Il Calderone di Severus

Mitsuki91 - Mai più, Genere: generale, introspettivo - Tipologia: One Shot - Rating: Per tutti - Avvertimenti: / - Epoca: fra il quinto e il settimo anno - Personaggi: Severus Piton, Eileen Prince, Albus Silente

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view post Posted on 22/4/2022, 10:39
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Campione per Hogwarts - sfida di Aprile

Titolo: Mai più
Autore: Mitsuki91
Beta: Lonley_Kate e Chiara53
Genere: generale, introspettivo
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Avvertimenti: /
Epoca: fra il quinto e il settimo anno
Personaggi: Severus Piton, Eileen Prince, Albus Silente
Pairing: nessuno

Riassunto:

"E il boccino girava, girava nella sua mano...
Severus sentì un altro peso aggiungersi alle sue colpe, una malinconia che nulla aveva a che vedere con il suo dolore, e con la disperazione di un assetato nel deserto vi si immerse, si fece avvolgere da quella emozione familiare ed estranea.
Mai più."

Disclaimer: personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Note: la Pietra non è citata nominalmente, ma nella storia è chiaro che Severus la stia usando inconsapevolmente.
Conteggio caratteri: 30.218 – corrispondono a 3,7 punti



Mai più



Severus camminava svelto, tenendo d'occhio il gruppo di persone dinanzi a lui. Era disilluso, e il traffico di pedoni Babbani rendeva il suo ruolo di sorvegliante segreto estremamente facile. Con uno sbuffo soffocato spostò la sua attenzione sul grosso cane nero che saltellava accanto al ragazzo, gioioso per essere riuscito ad uscire da Grimmauld Place almeno quel giorno.
Incosciente.
Severus spostò lo sguardo di lato e vide Remus Lupin osservare a sua volta il cane, con un cipiglio preoccupato. Come la loro amicizia fosse sopravvissuta al tentativo di Sirius di renderlo inconsapevole complice di un omicidio era fuori da ogni sua ipotesi... Ma, dopotutto, non era neanche più un suo problema, essendo sopravvissuto al tentato assalto da parte del lupo mannaro, ormai una vita prima, al suo quinto anno di Hogwarts.
E ora eccoli tutti qui. Nel mezzo di una guerra, un ragazzo dagli occhi verdi al centro di tutto, i suoi protettori della luce a circondarlo. E il suo protettore oscuro a seguirlo a distanza, per ordine di Silente, costretto a sorbirsi un lungo viaggio in treno invece di Apparire semplicemente ai cancelli di Hogwarts qualche istante prima dello Smistamento.
Arrivarono tutti al Binario Nove e Tre Quarti incolumi e Severus, dopo essersi assicurato che i ragazzi fossero saliti sul treno, si appartò per rimuovere la disillusione e li seguì.
Gli studenti al suo passaggio nel corridoio si zittivano e lo guardavano con un misto di scetticismo e preoccupazione, ma Severus li ignorò, cercando uno scompartimento tranquillo sulla testata del treno, certo che ormai il suo compito fosse finito e rassegnato a passare ore a far nulla. Dopotutto non era come se dei Dissennatori potessero apparire dal nulla e fermare il treno come anni prima... E nessun Mangiamorte avrebbe messo a rischio gli studenti, gran parte figli e nipoti di quella gentaglia, per tentare di rapire il ragazzo. O, almeno, a lui non era giunta nessuna voce in merito a un attacco organizzato. Sarebbe stato stupido, eppure... Eppure si sarebbe sorbito tutto il viaggio in treno, giusto per sicurezza.
Non appena riuscì a chiudere la porta dello scompartimento dietro di sé il treno partì con uno scatto improvviso, facendolo inciampare e cadere.
Imprecando a mezza voce, rosso in viso e grato che nessuno l'avesse visto in quel momento di poca grazia, Severus si puntellò sui gomiti per rialzarsi e sedersi comodamente.
Fu in quel momento che lo vide.
Un'incisione sul legno, piccola, sulla parte inferiore della seduta. Probabilmente scolpita con una bacchetta tremante, imprecisa, eppure così famigliare nella scrittura, nessun puntino sulle 'i', le lettere lunghe e strette.
"Mai più"
La mano che aveva ereditato da sua madre, la promessa solenne impressa nel legno.
Severus avvicinò due dita a quella piccola scritta, stranito, mentre nella sua mente si agitavano confusi i ricordi di troppe vite prima, quando non era che un bambino timido, quando ancora non aveva trovato Lily, il suo angolo di luce in una casa fatta di soprusi.
Il volto pallido di sua madre, invecchiato precocemente, rughe e cicatrici a confondersi nei suoi tratti, nelle mani un panno ad asciugare sempre lo stesso piatto sbeccato, uno sguardo assente oltre la finestra.
"Mai più", sillabe sussurrate al nulla, una vita spenta che non era più in grado di sorreggerlo e sostenerlo contro suo padre, il Mostro.

Severus si riscosse e si rialzò, turbato, relegando di nuovo quel frammento di ricordo nell'angolo più buio della propria mente.
Aveva una missione, doveva restare concentrato, sebbene vedesse all'orizzonte solo noia infinita e ore per pensare - che non voleva.
Si sedette composto vicino al finestrino, sospirò, chiuse gli occhi e iniziò uno dei soliti esercizi di Occlumanzia, tenendo un orecchio teso verso i rumori fuori dal proprio scompartimento.

***

Questa volta Severus avanzava svelto sul Binario di Hogsmeade, disilluso; volteggiava impassibile in mezzo alla folla di studenti spaventati, cercando di ignorare i sussurri che lo inchiodavano come colpevole.
Assassino, assassino...
Nessuno si sarebbe mai aspettato di trovarlo lì, ad un passo da Hogwarts, le mani ancora lorde di sangue fresco, il cuore spezzato e nascosto sotto al mantello, dopo aver esaudito l'ultima promessa del suo mentore, del suo unico amico.
Dopo aver ucciso Albus Silente, dopo che Harry Potter l'aveva identificato come inequivocabile colpevole e traditore.
Eppure aveva una missione... Una missione di vitale importanza.
Severus salì sul treno, sempre nascosto agli occhi degli altri, e si fece strada con lievi e innocui incantesimi che spingevano gli ignari studenti all'interno degli scompartimenti già straripanti, e si lasciò alle spalle qualche piccata discussione con accuse di spinte da parte di vari amici e compagni di casa.
Finalmente giunse alla sua meta: lo scompartimento che solo due anni prima aveva occupato, solitario, per proteggere Harry Potter e tutti gli studenti.
Severus si fece scivolare la porta dello scompartimento alle spalle e la sigillò con tutti gli incantesimi più potenti a cui poteva pensare. Nonostante ciò, continuò a restare Disilluso.
Quando considerò le protezioni sufficientemente elaborate si chinò scomodamente per terra, il viso e la bacchetta all'altezza della scritta incisa da sua madre chissà quanto tempo prima.
Mai più.
Severus sospirò, e iniziò a sciogliere le protezioni intessute nel legno.

***

"Devi tenerli al sicuro".
Albus emerse dal cassetto della scrivania e posò davanti a lui tre oggetti: un boccino d'oro, un Deluminatore e un libro di fiabe.
"Non posso far molto per la spada di Gridondoro, sanno tutti che si trova custodita nel mio ufficio e sono certo che Scrimgeour si opporrà al testamento, su questo punto. Ma questi oggetti..." Albus picchiettò su 'Le fiabe di Beda e il Bardo' con la mano scura e rattrappita "È essenziale che arrivino nelle mani dei ragazzi".
"E come pensi di fare? Affidandoli a me, poi?"
Albus sospirò.
"Ho acquistato una cassetta di sicurezza in una banca Babbana, a Londra", rispose "Se mi dovessi confrontare solo con i Mangiamorte, solo con un branco di Purosangue altezzosi e mortali, non avrei timore di depositarli già ora. Ma è contro Lord Voldemort che si svolge la guerra, e lui ha vissuto fra i Babbani per un periodo... Non posso escludere che sia scrupoloso. Una copia del mio testamento è già depositata al Ministero, e lui potrebbe venirne a conoscenza, e chiedersi cosa ci sia di così importante proprio in quella cassetta di sicurezza Babbana, tanto più che i beneficiari sono Harry, Ron ed Hermione".
Severus continuò a osservarlo impassibile, sollevando appena un sopracciglio.
"E quindi?"
"E quindi è essenziale che questi oggetti vengano depositati dopo la mia morte, ma prima che il ministero dia esecuzione al testamento".
"Sono tempistiche molto strette e... Incerte" ribatté Severus.
Albus lo fissò per alcuni istanti con uno sguardo penetrante, e in quel momento Severus sentì il peso di tutte le parole non dette fra loro, della promessa e del tempo che, incessante, li stringeva fra le sue spire.
"E tu sei l'unico che può tenerne traccia, e a cui posso affidare questo incarico".
Severus, d'impulso, allungò una mano e afferrò il boccino che, turbato, dispiegò le proprie ali con un frullio incessante, cercando di svicolarsi dalla sua presa.
"Hai intenzione di rivelarmi il senso di questi oggetti?" chiese, con un tono piatto di finta indifferenza.
"No." rispose semplicemente Albus, e Severus ne prese atto con un cenno del capo.
"Hai intenzione di suggerire un posto dove io possa custodirli, nell'attesa del... L'occasione propizia?"
Albus scosse la testa.
"Non ne voglio sapere niente", disse "Ma ti consiglio di non portarli con te durante le riunioni con Voldemort, e di cercare un posto insospettabile a cui riusciresti ad accedere anche... Dopo".
Altre parole non dette, un altro peso di silenzi fra loro.
D'un tratto, nella mente di Severus emerse un lampo, un ricordo del tutto sconclusionato, che non aveva proprio senso in quel momento.
Mai più.
Parole scritte sul legno, che emersero nella sua mente mentre Severus stringeva e rigirava il boccino fra le mani. Sembravano portare con sé un carico di amarezza inspiegabile, ma che ben si accordava con l'umore del professore.
Finalmente, Severus lasciò andare il boccino, che venne prontamente immobilizzato dalla bacchetta di Silente e ricadde con un piccolo tonfo sulla scrivania del preside.
Il peso sulle spalle di Severus sembrò alleggerirsi.
"Ho un'idea" disse solo il professore, e vide il leggero sorriso di sollievo di Albus, a spezzargli il cuore per l'ennesima volta.

***

Nello scompartimento del treno, sempre disilluso, dietro una porta sigillata, Severus stava seduto con la testa abbandonata sul finestrino, osservando la campagna scozzese scorrere.
Sul grembo aveva poggiato un Deluminatore e un libro di fiabe magiche. In mano, sovrappensiero, faceva ruotare il boccino d'oro che, sempre immobilizzato da un incantesimo, dibatteva inutilmente le ali cercando di dispiegarle e liberarsi dalla presa.
Nel cuore una colpa indicibile, un peso sul petto, un male per cui non aveva espiazione.
"Severus, ti prego..."
Le parole risuonavano continuamente nelle sue orecchie, come una nenia, una cantilena maledetta.
E il boccino girava, girava nella sua mano...
Severus sentì un altro peso aggiungersi alle sue colpe, una malinconia che nulla aveva a che vedere con il suo dolore, e con la disperazione di un assetato nel deserto vi si immerse, si fece avvolgere da quella emozione famigliare ed estranea.
Mai più.
Doveva arrivare a Londra e depositate gli oggetti nella cassetta di sicurezza Babbana, la cui chiave era già riposta nelle sue vesti; a nulla sarebbe valso scendere forzatamente dal treno, se non a far scattare un allarme... Doveva sorbirsi tutto il viaggio, volente o nolente, dove nulla aveva da fare se non autocommiserarsi, lasciarsi andare nell'unico momento in cui non sarebbe stato costretto a fingere...
Mai più.
Eppure Severus sentiva che, se fosse crollato proprio in quel momento, non sarebbe più riuscito a tornare impassibile, a tornare funzionale, a rispettare il piano che Albus aveva predisposto per lui.
Mai più.
Il peso sul petto continuava a farsi sempre più forte, e non era più solo suo, così simile ma così diverso, così connesso.
E il peso crebbe e si espanse, e raggiunse la testa, e raggiunse i suoi occhi, e Severus si abbandonò ad esso come sotto l'effetto di una maledizione; il boccino girava, girava fra le sue mani...
Mai più.
Severus chiuse le palpebre e, senza rendersene conto, si addormentò.

***

Si ritrovò a fissare il suo riflesso nel finestrino del treno, sobbalzando appena al ritmo delle scosse, che cercava di tenere in sincrono con i singhiozzi soffocati che le uscivano dalle labbra.
Un attimo di smarrimento.
La pelle pallida, giallognola, quasi malata; il naso ingombrante e per niente sofisticato; gli occhi rossi di pianto e qualche lacrima che ancora si stava asciugando sulle guance incavate... Eppure qualcosa sembrava fuori posto.
Sbatté le palpebre.
E poi il momento passò, ed Eileen Prince tornò alla sua misera vita, e alla sua misera tristezza.
Rosier e Nott erano stati di nuovo crudeli con lei, sul Binario. La scuola non era ancora cominciata e già si ritrovava in lacrime. Era scappata a bordo dell'Espresso non appena il treno aveva aperto le porte, e si era rifugiata in cima al treno, dove nessuno dei suoi compagni alla moda avrebbe mai pensato di sedersi, per starsene almeno un po' in pace.
Inutile.
Non aveva nessun posto in cui scappare.
Hogwarts sarebbe stato il solito tormento. Nonostante il suo status Purosangue, infatti, la sua famiglia non era né ricca né influente, e lei sembrava aver commesso il peggiore dei peccati: era brutta, per questo poco desiderabile, per questo inadatta al mondo a cui aspirava di far parte.
Eileen chiuse gli occhi per non vedere più il proprio riflesso sul finestrino del treno, ma in quel modo fu l'immagine di sua madre a palesarsi nella sua mente, lo sguardo di disprezzo e disapprovazione.
"Come puoi pensare di trovare un buon marito, conciata così?"
Eileen riaprì gli occhi, cercando di calmare il proprio respiro e i propri singhiozzi. Si sentiva soffocare.
E poi, dal nulla, la porta dello scompartimento si spalancò, e il cuore di Eileen scese sotto ai piedi.
Nott e Rosier erano di nuovo davanti a lei, lo sguardo tronfio e soddisfatto.
Eileen si alzò di scatto, spaventata, ma loro furono più svelti: Rosier la spinse, facendole battere la testa contro il finestrino, e Nott urlò un incantesimo.
"Accio Gobbiglie!"
"No!" urlò Eileen, tenendosi la testa che stava iniziando a pulsare terribilmente "Le Gobbiglie no!"
"Vienimele a richiedere in ginocchio, finta Purosangue!" le urlò dietro Nott.
Eileen riuscì finalmente a trovare la bacchetta nelle vesti, ma non fece neppure in tempo ad alzarla che Rosier aveva tirato fuori una piccola gabbia di legno, e l'aveva spalancata prima di richiudere la porta dello scompartimento alle proprie spalle e sigillarla con un incantesimo.
Eileen urlò.
Un piccolo Doxy con il sorriso storto e i denti aguzzi si lanciò contro di lei, e lei riuscì solo a chinarsi per terra e a proteggersi il viso, mentre il Doxy si avventava sulla sua testa e cominciava a strapparle i capelli.
Urlando e incespicando, dolorante per la botta e per gli strappi, Eileen si girò verso la parete esterna del treno e, con una mano, alla cieca, risalì tastando per trovare la maniglia del finestrino. Non appena riuscì ad aprirlo, con un piccolo urletto di protesta, il Doxy fu risucchiato di fuori, e Eileen si affrettò a richiudere il vetro.
Tremante, si alzò in piedi.
Hanno superato il limite, pensò, impotente, osservandosi nel riflesso i capelli sfatti e strappati, e i segni delle unghie aguzze del Doxy che erano riuscite a raggiungere la sua fronte.
E nessuno avrebbe fatto niente, come al solito.
Loro erano i preziosi rampolli del mondo magico, e lei... Nessuno.
Solo un nome. Un'ombra.
Utile solo come valvola di sfogo, come bersaglio di infiniti tormenti.
Eileen, sempre tremando, abbassò lo sguardo sulle proprie mani, dove la destra stringeva ancora la bacchetta.
Impotente, buona a nulla.
La sua magia le era sfuggita di nuovo, le sue risposte troppo tardive per poter essere presa in considerazione.
Inutile persino per difenderla.
E poi un lampo, un'idea, una folle illuminazione si fece strada nella sua mente.
No, mai più, mai più.
Mai più sarebbe stata vittima di soprusi del genere.
C'era, in effetti, un posto, un luogo in cui lei sarebbe stata sempre più potente. In cui la sua magia sarebbe stata più veloce, in cui non le sarebbe più sfuggita fra le dita; in cui lei avrebbe potuto dettare le regole.
Avrebbe solo dovuto stringere i denti solo un paio d'anni, diplomarsi e uscire da Hogwarts, trovare la propria strada.
Anche se ciò avrebbe significato tradire ogni cosa che le era stata insegnata.
Anche se avrebbe significato lasciarsi alle spalle tutto.

Ma tutto cosa? Questa era la vera domanda.
Perché le uniche cose che le davano gioia in questo mondo, ormai, erano delle semplici biglie colorate, e lei non era stata capace di difendere neppure quelle.
Sempre tremando, Eileen si inginocchiò a terra. Strinse con entrambe le mani la propria bacchetta traditrice e incise sul legno la promessa che aveva fatto a se stessa, la risoluzione che aveva raggiunto quel giorno.
Mai più.
Sarebbe stata più forte, e avrebbe vinto lei.

***

Tobias Piton era un uomo del tutto normale, una faccia anonima fra le tante e come unico pregio un fisico temprato dal duro lavoro in fabbrica.
Eileen lo aveva scelto perché, nonostante tutti gli incantesimi e le pozioni cosmetiche che aveva a disposizione, non poteva certo ambire ad altro. E Tobias la guardava con interesse, e si era avvicinato a lei, offrendole un drink nel piccolo locale Babbano dove lei era scappata, quella sera d'estate, sfuggendo al controllo e alla disapprovazione di sua madre.
Solo un anno, mancava solo un anno...
Era indubbio che Tobias cercasse di essere affascinante, la stordiva con discorsi di cui le capiva solo la metà, e perciò Eileen replicava con brevi risate, sperando che bastassero a mascherare le sue mancanze nel mondo Babbano.
Tobias sembrava non accorgersene neanche, e aveva continuato a corteggiarla tutta l'estate: ogni sera si trovavano nel piccolo locale, lui le offriva da bere, lei rideva, e passavano poche piacevoli ore insieme prima del tramonto.
Tobias aveva provato ad accompagnarla a casa varie volte, ma Eileen si era opposta strenuamente; di certo non poteva dirgli del suo status di strega e che casa sua era troppo distante per un semplice Babbano incapace di Materializzarsi.
Il posto, Spinners End, lo aveva scelto aprendo una vecchia cartina del Regno Unito che aveva trovato in casa e puntando la bacchetta a occhi chiusi.
E continuava a stringere la bacchetta con una mano sotto le vesti, certa che non le sarebbe servita ma nondimeno attenta, pronta a tirarla fuori al minimo accenno di problema.
Tobias, però, di problemi non ne creava nessuno. Era grande, era gentile, sorridente e attento nel suo corteggiamento.
Parlava già di matrimonio, cosa di cui Eileen era grata, perché subito dopo il diploma avrebbe dovuto scappare di casa, o si sarebbe trovata suo malgrado maritata a un altro Purosangue e, visto il suo aspetto fisico, sarebbe sicuramente stato qualcuno di poco influente o un vecchio bavoso bisognoso di un erede prima della fine dei suoi giorni.
Aveva deciso di credere nell'amore, e in Tobias.
Alla fine dell'estate lo salutò con un bacio - il loro primo bacio, il suo primo bacio - e la promessa di vedersi di nuovo una volta che avesse finito il 'collegio'.
Tobias sorrise, e in quel momento le prese la mano sinistra e le fece scivolare un anello al dito.
"Per ricordarti che sei mia" disse solo, e Eileen interpretò il brivido che le corse lungo la schiena come eccitazione per la vita meravigliosa che l'attendeva.

***

Eileen passò l'ultimo anno di Hogwarts veleggiando nelle fantasie d'amore che si era costruita attorno, con solo una piccola foto di Tobias da stringersi al petto durante le notti, ignorando gli attacchi sempre più feroci dei propri bulli e i pettegolezzi crudeli delle compagne di casa, già per la maggior parte fidanzate con partiti rispettabili.
Si consolava con l'idea che, fra i Babbani, lei sarebbe stata sempre speciale. Che nulla di brutto sarebbe mai potuto accadere, poiché la sua magia era superiore, e l'avrebbe protetta sempre.
Passò i mesi a progettare la propria fuga: si procurò un borsellino con Incantesimo Estensivo Irriconoscibile e iniziò a fare i bagagli, mettendoci tutto ciò che di utile e prezioso aveva intenzione di portarsi nella sua nuova vita.
Infine giunse il giorno della ripartenza e, stringendo il proprio diploma fra le mani, Eileen salì per l'ultima volta sull'Espresso per Hogwarts, pronta a lasciarsi il mondo della magia alle spalle.
Tornò nello scompartimento dove solo due anni prima aveva inciso la propria promessa, e sfiorò le parole con le dita.
Mai più.
Mai più sarebbe stata sottomessa. Mai più sarebbe stata debole.
Alla fine del viaggio Eileen scese dal treno, e si voltò ad osservare per l'ultima volta la locomotiva rossa, la promessa di un futuro brillante che era stata infranta non appena aveva messo piede sul treno, quando era ancora una ragazzina piena di speranze e si era schiantata con dolore contro la crudeltà dei suoi stessi compagni di casa e l'indifferenza dei professori.
Poi, esalando un tremulo sospiro, abbandonò il Binario Nove e Tre Quarti.
Non raggiunse mai più casa.

***

Il primo schiaffo le rimase impresso sul viso per tre giorni e Eileen lo accolse con un colpo al cuore, paralizzandosi sul posto.
La bacchetta, la sua bacchetta lasciata nascosta, in camera, inutile, anche se l'avesse avuta, inutile, lei il solito piccolo coniglio spaventato, immobile di fronte ai mostri, si sarebbe fatta divorare, si sarebbe fatta...
"Oddio, scusami". Tobias sembrava più sconvolto di lei, e si avvicinò, la baciò dove l'aveva colpita, la strinse a sé "Ho avuto una giornata difficile, scusami, scusami".
Erano passati solo cinque mesi dal loro matrimonio, e Eileen gli credette.
Voleva disperatamente credergli.

***

Capì che aveva oltrepassato ogni limite il giorno in cui perse il suo primo figlio, per un calcio sferrato in un momento di rabbia.
La corsa verso l'ospedale, lo sguardo di commiserazione delle infermiere mentre continuava a ripetere di essere caduta dalle scale, e la vita che si era spenta dentro di lei.
Dentro di lei. Esisteva, e adesso non più.
Non sembrava reale.
E lo aveva ucciso lei, con le sue scelte sbagliate.
Ma cosa poteva fare? Nel mondo magico sarebbe stata una reietta. La sua bacchetta continuava a prendere polvere nascosta in una borsetta, e lei sentiva di essersi scordata buona parte degli incantesimi.
E nel mondo Babbano... Nel mondo Babbano era ancora meno di nessuno. Ci aveva messo mesi solo ad imparare come funzionasse un fornello, come poteva sperare di sopravvivere in un mondo a lei sconosciuto?
"Guardala, la studiosa del collegio, che non riesce neanche a trovare un misero lavoretto come segretaria. Che non sa neanche stirare una maglietta".
Le parole crudeli di suo marito le rimbombavano in testa, accusandola per l'inetta che era, affossandola in un mondo in cui non sarebbe mai appartenuta.
E adesso aveva perso suo figlio.
Eileen continuava a fissare fuori dalla finestra dell'ospedale, assente, mentre attorno a lei medici e infermieri toccavano il suo corpo.
Mai più, sussurravano mute le sue labbra, aprendosi e chiudendosi senza che uscisse alcun suono.
O forse per sempre?

***

L'unico rimedio, l'unica sua forza contro il destino più grande di lei - contro il Mostro - era una piccola e semplice pozione casalinga, l'unica cosa che le desse una parvenza di potere, l'unica cosa che le impedisse di provare, di nuovo, il dolore di perdere un figlio.
Il dolore di mettere al mondo un figlio in una situazione del genere.
Finché la pozione contraccettiva non fallì, e lei rimase incinta di nuovo.

***

Fu solo in quel momento, appena si rese conto che una vita cresceva di nuovo dentro di lei, che Eileen cercò ovunque la sua bacchetta, e iniziò a tenerla nella manica dei vestiti.
Tobias Piton rimase spiazzato la prima volta che lei osò puntargli in faccia quello che, a tutti gli effetti, sembrava solo un legnetto un po' più decorato.
"Sei impazzita del tutto?" le chiese, il ghigno perfido sul viso.
Eileen si portò una mano al ventre.
"Non ti permetterò di rubarmi un altro figlio".
Tobias, che aveva iniziato la discussione per un motivo futile, si sentì spiazzato e arrossì di nuovo.
"Sei incinta? E hai ben pensato di non dirmi niente?"
Fece per avvicinarsi, l'espressione contratta in una smorfia rabbiosa, ma per una volta, per una volta, Eileen fu più svelta di lui.
"Stupeficium!"
Il lampo rosso lo colpì e lo sollevò da terra, mandandolo a schiantarsi contro il muro del salotto.
Eileen si avvicinò piano, la bacchetta sempre tesa e puntata, gli occhi roventi che contenevano tutti gli anni di soprusi e umiliazioni pronti ad esplodere giù, oltre il suo braccio, oltre la mano tremante, direttamente nel legno.
Lo Schiantesimo era stato leggero, Tobias era ancora vigile, ma adesso guardava la bacchetta con un'espressione scioccata, incredula, spaventata.
"Sono una strega" sputò Eileen con rabbia, fregandosene dello Statuto di Sicurezza, fregandosene di ogni cosa "E tu mi lascerai in pace, e mi porterai rispetto, e amerai tuo figlio".
Tobias si rialzò piano, strisciando contro il muro, e la guardò come se le fosse spuntata un'altra testa.
Infine scoppiò a ridere.
"Ti sono spuntate le palle, donna!" urlò, e poi fuggì fuori dalla porta di casa prima di essere raggiunto dal secondo Schiantesimo.
La porta d'ingresso sbatté e risvegliò Eileen dalla tranche rabbiosa in cui era sprofondata, lasciandola svuotata, impaurita. Scivolò per terra e pianse, stringendosi convulsamente, abbracciandosi la pancia.
Tobias tornò solo verso le prime luci del mattino, entrò in casa senza una parola e si infilò nel letto che condividevano ormai da troppi anni.
Per la prima volta, puzzava di alcool.

***

Mai più.
Le loro liti erano furiose, anche se Tobias non aveva più osato alzare un dito verso di lei, e lei non aveva più osato tirare fuori la bacchetta.
Mai più.
Severus era nato, la gioia dei suoi occhi, la gioia del suo cuore. Così simile a lei che Eileen non poté che gioire, nonostante lo aspettasse una vita difficile per via della sua pelle pallida ed emaciata e del suo naso sproporzionato.
Quando lo guardava, Eileen vedeva se stessa, e non il Mostro.
Urlavano, Eileen e Tobias; urlavano per ogni più piccolo problema, per una cena bruciata sui fornelli, per un ritardo di mezz'ora, perché i soldi sparivano nel nulla - nel piccolo pub in fondo alla strada -, perché erano costretti a vivere come accattoni, senza neanche potersi permettere dei vestiti per Severus.
Urlavano, e Severus piangeva in un angolo e si copriva le orecchie, e quando erano soli - quando erano finalmente soli - Eileen sprofondava nella disperazione, e guardava assente per ore fuori dalla finestra, lasciando la casa andare in malora attorno a sé, non curandosi di quel bambino che aveva protetto con ogni sua forza dalla violenza di suo marito.
Mai più.
Quando era incredibilmente presente a se stessa, insegnava a Severus della magia e del mondo magico, gli prometteva una vita meravigliosa in un castello lontano.
Non aveva cuore di spezzare ogni suo sogno, così giovane.
Gli insegnava di Unicorni e Dissennatori, gli recitava le Fiabe di Beda il Bardo prima di dormire, lo addestrava a riconoscere la più piccola forma di magia spontanea e a controllarla, seppur in maniera imprecisa.
E Severus, così piccolo in quei vestiti troppo grandi per lui, così spaventato con quegli occhi troppo grandi e scuri per il suo viso scavato, pendeva dalle sue labbra, e la implorava di dirgli di più, di più.
E allora Eileen gli ripeteva le parole della sua stessa madre, una vita prima, e gli diceva che in Serpeverde avrebbe trovato grandezza e onori, e che avrebbe dovuto reclamare con forza la sua discendenza Purosangue Prince, e che avrebbe dovuto essere migliore di lei, sposare un'altra strega, fuggire, fuggire da quel paese sperduto in cui lei era bloccata, scappare dalle ciminiere di Spinner's End, vivere la sua vita con orgoglio e vivere, vivere, studiare per diventare un grande mago, il più grande mago del mondo, e disprezzare i Babbani che non avrebbero fatto altro che trascinarlo nella miseria, perché non vedi come viviamo, cuore mio? È colpa di tuo padre, è colpa della sua debolezza, è colpa del suo sangue indegno, ma tu sei un Prince, vita mia, tu puoi riscattarti, puoi riscattare il tuo sangue.
E Severus ascoltava, gli occhi grandi e spalancati; beveva dalle sue labbra e sognava treni rossi e castelli incantati, una vita di grandezza.
Finché anche lui non trovò un'amica, una strega nata da sangue impuro, e iniziò a lasciarla sola in quella piccola casa sporca, di più, sempre di più.
Sola.
Mai più.
Dove non le rimaneva altro che guardare fuori dalla finestra, sconfitta, e sognare un mondo a cui non sarebbe mai appartenuta.

***

Uno scossone del treno gli fece spalancare gli occhi, e Severus si risvegliò di soprassalto, confuso dal sogno strano e incredibilmente vivido che aveva appena fatto.
Prima ancora che potesse tornare al presente e ricordarsi dove era, notò un'ombra davanti ai suoi occhi: una ragazza, così simile a lui, vestita con una divisa Serpeverde un po' antiquata, che stringeva fra le dita un sacchettino di Gobbiglie.
Lo guardava, triste.
"Mi spiace" sussurrò Eileen.
"Mamma?" sussurrò Severus, ancora intontito.
"Mi dispiace per averti mentito" disse lei, ignorandolo "Volevo che tu avessi una vita migliore. Mi dispiace".
Severus, ora più vigile e presente, lasciò andare il Boccino d'oro per cercare la bacchetta fra le vesti e fronteggiare quello che sembrava a tutti gli effetti una trappola, un milione di domande che si rincorrevano nella sua mente.
Non appena il boccino sfuggì dalle sue dita, però, l'immagine sfocata di sua madre, Eileen Prince, svanì nel nulla.
Severus, di nuovo spiazzato, decise comunque di controllare con una serie di incantesimi la sicurezza dello scompartimento del treno.
Nulla di anomalo.
Turbato, raccolse il Boccino e gli altri oggetti e se li infilò in tasca, costringendosi questa volta a stare sveglio e attento, maledicendosi per la disattenzione che l'aveva fatto addormentare. Mentre la campagna continuava a scorrere fuori dal finestrino si convinse di aver avuto una semplice allucinazione, di sicuro supportata dal fatto che aveva vissuto giorni terribili.
Albus, cosa mi hai costretto a fare... Mi avevi detto che solo io avrei saputo se risparmiarti una morte dolorosa e sofferente avrebbe salvato la mia anima, e ora lo so: no, non l'ha salvata. Sono un uomo spezzato, un automa che non può far altro che continuare sulla strada che tu hai tracciato. Ma non ci sarà redenzione per me, né futuro oltre questa guerra, già lo so.
Perché avesse immaginato proprio sua madre, perché si fosse sognato nei suoi panni, sfuggiva a ogni sua logica. L'unica conclusione a cui era giunto era che immergersi nella vita sofferente di un'altra persona era pur sempre meglio che vivere la propria, di vita e sofferenza.
E quella scritta, quel "Mai più" inciso nel legno, aveva inevitabilmente portato i suoi pensieri verso Eileen Prince.
Il treno iniziò a frenare con un fischio assordante, e Severus si alzò in piedi, poggiandosi contro la porta dello scompartimento per non cadere nell'istante in cui la locomotiva si sarebbe fermata.
Una volta che i primi studenti furono sciamati fuori dal treno, con discrezione, Severus aprì la porta e scivolò sulla banchina del Binario Nove e Tre Quarti.
Con un moto di nostalgia, esattamente come nel sogno che aveva appena fatto, si voltò alcuni istanti ad osservare il lungo treno rosso sbuffante.
L'addio alla mia innocenza, una seconda volta, e l'inizio della mia vita come traditore agli occhi del mondo, di nuovo.
Si riscosse poco dopo, sbuffando, e uscì dal binario dietro agli ultimi studenti ritardatari, per immergersi nella Londra Babbana e caotica, dove l'aspettava una banca e l'ennesima missione di Silente.
Presto, molto presto si augurava, sarebbe finito tutto, e lui non avrebbe più dovuto soffrire.
Mai più.
 
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view post Posted on 25/5/2022, 16:11
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Finalmente sono riuscita a dedicare una seconda lettura alla tua storia, e mi sono resa conto di quanta attenzione in più meritasse: inutile, una lettura singola impedisce sempre di cogliere tanti particolari importanti, che in questo caso specifico sono il tessuto bello e significativo di una trama carica di passaggi struggenti e a tratti commoventi.

Il presente e il passato che si sovrappongono in forma fluida e naturale, sul filo del viaggio in treno, dipingono in modo vigoroso e compiuto il quadro di sofferenza e solitudine che sta affrontando Severus, e che va a intrecciarsi magistralmente con il passato di frustrazione, desolazione e disperazione di sua madre grazie alla splendida intuizione delle parole chiave con cui hai incatenato i loro destini: “Mai più”.

Complimenti, Sara, la tua è una storia bella e toccante, in cui l’introspezione gioca un ruolo considerevole e il legame tra madre e figlio, contraddistinto da un percorso di rinunce, emerge con molta forza e fa riflettere. Davvero brava! <3
 
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view post Posted on 26/5/2022, 16:58
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In questa storia, Sara, hai legato Severus a sua madre con un destino comune, fatto di isolamento e dolore. Il "Mai più", che ricorre nel racconto, sta lì a sottolinearlo.
Eileen è ben caratterizzata.
Severus rimane fedele a se stesso: ha un compito da portare a termine sia a inizio che a fine racconto e non si sottrae in nessuno dei due casi.
Un racconto toccante.

Edited by Arwen68 - 26/5/2022, 19:30
 
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view post Posted on 26/5/2022, 18:12
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Un racconto veramente ben strutturato.
Mi è piaciuto, in particolare, il modo in cui hai fatto finire la Pietra tra le mani di Severus, ma ciò che ho apprezzato di più è stata la caratterizzazione di Eileen e il parallelismo che hai creato tra madre e figlio.
Molto belli anche l'inizio e la fine del racconto, che creano quasi un cerchio perfetto che racchiude in sé la vita di Severus e, come in uno specchio, quella di Eileen.
 
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view post Posted on 27/5/2022, 14:39
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Storia intrigante, non sempre facile da seguire, ma sicuramente coinvolgente.
Salvo il Doxy, giusto accennato, gli altri elementi della sfida sono ben congegnati nella trama, compresa la Pietra della resurrezione, di cui neppure viene fatto il nome, ma che noi sappiamo trovarsi nel boccino d'oro che Severus stringe forte tra le mani. E il potere della Pietra dev'essere molto forte...
 
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view post Posted on 31/5/2022, 13:00
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Grazie mille a tutte per aver letto e commentato. Sono contenta che la storia sia piaciuta 🥰 appena ho visto gli elementi della sfida sapevo cosa sarei andata a raccontare.
Il doxy è poco presente, vero, ma è determinante per la risoluzione di Eileen che la porta a incidere quelle due parole nel legno, "Mai più".
Grazie ancora a tutte 🥰
 
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view post Posted on 8/6/2022, 10:35
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GabrixSnape

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Mi è piaciuto l'effetto "cassa di risonanza" dello scompartimento dell'Hogwarts Express in cui Severus trova la scritta, che riconosce essere di sua madre. Mi è sembrato che in quel luogo, i sentimenti e i ricordi venissero rivissuti e amplificati, fungendo, infine, anche da chiave di lettura della vita dello stesso Severus. Oltre al luogo, anche l'oggetto magico, benché inconsapevolmente "attivato" e attraverso il sogno, mette in contatto due anime che, in fondo, non si erano mai davvero incontrate.
Complimenti.
 
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6 replies since 22/4/2022, 10:39   134 views
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