Anteprima non editata
La sveglia quella mattina suonò presto.
Scese dal letto riposata e pronta per quella lunga giornata lavorativa.
Di tanto in tanto si mordicchiava le labbra ripensando a quello che era successo in piscina.
Era sparita sott'acqua vergognandosi della sua intraprendenza; quando era riemersa lui era sparito.
Non aveva saputo dare un senso alla sua reazione, arrivò a pensare di esserselo immaginato.
Era tornata nella sua camera, lanciando un'occhiata alla porta della suite poco distante indecisa se parlargli o lasciar perdere il discorso.
Alla fine si era chiusa nella sua stanza.
Aveva segretamente sperato che lui bussasse alla porta, invece non si era fatto avanti.
Forse aspettava un suo invito o un cenno, ma non riuscì a muovere un muscolo.
Restò in camera a guardare un vecchio film in bianco e nero osservando a intervalli regolari il suo cellulare e la porta.
Avrebbe voluto chiamare Lydia, ma le avrebbe suggerito di andare da lui e non era certa di avere la forza di affrontarlo.
Quella giornata iniziata così malamente era finita in modo del tutto inaspettato, era mentalmente così stremata che si addormentò a metà film senza neppure rendersene conto.
Appena sveglia aveva deciso di far finta di nulla.
Con la luce del sole che entrava dalla finestra, la mente lucida e il sapore di lui sulle labbra ormai svanito pensò che ignorare l'accaduto fosse la soluzione migliore.
Ignorare il divano.
Ignorare il suo sguardo.
Ignorare il jet privato.
Ignorare il suo abbraccio.
Ignorare la piscina.La lista delle cose che doveva ignorare iniziava a diventare lunga.
Si era fatta portare la colazione in camera e, mentre si vestiva sorseggiando il caffè dalla sua tazza unicorno, aveva iniziato a leggere le mail del lavoro e controllare l'agenda di Walker.
Era la regina del multitasking.
Vestita, pettinata e truccata come un normale giorno di lavoro uscì dalla stanza e si diresse alla suite.
Aveva un duplicato della tessera magnetica ed entrò nella camera senza troppi complimenti.
La suite era grande e lussuosa in tema col resto dell'albergo.
La moquette attutiva i passi; nel salottino c'era un vassoio con la colazione e il portatile aperto.
Walker lavorava fino a tardi e si svegliava prestissimo.
«Signor Walker? Sono Abigail.»
«Sono in camera.» urlò lui «Sto finendo di vestirmi, entra pure.»
Non era la prima volta che iniziavano a parlare di lavoro mentre finiva si allacciarsi la giacca o la cravatta.
Si diresse alla camera e aprì la porta socchiusa.
«Signor Walk...
oh cristo santo!» gridò coprendosi il volto con le mani, il telefono e l'agenda con gli appuntamenti della giornata.
Sentì il volto andarle in fiamme mentre lui scoppiava a ridere.
«Mi aveva detto che era vestito!»
«Ho detto che stavo finendo.»
«Indossa solo un asciugamano!»
«Non c'è nulla che tu non abbia già visto.» insinuò divertito.
Gemette disperata.
«Io... io... torno di là.»
Si voltò con gli occhi serrati cercando a tentoni la porta.
«Puoi anche aprire gli occhi.»
«No... io... io...» trovò la porta e uscì in fretta chiudendosela alle spalle.
Aprì finalmente gli occhi imbarazzata e accaldata.
Non aveva dimenticato il suo corpo nudo sul divano dell'ufficio o tutte le sensazioni che le aveva fatto provare.
O il senso di protezione quando l'aveva abbracciata sull'aereo.
Deglutì sedendosi sul divano di pelle bianca davanti a tavolino con la colazione.
Divano...Si alzò di scatto cercando di distrarre i pensieri dai pettorali di Owen Walker, dal sapore delle sue labbra o da quell'asciugamano che copriva molto poco.
«Sono vestito ora.» urlò «Puoi entrare.»
Sospirando aprì un poco la porta e fece capolino ad occhi chiusi.
Lui rise di nuovo.
«Sono vestito. Lo giuro.»
Aprì un occhio constatando che avesse detto la verità. Aveva indossato i pantaloni grigio scuro del completo, la giacca era appesa all'anta dell'armadio, stava finendo di allacciarsi la camicia guardandosi allo specchio.
«Già pronta a iniziare la giornata?» le chiese mentre sistemava i gemelli sui polsini.
«Abbiamo molti impegni in agenda. Abbiamo l'intervista al Seattle P-I alle dieci, mi è stato rassicurato che dovrebbe durare un paio d'ore. Nel pomeriggio dovrà incontrare i rappresentanti dell'Associazione Culturale, mentre io dovrò visitare la location e parlare con l'organizzatrice.»
Walker la ascoltava come sempre molto attentamente; prese due cravatte dal letto e gliele mostrò mentre continuava a elencargli gli impegni della giornata. Era preparata anche a quello: gli indicò quella color cobalto.
«Interessante...» mormorò iniziando ad annodarsi la cravatta «non trovi che questo colore sia molto simile alle piastrelle che si trovano sul fondo della piscina?»
Panico.
Si bloccò osservandolo attraverso lo specchio. Il riflesso di Walker la fissava, le mani annodavano la cravatta autonomamente, ormai abituate a quel gesto quotidiano.
«
Abigail... »
Ancora quel tono di voce.
«E' stato un
momento di debolezza.» borbottò velocemente.
Walker tornò a fissare il riflesso delle mani sistemandosi meglio il nodo.
«Posso sapere se ci saranno altri momenti del genere?» domandò sorridendole «Così mi posso preparare; magari portandomi delle mentine.»
Non riuscì a trattenere una risata.
Lui prese la giacca dalla gruccia.
«Hai saputo il nome della giornalista del Seattle P-I?» le domandò cambiando argomento.
Desiderava focalizzare la sua attenzione su altro, ma non sulla giornalista del Seattle P-I.
«Mi ha inviato una mail questa mattina il caporedattore.» rispose infastidita «Camille Leblanc.»
Le lanciò un'occhiata, di certo non gli era sfuggito il tono della voce.
«La conosci?»
«Non direttamente.» spiegò spostando il peso da un piede all'altro «Prima di arrivare alla sua società ho avuto diversi colloqui di lavoro. Camille Leblanc cercava un nuovo assistente, all'epoca lavorava a New York in un piccolo giornale. Mi è stato risposto che non avevo le attitudini professionali adatte per quel genere di impiego.»
La guardò interrogativo.
«Più o meno è la stessa faccia che ho fatto io quando ho ricevuto quella risposta. Qualche mese dopo qualcuno mi spiegò che per lavorare con lei mi mancava qualcosa di fondamentale.»
«L'esperienza?»
«No. Un pene.»
Walker scoppiò in una fragorosa risata allacciandosi i bottoni della giacca.
«Allora è una fortuna per me.»
Scosse la testa sorridendo, avrebbe dovuto aspettarselo.
Ignora la piscina, Abigail.
Uscirono dalla suite mezz'ora dopo, pronti per affrontare Seattle.
Arrivati alla hall Walker si scusò e si diresse verso la reception. Parlò velocemente col receptionist che si mise a rovistare in uno dei cassetti.
Tornò verso di lei visibilmente soddisfatto mostrandole un rotolino bianco e blu.
«Mentine.» disse facendole l'occhiolino «Non si sa mai.»
Fine anteprima.
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