Autore/data: Alaide – maggio 2022
Beta-reader: nessuno
Tipologia: One-Shot
Rating: Per tutti
Personaggi: Severus Piton, Pomona Sprite, Personaggio Originale
Pairing: nessuno
Genere: Drammatico, Introspettivo
Epoca: Più di un’epoca
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Pomona non sapeva nemmeno cosa dire. Non aveva, forse, mai saputo cosa dire al collega più giovane, per quanto fosse stato proprio in quel luogo che avevano avuto le conversazioni più personali.Nota: Storia scritta per l’iniziativa 15 anni con Severus. Sfida del mese di maggio. Scuola: Durmstrang. Ruolo: Portatore delle insegne
La storia è legata a Voci e a Ricordi, per quanto non ne sia un diretto seguito e non sia necessario aver letto le altre storie per poter leggere questa.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Lunghezza: 26.814 caratteri, escluse le note
Scelte
13 giugno 1998
Le mani gli tremarono all’improvviso, costringendolo a lasciar cadere il coltello e a mollare la presa dal delicato stelo che teneva tra le dita.
Odiava quell’effetto collaterale del morso di Nagini. La ferita che non si rimarginava poteva sopportarla, ma quei tremori che giungevano all’improvviso e che gli impedivano di lavorare gli risultavano insopportabili. Al San Mungo gli aveva detto che non sapevano cosa farci, che era già un mezzo miracolo che fosse sopravvissuto e, probabilmente, ritenevano che fosse un mezzo miracolo che non lo avessero condannato per i suoi crimini.
Almeno si trovava in un angolo celato di Hogsmeade, a cui si giungeva da un viottolo, a mala pena visibile, tra due edifici – tra i pochi che non erano dei negozi – e portava su un piccolo prato, circondato dal retro di alcune delle botteghe.
Era un luogo recluso, l’unico, in tutta la Scozia, in cui crescesse quel fiore dai petali rosa spento.
Nessuno avrebbe visto la sua umiliazione, nemmeno lo Snaso che aveva costruito la sua tana in un angolo del prato, dove quel raro ingrediente non cresceva.
Un tempo aveva pensato che, in qualche modo, vi potesse essere una strana somiglianza tra lui e quell’animale che amava gli oggetti preziosi. Al pari dello Snaso era stata attratto dalla lucentezza di Lily, ma la creatura magica aveva un animo puro, laddove, lui aveva perso da tempo immemorabile qualsiasi purezza avesse.
Si aspettò quasi, che lo Snaso uscisse allo scoperto, ma non accadde.
E le mani continuavano a tramare.
E dei passi si stavano avvicinando alle sue spalle.
L’uomo si alzò in piedi, ignorando la ferita che pulsava implacabile.
«Ti ho cercato ovunque, Severus.»
Non si voltò quando riconobbe la voce di Pomona, una delle persone che, da quando era stato assolto, sembrava provare un sadico piacere a cercarlo e a tormentarlo con domande assurde.
«Cosa vuoi?»
La donna osservò la nuca dell’uomo, che non si era girato verso di lei. Forse avrebbe dovuto dire a Minerva di mandare qualcun altro. Lei non aveva mai avuto un rapporto particolarmente stretto con Severus, nulla che andasse oltre a qualche discussione in fatto di piante che potevano servire come ingredienti.
«Minerva vuole parlarti.»
L’uomo non rispose, né si voltò verso di lei. Pomona non sapeva nemmeno cosa dire. Non aveva, forse, mai saputo cosa dire al collega più giovane, per quanto fosse stato proprio in quel luogo che avevano avuto le conversazioni più personali.
Ricordava ancora la prima volta che aveva veramente parlato con lui, ma all’epoca era ancora uno studente del sesto anno, che si era rifugiato lì, dopo che, alcuni giorni prima di un’uscita a Hogsmeade, aveva ricevuto una Strillettera umiliante, uno scherzo di cattivo gusto che lo aveva reso lo zimbello della scuola.
Non ricordava nemmeno il contenuto della lettera, né la reazione degli altri professori. Sapeva solo di aver spiegato ai suoi Tassorosso, quella sera stessa, che non era assolutamente appropriato ridere di un altro studente, per quanto molti di loro avessero avuto il buon senso di rimanere in silenzio, al contrario dei Grifondoro.
Era il primo anno in cui era stata diventata la responsabile della sua casa e voleva fare un buon lavoro.
«Allora dovrà aspettare.»
Il tono di voce di Severus era stato brusco e l’uomo non si era ancora voltato verso di lei. Lo ricordava ancora come un adolescente pelle e ossa, che eccelleva in Pozioni e che sapeva il fatto suo in Erbologia. Era entrato a Hogwarts quando lei aveva iniziato a insegnare, dopo anni trascorsi sul campo.
Ricordava che fino al giorno in cui aveva ricevuto quella Strillettera, lo aveva solo considerato nient’altro che uno studente della sua materia, che aveva ottenuto un ottimo risultato ai suoi G.U.F.O., e, forse, se non lo avesse trovato, solo, in disparte in quel prato nascosto fra le case di Hogsmeade, non gli avrebbe nemmeno parlato al di fuori delle lezioni.
9 ottobre 1976
Pomona non sapeva nemmeno per quale motivo avesse seguito quel viottolo. Forse era perché non l’aveva mai notato prima, nemmeno nei suoi anni da studentessa.
E, francamente, non si aspettava nemmeno di trovare qualcuno in quel prato maltenuto, con parti quasi totalmente prive d’erba e altre in cui questa era fin troppo rigogliosa, circondato dal retro di case e botteghe. Il suo animo di erbologa aveva pianto nel vedere quell’angolo di verde così trascurato, ma era rimasta maggiormente stupita nel notare uno studente.
L’aveva riconosciuto subito, seduto in un angolo del giardino, da solo. Ricordava ancora la Strillettera che aveva ricevuto qualche giorno prima e sperava che Horace avesse parlato con lui.
«Professoressa Sprite.»
Non si era nemmeno aspettata che la notasse, considerando che era voltato di tre quarti verso l’angolo opposto del prato.
«Signor Piton», il ragazzo la stava guardando con occhi incredibilmente adulti e lei non sapeva cosa dire. Però non poteva rimanersene lì, muta come un pesce – come avrebbe detto la sua nonna Babbana – senza dire una sola parola ad uno dei suoi studenti. «Spero che quello che è accaduto giovedì sia stato preso in considerazione dal professor Lumacorno.»
Non era una frase particolarmente intelligente e forse avrebbe dato adito alla diceria che vedeva nei Tassorosso delle anime semplici.
Il ragazzo annuì soltanto, per quanto Pomona non fosse per niente convinta che fosse sincero in quel momento. D’altronde non era affar suo immischiarsi nel modo in cui i suoi colleghi gestivano le loro case.
«Non sapevo che esistesse questo posto», commentò, con un sorriso gentile – lo stesso che usava con i suoi Tassorosso – sperando che il giovane Serpeverde dicesse qualcosa, ma il ragazzo non pronunciò alcuna parola.
Stava guardando un piccolo mucchio di terra in un angolo, da cui emerse per qualche breve istante il muso di uno Snaso, che osservò con attenzione il ragazzo, prima di tornare sottoterra.
Si chiese se dovesse dire qualche altra parola, mentre il Serpeverde portava la sua attenzione su una parte del prato, dove, in mezzo all’erba, troppo alta, crescevano alcuni rari fiori dai petali rosa spento.
Pomona quasi sobbalzò quando li vide. Non aveva idea che ve ne fossero in Scozia, considerando il clima troppo rigido, ma forse quel luogo, protetto dalle pareti degli edifici, li aveva riparati dalle intemperie.
«Hai riconosciuto quei fiori?»
Forse quello sarebbe stato un buon argomento per parlare con il ragazzo. Magari gli avrebbe anche permesso di essere più rilassato rispetto a pochi istanti prima.
Sorrise appena, quando il Serpeverde li osservò con maggiore attenzione, prima di annuire e di chiederle come fosse possibile che quella particolare pianta magica spuntasse proprio in quel luogo.
«Glielo riferirò, allora, Severus.»
L’uomo sentì il tremore abbandonarlo. Aveva creduto che Pomona se ne fosse già andata. Si girò verso di lei e la vide osservarlo con quel suo volto paffuto, che appariva bonario quella volta, com’era accaduto quel giorno del suo sesto anno, quando aveva tentato di farlo parlare, ma, lui, all’epoca era stato troppo ferito per poter accettare il tentativo di conforto dell’insegnante di Erbologia, per quanto avesse, per lo meno, risposto quando erano passati ad un argomento neutro, che non aveva nulla a che fare con lui o con quella Strillettera.
Il viso di Pomona era bonario anche quel giorno, ma su di esso leggeva anche altro. La collega avrebbe dovuto andarsene; invece, rimaneva lì, ferma e immobile ad osservarlo con stampigliata sul volto la commiserazione che odiava.
Poteva perfettamente immaginarsi cosa passasse per la testa dei suoi colleghi. Dovevano vederlo come un povero disgraziato, un derelitto, privato dell’unica casa che avesse, che si aggirava per la scuola con la sua ferita sanguinante e le sue mani tremanti.
«Stavi raccogliendo quei fiori?»
La voce di Pomona era stupita. Doveva aver visto il coltello che gli era caduto per terra. In quel momento sperò quasi che uno degli Snasi – ne aveva visti diversi da quando aveva scoperto quel prato nascosto durante il suo sesto anno – uscisse dalla sua tana e notasse la collana che luccicava al collo di Pomona, facendola fuggire, ma gli animali stavano con ogni probabilità dormendo, sempre che non fossero rimasti uccisi, anche loro, durante la battaglia che si era combattuta poco più di un mese prima.
«E anche se fosse?»
Non aveva di certo intenzione di dire all’ex collega di aver pensato di studiarne lo stelo. Tutti sapevano a cosa servissero i petali, ma aveva trovato in un manoscritto del XV secolo, emerso in maniera fortuita durante i restauri del castello, traccia delle proprietà curative dello stelo che era stato usato per cicatrizzare più di una ferita durante la Guerra delle due Rose, in cui alcuni maghi si erano schierati con i Lancaster o con gli York. Forse da lì sarebbe potuto partire per trovare un unguento che potesse guarire definitivamente la ferita al collo, per quanto la sua priorità dovesse essere, al momento, escogitare un rimedio per impedire quei tremiti improvvisi, ma, forse, le due cose erano collegate, considerando anche che i secondi erano emersi giorni dopo la sua assoluzione.
«Mi sono sempre chiesta cosa ne sia stato della signorina Atterberry.»
Severus osservò l’insegnante di Erbologia, chiedendosi perché stesse rivangando quella storia vecchia di dieci anni.
Forse si trattava semplicemente del luogo, di quel prato a Hogsmeade e di quei fiori dai petali rosa pallido.
Almeno non aveva richiamato alla memoria il giorno in cui lo aveva scovato lì nel corso del suo sesto anno e non aveva nominato alcuna Strillettera, per quanto ricordasse perfettamente quello che era accaduto in Sala Grande nel maggio del 1988.
8 maggio 1988
8 maggio 1988
La Sala Grande era quasi deserta quella domenica mattina, notò l’uomo, mentre si sedeva al suo posto abituale. Anche accanto a lui non c’era nessuno, se non Pomona Sprite che stava sorseggiando, ad una sedia di distanza, l’imbevibile tè dolciastro che era solita preferire.
Ai tavoli delle case, non sedevano che pochi alunni: qualche raro Grifondoro, una manciata di Serpeverde, una ventina di Corvonero e una quindicina di Tassorosso. A quanto pareva tutti avevano preferito poltrire o, forse, era unicamente lui ad essersi svegliato presto, come al solito.
Bevve un sorso di tè, mentre calcolava quanto tempo gli sarebbe occorso per finire di correggere gli ultimi compiti della settimana, per potersi così dedicare alla ricerca.
Se soltanto non fosse stato così cieco da votarsi all’Oscuro Signore, in quel momento non si sarebbe trovato seduto a quel tavolo. Avrebbe potuto essere un commerciante di rari ingredienti o, ancora meglio, un pozionista dedito unicamente al piacere della ricerca di nuovi intrugli o al miglioramento e al perfezionamento di altri.
Ma lui aveva distrutto qualsiasi possibilità di un futuro radioso, quando aveva macchiato la sua anima con il sangue che aveva versato quando, colmo di rabbia, di desiderio di rivalsa e potere, era diventato un Mangiamorte.
E sapeva perfettamente che altro sangue sarebbe stato versato, che, ad un certo punto, nel suo futuro, sarebbe dovuto tornare al servizio dell’Oscuro Signore, nel tentativo, che già immaginava vano, di rimediare al male fatto durante la sua folle gioventù.
C’era chi lo avrebbe definito un uomo giovane, ma la maggior parte dei giorni si sentiva decisamente più vecchio dei suoi ventotto anni.
Quando udì uno sbattere d’ali, alzò a malapena lo sguardo e non avrebbe nemmeno distolto gli occhi dalla sua colazione se nella Sala Grande semivuota non fossero riecheggiate le parole di una Strillettera.
«Sei una vergogna per la nostra famiglia, Amaryllis. Come hai potuto anche solo pensare che potessimo aiutarti dopo quello che hai fatto? Hai macchiato il nostro nome con la tua imprudenza. E ne hai macchiato la purezza.
Siamo inorriditi nell’apprendere della tua leggerezza.
Fai quello che devi.»
«Pensi veramente che me ne sia mai importato qualcosa?»
Pomona osservò con attenzione il volto emaciato di Severus. Non sapeva nemmeno lei perché avesse fatto riferimento a quel fatto accaduto dieci anni prima, ma Amaryllis Atterberry era stata una Tassorosso e rammentava perfettamente il modo in cui l’uomo era stato coinvolto in quella triste vicenda.
Ricordava la Strillettera e il fatto che Severus, l’unico insegnante presente quella mattina oltre a lei, aveva compreso immediatamente quello che era accaduto, quando gli aveva parlato dopo che Amaryllis era uscita di corsa dalla Sala Grande sotto lo sguardo dei pochi studenti presenti.
8 maggio 1988
Pomona si chiese se dovesse affrettarsi e raggiungere Amaryllis, ma non era certa che la ragazza avrebbe accettato una sua interferenza così presto. Aveva, d’altronde notato, che la migliore amica della Tassorosso del settimo anno era andata con lei e, forse, sarebbe stato più logico intervenire più tardi.
Si voltò verso Severus, che stava posando con calma la tazza di tè, di quel tè fin troppo speziato che amava bere. Sembrava quasi che non fosse accaduto nulla e che gli studenti rimasti non stessero chiacchierando tra di loro. Non riusciva a capire cosa stesse pensando il collega, ma, a voler essere sincera, non era mai riuscita ad instaurare un vero rapporto di amicizia con lui, contrariamente a quanto aveva fatto con gli altri.
Poi l’uomo si alzò e si allontanò dalla tavola e lei lo seguì, anche se non ne comprendeva veramente il motivo, mentre altri suoi colleghi, che avevano preferito alzarsi più tardi quel giorno, prendevano posto.
Appena fuori dalla Sala Grande, Amaryllis stava parlando con la sua amica, ma le due Tassorosso si allontanarono non appena la videro o, forse, avevano notato Severus che la precedeva di qualche passo.
«Cosa pensi di quanto accaduto?»
Pomona si chiese per quale motivo gli avesse posto quella domanda. Con ogni probabilità stava cercando di trovare un modo per creare un rapporto con lui che andasse oltre l’Erbologia e gli usi delle piante nelle pozioni. Si sentiva come quel giorno a Hogsmeade quando aveva goffamente tentato di parlare con lui.
«Non dovresti rincorrere la signorina Atterberry?»
«Preferisco aspettare che abbia parlato con Juliet, che probabilmente ha compreso l’intero contenuto della lettera.»
«Non ne sarei così sicuro.»
Le parole erano brusche, ma Pomona si chiese cosa avesse notato Severus che lei non aveva visto. Aveva sempre creduto di saper leggere alla perfezione gli studenti della sua casa, ma a quanto pareva non era il caso quel giorno.
«Le parlerò tra poco», affermò, come se volesse, in qualche modo sottolineare che era perfettamente cosciente dei suoi doveri. «Non mi sarei mai aspettata che Amaryllis potesse ricevere una lettera del genere.»
«Mi auguro che tu sia sottile nell’affrontare il particolare caso della signorina Atterberry.»
Pomona ricordava perfettamente che si era sentita una stupida, quando Severus aveva detto, in maniera non esplicita, quello che era accaduto ad Amaryllis. Si chiedeva ancora se avesse parlato in quel modo perché convinto che anche lei avesse capito o perché non voleva che qualcuno li sentisse.
«Eppure, so che, dopo quell’episodio hai proposto a Albus di trovare il modo di impedire che le Strillettere potessero entrare a scuola.»
«Soltanto per evitare altri inutili e fastidiosi drammi. Sono certo che te ne ricordi perfettamente anche tu.»
La donna annuì soltanto. Ricordava perfettamente anche la riunione che aveva coinvolto tutti gli insegnanti, il giorno dopo.
9 maggio 1988
«Credo che dovremmo capire cosa fare con la signorina Atterberry, considerando quello che è accaduto ieri.»
A parlare era stato Filius e Pomona gliene era grata. La ragazza non aveva voluto parlare con lei, quando l’aveva raggiunta in sala comune e Juliet le aveva confidato che Amaryllis non si era confidata nemmeno con lei, che era la sua migliore amica.
Non sentì nemmeno cosa stesse dicendo il Preside, preferendo osservare gli altri colleghi. Minerva sembrava scandalizzata, ma la donna aveva una mentalità quasi vittoriana, per quanto non fosse molto più vecchia di lei. Filius appariva preoccupato, come altri di loro. Soltanto Severus non sembrava per nulla toccato da quanto era accaduto.
«Forse, Preside, per evitare altri inutili drammi come questo, si dovrebbe pensare ad un modo per impedire alle Strillettere di essere recapitate qui a scuola.»
Le parole sembravano quasi indifferenti, ma Pomona dovette ammettere che era una buona idea. Forse il collega più giovane si era ricordato del giorno in cui ne aveva ricevuta una lui o forse era rimasto più colpito di quanto non desse a vedere dalla Strillettera che aveva turbato così tanto Amaryllis Atterberry.
Ma Albus rifiutò la proposta, senza nemmeno fornire una spiegazione.
«C’è una cosa che non capisco, Pomona», disse improvvisamente Minerva. «La signorina Atterberry è una Mezzosangue da quel che mi risulta. Tutto quel parlare di macchie e purezza pare fuori luogo.»
«Suo padre è, in effetti un Mezzosangue, ma sua madre è spagnola, un membro della famiglia Calatrava.» [1]
Nessuno dei suoi colleghi commentò le sue parole. Tutti avevano sentito parlare dei signori di Calatrava, una famiglia spagnola che seguiva il credo nella Limpieza de Sangre, qualcosa che mischiava le idee dei maghi Purosangue con quelle dei Babbani spagnoli che, in passato, avevano rifuggito qualsiasi contatto con il sangue di Conversos e Moriscos [2]. Una famiglia di Purosangue inglesi non li avrebbe definiti tali perché, nei secoli, si erano sposati con Babbani che rispondessero all’idea spagnola di Limpieza de Sangre. Quando aveva capito cosa fosse realmente accaduto e perché i genitori di Amaryllis avessero mandato quella Strillettera, non si era nemmeno stupita del suo contenuto.
Severus osservò Pomona, sperando che lasciasse cadere il discorso e se ne andasse. Non aveva nessuna intenzione di dirle che, all’epoca, gli era importato della ragazza, che aveva rivisto, in parte, quello che era accaduto a lui durante il sesto anno. La signorina Atterberry era stata umiliata da quella Strillettera, per quanto in Sala Grande fossero, fortunatamente, in pochi e qualsiasi pettegolezzo la riguardasse si fosse spento quasi sul nascere.
Albus era stato sordo alle sue parole, sia a quelle che gli aveva rivolto davanti agli altri colleghi, quando avevano discusso della questione, sia a quelle che gli aveva rivolto in privato, sebbene fosse stato cosciente che il Preside non avrebbe fatto nulla in proposito.
«Non devi supervisionare il restauro delle serre?», chiese, quando notò che la collega sembrava intenzionata a rimanere a fissarlo, immobile.
Per lo meno, era scomparsa quell’odiosa espressione pietosa che era stata sostituita da uno sguardo interrogativo, quasi che Pomona stesse cercando di capire cosa fosse realmente accaduto dieci anni prima.
«Sì, hai ragione. Mi sono fermata troppo a lungo.»
La donna lo fissò per un altro lungo momento, prima di andarsene attraverso lo stretto viottolo. L’uomo rimase immobile per qualche istante, poi, quando fu certo che Pomona se ne fosse effettivamente andata, tornò ad inginocchiarsi e riprendere in mano il coltello che gli era caduto di mano poco prima.
Il muso di uno Snaso fece improvvisamente la sua comparsa e lo osservo curioso, per qualche breve istante, ma l’oro se n’era andato con la Tassorosso e la creatura non sembrava interessata a lui, come non lo era mai stata le altre volte che uno di loro aveva fatto capolino dalla terra. D’altronde lui non possedeva nulla che potesse attrarre l’animale e, quando era stato più giovane, ben cosciente dello stato miserevole dei suoi abiti, aveva provato qualcosa di molto simile alla vergogna e alla rabbia nel pensare che nemmeno uno Snaso aveva alcuna ragione per rimanergli accanto, così come non l’aveva avuta Lily. La creatura magica lo fissò, mentre afferrava con delicatezza lo stelo, prima di sgattaiolare verso le vie di Hogsmeade che, però, dopo la guerra erano straordinariamente tranquille e vuote.
Erano state ben diverse dieci anni prima, durante un sabato di maggio, in cui i ragazzi erano scemati allegri e spensierati verso il villaggio.
E contrariamente a quello che aveva lasciato intendere a Pomona, ricordava perfettamente quello che era accaduto allora.
14 maggio 1988
«Signorina Atterberry.»
La ragazza sobbalzò, lasciando cadere a terra alcuni delicati fiori dai petali rosa. Severus non dovette nemmeno avvicinarsi per riconoscerli e per sapere a che pozione servissero. D’altronde crescevano unicamente in quel luogo sconosciuto ai più. Si chiese da quando la Tassorosso fosse a conoscenza della loro esistenza in quell’angolo dimenticato di Hogsmeade. Se per questo non avrebbe nemmeno dovuto sapere a che cosa servisse quell’ingrediente, ma la Strillettera lasciava intendere che quella era la soluzione che le suggerivano i suoi genitori.
«Professor Piton, io non… non sto…»
«Mi prendi forse per uno sciocco?»
«No, professore.»
La giovane Tassorosso evitava di guardarlo, ma Severus notò che le mani le stavano tremando e che tutto nel suo atteggiamento denotava la più profonda incertezza. Si chiese se i genitori le avessero per caso anche mandato la ricetta della pozione per cui servivano quei fiori.
«Quindi stavi raccogliendo, per puro caso, quella particolare pianta che serve unicamente per preparare una pozione illegale? O ti ha spinta, forse, la dabbenaggine?»
Il sole illuminò i petali sparsi per terra ed i capelli castani della Tassorosso, che continuava a fissare il suolo.
«Io… la Strillettera…»
«Immagino che tu sappia che un solo minimo errore commesso preparando la pozione, per cui volevi raccogliere quell’ingrediente, può portare alla morte.»
La ragazza stava tremando, ma aveva alzato lo sguardo. Aveva gli occhi umidi di lacrime, colmi di indecisione e di qualcosa che Severus non riuscì pienamente a comprendere. Per un istante si chiese come fosse stato crescere con una madre appartenente alla stirpe dei Calatrava, una famiglia magica che faceva risalire le proprie origini a un paladino di Carlo Magno e, ancora più indietro, ad un mago fuggito dalle mura di Troia.
«Mi denuncerà?»
«Ti ho forse colta nel tentativo di distillare una pozione abortente?» Amaryllis Atterberry gli ricordava in quel momento una ragazza che aveva vissuto a Spinner’s End quand’era piccolo e che era morta durante un aborto illegale, pochi mesi prima che nel Mondo Babbano la pratica venisse regolamentata per legge. «Quello che mi chiedo, signorina Atterberry, è che cosa tu voglia veramente fare.»
In un’altra occasione non le avrebbe detto quelle parole, ma sapeva perfettamente come potessero diventare gravose le scelte compiute in preda ai sentimenti, senza riflettere veramente con attenzione sulle conseguenze, credendo, scioccamente, di star facendo qualcosa di importante e di lodevole.
Non avrebbe di certo condannato la ragazza se avesse deciso di proseguire lungo la strada che aveva deciso di intraprendere, ma non voleva che quella studentessa si ritrovasse a vivere con il peso di una scelta che le era stata imposta da una famiglia troppo presa dal proprio orgoglio per preoccuparsi di lei e di quello che le poteva essere accaduto.
«Io… non lo so, professore.»
Ed era la risposta che si aspettava. Durante l’inutile riunione che avevano tenuto tra insegnanti il giorno dopo l’arrivo della Strillettera si era fatto un gran parlare di quello che la scuola avrebbe dovuto fare, ma alla fine non si era deciso nulla. E nessuno si era nemmeno chiesto come la signorina Atterberry si fosse ritrovata in quella posizione. Non riteneva nemmeno che il problema per la famiglia fosse un figlio illegittimo – qualcosa che nel Mondo Magico era ancora guardato con una certa dose di moralismo ipocrita – quanto il fatto che non sapessero quale fosse il sangue del bambino. E quel particolare lo aveva portato a formulare una sola ipotesi e sperava per la ragazza che si stesse sbagliando.
«Allora pensaci e poi, quando avrai preso una decisione, comunicamela e, nel caso tu lo voglia, avrai la tua pozione. Non vorrei trovarmi a dover spiegare al Preside per quale motivo hanno trovato il tuo cadavere in qualche aula in disuso.»
La Tassorosso lo guardò per qualche breve istante, mentre una lieve brezza faceva volare qualche petalo rosa spento. Sembrava quasi sollevata, per quanto gli occhi fossero ancora colmi di lacrime.
«Grazie, professor Piton.»
Poi corse via, lasciando dietro di sé i petali sparsi di quella rara pianta che cresceva soltanto in quel punto di Hogsmeade.
E mentre la osservava ricordava perfettamente la Strillettera umiliante che aveva ricevuto durante il sesto anno.
Ed il sorriso divertito che era apparso sulle labbra di Lily.
E il tentativo di parlare con lui di Pomona.
Ma quella situazione era decisamente diversa e, forse, per una volta sarebbe riuscito a compiere un’azione che avrebbe potuto aiutare quella ragazza, qualunque fosse stata la sua decisione.
«Cos’hai detto ad Amaryllis?»
Pomona lo aveva raggiunto nel prato seminascosto, senza che lui se ne accorgesse, la mente immersa nei ricordi di quel giorno lontano e nella preoccupazione del presente.
«Nulla.»
«Sembrava turbata.»
Severus non disse una sola parola. Forse avrebbe dovuto considerando che la signorina Atterberry era una Tassorosso, ma era convinto che meno persone sapessero di quello che era appena accaduto meglio sarebbe stato per tutti.
«Il che non dovrebbe nemmeno stupirti.»
Pomona lo stava fissando, senza nemmeno guardare verso il suolo dove i petali volteggiavano al vento e dove lo Snaso che viveva lì li stava osservando, in cerca, con ogni probabilità, di qualche gioiello da portare nella sua tana.
«Mi chiedevo soltanto se avesse parlato con te, Severus. Con me non ha detto una parola.»
«E perché avrebbe dovuto parlare con me?»
Non aveva nessuna intenzione di dire a Pomona che, in effetti, la ragazza aveva parlato con lui, per quanto fosse certo che lo avesse fatto unicamente perché l’aveva sorpresa mentre raccoglieva quel fiore.
Severus tagliò con cura alcuni dei fiori, per poi riporli delicatamente in un piccolo contenitore che aveva portato con sé.
Si chiese, per un istante, cosa avrebbe effettivamente riferito Pomona a Minerva, ma, in fin dei conti, non gli importava. Un giorno non sarebbe più riuscito ad evitare la donna che stava dirigendo, come meglio poteva, considerando le continue interferenze del Ministero, la ricostruzione rapida della scuola.
Mentre si alzava in piedi, notò che alcuni petali erano caduti al suolo e gli tornò in mente quel giorno di dieci anni prima, quando aveva parlato con la signorina Atterberry.
E rammentava perfettamente della sera in cui era andata a comunicargli la sua decisione, di cui, con ogni probabilità Pomona non sapeva nulla, a giudicare dalla domanda che gli aveva posto poco tempo prima.
E sperò, mentre la ferita pulsava, che quella fosse stata veramente la scelta migliore per la giovane Tassorosso.
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[1] Il cognome della famiglia della madre di Amaryllis non è casuale. L’ispirazione è giunta dalla
Forza del destino di Verdi, in cui i signori di Calatrava sono fissati con la purezza del sangue (in quel caso sangue puramente spagnolo contrapposto alla presenza di sangue Incas).
[2] La Limpieza de sangre è tipica soprattutto della Spagna e del Portogallo del XVI e del XVII secolo, anche se si protrasse fino al XIX, e ha come scopo quello di separare le famiglie che si ritenevano di sangue puro da quelle dei Convertos (ebrei convertiti al cristianesimo) e dei Moriscos (musulmani convertiti al cristianesimo).