Il Calderone di Severus

Ele Snapey - Cuori di carta e scones al burro d'arachidi, Genere: romantico - Personaggi: Severus, Personaggi originali, Albus Silente - Pairing: Severus/ Personaggio originale - Epoca: Post 7° anno - Avvertimenti: AU

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view post Posted on 1/3/2021, 17:01
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Titolo : Cuori di carta e scones al burro d’arachidi
Autore: Ele Snapey
Data : febbraio 2021
Tipologia: One shot
Rating : per tutti
Genere : romantico
Personaggi: Severus, personaggi originali, Albus Silente
Pairing: Severus/personaggio originale
Epoca: Post 7^ anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Era giunto un altro fatidico, immancabile, insopportabile san Valentino… era quasi l’ora di pranzo e ancora non si era palesata alcuna illuminazione sul regalo da farle…

Nota: Storia scritta per la sfida san Valentino 2021

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa




Cuori di carta e scones al burro d'arachidi





Era giunto un altro fatidico, immancabile, insopportabile san Valentino.
Il preside raccolse i documenti sparsi sulla scrivania, ormai distratto dal pensiero molesto che gli aveva attraversato a tradimento la mente, e scoccò un’occhiata alla clessidra.
Sbuffò con aria seccata e allo stesso tempo sconsolata: quasi l’ora di pranzo e ancora non si era palesata alcuna illuminazione sul regalo da farle.
Ogni anno era la stessa storia: avesse potuto cancellare quella dannata ricorrenza da tutti gli almanacchi magici e Babbani con un colpo di bacchetta magica non avrebbe esitato un solo istante.

Borbottando tra sé iniziò a riordinare velocemente: un buon avvio di ricorrenza sarebbe stato quantomeno di non arrivare in ritardo, costringendo i suoi, già radunati a tavola, ad aspettarlo.
Era una cosa che capitava quasi ogni sabato mattina, quando ne approfittava per recuperare l’arretrato settimanale, e sapeva che a sua moglie dava fastidio.
– Qualche incertezza, figliolo? – fu la domanda che giunse dal ritratto alle sue spalle mentre riponeva le pergamene nel cassetto.
– No, affatto, Albus. – rispose, sbrigativo, incantando la serratura.
– Mi è parso di sentirti rimuginare.
- Che orecchio fino, complimenti… - replicò, sardonico, interrompendosi per scoccare un’occhiata pungente al vecchio che lo stava osservando dalla cornice con le labbra increspate da un lieve sorriso indulgente. – In effetti, sì, stavo rimuginando. Stavo riflettendo sul fatto che oggi è il 14 febbraio… Mi capisci?

Si raddrizzò e puntò lo sguardo carico di aspettativa in quello un po’ perplesso del dipinto.
- Veramente, non…
- Oggi è san Valentino, Albus: è san Valentino. – sbottò in tono lugubre, incrociando le braccia al petto con una punta di teatralità.
- Ah, sì, ecco. Vero, vero. Non ci avevo proprio fatto caso, sai? Perdonami ma qui dentro ormai i giorni si susseguono tutti così uguali. – specificò il vecchio, un po’ rassegnato. - E quindi immagino che… a-ehm… il problema sia sempre il medesimo.
Si sforzò di assumere un atteggiamento partecipe ma, soprattutto, di rimanere serio.
Anni prima, da quello stesso quadro, lo aveva visto sostenere sfide sovrumane in completa solitudine e con enorme coraggio, esponendosi a rischi inimmaginabili in modo risoluto e senza arretrare di un passo.

Eppure, quando si trattava di affrontare la festa degli innamorati, si perdeva letteralmente in un bicchier d’acqua.
- Certo che il problema è sempre lo stesso. Tua nipote mi avrà già confezionato un regalo sorprendente e si aspetterà che anch’io abbia pensato a qualcosa di altrettanto esclusivo. Però io ho tabula rasa in testa e non le ho ancora preso nulla!
- Hai ancora a disposizione tutto il pomeriggio e la serata per farle una sorpresa. – osservò Albus, ragionevolmente.
- Senza la minima idea sarà difficile. Ho esaurito tutto il bagaglio di conoscenze a cui appellarmi per pensare a qualcosa di originale e allo stesso tempo di tremendamente romantico. Fiori, gioielli, capi d’abbigliamento: negli anni le ho già regalato tutto. Se ti venisse un’idea te ne sarei grato. – ammise l’altro, scoraggiato.
- E se non fosse un oggetto? – propose Albus, dopo qualche istante di riflessione.
- In che senso, non capisco…
- Voglio dire, se il regalo non fosse un articolo ma una… azione? – suggerì, con fare vagamente allusivo.
- Beh… sì, quella azione è già in programma… voglio dire… una volta che i bambini saranno a letto… - borbottò Severus, in tono evasivo e un po’ imbarazzato.
- Oh no, no, no, non intendevo dire quella… azione lì! – lo interruppe Silente, divertito.
- Mi riferivo al fatto che potresti regalarle un intero pomeriggio libero, occupandoti di casa e bambini, in modo tale da permetterle di trascorrere una piacevole pausa distensiva, fuori dalla solita routine. Quando poi stasera rientra le fai trovare già pronta una deliziosa cenetta romantica, così da evitarle di doversi mettere ai fornelli. Et voilà: ecco confezionata quella che, secondo me, potrebbe essere una bella improvvisata. – concluse, serafico.

Il giovane preside scrutò con aria torva il ritratto intento a lisciarsi la barba. L’aria torva era semplicemente dettata dalla profonda concentrazione che stava dedicando alla valutazione del suggerimento; infatti dopo qualche istante si dissolse lasciando posto a un’espressione più convinta.
– Uhm… Sì… sembra una discreta soluzione. – meditò, iniziando a misurare a passi lenti e mani dietro la schiena l’area sottostante il dipinto.

La proposta del vecchio appariva davvero fattibile: Lavinia si lamentava spesso di non avere mai un briciolo di tempo da dedicare a se stessa e alle proprie cose tra lavoro, casa e figli da dover seguire: sarebbe stata felice di avere un pomeriggio intero a disposizione. Inoltre lui avrebbe potuto continuare a occuparsi in tutta tranquillità del saggio che stava scrivendo dal proprio studio di casa, avendo a disposizione del tempo fino all’ora di cena.
- Rettifico: questa è decisamente un’ottima soluzione. Grazie, Albus! – dichiarò, rianimandosi; afferrò il mantello, gli appunti, e infilò la porta dell’ufficio quasi di corsa seguito dallo sguardo cristallino e sottile di Silente che commentò a mezza voce, ridacchiando:
- Buona fortuna, ragazzo mio… - e si accomodò sul seggio pronto a riprendere il sonnellino interrotto poco prima.

ooOOOoo



- Ne sei proprio sicuro? – Lavinia lo stava osservando con una punta di rimorso mascherata da un sorriso carico di tenerezza. - Voglio dire: sei certo di non aver nulla di importante da sbrigare oggi pomeriggio?
Era già sulla porta, pronta per uscire con le amiche e a beneficiare del suo regalo di san Valentino; ma l’idea di lasciarlo a casa ad occuparsi dei bambini per tutte quelle ore continuava a farla tentennare.
– Stai tranquilla e pensa solo a svagarti. Il mio regalo consiste nel fatto che tu oggi possa goderti un pomeriggio di completo relax; perciò esci di qui e dimentica ogni dovere, io e i ragazzi ce la caveremo benissimo. – la rassicurò, posandole un bacio morbido sulle labbra.

Lei fece per andarsene ma ci ripensò e tornò a guardarlo con l’espressione titubante.
- Ricordati che devono fare la merenda…
- Ci penso io, non ti preoccupare.
– Ariana non è tanto semplice da gestire…
- Lo so, mi farò dare una mano da Sybil.
- Sybil dovrà fare i compiti…
- La seguirò io. Ma poi potrà farlo anche suo fratello, che diamine. – sbottò, in tono ragionevole.

Lavinia scosse leggermente il capo e gli rivolse uno sguardo sibillino che lo lasciò un po’ interdetto. Sembrò voler aggiungere qualcosa ma si bloccò, alzandosi sulle punte dei piedi per ricambiare il bacio.
- Grazie, amor mio, non potevi pensare a qualcosa di più tenero. – si limitò a dire, decidendo finalmente di varcare la soglia degli alloggi.
- Ci vediamo per cena, divertiti!

Quando riuscì a chiudere la porta alle spalle della moglie si diresse velocemente in camera per controllare che Ariana fosse ancora addormentata nel suo lettino per il sonnellino pomeridiano; poi deviò verso la piccola biblioteca che fungeva da studio dove lo stavano attendendo i preziosi appunti. All’idea di potersi dedicare al lavoro che lo appassionava si sentì sfiorare da una sorta di piacevole formicolio sulla pelle.

Ma non riuscì nemmeno a varcare la soglia dello studio, perchè fu intercettato dalla secondogenita che gli si parò davanti con espressione furibonda.
– Papà! – nella vocina una nota quasi strozzata di disperazione, e negli occhi color dell’ebano bagliori di vendetta.
– Che c’è, Sibby? Non dovresti essere nella tua stanza a fare i compiti?
- Lo sarei se quel decerebrato di Nicholas non ascoltasse la musica a volume spropositato, impedendomi la concentrazione! – specificò, furiosa, indicando la porta chiusa della camera attigua da cui, in effetti, si sentiva arrivare una sorta di fracasso rimbombante.
- Hai provato semplicemente a chiedergli di abbassarla? – sospirò Severus.
- Certo che sì, ma al suo cervello disconnesso non arriva altro che suono per decerebrati quando ascolta gli Hobgoblin. E io non posso continuamente interrompermi per tirare pugni nel muro. – replicò, lamentosa, seguendo il padre che incedeva battagliero verso la camera del figlio.
- Sybil, evita se puoi di apostrofare tuo fratello a quel modo, lo sai che non mi piace. – la redarguì, e bussò vigorosamente al battente sopra cui era attaccato il cartello recante la scritta: “Lavori in corso – Non disturbare”.
- Nicholas, apri… - ordinò, cercando di mantenersi calmo nonostante gli sembrasse che dall’altra parte il volume fosse stato alzato ancora, di proposito. – Nick, apri o lo farò io in un modo che non gradirai affatto. – intimò, in tono glaciale ma sostenuto, bussando ancora più energicamente.

Il baccano si interruppe di botto, e dopo qualche secondo la porta si dischiuse con lentezza esasperante.
- Uffa, papà… - sbuffò, imbronciato, il ragazzino apparso sulla soglia con i capelli neri scarmigliati e gli occhi azzurro cielo.
- Puoi, per cortesia, ascoltare quella robaccia indefinibile senza dover necessariamente farla sentire a tutto il castello? – lo apostrofò il padre, in tono rigoroso.
- No, papà, perché gli Hobgoblin si devono ascoltare a palla! – ribattè l’altro, con un moto di stizza. – Se lei deve studiare che vada a farlo in un altro punto della casa. – proseguì, rivolgendosi a Sybil in tono acido.
- Benissimo, se questa è la tua risposta e dal momento che non hai alcun rispetto per le regole, oggi rinuncerai alla musica degli Hod… Hog… Hob come diavolo si chiamano, e aiuterai tua sorella a terminare i compiti. – decretò il mago, senza misericordia.
- Ma…
- E senza discutere, avanti! – lo gelò con una delle sue occhiate proverbiali. Quindi decise di affondare il colpo. – Piuttosto mi stupisce il fatto che tu di compiti per lunedì non ne abbia.
- Sì, avrei Aritmanzia e Astronomia, ma poca roba… - minimizzò, facendo spallucce.
- Ottimo, allora approfitterai di questa occasione per svolgere la poca roba che ti è stata assegnata, e senza troppe storie, così da non ridurti all’ultimo momento come fai di solito.

Attese che Nicholas si trasferisse dalla sorella con il proprio materiale scolastico, tra uno scambio di linguacce e l’altro; quindi minacciò i due marmocchi che se li avesse sentiti ancora litigare per punizione avrebbero saltato la visita domenicale ad Hagrid e alle sue creature magiche.
Una volta che li ebbe finalmente richiusi nella camera di Sybil, pensò solo a raggiungere in fretta il piccolo angolo di quiete dove lo stavano attendendo i preziosi appunti.
Sprofondò nella poltrona preferita con un sospiro appagato; dalla poltrona gemella che aveva di fronte la micia nera lo osservò, pigramente acciambellata con gli occhi semichiusi, e gli rivolse un fiacco miao di benvenuto.
Le rimandò un sorriso soddisfatto, prese in mano la documentazione e iniziò a rileggere le ultime note che aveva aggiunto ancora da sistemare, quando…
- Papà, non riesco a interpretare i numeri delle ultime operazioni che ci ha dato la professoressa Vector. Vieni ad aiutarmi? – Nicholas si era improvvisamente materializzato all’ingresso dello studio e lo stava fissando con aria supplicante.

Il padre lo squadrò per qualche istante, indeciso se fingere di non aver afferrato o spronarlo a cercare di capire da solo le dinamiche interpretative. Ma comprese subito di non potersi esimere.
Posò i fogli degli appunti sul tavolino basso accanto alla poltrona, represse un sospiro di sconforto e si alzò.
In venti minuti lo aiutò a risolvere le operazioni di Aritmanzia, poi però fu la volta di Sybil che non riusciva a memorizzare un paio di formule chimiche e gli chiese di ripassarle assieme a lei. Quindi ancora Nicholas lo pregò di stare a sentire mentre ripeteva ad alta voce il capitolo di Astronomia che doveva portare per l’interrogazione di lunedì.
Dopo un’ora circa, in cui con il corpo si era trovato nella cameretta dei figli a fare i compiti e con la testa nello studio a redigere il saggio, riuscì a riguadagnare la agognata postazione.

Riprese in mano gli appunti, tornò a concentrarsi sul paragrafo che stava leggendo prima di essere interrotto, ma…
- Papà, presto, Ariana si è svegliata e piange! – comunicò ad alta voce Sybil dal corridoio.
Per tutti i Gargoyle! Depositò di nuovo i fogli sul tavolino con gesto nervoso e si alzò di scatto, affacciandosi alla porta dello studio.
- Non puoi andare tu, Sibby? – fece all’indirizzo della figlia che stava rientrando in camera.
- No, scusa papà, ma io devo ancora terminare di scrivere una pergamena, e poi Ari vuole la mamma. – chiarì lei, candidamente, e richiuse la porta della propria stanza tagliandolo fuori.
Severus si diresse a grandi passi verso la camera da letto da cui proveniva il pianto della terzogenita.

Quando entrò la vide in piedi, sul lettino con le sbarre, che tendeva le braccine. Il visetto congestionato su cui brillavano occhioni grigio azzurri disperati era rivolto a lui, mentre tra un singhiozzo e l’altro invocava la madre. Con tutta probabilità aveva avuto un incubo e si era svegliata bruscamente: la prese in braccio e iniziò a cullarla, accarezzandole la testolina posata sulla spalla.
- Papà, voio la mamma… dov’è la mamma? – chiese la piccola tra un singulto e l’altro.
- Mamma è uscita, Ari, ma rientra presto. Adesso sta tranquilla, ci sono qui io. – sussurrò, passeggiando su e giù per la stanza nel tentativo di calmarla. Ariana allacciò le braccine attorno al collo del padre e il pianto pian piano si placò.
- Papà mi dici una stolia? – domandò dopo qualche minuto, con il capino pieno di ricci sempre appoggiato sulla spalla.
- Sì, pozioncina, te la racconto se mi prometti che ti rimetti a fare ancora un po’ di nanna. – le posò delicatamente un bacio sulla fronte e provò a distenderla nel lettino. La bambina gli elargì un sorriso buffo, si lasciò infilare sotto le copertine ma continuò a reclamare la sua storia con vigoria.
- Va bene, Ari, ma tu dormi ancora un po’, siamo d’accordo? – la riprese dolcemente.
Prese una sedia, si posizionò accanto al lettino, scelse un libro tra quelli impilati sul comodino e iniziò a leggere le avventure di Buffy il cucciolo di Unicorno.
Dopo una ventina di minuti a Severus cominciarono a calare le palpebre; Ariana invece lo fissava con gli occhi sgranati, attentissima alle parole che uscivano dalla sua bocca.
- Dici la stolia, papà! – strillò la bambina, quando il padre si interruppe per qualche secondo colto da una botta di sonno. Infine riuscì a farla addormentare, dopo un altro quarto d’ora di lettura riguardante le peripezie di Buffy.

Si alzò con estrema cautela, rimise a posto il libro in cima alla pila e si avviò in punta di piedi.
Uscì dalla stanza e chiuse con molta attenzione la porta dietro di sé. Fece per dirigersi verso lo studio ma si bloccò con un leggero sobbalzo: Nicholas e Sybil erano lì, a sbarrargli il percorso, e per un attimo fugace alla loro immagine si sovrappose quella delle inquietanti gemelline di quel film Babbano dell’orrore – Shining, gli sembrava di ricordare si intitolasse – che lui e Lavinia avevano visto a casa dei Weasley alcuni anni prima.
- Che c’è, adesso? – sbottò, a bassa voce. Poi puntò l’indice verso i due ragazzini, con aria inflessibile. – Se siete qui per dirmi che avete litigato ancora, considerate già da ora che le visite ad Hagrid saranno sospese da domani fino a data da destinarsi!
- Siamo qui per la merenda, papà: la mamma ce la prepara sempre a quest’ora. – replicò Sybil in tono vagamente sussiegoso e le braccia conserte. Il mago notò subito come gli assomigliasse in modo impressionante quando assumeva quel tipo di atteggiamento, e in seconda battuta si rese conto di aver totalmente dimenticato la merenda, nonostante Lavinia si fosse tanto raccomandata!
– Ssst… abbassa la voce che Ari si è appena addormentata. Giusto… andiamo in cucina. – bisbigliò, cercando con disinvoltura di recuperare l’imperdonabile disattenzione. – Che cosa… ehm… siete abituati a fare come spuntino?
- Frittelle, budino al mirtillo, scones con burro e zucchero e succo di zucca. – elencò Nick, avviandosi al frigorifero.

Severus alzò gli occhi al cielo. Non ce l’avrebbe mai fatta a preparare tutta quella roba!
- Ti aiutiamo noi, papà. – suggerì Sibby, mentre, coadiuvata dal fratello, iniziava a estrarre pentole e ingredienti dagli armadietti per poi ammucchiarli sul tavolo. - Mamma ci mette dieci minuti, di solito. Vedrai che noi tre ci mettiamo molto meno. – e iniziò a versare farina a profusione nella terrina.
- Aspettate, ragazzi, ho un’idea migliore: la ordino agli Elfi! Vedrete che in pochi minuti avremo sul tavolo una merenda sontuosa. Dirò loro di aggiungere anche tre belle tazze di cioccolata fumante.
L’uomo si avviò con piglio determinato all’interfono che metteva in comunicazione gli alloggi con le cucine di Hogwarts, ma Nicholas lo fermò.
- Oh no, papà… ci pensiamo noi, dai che ci divertiamo. – lo pregò vivacemente, reggendo le uova.
Severus ebbe ancora un attimo di esitazione, tuttavia di fronte all’espressione elettrizzata e fiduciosa dei figli cedette.

Tre quarti d’ora dopo stava osservando sconsolato la cucina ridotta a un campo di battaglia: le frittelle mezze bruciate giacevano nella padella, il budino si era semi squagliato nelle coppette, mentre gli scones languivano abbandonati su un piatto, esattamente così come stavano facendo i suoi appunti sul tavolino dello studio.
- Va bene. Fate merenda, adesso… - mormorò, in tono scoraggiato, spazzolandosi dalle piccole manate bianche di farina che spiccavano sul nero della veste; partì quindi alla ricerca della bacchetta magica, che gli sembrava di aver lasciato sul comodino accanto al letto, pensando così di dare una sistemata rapida al disastro.
Ma quando entrò in camera rimase impietrito sulla porta: Ariana stava saltando sul materasso e cinguettava felice mentre per la stanza volteggiavano libri, cuscini, giocattoli… e la sua bacchetta.
Scattò verso la bambina e la prese in braccio forse un po’ troppo ruvidamente.
- Basta, Ari, lo sai che non devi fare queste cose! – la rimproverò, mentre ogni cosa precipitava al suolo, disseminandosi per la stanza, e la piccola si rimetteva a piangere, disperata.
- Blutto, papà… cattivo… - singhiozzò con foga per far sentire in colpa il padre che gli aveva rovinato il gioco, intanto che lui cercava di sistemare in qualche modo il disordine annaspando con la mano libera alla ricerca degli oggetti sparsi ovunque.

Quando infine riuscì a raccogliere anche la bacchetta, con la figlia urlante in braccio tornò in cucina giusto in tempo per scoprire che Nick e Sybil avevano preso a tirarsi palline di scones inseguendosi attorno al tavolo.
- Voi due! – tuonò, ottenendo di bloccarli all’istante, mentre Ariana continuava a frignare a squarciagola.
Colti in flagrante si puntarono subito gli indici contro, esclamando in simultanea:
- E’ stato lui.
- E’ stata lei.
Allora l’uomo torreggiò su di loro, fulminandoli con uno sguardo tale che non gli fu necessario aggiungere altro.
Sybil prese in consegna la sorellina senza fiatare, Nicholas a testa bassa iniziò a ripulire assieme al padre e nel silenzio profumato di frittelle e scones, spezzato solo dai capricci di Ariana, l’ambiente tornò ad avere un aspetto decoroso.
- Adesso sì che si ragiona. – decretò, guardandosi attorno, ma la piccola soddisfazione durò poco perché l’occhio gli cadde sull’orologio magico a muro che Molly e Arthur avevano regalato loro in occasione di un Natale.
Vide la lancetta che apparteneva a Lavinia pericolosamente vicina alla scritta “casa”, che indicava come sua moglie sarebbe rientrata a breve: e lui non aveva neanche lontanamente pensato alla cenetta romantica che avrebbe voluto farle trovare già imbandita in sala da pranzo!

Non c’era altro tempo da perdere. Dopo un primo attimo di smarrimento si riscosse e raggiunse l’interfono con due falcate, mettendosi in comunicazione con le cucine: stavolta l’unica soluzione possibile era davvero di mettere all’opera gli Elfi che l’avrebbero preparata in quattro e quattr’otto.
Rimase in attesa per un bel po’ che qualcuno rispondesse; all’improvviso nella sua memoria balenò impietosa la consapevolezza di come lui stesso avesse autorizzato agli Elfi la libera uscita dalle 16:00 in poi dei giorni festivi. In cucina non c’era più nessuno, quindi… e addio sorpresa di San Valentino!
Roteò lentamente su se stesso, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, per incontrare lo sguardo interrogativo dei bambini al quale si era aggiunto quello enigmatico della gatta.

Lo osservarono per un po’ tutti e quattro in silenzio, quasi con deferenza. Perfino Ariana, seduta sulla sua seggiolina, aveva smesso di piangere e lo guardava compunta, tutta impegnata a ciucciare dal biberon il latte con i biscotti sciolti dentro che le aveva preparato la sorella maggiore.
– Che succede, papà? – osò domandare Sybil con vocina esitante.
- Succede che avrei voluto fare una bella sorpresa alla mamma per san Valentino, stasera, facendole trovare pronta una cenetta speciale prima che rientrasse. Ma ormai non c’è più tempo per prepararla. - spiegò, con dolcezza, accennando un sorriso obliquo dal sapore rassegnato.
– Ma no, perché dici che non c’è più tempo, papà? Possiamo aiutarti noi! – esclamò Sybil, gli occhi corvini animati da una luce di caparbia determinazione.
- Sì, sì papà, dai! Ti aiutiamo noi a prepararla: come abbiamo fatto per la merenda! – intervenne Nicholas, entusiasta.
“Ecco, appunto…” pensò Severus, mentre il sopracciglio sinistro scattava in alto conferendo al volto un’espressione scettica e allo stesso tempo allarmata. La tentazione di provarci era fortissima, ma la consapevolezza che il tutto si sarebbe tradotto in un altro disastro, così come per la merenda, altrettanto netta.
- Papà! – trillò Ariana, tendendogli il biberon vuoto.
E fu allora che decise di tentare il tutto per tutto…

ooOOOoo



La sala da pranzo era immersa nella quiete e avvolta in una benefica semioscurità rischiarata dal delicato tremolio di candeline profumate al gelsomino. Nel camino acceso scoppiettavano ancora le ultime braci, mentre i bambini erano appena stati messi a letto con la prospettiva di trascorrere, il giorno dopo, una domenica intensa, piena di sorprese.

Sul tavolo ancora apparecchiato erano distribuiti rossi cuoricini di carta di diverse dimensioni che abbellivano la tovaglia; al centro, in un vaso impreziosito da un cuore scarlatto modellato con l’argilla e dipinto con le tempere, fiori di campo freschi e fragranti.
– Davvero deliziosi questi scones al burro di arachidi. – ribadì Lavinia, assaporando l’ultimo boccone.
– Del menù si è occupata Sybil. – tenne a specificare di nuovo Severus. – E ha pensato anche al dolce, come vedi. – aggiunse, con un sorriso, servendo alla moglie il budino di mirtilli di un bel rosso vivace in pendant con il resto delle decorazioni, che la secondogenita era riuscita a far rinvenire con l’aggiunta di panna montata.
– Uova strapazzate, tartine al salmone, scones al burro di arachidi. Ha veramente preparato tutto lei? – Lavinia guardò con stupore agli avanzi della cenetta appena gustata.
– Certamente. E ha trovato anche il tempo per ritagliare e colorare tutti i cuoricini che vedi sulla tovaglia. - confermò il marito, con un lampo di orgoglio. – Lo ha fatto mentre io, Nick e Ariana ci occupavamo di reperire fiori e candele profumate.
– Vi ha dato una mano lo “zio” Neville? – domandò lei, ridacchiando.
- Ovviamente: siamo scesi nelle serre, dove avremmo potuto trovare fiori freschi il 14 febbraio? – confermò lui, inarcando le sopracciglia.

Riempì quindi il calice della moglie e il proprio con la bevanda dal colore indefinito che era rimasta per tutta la durata del pasto nella caraffa di cristallo, accanto al vaso di fiori, ad aspettare di essere servita.
- Questo invece è il “cocktail dell’Amore” che ha preparato Nicholas, facendomi promettere che avremmo brindato con questa… ehm… questo intruglio al termine della cena. Non mi assumo alcuna responsabilità: se vuoi assaggiarlo lo fai a tuo rischio e pericolo.
Alzarono i calici, bevvero, si guardarono in faccia e si lasciarono scappare una piccola risata.
- In effetti è terrificante. – dichiarò Lavinia, continuando a ridere; poi mormorò, travolta da tenerezza e gratitudine: - Bravi i miei ragazzi… quanto amore c’è in tutto questo. Davvero tanto, tanto. Grazie!

Prese la mano di Severus, intrecciò le proprie dita con le sue e lo guardò con occhi traboccanti di felicità.
- Non avresti potuto farmi regalo più bello. Buon san Valentino, amor mio.
Quindi si alzò, andò a prendere il regalo accuratamente incartato che aveva nascosto in precedenza e glielo tese con un sorriso malizioso.
- Per me? – sbottò lui, fingendosi sorpreso.
- Spero ti piaccia, professore. – mormorò, osservando con un filo di batticuore le sue mani eleganti scartare meticolosamente il pacchetto rettangolare. L’espressione che si dipinse sul volto dell’uomo quando ne estrasse il contenuto fu inequivocabile e le scaldò il cuore.

Severus ammirò con aria rapita la foto racchiusa in una cornice d’argento, finemente cesellata, da cui sua moglie sorrideva dolcemente e mimava il gesto di indirizzargli un bacio prima che, a sorpresa, apparissero nell’inquadratura anche i tre figli.
I bambini tenevano in mano un foglio a quadretti su cui spiccavano parole scritte a caratteri cubitali. Lo avvicinarono fino a che non campeggiò in primo piano. C’era scritto:

Ti vogliamo tanto, tanto bene: sei il papà migliore del mondo!

Quando il foglio venne ritirato ricomparve il volto luminoso di Lavinia, che a sua volta fece apparire tra le mani una pergamena. La srotolò pian piano mentre sul volto brillavano, invitanti, uno sguardo e un sorriso radiosi. Infine la rivolse a lui perché potesse leggere il messaggio contenuto, scritto accuratamente con inchiostro verde:

Sei il mio sole, il mio cielo, la mia terra, l’acqua che mi dà vita, l’aria che respiro. Sei il mio Tutto. E tutto ciò di cui ho bisogno sei tu al mio fianco… per sempre.

Severus guardò a lungo la Lavinia della foto che continuava ad ammiccare dolcemente con la pergamena in mano; poi rivolse lo sguardo profondo, intenso e lucido a quella in carne ed ossa che aveva accanto e lo stava divorando con occhi pieni di emozione.

Senza proferire parola la trasse a sé e la baciò, a lungo, ardentemente; quindi la sollevò tra le braccia e la posò sul soffice tappeto prezioso, steso davanti al camino, da cui proveniva ancora un gradevole tepore.
Si allungò con delicatezza sopra di lei, iniziò a slacciarle piano la camicetta, sfiorandole il collo con le labbra.
Poi si interruppe, sollevandosi appena in modo da poterla guardare negli occhi.
Nelle iridi color della notte, dove brillava il riflesso delle braci accese nel camino, Lavinia vide bruciare la passione. Gli sorrise, senza staccare i propri occhi dai suoi, e lo udì sussurrare con quella voce che avrebbe fatto resuscitare un morto, oltre che farle perdere la ragione:
– Non immagini e mai potrai immaginare quanto ti amo, piccola mia… Ma di una cosa puoi stare certa, ed è che sarà per sempre…

Edited by Ele Snapey - 30/12/2022, 01:14
 
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view post Posted on 18/4/2021, 20:51
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Che bello ritrovare Lavinia!
Godibilissimo il dialogo tra Severus e Albus-quadro e delizioso Severus alle prese con le difficoltà di gestione della famiglia, quasi fosse in smart-working! Romanticamente dolce il finale.
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 18/4/2021, 21:51) 
Che bello ritrovare Lavinia!
Godibilissimo il dialogo tra Severus e Albus-quadro e delizioso Severus alle prese con le difficoltà di gestione della famiglia, quasi fosse in smart-working! Romanticamente dolce il finale.

Grazie mille per l'apprezzamento, Ida :]
 
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