Titolo: Il Canto dei Thestral
Autore/data: Ele Snapey - Marzo 2022
Beta reader: Arwen68
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo/generico
Personaggi: Severus, Albus Silente
Pairing: nessuno
Epoca: 5° anno
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Per capire se una profezia esiste o meno, un'ottima soluzione può essere quella di entrare nella Stanza delle Profezie...
Nota: Storia scritta per la Sfida di Marzo, nell’ambito della “15 anni con Severus”.
Nota 2: L'episodio fa seguito agli eventi raccontati nella storia scritta per la sfida di febbraio.
Campione della Scuola di BeauxbatonsCaratteri: 32.031
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Il Canto dei Thestral
Oltre i Gargoyle in pietra, posti ai lati dell’entrata, la scala a chiocciola mobile che si avvitava fino all’ufficio circolare si arrestò.
La massiccia porta in legno d’entrata si era appena richiusa alle sue spalle quando il vecchio asceta, seduto alla scrivania, alzò gli occhi dalle pergamene che stava consultando e gli rivolse un sorriso.
– Buongiorno, figliolo. Siediti pure e dammi solo un paio di minuti.
L’insegnante di Pozioni si accomodò sulla poltroncina che stava di fronte, accavallando elegantemente le gambe. Prese ad analizzare gli oggetti d’argento, ronzanti e sbuffanti, disposti un po’ dappertutto, sul piano di lavoro del preside e sui curiosi tavolini di pregio che adornavano lo studio.
Trasferì l’attenzione sul trespolo dove sonnecchiava Fanny; infine gettò un'occhiata distratta alle suppellettili cariche di libri, di alambicchi, di strani contenitori e di ricordi di viaggio in terre lontane.
Si domandò in quante occasioni gli fosse già capitato di osservare il variegato mondo della presidenza da quell’angolazione: proprio da lì, da dove si era seduto innumerevoli altre volte in attesa di conoscere il motivo della convocazione.
– Troppe… troppe seccature a cui dover stare dietro. – Borbottò Silente, mentre apponeva l’ultima firma a una pergamena chilometrica.
Depose la piuma e alzò lo sguardo sul giovane mago, aggiustandosi gli occhialetti a mezzaluna agganciati al naso aquilino.
– Le formalità del Ministero però possono aspettare. Quello che ho in mente di fare,
no… - Scrutò il volto serio dell’uomo seduto di fronte a sè, le iridi azzurre leggermente incupite.
Severus avvertì un lieve pizzicore alla base della nuca, preoccupato di sapere ciò che aveva in mente di fare.
– Ho ripensato in questi giorni a quanto mi avevi riferito, riguardo lo strano sogno fatto dalla signorina Granger. - Silente fece una pausa.
Nello sguardo freddo del Maestro di Pozioni si accese un lampo di attenzione.
- Te ne avevo parlato il mese scorso. – Confermò, reprimendo la voglia di sfumare con una nota di biasimo il tono di voce.
- Certo, ricordo bene. E ricordo anche la sua preoccupazione. Pare che il Cappello Parlante le avesse ripetuto più volte una certa "frase a ritornello". Un intercalare ossessivo e
decisamente inquietante, per la precisione.
- Esatto. Perciò temeva potesse trattarsi di una premonizione. – Annuì Severus, domandandosi perché diamine il vecchio non le avesse dato troppo peso nel momento in cui gliel’aveva riferita.
- Ho trovato giusto, in questi giorni, tornare a rifletterci sopra, Severus… - Intrecciò le lunghe dita sulla scrivania e lo guardò, serafico, come se gli avesse letto nel pensiero, – e sono arrivato alla conclusione che dovremmo approfondire questa eventualità.
- Perché proprio adesso, Albus?
- Lo avrei fatto prima se, come anche tu ben sai, non ci fossero stati problemi più urgenti da affrontare.
- E hai quindi pensato a come fare, per verificarne la natura? – Protese leggermente il busto, affondando il proprio sguardo tagliente in quello cristallino del vecchio.
- Inizialmente anch'io avevo considerato l’eventualità di un confronto tra la signorina Granger e la professoressa Cooman. Ma, dal momento che dubito la signorina Granger possa accettare una proposta del genere, mi sono visto costretto a ripiegare sull’unica alternativa possibile.
Si alzò dallo scranno con uno scatto sorprendente per la sua età e, seguito dallo sguardo perplesso dell’altro, si diresse verso il tavolino sistemato accanto all’armadio del Pensatoio, su cui erano appoggiati alcuni minuscoli oggetti d’argento. Tornò alla scrivania reggendone un paio.
– Ecco che cosa ci servirà per scoprire se ciò che ha sognato Hermione è, o meno, una profezia. – Severus, accigliato, analizzò i gingilli che il vecchio aveva posato davanti a sé.
– Sono Localizzatori. Sono della stessa famiglia dei Deluminatori, ma hanno un utilizzo diverso. Servono, tra le altre cose, a palesare la natura e il significato di ogni tipo di vaticinio.
Si rilassò contro lo schienale dello scranno con un sorrisetto soddisfatto.
– Sono tutto ciò di cui avremo bisogno quando saremo nella Stanza delle Profezie.
– All’Ufficio Misteri? – Sbottò il giovane, spalancando leggermente gli occhi.
- Esatto, ragazzo mio. L’unico luogo in cui, se la premonizione è reale, i Localizzatori saranno in grado di rilevarla, riconoscerla come tale e decifrarla.
Severus tornò a esaminare quelli che sembravano innocui soprammobili d’argento: avevano l’aspetto e le dimensioni di grossi coleotteri ed emettevano un quieto ronzio.
- Immagino… - Inarcò appena il sopracciglio, - come la mia presenza sia necessaria.
- In due, ovviamente, faremo prima. Vero che la quantità di profezie catalogate e conservate nella sala delle Profezie è infinita: ma avremo un Localizzatore a testa, e potremo dividerci il compito.
Il preside raccolse le pergamene sparse sul piano, poi prese in mano gli oggettini con delicatezza. Ripose il proprio nella leggera borsa di cuoio con la tracolla appesa allo schienale, quindi porse l’altro al giovane.
- Comunicherò la nostra visita all'Ufficio Prenotazioni del Ministero. Cercherò di tenermi sul vago: meglio essere prudenti... molto prudenti... - abbassò la voce, - non dimentichiamo come quest’anno possiamo contare sulla gradita presenza di Dolores Umbridge. - Ammiccò, e dai quadri alle pareti provenne un brusio inquieto.
- E come poterlo scordare… – L'insegnante di Pozioni esibì un significativo, perfido sorrisetto.
- Domani, in tarda mattinata, mi recherò a Londra. Tu raggiungimi appena puoi, evitando di usare i camini del castello: credo li tenga tutti sotto controllo, tranne il mio, per il momento. Una volta arrivato userai il tuo Localizzatore. Ti sarà sufficiente pronunciare il mio nome, toccarlo con la punta della bacchetta, e io saprò che sei all’interno del Ministero. A quel punto ci troveremo direttamente al nono livello. E’ tutto chiaro?
Il giovane annuì e si alzò, congedandosi con un rapido cenno del capo. La voce di Silente però lo fermò un attimo prima che oltrepassasse la soglia.
– So come non ci sia bisogno di ricordarlo, ma… usa prudenza, figliolo, estrema prudenza. Sempre.
L’altro lo guardò, con aria interrogativa, e fu certo di cogliere nelle iridi celesti un’insolita sfumatura di apprensione. Un accenno di sorriso gli sfiorò solo un angolo delle labbra, sollevandolo appena.
– Hai detto bene: non c'è bisogno che tu me lo ricordi… - Replicò, lapidario. E sparì oltre il battente.
******
Il mattino seguente, terminata la lezione, Severus attese con una certa impazienza che l’ultimo studente Corvonero uscisse dall’aula; quindi sistemò gli ingredienti negli armadi, diede un rapido tocco di bacchetta ai calderoni per ripulirli da residui di pozione, si gettò sulle spalle il mantello con un movimento fluido e risalì dai Sotterranei.
Rapido e silenzioso percorse il corridoio che conduceva al passaggio del cortile da cui si accedeva alle Serre.
L’enorme pendolo annunciò l’approssimarsi dell’ora di pranzo, mentre un sole discreto faceva capolino tra le nubi rischiarando il chiostro deserto lungo il quale stava procedendo lesto.
Imboccò il sentiero dietro la Serra numero 3, al riparo da occhi indiscreti; da lì avrebbe proseguito verso i cancelli, attraverso il parco, lambendo i confini della Foresta Proibita.
All’improvviso, una voce alle sue spalle lo pietrificò.
– Professor Piton! – Il sangue gli si fermò nelle vene.
Per un attimo pensò di fingere di non aver sentito. Ma, siccome l’unica scusa che avrebbe retto era quella di dichiararsi sordo, fu costretto a voltarsi.
- Professor Piton, che coincidenza… - Fissò inorridito l’essere di tre spanne più basso, in tailleur rosa, che si stava approssimando. Da dove accidenti era saltata fuori, per tutti i Gargoyle?
- Che cosa ci fa, qui, anche lei? – Lo apostrofò, con vocina querula e sguardo infido, sventolandogli sotto il naso il taccuino che reggeva in mano.
- Potrei rivolgerle la stessa domanda, professoressa Umbridge. – Fu pronto a ribattere, inarcando il sopracciglio.
- Stavo cercando la professoressa Sprite, per due chiacchiere illuminanti riguardo le sue competenze.
Passerò ovviamente anche dai Sotterranei, professor Piton: magari la prossima settimana... – Lo guardò in modo allusivo, e nei piccoli occhi ravvicinati brillò una scintilla maligna. – E lei, invece?
Severus volse lo sguardo alle vetrate, oltre le quali vide una fila ordinata di vasi con le piccole Mandragole pronte per essere rinvasate durante la lezione del pomeriggio.
– Stavo cercando anch’io la professoressa Sprite… - Fu la prima cosa che gli venne in mente. – Ho bisogno di rifornire la mia dispensa con radici fresche di Mandragola.
– Ottimo, allora la cercheremo insieme! Sa, non riesco ancora a orizzontarmi tra i meandri delle Serre: le devo confessare che stavo girando a vuoto da più di un quarto d'ora… Ma poi, per fortuna, è arrivato lei. – Scoppiò in una risatina acuta e fastidiosa. Quindi si infilò di nuovo nel vivaio, dalla stessa entrata da cui era sbucata.
Maledicendo il contrattempo, l'uomo fu costretto a seguirla.
Si inoltrarono tra le corsie rugiadose, pervase da forte odore di terra e fertilizzante, affiancati da piante di ogni tipo, ordine e dimensione: il mago incedeva a lunghe falcate, mentre la Umbridge, procedendo a passetti rapidi, tentava di star dietro allo sventolio del suo mantello.
Passarono tra piccole foreste di piante esotiche e di Tentacula Velenosa, rasentando un’area popolata da grossi vasi di Snargaluff che confinavano con zone ancora più umide e soffocanti dove si contorcevano dolcemente enormi piante carnivore attorniate da gruppi di Bubotuberi rigogliosi, Bulbi Balzellanti e sontuose Orchidee selvatiche.
Se l’intento era quello di seminarla, risultò vano. La donna resistette all'andatura sostenuta, e riuscì a tallonarlo fino a che non raggiunsero l’area in cui l’insegnante di Erbologia era impegnata a riempire di terra alcune fioriere.
– Buongiorno, Pomona cara. – Cinguettò la Umbridge, e l’espressione della Sprite alla vista della collega fu impagabile: Severus l’avrebbe abbracciata.
– Dolores… - Replicò in tono velatamente contrariato, quindi guardò il mago con aria incerta.
– La professoressa Umbridge ti cercava, Pomona… – La anticipò, per impedirle di rivolgergli domande pericolose. - E io sono qui per le radici di Mandragola. Quelle che ti avevo chiesto di mettere da parte per la mia dispensa personale. Ricordi…
Vero? – Il suo sguardo espresse una muta richiesta di supporto che la Sprite, per fortuna, colse. Si illuminò, fingendo di rammentare.
– Ehm… Oh, sì, certo. Le ho messe da parte, se vuoi seguirmi. Mi scusi, Dolores: il tempo di consegnare le radici al professor Piton e sono da lei.
Trotterellò sollecita verso l’ufficio, nascosto alla vista da una fitta cascata di Edera Macula.
– C’è qualcosa che devo sapere, Severus? – Domandò, con fare cospiratorio, non appena furono soli.
– Nulla che ti riguardi, non ti preoccupare. Ho solo bisogno che tu la trattenga per un po’.
L’insegnante di Erbologia gli scoccò un’occhiata perplessa, ma evitò di fare domande e annuì, sorridendo affabilmente.
– Stai tranquillo. D’altronde, temo, non sarà cosa breve. Credo sia venuta per propinarmi quella specie di interrogatorio camuffato da colloquio a cui sta sottoponendo gli insegnanti. Preparati, perché verrà…
- Sì, lo so, lo so. Verrà anche da me, probabilmente la prossima settimana. Me lo ha già anticipato. – La interruppe un po’ troppo bruscamente, infastidito dall'ulteriore perdita di tempo.
Rendendosene conto cercò di rimediare in tono più garbato.
- Grazie ancora per la collaborazione, ora però devo proprio volare.
Fece per uscire, tuttavia la collega lo trattenne posandogli gentilmente la mano grassoccia e sporca di terra sul braccio.
- Hai intenzione per caso di passare vicino al confine con la Foresta? – Lo stava fissando con aria fiduciosa.
L’uomo annuì, freddandola con un’occhiata diffidente. Pomona non si fece scoraggiare e si voltò a raccogliere uno dei leggeri sacchi di iuta appoggiati alla parete. Glielo tese con un sorriso timido.
- Posso chiederti la cortesia di portare questo integratore a base di Elleboro ai Thestral? Non ti ci vorrà molto: ne vanno ghiotti e… - La sua voce perse via via baldanza: - per loro è un toccasana. Lo farei io, ma ho paura ad avvicinarmi… - L’aria impacciata e il lieve rossore che si era diffuso sul volto paffuto ebbero il potere di ammorbidire un po' l’umore del collega.
- Va bene: ma tu tienimi impegnata quella rompiscatole fino a che puoi. – Sibilò, infilando la porta con il sacco tra le braccia.
- Ti ringrazio tanto, mi hai sollevata da un peso. Di solito ci pensa Rubeus, ma sembra che il Preside questa settimana gli abbia assegnato diversi impegni urgenti. Mi aveva chiesto se potevo sostituirlo, ma non ce la faccio proprio a… - Mentre la Sprite continuava a giustificarsi, Severus aveva già risalito in fretta la corsia opposta a quella in cui la Umbridge stava aspettando il ritorno dell’insegnante di Erbologia.
Diede una veloce sbirciata e la vide assorta nella contemplazione di una Mimbulus Mimbletonia. Accelerò il passo.
L’ultima cosa che udì, prima di imboccare l'uscita secondaria, fu Pomona che la invitava in tono urgente a stare lontana dalla pianta.
Si gettò quindi a lunghe falcate per il pendio, grato di poter essere tornato a contatto con l’aria frizzante del parco.
Li vide subito. Due di essi pascolavano accanto ai grossi pini che si ergevano ai margini della macchia.
Indugiò qualche istante: anche a lui, proprio come a Pomona, i Thestral avevano il potere di instillare un subdolo senso d’inquietudine. Il loro aspetto lo metteva a disagio, nonostante la piena consapevolezza di non correre alcun rischio.
Ma il tempo correva, e non poteva permettersi di sprecarne altro a decidere se avvicinarsi o meno agli animali.
Avvertendo il frusciare di passi nell’erba le creature alzarono la testa e lo fissarono con occhi bianchi e spaventosi.
Severus, cauto, iniziò a spargere sul prato il contenuto del sacco.
Il profumo acuto del preparato si propagò piacevolmente nell’aria, insinuandosi fin dentro la foresta, e attirò i restanti componenti del branco.
Li scrutò, intimidito e al tempo stesso affascinato. Venivano lenti e mansueti, con le enormi ali da pipistrello ripiegate su dorso, i musi scheletrici protesi ad annusare la leggera brezza impregnata dell’essenza di Elleboro.
il più grosso tra i membri del gruppo incominciò a brucare, tranquillo, imitato subito dagli altri. Erano quattro robusti esemplari maschi, più cinque femmine con i loro piccoli, e lo avevano circondato.
Ora che era al centro del piccolo armento, e che poteva osservarli da vicino, gli sembrarono meno impressionanti.
Ad un tratto avvertì un inspiegabile fiotto di calore sotto la pelle. Non ne fu preoccupato, anzi: lo percepì come qualcosa di gradevole, benefico e rassicurante.
Si sentì sfiorare da un refolo d’aria tiepido e fragrante: fu come se mani invisibili fossero scese ad accarezzargli lievemente il capo e le spalle. Una misteriosa, meravigliosa energia iniziò rapidamente a insinuarsi in ogni fibra del corpo, donandogli un senso di protezione e di gratitudine infinite. L’emozione fu così intensa e improvvisa che, per un istante, sentì mancare il respiro.
Intanto il ciangottio degli uccellini e il brusio delle fronde si erano intensificati, mentre la radura sembrava risplendere di una luce ancora più calda e brillante.
Si rese conto, allora, che dal branco di Thestral proveniva una sorta di mormorio sommesso.
Un suono profondo, armonioso e soffuso, accordato sulla vibrazione di un’unica nota potente e avvolgente: ebbe la straordinaria sensazione che ogni male stesse defluendo dalla propria anima inferma, e la vita gli si concedesse, infinitamente ricca di occasioni, senza più opporre resistenza.
Desiderò, con tutte le forze, di rimanere lì per sempre.
E lo avrebbe fatto, se un tocco gentile sul braccio non l’avesse riportato alla realtà.
Abbassò lo sguardo: uno dei piccoli Thestral si era staccato dal branco e gli stava dando leggeri colpetti con il muso.
Allungò la mano per accarezzare il puledro, non senza aver prima lanciato un’occhiata alla madre per assicurarsi di averne l’autorizzazione.
Vide che l’attenzione degli adulti era ancora totalmente rivolta alla leccornia, perciò ne approfittò per appoggiare con delicatezza il palmo aperto sul dorso setoso del musetto scheletrico.
– Vuoi la tua razione personale, vero, piccolo? – Mormorò, con un mezzo sorriso.
Provò di nuovo un incredibile, benefico calore che si diffuse con rapidità lungo il braccio e per tutto il corpo, esattamente come poco prima, tanto che ritrasse di scatto la mano, sbalordito ma anche un po’ sgomento.
Rammentò allora di aver letto parecchio su quanto riguardava la natura dei Thestral, le cui proprietà, molteplici e prodigiose, erano per la maggior parte ancora del tutto sconosciute.
La pagina del testo, da cui aveva attinto le informazioni, gli si rivelò all'improvviso: era avvenuto tanto tempo prima, quando, da ragazzino assetato di sapere, trascorreva ore e ore in biblioteca a sfogliare libri di ogni genere.
Nella memoria riemerse come proprio in quel capitolo venisse citato più volte il
Canto dei Thestral: una melodia dal sapore arcano, antico come il mondo e come quelle stesse creature magiche, che solo a pochissimi eletti era concesso di ascoltare. Un privilegio riservato unicamente a chi avesse posseduto requisiti di valore intellettuale e morale.
Il puledro gli trotterellò attorno, impaziente, reclamando con un tenero brontolio altre foglie di Elleboro. Severus affondò la mano nel sacco e pescò sul fondo quanto era rimasto.
Il piccolo mangiò dalla sua mano fino all’ultima briciola, poi tornò accanto alla madre, tutto soddisfatto, caracollando sulle esili zampette ancora incerte.
Lo guardò, intenerito e divertito al tempo stesso, quindi si rese conto che era venuto davvero il momento di abbandonare il centro della radura dove tutto sembrava sospeso in una luminosa bolla di eterna perfezione.
Dedicò una lunga occhiata agli animali e riprese il percorso, oppresso da uno spiacevole senso di abbandono; arrivò ai cancelli, li oltrepassò, e proseguì a passo spedito per raggiungere in fretta la minuscola stazione della Metropolvere di Hogsmeade.
******
Uscì da uno dei ragguardevoli camini in marmo dell’enorme Atrium affollato.
Dopo aver passato il controllo, cercò un punto dove il via vai fosse meno intenso ed estrasse il proprio Localizzatore dalla tasca interna del mantello.
– Albus Silente. – Cercò di pronunciare in modo chiaro, mentre la folla di maghi che entrava e usciva dai camini continuava ad incrociarsi a pochi passi da lui.
Toccò il gingillo d’argento con la punta della bacchetta. Questi si mise a vibrare, ronzando con una certa insistenza, e gli sembrò di stringere tra le dita un calabrone rabbioso.
Dopo qualche secondo il ronzio iniziò ad affievolirsi; ripose l’oggetto in tasca, si diresse verso gli ascensori, e riuscì a infilarsi in quello meno stipato. Mal sopportava il contatto fisico, tuttavia gli toccò subire la vicinanza di una strega piuttosto corpulenta per tutto lo sferragliante su e giù che la cabina fece ai vari piani.
Finalmente rimase l’ultimo e unico occupante: l'ascensore scese al nono livello.
Quando le grate si aprirono si trovò di fronte a un lungo corridoio deserto che terminava con una porta nera.
Lo percorse nel silenzio illuminato dalle torce, giunse di fronte all’ingresso ed entrò.
Si guardò attorno: nella stanza circolare, caratterizzata da pareti e pavimenti oscuri e opprimenti, non c’era traccia di Albus.
Nemmeno il tempo di pensare a come, forse, il vecchio avesse deciso di precederlo nella Stanza delle Profezie, che il battente alle sue spalle si richiuse come sospinto da una folata di vento.
Si voltò solo quando avvertì lo scatto della serratura, e ormai non c’era più nulla da fare.
Dai muri del locale scaturì una sorta di brontolio, cupo e allarmante, e la stanza iniziò a girare per qualche interminabile secondo. Infine decelerò, per poi fermarsi gradualmente.
Dandosi dell’idiota, Severus estrasse con stizza la bacchetta.
- Lumos! – Al chiarore scaturito dalla punta del legno magico guardò le dodici porte che aveva di fronte. Erano tutte uguali: nere, misteriose, inquietanti… e sembravano sfidarlo.
Qual era dunque l'uscio che riconduceva al corridoio? E quale quello che accedeva alla Stanza delle Profezie?
Ripescò dalla tasca il Localizzatore e fece un tentativo.
– Stanza delle Profezie.
L’oggetto prese di nuovo a vibrare, ed emettendo un ronzio più acuto rispetto al precedente si illuminò di un tenue bagliore azzurrino. Si liberò dalla presa dell'uomo e volteggiò un paio di volte, per poi andare a posizionarsi di fronte a una delle porte.
“Funziona…” Pensò, rincuorato.
Recuperò con delicatezza il prezioso oggetto d’argento che stava continuando a ondeggiare davanti all’entrata, e spinse il battente levigato.
Entrò in quella che somigliava a un'enorme navata di cattedrale gremita di altissimi scaffali contenenti un numero infinito di piccoli globi di vetro impolverati.
Capì di essere nel posto giusto, ma gli parve quasi di soffocare, sebbene nel nuovo ambiente facesse piuttosto freddo.
Si inoltrò con cautela lungo il corridoio, guardandosi attorno con curiosità mista a soggezione; gli scaffali torreggiavano, minacciosi, perdendosi nell’oscurità della volta, mentre le sfere brillavano inquietanti alla luce debole delle candele disposte a intervalli regolari sui ripiani.
All’improvviso il Localizzatore si riaccese e gli sfuggì ancora di mano.
Per un po’ svolazzò frastornato sopra la sua testa, percorrendo il tratto di corsia avanti e indietro come smarrito e confuso; quindi puntò deciso verso il fondo, stridendo con veemenza, e lo costrinse ad accelerare il passo per non perderlo.
Severus seguì il suo bagliore azzurrino fino a che non si arrestò di fronte a un’altra porta nera e levigata.
Mosso da un’inspiegabile impulso spinse il battente, ignorando la vocina che gli stava suggerendo di non farlo, e si trovò in un quella che riconobbe subito come la Stanza della Morte: per la prima volta posò lo sguardo sull’Arco di Pietra che si trovava al centro della grande sala costruita ad anfiteatro.
Fissò l’antica struttura, il cuore prese a battere, veloce. Ne aveva tanto sentito parlare…
Scese i gradoni di pietra che conducevano alla piattaforma sopra cui si ergeva, senza staccare lo sguardo dal velo nero che celava l’apertura: anche da quella distanza, nonostante la luce scarsa, poteva benissimo vedere il suo lieve fluttuare.
Il silenzio era sepolcrale, l’aria fredda e immobile, ma il drappo oscuro continuava a pulsare dolcemente come se qualcuno, dietro, si stesse muovendo con leggiadria.
Gradone dopo gradone Severus arrivò a trovarsi proprio di fronte all’Arco; da quella posizione gli sembrò meno imponente, tuttavia, osservando le crepe e i segni lasciati nella pietra dal tempo, riconobbe come le cicatrici non riuscissero a impedirgli di dominare ancora con vigore il palcoscenico roccioso.
Avanzò lentamente, mentre il velo continuava a ondeggiare sinuoso, ammaliante, come a invitarlo ad avvicinarsi di più… sempre di più…
Quando si rese conto di essere giunto a una distanza pericolosa, era ormai troppo tardi.
Un’energia perfida e sottile prese a trascinarlo verso la tenda nera senza incontrare alcuna resistenza. Sussurri sommessi iniziarono a insinuarsi, subdoli e striscianti, tra i circuiti della mente immersa in una sorta di impalpabile foschia e, all'improvviso, identificò quella che poteva essere la voce di sua madre.
Emerse pian piano, lucida e persuasiva, dalla ridda di mormorii che sembravano provenire da un altro mondo, invitandolo a raggiungerla in cucina…
-
Bambino mio, vieni… siedi sulle mie ginocchia… assaggia la torta ai lamponi che ti ho preparato…L'uomo fece un altro passo verso l’arco.
-
Vieni da me, caro… sono qui, ti aspetto… staremo di nuovo bene, insieme…Il richiamo di Eileen si perse tra l’orgia di fruscii, lasciando il posto a un altro mormorio, sempre più distinto, che riconobbe con un brivido.
-
Figliolo, perdonami… sono stato un pessimo padre… ma, a modo mio, ti ho voluto bene…Fissò il velo, ipnotizzato, mentre sul volto sbocciava un’espressione perplessa e sofferente.
–
Vieni da me… Voglio abbracciarti come non ho mai fatto… potremo finalmente essere felici…Un passo ancora, questa volta più incerto. La voce di Tobias fece un altro tentativo, poi si smarrì nuovamente tra il brusio confuso, e al suo posto ne affiorò un’altra.
A Severus si arrestò il cuore.
-
Sev… mi manchi tanto… ho bisogno che tu mi sia vicino…Come se una mano rude lo avesse spinto, coprì la distanza che rimaneva tra sé e il velo con due rapide falcate. La voce di Lily era supplicante e seducente al tempo stesso, il suo tono urgente.
-
Ho bisogno di te, Sev… ho bisogno che tu sia qui… con me, adesso… subito…Ora il tendaggio si muoveva, freddo e allettante, a poco più di una spanna dal suo volto.
Sarebbe bastato un ultimo, piccolo balzo per raggiungerla, e stavolta non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via.
-
Subito…Stava per farlo. Stava per compiere il passo decisivo, ciò che l’avrebbe ricongiunto a lei per sempre: sentì come se il cuore stesse uscendo dal petto, i polmoni volessero esplodere e una lama di gelo fosse penetrata nelle ossa.
Ma accadde qualcosa di inaspettato che glielo impedì.
Davanti al proprio sguardo iniziarono a delinearsi i contorni di una sagoma ancora indistinta.
Quindi i tratti si fecero a poco a poco sempre più nitidi e diedero principio a un'immagine definita che poteva assomigliare a quella di un animale… forse… o di una creatura dalle strane sembianze.
L'unica cosa che percepì subito e in modo chiaro fu la forza di origine soprannaturale che irradiava.
Intanto le linee diventavano sempre meno incerte, e quando la figura intera risaltò in modo compiuto sullo sfondo nero, non ebbe più alcun dubbio: quello che vedeva fluttuare con grazia sul velo era un piccolo Thestral, anzi... sembrava addirittura il piccolo Thestral che aveva accarezzato nella radura soltanto qualche ora prima.
Si bloccò, abbagliato dalla visione e pervaso al contempo dallo stesso calore, benefico e confortante, che aveva percepito nel momento in cui aveva stabilito il contatto con il puledro.
Infine, attraverso il leggero stato di confusione che continuava ad affliggerlo, riuscì a farsi largo un’intuizione: la creatura poteva aver trasferito su di lui un'energia magica sufficiente a creare la portentosa barriera di protezione che aveva contribuito a contrastare il potere di attrazione del Velo.
Energia che aveva poi prodigiosamente preso forma davanti ai suoi occhi, impedendogli di compiere l'ultimo passo.
Osservò l'immagine che sembrava galleggiare nel vuoto seguendo l’ondeggiare del drappo nero, mentre la voce di Lily perdeva man mano vigore. Il suono lungo e melodioso di un’unica nota profonda, potente e avvolgente, ne prese il posto con delicata fermezza, cacciando definitivamente l'eco dei mormorii e dei fantasmi che lo avevano assillato. Fu come riemergere da un’apnea prolungata.
Barcollando fece un passo indietro e, nel medesimo istante, mani dalla presa sicura lo afferrarono per le braccia. Le forze gli vennero meno, ma le stesse mani lo sostennero, trascinandolo lontano dalla piattaforma e dal Velo.
Si aggrappò alla persona che lo stava accompagnando verso il gradone più vicino, e restò così per diversi minuti.
- Respira. Con calma. Fai un grosso respiro e butta fuori l’aria, lentamente. – La voce decisa e rassicurante di Silente sembrava provenire dal fondo di un pozzo.
Si lasciò cadere sul sedile in pietra, con un lieve senso di nausea, iniziando a tremare.
Il vecchio lo osservò, impensierito, ma rimase in silenzio per dargli tempo di riprendersi.
- Che cosa pensavi di fare? – Gli domandò, infine, posandogli con gentilezza una mano sulla spalla.
Severus voltò appena il capo, e riuscì a inquadrarlo attraverso una sorta di leggera foschia. Passò una mano sul volto cereo, bagnato di sudore. La testa gli doleva ancora.
– Non capisco cosa mi sia successo… - Mormorò, dannatamente seccato per l'essere costretto a manifestare quell'attimo di debolezza, - o meglio: credo di saperlo, ma è stato come se mi fossi sentito costretto a farlo.
– Non fartene un cruccio, figliolo. Il potere del Velo è spaventosamente oscuro, ignoto e devastante. – Lo sguardo intenso di Albus era colmo di comprensione.
– Lo so benissimo. A un certo punto, però, ho provato anche la netta sensazione di poterlo controllare. – Scosse il capo, frustrato. Era andato letteralmente a un passo dal fare una fine stupida e ingloriosa.
- Molti Maghi prima di te ne sono stati vittima: alcuni di loro erano molto potenti, pieni di esperienza e sicuri, al pari tuo, di poterlo controllare. Ma scomparvero così, nel nulla, senza lasciar traccia o motivazioni, inghiottiti dall’oblio che esiste oltre la misteriosa linea di confine presidiata dal Velo. L’unica cosa certa è che nessuno ha fatto mai ritorno per raccontare cosa abbia trovato al di là. – Il preside lo guardò, pensieroso, senza in realtà vederlo.
Quando si riscosse cavò dalla sacca a tracolla una tavoletta di cioccolato e gliela porse.
- Se funziona come antistress contro l’attacco di un Dissennatore, immagino che anche in questo caso possa tornare utile. – Il tono della sua voce era di nuovo amabile e incoraggiante.
Severus la accettò e iniziò a sbocconcellarla, avvertendo un immediato beneficio.
Rivolse a Silente un cenno riconoscente e riabbassò lo sguardo sulle mani, non senza prima aver notato come le iridi cristalline dietro gli occhialetti brillassero di pungente attenzione.
- Adesso puoi chiarirmi cos’è accaduto, con esattezza? – Domandò, infatti, a bruciapelo.
Il giovane si irrigidì, senza far nulla per nascondere la propria riluttanza. Alzò gli occhi e li puntò, attraversati da un lampo che sembrò di sfida, in quelli del vecchio.
- Ero nella Stanza delle Profezie... - Iniziò a riassumere, in tono asciutto, ciò che in quel momento sembrava essergli capitato in un'altra esistenza. - Quando, all’improvviso, quell'affare mi è sfuggito di mano ed è volato davanti alla porta che comunica con questa sala. L’ho seguito, e davanti al battente chiuso, io… ora che ci penso… ho provato un forte impulso ad entrare e…
– E hai visto l’Arco di Pietra. Quindi sei sceso verso la piattaforma di roccia, poi il Velo ti ha…
chiamato. – Intervenne Albus, fissandolo con intensità. - L’influsso di quanto maggiormente desideriamo, o temiamo, o non conosciamo, è un'insidia a cui siamo esposti in modo molto pericoloso. Approfitta di ogni nostro attimo di distrazione, anche il più trascurabile e insignificante. Tuttavia è una condizione molto frequente e straordinariamente umana... dunque non fartene una colpa.
Infilò di nuovo la mano nella sacca da dove estrasse il Localizzatore che aveva recuperato sulla soglia della Stanza della Morte.
Mostrò al giovane l’oggetto d’argento che ora riposava, inoffensivo, nel proprio palmo.
Lo invitò a riprenderlo, mentre con lo sguardo sembrava volesse comunicargli ancora qualcosa.
Poi ci ripensò. Si alzò dal gradone e a Severus sembrò di coglierlo nell'atto di lasciarsi sfuggire un breve sospiro.
- Chi ha sbagliato sono io. Mi sono trattenuto oltre il dovuto nell’ufficio di Caramel. Se invece mi fossi fatto trovare qui, puntuale, non sarebbe successo nulla: ti chiedo di perdonarmi. – Sorrise, invitandolo con un cenno della mano. - Coraggio. Abbiamo un lavoro importante da svolgere che ci porterà via diverso tempo. Dobbiamo sbrigarci! - Concluse, e il piglio riacquistò un po' dell'antica vivacità.
Severus si apprestò a seguirlo, ma mentre risaliva la gradinata un soffio d'aria gelida improvvisa gli sfiorò il capo, arruffando leggermente i capelli corvini, e lo costrinse a voltarsi di nuovo.
L'antica struttura in pietra sembrava aver cercato ancora un modo per riportarlo a sè: per qualche istante tornò ad avvertire un senso di vuoto, e gli parve di percepire la voce di Lily. Ma fu solo per un attimo.
La memoria lo riportò alla radura inondata di luce accarezzata dall’unica nota di una meravigliosa, antica melodia.
E si sentì di nuovo libero.