Il Calderone di Severus

Anouk - Il borgo segreto di tutti, Tipologia: racconto Genere: nostalgico, ricordi Epoca: ai nostri giorni

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view post Posted on 21/6/2020, 17:11
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Titolo: Il borgo segreto di tutti
Autore: Anouk
Data: Gennaio 2020
Beta-reader: nessuno
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: nostalgico, ricordi
Epoca: ai nostri giorni
Riassunto: storia di un piccolo castello sul mare, uno dei tanti.

Nota: racconto scritto per la sfida Originali n. 2 "E qualcuno bussò al castello..." lanciata dal forum "Il Calderone di Severus".

Disclaimer: Questa storia è di mia proprietà e occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.



IL BORGO SEGRETO DI TUTTI

Era un piccolo castelletto sul mare, arroccato su uno scoglio anche se senza pretese.
Nessuna fanciulla si era gettata per amore tra i flutti, nessuna sirena era sbucata magicamente dalla spuma delle onde, e nemmeno valenti cavalieri avevano dovuto combattere strenuamente per difenderne le mura.
Pare risalesse al XIII secolo (addirittura?) costruito come punto di avvistamento per eventuali attacchi dal mare verso il borgo, attacchi che per fortuna non si erano verificati mai, ma, diamine, un po' di sangue, qualche scaramuccia tra signorotti e pescatori avrebbe fatto turismo oggigiorno.
Poi col tempo era andato in rovina.
Quattro sassi senza valore.
E poi doveva intervenire il comune, si diceva.
Una tiritera che sentivo fin da quando ero bambina, ma forse c'era ancora un erede.
Un erede?
Ma dai... mica era un nobile bastione! Era poco più di un fortino, anche se con la sua dignitosa presenza. Ma si sa, in paese una voce diventa subito un fatto e se poi non è certa, acquista ancor più spessore.
Sarà un duca? O un marchese? Ma no, un principe...
Sì dai, un imperatore, già che ci siamo.
Se tutto va bene c'è un ignaro tabacchino due paesi più in là che non sa che un prozio ha sbagliato una qualche trascrizione ed è meglio che non lo sappia o magari gli tocca pure pagare qualcosa.

Io ricordo solo che a noi ragazzi ci piaceva andarci di nascosto.
La sera, quando faceva buio, era l'ideale, ma a volte anche di pomeriggio, qui non siamo mica in una località turistica. Il rischio di essere beccati era minimo.
C'era uno sbrego nella rete di protezione e ci si sgattaiolava dentro con l'eccitazione di chi sgarra una regola.
Quante volte mi sono graffiata il braccio o il polpaccio, a seconda di come mi ci infilavo, e tra di noi si rideva di quei graffi: due righe parallele date dai fili di ferro tranciati, quasi un marchio di cui vantarsi.
E sempre nella speranza che il richiamo dell'antitetanica fosse ancora efficace.
E ci affacciavamo incoscienti da quelle rocce traballanti, nessuno era ingegnere, non ancora almeno. Ma allora non sapevamo cosa fosse un controllo di tenuta o un restauro conservativo. Noi dovevamo vedere il mare di sotto perché quello all'orizzonte non ci bastava.
E quante notti ce ne siamo stati lì sdraiati a guardare il cielo, uno dei più belli al mondo, dandolo per scontato come si fa da giovani, quando pensi che tutto durerà per sempre, perché tanto se cambia in qualche modo farò. Perché non sai cos'è la malinconia che si accentua col passare degli anni, rendendo quelle memorie dolci e dolorose al contempo.

E ricordo bene la prima sigaretta con Sara, sempre presente se c'era da fare una cazzata. Continuavamo a guardarci attorno colpevoli trattenendo a fatica un colpo di tosse per sembrare disinvolte e sentirci un po' più grandi.
E diamine, ricordo anche il mio primo bacio rubatomi da Luca, e io che non volevo fosse con lui, perché non erano le sue labbra che guardavo con desiderio.
I miei occhi accarezzavano altre braccia, scorrevano lungo la linea del collo di un altro ragazzo che non si accorgeva della mia esistenza.
O questo è quello che credevo. Se ci penso adesso sono convinta di aver accresciuto un po' la sua vanità coi miei sguardi languidi e i miei sospiri sommessi.

E poi sono arrivati quei tizi in giacca e camicia azzurra, con cartelle, progetti, misure. Parlavano a voce alta e gesticolavano come se sapessero tutto loro. Quello era il nostro castello!
È necessario, è pericoloso, era ora, dicevano in paese.
Pare ci faranno un museo.
Un museo? Di che?
Qui siamo stati solo pescatori da sempre e per dirla tutta non c'è più nessuno che ci campa con la pesca.
Ma sì, qualche rete, un piccolo gozzo all'ingresso e delle foto virate seppia per l'effetto storia.
Ma chi faceva le foto qui? Giusto ai matrimoni.
Invece hanno chiesto la collaborazione di tutti, chi ha delle vecchie foto le porti, ve le restituiamo, per carità!
Eh sì, perché poi fanno la copia, dicevano le donne improvvisamente esperte di tecnologia.
Bah, io ho delle foto di mio zio Sergio, a tavola, quella volta che è venuto a trovarci, con le pupille rosse per il flash e la bottiglia dell'acqua Boario che gli copre mezza faccia, dici che può andare?
E tutti a chiedere al professore, lo storico insegnante del borgo.
Magari lui ha un archivio di vecchie immagini. Ma dico io, insegnava a leggere, scrivere e far di conto, mica era un fotografo.
Al limite ti può raccontare di come i bambini fossero intimoriti di fronte a lui, di come regnasse un silenzio assoluto durante le sue lezioni. Lui era la persona colta, col dottore e il parroco, adesso invece ci sono tutti questi baldi giovani, con la loro laurea in tuttologia-dei-beni-culturali.

Quello era il nostro castello, quello dei momenti speciali che non sapevamo di vivere. Il più magico tra i bastioni che nessuna valorizzazione culturale potrà davvero raccontare.
Ma in fondo, tra i nostri ricordi loro sono riusciti a non farci scrivere il capitolo di quel giovane sfracellato sugli scogli perché la merlatura aveva ceduto.
Senza che noi lo capissimo loro sono arrivati in tempo.
Perché le regole non vanno sempre d'accordo con la poesia.
 
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Xe83
view post Posted on 23/6/2020, 13:41




CITAZIONE (Anouk @ 21/6/2020, 18:11) 
"Noi dovevamo vedere il mare di sotto perché quello all'orizzonte non ci bastava"

Ecco il fascino del rischio, il profumo irrinunciabile della sfida, quella che animó anche Ulisse e i suoi compagni a navigare oltre le Colonne d'Ercole, oltre il mondo conosciuto, per spingersi verso l'ignoto in un "folle volo". Quello stesso Ulisse cantato abilmente da Dante e condannato dal Sommo Poeta alle fiamme dell'ottavo cerchio dell'Inferno.

La necessità di oltrepassare il certo per cercare una conoscenza giocata nell'azzardo dell'incognito è la sfida più seducente per l'animo umano, ma è anche ciò che lo tiene propriamente vivo.

Cara Anouk, nel tuo racconto l'ignoto è invece tanto vicino: esso vive in una prossimità simile ad una scomoda e complessa interiorità, ma contemporaneamente è anche tanto distante e sfuggente, più lontano dell'orizzonte. Quello che tu descrivi mi pare la volontà di esplorare il "buio oltre la siepe", raggiungibile attraverso "uno sbrego nella rete di protezione".
È la ricerca di una magica e creativa quotidianità, vissuta di nascosto, al calar della sera, illuminata da stelle in un cielo straniero, e capace di trasformare un fortino in un vecchio maniero o in un inviolabile castello.

Il tuo bellissimo ed affascinante racconto parla di un mondo antico costruito su fragili certezze e precari equilibri, che sta per cedere alla pressione di nuovi orizzonti.
Ecco, allora, l'arrivo di inedite prospettive che hanno il colore scialbo e tenue di camicie azzurre, indossate da altrettanti nuovi protagonisti chiamati a stravolgere una realtà ormai fuori dal tempo, ma tanto cara.

È il paradosso dell'inarrestabile corso della Storia, che non si ferma alla soglia del reale, ma la oltrepassa, senza chiedere il permesso, con la determinazione propria di un progetto per un "nuovo mondo coraggioso" che non ha nulla di magico ma tutto di concreto.

In questo nuovo mondo, capace di tutelare la sicurezza e il rispetto delle regole, a sopravvivere sono essenzialmente le norme, quelle necessarie ed inviolabili, quelle che garantiscono una tranquilla incolumità ed una una comoda praticità.

Il futuro sembra poter divenire un percorso molto etico, contraddistinto da una nuova estetica dell'essenziale, lontana anni luce dall'onirico, dal poetico e dal seducente profumo del proibito.

In questo nuovo equilibrio, retto eticamente dal buon senso, la sfida rimane quella di serbare almeno il ricordo di un tempo scandito da attimi speciali, ma vissuti con assoluta ed autentica normalità. Serbare il ricordo perenne di un passato ormai relegato in un museo e venerato come divinità in un tempio, diviene quindi esercizio consolatorio ma anche altrettanto necessario per poter interpretare efficacemente il futuro.

Cara Anouk, affermare che il tuo racconto mi è piaciuto è cosa riduttiva. Posso dire di averlo trovato altamente stimolante ed assolutamente seducente e ne ho dato un lettura, ahimè, molto restrittiva, perché avrebbe meritato, in tutta sincerità, almeno il tentativo di un`appropriata ermeneutica.
🌹
 
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view post Posted on 24/6/2020, 11:49
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Apprendista Pozionista

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Grazie come sempre delle tue approfondite analisi cara Xenia.
La cosa che avevo in mente quando ho scritto questo piccolo racconto era il divario tra le tradizioni e le regole.
Non c'è una soluzione ma una certa privazione della poesia.

Ricordo che da bambina, il giorno del mio compleanno, mia mamma mi preparava una torta che portavo a scuola avvolta in un panno.
La maestra finiva la lezione dieci minuti prima per tagliare la torta in ventitre o ventiquattro minuscole fette, e le distribuiva ai compagni.
Certo, si può fare lo stesso con la torta confezionata ma vuoi mettere la poesia?

La vecchiaia mi rende nostalgica.
 
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