Titolo:
Vuoto a rendereAutore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: One Shot
Rating: Per tutti
Genere: generale
Personaggi: Severus Piton, Aberforth Silente
Pairing: nessuno
Epoca: 7 anno
Avvertimenti: AU
Riassunto:
Il Preside Piton é solo durante quel lungo anno.
O forse no.
Note: storia scritta per la sfida annuale 15 anni con Severus.
Mese di Gennaio. Scuola di Durmstrang.
Campione Scuola di Durmstrang
Carattere: 15.287
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Vuoto a rendereEra un pomeriggio limpido, il cielo era una tavolozza di rosa e lilla. Verso l’orizzonte il crepuscolo stava lasciando il posto alla sera con i suoi colori scuri e cupi.
Il mago fissava le acque chete del Lago Nero; la superficie era ferma: lo era sempre nell’ultimo anno.
Dacché aveva memoria, alla Piovra Gigante piaceva spaventare gli alunni con i suoi tentacoli oppure, nei giorni buoni, appoggiarne uno sulla riva e lasciare che gli studenti curiosi gli accarezzassero le ventose, mentre le sirene si divertivano a fare capolino e salutare con la mano i ragazzi che sedevano sul prato per ripassare o per rilassarsi qualche ora.
Ma quell’anno il parco del castello non era allegro, non c’erano le risate degli studenti o il loro chiacchiericcio.
Nulla era normale. Nulla era come doveva essere.
Il clima al castello era teso, vivevano tutti nella paura, riservandogli solo occhiate d’odio.
Era maledettamente stanco della sua vita.
Ho la tua parola che farai tutto ciò che è in tuo potere per proteggere gli studenti di Hogwarts? Chiuse gli occhi cercando di ignorare le urla dei ragazzi che venivano torturati; ignorando l’occhio nero di Paciock o i tagli sul volto degli studenti che avevano avuto l’ardire di andare contro i Carrow.
- Ci sto provando, Albus. - si passò una mano sul volto stanco e provato, perfettamente celato dietro la maschera di assassino che indossava quotidianamente - Merlino mi è testimone se ci sto provando.
Con un sospiro si massaggiò la radice del naso resistendo alla tentazione di camminare oltre il confine della scuola per smaterializzarsi lontano da tutto.
Era un pensiero che a volte faceva capolino tra i suoi tortuosi pensieri.
Poteva anche prendere una delle scope abbandonate del capanno vicino al campo da Quidditch e volare via. Una banale Tinderblast gli andava più che bene, anche se non era veloce poteva portarlo fino a Londra e poi poteva andare dove voleva. Nascondendosi tra i Babbani ignari di tutto.
Quando accadeva si concentrava ancora di più sul suo obiettivo, odiandosi per quel momento di debolezza.
Si era odiato molte volte nella sua vita, c’erano stati fin troppi momenti in cui riteneva la sua nascita solo una perdita di tempo.
Era stato un anno estenuante, nonostante fosse preparato al suo destino fin dal giorno in cui Silente gli aveva chiesto - anzi
ordinato era la parola giusta – di porre fine alla sua vita.
Ma non si sarebbe mai immaginato quanto la solitudine, sentimento a cui era abituato, gli pesasse così tanto in quegli ultimi mesi.
Si era reso conto che la presenza di Minerva e di tutti i suoi colleghi era diventata essenziale nella sua routine quotidiana.
Aveva sempre trovato l’affetto materno di Minerva fastidioso e invadente.
Eppure ora, dopo mesi di occhiate cariche d’odio e frecciatine pungenti, gli mancava incredibilmente.
Gli mancavano i pomeriggi dove lo obbligava a bere the, mangiare biscotti al burro e giocare a scacchi; gli mancavano le domande sulla sua vita privata, specialmente sulla mancanza di una donna e i tentativi di fargli incontrare le figlie delle amiche
Will-of-the-Wisth*, quello stupido gioco di carte che occupava parte dei suoi sabati pomeriggio, esattamente come una vecchia zia invadente. Gli mancavano persino le storie della sua giovinezza e quella infantile cotta per un giovane Albus Silente, allora solo professore di Trasfigurazione.
Solo quel pomeriggio gli aveva lanciato l’ennesima frecciatina sulla sua incapacità di gestire dei sempliciotti come i Carrow.
Era stato sul punto di urlarle di aprire gli occhi, di vedere come cercava in ogni singolo istante di mantenere il perfetto equilibrio tra il fidato Mangiamorte e il protettore silenzioso degli studenti. Era stato sul punto di farle notare tutto quello che stava facendo per fare in modo che quei due psicopatici facessero meno danni possibile.
Avrebbe voluto gridare che era corso dai Malfoy per cercare di liberare Luna Lovegood dalle grinfie di Bellatrix, promettendo che l’avrebbe tenuta personalmente sotto controllo. Sottolineando, una volta capito che non avrebbe mai lasciato quel castello con la ragazza, che la figlia morta avrebbe portato Xenophilius Lovegood a continuare la sua propaganda contro i Mangiamorte. Sospirando sollevato quando i Carrow erano entrati come una furia nel suo ufficio gridando che Potter era fuggito da Villa Malfoy portandosi con sé il Goblin, Olivander e la giovane Lovegood.
- Tutto è andato bene, Severus. - aveva detto Silente dal suo ritratto una volta che aveva liquidato i due scocciatori – Stanno bene.
- Sta zitto, Albus.
Era stata l’unica volta in cui l’aveva zittito.
Nonostante il ritratto fosse solo un’ombra sbiadita di quello che era un tempo Silente, era stato in silenzio per tutto il pomeriggio, senza ricordargli in continuazione il suo ruolo e la sua missione.
Era stanco Merlino. Maledettamente stanco.
Sentiva che era alla fine di quella che aveva chiamato vita, ma che, in realtà, non era mai stata tale. Solo un susseguirsi di ordini, seguire decisioni prese da altri, scelte che gli avevano portato via tutto.
Era stato inerme a fissare la sua vita proseguire sui binari che altri avevano posizionato per lui, non si era mai ribellato, ci aveva provato a volte, ma debolmente, senza mai crederci sul serio. Era quello che aveva sempre sentito di meritare, non una vita piena, non una vera felicità, ma solo una lunga, estenuante attesa di poter finalmente espiare le sue colpe.
Il momento era vicino, lo sentiva nell’aria, lo avvertiva ogni volta che il Marchio bruciava la sua pallida carne.
L’Oscuro era in fermento, imbestialito dalla capacità di Potter di sopravvivere, ed era agitato.
Non era un stupito, aveva fatto cose stupide nella sua adolescenza e giovinezza, ma non era uno stupido. Aveva iniziato a capire il piano di Silente dopo aver lasciato la spada nel lago ghiacciato; aveva unito le informazioni che conosceva, aveva osservato le mosse di Potter di nascosto, ascoltando i rapporti di Phineas Black riprendendolo ogni volta che insultava la Granger.
Aveva osservato l’Oscuro ogni volta che ne aveva avuto l’opportunità, aveva notato lo sguardo sempre più folle, l’ossessione per alcuni luoghi, per alcuni oggetti.
Verrà il momento in cui Lord Voldemort temerà per la vita del suo serpente.Non aveva capito, non allora, ma ora tutto aveva più senso.
Quanto mancava a quel giorno?
- Piton!
Una voce tonante lo risvegliò dai suoi pensieri.
Si voltò verso il sentiero che portava al cancello principale. Una massiccia figura stava camminando verso di lui a grandi passi.
Aberforth Silente era probabilmente la persona meno indicata con cui parlare.
In quelle settimane, però, era stato l’unico mago con cui aveva scambiato poche parole.
Non ne era certo, ma aveva il sospetto che c’entrasse Albus. Aveva incrociato Aberforth sulla tomba del fratello. Non l’aveva mai visto nei giardini del castello, neppure una volta in tutti gli anni in cui aveva insegnato. Eppure quel pomeriggio l’aveva incrociato in quel punto.
In un primo momento aveva pensato di allontanarsi senza farsi sentire, non aveva nessun diritto di parlargli.
Aberforth, comunque, non gli diede il tempo di fare nulla, si era girato verso di lui e aveva iniziato a parlare facendogli capire che non era solo il gestore di un bar malfamato con la passione per le capre.
Da quel pomeriggio si erano visti una volta a settimana, sempre alla Testa di Porco.
Una volta aveva sentito Minerva litigare con Aberforth perché gli rivolgeva la parola, ma lui le aveva risposto che si trattava di affari, che i Mangiamorte al villaggio gli riempivano le casse di galeoni e che non aveva nessuna intenzione di privarsene. Minerva lo aveva insultato e se n’era andata.
Non gli sembrò particolarmente dispiaciuto.
- Aberforth a cosa devo questa inaspettata visita?
- Dì ai tuoi tirapiedi di smetterla di creare danni al mio locale! - sbraitò il mago.
Sollevò un sopracciglio accigliato.
- Non sono i
miei tirapiedi. - sibilò sottolineando ogni parola.
- Come li devo chiamare? Compagni? Amici? Fratelli di battaglia?
- Seccature, Aberforth. Sono solo seccature.
Vide un sorriso storto spuntare sotto la barba grigia.
- Non cambia il senso della frase. Fa qualcosa. Continuano a venire nella locanda a ubriacarsi. Non credo che sia quello il loro compito.
- Il loro compito è controllare che nessuno entri o esca di nascosto ad Hogsmeade.
- Non credo che possano farlo da ubriachi.
- Allora smettila di vendergli da bere.
Non dissero più nulla, si limitarono a fissarsi.
Distolse lo sguardo quando quegli occhi celesti riportarono a galla ricordi troppo dolorosi.
- Al villaggio gira voce che ti sei perso qualche studente. - insinuò – E’ vero?
- Paciock è sparito da tre giorni. Hanno pensato di prendersela con sua nonna per farlo calmare.
- La vecchia Augusta? - rise il mago – E’ più facile mettere la museruola ad un drago.
- Ha schiantato tre maghi prima di sparire. Dawlish è ancora ricoverato. Alecto e Amycus non l’hanno presa bene, Paciock li ha anticipati ed è sparito. Finnigan non si trova da ieri sera e questa mattina mancavano all’appello le gemelle Patil.
- E devo credere che il Preside Piton non abbia idea di dove si siano nascosti?
- Il castello è grande. - gli rispose semplicemente - Neppure Albus conosceva ogni suo segreto.
- Il vecchio Al non ha passato gli anni della sua adolescenza a nascondersi dai bulli.
Si voltò a fissare il fratello di Silente, lui non rimase intimorito dal suo sguardo. Al contrario: lo ricambiò senza problemi.
- Oh non guardarmi così, Severus. Albus parlava molto quando veniva giù alla locanda, soprattutto quando mi rifiutavo di ascoltare i suoi tristi tentativi di riappacificazione. Tu eri uno dei suoi argomenti preferiti. Ti nominava in ogni occasione possibile. Uno dei suoi rammarichi era quello di non aver fatto abbastanza quando ti vedeva preso di mira da James Potter e Sirius Black.
- Non l’ha mai detto.
- Albus non diceva molte cose.
Mi dispiace era una di quelle. Conoscevo mio fratello, Severus. Era un testone che gli piaceva giocare alle sue regole e senza fare eccezioni. Era un manipolatore, andava avanti per la sua strada solo per raggiungere il suo scopo, spesso senza pensare a quello che gli accadeva intorno. Probabilmente in questo castello noi due siamo gli unici che hanno conosciuto il
vero Albus Silente. E io so che Albus non ha mai parlato a vanvera. Mai! Neppure una volta! Ogni sua parola aveva sempre uno scopo, ma in pochi lo capivano.
Non riuscì a dargli torto.
Aveva visto Silente nei suoi momenti migliori e in quelli peggiori, l’aveva visto personalmente raggirare Ministri solo per raggiungere il proprio scopo. Lui stesso veniva manipolato dal vecchio da anni.
E le sue parole… quante volte aveva ripercorso gli ultimi anni della vita del vecchio mago trovando ogni volta un nuovo significato ad ogni sua parola?
Troppe per contarle.
Gli tornò in mente una frase del Preside.
- Hogwarts darà sempre una mano a chi ne ha bisogno.
- E’ una delle
belle frasi di mio fratello?
Annuì e Aberforth sbuffò.
- Albus amava queste frasi ad effetto. Comunque, su questo non aveva torto: Hogwarts darà sempre una mano a chi ne ha bisogno. – ci fu una lunga pausa, come se fosse indeciso se parlare o meno - Non preoccuparti per i tuoi studenti dispersi, Piton. Sapranno cavarsela.
- Lo so. - rispose – Ne hanno dato ampia dimostrazione quest’anno.
- Sento una punta di orgoglio nelle tue parole?
Sollevò un sopracciglio in risposta.
- Hanno imbrattato i muri della scuola. Hanno aiutato studenti più piccoli ad evitare le punizioni. Hanno cercato di rubare nel mio ufficio e hanno più volte sfidato l’autorità mia e quella degli insegnanti.
Era solo una piccola parte di tutti i grattacapi che gli avevano causato in quei mesi, ma erano stati un faro di speranza per i più piccoli.
Sì, era fiero di loro, ma non l’avrebbe mai ammesso.
Nessuno gli avrebbe creduto.
Aberforth sorrise, ma non aggiunse altro.
Aveva la fastidiosa sensazione di non poter nascondere nulla al fratello di Albus.
Erano gli occhi: quegli occhi celesti che gli facevano venire i brividi.
- C’è altro che devi dirmi Aberforth?
- Ricorda solo di parlare agli idioti che ci sono al villaggio o la prossima volta che rompono qualcosa nella mia locanda te li rimando al castello schiantati e legati ad una scopa.
Si voltò senza attendere una sua risposta.
Lo guardò allontanarsi cercando di capire se quella discussione era nata solo perché i Mangiamorte al villaggio erano un problema o per rassicurarlo che gli studenti spariti stavano bene.
Tornò a guardare le acque del lago ferme ed immobili, il crepuscolo aveva lasciato il posto alla sera, le prime stelle si intravedevano pallide e distanti; spostò lo sguardo verso la tomba bianca.
Non la vedeva, ma non ne aveva bisogno, sapeva esattamente dov’era, conosceva ogni venatura del marmo, ogni impercettibile sfumatura di bianco.
Poteva quasi sentire la sua voce sussurrargli nelle orecchie, il peso della sua vecchia mano sulla spalla.
- Manca poco, Albus.
Tornò verso il castello, lasciandosi alle spalle il desiderio di urlare e di scappare.
* * * *
Fu chiamato qualche giorno dopo da Gazza.
Da quella sera sulle sponde del lago erano spariti altri tre studenti; l'Oscuro Signore l'aveva convocato due volte e non gli era sfuggita la follia negli occhi rubino, o Nagini che si allontanava solo di pochi passi.
L'Oscuro farneticava a bassa voce, un sibilo impossibile da capire. Gli era sembrato che dicesse
al sicuro e
nascosto bene, ma non ne aveva la certezza.
Quell'incontro l'aveva messo all'erta. Aveva un messaggio da consegnare a Potter e doveva capire come fare.
Mentre rimuginava su quei pensieri Gazza era corso verso di lui balbettando qualcosa sull'ingresso e su alcune scope.
L'aveva seguito fino al portone principale dove il corpo insegnati fissava qualcosa oltre il massiccio portone.
Si fece spazio ignorando Minerva, Vitius e Pomona.
Alecto e Amycus sbraitavano parole e caso sul rispetto e l'onore, ma non li ascoltò.
Davanti al portone c'erano tre maghi: tre tra i Mangiamorte incaricati di sorvegliare il villaggio. Erano quelli di turno la sera precedente, gli stessi che aveva ripreso il giorno dopo l'incontro con Aberforth.
Erano schiantati e legati alle scope che volteggiavano a mezz'aria.
Attaccato ad uno dei tre c'era un foglio, si avvicinò e lo lesse.
Le scope le rivoglio indietro.
La grafia era storta e spigolosa, il foglio stropicciato e macchiato con quello che sperò fosse solo fango.
Con un colpo di bacchetta fece cadere i tre maghi dai manici delle scope, caddero con un tonfo sordo.
Non se ne curò.
Si voltò verso i Carrow che ancora gridavano chiedendo vendetta per l'affronto ricevuto.
- Portate questi tre in infermeria. - ordinò risoluto – Parlerò io con il vecchio Silente.
Afferrò le tre scope e si diresse al villaggio con passo deciso.
Arrivato alla locanda entrò aprendo la porta di colpo.
I due Mangiamorte che stavano bevendo ad un tavolo si alzarono di scatto e uscirono in fretta ad un suo cenno del capo.
Aberforth non dimostrò di essere intimorito dalla sua presenza.
Quando restarono soli nella locanda in penombra appoggiò le scope al muro e si sedette su uno degli sgabelli traballanti al bancone.
Senza dire nulla il vecchio mago appoggiò un bicchierino pieno di liquore davanti a lui.
Afferrò il bicchiere e bevve tutto in un sorso.
FINE
Note
* gioco di carte inventato. Sostanzialmente è un antenato del bridge, ma magico. Edited by ellyson - 24/1/2022, 12:32