Il Calderone di Severus

Gabrix1967 - Viaggi e Miraggi, Tipologia: one-shot - Rating: per tutti - Genere: drammatico, introspettivo - Personaggi: Severus Piton, Eileen Prince - Epoche: Pre Harry a Hogwarts - Avvertimenti:AU

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view post Posted on 21/4/2022, 10:35
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GabrixSnape

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Titolo: Viaggi e miraggi
Autore/data: Gabrix1967 – Aprile 2022
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo
Personaggi: Severus Piton, Eileen Prince
Pairing: nessuno
Epoche: Pre Harry a Hogwarts
Avvertimenti:AU

Riassunto: Severus guardò intorno a sé. Nel treno sul quale era salito confidando in una nuova vita, aveva scoperto che anche quella poteva mostrargli il suo lato ostile.

Nota 1: Scritta per la sfida 15 anni con Severus - Aprile. Portatore delle Insegne della Scuola di Beauxbatons

Caratteri: 42.251

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


VIAGGI E MIRAGGI



Frequentare la ragazzina dai capelli rossi aveva ulteriormente sottolineato a Severus che la sua non era una famiglia amorevole e che, nonostante sua madre provasse a compensare le mancanze e le intemperanze del marito, non avrebbe mai potuto ricevere le attenzioni di cui godevano gli altri bambini. Da quando aveva memoria, ricordava di essere stato cresciuto con distrazione e con timore.

Infatti, Eileen Prince - questo era il nome di sua madre - aveva avuto il difficile compito di crescere un bambino che, molto precocemente, aveva rivelato tracce della magia che gli scorreva nelle vene e che, come tutti i maghi bambini nei primi anni di vita, aveva avuto serie difficoltà a controllarla. L’impresa di Eileen era stata titanica, visto che il marito detestava sortilegi e incantesimi e faceva di tutto per tenerli fuori da casa sua.

L’unica fortuna per madre e figlio era quella che il padre trascorreva la maggior parte del tempo libero lontano da casa, concedendo ai suoi congiunti comode tregue. Questo aveva consentito a Eileen e a Severus di sviluppare negli anni una forte complicità, che consentiva loro un dialogo muto in presenza di Tobias e tanti segreti da dividere.

Nel tardo pomeriggio di un sabato di inizio estate, Severus tornò a casa con un’espressione insolitamente felice. Si era divertito molto con Lily e avevano fatto decine di progetti per l’inizio della scuola. Si affacciò con cautela dall’uscio e, intercettato lo sguardo di sua madre intenta a preparare la cena, si sincerò che in casa non ci fossero altri.
Eileen gli sorrise dai fornelli. Come al solito, la sua espressione tradiva un’amarezza alla quale negli anni sembrava essersi assuefatta.
“Fila a darti una ripulita!” gli disse, vedendo lo stato dei vestiti del bambino.
Severus ricambiò il sorriso e dette qualche pacca veloce sui pantaloni pieni di terra e fili d’erba, poi corse in bagno a lavarsi le mani. Quando entrò in cucina, qualcosa si stava ancora rimescolando nella pentola, dalla quale si spandeva un profumino invitante. Per qualche minuto il bambino guardò ammirato il cucchiaio che girava da solo mentre sua madre disponeva i piatti in tavola, poi corse ad affacciarsi alla finestra e si mise a guardare il poco movimento in strada, attendendo impaziente la cena.

All’improvviso, mentre era voltato dal lato del vicino incrocio, rapito dall’osservazione di un cane al guinzaglio che sembrava aver puntato qualcosa che non si riusciva a vedere, Severus percepì con la coda dell’occhio un bizzarro movimento.
Prima che riuscisse a voltarsi, uno strano essere volante, le cui ali brillanti viste di sfuggita gli fecero pensare a un grosso coleottero, batté sulla sua testa e rotolò sotto la poltrona accanto alla libreria. Il ragazzo ne rimase molto impressionato perché non aveva mai visto insetti così grandi e poi perché gli sembrò che, dopo averlo colpito, quello si voltasse a guardarlo con aria beffarda, mostrando due file di denti affilati.
Severus si scosse stropicciandosi gli occhi, e incuriosito, corse a inginocchiarsi davanti alla poltrona.
“Che stai combinando?” domandò sua madre, sentendo il tramestio nella stanza accanto.
“Niente!” urlò il bambino, che ancora non era convinto di ciò che aveva visto.
Da sotto la poltrona, un esserino minuscolo dal folto pelo nero, con quattro braccia, quattro gambe e spesse ali di coleottero, ricambiò il suo sguardo, ostentando minacciosamente i dentini aguzzi.
Severus arretrò istintivamente, giusto un attimo prima che l’irruente creaturina gli si scagliasse contro. A causa dell’imprevista ritirata del bambino e dell’impeto dell’attacco, schizzando fuori dal suo nascondiglio, il piccolo assalitore andò a schiantarsi su uno scaffale tra i libri.
“Mamma!” urlò il bambino spaventato, e Eileen accorse subito in suo soccorso.
“E’ proprio ciò che penso?” le domandò, puntando il dito verso la piccola creatura alata che, stordita dall’impatto violento contro il dorso di un enorme tomo, stentava a riprendersi.
Eileen impallidì.
“Un Doxy?” ebbe appena il tempo di domandarsi prima che l’orrendo esserino si scagliasse contro di lei.
Immobilus!” esclamò sfoderando la bacchetta dalla tasca del grembiule da cucina, consapevole che solo la fortunata assenza di Tobias le avesse consentito una difesa tanto rapida ed efficace.
La piccola figura antropomorfa si bloccò istantaneamente al comando della strega e, poiché aveva già spiccato il volo, crollò sul pavimento.
Madre e figlio si inginocchiarono accanto al corpicino immobile.
“Da dove arriva?” chiese Severus con un fil di voce, ma visibilmente eccitato.
Eileen sollevò le spalle.
“Sopravvissuto a una bonifica nei dintorni?” azzardò, pensierosa.

Contando sulla complicità della madre, il bambino aveva già letto tanto sulle creature magiche e aveva subito riconosciuto il Doxy, ben illustrato in un vecchio libro del Magizoologo Newton Scamander, dal titolo "Animali fantastici e dove trovarli", dal quale non si separava mai e che teneva ben nascosto tra rete e materasso.
“Posso tenerlo?” chiese allora Severus, con lo sguardo carico di aspettative.
“Come puoi solamente pensare una tale assurdità? E se tuo padre lo scoprisse?” Gli occhi di Eileen si velarono di frustrazione e di paura. La strega avrebbe tanto voluto accontentare suo figlio, ma aveva sperimentato sulla propria pelle l’avversione del marito alla magia, inoltre, il Doxy non era certamente una creatura amichevole.
Severus tornò sconsolato a guardare la figurina abbandonata sul pavimento. In quello straordinario momento di euforia aveva dimenticato suo padre.
A Eileen si strinse il cuore. Il suo bambino non aveva mai avuto granché di cui rallegrarsi e togliergli anche quella piccola, insperata soddisfazione le sembrava crudele.
“Solo se mi prometti che farai molta attenzione e non ti farai scoprire da tuo padre,” mormorò allora, con un sospiro rassegnato.
Severus si voltò di scatto, con gli occhi sgranati per la sorpresa.
“Davvero posso?” strillò in un impeto di entusiasmo.
Eileen gli accarezzò delicatamente i capelli.
“Aspettami qui,” disse poi, allontanandosi mestamente, consapevole del rischio cui stava esponendo se stessa e suo figlio. Ma non poteva chiedere a Severus di rinunciare a qualunque piccola e fugace contentezza.
Quando tornò, la strega aveva in mano una piccola gabbietta, che porse con gioia infantile al figlio.
“Mettilo qui!” gli disse. “Sarà il nostro segreto!” sussurrò dolcemente.
“E posso farlo uscire dalla gabbia qualche volta?” chiese il bambino euforico.
“Solo quando saprai bene come rimettercelo dentro!” lo placò sua madre.
“So già padroneggiare l’incantesimo Immobilus!” esclamò Severus, vantandosi.
“Tu, cosa?” domandò Eileen sgranando gli occhi. Ma era così compiaciuta che l’effetto della sua frase fu l’opposto di quello che voleva ottenere.
“L’ho ripetuto più volte sulle mosche con la tua bacchetta!” confessò compiaciuto il bambino.
Allora Eileen assunse un’aria dura.
“Quante volte devo ricordarti che c’è un Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i minorenni e che, se l’Ufficio per l’Uso improprio delle Arti Magiche dovesse scoprire chi ha davvero usato la mia bacchetta, potremmo avere dei problemi? Inoltre, non credo che tuo padre la prenderebbe bene, se ti scoprisse a fare incantesimi, e ancor meno se vedesse il Doxy.”
Severus ascoltò il rimprovero di sua madre. Sapeva che parlava così solo perché gli voleva bene, ma questo non impediva al bambino di sentirsi triste. Se solo suo padre non fosse stato un Babbano …
“Tuttavia,” riprese Eileen con un tono più condiscendente, “è necessario che tu faccia un po’ di pratica prima di iniziare la scuola, e questo Doxy può esserci utile.”
Severus rivolse a sua madre uno sguardo sbalordito. Davvero aveva pronunciato quelle parole?
“Posso mostrarlo alla mia amica?” domandò compiaciuto. Era emozionato all’idea di avere una creatura magica tutta per sé, da studiare e magari da esibire.
“Non farmi pentire della mia magnanimità!” lo rimproverò bonariamente sua madre.

*****



L’estate trascorse senza incidenti.
Severus scoprì un mucchio di cose interessanti sul comportamento del Doxy. Intanto, che il caldo lo abbatteva notevolmente. L’esemplare della sua gabbietta era ritornato a casa stremato dopo una passeggiata al parco giochi nel primo pomeriggio. Con il sole, non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti, e dopo qualche ora all’aria tiepida si era accasciato sul fondo della voliera, quasi privo di sensi.
Poi aveva scoperto che, per quanto abbattuto potesse sembrare, il Doxy non rinunciava mai al tentativo di morderti. Così, quando Severus si era preoccupato per lo stato della sua creatura, al punto di volersi sincerare che fosse ancora viva facendole il solletico con una foglia di salice, quella si era istantaneamente tirata su e, strattonando la foglia, aveva ottenuto che il bambino avvicinasse pericolosamente le dita alle sbarre, e quindi aveva provato a morderle. Se mai avesse nutrito dubbi fino a quel momento, Severus capì che il Doxy non sarebbe mai diventato suo amico, ma si preoccupò di non portarlo più fuori da casa nei pomeriggi caldi e di nasconderlo bene al fresco dello scantinato.
Ciò che gli dispiacque profondamente fu di non poter gioire dell’ammirazione di Lily, perché, benché gliene avesse tanto parlato, non gli riuscì mai di mostrarglielo.

Una volta arrivò alla radura dove trascorrevano i loro pomeriggi e si accorse che la sorella della bambina era lì. Non potendo rischiare che quell’arpia lo denunciasse ai suoi genitori, tornò indietro mestamente, promettendosi che ci avrebbe riprovato. Dopo quella volta, in un paio di occasioni ancora si portò dietro la creatura magica, ma Lily non c’era. Se fosse a causa di un impegno o una visita improvvisa di parenti, non ebbe mai modo di chiederlo, perché accadde qualcosa che cambiò radicalmente i suoi piani, togliendogli la gioia di quel vanto.

Rientrando a casa con la gabbietta semi nascosta dalla giacca troppo ampia per la sua statura, Severus ebbe la sgradita sorpresa di essere intercettato davanti alla porta dello scantinato da suo padre, che era tornato prima del solito.
“Cosa nascondi lì sotto?” domandò l’uomo con lo sguardo torvo.
“N-niente!” si difese il bambino, provando a prendere le distanze dall’uomo.
Ma quello, sospettoso, lo acciuffò per il colletto della giacca, con tanta foga che Severus dovette mollare il lembo con il quale provava a nascondere il suo tesoro, lasciandosela sfilare.
“E quello cos’è?” chiese Tobias, con il volto trasfigurato dalla collera, giacché non riusciva a ricondurre le forme della creatura dietro le sbarre a nulla di conosciuto.
“Niente!” strillò il bambino spaventato, mentre il cuore gli batteva forte nel petto. Aveva promesso, accidenti! L’aveva promesso a sua madre che non si sarebbe fatto scoprire dal padre, e invece era venuto meno alla parola data. Cominciò a piangere disperatamente, rannicchiandosi su se stesso nel tentativo di proteggere dalla vista dell’uomo il contenuto della gabbia.
Ma Tobias era ormai fuori di sé dalla rabbia e, con un gesto deciso, allontanò il figlio e s’impossesso di ciò che si ostinava a nascondergli.
“Come pensavo!” esclamò con malevola soddisfazione, sollevando la piccola voliera al livello dei suoi occhi.
Dal suo interno, la creatura ricambiò lo sguardo ostile, afferrando con tutte e quattro le mani le sbarre sottili.
“Che il diavolo ti porti, ragazzo, questa volta l’hai davvero fatta grossa!” sbraitò, e allontanò da sè Severus che nel frattempo provava a sottrargli la preda, dandogli una spinta così forte da farlo cadere. Poi, lasciatolo sul pavimento, corse nella sala da pranzo, dove sapeva di trovare la moglie.
“Credevi che non mi sarei accorto di questo coso?” gridò. I suoi occhi dardeggiavano di furore.

Eileen non riusciva ad articolare alcuna risposta, temendo che Tobias potesse prendersela ancora di più con il ragazzo; scossa dalle urla del marito, teneva le mani schiacciate sulle orecchie. Non avrebbe dovuto cedere alla richiesta di Severus, ne era consapevole. Avrebbe dovuto opporsi per evitare l’ennesima discussione.
L’uomo era fuori di sé e inveiva contro la strega senza riuscire a trattenersi.

Stava accadendo ancora.
Benché fosse intimorito, Severus accorse e si trovò di fronte a una scena orribile. Suo padre non sembrava più nemmeno umano. Gli occhi, iniettati di sangue per la collera, brillavano di una luce malata. Sua madre, in un angolo della stanza, piangeva in silenzio.
L’istinto portò il bambino a pensare subito alla bacchetta che la mamma custodiva, ben nascosta nell’ampia tasca del grembiule che indossava quando era in casa, e che ora era appeso in cucina. L’avrebbe schiantato in un lampo, pensò guardando con odio suo padre. Ma la ragione, e gli occhi di sua madre, lo fermarono. Era stato più volte ammonito sulla necessità di non usare la magia contro i Babbani. Sapeva che infrangere quella regola avrebbe significato esporsi a gravi conseguenze, forse anche la mancata ammissione alla scuola, che vagheggiava da tempo. Allora fece l’unica cosa che gli venne in mente: si precipitò come una furia sulla gabbietta che il padre aveva lasciato sul tavolo, brandendola dinanzi a sé come se fosse un’arma micidiale.

“Vai via!” sibilò, con gli occhi sbarrati dalla paura e dall’odio.
“Non lo farai!” lo irrise il padre, ma il rancore che lesse nello sguardo di Severus lo confuse.
“Non mettermi alla prova!” strillò il bambino, facendo ricorso a tutto il coraggio che gli rimaneva, afferrando con la mano libera la porta della gabbietta.
Tobias osservò ancora la bizzarra creatura dall’aria tutt’altro che amichevole, che si agitava nella voliera, e si allontanò da casa.

*****



Madre e figlio non seppero mai se Tobias si fosse davvero spaventato per le minacce del figlio o se, piuttosto, si fosse vergognato per l’ennesima aggressione.
Quando l’uomo fu uscito dalla casa, Severus corse piangendo da sua madre. La strega lo abbracciò cercando di tranquillizzarlo, ma lui non riusciva a smettere.
“E’ tutta colpa mia!” si disperava.
Eileen impiegò tutta l’energia che le rimaneva per rimettersi in piedi. Le discussioni con il marito la gettavano sempre in una grande prostrazione.
“Ci sono dei sandwich in frigo,” disse, sforzandosi di rivolgere al figlio un sorriso rassicurante. Poi andò a stendersi sul letto.
Le condizioni di salute della strega, già scadenti a causa della vita sacrificata che conduceva da anni, peggiorarono durante la notte.

Severus fu risvegliato da un flebile lamento, proveniente dalla stanza vicina. Si precipitò da sua madre: era scossa da brividi, la fronte scottava e la donna sembrava incosciente. Spaventato, provò a darle da bere qualcosa; poi, ricordandosi che, in situazioni analoghe la madre utilizzava delle bende bagnate per abbassare la temperatura, corse a bagnare un panno candido e glielo posò sulla fronte.
Gli sembrò che i tratti del volto di Eileen si distendessero, così si sentì incoraggiato a continuare. Ma aveva bisogno di rimanere calmo e sveglio: allora gli tornò in mente quanto lo rassicurasse ascoltare la voce di sua madre quando era malato. Corse in camera sua a prendere il vecchio libro di fiabe che lei gli aveva regalato quando era molto piccolo: avrebbe letto per lei, ma, in fondo, quella lettura avrebbe distratto un po’ anche lui.

Aveva bisogno di sapere che sarebbe riuscito a uscire da quella situazione, e quelle fiabe erano da sempre un rifugio sicuro dai pensieri negativi. Per questo teneva sul comodino il vecchio libro che era stato di sua madre, pronto a sfogliarlo ogni volta che ne aveva bisogno. Giacché anche le fiabe Babbane sono piene di fate e maghi, Tobias non aveva mai capito che quelle di Beda il Bardo venivano direttamente dal mondo magico.

Quando si piegò per sollevare il libro, Severus vide il piccolo sasso scuro che aveva trovato in prossimità di una fontana, l’ultima volta che aveva provato a incontrare Lily. Con i lati sfaccettati e la sua sagoma molto simile a un ottaedro - così nella scuola Babbana gli avevano insegnato chiamarsi i solidi di quella forma - la pietra aveva suggerito da subito alla fantasia del bambino idee singolari, essendo oltremodo inconsueto che un piccolo ciottolo da strada avesse un aspetto tanto prezioso. Perciò, nella mente di Severus si era formata la convinzione che, nonostante la natura ancora ignota, quel piccolo ciottolo avrebbe presto svelato i suoi misteri e i probabili impieghi magici.
Prese con sé il piccolo sasso scuro, portandolo insieme al libro nella stanza della madre. Ricordò quanto era stato rassicurante stringerlo la prima volta che l’aveva raccolto. Con i suoi profili lucidi e levigati, gli era sembrato da subito che fosse un bel pezzo da aggiungere alla sua lista, molto esigua in verità, di tesori.

Eileen era assopita quando Severus si sedette sul pavimento, accanto al letto, e cominciò a leggere ad alta voce.
Lottò con tutte le sue forze per non arrendersi al sonno, interrompendosi spesso per bagnare di nuovo il panno da adagiare sulla fronte della madre e per sbadigliare. Si accorse di essersi assopito più volte.
Poi, a un certo punto, voltò la pagina. Ad attenderlo c’era la fiaba che più di tutte gli dava inquietudine. Prese dalla tasca dei pantaloni la pietra e la strinse tra le mani, non riuscendo ad evitare di constatare l’incredibile somiglianza con quella raffigurata nel libro.
C’erano una volta tre fratelli…” cominciò, e la sua mente non riusciva a non pensare al piccolo ciottolo scuro che stringeva in mano. Lo guardò a lungo, incredulo. Tenerlo in mano gli dava un’intensa sensazione di sgomento. Sentiva uno strano calore provenire dal palmo sul quale era posato, ma si convinse che era a causa della disperazione, della stanchezza e della solitudine. Richiuse la mano sinistra, per costringersi a distogliere lo sguardo.
…Il secondo fratello…
Così la Morte raccolse un sasso dalla riva del fiume e lo diede al secondo fratello, dicendogli che quel sasso aveva il potere di riportare in vita i morti…
” (1)

Ad ogni parola, a Severus sembrava di sprofondare nel racconto. Seduto sul pavimento, sentiva di essere lui a girare tre volte tra le mani quella pietra. E sua madre, avvolta nella penombra della stanza da letto, gli appariva triste e fredda, separata da lui come da un velo. Indugiò sul volto sofferente di Eileen, sentendosi disperato all’idea della sua perdita. Sarebbe riuscito ad accontentarsi di averla comunque accanto, o percepire il distacco di cui narrava la fiaba lo avrebbe reso infelice, fino a fargli desiderare di ricongiungersi a lei?


“Severus.”
Una voce debole lo risvegliò. Aprì gli occhi, incrociando il viso di nuovo sorridente della madre. Era inginocchiata davanti a lui e gli teneva le mani serrate tra le sue.
“Ti sei addormentato lì?” chiese la strega con espressione dolce.
Severus si guardò intorno, con gli occhi velati di lacrime. Qualcosa bruciava ancora nella mano sinistra: ricordò subito di cosa si trattava. Affondò il suo sguardo triste in quello della madre.
“Ho avuto paura,” ammise, aprendo la mano per guardarci dentro. La pietra si rivelò anche a Eileen, che gli accarezzò la testa.
“Di cosa?” gli chiese, provando a sollevare il viso del bambino, che guardava insistentemente il sasso scuro che teneva in mano.
Gli occhi di Severus si riempirono di lacrime.
“Pensavo che saresti morta!” singhiozzò, e la mano tornò a stringersi intorno alla pietra nera, come se fosse davvero un oggetto magico e importantissimo.
“Piccolo mio, ti ho spaventato,” lo consolò la madre, mettendosi a sedere sul letto e invitandolo a raggiungerla. Prese di nuovo le mani del figlio tra le sue, sciogliendo il pugno che Severus continuava a serrare. Il bambino non osava più guardare il palmo della propria mano. La pietra che la morte aveva dato al secondo fratello sembrava essere lì.
“Ora sto molto meglio,” mormorò comprensiva Eileen, continuando ad accarezzare il suo bambino.
Severus annuì, sforzandosi di sorridere.
“Cosa mi stavi leggendo?” chiese allora Eileen, nel tentativo di rassicurare il figlio che era ancora visibilmente scosso.
“La fiaba dei Tre fratelli,” rispose Severus.
“Mamma, esiste davvero la Pietra della Resurrezione?” domandò pensieroso, sfiorando il piccolo sasso.
“Perché me lo domandi?” lo interrogò Eileen.

Severus non riusciva a rispondere. Avrebbe voluto dirle che doveva essere certo di poterla portare indietro, nel caso suo padre l’avesse uccisa, come temeva tutte le volte che assisteva ai loro litigi. Avrebbe voluto dirle che aveva tanto bisogno di lei, benché non riuscisse a chiederle attenzioni. Avrebbe voluto essere rassicurato sull’esistenza della possibilità di porre un freno alla morte, qualora fosse venuta a bussare alla loro porta. Ma non disse nemmeno una parola. Non ci riuscì. Abbassò la testa e le lacrime che gli velavano gli occhi cominciarono a scendergli sulle guance.

“Non ti serve la Pietra della Resurrezione,” disse allora Eileen. “Tuo padre non mi farà del male,” lo consolò. “E poi, ricordi cosa succede quando la moglie del secondo fratello ritorna dal regno dei morti?” gli chiese. “E’ un viaggio senza ritorno, quello. Nessuno è mai tornato indietro.”
Ma quando lesse l’espressione sconsolata sul volto del figlio, si pentì di aver pronunciato quelle parole.
“A breve tu andrai a Hogwarts,” riprese, nel tentativo di dargli una prospettiva felice a cui rivolgere le speranze.
“In te la magia si è manifestata molto presto e io sono sicura che coprirai di onore la nostra stirpe magica,” disse con orgoglio. “Non pensare alla Pietra della Resurrezione, della cui esistenza non abbiamo certezze. Pensa a investire le tue energie e i tuoi sforzi negli studi; allora, forse, sarai in grado proprio tu di porre un freno alla morte.”
Severus osservò sua madre con trasporto. Davvero pensava di lui quelle belle cose?
L’idea che presto sarebbe stato a Hogwarts, come Eileen si era augurata, lo rasserenò.
“Parlami del tuo primo viaggio a Hogwarts,” le chiese con un’espressione di rinnovata speranza sul viso, riponendo il sasso nella tasca dei pantaloni.

*****



Qualche giorno dopo, di buon mattino, Eileen svegliò Severus allegra come non era mai stata.
“Oggi ti porto a Diagon Alley per acquistare il necessario per la scuola!” esclamò.
Severus si stropicciò gli occhi.
“Con quale denaro?” chiese, demoralizzato.
Eileen era consapevole del fatto di non aver mai potuto dare a suo figlio abiti dignitosi né gli svaghi degni di essere ricordati, ma per mandarlo a scuola a Hogwarts aveva con fatica messo da parte qualche risparmio e, anche se non avrebbe potuto acquistare libri e divisa nuovi di zecca, aveva racimolato quanto bastava a comprare tutto. Desiderava che suo figlio, almeno una volta, trascorresse con lei una giornata memorabile.
“Non sono cose di cui debba interessarsi un bambino,” disse, poggiandogli una mano sulla spalla e abbassando la testa verso di lui in modo da incrociare il suo sguardo.
Severus si sforzò di sorridere. Sua madre ce la stava mettendo tutta per dargli una possibilità di successo.
“Mi racconterai dell’Hogwarts Express?” domandò, curioso.
“Ma solo davanti a un gelato della Gelateria Florean,” rispose Eileen. “Sono anni che ne desidero uno!”

*****



Gli occhi di Severus correvano entusiasti da una vetrina all’altra, cercando di individuare ciò che poteva tornare utile per la scuola, anche se, in tutti i negozi in cui entravano, sua madre individuava subito il reparto dove erano esposti abiti, libri o altri oggetti di seconda mano. Ma al bambino, che finalmente aveva il cuore grondante di nuove speranze, sembrava non interessare lo stato di ciò che veniva acquistato.
Alla fine riuscirono a trovare una divisa in perfetto stato e di buona fattura a un prezzo molto basso, e così fu anche per le scarpe. Certo non erano modelli attuali, ma poco importava, visto che presto sarebbe andato a Hogwarts. Per i libri, la missione risultò un po’ più difficile. Ma se si escludeva il libro di Pozioni, che aveva delle pagine corrose da chissà quale sostanza, gli altri erano in buono stato per essere stati usati tanti anni.

Terminati gli acquisti, come promesso, entrarono nella gelateria Florean. Eileen sapeva che era un lusso che non avrebbe potuto concedersi, ma desiderava che quella, per suo figlio, fosse una giornata perfetta.
Si accomodarono ad un tavolino accanto alla vetrina, con vista sulla strada.
“Ora dimmi del treno,” disse Severus, che non vedeva l’ora di prenderlo.
Eileen sorrise e cominciò a raccontare della stazione, del binario 9 e ¾, delle carrozze e dell’anziana signora del carrello carico di dolciumi. Gli occhi del bambino, fissi sul volto della madre, vedevano ogni cosa che gli veniva descritta e, mentre gustava il grosso gelato al cioccolato e zabaione, immaginava già di essere seduto al suo posto.
D’improvviso venne distratto da una voce proveniente dalla strada. Si voltò a guardare e vide, proprio davanti alla vetrina, un ragazzo alto con lunghi capelli biondi rivolgere parole sprezzanti ad un altro dall’aspetto più dimesso. Non serviva più di quello per capire che doveva ritenersi molto superiore al suo interlocutore. Severus lo osservò in soggezione e con un pizzico di invidia negli occhi. Non sarebbe mai stato alla sua altezza, pensò sconsolato. Gli abiti all’ultima moda e di ottima fattura conferivano all’altero ragazzo un aspetto signorile.
Eileen seguì lo sguardo del figlio e comprese cosa stava pensando.
“Ci sono diversi modi per farsi grandi agli occhi degli altri,” disse sprezzante. Poi afferrò con delicatezza la mano di Severus.
“Hai delle potenzialità, figlio mio. Non disperderle per inseguire sogni inutili,” lo incoraggiò.

*****



Finalmente arrivò il giorno della partenza. Severus non stava nella pelle, anche perché avrebbe fatto il suo primo viaggio per Hogwarts con la sua amica Lily.
Ciò che è certo è che Severus il mese successivo partì per Hogwarts, riuscendo a evitare di incontrare ancora suo padre. Come se quell’ultima sfuriata avesse sigillato tra loro un patto silenzioso, l’uomo evitò di rientrare a casa per la cena e si tenne alla larga dal resto della famiglia.
Provò a convincere la madre a lasciargli portare il Doxy a scuola.
“E’ piccolo e ormai so controllarlo,” disse con un filo di compiacimento. Ancora sperava di poter dimostrare a Lily di non averle raccontato fandonie.
Ma Eileen fu irremovibile.
“Per quanto piccola, è una creatura pericolosa,” sentenziò. “Non credo che il preside sarebbe contento di scoprire che ne tieni uno nel dormitorio, anche perché non sono tra quelle che si possono portare a Hogwarts. Me ne occuperò io.”
Sapeva che sua madre aveva ragione, ma Severus era comunque deluso di dover rinunciare al suo piccolo tesoro, che volentieri avrebbe mostrato per far colpo sui compagni o intimorire qualcuno. Quindi, invece che riportarlo nello scantinato come aveva promesso, occultò la piccola voliera nel baule già pronto, ripromettendosi di tirarla fuori una volta salito sul treno.
Ma quando attraversò il muro posto tra il binario 9 e il binario 10 e vide dinanzi a sé la locomotiva a vapore scarlatta, ferma lungo un binario gremito di gente, smise di pensarci. Il cuore cominciò a battergli forte nel petto.
Era vero che sarebbe partito, pensò, un attimo primo di vedere Lily qualche metro più avanti, che attendeva l’ora della partenza insieme alla sua famiglia.
La bambina stava parlando animatamente con la sorella mentre i genitori si guardavano intorno incuriositi da tutto ciò che accadeva. Severus rimase in ascolto, accanto a sua madre.
Eileen aveva un’aria arcigna e scontenta. Forse già si prefigurava la sua vita ora che Severus sarebbe stato lontano da casa. Sembrò animarsi solo vedendo, poco distante, la bambina dai capelli rossi.
“E’ quella la tua amica Lily?” chiese, trovandola molto somigliante alla descrizione che Severus gliene aveva fatto, e intuendo dall’abbigliamento e dall’atteggiamento degli altri membri della famiglia che non si trattasse di maghi.
Ormai mancavano solo cinque minuti alle undici. Severus vide Lily congedarsi dai familiari. Aveva abbracciato e baciato il padre e la madre con grande slancio, rivolgendo alla sorella un impacciato saluto di commiato; poi si era voltata solo per un attimo a cercarlo e, dopo averlo visto, era salita sul treno, rassicurata.

Severus non ebbe difficoltà a staccarsi da Eileen, anche lei poco propensa a dimostrazioni pubbliche di affetto che da sempre mettevano entrambi a disagio, e salì a sua volta sul treno.

Appena fu sul treno, Severus si preoccupò di liberarsi dei suoi orrendi abiti Babbani. Non gli sembravano degni di quel luogo e non ci pensò due volte ad affrancarsene per sentirsi più a suo agio sul mezzo che l’avrebbe finalmente condotto in quella che considerava la sua vera casa. Così, dopo aver recuperato la piccola voliera dal baule, si assicurò di averla occultata per bene sotto la giacca, e, con indosso la divisa della scuola, cominciò a cercare Lily.
Aveva già attraversato un bel po’ di treno prima di trovarla. Fortunatamente, il posto davanti a lei, accanto al finestrino, era libero, e Severus, dopo aver riposto ciò che aveva tra le braccia sul ripiano portabagagli, lo occupò.
La bambina lo guardò a stento, benché si sentisse finalmente rincuorata dalla presenza dell’amico, non riusciva a non sentirlo parzialmente responsabile della lite che aveva avuto con la sorella. Inoltre, si sentiva a disagio perché erano circondati da ragazzi chiassosi.
Severus provò a parlarle: come poteva essere triste, ora che stava accadendo davvero?
“Stiamo andando a Hogwarts,” le disse alla fine, lasciandosi trascinare dall’entusiasmo per il viaggio.
Era vero. Tutto ciò che Severus le aveva promesso si era effettivamente avverato. Lily sorrise, dopo essersi asciugata gli occhi.
“Andresti bene nei Serpeverde,” disse allora Severus, vedendola più serena. Lesse la curiosità negli occhi verdi della sua amica, ma, prima di riuscire ad aggiungere altro, venne interrotto da un ragazzino bruno e magro che sedeva con loro nello scompartimento.
“Chi vuole essere nei Serpeverde? Penso che lascerei la scuola…” (2) esclamò con aria di superiorità, cercando l’approvazione dell’altro che gli sedeva di fronte.
I due si spalleggiarono, inneggiando al coraggio dei Grifondoro. Cosa che fece sorridere malevolmente Severus, che invece aveva un’evidente preferenza per la casa Serpeverde, in cui era stata smistata sua madre.
Ne nacque un breve alterco, prontamente interrotto da Lily, che lo convinse a cambiare scompartimento.
Ma quegli attaccabrighe provarono a farlo cadere, facendogli uno sgambetto e, prima che riuscisse a chiudersi la porta dello scompartimento, Severus udì un epiteto che uno dei due aveva coniato apposta per offenderlo.

Percorrendo il corridoio alla ricerca di un altro scompartimento libero, Severus non riusciva a zittire la voce che continuava a rivolgergli l’odioso insulto. Ma cosa potevano saperne, quei damerini, di quanto breve fosse stata la sua infanzia, e come invece avesse dovuto presto imparare a non rivelare le proprie fragilità, evitando di piangere e frignare come invece immaginava avessero potuto a lungo fare loro?
Camminava, comprimendo a stento la rabbia, cercando con tutto se stesso di continuare a vedere quel luogo con gli stessi occhi con i quali l’aveva guardato salendoci. Ma pur avendo affidato a quelle lamiere scarlatte i sogni per un avvenire migliore, ora una parte del bambino avrebbe voluto prenderle a calci, amareggiato, com’era, da quella prima delusione. Sembrava che la sorte volesse continuare a relegarlo ai margini dell’esistenza. Si sentiva perseguitato da un destino che l’aveva segnato sin dalla nascita, rendendolo inviso e riconoscibile. Avvertiva il battito impazzito del suo cuore alle tempie. Avrebbe dovuto reagire, e non sottrarsi allo scontro!

Trovarono uno scompartimento completamente libero, in fondo al treno. Temendo che quei prepotenti li avessero seguiti fin lì, dopo aver fatto accomodare Lily, Severus lanciò un’ultima occhiata furtiva al corridoio e si chiuse la porta alle spalle.
“Non verranno a disturbarci ancora,” lo rassicurò la bambina, intuendo i timori dell’amico.
Severus apparve offeso; nonostante fosse molto amareggiato per l’accaduto, non voleva che la sua amica lo commiserasse. Posizionò di nuovo la voliera sul ripiano portabagagli, avvolta con cura dalla giacca della divisa e finalmente si sedette. Non poteva evitare di sentirsi un vigliacco per essersi fatto scivolare addosso gli insulti che gli avevano rivolto, invece di reagire.
“Parlami ancora dello Smistamento,” lo incoraggiò Lily.
Severus l’assecondò. D’un tratto, mentre descriveva con meticolosa precisione le caratteristiche di ciascuna casa, tutto intorno a lui ritrovò un’aria rassicurante. Il bambino accarezzò il sedile con gratitudine. Era bello vedere Lily che pendeva dalle sue labbra, mentre le raccontava come si raggiungeva la scuola prima che il Ministero della Magia autorizzasse l’uso di quel treno, del fatto che non tutte le famiglie magiche vedessero di buon grado l’uso di uno strumento Babbano. E per quanto gli stesse a cuore quella ragazzina, era orgoglioso di mostrarsi a conoscenza di tanti particolari che lei invece ignorava.
“La signora del carrello!” esclamò ad un certo punto, sentendo la voce dell’anziana strega in lontananza. E cominciò a elencare tutti i dolciumi che di lì a poco avrebbero potuto gustare. In verità sapeva benissimo di non aver troppi soldi da spendere, ma Eileen aveva voluto che quel primo viaggio fosse memorabile e gli aveva dato qualche moneta.

Acquistò due Cioccorane, offrendone una a Lily.
L’espressione sorpresa della bambina quando vide la rana di cioccolato saltar fuori dalla scatola, lo consolò in parte per l’accaduto.
Parlarono ancora di ciò che avrebbero studiato, di come sarebbe stato vivere a Hogwarts, e fecero progetti. Quel treno era il mezzo attraverso il quale Severus sarebbe entrato in una nuova fase della sua vita, quella vera, consentendogli di prendere le distanze da ciò che l’aveva reso infelice fino a quel momento. Il treno lo portava a fare un viaggio verso un’opportunità di riscatto, cui il bambino si era aggrappato con tutto se stesso. Continuava a sfiorare il sedile quasi per essere sicuro che ciò che vedeva e sentiva fosse vero.

Nel tardo pomeriggio, quando ormai mancava poco all’arrivo, Severus sentì una voce nel corridoio. Non sapeva spiegarsi perché gli suonasse così familiare.
Ci volle poco a capirlo. Qualche istante dopo, davanti allo scompartimento vide il ragazzo che aveva incontrato a Diagon Alley, in compagnia di altri due. Con il suo viso affilato e pallido, circondato da sottili capelli lisci e biondi, si fermò sulla porta squadrando i due bambini con arroganza.
Ora anche Lily aveva indossato la divisa della scuola e, orgogliosa, si stava pavoneggiando.
Lo sguardo malevolo del nuovo arrivato spense l’entusiasmo dei due amici.
“Letture Babbane, vedo!” sibilò sdegnosamente osservando il volume di fumetti che Lily aveva portato con sé per il viaggio.
Severus arrossì, provando rabbia e timore. Il suo cuore aveva ripreso a galoppargli nel petto. Anche se con tutta evidenza il ragazzo era molto più grande di lui, avrebbe voluto reagire all’offesa, ma, prima che potesse decidere una qualunque strategia, Lily gli si sedette accanto, posandogli una mano sul pugno che teneva serrato in grembo.
“Lascia perdere, Severus, non merita alcuna risposta!” gli sussurrò all’orecchio.
“Ecco, fai come ti dice la sanguemarcio!” li irrise il ragazzo che era rimasto sulla porta, dopo aver scambiato un’occhiata d’intesa con quello che per primo aveva rivolto loro l’offesa.
Poi, mentre Severus combatteva contro l’istinto di reagire alla nuova aggressione, accadde qualcosa d’imprevisto. Vide il ragazzo più basso dei tre strattonare l’amico.
“Guarda là, Lucius!” esclamò, segnalando qualcosa al di sopra delle teste dei bambini. Ora tutti e tre i ragazzi più grandi erano all’interno dello scompartimento.
Severus impallidì e, spaventato, rivolse lo sguardo nella stessa direzione.
Forse non era stato sufficientemente accorto nel sistemare le sue cose. Forse era colpa delle vibrazioni. Ma il fatto era che la giacca era scivolata, scoprendo in parte la voliera, e dalla fessura che si era aperta intorno alla struttura metallica emergevano i contorni di una bocca dotata di denti aguzzi.
“Cosa abbiamo qui?” sibilò con gioia maligna il biondo che rispondeva al nome di Lucius, sfoderando velocemente la bacchetta dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
Una luce si sprigionò dalla punta del legno, e qualcosa dal ripiano portabagagli rotolò giù, finendo sul pavimento senza che Severus potesse interromperne la caduta, visto che gli altri due ragazzi gli impedivano di avvicinarsi
La piccola voliera sbatté con violenza al suolo, forse accelerata dall’incantesimo, e la porticina si aprì, liberando il Doxy.
“Dannato ragazzino, cosa avevi intenzione di farci?” esclamò Lucius sorpreso e indispettito, mentre si nascondeva la testa tra le braccia per proteggersi dall’attacco della piccola creatura.
Severus era paralizzato dal terrore. Schivando le picchiate del Doxy, e respingendolo quando provava a mordere Lily, cercava disperatamente lo sguardo dell’amica per farle capire quanto gli dispiacesse quella situazione.
La bambina non aveva esperienza magica, né aveva mai affrontato un Doxy prima di quel momento, e così, spaventata, fece l’unica cosa che la sua educazione Babbana le suggeriva: mentre il ragazzo più robusto provava a colpire l’animale con un incantesimo Immobilus, si lanciò verso il finestrino, abbassandolo. L’aria che scorreva sui fianchi del treno irruppe nello scompartimento e la velocità alla quale procedevano fece il resto, creando una corrente che risucchiò il Doxy.
Severus lo vide schizzar fuori dal finestrino, con i denti serrati in un ghigno malvagio, agitando velocemente le ali insieme alle quattro braccia e alle quattro gambe, quasi che con quei movimenti potesse opporsi alla forza del gorgo.
Lily chiuse velocemente il finestrino e si accasciò sul sedile.
I tre ragazzi più grandi, scompigliati dall’azione repentina, si guardarono interdetti.
“Il piccolino ha fegato!” sibilò Lucius, visibilmente imbarazzato per essersi fatto prendere di sorpresa da quegli eventi, ma anche ammirato da quello che ai suoi occhi era un chiaro segno di coraggio.
“Non tutti i primini avrebbero avuto l’audacia di andare contro le regole della scuola prima ancora di metterci piede,” constatò con un sorrisetto malizioso. “Ma cerca di non fare altre sciocchezze,” aggiunse, spingendo con sdegno Severus per farsi spazio.
Il bambino piombò sul sedile mentre la porta dello scompartimento veniva chiusa con malagrazia.
“Come lo avresti nascosto?” gli domandò Lily, raccogliendo dal pavimento la piccola voliera. “Ti rendi conto che avresti potuto finire nei guai ancor prima di arrivare a Hogwarts?” lo incalzò.
I limpidi occhi verdi dardeggiavano di collera, costringendo la bambina a continuare a rimuginare sulla natura del suo amico, cosa che ormai stava facendo all’inizio del viaggio.
Severus scosse la testa: l’entusiasmo di quel primo viaggio gli aveva tolto lucidità. Vicino com’era alla sua nuova vita, non aveva ponderato bene gli effetti di quella sventatezza.
Il treno sferragliava sulle rotaie. Lily teneva gli occhi ostinatamente fissi sul paesaggio buio.

“Non mi parlerai mai più?” chiese Severus con aria particolarmente corrucciata, sentendosi colpevole.
Lily distolse lo sguardo dalle ombre scure che correvano lungo i binari e lo guardò con fermezza.
Leggendo tanta durezza negli occhi dell’amica, il bambino si sentì disperato. Come avrebbe fatto ora a convincerla delle sue buone intenzioni o, almeno, della sua stupidità? Ma aveva appena iniziato a congetturare sulle possibili giustificazioni che sul volto di Lily apparve una smorfia. Severus la osservò combattere per qualche istante e poi sciogliersi in una risata contagiosa.

“Hai visto che facce avevano?” esclamò, divertita.
Il bambino esitò ancora, ma poi il pensiero dei movimenti scomposti dei tre, i loro sguardi impietriti, le frasi smezzate che erano volate, il maldestro tentativo di ridarsi un tono prima di uscire, fecero sorridere anche lui.
“L’abbiamo spettinato un po’!” ammise, pensando al biondo Lucius e alla sua lunga chioma patinata, uscita arruffata dallo scontro con il Doxy.
“Quelli erano Serpeverde!” disse Lily, aspettandosi altre spiegazioni.
“Cosa?” domandò Severus, ancora molto teso.
“Erano ragazzi di Serpeverde; ho riconosciuto i colori della divisa,” disse Lily. “Non mi piacerebbe affatto essere smistata tra di loro,” aggiunse, ripensando a ciò che Severus le aveva detto all’inizio del viaggio.
“Ma gli studenti di Hogwarts non sono tutti uguali,” protestò Severus, pensando a sua madre.
Lily sorrise ancora e tornò a scrutare il paesaggio immerso nel buio. Ormai dovevano essere quasi arrivati.

Severus guardò intorno a sé. Nel treno sul quale era salito confidando in una nuova vita, aveva scoperto che anche quella poteva mostrargli il suo lato ostile. Sentì che stavano rallentando. Il fischio dei freni irruppe nella carrozza. Dopo che il convoglio ferroviario si fu fermato, per qualche istante tutto sembrò silenzioso e immobile; poi le voci dei ragazzi esplosero in commenti di gioia e si riversarono nei corridoi e sul marciapiede.
Severus indossò la giacca della divisa e attese che Lily lo precedesse fuori dallo scompartimento.
“Quella la lasci?” domandò Lily indicando la piccola voliera, ormai vuota, sul ripiano portabagagli.
Severus annuì, pensieroso.
Scesi dal treno, si trovarono immersi nel buio. Più avanti apparvero delle lanterne.
“Gli studenti del primo anno con me!” urlò a gran voce chi le sosteneva.
Severus avanzò verso quelle luci, poi, si voltò ancora a guardare la sagoma scarlatta della locomotiva che l’aveva condotto sino a lì.
“Si direbbe che tu voglia perderti proprio il primo giorno?” gli mormorò Lily all’orecchio, dopo averlo atteso impazientemente.
Severus era esitante e preoccupato. Gli era sembrato di riconoscere la voce del ragazzino che l’aveva offeso appena salito sul treno.
Lily gli dette un colpetto sul braccio.
“Non lo faranno davanti agli insegnanti,” lo rassicurò, intuendo i timori dell’amico.
Severus abbozzò un timido sorriso, perdendosi nello sguardo limpido e fiducioso di Lily, e pensò che, con lei accanto, quel primo viaggio era stato perfetto, nonostante tutto.

(1) Estratto dalla storia dei Tre fratelli.
(2) Frase rivolta da James Potter a Severus durante il primo viaggio sull'Hogwarts Express

Edited by Gabrix1967 - 22/4/2022, 00:10
 
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view post Posted on 26/4/2022, 18:39
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Noto che anche tu ami esplorare l’universo sconosciuto dell’infanzia di Severus. Il giovanissimo mago in erba è, come per me, un’attrazione irresistibile. Immaginarne il carattere, la personalità, ogni elemento caratterizzante che ha contribuito a fondare le basi dell’uomo Severus che tanto amiamo, è un esercizio molto stimolante. Tu ci sei riuscita davvero molto bene, Gabri; è stato bellissimo immergersi in un ‘estratto’ della quotidianità vissuta dal ragazzino: una routine straordinaria vista la sua natura magica e, soprattutto, l’abilità e intraprendenza manifestate fin dalla giovanissima età. Convincente e indovinato il modo in cui hai immaginato il rapporto tra i due protagonisti: un legame che sarebbe scontato ritenere saldo e complice data la natura magica di madre e figlio, ma che, nelle difficoltà vissute dalla famiglia Piton, appare tutt’altro che ovvio e semplice. La tua Eileen è una donna disillusa dalla vita, una strega capace che si è ritrovata a combattere contro due temibili nemici: la solitudine e l’incomprensione. La donna si sforza di mostrare a Severus la sua presenza, il suo affetto e la sua complicità: il bimbo la avverte, ne è consapevole e la manifesta tutta nella toccante scena al capezzale della strega. Hai descritto quegli attimi in modo splendido e commovente; Severus, tenero e spaventato, mostra tutta la sua fragilità di bimbo, ma anche una incredibile forza e maturità: ha dovuto imparare troppo presto a cavarsela da solo, a dover essere sicuro di sé e forte, anche più forte della sua stessa madre. Indovinata e, a tratti, divertente la presenza dispettosa e indomabile del Doxy che sei riuscita a collocare alla perfezione nel contesto della storia canon riportata nei libri. Ho apprezzato i richiami al testo ‘ufficiale’ e ti dirò che il tuo brano avrebbe potuto benissimo starci tutto.
Complimenti, Gabri. <3
 
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view post Posted on 27/5/2022, 16:33
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I ♥ Severus


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Molto bella la prima scena con il Doxy, la mamma e Severus ragazzino, mentre la seconda parte riporta alla triste realtà della presenza del padre.
Davvero essenziale il doxy, ottimamente gestito nella scena sull’espresso scivolando con attenzione nelle pieghe dei missing moments.
Buono, per lo stesso motivo, anche l’uso dell’espresso, dove la negatività di quel primo viaggio è ulteriormente caricata dalla scena con Lucius. E la gioia domestica della prima scena naufraga lentamente nella disillusione di una nuova vita tanto attesa.
 
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view post Posted on 29/5/2022, 17:31
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Viaggi e miraggi di Gabri

Una storia che si tuffa nell’infanzia di Severus: quel ragazzino fragile che hai raccontato con dovizia di episodi e particolari, mi permette di amare ancora di più il personaggio adulto.
L’inizio sembra solare e pieno di speranza, ma tu sei stata bravissima a riportarlo nella triste realtà.

Ottimo e appropriato l’uso del Doxi, veramente geniale: è fulcro di emozioni, dolore, comprensione materna
Eileen è come la immagino, depressa, ma tuttavia orgogliosa per suo figlio, l’unica cosa che le concede speranza.
Lucius mi è piaciuto molto, hai indovinato ad inserirlo per fare da contraltare all’idea illusoria di Severus che i Serpeverde siano tutti buoni amici.
Lily è Lily, usa Severus perché è sola e Babbana, ma poi….
Brava Gabri, un bel racconto scritto nel tuo stile fluido e piacevole.
Brava!
 
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view post Posted on 31/5/2022, 21:35
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Mi è piaciuto molto il modo in cui hai caratterizzato Eileen e il suo rapporto con il figlio – la complicità e l’affetto, ma anche le incertezze e le paure lasciate nell’animo di entrambi da Tobias e, da questo punto di vista, la scena in cui Severus si ritrova al capezzale della madre è la mia preferita – così come ho trovato veramente bello il modo in cui il Doxy compare nella storia (e come Severus lo “adotti”).
Molto bella anche la scena sull’espresso di Hogwarts e l’interazione con Lily e quella con Lucius.
Ma ciò che mi è piaciuto più di tutto è il Severus ragazzino perfettamente indagato in ogni suo pensiero, in ogni sua fragilità e in ogni suo sogno (sia quelli già infranti, sia quelli che, ancora, non lo sono).
 
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4 replies since 21/4/2022, 10:35   159 views
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