Titolo: Atena
Autore/data: chiara53 – settembre 2021
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Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo.
Personaggi: Severus Piton, Ninfadora Tonks.
Pairing: Severus/Tonks
Epoca: post 7° anno
Avvertimenti: AU.
Riassunto: Ti dirigi verso la foresta proibita a passo veloce, vuoi raggiungere il tuo posto preferito e lasciarti alle spalle quasi tutto.
Storia scritta per la sfida “Severus e le stagioni” del Forum “Il Calderone di Severus”
Questo racconto fa parte della raccolta di storie che seguono la mia prima Severus/Tonks :
“Ci vorrebbe un miracolo”.Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Atena
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.
(G.Ungaretti)
Le giornate sono più brevi, pensi, guardando la luce che sta virando nel rosso del tramonto; il vento è fresco, quasi freddo: autunno, una stagione dolce e malinconica, la tua stagione dolce e malinconica.
Ti dirigi verso la foresta proibita a passo veloce, vuoi raggiungere il tuo posto preferito e lasciarti alle spalle quasi tutto; hai voglia di restare da solo per ritrovarti e ritrovare pensieri e ricordi che al momento ti fanno male.
Domani darai a Minerva l’ultimo addio.
Dal camino della capanna di Hagrid esce fumo nero, è una pennellata scura che copre l’azzurro sbiadito di questo tramonto, sembra una nuvola buia tra i fiocchi di nuvole bianche del cielo di Scozia. Laggiù, dietro la casa, c’è l’orto di zucche appena seminate in attesa di Halloween: il vanto di Hagrid. Tutto sembra uguale, tutto scorre;
panta rei, eppure qualcosa è cambiato, ma il mondo non se n’è avveduto, troppo indaffarato e distratto.
Per te non è così, un’altra preziosa persona nella tua vita se n’è andata, in silenzio, nella notte e il sonno è diventato perenne e nessun’alba potrà svegliarla: la malinconia ti abbraccia, ti stringe e non ti lascia andare.
Hai attraversato il limite della foresta dove gli alberi e il sottobosco diventano più fitti, ami l’odore del verde profondo e umido; ti allontani dal sentiero principale e acceleri il passo, ecco la piccola radura isolata. Il tronco è lì che ti aspetta nascosto da una siepe di rovi.
Ti siedi e chini il capo verso il terreno: è coperto da un tappeto di foglie cadute, i colori sono caldi e ricchi, vanno dall’arancio, al giallo, al marrone cupo.
Il cielo è ancora luminoso e cominci a scegliere una per una le più belle, alcune sono grandi e ancora mostrano un tocco di verde verso il picciolo.
In autunno, sono protagonisti per una volta anche gli alberi e le piante che non fanno fiori molto evidenti e che spesso vengono snobbati in primavera:
la rivincita del brutto anatroccolo, pensi, e sollevi le labbra in un sorriso appena accennato.
Non sei mai stato un bel fiore colorato, tu, sei più simile ad una foglia autunnale riservata e nascosta nel tappeto del bosco, calpestata, talvolta.
Stasera ti senti un po’ più solo, anche se hai Dora e i ragazzi più giovani: hanno iniziato il loro settimo anno, ti sono ancora fisicamente vicini. Sì, ti senti un po' più solo, anche se adesso sai di essere amato e sai di poter essere un padre affettuoso.
Minerva, alta, solenne vestita di tartan ti ha insegnato a capire che avresti potuto vivere di nuovo: lei che ti ha accolto dopo la guerra ferito, senza scopo, incapace di trovare una nuova strada, di dare un senso alla tua vita. Fu proprio lei, tanti anni fa, ad immaginare un futuro per te e per Dora, allora altrettanto ferita e perduta.
Minerva se n’è andata insieme all’estate ed è caduta con la mesta leggerezza silenziosa delle foglie autunnali.
Ne hai raccolto un mazzo colorato e quasi festoso, le avrebbe gradite più dei fiori, supponi, così le giri tra le dita e le osservi mentre la luce del giorno diventa sempre più fioca e il cielo si trasforma in un indaco scuro.
Un rumore ti distrae, ti volti verso il sentiero e vedi Dora arrivare a passo svelto: maglione arancione a collo alto, lungo e sformato,
comodo, dice lei; si guarda intorno, ti cerca.
- Eccoti! - Esclama – lo sapevo che ti eri rifugiato qui: il tuo posto preferito per i cattivi pensieri…
Ti si siede accanto e appoggia la testa sulla tua spalla, in silenzio, ti prende la mano libera dalle foglie colorate che hai raccolto.
- Ti manca, vero? - Sussurra e lascia tornare i capelli al colore naturale e c’è qualche accenno di bianco tra le ciocche castane: state invecchiando insieme e lei è bellissima con qualche ruga in più.
Accarezzi il palmo morbido con il pollice, mentre guardi lontano le prime stelle apparire tra gli alberi: lasci liberi i pensieri e il cuore, lei è qui.
- Ted ed Eirene saranno qui domattina, prima non possono, peccato. – Sospira.
- Hanno il loro lavoro: troppi impegni – ribatti, poi sospiri anche tu e sottovoce aggiungi - e troppe distrazioni.
- Severus sono giovani e innamorati. – sorride sbarazzina e le sorridi di rimando anche tu, nonostante tutto: alla tua età sei ancora e sempre innamorato.
Ti abbraccia e trema un po.’
- Hai freddo! Vieni più vicina - le dici e allarghi il mantello pesante su entrambi, mentre la stringi per scaldarla.
- Stasera dobbiamo proprio cenare in Sala Grande? - Ti chiede ammiccando. – Non ho voglia di tutti quegli sguardi di circostanza, sono rimasti così pochi quelli che l’hanno conosciuta davvero.
- Lo so. - Affermi e continui a guardare lontano verso il bosco più fitto, verso il nulla.
- Possiamo cucinare qualcosa nel nostro camino - tace e aspetta speranzosa un tuo cenno.
- Potremmo… - e sai bene anche tu che non hai affatto voglia di trovarti a sedere al tavolo alto in Sala Grande.
- Noi non saremmo qui insieme se non fosse stato per lei, sai? - aggiunge.
Annuisci e ricordi.
Cosa faresti adesso? Dove saresti? Quanta amarezza, dispiacere e rabbia ti avrebbero fatto compagnia? E invece sei qui, nel calore di un abbraccio di Dora che ha le guance rosse di freddo e gli occhi luminosi: siete stretti l’uno all’altra.
- Dobbiamo tornare al castello – dici e l’aiuti ad alzarsi; la trattieni accanto a te per tenerla al caldo, poi lanci con la bacchetta un
Lumos e seguite il breve sentiero che porta fuori dalla foresta.
*
È una strana serata, la luce nella capanna di Hagrid è accesa, ma lui è fuori, accoccolato accanto a qualcosa: un altro dei suoi piccoli mostri pericolosi, pensi.
- Professoressa, Preside! – Chiama.
Ci avviciniamo e alla luce della bacchetta scopriamo cosa sta accudendo: una gatta con i suoi gattini nati da poco.
L’omone li tratta con una delicatezza inimmaginabile per le sue mani grandi e forti.
Ne sceglie uno e lo porge a Dora: è nero con una piccola macchia rossastra sotto la gola, la punta delle zampine bianche.
- Era qui che si lamentava poverina. Aveva fame con quattro cuccioli da allattare! Non so di chi sia. La terrò con me, ma, Preside, ne prenda uno: quello è nero, è una femmina – afferma, come se l’essere di un certo colore fosse una motivazione sufficiente.
Il piccolo mostro si è già avvinghiato a Dora e lei lo sta accarezzando rapita.
Ho perso in partenza se dico di no.
Dora solleva lo sguardo verso di me e con voce incrinata mormora:
- Forse è l’ultimo regalo di Minerva, Severus, che ne pensi? – una lacrima le scivola via in silenzio.
- Forse… - sussurri, le passi il mazzo colorato di foglie e prendi il micino in braccio, sollevi un sopracciglio, lo guardi negli occhi gialli e lui fa le fusa e miagola piano. Allunga una zampina verso di te.
Hagrid sorride e Dora si riappropria del cucciolo.
Tra te e te pensi:
Atena, sì, la chiamerò Atena!