Il Calderone di Severus

Lonely_Kate: Heart & Reason , Genere: drammatico, introspettivo – Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger, altri personaggi - Rating: per tutti - Pairing: nessuno – Epoca: HP 5 - Avvertimenti: nessuno

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view post Posted on 14/2/2022, 20:13
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Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

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Titolo:Heart & Reason
Autore:Lonely_Kate
Data: gennaio-febbraio 2022
Beta: Chiara53… ancora grazie.
Previewer: Mitsuki91, Starliam: siamo una squadra fortissimi!
Tipologia: racconto one-shot
Genere: drammatico, introspettivo
Rating: per tutti
Personaggi: Severus Piton, Hermione Granger, altri personaggi (H. Potter, R. Weasley ed altri).
Pairing: nessuno
Epoca: HP 5
Avvertimenti: nessuno
Nota : il racconto contiene una pozione da me inventata.
Riassunto: Non aveva mai visto niente di più bello: il leggendario simbolo di forza, saggezza e purezza era solo a pochi passi, quasi poteva toccarlo.

Scritto per la celebrazione dei “15 anni con Severus “ del Calderone di Severus; sfida di febbraio 2022 (Hermione Granger, Grimmaul Place n°12, Cappello Parlante, Unicorno).

Ruolo: Portatore di insegne, Scuola di Hogwarts
Punti lunghezza 4 (56185 battute)

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling ed a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

“The heart has its reasons that reason does not know.”
“We know truth, not only by the reason, but also by the heart “.

Blaise Pascal


Grimmauld Place n°12
The heart has its reasons…

I


Percepiva distintamente l’odore del sottobosco: un miscuglio tra l’aroma pungente di resine legnose, le essenze di piante aromatiche e l’umido effluvio che proveniva dal terreno ricoperto di erba e foglie morte.
Gli alberi scuri, alti e dalle fitte chiome, lasciavano filtrare la debole luce bianca della luna che colorava d’argento alcuni bassi cespugli e faceva risplendere come un astro il candido mantello della creatura che aveva di fronte. Questa si muoveva leggiadra, agitando i sericei crini e raspando, curiosa, il terreno con i piccoli zoccoli dorati; le orecchie affusolate erano rivolte verso di lei e le morbide narici fremevano eccitate.
Non aveva mai visto niente di più bello: il leggendario simbolo di forza, saggezza e purezza era solo a pochi passi, quasi poteva toccarlo. La creatura sferzò l’aria col collo possente e il suo lungo corno sprigionò scintille colorate.
Spinta dal desiderio di sfiorarne il luminoso manto, fece un passo nella sua direzione. Provò ad avvicinarsi di più allungando un braccio, ma non ci riusciva: qualcosa l’aveva afferrata e la tratteneva forte, più forte…
Emise un urlo silenzioso e provò dolore, delusione e dolore.
Alle sette del mattino regnava il silenzio al n°12 di Grimmauld Place, almeno fino a pochi attimi prima…
“Hermione, Hermione, miseriaccia, vuoi svegliarti o no?”
Una mano stringeva l’avambraccio della ragazza e la scuoteva con poco garbo.
“Ehi, ma cosa… Cosa succede? Stavo facendo un sogno…” Hermione Granger strabuzzò gli occhi per mettere a fuoco i connotati del vile marrano che aveva osato svegliarla: Ron Weasley.
“Sognavi di aver preso tutte E ai G.U.F.O? Oppure ti davano una medaglia all’Ordine di Merlino Prima Classe per aver salvato tutti gli Elfi della terra dalla schiavitù?” la stuzzicò il ragazzo dai capelli rossi.
La giovane sbuffò infastidita ributtando la testa sul cuscino: “Oh, smettila, Ron! Sei uno stupido come al solito!”
Ron guardò la sua amica Hermione con un’espressione indecifrabile: non era certo se arrabbiarsi per lo ‘stupido’ affibbiatogli così bruscamente oppure rammaricarsi per essersi comportato come uno sciocco ancora una volta. Spostò di scatto la mano dal braccio della ragazza a quello di Harry: ”Andiamo a fare colazione” disse sbrigativo all’amico occhialuto.

Poco più tardi erano tutti seduti al lungo tavolo di rovere che occupava la cucina della vecchia magione: definirla ‘antica dimora’ sarebbe stato più prestigioso, ma ormai quella era solo una casa vecchia e malandata, piena di scricchiolii sinistri e quadri urlanti.
Un fragrante aroma di biscotti alla cannella appena sfornati accarezzava l’atmosfera intorno ai sonnolenti occupanti: Harry, Ron, Hermione e Ginny facevano colazione alla stessa ora tutti i giorni. Consumare i pasti insieme era un rito per gli ospiti della casa: la sede dell’Ordine della Fenice non era un luogo di vacanza ma di lavoro e anche pericoloso. Il momento dei pasti era un’occasione propizia per distrarsi o semplicemente per godere della presenza di persone amiche.
Gli adulti facevano colazione molto di buon’ora, mentre la cena, se non vi fossero stati imprevisti, veniva consumata alla presenza di tutti.
“Allora, Ron, vuoi dirmi perché era così urgente svegliarmi alle sette in punto anche di sabato?”
Hermione sorseggiava un tè all’inglese che doveva essere bollente: il fumo dalla tazza rendeva i suoi lineamenti fumosi e indefiniti.
Ron non sollevò subito gli occhi dalla ciotola di latte e biscotti che aveva dinnanzi: era troppo assorbito dalla gara che stava facendo con Harry, seduto dirimpetto, su chi avrebbe terminato per primo la sua razione senza lasciare neppure una goccia nella tazza.
“Lo hai… imenti… ato!? Mom i… cordi?” Mugugnò con la bocca piena il ragazzo dai capelli rossi.
“Ho vinto!” Sbottò Harry, sollevando entrambe le braccia in senso di vittoria e facendo schizzare un po’ di latte sulla guancia di Hermione.
“Ehi, attento, Harry!... Siete proprio due bambini, non sapete pensare ad altro che a mangiare e fare stupidaggini!”
“Hermione, ma che ti prende? Non è colpa nostra se ti sei svegliata così di malumore oggi; cosa stavi sognando, per Merlino, di tanto importante?” Ron aveva abbandonato la zuppa di latte non terminata e appellato a sé l’intero vassoio di biscotti preparati dalla madre Molly.
“Un sogno così reale” raccontò sospirando la giovane strega, “ero in un bosco, forse la Foresta Proibita, ed ero quasi riuscita ad accarezzare un Unicorno… se tu, Ron, non mi avessi svegliata!”
“Ma, Hermione, la lezione sugli Unicorni è roba dell’anno scorso, dovresti concentrarti sugli Ippogrifi! Certo non sono belli come gli Unicorni, ma hanno lo stesso quattro zampe” Ron si piegò in una sonora risata che ebbe, come unico risultato, quello di irritare ancora di più la ragazza.
“Confermo quanto detto poco fa, Ron, sei uno stupido!”
“Per favore, basta litigare voi due”, intervenne Harry. “Avevamo dei progetti per oggi, sembra che entrambi li abbiate dimenticati! Si va un po’ in giro per Londra o no?”
“Certo, Harry” gli rispose Hermione alzandosi da tavola e avvolgendosi intorno al collo la sua sciarpa preferita a righe rosso e oro: la cucina era riscaldata dall’ampio camino a legna, ma il resto dell’appartamento era gelido. “Vado di sopra a prendere il mio soprabito, tu, intanto, spiega a Ron come si comporta un gentiluomo”
“Ma cosa le ho fatto, Harry? Perché mi tratta così? Sembra che l’abbia morsa un’Acromantula!” Ron era stufo di fare da capro espiatorio.
Per tutta risposta Harry fece spallucce e guardò l’amico con un’espressione che la diceva lunga: donne!
Ginny, seduta tranquilla in un angolo, sgranocchiava biscotti con la testa seminascosta nel suo romanzo preferito del momento: la copertina rosa illustrava due giovani avvinghiati in un bacio travolgente. D’un tratto esclamò: “Voi due non avete nessuna idea su come prendere una ragazza, prevedo tempi difficili”. Detto questo, si alzò e uscì dalla stanza.
“Mia sorella è impazzita” sbottò Ron al suo indirizzo, “davvero non capisco più le donne!”
“Forse non le abbiamo mai capite” concluse Harry, forte dell’esperienza col gentil sesso fatta lo scorso anno con la Corvonero Cho.

***


Mentre passeggiava per le vie di Londra insieme agli amici, Hermione era distratta e continuava a guardarsi intorno con aria trasognata. Sussultava ogni qual volta incrociava con lo sguardo una figura maschile alta, magra e vestita di scuro.
-Che sciocca - pensò, - cosa mai potrebbe farci a passeggio a Londra anche lui?
All’improvviso si ricordò di aver visto Molly preparare il vassoio del tè con molte tazze, troppo in anticipo per il consueto orario delle riunioni. Si voltò verso gli amici e sbottò tutto d’un fiato: “Sono un po’ stanca e vorrei rientrare; voi continuate pure a camminare, vado da sola” e così dicendo fece dietrofront e si allontanò con passo spedito.
Presi alla sprovvista, Harry e Ron si guardarono interrogativi, poi fecero spallucce: nel novero delle stranezze della giornata ebbero l’impressione che quella non sarebbe stata l’ultima.

Una volta pronunciata la parola d’ordine e varcata la soglia del n°12, Hermione si precipitò, il più silenziosamente possibile, lungo il buio corridoio verso la porta che celava la stanza dove si riunivano i membri dell’Ordine: Kreacher non era sbucato nel corridoio e mamma Black era rimasta muta.
Poggiò l’orecchio sulla porta e si fermò ad ascoltare, ma il cuore le batteva forte, rimbombandole nelle orecchie, così non riuscì a sentire i rumori all’interno della camera.
Si fece coraggio, bussò e abbassò la maniglia: la porta non era chiusa e la stanza era al buio, vuota.
Era a Grimmauld Place da un giorno intero e ancora non l’aveva incontrato.
Sbuffò delusa e se ne tornò al primo piano, dove si trovava la stanza che era stata assegnata, come l’estate precedente, a lei e Ginny. La piccola Weasley non c’era.
Hermione si tuffò sul letto fissando il soffitto sporco e con la vernice scrostata. Il bordo irregolare di un pezzo di intonaco semi staccato le parve disegnare un profilo familiare. Percorse, con l’indice in aria, gli angoli ora taglienti ora smussi di quella superficie come se stesse profilando una fronte, poi un naso importante, poi delle labbra… rapida ritirò il dito chiudendolo nel pugno e aggrottò le sopracciglia.
Il cuore aveva ripreso a battere veloce.
Voltò il viso verso il comò e vide la sua copia di ‘Infusi e pozioni magiche’ che faceva da coperchio al Calderone che si era portata dietro per esercitarsi durante i giorni di vacanza: non si spostava mai senza almeno uno dei suoi libri scolastici ad accompagnarla; la necessità di leggere e ripassare era sempre troppo forte. Per quel breve viaggio non ebbe dubbi e il libro di Pozioni finì in valigia avvolto dalla sua sciarpa rosso e oro.
Tra tutte le materie in studio, quella di Pozioni la affascinava enormemente. C’era un confine sottile tra il mondo da cui veniva e quello che stava frequentando da cinque anni che si condensava nello studio dell’arte di preparare Pozioni: si utilizzavano piante e ingredienti vari che anche un Babbano poteva ritrovarsi tra le mani, ma era la presenza della magia a rendere le misture potenti elisir o veleni senza scampo.
Chi amava e padroneggiava quell’arte doveva essere dotato di una sensibilità fuori del comune, aveva il dono dell’intuizione, possedeva il controllo sul tempo avendo imparato a vincere l’impazienza con fermezza ed equilibrio, aveva metodo, eleganza nei modi… Sì, il suo professore era elegante: Hermione era stata fortunata una volta osservandolo lavorare e, da quel giorno, non era più riuscita a dimenticare le belle mani, forti e delicate, districarsi con grazia e precisione tra lame affilate e ingredienti sfuggenti; trepidava davanti ai movimenti delle sue lunghe dita, come pennelli d’artista intinti in una vernice incantata.
Quell’uomo nero le trasmetteva un senso di sobrietà, morigeratezza e pudore, così come la figura del sacerdote che, talvolta, faceva visita al suo quartiere Babbano.
Chissà poi per quale indecifrabile meccanismo inconscio il suo cervello aveva accostato il nero della veste e dell’umore del mago alla purezza del candido manto dell’Unicorno. I due esseri avevano qualcosa in comune: entrambi erano fieri ed enigmatici, casti e sfuggenti come il più insondabile e accattivante dei misteri.
Ma lei come faceva a saperlo? Come poteva anche solo immaginare cosa si nascondesse sotto quella elegante redingote, dietro quegli occhi freddi e risoluti, dietro quella voce vellutata, sprezzante e implacabile che, a seconda delle circostanze, ti feriva a sangue o ti accarezzava i timpani come a volerti ipnotizzare?
Doveva essere impazzita, ma più cercava di tenere a freno la fantasia, più quella si accaniva sul mago in nero.
Per lui, lei non esisteva neppure.

Un trambusto al piano di sotto la destò dai suoi sogni; un urlo sovrumano la catapultò giù dal letto facendola affacciare al pianerottolo: i suoi silenziosi amici avevano scoperto il ritratto di Walburga Black, che era ripartita, a centoventi decibel, con le solite parole di benvenuto ai Sanguemarcio, Babbani e traditori vari che frequentavano la sua onorevole dimora.
“Hermione, vieni a darci una mano!” Urlò più forte Ron per farsi udire dalla ragazza.

“Gorge ha detto che ci sarebbe stata una riunione a quest’ora” le confidò Harry a quiete ristabilita, “Io e Ron volevamo provare una nuova tecnica per origliare progettata da Fred” aggiunse ancor più a bassa voce.
“Fare un tale baccano e farvi scoprire faceva parte del vostro inattaccabile piano?” ribatté ironica la giovane strega.
“Ehi, sei tornata la Hermione che conosco!” esclamò Harry dandole una gentile gomitata.
“Sto bene, Harry, grazie” sussurrò una poco convincente Hermione Granger.

II


Erano passati sei mesi da quando avevano scoperto l’esistenza dell’Ordine della Fenice e chi ne faceva parte.
Hermione era rimasta sorpresa ma non sconcertata come Ron o profondamente turbata come Harry quando aveva ascoltato il nome di Severus Piton.
Per Harry, quell’uomo odioso e impassibile non poteva, nel più assoluto dei modi, essere schierato contro Voldemort, semplicemente non aveva senso. Dovevano esserci altre ragioni che ne giustificavano la regolare, puntuale e sfuggente comparsa alla sede dell’Ordine. Hermione, dotata di un’intuizione naturale, sentiva invece che Harry aveva torto. Non sapeva spiegare il perché, ma se Severus Piton presenziava a tutte le riunioni e Silente ne sottolineava gli interventi, doveva esserci una valida ragione.
Piton, effettivo membro dell’Ordine della Fenice, era diventato motivo di tensioni e discussioni tra i tre, soprattutto quando la giovane strega si impuntava e tirava fuori le argomentazioni più contorte pur di avere ragione.

Una sera erano seduti in cerchio sul logoro tappeto persiano davanti al camino del salotto al primo piano, poco più avanti delle loro camere da letto. Avevano cenato da soli per la prima volta: gli adulti si erano incontrati tutti nella solita camera; Piton era arrivato con un solo minuto di ritardo, il tempo di intrufolarsi nella stanza della riunione che erano tutti scappati fuori in preda a una strana frenesia urlandosi indirizzi e buona fortuna di sorta.
Ora i ragazzi cercavano un modo per far passare il tempo fingendo di ignorare dubbi e preoccupazioni: Ron, sdraiato su un cuscino, fissava il soffitto; Harry guardava le mobili fiamme del camino facendo balzellare i suoi pensieri tra Sirius e Cho; Hermione sfogliava il suo libro di Pozioni con gesti lenti quasi accarezzando le pagine. Guardò i suoi amici e disse: “Vi siete mai chiesti perché il Cappello Parlante ci ha smistati a Grifondoro?”
“No, perché avremmo dovuto?” rispose subito Ron.
Con maggior consapevolezza, Harry risposte più cauto: “Hermione, il Cappello sceglie per istinto magico, legge nella testa e nel cuore dei bambini al primo anno”
“Ecco, Harry, è proprio questo il punto” Hermione chiuse il libro e lo adagiò accanto a sé. “Siamo stati tutti smistati dal Cappello Parlante a Grifondoro, ma non potremmo essere più diversi!”
“Oh, andiamo, Hermione, non possiamo scegliere un argomento di conversazione più divertente? Che so, potremmo parlare dei nuovi giochi di Fred e George o fare una partita a scacchi magici?” sbottò Ron con un’altra delle sue uscite felici.
L’espressione della Granger non dava adito a dubbi: era sul punto di esplodere. Ribatté acida: “E tu, Ron, credi di essere sempre coraggioso, cortese e rispettoso nei confronti degli altri, per questo il Cappello ti ha smistato a Grifondoro?" sottolineò con una punta d'ironia.
“Uff”, sbottò contrariato il rampollo Weasley.
Harry intervenne, tentando di sedare sul nascere l’ennesimo litigio tra i suoi due migliori amici: “Vorresti dire che, dal momento che sei ambiziosa, volitiva e intelligente, Hermione, avresti potuto benissimo finire a Corvonero o a Serpeverde?”
“Sì, Harry” disse la strega continuando a tenere gli occhi su Ron.
“Bene, è possibile, ma mi sfugge il filo logico della questione” concluse Potter.
“Non mi piace la piega che sta prendendo il discorso”, ci riprovò Ron, sforzandosi di non fare l’offeso come sempre.
Hermione fece un profondo respiro: “Voglio dire che ciascuno di noi ha dentro di sé qualcosa che lo rende non necessariamente uniformabile a un modello o un ideale unitario: siamo diversi, cambiamo, maturiamo. Io credo che il Cappello Parlante decida solo superficialmente dove smistare un bambino che, piccolo com’è, magari non sa cosa farne della sua vita e crescendo e accumulando esperienze, può poi trasformarsi in una persona diversa da com’era da fanciullo”.
“Continuo a non seguirti, Hermione” la squadrò Harry con aria molto seria dietro il riflesso delle fiamme sui suoi occhiali rotondi: forse aveva capito dove voleva andare a parare il discorso dell’amica.
Ma Hermione non si arrese; osservando il volto impassibile di Harry proseguì: “Non dobbiamo giudicare gli altri spalmandoci i colori della nostra divisa sugli occhi e sul cuore perché potremmo sbagliare, farci male e fare del male… Harry, lo hai raccontato tu stesso che il Cappello era indeciso e ti aveva anche proposto Serpeverde, ma tu poi hai insistito perché ti smistasse a Grifondoro”.
“Sì, è così, Hermione, ma ti chiedo di fermarti, il tuo discorso non porta a niente e se per caso volessi farmi ammettere che il Serpeverde di cui stai tacendo il nome fa delle cose pericolose per cui dimostra di avere il coraggio e magari anche il cuore di un Grifondoro, allora ti dico fin da ora che ti sbagli. Non so cosa ti prende ultimamente, Hermione, ma non voglio ascoltare ancora”. Harry si alzò, continuando a tenere gli occhi verdi fissi in quelli nocciola della ragazza e lasciò la camera.
Uno stupito Ron guardò prima l’uno poi l’altro dei suoi amici: di certo gli era sfuggito qualcosa, ma non aveva voglia di chiederlo ad Hermione. Si limitò a fare spallucce e a seguire Harry.
Rimasta da sola seduta sul pavimento, la ragazza si sporse per ravvivare il fuoco, poi si raggomitolò tirandosi le ginocchia verso il petto -Che sciocca a non capire subito che Harry avrebbe mangiato la foglia-, pensò, però il ragionamento sul Cappello Parlante mostrava un fondamento di legittimità molto forte secondo lei.
Il cuore e la ragione continuavano a rincorrersi tra loro in una gara testa a testa dove forse scommettere non sarebbe stato saggio.
La mente tornò ai movimenti concitati di quella sera dabbasso. Chissà qual era la notizia portata da Piton che aveva allarmato tutti.
Alla fine non lo aveva incrociato neppure stavolta.

III


Quando Severus Piton arrivava al n°12 di Grimmauld Place, l’atmosfera in casa cambiava, le voci dei presenti si facevano più sommesse, quasi si avvertiva odore di ozono per le scariche elettriche che si disperdevano nell’aria - soprattutto se iniziavano i soliti battibecchi tra Piton e Sirius Black -.
Anche Molly diventava più solerte a servire del ristoro: l’uomo era sempre di fretta, non si fermava mai più del dovuto.
Hermione era dispiaciuta che lui andasse sempre via prima di cena, ma, vista l’aria che tirava tra i tre amici, decise che era meglio tenerlo per sé.
La sera prima del ritorno ad Hogwarts, fortuitamente, fu lei ad aprire la porta al Professore di Pozioni quando arrivò al Quartier Generale dell’Ordine spaccando il minuto come al solito.
Fuori la sera era piombata rapida e gelida e la ragazza ebbe difficoltà a distinguere la sagoma del mago stagliata sulla porta aperta nella notte.
L’uomo alto, dal naso adunco e dallo sguardo di ghiaccio, abbassò gli occhi su di lei per una frazione di secondo; la giovane, che attendeva ansiosa un contatto visivo, non fu abbastanza rapida a porgergli un saluto e scostarsi dalla soglia per farlo entrare: lui la spinse di lato senza violenza ma con fare deciso e si infilò rapido nel lungo e tetro corridoio seguito dall’ondeggiare sinuoso del mantello. Il cuore di Hermione fece una piroetta e poi si mise a danzare veloce.
La porta della sala riunioni si chiuse dolcemente e in assoluto silenzio dietro la schiena di Piton: quando arrivava lui, la vecchia Black nel ritratto non urlava mai.
La ragazza sbuffò, maledicendo i suoi riflessi lenti: ecco perché non giocava a Quiddich!
“Hermione, chiudi quella porta, che ci fai imbambolata lì così?” Molly era appena uscita dalla cucina e si accingeva a portare un vassoio di tè e biscotti nella sala. “Su, cara, fila di sopra, qui nel corridoio non deve sostare nessuno”. A malincuore Hermione iniziò a percorrere le scale che l’avrebbero portata al piano superiore. Salì ogni gradino con una lentezza esasperante, tendendo l’orecchio nella speranza di cogliere qualche voce, la sua voce.
“Su, tesoro, avanti, sei ancora qui!?” Molly aveva consegnato il vassoio ed era uscita dalla camera.
Hermione decise di fermarsi sull’ultimo gradino, in attesa che la riunione terminasse, seduta in un angolo non raggiunto dalla flebile luce degli sporchi lampadari.
Grattastinchi le si avvicinò strusciandosi alle gambe: “Grazie per essere venuto a farmi compagnia, micio” lo accarezzò felice la ragazza.

Dopo quasi due ore un sordo cigolio destò la giovane strega che, nel frattempo, si era appisolata sulle scale. Gemendo per il fondoschiena dolorante, prese a scendere verso il corridoio fermandosi a mezzo metro dalla fatidica porta. Il primo a uscire, spalancando in malo modo l’uscio, fu Sirius, seguito a ruota dagli altri presenti alla riunione.
Dopo Moody la fila dei vari personaggi si interruppe, ma di Piton neanche l’ombra.
Hermione si precipitò nella camera per scontrarsi in pieno petto con un muro nero sul quale rimbalzò; due forti mani le cinsero le braccia e la sorressero.
La giovane alzò lo sguardo che fu subito catturato da due occhi neri e scintillanti che le fecero venire in mente le profondità inesplorate dell’universo.
Ci mise un po’ per riprendersi dallo stupore.
“Buona sera, Professor Piton” sussurrò poi con voce strozzata.
L’uomo le lasciò le braccia ma non interruppe il contatto visivo.
Una voce alle loro spalle fece sussultare la strega. “Hermione, buona sera a te, cercavi qualcosa?” Albus Silente si era evidentemente trattenuto nella stanza con Piton e ora la guardava con la solita espressione serena e rassicurante.
“Buona sera… signore, io… volevo solo salutarla”
Silente spostò lo sguardo da Hermione a Severus, poi di nuovo su Hermione: la ragazza pareva rapita. “Vieni, Severus, si è fatto tardi, i ragazzi devono cenare” disse il vecchio mago, rompendo così quello strano incantesimo congelante che aveva colto la giovane.
Poco dopo Hermione si batté una mano sulla fronte: -Che figuraccia, ma che diavolo mi è preso? Aveva fallito di nuovo. Di nuovo non era stata veloce.
In verità, aveva perso completamente l’orientamento nel cielo nero di quegli occhi.

Hogwarts
… that reason does not know

I


L’aria fredda e priva di umidità di metà febbraio avvolgeva il grande castello divenuto quasi bianco per le abbondanti nevicate. I fiocchi di neve avevano ricoperto il mondo nascondendolo alla vista: ogni cosa diventava uguale all’altra; l’aspetto esteriore era di calma e pace… sotto si celava il tumulto della vita. Hermione in quei giorni era in perfetta sintonia con la natura: sembrava aver perso ogni punto di riferimento e, dietro la sua calma apparente, fremeva. Aveva deciso di fare chiarezza nella sua testa, ma lì, tra le circonvoluzioni del cervello, trovare la strada era facile: le deduzioni e i ragionamenti erano ben incasellati tra loro, i margini di incertezza ridotti al minimo e tali da non compromettere il quadro generale. Molto più impegnativo, invece, era sbirciare nel piccolo muscolo pulsante che le si agitava nel petto, e fare i conti con i battiti irrequieti del suo cuore. Doveva sforzarsi di dare un nome al turbamento che avvertiva quando si trovava vicino al Professore di Pozioni, certa che l’inspiegata tachicardia non fosse dettata da timore: stima e rispetto sì, paura proprio no.
Analizzò ciò che l’intrigava di più del mago: la voce sussurrata con cui illustrava la scienza delle Pozioni sembrava il racconto di una favola; si percepiva tutto l’amore per la conoscenza e la passione per quella particolare disciplina. Anche lei era così, si appassionava allo studio, i libri erano i suoi migliori amici e provava un piacere autentico ogni volta che imparava cose nuove. Pertanto, ciò che avvertiva era un’affinità di menti o un vero sentimento che trascendeva l’aspetto intellettuale? Hermione propendeva per la prima opzione, del resto il suo docente possedeva ben poche attrattive fisiche, con l’eccezione degli occhi e delle mani. Ma allora perché la sola vista dell’uomo, il solo incrociarlo nei corridoi o vederlo entrare in aula la faceva precipitare in uno stato di tale irrequietezza da temere che tutti quelli che la circondavano potessero percepire il furioso rimescolarsi delle sue emozioni?
Si era innamorata per la prima volta nella sua vita o era solo un’infatuazione?
Non riusciva a comprenderlo.
Avrebbe potuto parlarne con qualcuna delle ragazze più grandi della sua Casa, ma quello che le stava succedendo non era argomento da confidare a chicchessia: nessuno dotato di senno l’avrebbe capita.
Durante le ore di lezione, Piton, come sempre, non lesinava commenti malevoli sugli insuccessi degli allievi e agitava sprezzante la bacchetta facendo sparire in un pop i lavori più scadenti.
Hermione veniva ignorata. Almeno questa era l’interpretazione della ragazza che soffriva ogni qual volta lui si avvicinava alla sua postazione gettando solo una rapida occhiata al calderone ribollente e proseguendo poi oltre verso gli altri tavoli.
Il suo desiderio più grande era compiacerlo: bramava un cenno, un sussurro, qualunque cosa somigliasse a un elogio per il suo impegno e bravura.
Ma la giovane strega era pur sempre stata smistata dal Cappello Parlante a Grifondoro, così quando Piton la prendeva di mira, e sempre per lo stesso motivo, lei si faceva cogliere dalla stizza e quasi lo rifaceva apposta ad alzare di scatto il braccio un secondo dopo che la domanda del professore si dissolvesse nell’aria come il fumo dei calderoni.
Non otteneva nulla tranne indifferenza o le solite paroline mordaci.
La situazione era in stallo. Non fu però la ragazza a smuovere le torbide acque del fato, ma, inconsapevolmente, lo stesso mago.

II


Accadde un giorno, durante una lezione di Pozioni particolarmente impegnativa. L’argomento era difficile ma Hermione sempre preparata: interveniva rapida su ogni domanda dell’insegnante.
Severus tendeva a ignorarla, fingendo di non aver udito la risposta della ragazza o di non aver visto il suo braccio alzato.
Ma, dopo l’ennesimo silenzio totale della scolaresca interrotto dalla voce della Granger, Piton perse la pazienza e le sibilò, con particolare freddezza, di tacere e smetterla una buona volta di fare la saputella. “Signorina Granger, sono oltremodo stanco di continuare a udire la sua irritante e querula vocina; mi viene la nausea ogni volta che vedo il suo insulso braccio alzato, la sua chioma spaventosa e la sua espressione da saccente so-tutto-io. Se vuole continuare a seguire le mie lezioni potrà farlo a una sola condizione: tacere e per sempre!” Piton era livido. Non era la prima volta che il mago si rivolgeva alla Grifondoro in tono acido e con pungente sarcasmo, ma questa volta Hermione rimase sconvolta. Forse la giovane strega era l’unica studentessa in tutta la scuola - che non fosse Serpeverde, ovvio - a non odiare in maniera viscerale il professore di Pozioni.
Quella mattina, per la prima volta, si sentì schiaffeggiata dalla gelida voce dell’uomo.
Afflitta, abbassò la testa lasciando che i folti capelli le nascondessero il volto contratto nell’inutile tentativo di trattenere le lacrime.
Iniziò a tremare, sopraffatta dal dolore.
Si riscosse e fuggì dall’aula.
Non se l’era presa con lui, ma con se stessa: la verità era che Hermione Granger era cambiata.
La voce su quanto accaduto durante l’ultima ora di Pozioni fece subito il giro della scuola. Poco dopo, Katie Bell scovò la compagna di Casa rannicchiata sul suo letto nei dormitori. Le si avvicinò, circondandola con un braccio e prese a sussurrarle tra i capelli: “Sono d’accordo con te, il Professore ha esagerato”. Hermione emise un singhiozzo disperato.
Katie continuò, accarezzandole la schiena: “Hai mai riflettuto sul fatto che lui forse ti riprende così spesso perché vorrebbe che non oscurassi gli altri, che tu gli dessi la possibilità di scoprire se anche altri allievi sono attenti e studiano, senza crogiolarsi e vivere di rendita sulle tue conoscenze? Piton sa benissimo quanto vali, Hermione”.
Katie le diede un veloce bacio sulla guancia ed esclamò: “Dai su, che facciamo tardi alla partita di Quiddich, oggi gioco io!”
Hermione fu grata alla compagna di Casa per le parole di consolazione, ma si lasciò trascinare di malavoglia oltre il ritratto della Signora Grassa. Katie scappò avanti per prepararsi all’incontro, Hermione, invece, si bloccò di colpo sulle scale, lasciandosi urtare dagli altri studenti che si avviavano al campo più in fretta di lei.
-Ma certo, perché non ci era arrivata da sola?
Sapeva cosa fare.

III


La finestra a bifora del laboratorio di Pozioni aveva i vetri quasi completamente coperti da soffici cumuli di neve. La candida imbottitura faceva passare ancor meno luce nell’ampia stanza con gli alti soffitti a vela che odorava di erbe magiche. Il proprietario della camera preferiva impiegare l’ora che seguiva la fine del pranzo per scegliere l’argomento della lezione successiva oppure proseguire nella lettura dell’ultima edizione di “Infusi e pozioni magiche” che aveva contribuito ad aggiornare.
L’impostazione dell’indice e dei capitoli non gli piaceva: l’editore non aveva rispettato tutte le sue indicazioni e non glielo aveva neppure comunicato.
Chiuse con malagrazia il volume, sbuffando per la mancanza di rispetto sempre più diffusa tra la gente. Nessuno dei suoi colleghi era sgarbato con lui o scostante senza motivo… e lui di motivi ne elargiva a iosa.
Tra i suoi studenti solo Potter si permetteva di continuo libertà e atteggiamenti irrispettosi, ma del resto era la copia sputata di suo padre. Anche la Granger lo irritava terribilmente con l’immancabile aria da sapientona sempre pronta a prevaricare gli altri e a mettersi in mostra.
Immerso nella penombra della sua stanza, Severus rifletté che la ragazza da qualche tempo era cambiata: non scattava più come prima per rispondere alle sue domande.
Pensandoci bene erano diversi giorni, dopo quella maligna lavata di capo, che lei era diventata taciturna e aveva anche cambiato posto in aula, portandosi all’ultima fila. Frequentava le lezioni tenendo sempre la testa bassa e non rivolgendo la parola a nessuno dei compagni.
Il mago avvertì, con una nota di fastidio, la sgradevole sensazione di aver esagerato, ma poi considerò che il rendimento della giovane non era calato, anzi, era diventata più meticolosa.
Un angolo delle labbra di Piton si sollevò in un mezzo sorriso compiaciuto: a qualcosa era servita la sua sfuriata!
Non era altrettanto migliorato il livello dell’intera classe che invece sembrava essersi spenta insieme alla voce della Grifondoro. Forse lei li trascinava? Il suo modo di fare era da stimolo alla competizione tra Case?
A Severus non importava se ci fossero tensioni tra gli studenti: era consapevole delle rivalità e dell’istinto di primeggiare in alcuni, specie della sua Casa, ma sapeva anche molto bene quanto potessero essere sgradevoli i ragazzi di quell’età e quanto male riuscissero a farsi tra loro. Lui aveva sofferto per questo: nonostante fosse studioso e preparato, gli insegnanti non avevano mai difeso il giovane Serpeverde dalle angherie degli altri studenti. Il mago si era chiesto spesso quanto della sua vita sarebbe cambiato se invece ciò fosse avvenuto.
Soffermandosi ancora sulla ragazza, valutò che sarebbe stata una perfetta Serpeverde: era capace e brillante come la sua Lily, ma forse il Cappello Parlante aveva visto anche in lei prevalentemente il cuore coraggioso dei Grifondoro.
Nemmeno Piton aveva mai compreso il misterioso criterio che dettava le scelte del Cappello: anche lui era coraggioso… e aveva un cuore.
Era paradossale che da quel vecchio ammasso di consunta stoffa fosse potuto dipendere il destino di tanti studenti, così come il suo. Ormai non si contavano più le volte che il mago si era interrogato su cosa sarebbe successo se fosse finito a Grifondoro, oppure se Lily, invece, fosse stata smistata a Serperverde. Severus emise un sospiro carico di rimpianto.
La strada che aveva percorso nella vita non era sempre stata disegnata da lui: altri avevano impugnato piuma e inchiostro tracciando percorsi tortuosi, precipizi senza ponti, montagne senza appigli. Non era giusto che un insulso e lacero Cappello, seppur di professa saggezza magica, lo avesse spinto giù nel burrone dell’esistenza senza ali: era solo un bambino.
La magia non seguiva sempre direzioni comprensibili ai più.
Occorreva affidarsi… e provare a cambiare qualcosa.
Tuttavia, era escluso che assumesse un atteggiamento di palese approvazione nei confronti della giovane strega, ma poteva provare a intuire cosa la angustiasse: quali provvedimenti avrebbe preso poi proprio non lo sapeva.
Severus fece un respiro profondo: era una maledizione, la fonte dei suoi malumori e tormenti doveva sempre essere un Grifondoro!
In quel momento il professore di Pozioni non immaginava cosa sarebbe accaduto da lì a un paio di giorni.

IV


Il lunedì mattina la maggior parte degli studenti sonnecchiava fino a mezzogiorno; la stolta abitudine di tirar tardi nelle Sale Comuni la domenica sera veniva scontata dai neuroni che poltrivano fino a tardi nei loro cervelli inutili. Impossibile ottenerne l’attenzione: quello era un impedimento neurochimico, indipendente dalla volontà.
L’argomento della lezione era la Pozione Confondente, una delle più semplici da preparare.
L’estremo atto di gentilezza di Piton fu elencare il procedimento sulla lavagna in caratteri enormi. Fu tutto inutile: dopo oltre un’ora sei calderoni su venti erano ancora spenti e tre fumavano come l’Hogwarts Express. Da uno solo fuoriusciva una nuvola di vapore azzurrino che aveva creato un’aura celestiale intorno alla testa leonina di Hermione Granger. Lei stava sempre in disparte e lavorava alacremente e in silenzio; i suoi occhi sembravano spiritati.
Finì prima di tutti e quando, a testa bassa, si diresse alla cattedra per consegnare la fiaschetta con un liquido azzurro torbido, Severus notò la sua mano tremare leggermente.
Aveva tenuto d’occhio la ragazza, senza farsi notare, per tutta la lezione. Gli era sembrata tesa, agitata, con le guance arrossate come se avesse la febbre.
Piton si alzò prima che la Grifondoro si avvicinasse troppo alla cattedra e si frappose tra lei e la scrivania. Hermione, sempre tremando, allungò un braccio porgendogli la fiaschetta.
Severus non la prese.
Per la prima volta Hermione Granger aveva commesso un errore.
La giovane strega fu costretta a sollevare lo sguardo e a Severus sembrò che questo semplice movimento le costasse enorme fatica. Lei lo fissò con i grandi occhi nocciola e parve quasi udirsi un ‘clic’ quando il suo sguardo incontrò l’universo imprigionato nelle iridi del Professore.
Era quello che Piton voleva. Le entrò nella mente con una facilità ridicola.
Non si aspettava quello che trovò.
Una piccola mano prese a stringergli il cuore facendogli provare pena e disappunto insieme.
Dopo pochi attimi, uscì dalla testa della giovane sentendosi quasi in imbarazzo: non aveva il diritto di impicciarsi della vita degli altri, ma quello che aveva visto era sbagliato, terribilmente sbagliato.
Confusa, la ragazza gli chiese con voce malferma: “Ho sbagliato la pozione, Professore?”
La situazione era surreale: la giovane Grifondoro stava davanti a lui, tremante, con quella robaccia tra le mani, sembrava non essersi resa conto del pessimo esito del suo lavoro, e poi aveva la testa piena di immagini di… di…
Possibile che volesse provocarlo?
Piton era sconcertato; cercò di riappropriarsi del controllo della situazione: “Cos’è questa roba che hai portato, Granger?” Le sibilò piano. “Se provassi a tagliarti i capelli forse riusciresti a leggere quello che ho scritto sulla lavagna!”
Hermione era come paralizzata, continuava a guardarlo senza vederlo davvero, sembrava non essersi accorta della passeggiata di Piton tra i suoi pensieri.
Severus iniziò a innervosirsi: cosa gliene importava se una ragazzetta stava male, cosa poteva mai farci, per Salazar, se quella sciocca era febbricitante per colpa sua, se passava il tempo a sognare, a pensare a…? Ma che follia, che assurda e sconsiderata follia!
“È evidente che stai male, Granger, dovresti andare in infermeria” aggiunse trattenendo l’irritazione.
Prese la fiaschetta dalle mani della ragazza e le ordinò di andare a farsi visitare da Madama Chips.
Hermione, ancora disorientata e con gli occhi pericolosamente lucidi, ubbidì e a testa bassa uscì dall’aula.
“Basta, la lezione è finita” sbottò Piton rivolto alla scolaresca. “Se il prossimo lunedì verrete nella mia aula con i cervelli ridotti in questo stato pietoso, scordatevi di superare l’esame di fine semestre!” minacciò mellifluo.
Ora era lui a tremare, stordito di quanto aveva visto.
Ma ovviamente non se ne accorse nessuno.

Rimasto solo, si accasciò sulla sua poltrona preferita e chiuse gli occhi.
C’era la possibilità che avesse interpretato male alcuni collegamenti? Era certo possibile che la giovane avesse i suoi problemi fisici oppure avesse iniziato a deliziarsi con le gioie e i dolori –soprattutto dolori- dell’amore.
Non si spiegava perché immagini di lui ricorrevano di continuo nella testa della Granger: la ragazza lo fissava talmente spesso che non se n’era mai accorto… c’era perfino un Unicorno!
-Perché?
Era arrabbiata perché non le dava soddisfazione e non le permetteva di continuare ad essere la reginetta del so-tutto-io? La ragazza era talmente fuori di sé che aveva preparato una brodaglia innominabile e lui non se n’era accorto perché non le si avvicinava più, dando per scontato che non avesse bisogno di sentirsi il fiato sul collo.
Ma Severus intuiva che non era quella la verità: lui non era un esperto in materia d’amore ma alcune sensazioni le aveva vissute su di sé, alcuni comportamenti li aveva replicati in egual maniera.
Una stretta al cuore gli mozzò di nuovo il respiro per una frazione di secondo.
L’uomo più scontroso, arcigno, burbero e meno avvenente di tutta Hogwarts che faceva innamorare di sé una studentessa! Severus emise uno sbuffo che doveva sembrare una risata soffocata; la sola idea era quasi comica: Hermione Granger invaghita di lui.
Ma Piton era il miglior Legilimante al mondo insieme a Silente e a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Non si sbagliava.

V


- Nella lingua runica, il corno dell'Unicorno simboleggia il numero uno. Insieme al sangue del magico animale, la polvere di corno di Unicorno è un ingrediente prezioso e molto raro necessario alla preparazione di alcuni antidoti contro i più potenti veleni…”
Hermione sollevò la testa dal libro che teneva in grembo: aveva ripreso quel capitolo come a volerci trovare delle risposte, ma era inutile, non riusciva a concentrarsi.
Ormai preferiva studiare da sola: si era accorta che i suoi amici erano a disagio con lei, sempre più spesso presa da pensieri che non voleva condividere; a volte era così sgarbata che i due avevano deciso di lasciarle smaltire l’irritazione in pace.
La giovane era sempre più triste… e furente con sé stessa: era convinta di stare inanellando una serie di disastri inconcepibili e certa di aver perso tutta la stima del suo insegnante di Pozioni, se mai l’avesse davvero avuta.
Il suo piano era miseramente fallito: non era servito a nulla cambiare atteggiamento, diventare quasi trasparente, smetterla di rispondere alle sue domande nello sciocco tentativo di stuzzicarne la curiosità, indurre in lui il dubbio e, così, ottenerne finalmente l’attenzione.
Era stata proprio un’ingenua e immatura giovane fanciulla innamorata.
In più, si era verificato un effetto collaterale imprevisto.
Appena varcava la soglia dell’aula nei sotterranei, Hermione veniva come colpita da un incantesimo ‘agitante’: fremeva dentro e fuori in modo incontrollabile. Le si annebbiava la vista, le sfuggivano coltello e ingredienti dalle mani. Ci metteva un’infinità di tempo per completare il lavoro.
Aveva anche iniziato a chiedersi cosa sarebbe accaduto se avesse indossato la divisa da Serpeverde: se il Cappello Parlante avesse fatto una scelta diversa, dandole modo di frequentare la stessa Casa del Professore, lui sarebbe stato più propenso a lodarla e tenerla in considerazione? Con buona probabilità, sì. Tuttavia, si sarebbe accontentata del favoritismo del suo insegnante solo perché membro della sua stessa Casa e non per meriti oggettivi?
-Hermione, col senno di poi, avresti mai chiesto al Cappello di smistarti a Serpeverde? Si interrogò la giovane strega. Chiuse gli occhi e vide l’ondeggiare fluente del mantello di Piton che in classe ormai le voltava sempre le spalle: la ragazza non sapeva più cosa fare.
Ma il destino non aveva finito di accanirsi.

Un mercoledì della successiva settimana per poco non aveva fatto prendere fuoco ai suoi capelli.
Il Professore era subito intervenuto spegnendo le fiamme con un incantesimo Freddafiamma.
“Avevi intenzione di mettere in pratica il consiglio di liberarti di quei capelli, Granger?” le sussurrò velenoso Piton “Non intendevo in questo modo, però, non voglio stupidaggini di tal fatta nella mia aula!”.
Ora la giovane si accarezzava la ciocca bruciacchiata, strappando via ogni tanto qualche capello e rimuginando su tristi pensieri. -Come le era saltato in mente di investire tanto dei suoi sentimenti su quell’uomo insensibile e dalle lapidarie sentenze? Per quale folle eresia il suo cuore aveva osato accostare l’immagine pura e incontaminata dell’Unicorno a quell’essere meschino e oscuro?
Perché la sua intelligenza si era incaponita nella sconsiderata convinzione che Severus Piton fosse un uomo onesto, corretto e schietto, soprattutto perché parte essenziale dell’Ordine della Fenice, scelto personalmente da Silente, seppur dal carattere ombroso e difficile?

Si era evidentemente sbagliata, non si aspettava certo di essere ricambiata, ma apprezzata sì.
Non poteva andare avanti così, era diventata lo spettro di sé stessa e avrebbe profondamente deluso i suoi poveri genitori. Poteva ancora rimediare e salvarsi la reputazione; avrebbe affrontato i suoi demoni, prima dell’irreparabile, che le piacesse o no.
Lei era una Grifondoro, una vera Grifondoro, il Cappello l’aveva smistata lì non senza una buona ragione.

VI


S’, ‘D’, ancora ‘S’, una meritata ‘O’ a Draco Malfoy.
E ora il compito della Granger. Severus poggiò sulla scrivania la pergamena vergata con la ondulata calligrafia della ragazza. Incrociò le braccia e sospirò: un disastro.
Quella ragazza era pericolosamente vicina a emulare il suo caro amico Potter in Pozioni.
Per tutti i demoni, cosa doveva fare per interrompere quell’escalation autodistruttiva in cui si era infilata la giovane strega?
Metterne a parte Minerva non se ne parlava: cosa avrebbe potuto dirle non rischiando di sembrarle impazzito o, peggio, ridicolo con le allusioni agli acerbi sentimenti della ragazza?
Del resto lui non si lamentava mai con gli altri Capocasa. Se era costretto lo faceva solo per riferire della cattiva condotta di uno studente, non certo per manifestare preoccupazione per il calo nel rendimento scolastico. Lui era l’inflessibile e spietato Severus Piton, nessun gesto di benevolenza da parte sua!
Ma non era giusto, per Salazar, non era affatto giusto!
Severus si sentiva un po’ in colpa. Si chiedeva dove avesse sbagliato, quale gesto avesse compiuto per indurre quella ragazza brillante e dotata a rovinarsi così.
Quanto amore sprecato in un cuore così giovane e per un essere immeritevole come lui.
-Quel maledetto Cappello decideva anche dell’amore oltre che del futuro di un’ingenua vita? Sulle labbra dell’uomo si dipinse l’ennesimo sorriso alterato da bruciante amarezza.
No, non a causa dello smistamento, a suo tempo, l’amore per Lily non era stato ricambiato: era stata solo colpa sua.
Recuperò tutta la determinazione che possedeva, questa volta per combattere un nemico oscuro che indossava una veste luminosa e pura: l’amore.
Non gli venne in mente una soluzione diversa. Si recò nel suo deposito segreto: Semi di papavero islandese, Elisir di Mandragola, Acqua di Luna calante, polvere di pelle di Algiroide, e tanti altri.
Avrebbe iniziato a lavorarci appena sceso l’imbrunire: erano necessari silenzio e oscurità.

Grimmauld Place n°12
We know truth, not only by the reason, but also by the heart

I


Si ritrovarono tutti al n°12 di Grimmauld Place pochi giorni più tardi. Il bisogno di una pausa dalla scuola era forte come la necessità di una boccata d’ossigeno per un asmatico. La tensione nel Castello era arrivata alle stelle tra i sogni di Harry e le lezioni di Occlumanzia, l’inarrestabile avanzata dell’Oscuro e la tormentosa presenza della Umbridge che aveva reso Hogwarts invivibile.
Hermione si era riproposta tutt’altro obiettivo per quel fine settimana: doveva studiare, doveva riappropriarsi della concentrazione e padronanza di sé. Tuttavia non contava molto sulla mancanza di distrazioni, visto che sussultava ogni volta che sentiva la porta d’ingresso all’appartamento aprirsi, soprattutto se questo rumore non era seguito dall’urlo spaccatimpani del ritratto di mamma Black.
La ragazza avrebbe voluto evitare Piton, ma, d’altra parte, quella poteva essere l’occasione giusta che si era immaginata per avvicinarlo, lontano dagli occhi e orecchie indiscrete degli altri studenti.
C’era anche un’altra ragione a tenerla sulle spine: voleva ritrovare l’armonia coi suoi più cari amici, li aveva molto trascurati nelle ultime settimane.
Per i due ragazzi, Hermione stava solo attraversando una ‘fase’ difficile dell’adolescenza –almeno così Molly l’aveva definita- : agli occhi di Harry e Ron, la geniale Grifondoro era eccezionale come sempre… solo un po’ nervosetta.

***


Fu così che, un pomeriggio, Hermione riuscì a convincere Molly a ritirare al suo posto il vassoio del tè dalla sala riunioni. Poco prima aveva individuato Silente e ormai sapeva che il Preside soleva trattenersi con il Professore di Pozioni alla fine degli incontri. All’occasione, si sarebbe inventata qualcosa per restare da sola con Severus Piton.

La riunione si protrasse a lungo quella sera, mentre la ragazza continuava a tormentarsi per tutto il tempo i capelli. Non aveva mai voluto far sparire la ciocca bruciata: si vergognava molto del modo in cui era cambiata, così quei capelli bruciacchiati le servivano come memento alla pessima immagine di sé che aveva contribuito a creare.
Voleva tornare ad essere la solita Hermione Granger, ma non riusciva a liberarsi del piacere e della sofferenza che si erano fusi così tenacemente tra loro nel sentimento di cui era vittima.

Si infilò nella camera silenziosa dopo che tutti erano usciti.
Il Preside e Piton confabulavano in un angolo. Silente dava la schiena alla porta, invece Severus si accorse immediatamente della presenza di Hermione e spostò lo sguardo alle spalle di Silente. Questi si voltò e non parve affatto sorpreso: “Hermione, buonasera, non ti ho sentita bussare”, le disse con voce gentile, osservandola da sopra gli occhialini a mezzaluna con un malizioso scintillio negli occhi.
“Non volevo disturbare, signore, devo solo ritirare il vassoio del tè”. Hermione era avanzata di qualche passo verso la tavola: aveva un colibrì al posto del cuore e subito strinse i denti e intrecciò le mani davanti a sé per costringersi a non iniziare a tremare.
Spostò lo sguardo da Silente a Piton che la fissava.
Il mago in nero la guardava come se la vedesse per la prima volta; come se notasse solo in quel momento l’immenso sforzo che la giovane stava mettendo in atto per tenere a freno le emozioni: una solitaria guerriera che aveva deciso di affrontare, con coraggio, il suo personale mostro.
Cosa vedeva Severus senza bisogno di varcare i limiti del consentito? Vedeva la sofferenza accumulata dopo tutti quei giorni a fingere che fosse tutto normale, mentre i desideri della ragazza venivano ignorati e calpestati e umiliati; vedeva la desolazione di lei per essersi ritrovata sola nel più arido deserto dei sentimenti; vedeva il rammarico per i giorni di spensieratezza buttati via e la triste consapevolezza che nessuno mai glieli avrebbe restituiti.
Per qualche breve istante il tempo parve rallentare, il resto del mondo sparire per lasciare solo loro due ad affrontarsi.
In quel momento Severus decise.
“Preside” disse Piton, non distogliendo gli occhi dalla ragazza, “Devo discutere pochi minuti con la Granger del suo ultimo disastro in Pozioni”.
“Davvero?”, esclamò Silente, non mostrando però alcuna meraviglia nel luminoso sguardo per l’insolito comportamento del suo giovane insegnante.
“Bene, Severus” aggiunse tranquillo il vecchio mago e uscì dalla stanza dopo aver dato un’affettuosa carezza sulla spalla di Hermione.
Rimasti soli, Piton si avvicinò alla ragazza senza interrompere il contatto visivo.
Onde invisibili s’infrangevano alle pareti del suo cuore.
-Che cosa vuoi, Granger? Cosa vuoi fare, perché sei qui? Iniziò a pensare il mago.
Fino a che punto sarai coraggiosa?
Non voglio leggerti di nuovo nella mente, non voglio violare di nuovo i tuoi segreti più privati, non costringermi a farlo.
Interrompi immediatamente questo tuo stupido agire, smetti di guardarmi come se portassi con te tutto il dolore del mondo.
Non sai cos’è il dolore, sciocca ragazza, … ma potresti sapere cos’è l’amore.
Io lo sapevo alla tua età; ero già perduto allora e lo sarei stato per sempre.
Fermati, finché sei ancora in tempo.
Sei troppo sveglia per lasciare che una tale follia riduca il tuo cuore in frantumi.
So quello che vuoi e te lo darò perché non sono un bastardo senza cuore; non posso accettare l’idea che un cervello come il tuo vada sprecato così, tuffandoti nel pozzo nero di un amore senza speranza come ho fatto io.
Il Cappello Parlante ha deciso il mio destino, smistandomi a Serpeverde e non a Grifondoro, ignorando il fuoco che portavo nel cuore, forse a ragione visto che amare mi ha condotto alla rovina. Non voglio che lo stesso capiti a te.
Tu meriti qualcuno con la purezza d’animo di un Unicorno, proprio come quello dei tuoi sogni, perché io, Severus Piton, sono nero e oscuro e non sarò mai più immacolato come quell’animale.


Nel mentre, Hermione ebbe un capogiro. Si costrinse a raggiungere subito il tavolo, dove vi appoggiò entrambi i palmi aperti come per reggersi. Le mancava il respiro.
Deglutì, si guardò le mani che erano diventate paonazze per la forza con cui stava spingendo sulla tavola. Era rimasta spiazzata dall’inattesa richiesta del suo insegnante a Silente. Non sapeva cosa fare, se continuare a tacere o parlare per prima.
Stava per succedere qualcosa.
Qualsiasi cosa lui le avesse detto non si sarebbe messa a piangere. No, lo avrebbe affrontato con coraggio e padronanza di sé.
Non era il solo capace di freddezza e distacco.
Ma l’inquietudine aveva raggiunto il limite massimo di tolleranza: la giovane donna non riusciva più a percepire le pause tra un battito e l’altro del suo cuore.
Piton si avvicinò ancora di più a Hermione e, con un gesto della bacchetta, chiuse la porta della camera.
“Versa un po’ di tè, Granger, ho ancora sete” le chiese con tono fermo ma senza ombra di astio. “Versane anche a te e siediti” aggiunse soave.
Severus infilò una mano nella tasca interna della giacca, strinse le lunghe dita fredde sulla piccola ampolla di vetro diventata calda per il prolungato contatto col suo corpo. Non ne ricavò conforto, ma tremò al pensiero di quel che stava per fare.
Hermione ci mise un po’ a riscuotersi. Mentre scostava una sedia dalla lunga tavola non si accorse del fugace gesto della mano di Piton che aveva sfiorato il vassoio con teiera e tazze.
Senza dare il tempo alla ragazza di proferir parola, Severus riprese: “Il tuo rendimento in Pozioni è pericolosamente calato, Granger. È evidente che qualcosa ti disturba e ti distrae. Sei una strega molto dotata: questo è un dono per te stessa e per i tuoi amici. Non sprecare il tuo intelletto, anzi usalo al meglio per valutare le prospettive, gli eventuali vantaggi e, soprattutto, gli svantaggi di questo… inconveniente sopraggiunto” Piton sottolineò con la voce le ultime parole.
Hermione era sbalordita. Teneva i suoi occhi incollati al volto di Piton: stava registrando ogni sillaba, ogni movimento delle labbra, ogni battito delle palpebre dell’uomo.
Ora le sue mani erano strette a pugno, ma il colorito restava pallido, quasi violaceo. Tutto il sangue nel corpo della ragazza era impegnato a riscaldare un cuore che palpitava alla massima velocità. Era vicinissima al suo professore e volle approfittare dell’occasione.
“Signore, io l’ho delusa… non sono riuscita a dimostrarle quanto ami la sua materia, quanto mi sia impegnata per diventare sempre più competente, quanto… ”.
”Bevi il tuo tè, Granger, è già quasi freddo”, la interruppe, Severus.
No, non si era pentito della decisione presa. Era convinto che fosse necessario chiudere la faccenda una volta per tutte.
Fece ancora uno sforzo.
“Non hai bisogno di ricorrere a futili sotterfugi per attirare la mia attenzione così come non è sempre necessario mettermi a parte della tua conoscenza teorica. So quanto sei capace e preparata, sono consapevole del tuo valore, ma desidero che i tuoi sforzi siano indirizzati nell’impegno di diventare una strega straordinaria. Se continui a comportarti come hai fatto fino ad ora, finirai col farmi rimpiangere la vecchia saccente Grifondoro”.
Nel frattempo gli occhi di Hermione erano diventati vacui, la ragazza non tremava più, la sua pelle riacquistava un colorito roseo: erano i primi segni che la Silentiamoris stava iniziando ad agire.
Cosa sarebbe successo dopo? Severus sapeva che gli effetti del filtro ‘disinnamorante’ si sarebbero consolidati col tempo, completandosi entro le successive ventiquattrore. Forse non sarebbe stato necessario usare anche un Oblivion, tuttavia doveva essere certo che la ragazza serbasse solo un ricordo vago e indefinito degli elogi che le aveva rivolto… ma nulla sull’amore.
“Granger, tu credi di essere innamorata ma ti sbagli. L’amore, quello vero, è un’altra cosa”. Nonostante l’intenzione di cancellarle la memoria, fu penoso per Severus proseguire il discorso: non parlava mai di ciò che nascondeva nel suo cuore. “Scegliere male in chi riporre una parte così importante dei tuoi sentimenti è un errore che ti porterai dietro per tutta la vita; è un sacrificio dal quale non si viene più ripagati. Ora, io che sono e resterò sempre per te il docente di Pozioni, ti sto insegnando, invece, a crescere. La tua generazione somiglia così tanto alla mia: giovanissimi costretti a maturare in fretta per affrontare problemi troppo grandi e difficili. Qualcuno, tanto tempo fa, ha provato a rifugiarsi nell’amore, ma questa è una distrazione pericolosa, lascia solchi profondi e tracce indelebili nell’anima”.
Hermione sembrava in trance, stringeva tra le mani la tazza di tè ormai vuota; i suoi grandi occhi nocciola avevano recuperato lucidità e brillavano…
Piton riprese a parlarle, calmo.
“Tra qualche ora tutto sembrerà solo un sogno; in futuro proverai uno strano senso di fastidio ogni qual volta avrai a che fare con me”. A Severus non piacque, per niente, ma sapeva che era giusto così. Sollevò lentamente la bacchetta sotto il tavolo.
“Torna ad essere più sicura di te, Granger, sei la mia migliore allieva. Deve bastarti”, concluse in un lento sussurro.
Fece un rapido ed elegante movimento col polso; le sue labbra ebbero un fremito silenzioso quando mormorarono la parola Oblivion.
Il mago si alzò da tavola e si avviò verso la porta.
Hermione era ancora assorta a guardarlo in preda ad un’ovattata confusione; la parola “grazie” le uscì in un sospiro che accompagnò lo scatto della porta.

II


La mattina prima del rientro ad Hogwarts, la cucina del n°12 di Grimmauld Place era sovrappopolata. L’Ordine della Fenice, quasi al completo, era impegnato in una battaglia senza esclusione di colpi: sottrarre a Harry e Ron l’ultimo biscotto alla cannella di Molly.
L’atmosfera era allegra e ridanciana.
Solo Hermione sedeva un po’ in disparte sorseggiando il suo tè bollente.
Ogni tanto lanciava un’occhiata alla valigia semiaperta che teneva accanto. Dall’apertura s’intravedeva il testo ‘Infusi e pozioni magiche’.
La ragazza continuava a chiedersi perché diavolo l’avesse portato con sé. Tra tutte le materie a cui aveva bisogno di dare una ripassata, l’ultima era proprio Pozioni. Aveva sempre eccelso in questa disciplina, ma a questa convinzione se ne era aggiunta un’altra: quella di essere la migliore del suo corso.
Si era svegliata con quel pensiero, come se avesse fatto uno strano sogno di cui, purtroppo, non ricordava i dettagli, ma che era stato di certo meraviglioso come quello di tanti giorni prima con l’Unicorno. Riusciva però ancora a sentire l’eco di una voce familiare che le recitava lodi e parole di compiacimento.
No, il suo Professore di Pozioni non le aveva mai parlato così, non si sarebbe mai sognato di farle un complimento in modo tanto manifesto…
O forse sì.
Sul visetto di Hermione si allargò un trionfante sorriso.
Sarebbe tornata a scuola più felice e combattiva di prima.

FINE



Edited by Lonely_Kate - 14/2/2022, 21:13
 
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view post Posted on 20/2/2022, 02:28
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Eccomi, dopo aver riletto per la seconda volta la tua storia intrigante e densa di emozione, cara Cate, e averne apprezzato la ricchezza di particolari, immedesimandomi ancora pienamente nelle ambasce del cuoricino di Hermione.

La tua è una storia che mi ha catturata e deliziata, partendo da come hai saputo riproporre l’atmosfera di Grimmauld Place, delineare bene le caratteristiche dei ragazzi e ricreare l’alchimia del loro rapporto in modo sorprendente: notevole la descrizione del momento in cui il trio è riunito a discutere nella stanza, e che rimanda in maniera nostalgica alle molte volte, lette sui libri o viste al cinema, con un Ron e un Harry perfetti nella loro semplicità tutta maschile e sfociante nella totale incapacità di comprendere l’umore altalenante dell’amica.

Così come degne di nota sono le fasi introspettive e dolorose della tua adorabile Hermione, tormentata e avvilita, sopraffatta dall’impossibilità di realizzare il proprio desiderio, esattamente così come sono certa sia capitato alla maggior parte di noi donnine, alla sua età: alzi la mano chi, da ragazzina, non si è mai presa una cotta senza speranza per un professore. ;P

Ed è così che l'avvincente svolgersi della vicenda trascina nel vortice di emozioni, dolci/amare, contenute nel tuo bellissimo racconto, assolutamente partecipi di ogni batticuore o sospiro, anche e soprattutto perché causati da cotanto professore: un Severus pienamente fedele alla propria natura rigorosa e scevra da debolezze, al suo amaro e cinico sarcasmo, alla dura apparenza che nasconde un meraviglioso nucleo, forte ma delicato, che emerge in maniera puntuale e commovente quando scatta il suo immenso senso di responsabilità.
E, come anche in questo caso, rinunciando ad avere per sé il conforto di sentirsi apprezzato da qualcuno (mitica comunque la scena del suo arrivo al quartier generale, quella in cui Hermione va ad aprire la porta reagendo come avrei fatto io, cioè da lobotomizzata, e lui la sposta per passare come se niente fosse. :lol:).

Una storia davvero godibile, bravissima, Cate: una vicenda che ho riletto stasera con estremo piacere, coinvolgente, ben costruita, che alterna momenti piacevoli e distensivi a passaggi ricchi di forti contenuti e profonda interiorità e che merita i più sinceri complimenti. <3
 
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view post Posted on 21/2/2022, 17:26
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Ele carissima, mi dispiace averti(vi) costretta, anche questa volta, a una lettura che è degna della maratona di Roma X) , ma tu sai quanto è grande la gioia di scoprire che un’autrice della tua levatura trova il mio lavoro degno di interesse e stima: hai lasciato dei commenti bellissimi. <3
È stato divertente scrivere alcuni passaggi del racconto, come la scena che si svolge coi tre ragazzi nel salotto di Grimmauld Place: mi fa piacere scoprire che hai sottolineato proprio quella che credo sia la migliore riuscita.

Sono anche felice di essere riuscita a rendere credibili le descrizioni degli stati d’animo di una ragazzina alle prese con la prima cotta, e sono onorata soprattutto perché ritieni che il 'mio' Severus sia fedele a se stesso. Forse il nostro ineguagliabile mago è un tantino ciarliero verso la fine della storia, ma è così bello esercitarsi a trovare il modo di lasciargli la possibilità di esprimere ciò che splendidamente hai definito:
CITAZIONE
un meraviglioso nucleo, forte ma delicato, che emerge in maniera puntuale e commovente quando scatta il suo immenso senso di responsabilità...

al prezzo di rinunciare
CITAZIONE
ad avere per sé il conforto di sentirsi apprezzato (e amato) da qualcuno.

Concludo il mio grazie, grande come un abbraccio, con questo tuo commento:
CITAZIONE
alzi la mano chi, da ragazzina, non si è mai presa una cotta senza speranza per un professore.

Il mio braccio scatta su proprio come quello di Hermione :D

Edited by Lonely_Kate - 21/2/2022, 19:17
 
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view post Posted on 15/3/2022, 12:51
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GabrixSnape

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Un racconto ricco di emozioni e dolcemente sensuale. Ho apprezzato molto il rapporto tra i due protagonisti, molto autentico nelle rispettive posizioni, ma anche i gustosi siparietti con i coetanei. Mi è piaciuta l'indagine sugli effetti dello Smistamento sugli alunni della scuola e il paragone tra Severus e la creatura magica, in apparenza così diversi, ma invece simili nella sostanza. La tua Hermione è tutte noi: intimorita e attratta dal professore più severo di Hogwarts. Il tuo Severus è protettivo e generoso, così come l'ho sempre pensato.
Complimenti.
 
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view post Posted on 15/3/2022, 13:11
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CITAZIONE (Gabrix1967 @ 15/3/2022, 12:51) 
Un racconto ricco di emozioni e dolcemente sensuale. Ho apprezzato molto il rapporto tra i due protagonisti, molto autentico nelle rispettive posizioni, ma anche i gustosi siparietti con i coetanei. Mi è piaciuta l'indagine sugli effetti dello Smistamento sugli alunni della scuola e il paragone tra Severus e la creatura magica, in apparenza così diversi, ma invece simili nella sostanza. La tua Hermione è tutte noi: intimorita e attratta dal professore più severo di Hogwarts. Il tuo Severus è protettivo e generoso, così come l'ho sempre pensato.
Complimenti.

Carissima Gabri, grazie mille per il tuo giudizio <3 ; hai sottolineato un punto della storia particolare: il parallelo tra Severus e l'Unicorno mi è esploso nella testa come una bomba. Sembrerebbe una follia ma poi, come tu hai scritto, le loro sostanziali similitudini sono evidenti.
Il mio, il nostro Severus possiede una generosità che è tanto grande quanto infinite sono la sua onestà morale e intellettuale.
Grazie ancora.
 
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view post Posted on 17/3/2022, 18:52
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Cara Kate, hai avuto un'idea originale creando "un quasi" paring tra Severus e Hermione con una storia che affronta delicatamente i turbamenti adolescenziali e i problemi che ne possono scaturire.
Mi è piaciuto come hai saputo gestire l'Hermione innamorata che perde colpi a scuola e diventa insopportabile con Harry e Ron. Ancora di più mi è piaciuto Severus, il suo modo di approcciarsi alla verità scoperta e l'intervento, forse poco ortodosso ma necessario, per recuperare una valente allieva ma soprattutto per evitarle di bruciarsi per sempre. Veramente un gentleman!
Complimenti, Kate.
 
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view post Posted on 17/3/2022, 22:25
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CITAZIONE (Arwen68 @ 17/3/2022, 18:52) 
Cara Kate, hai avuto un'idea originale creando "un quasi" paring tra Severus e Hermione con una storia che affronta delicatamente i turbamenti adolescenziali e i problemi che ne possono scaturire.
Mi è piaciuto come hai saputo gestire l'Hermione innamorata che perde colpi a scuola e diventa insopportabile con Harry e Ron. Ancora di più mi è piaciuto Severus, il suo modo di approcciarsi alla verità scoperta e l'intervento, forse poco ortodosso ma necessario, per recuperare una valente allieva ma soprattutto per evitarle di bruciarsi per sempre. Veramente un gentleman!
Complimenti, Kate.

Per descrivere le acerbe emozioni di Hermione, è avvenuto un processo di immedesimazione condito da esperienze e ricordi pescati dal passato. Cara Manu, hai analizzato con attenzione il leitmotiv della storia: il racconto del primo amore che spesso è tormentoso e destabilizzante. Al cuor non si comanda (nel caso di Hermione anche alla mente), così, sebbene possa sembrare che l’oggetto dei desideri della giovane sia una scelta folle, dall’altra proprio questa attrazione è lo specchio di come due anime affini si sappiano trovare e riconoscere. La rigorosa e, in apparenza , fredda razionalità di Severus, si sposa invece alla perfezione con la sua capacità di amare, tanto, in modo assoluto, razionale e contro ragione. Grazie di cuore per aver apprezzato la mia storia ❤️❤️
 
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