melmose del Lago Nero, circondato da alghe fluttuanti e da qualche benevola sirena; finire nella sua radura preferita, piena di fiori e insetti ronzanti, oppure, addirittura, librarsi in volo, senza scopa, dalla Torre di Astronomia.
Per lo più, desiderava riscattarsi agli occhi dei compagni, finanche davanti al mondo intero, trasformandosi in un mago potentissimo che tutti temevano e rispettavano. La stella lo accontentava sempre!
Aveva preso a sgattaiolare fuori dai dormitori di notte e tornava in tempo per infilarsi a letto prima del sorgere del sole: rinunciava volentieri a qualche ora di sonno pur di continuare a vivere quelle incredibili esperienze anche solo per pochi minuti. Le ore notturne scivolavano via e lui, circondato dall’abbraccio magico del luogo, doveva vincere il desiderio di abbandono e confortevole oblio che il locale gli regalava, così, portava con sé una clessidra per calcolare bene il tempo trascorso lì dentro: indugiare nei sogni poteva rivelarsi avventato, rischiava di incappare in una severa punizione se fosse sparito troppo a lungo.

La ricerca sulla singolare stella nei libri consultabili a Hogwarts era stata infruttuosa. Severus riteneva inconcepibile non poter accedere a tutte le informazioni possibili sul manufatto: nell’indice di un volume era incappato in una citazione a un testo non disponibile nella biblioteca della scuola; capì subito che conteneva Magia Oscura.
Ne ebbe conferma chiedendo informazioni, via gufo, al suo ex-Prefetto e protettore, Lucius Malfoy: lui conosceva il volume, lo aveva consultato una volta in una singolare libreria a Notturn Alley, ma scrisse a Piton che non avrebbe avuto facile accesso al negozio poiché il vecchio gestore era un vero tipaccio. Lo aveva descritto con le mani nodose e le unghie ricurve, simile all’immagine del Dissennatore riprodotto sul libro di Difesa contro le Arti Oscure. A Severus occorreva un aiuto concreto per aggirare il problema.
Mentre escogitava un piano per recuperare il volume, un’idea gli balzò alla mente: una soluzione perfetta ma difficile da realizzare.

***


Per Remus Lupin stava diventando sempre più complicato nascondere le lesioni che, talvolta, si ritrovava anche sul viso; era fallito pure il tentativo col trucco Babbano prestato da Lily, visto che la magia era impotente con quel genere di ferite.
Il ragazzo si tormentava di continuo della sua condizione, ma i suoi amici minimizzavano. Per giunta, Sirius sosteneva che le cicatrici e l’aspetto trasandato fossero un balsamo per il successo con le fanciulle: l’istinto di protezione era un potente afrodisiaco per il gentil sesso.
Il giovane Black aveva imparato a dosare alla perfezione fascino provocatore e atteggiamenti da cucciolo bastonato, ma senza esagerare, altrimenti avrebbe fatto la fine di Mocciosus: l’apoteosi della nullità e del fallimento. Preso atto dell’incontestabile dogma dell’amico, Remus non avrebbe dovuto lasciarsi scoraggiare dal suo piccolo problema peloso.
Problema.
Piccolo.

Quanta importanza potrebbe avere la dimensione di un problema?
Se non causassero tormenti e angosce non li si chiamerebbe problemi, no?
Lupin non riusciva a lasciarsi scivolare addosso la sua particolare condizione con la leggerezza suggerita dagli amici. Si sentiva menomato, condannato per sempre a una mezza vita, custode di una creatura malvagia e pericolosa in grado di prendere il sopravvento sulla sua volontà e capacità di giudizio, sconvolgendole. La ‘cura’ messa a punto dai compagni serviva solo a proteggere gli altri: non lui da se stesso.
Nei giorni prima e dopo il plenilunio la ricerca della salvezza diventava ossessione; i pensieri si contorcevano tra loro, non gli davano tregua; la profonda angoscia che gravava sul suo cuore gli rubava il sonno.
Trovava sollievo ad ammirare il cielo notturno, pieno di stelle, quando nessuna maledetta luna gli si gonfiava davanti per diventare l’orribile tormento cui era condannato: un falso Molliccio che non avrebbe potuto scacciare con un semplice Riddikulus.
Così, in una tiepida notte primaverile, sognò ad occhi aperti l’incontro con un’anima affine, per condividere il dolore, per avere conforto dalla solitudine. Inaspettatamente, i tristi occhi nocciola scivolarono giù, più giù, lontano verso la superfice del Lago Nero: là sotto si affacciavano le finestre della Sala Comune di Serpeverde, e Remus sapeva che là riposava un’altra anima ancor più tormentata e solitaria della sua.
In quella particolare atmosfera di pace, iniziò a pensare a Severus Piton come a un altro da sé. Non vide le differenze che li distinguevano, ma le somiglianze: erano entrambi due gocce d’acqua disperse in un oceano di solitudine, sofferenza ed emarginazione.
Remus sospirò: per lui era semplice lenire i propri dispiaceri, gli bastava gettarsi a capofitto nell’esuberante euforia degli amici o tra le braccia della propria famiglia; era amato nonostante il ‘difetto fisico’ che lo angustiava. Severus poteva contare su simili consolazioni? No, lui non aveva veri amici, a parte Lily, e possedeva innumerevoli difetti: adorava le Arti Oscure; veniva da una famiglia povera ed era poco curato, schivo, con libri e abiti di seconda mano, penalizzato per l’aspetto e il carattere introverso e taciturno che lo condannavano alla solitudine e al rifiuto del mondo. Insomma, Piton era la vittima perfetta, e spesso innocente, degli scherzi dei Malandrini.
Quanto contavano il suo temperamento tranquillo, la sete infinita di conoscenze, il rispetto per gli insegnanti e l’estrema abilità in tutte le materie? Nulla.
Una rara stella cadente illuminò il cielo e il cuore di Remus; ebbe la certezza di essere lui quello davvero sbagliato, l’unico che meritasse davvero l’emarginazione: così pericoloso da avere il potere di uccidere senza controllo, e tanto debole da lasciare i suoi amici liberi di scorrazzare indisturbati nella scuola, tradendo il ruolo di Prefetto e il suo stesso cuore da Grifondoro.

Un giorno, in Biblioteca, si accorse che Piton, seduto poco distante, fissava, come ipnotizzato, l’ultimo taglio che si era procurato su una mano: era profondo, con i margini ancora arrossati, pulsante di dolore e rabbia.
Sapeva che Severus era un tipo curioso, morbosamente curioso.
Ma non immaginava che Severus fosse lì con uno scopo ben preciso.
Infastidito dalle occhiate insistenti del ragazzetto magro, Remus sbottò: “Cos’hai da guardare tu?”
Piton, senza scomporsi, gli rispose secco:
”Non spreco il mio tempo a guardarti, Lupin, al contrario di te, che sprechi il tuo continuando a cercare la soluzione a quel… problemino nell’incompleta biblioteca della scuola” insinuò il ragazzo, “Tipica dei Grifondoro, la totale assenza di cervello” Sbuffò con una smorfia beffarda sulle labbra.
“Di cosa parli, Piton? E poi non esistono altre librerie oltre quella di Hogwarts, foss’anche la Sezione Proibita!” Rispose Remus alzando il tono in un maldestro tentativo di non cadere nelle provocazioni dell’altro.
“Shhh, abbassa la voce!” lo ammonì Severus, “E chi ha parlato di Hogwarts? Ci sono altre librerie al mondo, ci sono altri luoghi oscuri dove trovare risposte a oscuri dilemmi” suggerì serafico, “Tuttavia, tali luoghi non sono accessibili a chiunque, a meno che non si utilizzino degli espedienti” concluse, sottolineando l’ultima parola.
Poi chiuse di colpo il libro e lo infilò nella borsa della scuola, ma mentre indossava la tracolla si sentì strattonare: Lupin lo aveva raggiunto e lo stava trascinando dietro un alto scaffale.
“Lasciami!” sbraitò Piton.
“Smettila di giocare agli indovinelli con me, Mocciosus! Spiegati meglio!”
Remus lo squadrava con occhi febbrili, i pugni stretti. Non era mai stato così vicino a Severus da poter osservare quanto fossero neri i suoi occhi, tanto da non distinguere la differenza tra iride e pupilla: sembravano rivelare un destino di solitudine. Lupin si chiese se anche il compagno leggesse lo stesso dolore nel suo sguardo color nocciola chiaro.
In quei pochi secondi, Severus rimuginò sull’effettivo vantaggio di coinvolgere Lupin nei suoi piani: fingere di volerlo consigliare per arrivare al Mantello dell’Invisibilità era l’unica soluzione possibile? Doveva evitare di rivelare troppo di sé e dei suoi programmi. In fondo, gli importava poco di Remus Lupin, tranne vedere, una volta per tutte, cosa diventava a ogni plenilunio, avere le prove per denunciarlo al Preside e farlo espellere. Il quartetto dei Malandrini si sarebbe così indebolito, privato del principale responsabile dell’occultamento delle loro malefatte.
Ma a Piton serviva il Mantello dell’Invisibilità di James.
“Sai perfettamente di cosa parlo, Prefetto” lo canzonò, “Cercatele da solo le risposte alle tue domande e la soluzione al tuo problema, e dì ai tuoi compari di starmi lontani o peggio per loro!” tentò di bleffare, sfoggiando un mezzo sorriso furbo.
Remus dovette fare uno scatto all’indietro per farlo passare.
“Le tue minacce sono vane, Mocciosus!”.
Allarmato e inquieto, Remus si chiese se davvero Piton fosse a conoscenza del suo segreto come dava a vedere. Non avrebbe mai immaginato che il compagno di scuola azzardasse delle ipotesi esplicite sulla sua reale natura e sul lacerante desiderio di liberarsene. Avrebbe dovuto seguirne i consigli oppure ignorarlo?
Decise di non parlarne con gli altri Malandrini, ma avrebbe lo stesso avuto aiuto da uno di loro, sebbene a sua insaputa.

Severus aveva deciso di fare un giro esplorativo a Notturn Alley.
Camminava spedito, a testa bassa, col capo coperto dal cappuccio del mantello.
La libreria che cercava era collocata in un angolo buio e defilato dalla strada principale dell’infido quartiere: non era il banale e pretenzioso Magie Sinister, ma un negozio di antiquariato più cupo e minaccioso, con una libreria piena di volumi oscuri, testi di arcaica stregoneria e vecchie leggende.
Piton procedeva a passo svelto ignorando i sussurri ostili e intimidatori delle losche figure che incrociava lungo le orrende stradine; in un paio di occasioni scansò mani deformi che volevano afferrarlo.
Non si era accorto però che due loschi figuri incappucciati, lo seguivano.
A poca distanza, Remus Lupin avanzava pianissimo, strisciando lungo le mura sudice con i piedi infilati nel canaletto di scolo ai lati della strada: il Mantello dell’invisibilità di James lo nascondeva completamente.
Più avanzava e più pensava di fare una cosa troppo stupida e pericolosa senza i suoi fidati amici intorno. Inoltre, non aveva un’idea precisa di cosa cercare, né dove andare.
Come poteva ritenere possibile scoprire la soluzione al suo oscuro problema girovagando senza meta in un postaccio come quello? Se solo avesse avuto più fegato, avrebbe potuto chiedere a Piton di accompagnarlo, anche se, di sicuro, si sarebbe rifiutato: Severus non aveva alcun motivo per mostrarsi amichevole.
Mentre era distratto dagli spiacevoli pensieri, assisté a una scena imprevista: Severus gli era appena sfrecciato davanti sbucando all’improvviso da un vicolo buio; di lì a poco, due tipacci dall’inequivocabile aria minacciosa, erano apparsi dietro di lui.
Lupin ci mise poco a capire che quei brutti ceffi avevano pessime intenzioni e il compagno di scuola stava cercando di sfuggire loro.
Non rifletté neppure un secondo sul pasticcio in cui poteva infilarsi e corse a perdifiato dietro ai tre.
Vide Severus svoltare dietro un angolo e gli fu subito alle calcagna; giunto a due passi da lui lo chiamò:
“Piton, fermati!” esclamò
Severus si voltò, e sparì sotto il mantello di Remus.

***


La luce del tramonto era straordinaria nelle dolci sere di maggio: un altro mese era passato e la stagione delle lucciole stava finendo. Severus pensò con nostalgia a quando il suo posto preferito, ai piedi dell’albero nei pressi delle rive del Lago Nero, sarebbe stato privato dell’incantevole spettacolo della natura di quel periodo.
Si alzò appoggiandosi al tronco e si sforzò di non guardare le iniziali incise con le lettere intrecciate tra loro: due mani strette nel vincolo di un’amicizia eterna che tuttavia si stava sgretolando sotto i colpi dell’illusione e dell’incomprensione.
“Piton!”
Una voce familiare lo riscosse. Si trovò di fronte il ragazzo dagli occhi più tristi di tutta la scuola: la luce del sole calante fece risplendere le iridi nocciola di Lupin di un bagliore diverso.
“Che vuoi?” gli fece eco.
“Sei in debito con me” scandì Remus, provando a restare calmo senza mostrare la sua ansia.
“Io non ho debiti con nessuno, Prefetto”, lo rimbeccò pungente Piton, parandoglisi di fronte.
Il sole era sparito e gli occhi di Severus divennero un tutt’uno con il buio incipiente e brillavano minacciosi, “Non ti ho chiesto di intervenire l’altro giorno, me la sarei cavata benissimo da solo”, aggiunse con durezza.
“Ne dubito!” Lo contraddisse Remus, “Se non fossi arrivato a coprirti col Mantello, quei malintenzionati ti avrebbero acciuffato lanciandoti una fattura o uno schiantesimo”.
“Cosa vuoi da me, Lupin?”, chiese Severus stringendo i pugni con ira crescente.
“Devi sdebitarti, ho bisogno di un favore”, soffiò stizzito l’altro.
Severus era immobile, il volto una maschera impassibile, ma le sue pupille si dilatarono; squadrò Lupin senza replicare: la sorte, finalmente, pareva aver cambiato direzione.
Il Grifondoro proseguì incoraggiato dal silenzio dell’altro: “Voglio che tu venga con me a Notturn Alley. Devo cercare qualcosa… qualcuno… devo parlare di… devo dare risposta a… una curiosità”.
Gli occhi di Piton erano ridotti a fessure, le labbra piegate in un ghigno; il suo cervello lavorò in fretta:
“Bene, lo farò” sussurrò gelido, poi categorico proseguì: “Porterai con te il Mantello dell’Invisibilità!”
Lupin sgranò gli occhi per la sorpresa, trattenne il respiro.
“E sia”, gli rispose dopo qualche secondo di attesa. Una piccola goccia di sudore gli bruciò l’ultimo taglio vicino all’orecchio.

Alcuni clienti erano impegnati in un fitto chiacchiericcio che giungeva alle orecchie di Severus come un lontano brusio di fondo; era concentrato su due problemi: raggiungere il libro e trattenere gli starnuti.
Nonostante la protezione del Mantello aveva il volto paonazzo e gli occhi in lacrime per la polvere che invadeva lo spazio angusto tra gli scaffali dove si era infilato: non ci voleva proprio un inopportuno starnuto! Doveva mantenere il più assoluto silenzio, altrimenti lo avrebbero scoperto.
Allungando di più il braccio arrivò a sfiorare il dorso legnoso della copertina del piccolo volume; ecco, solo un altro paio di centimetri e l’avrebbe preso…
Crash!
Una orrenda lampada ornamentale cadde spargendo olio e fiamme sul lurido pavimento: il Mantello gli si era incastrato in una delle gambe traballanti del treppiede su cui era posata.
“Maledetto Potter, porti sfortuna anche quando non ci sei! “, sussurrò tra sé Piton digrignando i denti.
“Chi è la?”, una voce dal tono rauco e rimbombante si levò da poca distanza.
“Mi servi ancora, demone di un Mantello!” bisbigliò irato Piton, strattonando il suo sudario invisibile nel tentativo di scansare le fiamme che stavano rapidamente raggiungendo gli scaffali coi libri.
ll giovane dovette reprimere la voglia di sottrarre qualche altro volume e sgattaiolò via velocemente superando una sinistra figura che, nel frattempo, lo aveva raggiunto e si affannava lanciando l’incantesimo ‘Aguamenti’ per spegnere le fiamme.
Pochi attimi dopo, un’increspatura dell’aria sbucò nel vicolo; si allontanò muovendosi rasente i muri e sollevando, come brezza invisibile, foglie secche e carta straccia.
Ben occultato sotto il Mantello dell’Invisibilità, Severus evitò accuratamente le stradine più frequentate del sinistro quartiere: Notturn Alley non poteva certo considerarsi un luogo per ragazzini sconsiderati, anche se lui non si riteneva affatto tale; aveva coraggio da vendere, altro che il Grifondoro che lo stava aspettando!
L’ora per l’appuntamento concordato era però passata da un po’ e Severus sperò che il compare non se la fosse data a gambe con l’avvicinarsi dell’imbrunire: sarebbero finiti entrambi nei guai se al castello qualcuno avesse notato la loro ingiustificata assenza, anche se nessuno avrebbe mai scommesso che fossero insieme.
Poi lo vide: teneva le mani ficcate nelle tasche di un soprabito scuro col cappuccio calato sul volto e girava di continuo la testa verso entrambi i lati della strada; si teneva accostato al muro che faceva angolo con l’ingresso di un malfamato pub.
-Figurarsi se entrava per aspettarmi. Pensò sogghignando Severus.
Tuttavia, provò pena per quel ragazzo: era stato spietato con lui poco prima.
Appena arrivati a Notturn Alley aveva dato a Lupin dello “sciocco sprovveduto”: cosa voleva fare, con chi mai voleva parlare, per Salazar, senza farsi scoprire, imprigionare o, peggio, torturare? Era stato allora che Severus aveva colto al volo l’occasione di sfruttare il Mantello portato da Remus per tentare di recuperare il libro che smaniava possedere.
Si avvicinò silenzioso all’incappucciato e si schiarì la gola: due occhi nocciola, persi nel vuoto, si girarono nella sua direzione:
“Severus? Sei Tu?”, domandò una voce bassa dal cappuccio.
“E chi, sennò? Andiamo”, disse Piton “Spostiamoci dietro il muro”.
Una volta soli, si tolse il Mantello; il giovane alto e magro, dai lunghi capelli neri aveva gli occhi scintillanti di eccitazione: girovagare inosservato a Notturn Alley era una sensazione fantastica, sarebbe andato ovunque così non visto!
“Allora, sei riuscito a prendere questo libro segreto a cui tieni tanto?”, sussurrò Lupin.
“Sì, e non è stato facile, spero di non aver dato fuoco a tutto”, rispose Piton in tono divertito.
“Cosa?”, esclamò allarmato Remus strappandosi via il copricapo e iniziando ad agitarsi.
“Sta calmo, con questo addosso avranno pensato a un incidente”, ghignò di rimando Severus indicando il Mantello; poi di scatto chiese: “Tu… riusciresti a prestarmelo di nuovo? “
“Di nuovo? No, è già stato difficile sottrarlo di nascosto a James, lo sorveglia a vista”, rispose mesto il compagno che non vedeva l’ora di allontanarsi.
Severus ebbe di nuovo compassione di lui; afferrò un lembo del soprabito di Remus e lo trascinò fuori dal vicolo scuro e umido e dall’oscura e sinistra Notturn Alley.

Nel libro recuperato, Severus non aveva trovato neppure un cenno sulla stella a quattro punte.
Era deluso per la fatica sprecata e forse anche un po’ di se stesso: non aveva mai sfruttato l’ingenuità e il dolore di un altro per i suoi scopi. Per Salazar, doveva sentirsi in colpa anche per Lupin adesso?
Ma fu così che gli venne l’idea, proprio al ritorno dall’avventura a Notturn Alley: non costava nulla provare, pur se avrebbe dovuto svelare il suo segreto a un nemico. A conti fatti, Remus Lupin era e restava uno dei suoi nemici giurati, anche se non il peggiore. L’aria dolente e malaticcia del coetaneo aveva spinto i pensieri di Piton a cercare in lui una sorta di alter ego: condividevano un isolamento che, sebbene per Severus fosse reale e tangibile, non era meno vero e profondo per il giovane Grifondoro.
Se le sue supposizioni fossero state corrette l’emarginazione di Lupin era dettata da un male incurabile da cui il ragazzo non sarebbe mai guarito; la vita lo avrebbe allontanato condannandolo al disgusto e al terrore. L’affetto che per ora lo attorniava era solo una mera illusione.
Piton e Lupin si erano guardati negli occhi: nonostante i loro colori fossero così diversi, le loro anime pulsavano sofferenti di un dolore che aveva la stessa tinta opaca della solitudine.
“Indossa il Mantello e vieni con me”, gli sussurrò Severus, “Ti mostro un luogo segreto…”

Quella notte, Remus e Severus si recarono nel corridoio al settimo piano del castello.
Lupin restò stupito quando vide per la prima volta la Stanza delle Necessità, anche se non rivelò a Severus il vero motivo del suo sconcerto: Hogwarts non finiva mai di meravigliare!
Severus gli indicò la stella al centro della strana stanzetta e lo invitò a posizionarsi sul suo simbolo: Aqua, mentre lui avrebbe scelto Terra. Erano l’uno di fronte all’altro.
Un po’ in ansia, Remus afferrò istintivamente entrambe le mani di Severus, stringendogliele.
Piton sussultò poi si rilassò e disse: “Ora chiudiamo gli occhi”.
I due giovani si tenevano per mano; tra loro un invisibile velo separava gli elementi nei quali erano immersi: Severus era nella sua radura preferita con l’albero, le lucciole e i profumi del bosco; Remus, invece, fluttuava nell’acqua, abbracciato dalle alghe che gli avvolgevano braccia e gambe.
Ad un tratto, Piton infilò una mano nella tasca ed estrasse una clessidra; strinse più forte una mano del compagno e Remus capì: riaprirono gli occhi e scesero dal simbolo a forma di stella.
Tutto sparì e riapparve la piccola camera di mattoni nudi e priva di suoni, fatta eccezione per il respiro un poco più affannoso dei ragazzi.
Piton sollevò la clessidra: erano trascorsi solo un paio di minuti.
“Ora devo mostrarti un’altra cosa straordinaria” disse a Lupin.
Tornati nel corridoio esterno, Severus afferrò il compagno per un polso e prese a correre per raggiungere la finestra più vicina: i luminosi e dolci raggi del sole nascente avvolsero le figure dei ragazzi; Remus, sbalordito, si voltò verso il compagno.
“Severus, ma questo vuol dire che per noi è passata solo una manciata di minuti… “, chiese interrogativo
“Mentre per il mondo esterno è passata un’intera notte” assentì Piton, “La stanza funziona come una sorta di macchina del tempo, lì dentro tutto scorre con un ritmo diverso” continuò a spiegare, “Fai l’uso che vuoi di questa informazione, Lupin, ma tieni il segreto per te!” concluse con un sopracciglio sollevato e un sorrisetto complice sulle labbra “Penso che a qualcuno potrebbe essere utile trascorrere una notte in pochi istanti, o sbaglio?” Piton non aggiunse altro rispettando il silenzio pregno di meraviglia e incredulità di Lupin. Con buona probabilità, se in futuro fossero rientrati insieme nella stanza, Severus non avrebbe avuto il tempo di vedere nulla, e forse neppure Remus si sarebbe accorto della sua trasformazione.
In giovane mago dai lunghi capelli neri avrebbe messo a tacere la sua proverbiale brama di scoperte perché ne aveva fatta un’altra altrettanto straordinaria: poter aiutare Lupin a sentirsi più “normale” e libero era molto gratificante.
Dal canto suo, Remus aveva la testa invasa da domande: il compagno non aveva detto niente di compromettente, tuttavia era ovvio che avesse quasi la certezza del suo stato.
Si strinse le braccia intorno al corpo e iniziò a tremare scosso da piccoli singhiozzi. Non avrebbe dovuto abbandonarsi al pianto, non davanti a Mocciosus… ma, no, da quel momento il detestabile nomignolo sarebbe sparito lasciando il posto solo a Severus. Le loro differenze si erano annullate, Piton gli aveva donato la comprensione e l’aiuto che agognava.
Il tempo della primavera era finito, ma la primavera di una nuova, inattesa amicizia stava nascendo a Hogwarts.

***


Una nube mossa dal vento celeste si scostò piano rivelando un cerchio splendente che rischiarò la terra di luce argentea. Pochi giorni dopo era arrivata l’ennesima notte di plenilunio.
Gli animali della foresta erano allerta, pronti a fuggire: annusavano l’aria e puntavano le orecchie per percepire il minimo sentore della bestia o il suo lontano ululato.
Quella non sarebbe stata una notte serena: nessuno avrebbe impedito a un mostro di urlare e solo la paura impedì lo spargersi di dolore e sangue.
Severus attese inutilmente l’amico per accompagnarlo alla Stella a quattro punte. Poco prima aveva avuto una soffiata da Sirius e così decise di raggiungere il Platano Picchiatore: Black gli aveva mostrato che per entrare avrebbe dovuto toccare la radice nodosa alla base dell’albero.
Purtroppo avvenne tutto in pochi minuti orribili…

Dopo quella notte nessuno fu punito, tranne lui, a cui fu intimato di tacere.
Dopo quella notte Severus non cercò più Remus per portarlo alla stella magica.
Dopo pochi giorni avrebbe perso anche Lily.
In entrambi i casi era bastato solo un attimo per distruggere ogni illusione.

1978

Era passata la mezzanotte.
La tenue luce della Luna penetrava dalla bassa finestra a ogiva della camera magica, ma non riusciva a lambire la figura rannicchiata nell’angolo più buio del locale: stonava con l’ambiente circostante, non perché non fosse nera e oscura anch’essa, ma perché il suo pianto aveva rotto il denso silenzio in cui era immersa. Copiose lacrime lottavano per dare refrigerio a un lembo di pelle nuda dell’avambraccio su cui teneva poggiata la fronte. Il corpo era scosso da tremiti e singhiozzi.
No, non era il dolore del marchio magico che, da poche ore, ancora bruciava sulla tenera e pallida carne, ma il terrore dell’ignoto e la consapevolezza di aver superato il punto di non ritorno. Quella gli era sembrata l’unica scelta possibile per far tacere il desiderio più grande cui aspirava il suo cuore: avere accanto un amico.
L’aveva imparato presto, anni prima: tutto era stato solo un miraggio, l’ennesimo inganno della sua vita.
Già allora aveva avvertito l’avvicinarsi del suo destino con atroce consapevolezza: il morso di un serpente che affondava sempre di più nella pelle dell’avambraccio sinistro, come se il Marchio avesse voluto annunciare spietato il suo prossimo arrivo.
Ma ora che tutto si era realizzato, Severus soffriva, provava il dolore più intenso mai sperimentato nella sua giovane vita: era orribile il compromesso accettato per sete di sapere e di vendetta.

A pochi passi da lui, al centro del pavimento della piccola camera, la stella a quattro punte perse d’improvviso il suo splendore. L’accesso alla stanza fu sigillato, così come il cuore di Severus, murato vivo fino alla fine dei suoi giorni.

Molti anni dopo


Il castello era in subbuglio, brutali urla concitate rimbalzavano sulle imponenti pareti come i lampi di luce rossa e verde scagliati quasi senza obiettivo.
Lo scopo era uccidere.
Lo scopo era salvarsi, arrestare l’avanzata del nemico.
Gli avvenimenti di quella notte erano stati frenetici, furiosi, impossibile ricostruirne l’ordine logico e preciso.
Ma solo pochi secondi erano bastati a Remus Lupin per gettarlo di nuovo nell’angoscia, nel dolore di ricordi tormentosi come carta vetrata che gli avevano lasciato sulla coscienza una ferita scarnificata e facile a infettarsi: il pulsante senso di colpa era tornato.
Aveva visto Severus Piton allontanarsi in tutta fretta dal castello con Draco Malfoy, ma con lui c’erano anche i peggiori Mangiamorte che conoscesse. Perché?
Solo per il tempo di un sospiro, i loro occhi si erano incontrati: un fugace sguardo carico di rimpianti, greve di dolore.
Negli occhi di Remus vi erano disperazione e incredulità.
In quelli di Severus, Lupin lesse solo collera, odio puro.
Era consapevole che l’ex compagno di scuola lo disprezzava, lo odiava e a ragione: non solo l’aveva ‘bullizzato’ tanto quanto i suoi amici, ma aveva saputo solo tacere mentre Piton subiva la violenza di un’umiliazione senza giustificazioni. Tanti anni prima era rimasto impassibile di fronte al ragazzo arrabbiato e indifeso che, con le gambe all’aria, aveva incrociato il suo sguardo forse nella speranza di elicitare l’amicizia che pareva stesse nascendo, la comprensione del loro comune destino che sembrava legarli.
Ma Remus non aveva mosso un dito.
Ora si trovò a desiderare di poter tornare indietro nel tempo e chiedere perdono al ragazzo che aveva nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità a Notturn Alley; al giovane generoso e saggio che gli aveva mostrato il prodigio della stella a quattro punte per liberarlo dal suo tormento più grande; all’uomo adulto, onesto e scrupoloso, che gli aveva preparato la pozione Antilupo.
Ma Remus non l’aveva mai fatto. Mai, nonostante il dono di inestimabile valore ricevuto da Severus all’epoca: spingerlo a osservarlo come davanti a uno specchio per fargli comprendere l’importanza di saper guardare al di là delle apparenze e così aiutarlo a far diventare grande il suo piccolo cuore da Grifondoro.
Non era mai stato meritevole dell’amicizia di Severus; meritava di essere e restare ciò che era: un mostro.
In quella folle notte, in quell’istante, sentì che ormai tutto era compiuto.
I due uomini si scambiarono un’ultima penosa occhiata.

Un uomo era immerso nella notte, fiamme impietose e crudeli si stagliavano dietro il suo nero mantello facendo brillare il sangue che gli ricopriva il viso.
Poco prima era stato attaccato, sfregiato, poi aveva alzato gli occhi al cielo: l’Ippogrifo era volato via.
La debole luce della luna illuminava il cielo in quella folle notte estiva.
Era solo una mezzaluna ma per Severus bastava: la sua trasformazione in assassino era già completa, era stata naturale, facile.
Fuggendo dal castello aveva incrociato gli occhi di Lupin; il volto teso, provato dalla battaglia, sulla guancia un lungo taglio non ancora rimarginato, ma i suoi occhi erano limpidi, brillavano come la luce della luna sulla sua testa. Lo sguardo di chi non si rassegna all’evidenza e vuole capire: occhi dolenti che aizzarono le fiamme di rancore che ardevano nel cuore di Severus più alte e furiose di quelle visibili alle sue spalle.
Remus sapeva cosa aveva fatto? No, come avrebbe potuto.
Nessuno avrebbe potuto immaginare cosa era diventato, cosa era tornato ad essere: un mostro con l’anima macchiata di sangue innocente.
Gli tornò in mente l’occhiata che l’ex compagno di scuola gli rivolse quel giorno, sotto il faggio, quando aveva perso Lily, mentre assisteva senza battere ciglio alla sua ennesima umiliazione, nel silenzio complice dei traditori.
Ironia della sorte ora si somigliavano più che mai, gli artigli dell’Ippogrifo gli avevano sfregiato il volto rendendoli uguali: due mostri, due assassini che condividevano le stesse lesioni.
Sciabolate dilanianti e profonde come la disperazione.
Ferite sanguinanti come un’anima piangente di fronte alla sconfitta più grande: perdere l’onore, la dignità, il rispetto, e un rapporto che avrebbe potuto diventare amicizia.
Il loro stesso sangue a lordargli il volto, a corrompergli l’anima; sangue impuro, contaminato dal germe di un odio profondo, impossibile da estirpare: quello verso se stessi.
Nel folle delirio del dolore, Severus pensò che fosse stato proprio Lupin a scagliargli contro l’Ippogrifo, lui e i suoi legami di amicizia eterna, più forti della morte stessa, come la lealtà e fede nel prossimo.
Forse il fantasma di Sirius cavalcava la bestia alata: un altro traditore.
Alla fine dei giochi tutti loro non erano poi così diversi. Anche Severus era leale, lo era stato per anni e lo sarebbe stato per tutto il tempo che gli restava da vivere: leale a una donna che non l’aveva mai amato, a un vecchio che si fidava di lui, a una promessa fatta tanti anni addietro.
Prima di allontanarsi nel buio con gli altri Mangiamorte, Severus proruppe in un’amara risata.
Remus avrebbe presto scoperto che anche lui aveva tradito.
Ma qual era stato il tradimento più infame? Tutti quelli che conducono alla morte, del corpo e dell’anima.

Allora era vero che erano diventati uguali; vero che avrebbero potuto essere diversi, essere amici.
Ma ormai era troppo tardi.
L’inedia del tempo non guarisce le ferite, le amplifica, le contamina coi troppi silenzi, le imputridisce con la lurida indifferenza.
Il tempo: così importante nel loro passato, così superfluo nel loro futuro.
Forse, se le cose fossero andate diversamente…
Non ci sarebbero più stati un Lupo Mannaro e un Mangiamorte a scontrarsi tra loro.
Forse un Lupo Mannaro e un ex-Mangiamorte avrebbero potuto lottare insieme.
Forse…

A_Kind_Of_Magic_di_0star-girl0

“A Kind Of Magic” di ‘0star-girl0’


* Aliquid Tibi Vis: Tutto quello che vuoi

Edited by Lonely_Kate - 23/6/2022, 16:07
 
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Cara Cate, o dovrei dire Magica Cate, dal momento che questa bellissima avventura che parla di amicizia, è veramente impregnata di Magia dall’inizio alla fine, e non solo.

L’ho letta con grande piacere, assaporando la profondità dei contenuti; la tua è una storia che vibra di emozioni legate alla sofferenza di due ragazzi condannati per motivi differenti, ma allo stesso tempo affini, a vivere da emarginati.
E’ la sorprendente narrazione di sentimenti contrastanti, intensi e a volte laceranti, il nitido racconto di un legame che avrebbe potuto essere e invece non è stato per colpa di un maledetto tiro mancino giocato dal destino.
E qui si inserisce in modo perfetto l’episodio dello scherzo che quasi costa la vita a Severus, ma che nella tua ricostruzione assolutamente puntuale assume una prospettiva molto plausibile, emergendo al centro della trama.

Ci sono passaggi veramente toccanti, addirittura pieni di poesia, che raggiungono l’apice soprattutto quando la perfetta descrizione che fai del dolore e del senso di inadeguatezza di Remus, conscio della propria condanna alla solitudine, si intersecano in modo deliziosamente naturale con quelli più orgogliosi ma astiosi del Mocciosus che, oltre a sentirsi perseguitato dai bulli, sta attraversano un momento di grande infelicità, perchè si sente mollato anche dalla migliore ( :soppracciglio: ?) amica.
L’amarezza, lo sconforto, la voglia di riscatto di entrambi si manifestano in modo differente, ma hanno la stessa radice, e tu sei stata abilissima nel saper rendere estremamente vive sensazioni sempre tanto difficili da affidare alle sole parole.

E quando, per la prima volta, i due riescono a stabilire un punto di contatto all’interno della stanza che custodisce il segreto di Severus, una sorta di malia si propaga tra le righe del racconto, facendo in modo che la potente Magia emanata dalla Stella avvolga anche il lettore, per trascinarlo con sé lontano dalla realtà.
La storia è davvero intrigante, un susseguirsi di emozioni, fino a quel finale carico di tragedia, reso in maniera impeccabile; è la chiusura che ben conosciamo, ma che nella tua storia assume tutta un’altra connotazione, mettendo in giusto risalto il sacrificio di un Severus sublime e consapevole degli errori commessi.
Un finale tutto da leggere, con il fiato sospeso, che corona splendidamente un lavoro di gran pregio: complimenti, sei stata veramente bravissima, Cate! <3
 
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view post Posted on 26/7/2022, 15:13
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CITAZIONE
Cara Cate, o dovrei dire Magica Cate, dal momento che questa bellissima avventura che parla di amicizia, è veramente impregnata di Magia dall’inizio alla fine, e non solo.

Oh, Ele! Già mi emoziono e commuovo con un tale inizio di commento! 3_3

CITAZIONE
E’ la sorprendente narrazione di sentimenti contrastanti, intensi e a volte laceranti, il nitido racconto di un legame che avrebbe potuto essere e invece non è stato per colpa di un maledetto tiro mancino giocato dal destino.

Ci sono passaggi veramente toccanti, addirittura pieni di poesia, che raggiungono l’apice soprattutto quando la perfetta descrizione che fai del dolore e del senso di inadeguatezza di Remus, conscio della propria condanna alla solitudine, si intersecano in modo deliziosamente naturale con quelli più orgogliosi ma astiosi del Mocciosus…

Mi sono chiesta perché è così facile immaginare che tra Remus e Severus sarebbe potuta davvero nascere un’amicizia. I due hanno personalità dissimili, ma sono accomunati dal destino di emarginazione (che pure ha diverse motivazioni) e, soprattutto, dal loro essere fragili vittime di un giudice superiore: il mondo per Severus, lo stesso Remus per Lupin, e non solo.
La loro storia, tuttavia, nasce fallace in partenza, perché entrambi avrebbero dovuto compiere un passo in più, l’uno verso l’altro, liberi da vincoli di cui sono vittime. Severus non è solo ostaggio dei soprusi dei bulli della scuola, che lo hanno eletto bersaglio dei loro immaturi capricci e dietro ai quali si celano timore e invidia delle capacità del compagno, ma anche della scarsa propensione alla fiducia nel prossimo (ne ha tante di giustificazioni. Anche Lily non lo avrà mai aiutato davvero a credere di più in se stesso e a lasciarsi andare). Remus è due volte vittima: della natura di licantropo, che non ha scelto ma dovrebbe essergli stata utile a capire quanto possa essere doloroso sentirsi esclusi e diversi; ed è inconsapevole ostaggio degli stessi Malandrini, perché pur non approvando i loro comportamenti, tace e si nasconde nel timore di perdere la loro amicizia.

CITAZIONE
E quando, per la prima volta, i due riescono a stabilire un punto di contatto all’interno della stanza che custodisce il segreto di Severus, una sorta di malia si propaga tra le righe del racconto, facendo in modo che la potente Magia emanata dalla Stella avvolga anche il lettore, per trascinarlo con sé lontano dalla realtà.

Severus è orgoglioso, verissimo, ma ho immaginato in lui una generosità desiderosa di emergere, una voglia di mostrarsi diverso, forse vulnerabile, e lo fa davanti a chi ritiene fragile e bisognoso di comprensione.

CITAZIONE
La storia è davvero intrigante, un susseguirsi di emozioni, fino a quel finale carico di tragedia, reso in maniera impeccabile; è la chiusura che ben conosciamo, ma che nella tua storia assume tutta un’altra connotazione, mettendo in giusto risalto il sacrificio di un Severus sublime e consapevole degli errori commessi. Un finale tutto da leggere, con il fiato sospeso, che corona splendidamente un lavoro di gran pregio: complimenti, sei stata veramente bravissima, Cate!

Forse sono stata troppo angosciosa nel declinare il dolore vissuto dai due protagonisti (dando una chiave di lettura diversa da quella che conosciamo, pur in apparenza sempre in canon): sul fondo della storia c’è il rimpianto, un sentimento terribile, che rende profondamente infelici e amplifica il dolore del rimorso e dei sensi di colpa.
Ele, cara, sono molto felice che tu abbia trovato il finale ben inquadrato nel resto della narrazione, e i tuoi complimenti, tutti meravigliosi, mi hanno scaldato il cuore e resa orgogliosa. Grazie <3
 
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view post Posted on 4/8/2022, 14:37
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Visto che sono in ferie mi sono decisa a leggere qualcuna delle molte storie che sono state scritte, ma come al solito non trovo mai niente con cognizione di causa e quindi procedo in modo casuale.
Diciamo che le storie mi trovano.

Se dovessi fare la sinossi di questa tua storia, cara Kate, la troverei improbabile, non plausibile.
Eppure si svolge con una tale naturalezza da cancellare ogni mio pregiudizio.
Ho provato ad accarezzare anch'io l'idea di una possibile amicizia tra Severus e Remus, è molto bello il parallelismo che hai fatto del loro profondo disagio interiore, e devo dire che hai costruito una situazione intrigante e originale.
Bravissima, io non riuscirei mai a scrivere un racconto così ben articolato.

Infine mi soffermo su una tua frase che mi ha fatto venire un piacevolissimo brivido sulla schiena:

"gli occhi di Severus divennero un tutt’uno con il buio incipiente e brillavano minacciosi"

Il caldo mi sta uccidendo, questo mi ha riportato in vita i sensi.
 
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Ho letto finalmente la tua storia, Kate, e ti devo fare i complimenti per lo stile di scrittura, che si evolve e migliora sempre più, per la fantasia e per la profondità dei sentimenti. La tua storia ha la magia dei maghi e quella dei sentimenti. Hai caratterizzato molto bene sia Severus che Remus, rendendoli credibili, veri.
Ho sperato che i due potessero fare amicizia ma la storia mi è piaciuta tanto anche con il suo finale amaro ma così tanto reale e vicino a ciò che sappiamo dei rapporti tra i due.
Brava, Kate.
 
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CITAZIONE (Anouk @ 4/8/2022, 15:37) 
Visto che sono in ferie mi sono decisa a leggere qualcuna delle molte storie che sono state scritte, ma come al solito non trovo mai niente con cognizione di causa e quindi procedo in modo casuale.
Diciamo che le storie mi trovano.

Se dovessi fare la sinossi di questa tua storia, cara Kate, la troverei improbabile, non plausibile.
Eppure si svolge con una tale naturalezza da cancellare ogni mio pregiudizio.
Ho provato ad accarezzare anch'io l'idea di una possibile amicizia tra Severus e Remus, è molto bello il parallelismo che hai fatto del loro profondo disagio interiore, e devo dire che hai costruito una situazione intrigante e originale.
Bravissima, io non riuscirei mai a scrivere un racconto così ben articolato.

Infine mi soffermo su una tua frase che mi ha fatto venire un piacevolissimo brivido sulla schiena:

"gli occhi di Severus divennero un tutt’uno con il buio incipiente e brillavano minacciosi"

Il caldo mi sta uccidendo, questo mi ha riportato in vita i sensi.

Cara Anouk, sono molto felice che la mia storia ti abbia trovata e, soprattutto, mi fa piacere sapere che ti sei lasciata trasportare dall’onda dei miei ‘singolari’ intrecci e li abbia comunque trovati gradevoli. Non sono affatto convinta della tua proclamata incapacità a creare trame complesse; hai dato prova, nelle tue bellissime fic, di grande padronanza narrativa e di un’arte non facile: arricchire di significati profondi frasi e brani in apparenza semplici e lineari.
Grazie anche per la frase sottolineata, è un asso nella manica a cui mi piace tanto ricorrere: descrivere i meravigliosi occhi di Severus, che sanno regalare, come hai già detto tu, puri brividi di piacere. ❤️❤️
 
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CITAZIONE (Arwen68 @ 5/8/2022, 12:25) 
Ho letto finalmente la tua storia, Kate, e ti devo fare i complimenti per lo stile di scrittura, che si evolve e migliora sempre più, per la fantasia e per la profondità dei sentimenti. La tua storia ha la magia dei maghi e quella dei sentimenti. Hai caratterizzato molto bene sia Severus che Remus, rendendoli credibili, veri.
Ho sperato che i due potessero fare amicizia ma la storia mi è piaciuta tanto anche con il suo finale amaro ma così tanto reale e vicino a ciò che sappiamo dei rapporti tra i due.
Brava, Kate.

Leggere dalle tue parole che il mio ‘saper narrare’ è migliorato, mi riempie di gioia, Manu carissima🥰. In questa occasione gli sforzi, l’impegno sono stati tanti, profusi soprattutto a cercare un filo conduttore originale che legasse i destini dei due protagonisti. Grazie per avermi letta e grazie di ❤️ per i tuoi elogi.
 
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view post Posted on 5/8/2022, 17:29
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CITAZIONE (Lonely_Kate @ 5/8/2022, 15:03) 
Non sono affatto convinta della tua proclamata incapacità a creare trame complesse; hai dato prova, nelle tue bellissime fic, di grande padronanza narrativa e di un’arte non facile: arricchire di significati profondi frasi e brani in apparenza semplici e lineari.

Una cosa è descrivere i sentimenti e le sensazioni, che mi piace molto fare, un'altra è costruire una trama strutturata, che non è il mio forte.
Ma grazie comunque per le tue belle parole!
 
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view post Posted on 14/8/2022, 09:48
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Sei riuscita a tratteggiare ombre e luci di uno dei personaggi più complessi della saga, nel contesto di una storia originale e affascinante. Le similitudini e le diversità di Severus e Lupin sono state evidenziate attraverso un'indagine profonda dell'anima di entrambi. Sei stata brava a ricondurre la trama nelle maglie di un canone che li ha di fatto separati. Ho trovato toccante il modo in cui hai utilizzato la scelta di Severus per evidenziare (attraverso la perdita del potere della stella) l'allontanamento definitivo da ogni sollievo e parvenza di felicità.
Complimenti.
 
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view post Posted on 14/8/2022, 18:01
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CITAZIONE (Gabrix1967 @ 14/8/2022, 10:48) 
Sei riuscita a tratteggiare ombre e luci di uno dei personaggi più complessi della saga, nel contesto di una storia originale e affascinante. Le similitudini e le diversità di Severus e Lupin sono state evidenziate attraverso un'indagine profonda dell'anima di entrambi. Sei stata brava a ricondurre la trama nelle maglie di un canone che li ha di fatto separati. Ho trovato toccante il modo in cui hai utilizzato la scelta di Severus per evidenziare (attraverso la perdita del potere della stella) l'allontanamento definitivo da ogni sollievo e parvenza di felicità.
Complimenti.

Cara Gabri, sono felice che ti sia piaciuto il tuffo nell'introspezione dei personaggi della sfida, è stato un gioco impegnativo, non facile per me e il tuo apprezzamento mi gratifica tantissimo <3 . Grazie anche per aver sottolineato il parallelismo tra la stella magica e il destino di Severus: davvero il Marchio Nero è "Tutto quello che vuoi"? Così, la peggior scelta per il solitario-suo-malgrado mago in nero, ha esaurito per sempre il potere della stella, la forza della speranza.
Grazie ancora per le tue parole <3
 
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9 replies since 20/6/2022, 10:50   329 views
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