Il Calderone di Severus

Silver Doe - Tramonto - It's bliss, Genere: drammatico Personaggi: Severus Piton, Harry Potter Epoca: post 7° anno Avvertimenti: AU

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view post Posted on 28/3/2021, 17:30
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Titolo: Tramonto – It’s bliss*
Autore: Silver Doe
Data: marzo 2021
Beta reader: Ida59. Come sempre, grazie
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: drammatico
Avvertimenti: AU
Riassunto: Nell’oscurità, rischiarata soltanto dalla pallida luce argentea della luna, era più facile parlare, ancora seduti in silenzio, contemplando lo splendore intorno a voi.
Personaggi: Severus Piton, Harry Potter
Pairing: nessuno
Epoca: post 7° anno
Disclaimer: Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà e occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.



Tramonto – It’s bliss*



Sono trascorsi veloci, troppo veloci, le settimane e i mesi da quando hai ripreso il tuo posto di Preside a Hogwarts, non appena ti sei rimesso abbastanza e sei stato dimesso dal San Mungo.
Quel giorno, Minerva, vedendoti entrare nell’ufficio della presidenza, si è subito alzata dalla scrivania e ti è corsa incontro.
“Caro Severus, che gioia, finalmente! Come stai? Non sai che piacere vederti di nuovo in piedi! Sei in ritardo, l’anno scolastico è già iniziato da un pezzo! Tutti ti stanno aspettando” ha detto tutto d’un fiato, e ti ha guardato con un sorriso che le si allargava sul volto fino a illuminarle gli occhi dietro gli occhiali quadrati.
Poi ti ha preceduto nella Sala Grande, dove era calato improvvisamente il silenzio. Non ti piacciono i discorsi, ma hai dovuto dire poche parole adatte alla circostanza e hai percepito chiaramente un rispetto del tutto nuovo, che avevano verso di te studenti e insegnanti, e anche un pizzico di malcelata commozione.
Di certo, un bel cambiamento, rispetto all’ultima volta che eri stato lì, ci sarebbe stato quasi da ringraziare Nagini per questo. Non hai mai perso il tuo sarcasmo, ma questa volta hai taciuto.
Come ti è stata accanto Minerva in questi mesi, sempre al tuo fianco. È stata una collaboratrice preziosa, che si è fatta carico di mille incombenze quando eri troppo stanco e debilitato dalla sofferenza, ma soprattutto un’amica ancor più preziosa, che ti capisce con uno sguardo e che ti ha sempre sostenuto e confortato, a volte anche solo con un sorriso.
Cara Minerva, non potrai mai ringraziarla abbastanza. Ti mancherà.

Sai bene che il veleno mortale di Nagini ha quasi completato il suo lento lavorio, il dolore è diventato più forte, ma oggi sembra darti un po’ di tregua.
L’aria è tiepida e la finestra appena socchiusa lascia filtrare brillanti lame di luce, che si stagliano nette sul pavimento di pietra grigia della stanza. Ascolti il fruscio della brezza giocare con le leggere tendine di garza candida e osservi la danza irregolare dei granelli di polvere che vorticano nel raggio di sole. Ogni piccolo e apparentemente banale dettaglio sembra acquistare adesso un nuovo significato.
Un desiderio improvviso, irresistibile, di assaporare quella luce, di sentire l’aria fresca sfiorarti il viso ti spinge ad alzarti dal letto, sei debolissimo ma ce la fai, e, non senza fatica, arrivi a sederti sulla terrazza che dall’alto abbraccia il grande lago.
Ti lasci andare sui morbidi cuscini della poltrona. Non senti più tanto male, anzi provi quasi un senso di benessere. Respiri a fondo, sollevato dopo lo sforzo fatto e la sofferenza patita negli ultimi giorni.
Socchiudi gli occhi nella luce intensa. Questa sera il tramonto sembra aver allestito il suo più sfavillante spettacolo soltanto per te, o almeno così ti sembra, e contempli tanta bellezza in silenzio, il cuore colmo di gratitudine.
Da quassù ti sembra quasi di poter toccare il sole che si specchia nelle acque calme e distese del lago, perfettamente piatte e senza alcuna increspatura, tingendolo di mille sfumature, e il cielo è un tripudio di luce e di colori, un arancio intenso che vira al rosso per sfumare più in alto nel violetto e nell’azzurro cupo, solcato dal nero delle rondini che sfrecciano libere e veloci.
La luce ti avvolge nel suo tepore, ti fa sentire bene, stranamente protetto, al sicuro, compreso.
Non pensi a nulla mentre osservi a lungo le nuvole inseguirsi e trasmutare l’una nell’altra in pochi istanti. In un attimo ti passa davanti l’immagine di un bambino solitario, che nei caldi pomeriggi estivi di tanti anni addietro si affacciava alla finestra della sua stanzetta e, i gomiti sul davanzale, si divertiva a riconoscere buffe forme di animali nei candidi ed esili cirri.
Le giornate sono lunghe in questa stagione e senti in lontananza il vociare allegro degli studenti che si attardano nei cortili, percepisci il loro ingenuo entusiasmo per le vacanze estive ormai alle porte.
Sogni, speranze. Chissà se la vita sarà clemente con loro.
Assapori l’aria carica dei profumi della primavera inoltrata, lasci che la fresca brezza ti scompigli leggermente i capelli, sfiorandoti le guance e accarezzandoti gentilmente il viso.
Sai che è giunta l’ora, ma non ti dispiace andartene in primavera.
Osservi di nuovo il braccio sinistro tra le pieghe della manica sbottonata della camicia: il marchio orrendo è diventato ormai una pallida ombra, quasi indistinguibile, ma impossibile da cancellare, così come non può e non deve essere cancellato quel passato che conservi sepolto in fondo al cuore. Non fa più tanto male, non più sofferenza feroce e incessante.
Quanti anni di dolore e solitudine, ma era giusto così.
E infine, qualcuno è riuscito a darti un po’ di pace e di speranza, colui che è stato per anni la tua ragione di vita. L’unico al mondo che poteva farlo ti ha donato il suo perdono spontaneamente e senza riserve, con disarmante candore, anche se tu stesso ancora non riesci a concedertelo con la stessa semplicità.
Harry.

Adesso è di là che studia, fra poco ci saranno i M.A.G.O., e lui trova sempre una scusa per starti fra i piedi. Ma ormai ha imparato a conoscerti e quando bruscamente glielo fai notare, lui non si scompone e ti risponde con un sorriso e una scrollatina di spalle, dicendo che qui si concentra meglio, è il posto più tranquillo e silenzioso della scuola.
Ma lo sai che lo fa per starti vicino e in fondo ti fa piacere, anche se non gliel’hai mai detto. Certo che no, non è da te.
Albus aveva ragione: non ha solo gli occhi di sua madre, ma anche il suo cuore, sincero e generoso.
Quante sere avete passato su questa terrazza, tu e lui, seduti l’uno accanto all’altro, a osservare il cielo, semplicemente in silenzio.
Nell’oscurità, rischiarata soltanto dalla pallida luce argentea della luna, era più facile parlare.
Spesso ti chiedeva di lei, la tua Lily, la sua mamma, e la tua voce non tremava a quei ricordi ormai lontani, che ti riempivano il cuore di malinconia e di una strana, triste dolcezza.
Poi lui ti raccontava dei suoi studi, dei progetti per il futuro e delle speranze della giovinezza, di una famiglia da costruire, e mille ricordi riaffioravano di nuovo nel tuo cuore.
Avete parlato di molte cose, sa che deve studiare molto se vuole diventare un Auror, e ha ascoltato tutto ciò che potevi insegnargli con umiltà e attenzione, senza perdersi una parola. Anche lui ne ha passate tante, ha sofferto, e anche lui è cambiato molto, è cresciuto.
È diventato un uomo. Sei orgoglioso di lui, come un… padre?
Non osi nemmeno pensarla, quella parola, è una parola che racchiude una gioia troppo grande e bella e tu… non sai…

Mentre ti perdi nei pensieri, lui solleva gli occhi dal libro, si accorge che ti sei alzato dal letto, ti raggiunge e si siede a terra rannicchiandosi accanto a te, le braccia a circondargli le ginocchia, e restate a lungo in silenzio. Ancora un’ultima volta.
Senti la vita che ti sta sfuggendo fra le dita e lui, con un solo sguardo, lo capisce. È sorprendente come riesca a farlo, eppure in Legilimanzia e Occlumanzia, nonostante tutti gli sforzi che avete fatto insieme, è del tutto negato.
Ma non importa. Restate ancora in silenzio, contemplando lo splendore intorno a voi.
Sei stanco, ma sai che fra poco non avrai più tempo e almeno questa volta vuoi essere completamente sincero.
“La mia non è stata una bella vita, Harry. Ma in questi mesi tu mi hai regalato qualcosa che mai avevo conosciuto prima, che mai avrei immaginato possibile per me. Grazie”
Il ragazzo è forte, ma ora non riesce più a trattenersi: senza dire una parola ti prende la mano e la stringe forte nascondendo il volto sulle tue ginocchia.
Non senti più nessun dolore, e guardi assorto il sole sceso ormai vicinissimo all’orizzonte.
Il cielo è inondato di fuoco e contempli l’ultimo spicchio di sole che scompare velocemente dietro le montagne all’orizzonte.
“Ora non ce la faccio proprio più, Harry. Lascia che io guardi i tuoi occhi, ancora una volta. E… ricordati di me”.
Lui solleva il viso rigato di lacrime, che asciuga veloce con una manica, cercando invano di non farsi notare.
“Sempre” sussurra, le mani sempre strette alle tue, e di nuovo ti perdi in quel verde che hai tanto amato.
Senti ogni nodo della tua anima sciogliersi, il tuo cuore è leggero e sorridi.
Nel cielo che inizia a farsi scuro appare la prima stella della sera, fulgida e splendente di luce fissa, costante, incrollabile, eterna.
Ti lasci andare dolcemente, senza alcun timore, e chiudi gli occhi. It’s bliss*




*It’s bliss: beatitudine.
Questo è l’ultimo verso di una bellissima e struggente canzone dei Queen, poco conosciuta, che amo molto e che mi ha ispirato questa storia. Il brano in questione si intitola “A winter’s tale” ed è uno degli ultimi di Freddie Mercury, scritto mentre sedeva sulla terrazza della sua casa a Montreux, sul lago di Ginevra. Nonostante la sofferenza e la malattia, consapevole della fine ormai prossima, Freddie prova un senso di pace e beatitudine assaporando lo splendore del paesaggio che gli si offre davanti agli occhi.

 
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