Il Calderone di Severus

2.5 - I personaggi secondo l'importanza, Lezione 2 - Personaggi: classificazione

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view post Posted on 28/7/2018, 13:19
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I ♥ Severus


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2 - Personaggi: classificazione


2.5. I personaggi secondo l'importanza

Personaggio principale
Personaggi secondari
Comparse
Antieroi

Come caratterizzare un personaggio secondario/minore (1 di 2)
Come caratterizzare un personaggio secondario/minore (2 di 2)




Personaggio principale



Occupa la maggior parte del romanzo e spesso ne esprime anche il punto di vista. Ė (sono, se è più di uno) la persona di cui parla il romanzo.
Il personaggio principale deve cambiare in conseguenza della trama della storia; se ci sono più personaggi principali, quello più importante deve cambiare. Se hanno tutti la stessa importanza, almeno uno deve cambiare. Uno è il minimo, perché possono cambiare tutti.
Non esiste una regola per il numero di protagonisti, dipende dalla storia.
Quanto più un personaggio è vicino a essere protagonista, più deve avere complessità, statura e capacità di darsi da fare per raggiungere gli obiettivi.
Il modo migliore per rendere memorabili i personaggi è quello di crearli completi, vivi, che respirano. Più saranno complessi e più saranno memorabili.

Il protagonista è il personaggio perfetto. Non una persona, bensì un personaggio perfetto, cioè la sua costruzione deve essere perfetta, tutto deve adattarsi alla figura del protagonista, alla parte che quel personaggio deve recitare nella storia che scriviamo: la parte principale, quella del protagonista.
Accade che il protagonista di un romanzo appaia limitato e noioso, mentre i personaggi secondari sono avvincenti e vivaci. Questo perché l’autore si diverte molto con i suoi bizzarri personaggi secondari e dedica loro fin troppo spazio, ignorando il protagonista. In questo caso occorre rendere più complesso il personaggio principale, dandogli maggiore struttura e un vero obiettivo cui appassionarsi. Soprattutto, va riportato al centro dell’azione e fatto agire.

I 3 elementi chiave del protagonista
Unico: il protagonista è un personaggio unico, non ne esiste un altro uguale né simile in tutta la storia. Il protagonista è un personaggio isolato caratterialmente e socialmente.
Distinto: il protagonista deve distinguersi da tutti gli altri personaggi della storia. In ogni senso. Non può chiamarsi con lo stesso nome (o anche simile) di un altro personaggio
Durevole: il protagonista deve durare per lʼintera storia, non può uscire di scena prima né fare in modo che il lettore non voglia più leggere di lui. Il protagonista è un condottiero in grado di portare il lettore fino alla fine del libro.

Come scegliere il protagonista?
Si crea una storia scegliendo il conflitto principale, cioè un problema che il protagonista deve affrontare e risolvere. Per farlo è utile porsi le seguenti domande.
- Chi soffre di più?
Quando un personaggio soffre il lettore prova simpatia (empatia) per lui. Questo lo aiuta a immedesimarsi e a sentire il problema come suo. Per approfondire occorre chiedersi: come mai questo problema lo fa soffrire così tanto?
- Chi esplora di più il conflitto della storia?
Sapendo di cosa parlerà la storia, l’autore sa quali eventi accadranno. Il protagonista migliore è quello che maggiormente vivrà questi eventi in prima persona. Non deve per forza essere la persona più importante della storia, ma deve essere il personaggio che attraversa le situazioni più difficili: più situazioni affronterà, più la storia sarà vissuta anche dal pubblico grazie al meccanismo dell’immedesimazione.

Che ne dite? Concordate sul far "soffrire" il personaggio per far scattare l'empatia del lettore e, quindi, la sua immedesimazione?
E quante situazioni difficili/pericolose/dolorose fate passare ai vostri protagonisti? Insomma, quanto "sadici" siete come scrittori?



Edited by Ida59 - 20/6/2020, 18:37
 
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view post Posted on 1/8/2018, 18:05
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Sono indietrissimo con le altre lezioni, ma prometto di mettermi in pari.

Sono riuscita a leggere questa lezione, che contiene, forse, la divisione per personaggi che prediligo (credo sia una deformazione professionale: nel mondo operistico si divide sempre per personaggi principali e secondari, facilmente riconoscibili, nell'opera barocca in particolare, per il numero di arie che canta ognuno).

Nel leggere la lezione, mi è sorto però un dubbio, molto contorto, che deriva dalla recente (ri)visione della Kovantchina di Mussorgskij e dalla (ri)lettura di La mite di Dostoevskij.

Può definirsi personaggio principale un personaggio che non compare mai, ma che possiede tutte le caratteristiche da te elencate? Per fare un rapido esempio: nell'opera di Mussorgskij Pietro il Grande non compare mai, ma tutto ruota intorno a lui, che è unico e distinto e che soprattutto si trova al centro dell'azione ed agisce, seppur senza mai comparire fisicamente. In definitiva tutta l'azione si basa sulle sue scelte e sulla sua evoluzione di personaggio - scelte che influenzano tutti i personaggi in scena -, quindi alcuni critici definisco Pietro il Grande il vero personaggio principale di Kovantchina.
Altro caso è La Mite, breve racconto narrato in prima persona dal marito della protagonista che è morta suicida prima dell'inizio della narrazione: in questo caso è personaggio principale il marito o la mite del titolo su cui il marito si interroga per le pagine del racconto cercando di cotruire le motivazioni del suicidio e, quindi, la sua personalità. O in questo caso, dato che non esiste un vero e proprio personaggio agente, non esiste un personaggio principale nel senso stretto del termine?

E dopo queste due domande contorte, mi ritiro a prepare materiale per i miei baldi (e meno baldi) allievi.
 
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view post Posted on 1/8/2018, 20:05
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Da come tu lo hai descritto, sì, direi che Pietro il Grande si possa considerare personaggio principale, anche se non compare mai direttamenete. Ma sicuramente influenza tutto.

In "La Mite" direi che il marito è la voce narrante, il narratore interno, ma la protagonista è la moglie.
 
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view post Posted on 4/8/2018, 09:11
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Personaggi secondari



Sono la truppa di supporto e prendono relativamente meno spazio.
Possono vivere storie proprie ma almeno alcune (o parte) delle loro esistenze sono al servizio del protagonista: aiutano a portare avanti la sua storia oppure le loro vicende sono unite come tema alla sua. Talvolta sono utili per riflettere il contesto sociale dei personaggi principali o aiutano l’autore a comunicare informazioni al lettore in modo allettante (ad esempio tramite dialoghi, più interessanti delle sequenze riflessive).
Anche se non ha tutto l’approfondimento e l’attenzione dedicati al protagonista, meglio non limitare il ruolo del personaggio secondario a quello di spalla a servizio dell’eroe: la storia migliorerà se anche ogni personaggio secondario nel suo piccolo ha la sua personalità, uno scopo, un’ossessione, e non una semplice funzione di appoggio. Perseguendo il loro obiettivo, potrebbero intromettersi nelle questioni del protagonista, e magari scatenare un conflitto, oppure creare una sotto-trama.
I personaggi secondari sono preziosi per la trama e per vivacizzare il mondo della storia, rendendolo più credibile e variegato.

Questo è proprio ciò che è avvenuto mentre scrivevo il romanzo fantasy "Dentro l'anima" dove avevo inserito il personaggio secondario di Ravi al solo scopo di fornire al lettore, tramite un lungo dialogo con il personaggio principale, spiegazioni sul mondo fantasy creato (la valle incantata) con tutte le sue particolarità.
Grazie ad alcune mie beta-lettrici, che hanno particolarmente apprezzato il personaggio del giovane Ravi, questi ha avuto salva la vita. In effetti, nell'idea iniziale, il ragazzo, una volta svolto il compito di fornire informazioni fintanto che l'altro personaggio principale era (letteralmente) privo di voce, doveva essere rapito dal malvagio spirito che tormenta la valle, forse addirittura ucciso, così da "toglierlo di mezzo" per non disturbare lo sviluppo della storia d'amore tra i protagonisti.
Visto il successo del personaggio con le beta-lettrici, non ho più avuto cuore di uccidere Ravi, ma il suo mantenimento creava problemi all'interno della trama perché, una volta "vivo", dovevo trovargli uno "scopo" che non fosse solo al servizio degli altri personaggi (sarebbe altrimenti stato un personaggio "tinca" ). Dovevo quindi dargli una caratterizzazione psicologica, un passato e, soprattutto, una volontà e un fine cui tendere. Questa necessità ha prodotto una sottotrama che si intreccia con quella principale, ampliandola e rendendo la storia più interessante.
Inoltre, Ravi si è trovato a essere in situazione di (involontario) conflitto col personaggio principale, anche in questo caso rendendo più interessante e completa la storia.


Non c’è limite al numero di personaggi secondari. In ogni caso, inutile crearne più di quanti siano effettivamente necessari, anche se nel genere fantasy si usa muoverne parecchi.

Minore è il ruolo del personaggio, più limitata sarà l’attenzione alla sua personalità, ma può essere utile lo stesso compilare una scheda-personaggio anche per loro.
I personaggi secondari sono meno complessi dei principali, quindi occorre attribuire tratti più marcati rispetto al protagonista, affinché il lettore non li confonda tra loro.
Sono spesso i personaggi più divertenti da scrivere, perché possono essere “sopra le righe”: estremi, divertenti, stravaganti, esagerati, persino mono-dimensionali. Devono colpire il lettore con la loro personalità affinché possa ricordarli anche quando non li ha sott’occhio.
Creare un personaggio secondario è come spiare una persona da una porta semi aperta: la sua limitatezza consente all’autore di esplorare alcuni lati della personalità più attentamente. Poiché l’attenzione si concentra su di loro per meno tempo, essi possono drammatizzare vari punti di vista con più naturalezza dei protagonisti.
Il personaggio secondario può anche essere semplicemente divertente per i suoi eccessi.

Ė opportuno introdurre i personaggi secondari sempre in relazione al/ai personaggio/i principale/i.
Ė utile soprattutto quando occorre far conoscere al lettore molti personaggi in breve tempo. L’incontro con il personaggio principale permette a entrambi di mostrare la propria reazione, eventualmente creando anche un conflitto, cosicché il lettore possa ricordarli più facilmente proprio in base al conflitto o alla reazione del personaggio principale (soprattutto quando questo esprime il punto di vista del romanzo, cioè la storia è vista tramite i suoi occhi).
Ove possibile, è meglio evitare le presentazioni tipo "lista della spesa": non fate incontrare tutti i vostri personaggi secondari al personaggio principale in un’unica scena. Una diluizione degli incontri permette al lettore di conoscere/riconoscere i singoli personaggi; inoltre, li ricorderà meglio se in ogni scena riuscite a inserire un conflitto.

Per i personaggi secondari si possono creare storie (molto semplici: vuol smettere di fumare e ogni volta che lo si incontra si scoprirà come sta procedendo il suo tentativo) che si sviluppano lungo il romanzo: creare un’attesa su di loro permette al lettore di ricordarli meglio tra una apparizione e l’altra. Inoltre, le storie che vivranno (ha bisogno di un mutuo per comprare casa e sposarsi) li caratterizzeranno in modo ulteriore.

Voi come ve la cavate con i personaggi secondari?
Vi piace inventarli e scrivere di loro?
Qualche volta vi affezionate e vi fate prendere la mano, concedendo loro fin troppo spazio?
Ne usate tanti o pochi?
A quale scopo li create, principalmente?




Edited by Ida59 - 13/12/2019, 12:58
 
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view post Posted on 10/8/2018, 20:12
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I cari e vecchi personaggi secondari. In alcuni romanzi affascinano quasi di più che i personaggi principali (un esempio che mi viene in mente subito sono I Promessi Sposi: i personaggi secondari si mangiano a colazione Renzo e Lucia, secondo me).

Quanto alle mie "usanze" di scrittrice: ho un quaderno pieno di alberi genealogici (così non sbaglio le parentele) e di dramatis personae. Come lettrice mi piace vedere le dramatis personae all'inizio di un giallo, mentre in un fantasy o i un romanzo storico preferisco avere un elenco di personaggi come appendice, soprattutto laddove vi siano molti personaggi. Si rischierebbe di avere un elenco infinito a inizio romanzo.
 
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view post Posted on 10/8/2018, 21:44
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CITAZIONE (Alaide @ 10/8/2018, 21:12) 
I cari e vecchi personaggi secondari. In alcuni romanzi affascinano quasi di più che i personaggi principali (un esempio che mi viene in mente subito sono I Promessi Sposi: i personaggi secondari si mangiano a colazione Renzo e Lucia, secondo me).

Concordo in pieno!
 
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view post Posted on 11/8/2018, 14:46
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Comparse


I personaggi che hanno un ruolo marginale e poco significativo, stanno sullo sfondo della storia per caratterizzare l’ambiente, il contorno di qualche scena: non hanno influenza sullo sviluppo dell’intreccio né sui fatti e non vi partecipano in modo attivo.
Quando arriva il momento di mandare in scena qualcuno con una parte minore, però, occorre tratteggiarlo in modo che resti abbastanza impresso in chi legge.
Le vere e proprie comparse – un portiere, un cameriere, un tassista, una persona incrociata per caso – appaiono solo una volta e hanno l'unico scopo di supportare una situazione. Per loro è sufficiente dare un'idea anche vaga, usando pochi dettagli.
Le comparse possono anche essere trattate come personaggio collettivo (gli amici del bar, le donne che chiacchierano al mercato, ecc.) che fa da sfondo alle azioni dei personaggi principali, come il “coro” nella drammaturgia classica.
Invece, per i personaggi minori – più o meno ricorrenti, la cui figura resta nello sfondo –può essere importante una presentazione più definita: sono utili nella narrazione in molti modi, per esempio per sottolineare qualche aspetto del protagonista per contrasto o affinità, per dimostrare qualcosa, ecc. Dunque, la scena risulterà più variopinta e gradevole con l'attore giusto. Inoltre, se compaiono più d'una volta, è importante che siano ricordati anche in seguito: quando verranno citati di nuovo, chi legge non deve essere costretto a tornare indietro chiedendosi: "Ma chi diavolo è questo qui?".

Vi è capitato, leggendo, di incontrare un personaggio minore già introdotto dall'autore ma di cui non ricordate assolutamente nulla?
Qual è la vostra reazione?
Ve la prendete con la vostra imperfetta memoria o con l'imperfetta definizione del personaggio da parte dell'autore?




Antieroi


Si tratta di un fenomeno recente e ormai la letteratura del ventesimo secolo è costellata di antieroi.
Per antieroe si intende un personaggio che, invece di manifestare grandezza d’animo, dignità, forza e tutte quelle qualità che contraddistinguevano l’eroe classico, di fronte alle avversità si rivela meschino, inefficiente, passivo, incapace, o addirittura uno sbandato.
Anche l’antieroe deve possedere, però, le tre caratteristiche dell’eroe già spiegate al punto 2.4: complessità, statura e capacità di darsi da fare per ottenere lo scopo.
L’antieroe, però, non ha le giuste capacità che lo aiutano a ottenere quello che desidera e le forze che agiscono contro di lui sono troppo forti. Ciò che distingue l’antieroe dall’eroe moderno (di più ordinarie dimensioni rispetto a quello del passato) è il fatto che la società stessa, in qualche modo, si schiera contro di lui. In pratica, il protagonista-antieroe possiede una passione in aperto conflitto con i valori della società e sembra miseramente sperduto, in conflitto con se stesso e/o con un mondo che non gli concede di realizzarsi come essere umano.
Di solito l’antieroe è una persona di basse condizioni sociali: povero, di famiglia umile, non integrato nella società o persino un criminale o un folle. Ė calpestato dalla società, è sfruttato oppure ne è vittima.
L’eroe di vecchio stampo è coraggioso, un leader, è rispettato da tutti. L’antieroe invece è chiunque. L’eroe può saltare da un palazzo all'altro con un balzo. L’antieroe prende l’ascensore, scende e poi risale. L'antieroe si troverà sicuramente senza ombrello in mezzo a una tempesta.
Un antieroe rappresenta qualcosa che andato storto con la società, ma deve essere ancora qualcuno con cui si possa simpatizzare. Possono essere di bassa condizione, ma devono avere un po’ di quella statura di cui abbiamo già parlato

Vi piace leggere storie con antieroi come protagonisti? Perché?
E vi piace scriverle?
Per voi è più facile gestire un "eroe" o un "antieroe"?
In quale dei due vi è più facile immedesimarvi?





Edited by Ida59 - 13/12/2019, 14:48
 
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view post Posted on 14/8/2018, 17:45
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Le comparse sono, per me come lettrice, ciò che rende una storia reale. Una vicenda senza comparse, a meno che non si tratti di qualcosa di incredibilmente introspettivo e basato su un solo o pochissimi personaggi, mancherebbe di qualcosa.
Come scrittrice spero sempre di scordarmele, proprio per il motivo detto sopra e soprattutto evitare di cadere nella tentazione di rendere una comparsa un personaggio secondario.

Quanto all'antieroe... direi che la maggior parte dei ruoli tenorili del melodramma del XIX secolo sono degli antieroi. Prendiamo Alvaro: la società lo rifiuta (è un diverso perché meticcio), non riesce ad ottenere ciò che vuole (d'altronde l'opera si chiama Forza del Destino), però mantiene l'alta statura necessaria a renderlo tale. Come caratteristica dell'antieroe operistico aggiungere che è incredibilmente snob: "sol io saprò soffrire" oppure "sono il bandito Ernani. Odio me stesso e il dì".
A livello letterario, forse, uno dei primi esempi di antieroe è Werther: isolato dalla società (non riesce a vivere nel mondo che lo circonda a causa della sua sensibilità), incapace di ottenere quello che desidera (per incapacità di esprimersi? per volontà di non credere che questo possa accadere?), ma in cui ci si immedesima (anche troppo, considerando il fenomeno del wertherismo). Anche se implicitamente la società è "contro" Werther, opposta a lui. Quindi si può dire che qualcosa sia andato storto nella società.
 
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Mi piacciono moltissimo le tue "inserzioni operistiche", sempre molto interessanti! :)
Io come scrittrice privilegio molto il rapproto stretto a due soli personaggi, quindi con le comparse sono ancora alle prime armi. Ma ci sto provando.
 
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view post Posted on 2/2/2019, 11:14
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CITAZIONE (Ida59 @ 28/7/2018, 13:19) 

Come scegliere il protagonista?
Si crea una storia scegliendo il conflitto principale, cioè un problema che il protagonista deve affrontare e risolvere. Per farlo è utile porsi le seguenti domande.
- Chi soffre di più?
Quando un personaggio soffre il lettore prova simpatia (empatia) per lui. Questo lo aiuta a immedesimarsi e a sentire il problema come suo. Per approfondire occorre chiedersi: come mai questo problema lo fa soffrire così tanto?
- Chi esplora di più il conflitto della storia?
Sapendo di cosa parlerà la storia, l’autore sa quali eventi accadranno. Il protagonista migliore è quello che maggiormente vivrà questi eventi in prima persona. Non deve per forza essere la persona più importante della storia, ma deve essere il personaggio che attraversa le situazioni più difficili: più situazioni affronterà, più la storia sarà vissuta anche dal pubblico grazie al meccanismo dell’immedesimazione.

Ho integrato la parte del personaggio principale inserendo questi "consigli".
Che ne dite? Concordate sul far "soffrire" il personaggio per far scattare l'empatia del lettore e, quindi, la sua immedesimazione?
E quante situazioni difficili/pericolose/dolorose fate passare ai vostri protagonisti? Insomma, quanto "sadici" siete come scrittori?
 
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CITAZIONE (Ida59 @ 2/2/2019, 11:14) 
Che ne dite? Concordate sul far "soffrire" il personaggio per far scattare l'empatia del lettore e, quindi, la sua immedesimazione?
E quante situazioni difficili/pericolose/dolorose fate passare ai vostri protagonisti? Insomma, quanto "sadici" siete come scrittori?[/color]

Personalmente non faccio "soffrire" i personaggi per far scattare l'empatia del lettore, ma piuttosto per esigenze poetiche o legate alla coerenza interna alla storia. O più semplicemente perché mi piace scrivere di personaggi che attraversano situazioni difficili e dolorose (pericolose a volte). Rende il personaggio più "vero", più interessante rispetto a qualcuno che non mostra alcun cedimento psicologico.

Devo ammettere che alle volte mi ingarbuglio io stessa nel dolore inferto al personaggio, al punto da non riuscire a trovare il modo di fargli trovare pace, di concludere in un qualche modo le sue sofferenze, sempre che questo sia coerente con la psiche del personaggio e con il suo percorso all'interno del racconto. In alcuni casi non c'è alcuna luce per il povero personaggio.
In fondo, la sospensione - ma di tanto in tanto torno a lavorarci - di Winterreise è dovuta proprio a questo. Ho creato una situazione iniziale che mi rende difficile trovare il modo di arrivare ad una conclusione positiva o quanto meno non completamente tragica.

Quanto al io grado di sadicità... direi che è elevato e non divento più clemente. Forse potrei arrivare a fare di peggio di quanto non abbia già fatto con antidolorifici gettati nel lavandino. O forse l'ho già fatto, nel dare vita a uno dei personaggi principali del fantasy che sto scrivendo attualmente.
 
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CITAZIONE (Alaide @ 3/2/2019, 18:31) 
Personalmente non faccio "soffrire" i personaggi per far scattare l'empatia del lettore, ma piuttosto per esigenze poetiche o legate alla coerenza interna alla storia. O più semplicemente perché mi piace scrivere di personaggi che attraversano situazioni difficili e dolorose (pericolose a volte). Rende il personaggio più "vero", più interessante rispetto a qualcuno che non mostra alcun cedimento psicologico.

In sostanza, che tu lo faccia artatamente per far scattare l'empatia del lettore, oppure per intrinseche esigenze di trama, credo che il risultato sia identico: il personaggio soffre e il lettore si immedisima nella tragicità della trama proposta.

CITAZIONE
Devo ammettere che alle volte mi ingarbuglio io stessa nel dolore inferto al personaggio, al punto da non riuscire a trovare il modo di fargli trovare pace, di concludere in un qualche modo le sue sofferenze, sempre che questo sia coerente con la psiche del personaggio e con il suo percorso all'interno del racconto. In alcuni casi non c'è alcuna luce per il povero personaggio.
In fondo, la sospensione - ma di tanto in tanto torno a lavorarci - di Winterreise è dovuta proprio a questo. Ho creato una situazione iniziale che mi rende difficile trovare il modo di arrivare ad una conclusione positiva o quanto meno non completamente tragica.

Conoscendoti comprendo molto bene.
Riguardo a Winterraise spero in una conclusione meno tragica del tragico...

CITAZIONE
Quanto al io grado di sadicità... direi che è elevato e non divento più clemente. Forse potrei arrivare a fare di peggio di quanto non abbia già fatto con antidolorifici gettati nel lavandino. O forse l'ho già fatto, nel dare vita a uno dei personaggi principali del fantasy che sto scrivendo attualmente.

Sì, il tuo grado di sadicità è sicuramente mooooooolto elevatisssssssimo e, in effetti, temo il peggio dopo il riversamento degli antidolorifici nel lavandino (sapessi quanto ti ho odiata!!!).
Sul nuovo romanzo non posso pronunciarmi, ma sappi che temo sempre per i tuoi protagonisti...

 
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view post Posted on 16/2/2019, 18:41
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Ho integrato la parte relativa a Comparse e Antieroi
 
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view post Posted on 3/3/2019, 18:14
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Come caratterizzare un personaggio secondario/minore (1 di 2)


Un modo per distinguere i personaggi è etichettarli con qualità fisiche, abitudini o tic immediatamente riconoscibile per il lettore. Queste qualità vanno più volte evidenziate, così che il lettore le associ a quel particolare personaggio.
Le etichette funzionano bene per i personaggi secondari minori, altrimenti eclissati da quelli che appaiono più spesso; i personaggi davvero minori (comparse) non hanno bisogno di altro: nella maggior parte dei casi basta solo ricordarli, ma non ha una reale importanza chi sono.

Attenzione a variare i nomi e a evitare quelli simili (Mara e Maura). I nomi lunghi vanno combinati con quelli corti, gli insoliti con i comuni. Si può fare riferimento anche al retroterra etnico/culturale del personaggio, oppure basarsi sul significato del nome (Rosa, Chiara, Vera). Talvolta, un personaggio secondario minore può essere identificato per la breve durata della sua presenza, anche solo con una caratteristica fisica (alto, grassone, vecchio, guercio…).

Talvolta, per lo schema della trama occorrono molti personaggi secondari. In alcuni generi, fantasy e romanzi storici, si utilizza una dramatis personae (elenco dei personaggi) o un albero genealogico per aiutare il lettore a ricordare molti nomi, spesso lunghi, complessi e inconsueti.

Modi di caratterizzazione dei personaggi minori
, per definirli in modo semplice ed efficace.
(nulla vieta di usarli anche per i personaggi principali, ma senza esagerare, perché loro già sono le “star” della storia).

1) Descrizione fisica forte
Una caratterizzazione esteriore basata sulla figura fisica/modo di vestire è la forma più semplice per inquadrare un personaggio minore, purché incisiva e d'impatto. Si usano elementi sensoriali (visivi, tattili, ecc.) non troppo generici: scrivere "era basso e tarchiato, con occhi scuri e profondi" non resterà impresso nella memoria di chi legge; meglio usare metafore appropriate (ma non è facile trovarle). È un metodo rischioso, perché la descrizione fisica è senza emozioni, trasmette poco in chi legge ed è superficiale; facendo un ritratto fisico "caricato" si può inoltre cadere facilmente nella macchietta, nel ridicolo o nel cliché: cose sempre da evitare.
Meglio ricorrere, magari, alle ‘stranezze’ fisiche: un braccio solo, una gamba di legno, un terzo occhio, i capelli verdi o altre modifiche che rendano il personaggio facilmente identificabile. Ricorderete tutti la cicatrice di Harry Potter…

2) Soprannomi e impressioni dell'osservatore
Il personaggio minore può anche essere definito in modo soggettivo in relazione al punto di vista. Come lo percepisce il protagonista? Che caratteristica o segno esterno salta all'occhio? Quando si incontrano persone senza possibilità di conoscerle in modo approfondito, si tende a etichettarle sulla base della prima impressione che ci fanno. Anche il protagonista può fare la stessa cosa con i personaggi minori, magari dando loro un soprannome che li distingua da quel momento anche per il lettore: un soprannome riesce ad aggiungere qualcosa di speciale al personaggio e talvolta si lega a uno degli altri segni distintivi, sottolineandolo (il pirata Barbanera… scommetto avesse una folta barba nera!)

3) Interazione con il protagonista
Che rapporto ha il protagonista con il personaggio minore? Sono legati da qualche particolare relazione, parentela, ecc.? Ricordate che i conflitti sono uno dei modi migliori per rendere memorabile qualcosa: il protagonista precisino e ordinato, sarà estremamente irritato da una persona confusionaria e indisciplinata.
L'interazione e i conflitti possono essere mostrati direttamente o solo raccontati: dipende dal peso che ha il personaggio minore nella storia. Il "punto di vista" specifico (magari del protagonista) è lo strumento per presentare un personaggio di poca importanza.

[continua]
 
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Come caratterizzare un personaggio secondario/minore (2 di 2)


4) Caratteristiche spiccate
Può trattarsi di una personalità estrema, degna di essere descritta: una persone un po' folle, squilibrata, con comportamenti strani e sopra le righe si nota di più. Non è però necessario creare degli schizzati per farli emergere: basta mostrare i dettagli giusti, quanto più specifici possibili.
Occorre sempre evitare di scivolare nell'eccesso e considerare il contesto in cui il personaggio va inserito. Nel fantasy, ad esempio, c’è una buona libertà di manovra: un segno distintivo può essere la parte unica dell’equipaggiamento/arma/abito/divisa; si può usare un simbolo di appartenenza al gruppo/popolo/razza. È ottimo se si riesce in qualche modo a legare questo “segno distintivo” alla trama della storia, rendendolo funzionale alla stessa,
Può anche essere un’abilità particolare (il fantasy e la magia aprono sempre mille porte in questo caso) del personaggio che permette di riconoscerlo in mezzo alla folla. Ma potrebbe anche essere, al contrario, un handicappato, e anche qui si aprono mille diverse ipotesi.
5) Gestualità, manie, ossessioni
Un comportamento eccessivo o ricorrente salta subito all'occhio. Il personaggio ha qualche mania, qualche gesto peculiare, qualche tic? In questo caso è la ripetizione che viene in aiuto: occorre ricordare spesso al lettore qual è la specifica azione che contraddistingue quel dato personaggio minore.
Anche le ossessioni hanno il pregio di essere memorabili: la madre con il chiodo fisso di vedere la figlia ben accasata, il ragazzo con gli occhi solo per lo smartphone, una bambina e la sua bambola preferita, un uomo col pallino della forma fisica, un fumatore stra-accanito ecc.
Questi comportamenti reiterati creano un collegamento preciso tra l’evento che la reazione di comportamento: molte cicche di sigaretta per terra o nel posacenere? Ecco il fumatore incallito. I vestitini della bambola sul letto? La bambina è nei pressi…, e così via.
6) Modi di parlare specifici
I personaggi minori possono essere caratterizzati anche tramite il loro modo di parlare: sgrammaticato come Hagrid, dialettale come in Camilleri o l’abitudine a ripetere una particolare interiezione (per Giove, per Merlino, Eureka!).
Inoltre possono manifestare fissazioni tramite le parole, mettendo l'accento sempre sulle stesse cose, insistendo su qualcosa in modo anche fastidioso o manifestando un determinato temperamento. Un logorroico parla troppo e divaga, un timido si esprime a monosillabi, ecc. Rendere specifico un modo di esprimersi non è facile e richiede una buona abilità nello scrivere dialoghi.
A volte, però, anche ciò che non si dice è utile: se un personaggio manifesta reticenza a parlare di qualcosa, magari ha un segreto, e questo lo rende automaticamente misterioso e interessante.
7) Habitat
Un collega d'ufficio può essere definito dagli oggetti che ha sulla scrivania, un autista da come gestisce l'interno della macchina, una casalinga da come tiene la casa: dimmi da cosa ti circondi e ti dirò chi sei!
Si tratta di metodi utili per creare personaggi monodimensionali, non particolarmente complessi o di spessore. Occorre sempre tener presente il contesto e la funzione assolta dal personaggio minore per decidere come tratteggiarlo.
 
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