Il Calderone di Severus

1.8 - Errori strutturali, Lezione 1 - Nozioni base, errori da evitare e consigli

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view post Posted on 15/3/2018, 11:15
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I ♥ Severus


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Lezione 1 - Nozioni base, errori da evitare e consigli


1.8 Errori strutturali

Da evitare
Fare attenzione





Da evitare



- La forma passiva.
- Le doppie negazioni. Meglio scrivere in forma positiva che è sempre più comprensibile. In particolare, evitate la forma negativa con verbi che indicano una mancanza/ostacolo/limitazione (impedire, ostacolare, fallire, mancare, rifiutare, evitare, negare, contraddire, proibire) oppure in presenza di frasi con preposizioni come: ad eccezione, purché, comunque, senza, contro.
In generale, le negazioni sono più efficaci in frasi molto brevi.
- Le ripetizioni, sia di termini uguali (anche se magari di significato diverso) sia di concetti identici, ad esempio prima e dopo il dialogo, oppure reintroducendo con altre parole fatti e caratteristiche già menzionati nella storia. A volte l’autore vuole solo assicurarsi che il concetto sia compreso bene, ma sottovalutare il lettore non è mai una buona idea: lasciategli sempre qualcosa da fare. Occorre cercare di instaurare il ciclo empatia/comprensione/immedesimazione.
- L'eccesso di quantificatori (aggettivi o avverbi che aggiungono intensità ai sostantivi). Si tratta di: molto, moltissimo, poco, pochissimo, estremamente, totalmente, completamente, realmente ecc. Aggiungono solo pesantezza, ridondanza e ampollosità al testo. È meglio sostituirli con un lessico più ricco e specifico ("Era molto felice” diventa “Era radiosa”).
- le descrizioni inesistenti/insufficienti dell’ambientazione (e del mondo immaginario nel caso del fantasy). Si tratta di assenza di spazialità. Il compito del romanziere è rendere le cose verosimili e credibili e lo fa con la sua fantasia. Occorre creare un mondo parallelo in cui tutto ciò che si inserisce è utile a dare credibilità e verosimiglianza alla storia
- I dialoghi improbabili. Occorre definire bene il modo in cui il personaggio parla e attenersi a quella particolare modalità che, peraltro, può essere del tutto inventata dall’autore; deve essere comunque credibile
- I dialoghi graficamente improbabili. Quelli con le parole in maiuscolo o dove le vocali di una parola sono esageratamente allungate. Le emozioni e i toni di lettura di un dialogo vanno suggeriti con i gesti, le descrizioni delle espressioni e il contesto in cui il dialogo è inserito.
- Incertezza sul genere del romanzo. Evitare di mescolare generi diversi di romanzi: ogni genere ha le sue regole e non sempre sono compatibili tra loro. Inoltre, si rischia di scrivere 10 romanzi in uno, la cosiddetta iperstoria.




Edited by Ida59 - 24/3/2018, 18:16
 
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view post Posted on 15/3/2018, 11:31
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Interessantissimo!
I dialoghi per me sono la bestia nera.
Devo declamarli ad alta voce per capire se funzionano, ma credo di non essere sola.
Inoltre i daloghi devono calzare al personaggio che pronuncia la battuta e con Severus è davvero difficile a volte.
Anche l'eccesso di quantificatori è un problema. Magari alla prima stesura ne metto molti, poi man mano che rileggo sostituisco con una parola che esprime lo stesso concetto e tolgo, tolgo...

Le ripetizioni in genere sono volute e le uso per dare ritmo, un'enfasi ad un pensiero.
Le ripetizioni possono far parte di uno stile di scrittura (non è il mio caso, ma ci sono scrittori veri che lo fanno)

Per esempio io uso la ripetizione per ribadire e enfatizzare un concetto:

Stupido uccello.
Stupido sogno.

Ti resta solo un intollerabile e infinito rimpianto.
Ti resta un pallido ricordo delle immagini che hai intravisto.
 
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view post Posted on 15/3/2018, 12:44
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CITAZIONE (chiara53 @ 15/3/2018, 11:31) 
Le ripetizioni in genere sono volute e le uso per dare ritmo, un'enfasi ad un pensiero.
Le ripetizioni possono far parte di uno stile di scrittura (non è il mio caso, ma ci sono scrittori veri che lo fanno)

Per esempio io uso la ripetizione per ribadire e enfatizzare un concetto:

Stupido uccello.
Stupido sogno.

Ti resta solo un intollerabile e infinito rimpianto.
Ti resta un pallido ricordo delle immagini che hai intravisto.


Tenuto conto di quanto scritto nella "lezione"
CITAZIONE
- Le ripetizioni, sia di termini uguali (anche se magari di significato diverso) sia di concetti identici, ad esempio prima e dopo il dialogo, oppure reintroducendo con altre parole fatti e caratteristiche già menzionati nella storia. A volte l’autore vuole solo assicurarsi che il concetto sia compreso bene, ma sottovalutare il lettore non è mai una buona idea: lasciategli sempre qualcosa da fare. Occorre cercare di instaurare il ciclo empatia/comprensione/immedesimazione.

non mi pare che le "ripetizioni" da te indicate rientrino in quelle stigmatizzate.
In ogni caso, anche se di ripetizioni oggettivamente si tratta, direi che, essendo volute, e spesso anche cercate a fatica e costruite con cura, assumono un significato del tutto diverso e, a dire il vero, mi ricordano l'effetto di certe figure retoriche di grande valore.
Nel primo caso citato, con l'utilizzo dello stesso aggettivo riesci a trasferire talune connotazioni di uccello (ad esempio, libero come l'aria) nel sogno, e viceversa. Che mi pare un ottimo risultato.
Nel secondo esempio, invece, la ripetizione (voluta) induce ossessività e quasi cambia significato al verbo restare perchè, in effetti al protagonista non resta nulla.
 
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view post Posted on 15/3/2018, 16:11
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Ciao, mi chiamo Giorgia, e ho un problema con gli avverbi e le ripetizioni.
E con i generi di storia.
Uso molte ripetizioni, a volte frasi intere (come nelle storie delle sfide o nell'esercizio emozionale).
Gli avverbi entrano nel testo automaticamente, nelle revisioni successive passo magari ore a provare e riprovare una battuta od una frase per eliminarli.
Anche perché a volte parlo e scrivo come un troll di montagna.
Con i generi di storia faccio un minestrone gigante: romantico, giallo, thriller, epistolare, farei prima a dire ciò che non metto dentro.

Dovrò fare una marea di sforzi per cambiare e migliorare
 
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view post Posted on 15/3/2018, 21:28
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CITAZIONE (PandaNemo @ 15/3/2018, 16:11) 
Ciao, mi chiamo Giorgia, e ho un problema con gli avverbi e le ripetizioni.

Adesso vado di corsa e non riesco a risponderti.
Per il momento dico solo che ti trovo adorabile. :) :D :wub:
 
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view post Posted on 16/3/2018, 08:55
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Lezione interessantissima, come sempre.
Ammetto di avere un debole per utilizzare, in prima stesura, le
doppie negazioni, per poi eliminarle nella maggior parte dei casi alla rilettura. Però sono certa di lasciare in giro dei non negava che e non gli mancava che. Credo che l'uso mi derivi dal francese dove la doppia negazione è invece decisamente diffusa (è molto più facile trovare il ne lui resait que, piuttosto che un verbo alla forma attiva seguito da seulement).
Il ripetere più volte uno stesso concetto è qualcosa con cui mi scontro spesso. Quindi, alla fine, taglio sempre moltissimo, perché in fase di rilettura mi dico "questo l'avevo già detto".
Le descrizioni sono secondo me un altro mio tallone d'Achille. Non ho problemi con i personaggi e i suoni, mentre faccio più fatica a descrivere l'ambiente in cui si svolge l'azione.
I dialoghi, soprattutto quelli fondamentali per la storia, tendo a "recitarli", cercando di capire se sono naturali e sensati. Soprattutto trovo difficile far risaltare dal dialogo, per esempio, la diversa classe sociale di due personaggi (per esempio un contadino non si esprime come un conte) o la diversa provenienza.
Credo di avere una certa tendenza a mescolare i generi... va anche detto che ci sono macro-generi (fantasy, storico) in cui si possono inserire dei sotto-generi (avventura, giallo). D'altronde mi piace anche leggere romanzi che mescolano più generi. Quindi da questo punto di vista sono patologica ;) ;)
 
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view post Posted on 16/3/2018, 11:28
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CITAZIONE (PandaNemo @ 15/3/2018, 16:11) 
Ciao, mi chiamo Giorgia, e ho un problema con gli avverbi e le ripetizioni.
E con i generi di storia.

Davvero delizioso il tuo incipit, accattivante e simpatico. Viene voglia di leggere tutta la storia! ;)
Però, a pensarci bene, i tuoi sono gli stessi problemi miei! Vabbè, mal comune, mezzo gaudio. :D
CITAZIONE
Uso molte ripetizioni, a volte frasi intere (come nelle storie delle sfide o nell'esercizio emozionale).

Ammetto di non ricordare "ripetizioni" fastidiose. Ricodo, invece "ripetizioni" molto dolorose, dalle quali le emozioni esplodevano, e facevano male, molto male, te lo assicuro.
Quindi, come ho già risposto a Chiara, e giusto per ripetermi ancora, ci sono ripetizioni e ripetizioni, alcune inutili e fastidiose, ed altre invece essenziali.

CITAZIONE
Gli avverbi entrano nel testo automaticamente, nelle revisioni successive passo magari ore a provare e riprovare una battuta od una frase per eliminarli.

Riguardo agli avverbi, li amo appassionatamente e intensamente, e ne riempio le mie frasi ripetutamente (qui mi spetta un premio per aver ripescato anche le ripetizioni :woot: ) e diligentemente.
E' verò, troppi avverbi appesantiscono la frase, ma a volte sono insostituibili.

 
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view post Posted on 16/3/2018, 11:36
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CITAZIONE (Alaide @ 16/3/2018, 08:55) 
Ammetto di avere un debole per utilizzare, in prima stesura, le
doppie negazioni, per poi eliminarle nella maggior parte dei casi alla rilettura.
[...]
Il ripetere più volte uno stesso concetto è qualcosa con cui mi scontro spesso. Quindi, alla fine, taglio sempre moltissimo, perché in fase di rilettura mi dico "questo l'avevo già detto".

Colgo l'occasione, con l'intervento di Leonora, di sottolineare l'importanza della rilettura e la necessità di riscrivere e correggere la prima stesura quando il capitolo, gruppo di capitoli, o il romanzo stesso, è terminato. Col senno di poi si ragiona meglio e tagliare, per quanto all'inizio mi sembrasse impossibile, dopo un po' di esercizio mi riesce molto meglio. E una storia più breve è, nella maggioranza dei casi, una storia più bella.

Quindi vi consiglio di stamparvi l'elenco delle cose da evitare e di controllarlo nel corso della rilettura/ristesura.

Su dialoghi e descrizioni ci saranno lunghe lezioni, quindi rinvio il discorso.
 
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view post Posted on 24/3/2018, 18:16
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Fare attenzione



- Non modificate il soggetto all'interno dello stesso periodo (frase).
- Mantenete il punto di vista. Esistono regole precise per variare il punto di vista: farlo in modo non corretto confonde il lettore.
- Black box: significa far morire il protagonista quando è lui a raccontare la storia. Ė impossibile raccontare la propria morte. Salvo per chi è risorto…
- Non confondete lo scrittore con il narratore: è fastidioso perché rivela che la storia che stiamo leggendo non è reale E questo, nel limite del possibile, non dovrebbe mai accadere perché il lettore deve credere nell’esistenza reale del mondo narrato. Il narratore non è la voce dello scrittore, bensì un personaggio cui è affidato il compito di raccontare una storia. Altro errore è confondere il protagonista con il narratore: ricordate che il protagonista non può mai essere onnisciente.
- Descrizioni inefficaci dei personaggi. Quando la descrizione di un personaggio avviene attraverso luoghi comuni. Lo scrittore deve conoscere a fondo il suo personaggio: può quindi fornire al lettore gli strumenti per sviluppare l’empatia e partecipare alla storia seguendo il suo particolare punto di vista.
- Lʼuso dei cliché spersonalizza lo scrittore: lo rende confondibile e con una scrittura uguale alle altre. Il cliché nella storia sa di già visto, ma non ha lo stesso sapore del deja vu, né la stessa aura di mistero. È segno anzi di poca fantasia, poco sforzo creativo e poco lavoro di revisione.
- Show, don’t tell: una regola assillante. Qualche volta è necessario raccontare e non mostrare. Comunque una scena d’azione va mostrata e anche in altri casi funziona più mostrare che raccontare. Del resto, è sbagliato raccontare tutto senza mai mostrare niente. In particolare quando si parla di emozioni, bisogna per forza mostrare. Le emozioni sono più empatiche se visualizzate attraverso i gesti che un personaggio compie.
- Abuso di verbi di percezione e di gerundi
Definizione Treccani: verbi che denotano processi percettivi (vedere, sentire, fiutare, ecc.) che hanno luogo in un soggetto esperiente. Rimandando alla sfera sensoriale (specialmente visiva o uditiva), essi si distinguono dai verbi psicologici i quali, pur riferendosi ugualmente alla conoscenza, rinviano però alla sfera mentale. Tra i più comuni verbi di percezione sono: vedere, guardare, scorgere, notare, osservare, mirare, sentire, ascoltare, udire, intendere, avvertire, percepire, ecc.
Vanno usati senza abusarne, altrimenti si "mostra" poco. Usando meno verbi di percezione, lʼazione diventa più diretta e fa immergere meglio il lettore nella storia.
Stesso discorso sui gerundi: smorzano lʼazione, ma non per questo vanno demonizzati, solo usati con giudizio e quando sono utili.
- Conclusione inadeguata
Quando la risoluzione del conflitto avviene in modo brutale e inatteso e non è adeguata ai fatti narrati perché è troppo o troppo poco (Pennablu esemplifica: non puoi dichiarare guerra a uno stato perché un tuo connazionale ha preso una multa per sosta vietata in quella nazione). Occorre quindi che ad azione corrisponda una reazione adeguata e coerente affinché il lettore non sia deluso: un "brutto" finale rovina anche la migliore delle storie.
Ecco perché è importante inquadrare bene il finale di una storia già prima di cominciare a scriverla. In effetti, è come se dovessimo scriverla al contrario: partendo dalla fine e poi risalendo su fino all'inizio.
- Anticipare il finale della storia
Quando lo scrittore lascia capire in alcune frasi come va a finire la storia. Talvolta può essere colpa del narratore onnisciente (l'autore) che si intrufola nella storia, prendendo il posto del personaggio e del suo punto di vista limitato.
L'autore sa come finirà la storia, ma non deve anticiparlo al lettore creando frasi dʼeffetto che suggeriscano la conclusione del romanzo.
- Blocco dello scrittore, spesso imputabile a una gran confusione mentale che può dipendere dalla mancanza di idee o dal sovraccarico di idee. Può essere evitato programmando bene la storia prima di cominciare a scriverla.
- Mancanza di controllo sulla storia: significa non avere una scaletta cui fare riferimento e faticare a mantenere la coerenza narrativa perché non è stata preventivamente progettata con efficacia la storia. Diventa così difficile dosare fabula e intreccio in modo da tenere sempre alta la tensione e caratterizzare personaggi indimenticabili.






Edited by Ida59 - 26/3/2018, 11:47
 
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Lezione molto, ma molto interessante!

CITAZIONE
- Non modificate il soggetto all'interno dello stesso periodo (frase).

Questo mi risulta alle volte molto difficile, soprattutto quando mi metto a creare periodi lunghi e complessi (che poi semplifico solitamente in fase di rilettura). Però ci sono periodi in cui è quasi impossibile non modificare il soggetto: Non sapeva se l'assassino avesse....

CITAZIONE
- Mantenete il punto di vista. Esistono regole precise per variare il punto di vista: farlo in modo non corretto confonde il lettore.

Questa è una cosa con cui combatto sempre. Usando dei punti di vista multipli, alle volte mi accorgo di essere passata all'improvviso ad un altro punto di vista. Poi modifico, però il rischio di non accorgermi dell'errore in fase di scrittura rimane.

CITAZIONE
- Black box: significa far morire il protagonista quando è lui a raccontare la storia. Ė impossibile raccontare la propria morte. Salvo per chi è risorto…

L'unico escamotage per far funzionare la cosa, che mi viene in mente, è una scrittura al presente... però concludere il racconto con un sento il pugnale entrarmi nel cuore avrebbe un effetto più straniante di certi personaggi operistici che affermano gorgheggiando Muio

CITAZIONE
- Non confondete lo scrittore con il narratore: è fastidioso perché rivela che la storia che stiamo leggendo non è reale E questo, nel limite del possibile, non dovrebbe mai accadere perché il lettore deve credere nell’esistenza reale del mondo narrato. Il narratore non è la voce dello scrittore, bensì un personaggio cui è affidato il compito di raccontare una storia. Altro errore è confondere il protagonista con il narratore: ricordate che il protagonista non può mai essere onnisciente.

Credo che, nella storia delle letteratura, soltanto i grandi riescano a giocare tra scrittore/narratore/personaggio senza farlo apparire forzato, straniante o fastidioso.
Una cosa che invece mi infastidisce di certi romanzi - che sembrano promettere bene, ma poi... - è quando c'è un personaggio che ricorda qualcosa del passato - e fin qui nessun problema -, ma non soltanto relativo a ciò che ha fatto o visto, ma anche circa fatti in cui non era presente, il che non ha assolutamente senso.

CITAZIONE
- Descrizioni inefficaci dei personaggi. Quando la descrizione di un personaggio avviene attraverso luoghi comuni. Lo scrittore deve conoscere a fondo il suo personaggio: può quindi fornire al lettore gli strumenti per sviluppare l’empatia e partecipare alla storia seguendo il suo particolare punto di vista.

Ecco sulla descrizione dei personaggi ho sempre dei grandi problemi o, meglio, non sono mai sicura di riuscire a renderli "vivi" agli occhi dello scrittore.

CITAZIONE
- Lʼuso dei cliché spersonalizza lo scrittore: lo rende confondibile e con una scrittura uguale alle altre. Il cliché nella storia sa di già visto, ma non ha lo stesso sapore del deja vu, né la stessa aura di mistero. È segno anzi di poca fantasia, poco sforzo creativo e poco lavoro di revisione.

Concordo. Qualche cliché può essere usato in maniera involontaria, ma ci sono storie che sono fatte di "cliché". Di solito amo quegli scrittori che giocano coi cliché: seguono il cliché fino quasi alla fine e poi lo stravolgono, creando un ottimo colpo di scena.

CITAZIONE
- Show, don’t tell: una regola assillante. Qualche volta è necessario raccontare e non mostrare. Comunque una scena d’azione va mostrata e anche in altri casi funziona più mostrare che raccontare. Del resto, è sbagliato raccontare tutto senza mai mostrare niente. In particolare quando si parla di emozioni, bisogna per forza mostrare. Le emozioni sono più empatiche se visualizzate attraverso i gesti che un personaggio compie.

Tutto perfetto per me - o almeno credo di mostrare e non narrare, tranne ove sia necessario -, tranne che per le scene d'azione, che non riesco mai rendere convincenti... ed è qualcosa su cui devo lavorare.

CITAZIONE
- Abuso di verbi di percezione e di gerundi
Definizione Treccani: verbi che denotano processi percettivi (vedere, sentire, fiutare, ecc.) che hanno luogo in un soggetto esperiente. Rimandando alla sfera sensoriale (specialmente visiva o uditiva), essi si distinguono dai verbi psicologici (➔ psicologici, verbi) i quali, pur riferendosi ugualmente alla conoscenza, rinviano però alla sfera mentale. Tra i più comuni verbi di percezione sono: vedere, guardare, scorgere, notare, osservare, mirare, sentire, ascoltare, udire, intendere, avvertire, percepire, ecc.
Vanno usati senza abusarne, altrimenti si "mostra" poco. Usando meno verbi di percezione, lʼazione diventa più diretta e fa immergere meglio il lettore nella storia.
Stesso discorso sui gerundi: smorzano lʼazione, ma non per questo vanno demonizzati, solo usati con giudizio e quando sono utili.

Sui gerundi devo lavorare molto, perché tendo a usarli spesso. Di solito poi li cancello in rilettura, esplicitando la frase.
Sui verbi di percezione non saprei... dovrei provare a fare un controllo, per vedere la loro ricorrenza.

CITAZIONE
- Conclusione inadeguata
Quando la risoluzione del conflitto avviene in modo brutale e inatteso e non è adeguata ai fatti narrati perché è troppo o troppo poco (Pennablu esemplifica: non puoi dichiarare guerra a uno stato perché un tuo connazionale ha preso una multa per sosta vietata in quella nazione). Occorre quindi che ad azione corrisponda una reazione adeguata e coerente affinché il lettore non sia deluso: un "brutto" finale rovina anche la migliore delle storie.
Ecco perché è importante inquadrare bene il finale di una storia già prima di cominciare a scriverla. In effetti, è come se dovessimo scriverla al contrario: partendo dalla fine e poi risalendo su fino all'inizio.

Ecco questo è uno dei miei timori più grandi: non concludere nel modo opportuno o in maniera efficace.

CITAZIONE
- Blocco dello scrittore, spesso imputabile a una gran confusione mentale che può dipendere dalla mancanza di idee o dal sovraccarico di idee. Può essere evitato programmando bene la storia prima di cominciare a scriverla.
- Mancanza di controllo sulla storia: significa non avere una scaletta cui fare riferimento e faticare a mantenere la coerenza narrativa perché non è stata preventivamente progettata con efficacia la storia. Diventa così difficile dosare fabula e intreccio in modo da tenere sempre alta la tensione e caratterizzare personaggi indimenticabili.

Credo di essere un caso "patologico". Io programmo semrpe tutto in una storia, però vengo presa, alle volte, dal blocco dello scrittore... o forse sarebbe meglio nel mio caso chiamarlo "dramma della pagina bianca". Ed è veramente una brutta sensazione. Si sa cosa si vuole scrivere, ma non si riesce a farlo.
 
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Intanto ti ringrazio per i tuoi sempre puntuali e interessanti interventi.

CITAZIONE (Alaide @ 26/3/2018, 10:14) 
CITAZIONE
- Black box: significa far morire il protagonista quando è lui a raccontare la storia. Ė impossibile raccontare la propria morte. Salvo per chi è risorto…

L'unico escamotage per far funzionare la cosa, che mi viene in mente, è una scrittura al presente... però concludere il racconto con un sento il pugnale entrarmi nel cuore avrebbe un effetto più straniante di certi personaggi operistici che affermano gorgheggiando Muio

Detto da una melomane... :lol:

CITAZIONE
CITAZIONE
Altro errore è confondere il protagonista con il narratore: ricordate che il protagonista non può mai essere onnisciente.

Una cosa che invece mi infastidisce di certi romanzi - che sembrano promettere bene, ma poi... - è quando c'è un personaggio che ricorda qualcosa del passato - e fin qui nessun problema -, ma non soltanto relativo a ciò che ha fatto o visto, ma anche circa fatti in cui non era presente, il che non ha assolutamente senso.

Questo è infatti il problema che si incontra quando il narratore non è nniscente, e un personaggio della storia non può mai esserlo.


CITAZIONE
CITAZIONE
- Lʼuso dei cliché spersonalizza lo scrittore: lo rende confondibile e con una scrittura uguale alle altre. Il cliché nella storia sa di già visto, ma non ha lo stesso sapore del deja vu, né la stessa aura di mistero. È segno anzi di poca fantasia, poco sforzo creativo e poco lavoro di revisione.

Concordo. Qualche cliché può essere usato in maniera involontaria, ma ci sono storie che sono fatte di "cliché". Di solito amo quegli scrittori che giocano coi cliché: seguono il cliché fino quasi alla fine e poi lo stravolgono, creando un ottimo colpo di scena.

Vero, sono bravi e anche a me piace quel tipo di colpo di scena quando è giocato bene. Denota intelligenza e ironia.

CITAZIONE
CITAZIONE
- Show, don’t tell: una regola assillante. Qualche volta è necessario raccontare e non mostrare. Comunque una scena d’azione va mostrata e anche in altri casi funziona più mostrare che raccontare. Del resto, è sbagliato raccontare tutto senza mai mostrare niente. In particolare quando si parla di emozioni, bisogna per forza mostrare. Le emozioni sono più empatiche se visualizzate attraverso i gesti che un personaggio compie.

Tutto perfetto per me - o almeno credo di mostrare e non narrare, tranne ove sia necessario -, tranne che per le scene d'azione, che non riesco mai rendere convincenti... ed è qualcosa su cui devo lavorare.

Le scene d'azione sono davvero difficilissime da scrivere!

CITAZIONE
Credo di essere un caso "patologico". Io programmo semrpe tutto in una storia, però vengo presa, alle volte, dal blocco dello scrittore... o forse sarebbe meglio nel mio caso chiamarlo "dramma della pagina bianca". Ed è veramente una brutta sensazione. Si sa cosa si vuole scrivere, ma non si riesce a farlo.

Non so che dirti. Anche a me capita, ma è legato al mio sttao d'animo: se non ho la traqnuillità/serenità necessarua nin riesco a scrivere. Diciamo che per rendere bene le emozioni dei personaggi devo essere scarica dalle mie, belle o brutte che siano.
 
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