Il Calderone di Severus

Gabrix1967 - Perduto amore, Tipologia: one shot Rating: per tutti - Genere: introspettivo, drammatico - Epoca: inverno 1997 - Avvertimenti: AU

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view post Posted on 2/7/2021, 17:24
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GabrixSnape

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Titolo: Perduto amore
Autore/data: Gabrix1967 – dicembre 2020
Beta: (Santa) Lady Memory
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, drammatico.
Personaggi: Severus Piton, Harry Potter, Ron Weasley, Albus Silente (quadro)
Pairing: nessuno
Epoca: inverno 1997
Avvertimenti: AU
Riassunto: Severus avverte che la sua missione volge ormai al termine.
Nota 1: Scritto per la Sfida n. 7 “Severus e le Stagioni : Inverno”

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, ove presenti, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Perduto amore



Mon amour
Mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour
De l'aube claire jusqu'à la fin du jour
Je t'aime encore, tu sais, je t'aime

(“Mio amore,
mio dolce, mio meraviglioso amore,
dall'alba chiara finché il giorno muore,
ti amo ancora sai, ti amo”)
La Canzone Dei Vecchi Amanti – F. Battiato

Severus spostò la cornice dalla quale il ritratto di Silente continuava a parlargli. La spada gli apparve con i suoi bagliori sanguigni. Il mago impugnò l’elsa senza esitazioni, quasi accettando il presagio che il rosso sfavillio portava con sé, e osservò la lunga lama che, scorrendogli sotto gli occhi, emergeva dal muro insieme al nome del fondatore della Casa di Grifondoro.
“Non voglio che Harry sappia che gliela stai consegnando tu, potrebbe renderlo più vulnerabile…” lo esortò il vecchio preside, mentre il quadro veniva rimesso al suo posto.
“Ho un piano. Il ragazzo non lo saprà,” lo rassicurò Severus, congedandosi velocemente e, appena fuori dal cancello della scuola, si smaterializzò per riapparire, pochi istanti più tardi, nella foresta di Dean, dove aveva saputo che Potter e i suoi amici erano diretti.

*****



Il bosco era un’enorme distesa di neve. I rami, appesantiti da spessi cuscini bianchi, pendevano verso il basso, e a tratti, il silenzio veniva interrotto dallo scricchiolio delle fronde, seguito dal rumore ovattato dei cumuli che cadevano al suolo.
Severus trovò facilmente la tenda dove i suoi ex alunni erano accampati. La sua potente magia non trovava ostacoli negli incantesimi di difesa dai quali era circondata.
Il mago immaginò che qualcuno vigilasse e, protetto dall’oscurità della notte, evocò il suo Patronus. Subito una luce argentea si sprigionò dalla bacchetta e balenò proprio davanti all’accampamento. Non ci volle molto perché Harry balzasse in piedi, brandendo la bacchetta magica.
Severus sorrise dal suo nascondiglio. “Non ha mai imparato a ponderare meglio le decisioni!” sospirò, osservando il giovane mago avventurarsi incautamente in direzione della luce che galleggiava a mezz’aria in forma di cerva, allontanandosi dalla tenda verso l’interno della foresta.
La marcia proseguì per un bel po’. Il freddo bruciava il viso e le mani più di come avrebbe potuto fare la fiamma, e il mago riusciva a indovinare lo stupore e l’incredulità del ragazzo davanti all’apparizione, ma niente gli suggeriva che potesse essere intimorito da quel fenomeno, giacché sembrava marciare fiducioso, inseguendo la misteriosa visione. E più aumentava il distacco che la cerva imponeva, più Severus percepiva la disperazione del giovane per quella lontananza. Condividevano lo stesso destino: entrambi l’avevano perduta per sempre.
Ma il mago non poteva abbandonarsi a inutili sentimentalismi. Scosse leggermente la testa, quasi quel gesto potesse allontanare i suoi pensieri. “Sciocco, se fosse stata una trappola, saresti già perduto!” rimuginò, irritato dinanzi all’immutabile impulsività del ragazzo. E quella constatazione, invece di far crescere il suo disappunto, lo placò. Negli anni aveva imparato a conoscerlo e Silente aveva dannatamente ragione: per quanto quell’aspetto del carattere lo rendesse insopportabilmente simile al padre, il ragazzo aveva la sensibilità della madre. Severus impallidì davanti all’evidenza di ciò che provava. Non avrebbe mai immaginato di poter nutrire affetto per qualcuno che somigliasse tanto a James Potter.
Finalmente arrivarono a destinazione. La cerva lanciò un ultimo sguardo benevolo al ragazzo e svanì, lasciandolo sgomento e spaurito nel cuore della foresta, incapace di abituarsi di nuovo alle fitte tenebre che lo circondavano. E infatti, dopo essersi voltato in ogni direzione, con la bacchetta tesa in avanti in posizione di difesa, finalmente consapevole del pericolo che stava correndo, Harry portò il braccio più in alto che poteva, comandando, con voce tremante per il freddo e lo spavento, un incantesimo Lumos.
Severus osservò ancora Harry che scrutava sbigottito il buio in direzione dell’apparizione ormai dissolta, voltandosi concitatamente in tutte le direzioni, con i sensi tesi per distinguere ogni possibile movimento, quasi si aspettasse un agguato. Poi, sembrò che qualcosa, dal fondo di una pozza d’acqua ghiacciata, avesse attirato la sua attenzione, e il mago seppe che ormai l’aveva vista.
La spada che Severus aveva nascosto in quel punto della foresta era stata trovata dalla persona a cui era destinata. Il mago ascoltò incredulo l’incantesimo d’appello che veniva comandato.
Come puoi solo sperare che sia così facile recuperarla?” pensò con stizza, ricordando tutti i colpi di fortuna che avevano avvantaggiato quell’insolente. Poi, però, intuì da un leggero movimento del capo di Harry che nemmeno lui aveva ritenuto possibile recuperarla così agevolmente. Ma fu quando vide che il ragazzo cominciava a spogliarsi e, incurante del freddo insopportabile, scompariva nell’acqua gelida, che provò un’incredibile vergogna per il suo pensiero. No, la vita non era stata facile neppure per lui, benché in molti si fossero prodigati per aiutarlo. Sottratto agli affetti più cari, cresciuto senza amore né misericordia e allontanato per anni persino dal ricordo di una madre che non aveva esitato un istante a sacrificare la sua vita perché il figlio le sopravvivesse.
Severus inspirò profondamente. Resistette all’impeto di andare ancora in soccorso del figlio di Lily e fu sollevato quando si accorse che qualcun altro era lì ad aiutarlo.
“Weasley, da dove arrivi?” si domandò, non contando su alcuna risposta. Osservò i due ragazzi sorreggersi a vicenda e scambiarsi qualche frase impacciata. Poi, inaspettatamente, fu Ron a impugnare la spada. La sollevò per colpire il medaglione che era stato appoggiato su una roccia, ma non ci riuscì subito. Per un tempo lunghissimo, dilatato dal freddo e da gesti concitati e inspiegabili agli occhi del mago, sembrò che il giovane dai capelli rossi lottasse contro una forza invisibile. Tante volte fu sul punto di sferrare il colpo fatale e tante desistette. Poi uno strano stridio irruppe nella notte silenziosa. Una breve fiammata verde si liberò dal prezioso monile e la quiete tornò. I ragazzi si abbracciarono, impacciati ma con convinzione, e si diressero verso la tenda.
Ecco a cosa serviva la spada,” pensò il mago mentre si smaterializzava per tornare al castello.

*****



Severus rientrò, esasperato dal freddo e dalla tensione accumulati in quella missione. Si assicurò che la sua presenza nei corridoi passasse inosservata. Da qualche mese, alle ronde di Gazza si erano aggiunte quelle dei fratelli Carrow, sempre pronti a dispensare punizioni agli studenti: non era affatto dell’umore giusto per rispondere ad eventuali domande o grassi sarcasmi. Scivolò silenziosamente nell’ufficio del preside e sprofondò intirizzito nella poltrona, sperando che il suo arrivo passasse inosservato.
Con il volto nascosto tra le mani, le dita affondate tra i capelli e i gomiti appoggiati sulla scrivania, il preside odiato da tutta la scuola rimase a godere per qualche attimo del tepore che il suo respiro, chiuso nei palmi delle mani, gli diffondeva sulle guance. Si sentiva solo, stanco e sconfortato, schiacciato dal peso delle assenze che aveva accumulato negli anni, e avrebbe dato qualunque cosa perché quel piccolo sollievo venisse dal gesto affettuoso di un altro essere umano.
Fu distratto dal brusio dei quadri intorno a sé, che ormai avevano avvertito la sua presenza.
“Oh, Severus, non ti avevo sentito arrivare!” La voce di Silente lo obbligò a voltarsi.
“Solo da qualche minuto,” mormorò il mago senza aver voglia di aggiungere altro.
“Sai che aspettavo di avere notizie. L’hai consegnata?” domandò sempre più ansioso l’antico mentore, osservando il suo interlocutore con sguardo attento.
“L’ho fatto,” rispose secco Severus, con l’animo oppresso dal pensiero della prova finale che attendeva Harry. Pur comprendendo il piano di Silente e collaborando alla sua realizzazione, il giovane preside non riusciva a nascondere il proprio malessere all’idea di essere una sua pedina e che anche il ragazzo lo fosse. Quando sarebbero stati davvero liberi?
“Sembra che io non possa sapere di più, in questo momento,” concluse il vecchio con un sorriso accomodante, richiamando su di sé l’attenzione del più giovane collega.
Severus guardò il ritratto con astio. Non vedeva forse che stava crollando? Non si accorgeva delle sofferenze che gli aveva inflitto in quasi diciotto anni? Non sapeva quanto era difficile convivere per tanto tempo con il rimorso, il rimpianto e i timori per le conseguenze dell’eventuale fallimento della missione? Poi, un pensiero arrivò a placarlo.
“Forse più tardi, ora devo andare,” mormorò distratto, alzandosi di scatto per raggiungere la porta a grandi falcate.

*****



Un brusio confuso riempì l’ufficio e i quadri cominciarono a scambiarsi osservazioni indignate.
“Non dovresti permettergli di trattarti così!” protestò Armando Dippet dalla sua cornice.
“Ho fede in lui, avrà le sue buone ragioni,” lo rabbonì Silente. E subito dopo tornò ad appoggiare le mani con le dita incrociate sul petto e socchiuse gli occhi. Come rispondendo a un ordine ineludibile, anche gli altri presidi di Hogwarts tacquero e nella stanza tornò il silenzio.

*****



Severus marciava nella neve candida con incedere impetuoso, lanciando, a intervalli regolari, incantesimi per cancellare le tracce del suo passaggio. Il mantello disegnava alle sue spalle ampie volute, gonfio di aria gelida.
I giorni che si erano susseguiti dalla morte di Silente erano stati estenuanti. Imposto da Voldemort, e per questo inviso agli altri insegnanti e agli studenti, il mago non aveva altra alternativa che perseguire, con cieca determinazione il completamento della sua missione. E questo compito ormai l’aveva privato di ogni conforto, persino quello che si procurava ritornando, appena possibile, nel suo luogo segreto.
Si smaterializzò appena giunto all’ingresso della Foresta Proibita, dietro la capanna di Hagrid, e qualche istante dopo si ritrovò in una porzione esterna del bosco, lontana dal castello e dalle dimore abituali delle creature che la abitavano, a ridosso di un profondo dirupo.
Il cielo aveva cominciato a schiarirsi e un vento freddissimo aveva cominciato a soffiare con impeto.
Finite Incantatem!” esclamò Severus, dopo aver guardato attentamente in ogni direzione, e una struttura trasparente con la cupola pentagonale si rivelò ai suoi occhi.
Da quando era ritornato a Hogwarts come insegnante, il giovane mago aveva cercato un luogo per custodire i pochi oggetti cui era legato e l’aveva individuato in quel posto remoto, dove neppure gli abitanti più strani della foresta proibita si spingevano. Aveva quindi creato quella struttura trasparente e l’aveva protetta per anni con incantesimi potenti, per poterla celare a chiunque. Nemmeno Silente ne aveva mai sospettato l’esistenza e Severus vi si rifugiava appena possibile.
Erano però trascorsi quasi sei mesi dall’ultima volta che ci era stato. I suoi compiti lo avevano assorbito completamente e non aveva avuto tempo di cercare conforto per se stesso. Il mago pronunciò la parola d’ordine e oltrepassò la soglia con un misto di inquietudine e frenesia. A prima vista, ogni cosa sembrava essere al suo posto. Il baule che aveva custodito il suo corredo scolastico, ora pieno di libri e dei rari ricordi dell’infanzia, era aperto ai piedi della vecchia poltrona che era stata di sua madre.
Ad un tratto, quasi avvertisse la presenza di una forza negativa, Severus si voltò di scatto verso il lato del burrone e sul suo volto si dipinse un’espressione di sgomento. I suoi magnifici gigli bianchi erano ormai morenti. Corse nella direzione delle fioriere: gli alti steli erano spezzati e i petali candidi erano macchiati dal polline rossastro caduto dagli stami, che disegnava nel biancore latteo chiazze simili a ferite sanguinolente. Raccolse uno dei fiori, ormai sciupato, per osservarlo più da vicino e ne fu turbato. Ancora un presagio di morte.
Al cospetto della rovina che aveva raggiunto il suo tempio dei ricordi, nonostante tutti gli incantesimi di protezione, Severus ebbe la sensazione che la magia per lui fosse sempre stata fonte di sciagura. La magia, infatti, gli aveva distrutto la famiglia, i sogni e l’intera vita, separandolo anche dalla sua migliore amica. Gli sembrò che per tutta la vita avesse inseguito ciò che continuava a danneggiarlo. Davanti a quella rivelazione, la rabbia s’impossessò del suo cuore e un demone spaventoso gli invase il petto. Tutto era stato inutile. La perseveranza negli studi aveva solo consentito a un’invincibile forza distruttiva di crescere in lui.
Il mago sollevò gli occhi al cielo, ormai arrossato dai primi bagliori del sole, e fu sopraffatto dall’incanto dello sfavillio della luce sulla neve ghiacciata, che faceva risplendere i rami. Quell’armonia innaturale, colorata di riflessi ramati, lo atterrì. Il rosso era sempre stato la sua dannazione. Rosso era il colore dei capelli della ragazza che aveva amato e perduto. Rosso era uno dei colori della Casa che accoglieva tutti i suoi più acerrimi nemici dal tempo della scuola. Sempre rosso era il colore del sangue del quale si erano macchiate le sue mani. L’alba che spingeva indietro il buio della notte, dipingendo il mondo con il colore di ogni suo rimorso e di ogni suo rancore, sembrava desiderosa di ricacciarlo nelle tenebre nelle quali era sempre vissuto.
Confrigo!” urlò Severus al culmine della disperazione, puntando la bacchetta contro la fioriera. Si udì uno schianto di vetri e le schegge volarono via nel burrone, scomparendo alla sua vista. Una violenta corrente di aria gelida s’insinuò nell’insolito santuario, travolgendo ogni cosa con la sua forza distruttiva. I vecchi libri si aprirono e le pagine cominciarono a strapparsi e a vorticare nell’aria.
Alla vista di quello scempio, Severus sentì che tutto ormai era perduto. Sempre e solo lui era stato il responsabile di ogni sua rovina. Il suo animo insorse e la rabbia lo travolse. Puntò ancora la bacchetta contro i pochi oggetti rimasti, distruggendoli insieme a ciò che era rimasto del suo tempio.
Una pioggia di cristallo cadde al suolo, investendolo. Ancora incredulo per ciò che si era compiuto, il mago non pensò a proteggersi. Le schegge lo colpirono. Il sangue colò, colorando di rosso il manto di candida neve che ricopriva il terreno.
Con i capelli e il mantello agitati dalla collera del vento gelido, Severus osservò le chiazze di sangue con distacco. Ancora un presagio di morte, l’ennesimo in quella notte infausta.
I libri e gli oggetti che un tempo gli erano stati cari affondavano nella neve insieme ai pezzi della dimora che aveva custodito gelosamente il segreto della loro esistenza. Il mago s’inginocchiò. Ormai la furia distruttiva era svanita. Rimaneva in lui solo un profondo senso di oppressione che gli accorciava il respiro. Affondò le mani nel morbido manto gelido e le tirò fuori colme di neve; in quella immerse il volto, riempiendosene la bocca. Non temeva più il freddo e, anzi, il vento che soffiava incessantemente, bruciandogli la pelle, sembrava essere l’unico elemento capace di ricordargli che era ancora vivo. Raccogliendo le sue ultime forze, si rimise in piedi. Con pochi incantesimi fece sparire le tracce della sua presenza. Ora ogni cosa era tornata al suo posto. Aver cancellato ogni oggetto che ricordava il suo passaggio terreno fece sentire Severus ancora più solo e più vuoto di quanto si fosse sentito sino a quel momento.
Ma proprio quando gli sembrò che ormai non gli fosse rimasto altro di caro da perdere, il mago vacillò sotto il peso di un dubbio angoscioso. Alle piante, orfane delle sue attenzioni, non era stata sufficiente la magia per rimanere in vita. Qualunque cosa fosse collegata a Lily non poteva sopravvivere senza amore e senza cure. Se ciò era vero, adesso che egli stesso aveva distrutto ogni ricordo del suo passato, perché il Patronus che evocava la donna che aveva immensamente amato avrebbe dovuto restargli ancora accanto?
Atterrito da quelle considerazioni, Severus fece roteare la sua bacchetta.
Expecto Patronum!” esclamò con voce rotta dal timore. E senza indugio, la luce argentea si ricompose in forma di cerva e gli si accostò.
“Allora sei ancora qui… pensavo di averti perduta per sempre,” mormorò commosso, allungando la mano verso il dorso diafano, quasi avesse potuto toccarlo.
L’animale sembrò rivolgergli uno sguardo dolce e riconoscente, poi strofinò il muso contro la sua mano e lì rimase qualche istante prima di sparire.
Severus socchiuse gli occhi per trattenere più a lungo l’emozione di quell’incontro. Poi, inspirò profondamente. Qualunque cosa fosse accaduta, sapeva di doverla affrontare. Per questo sarebbe dovuto rimanere lucido e concentrato, sino alla fine.
La luce del mattino annunciò il nuovo giorno. Una nuova prova lo attendeva ma, ora ne era certo, non l’avrebbe affrontata da solo.
 
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view post Posted on 2/7/2021, 20:47
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Dalla terra dove s'intrecciano misteri, magie e leggende.

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Cara Gabri, non conoscevo questo tuo splendido racconto ed è stato un piacere perdermi in esso.
Mi scopro sempre meravigliata quando leggo di ‘missing moments’ della vita del nostro Potions Master descritti con tale dettagliata precisione (come hai fatto tu), che avrebbero potuto benissimo entrare a far parte di un testo ‘parallelo’ a quello Canon.
Non ne saremmo mai state sazie.
Nei vari passaggi della storia (la scoperta della spada di Grifondoro, il distacco verso Silente, lo sguardo preoccupato e critico insieme verso Harry, la ‘fuga’ nel gelo del bosco per ritornare al suo fragile e trasparente rifugio pieno di ricordi ormai anch’essi divenuti eterei e fragili come i fiori di Lilium), hai magistralmente esposto l’emotività del mago, che noi sappiamo solo celata sotto i suoi abiti neri, anche se dotata di una forza dirompente. I profondi sentimenti di Severus sono stati tratteggiati con frasi ricche di pathos tali da scatenare tenerezza e commozione. Toccante il finale: le mani di Severus che sfogano la frustrazione sul suo effimero mondo; finiscono, disperate, tra i capelli nel cercare conforto col calore scaturito dal suo stesso respiro.
Non ultimo, poi, il significato profondo del colore rosso. Inequivocabile simbolo dell’amore che, nel caso di Severus, diviene una nemesi che perseguita e non perdona.
Il nostro mago è dolore, forza e coraggio insieme.
Bravissima <3 <3

Edited by Lonely_Kate - 2/7/2021, 23:28
 
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