Titolo: Il sussurro
Autrice: Giulia Nerucci 22 Maggio 2022
Tipologia:“racconto breve"
Rating: per tutti
Genere:Introspettivo, drammatico, sentimentale
Personaggi: Severus, Harry
Riassunto: Momento introspettivo di Severus riferito a Lily
Epoca: 1 anno HP
IL SUSSURRO
Oramai ci sono abituato: l'ultima immagine di ogni mio sogno è un'esplosione di immagini che si susseguono. Erba tagliata di fresco, profumo dei fiori di maggio, la brezza estiva che mi scompiglia i capelli, petali di rosa e margherita fusi insieme in un'ampolla, profumo inebriante nelle narici, campi di grano sconfinati, odore di lavanda, il biancospino, la sua chioma ramata che ondeggia al vento, l'erba verde bagnata di rugiada nei suoi occhi puliti. Mi guarda.
Nel sogno non dice mai una parola. La mia mente si rifiuta, anche mentre dormo, di farle pronunciare parole che non ha mai detto. Mi guarda, a volte sorride, ma decisamente il più delle volte sono i silenzi a parlare per lei.
Mi guarda con uno sguardo insostenibile perchè nel sogno so di aver aver avuto un perdono che non merito. Nei suoi occhi non c'è più rimprovero, non c'è traccia di risentimento.
E' l'unica concessione che mi sono dato in tutte queste innumerevoli notti. So che non è così. Divisi per sempre dalla mia stupidità, strappata alla vita per la mia cecità e nonostante quanto mi venga ripetuto da anni, non so se sarò in grado di fare quanto mi è stato richiesto.
Lui ha fiducia in me, più di quanta non ne trovi io stesso.
Il giorno tanto temuto è arrivato.
Oggi saprò, e solo io e Lui, sapremo. Lo ha promesso, ed io ho promesso a Lui, al padre che avrei dovuto avere, a colui che mi ha donato una nuova vita, una seconda opportunità.
Un raggio di sole impudente ferisce le mie palpebre chiuse. I pensieri scivolano via come acqua in un fiume in piena.
E' ora. Il tempo è giunto.
Mi alzo stancamente dal letto. Appoggio le mani sul materasso in cerca di un'energia che non ho. Alzati Severus. Il giorno della resa dei conti.
Tremante, mi dirigo verso il bagno. Lavo via i miei pensieri con l'acqua fredda che sgorga dal rubinetto, incurante di tutto, del mio passato, del mio futuro.
Mi guardo allo specchio: guardati. Sei un uomo ormai, potresti essere suo padre e non lo sei. Non è mai stato nel tuo destino esserlo. Il tuo è un altro ruolo. Fallo e fallo bene.
Guardo il mio volto spigoloso. Quante rughe impercettibili si sono stanziate in me. Una, una in particolare: qui, all'attaccatura di questa inutile appendice nasale che mai potrà annusare il profumo della sua chioma color rame.
Questo solco dell'anima mi aiuta nel mio nascondermi al mondo.
Questa ruga fa parte della mia maschera.
Nessuno sa, nessuno deve sapere. Il mio tormento, le mie nottate, i miei pensieri, i miei ricordi.
Nessuno, tranne Silente, conosce fino in fondo il mio animo. Nessuno, tranne Lui, sa leggermi dentro, anche quando non vorrei. Sospetto che talvolta, segretamente lo abbia fatto, nei primissimi tempi, quando nessuno aveva fiducia in me, e lui era il solo, in mezzo a tutti quelli che contavano, che mi ha accolto. Nonostante tutto, talvolta, soprattutto di sera, mentre percorriamo insieme i lunghi corridoi che ci conducono ai rispettivi alloggi, ho sentito nella mente come una presenza estranea, ma confortevole. Non ho chiesto se avesse operato silenziosamente su di me la legillimanzia: non ho osato. Se lo avesse fatto, ne avrebbe avuto tutto il diritto. Non sono nessuno, non ho più diritti da molto tempo. Ho votato la mia vita al dovere. Un dovere che oggi, non riesco più a focalizzare.
Mi sono chiesto spesso però come tenere nascosto il pensiero di
lei.
I primi tempi ho tentato di non pensarvi. Impossibile. Tutto mi riportava a noi.
Dove sarei potuto fuggire da quel ricordo? Rifugiandomi nella mia casa Babbana che è nello stesso isolato di quella che un tempo fu la sua? Hogwarts, dove abbiamo trascorso l'adolescenza insieme? Dove?
Infine ho capito che per nascondere il suo ricordo, l'unica soluzione era non nasconderlo affatto, ma lasciarmi pervadere da esso. Non ho bisogno di pensarla, di focalizzare la sua immagine.
La consapevolezza di
lei come parte di me, come aria che respiro, sangue che mi scorre nelle vene, solo questo basta a trascinare questa corpo. Così, chiunque voglia leggermi nella mente non vedrà mai la sua immagine, perchè
lei è in me, è fusa nella mia anima, al limite può udire la sua voce, può percepire il suo profumo, può intravedere un'evanescenza smeraldina, ma niente di più.
Ho costruito la mia maschera così a fondo che alla fine anche io mi sono adagiato in questa figura arcigna e indisponente. Così il mondo deve vedermi. Non voglio che nessuno mi onori. Non merito lodi da studenti per le mie abilità, non cerco la gloria, non voglio ammirazione.
Ho un compito. Ho aspettato, come mi è stato chiesto. Oggi inizio la mia missione e non so da dove iniziare.
La mia divisa da insegnante mi attende mollemente appoggiata sulla sedia.
L'abito che ho riflette il mio spirito: Chiuso.
Tutta la mia esistenza si basa su chiusure: chiuso nel carattere, chiuso in una stanza, una porta che si chiude con violenza davanti al mio volto, chiusa un'amicizia, chiusa una vita. Ogni giorno chiudo con pazienza le decine di bottoni sul mio corpo, così che nessuno possa avvicinarsi ad esso. In nessun modo.
Chiusura...
Semmai mi aprirò sarà alla chiusura. Alla fine.
Bottone... asola... bottone... asola... bottone... asola.Perchè sei nervoso? Tutto come sempre, hai la tua maschera, il ragazzo non sa nulla di te.
Bottone... asola... bottone... asola.
Il ragazzo non sa chi sei; vive tra babbani che gli hanno persino negato di poter piangere sulla tomba dei genitori, inventandosi una ridicola storia su un banale incidente.
Bottone... asola... bottone... asola.Smettila di preoccuparti, il ragazzo non sa nulla e nessuno dirà nulla. Solo Silente sa, e Silente ha promesso.
Bottone... asola... bottone... asola.Non dovrà mai sapere. Forse non ci sarà neppure bisogno di aiutarlo. Forse non accadrà nulla. Forse Silente è stato troppo pessimista sul ritorno dell'Oscuro Signore.
Bottone... asola... bottone... asola.Vegliare su di lui.
Bottone... asola... bottone... asola.Vegliare, nient'altro. Non potrà essere così difficile...
Bottone...E se invece lo fosse? E se invece non riuscissi a mantenere l'impegno di proteggerlo? Perchè si dà tanto per scontato che io voglia farlo? Perchè non si tiene conto che poteva essere mio figlio, in un'altra vita, in un'altra realtà? Perchè Potter? Perchè lui sì? Perchè non sono stato smistato in Grifondoro anche io? Cosa c'era in me che non andava? Eppure io non ho mai avuto desideri di grandezza, non ho mai pensato di primeggiare, di avere la gloria sempiterna... io volevo solo una cosa. Una sola. Quando mi appoggiarono il Cappello Parlante sulla testa il mio pensiero fu solo Lily. Lily che già sedeva al tavolo con Potter.
Non ho sentito nulla di quello che diceva quell'ammasso di stracci polveroso, niente, finchè non ha detto: SERPEVERDE! Non ho potuto giocare la mia partita ad armi pari. Di chi è stata la colpa di ciò che è stato? Mia? del Cappello Parlante? di Potter?
...asola.
Basta. Torna in te, Severus. Stai delirando, e hai bisogno di tutte le energie per affrontare questa giornata. Chiudi la mente... chiudi la mente... chiudi la mente.
Il mio mantello completa l'opera di vestizione. Nero, come l'ebano, leggero, come il vento. Chiudo la porta alle mie spalle. Si va in scena.
Sono seduto al tavolo insegnanti nella Sala Grande. Ho scelto, in accordo con Silente, di sedere defilato, quest'anno. Non voglio dare nell'occhio, non voglio essere visto più del necessario.
Accanto a me ho il professor Raptor, che quest'anno ha ottenuto la cattedra per la Difesa contro le Arti Oscure. Non mi piace. Ho avvertito uno stranissimo formicolio al braccio sinistro. Non dolore, solo intorpidimento, l'eco di un richiamo lontano, al quale non voglio pensare.
Gli studenti sono già seduti ai tavoli delle rispettive case. Manca solo
lui. Lui e tutto il resto dei nuovi arrivati. Per un attimo il cielo sopra di noi diviene di un colore innaturale... più ceruleo, più cobalto: è il segnale per gli studenti che qualcosa sta per accadere. Il preside dice poche parole di benvenuto ed indica con una mano il portone sul fondo che si apre verso l'interno della Sala ad una velocità che mi è sembrata tremendamente lenta.
Laggiù, in fondo, guidata da Minerva, una macchia nera incerta si muove trepidante.
I miei occhi iniziano a focalizzare:
dov'è?. Devo riuscire a vederlo prima che lui veda me, ma non ci riesco. Vedo il giovane Malfoy, Tiger e Goyle, un cesto di capelli ondulati color castano chiaro, un giovane ragazzo di colore, il figlio dei Weasley... oh Dio!
Un sussulto. Credo di essermi aggrappato ai lati del tavolo per sorreggermi.
James Potter era di nuovo dinanzi a me. Inconsapevole di esserci. Sei tu che me l'hai portata via, sei tu che hai rovinato tutto!
Ho sentito la rabbia montarmi dentro, come un fuoco. Sì, stavo quasi per alzarmi e andargli contro, quasi come se tutto il resto non esistesse più intorno a me.
Lui si è voltato, e mi ha visto.
L'istinto di vendetta che aveva pervaso il corpo e lo spirito si è disintegrato dietro quelle lenti cristalline, che amplificavano le gemme di giada incastonate sul volto del ragazzo. Come se qualcuno mi avesse ricacciato indietro con un incantesimo non verbale, il mio corpo è ritornato indietro, inerme. Schiantato.
Silente aveva ragione fin dall'inizio. Ecco perchè sapeva che nonostante il mio risentimento verso James Potter non avrei potuto fare niente di meno che vegliare sul figlio di Lily. Quel figlio che avrei mandato a morte per salvare solo lei.
Silente sapeva che non avrei potuto tirarmi indietro.
Il ragazzo non staccava gli occhi da me. Io non potevo staccare gli occhi da lui.
Ci siamo guardati per un tempo che mi è parso eterno.
Non ho resistito. Dovevo sapere. Solo un'occhiata. Sarò delicato e me ne andrò subito. Non se ne accorgerà nemmeno.
"Legillimens" ho pensato. Nella mente del ragazzo ho visto solo poche immagini: un ragazzo grassoccio, una civetta, la Gringott, Hagrid, una motocicletta volante, il negozio di Olivander, l'espresso per Hogwarts. E poi... un sussurro.
Spaventato mi sono fermato. Il ragazzo si stava toccando la cicatrice, e continuava a guardarmi... No, non posso essere stato io. Che abbia perso il controllo? Il braccio continuava a formicolare... il ragazzo continuava a guardarmi, adesso con diffidenza.
Devo stare più attento. Ho rischiato di essere scoperto e solo per sapere se lui sapeva qualcosa.
Pare di no. Sono un perfetto estraneo. Sono il temibile professore di Pozioni, e questo basta.
Ha continuato a guardarmi da sotto le sue lenti ancora un paio di volte, prima che il Preside facesse apparire il banchetto, poi, ho sentito la sua tensione allentarsi, e l'ho visto sorridere, al tavolo dei Grifondoro. Come suo padre, come sua madre.
Finita la cerimonia, siamo tornati nei nostri alloggi.
Ho aperto la porta pesante del mio loculo. L'ho richiusa dietro di me. Via la maschera: un'altra giornata è finita.
Asola... bottone... asola... bottone... asola... bottone...
Il ragazzo non sa nulla, ti sei preoccupato per niente.
Asola... bottone...
Tutto come previsto, segui le direttive, non prendere più iniziative sul ragazzo di cui potresti pentirti.
Asola... bottone... asola... bottone...Va tutto bene, va tutto bene, va tutto...
Un singulto mi sale dal diaframma e arriva alla gola.
Deve uscire, ma non c'è suono. Ne sale un altro e un altro subito dopo.
Come un fiume che si ingrossa all'improvviso durante un inaspettato temporale, esce dalla gola un singhiozzo che pare un latrato e le lacrime gonfiano gli occhi cadendo copiosamente sull'ultimo bottone ancora chiuso. Lo lascio lì, senza aprirlo.
So perchè sto piangendo, posso nasconderlo al mondo, ma non a me stesso.
E lo so perchè anche per me è così: nessuno che volesse leggermi dentro potrebbe vedere
lei, perchè di lei potrebbe solo sentire un profumo, e non potrebbe sapere che cos'è quella fragranza; potrebbe sentire la voce, ma non riconoscerla per la sua.
Ma io posso, invece (e come non potrei): nella mente del ragazzo, quello che ho sentito era un'eco lontana; pronunciata chissà quando e chissà perchè e rimasta nascosta nell'ultimo recondito angolo, anche a lui stesso estraneo.
Ma non era un sussurro.
Era un nome.
Il mio.
"Severus"
Edited by Giulia Nerucci - 23/6/2022, 19:44