Io ho scritto una favola non so se vada bene oppure no. Se non va bene si può cancellare, perché a tutto c’è rimedio…
C’era una volta una bambina.
La bambina viveva in una bella casa con i suoi genitori e tanti giocattoli e libri.
Si chiamava Carla, detta da tutti Carletta: era una bimba educata, buona e molto, molto ubbidiente.
La mamma e il papà le avevano detto che fuori dalla casa non c’era nulla di bello, niente di interessante e che era meglio restare sempre in casa, con loro: nel Fuori c’erano i Pericoli e, se la bambina non voleva farli piangere, doveva restare sempre nel Dentro con loro.
Carla ci aveva creduto e poiché voleva bene e si fidava dei suoi genitori non era mai andata nel Fuori: non aveva mai disubbidito.
Ma tutti i giorni guardava dalla finestra: vedeva giocare i bambini come lei, li vedeva correre e ridere; non le sembrava che il Fuori fosse poi così male.
Qualche volta di nascosto aveva anche aperto la finestra e una volta una ragazzina come lei l’aveva salutata: lei aveva risposto facendo ciao con la mano. Aveva provato un calore dentro, una gioia che quando giocava con le bambole o con le pentoline non aveva mai sperimentato.
Forse le era capitato qualche volta di sentire qualcosa di simile quando leggeva i libri, libri che non le bastavano mai.
Le era capitato di immedesimarsi nella storia, oppure erano i personaggi ad essere usciti (non si ricordava bene), ma aveva provato lo stesso calore all’altezza del cuore.
Mentre il tempo passava, la bambina cresceva, e tutte le bambine quando crescono devono andare almeno un po’ nel Fuori.
La mamma e il papà le avevano fatto mille raccomandazioni: nel Fuori non si corre, non si grida, nel Fuori bisogna seguire sempre il sentiero principale, non cambiare mai strada, per nessun motivo e stare attenti a come ci si comporta con chi si incontra.
Ma Carla non incontrava mai nessuno su quel sentiero dritto e solitario.
Quando lo percorreva, vedeva al di là del fiume, accanto alla sua strada, Altri ragazzi e ragazze, ma erano lontani, irraggiungibili.
A Carletta, però, sembravano felici: correvano, ridevano e si davano la mano.
Ma poi pensava al viso cupo del papà e alle lacrime della mamma se mai fosse uscita dal sentiero.
Qualche volta aveva gridato agli Altri un saluto, disubbidendo, ma solo un pochino.
Da allora gli Altri si erano accorti di lei; la guardavano camminare e qualche volta ridevano tra loro, ma Carletta non pensava di avere qualcosa che facesse ridere indosso.
Eppure gli altri la indicavano e qualche volta le gridavano anche cose brutte, cose che facevano soffrire Carla. Lei non capiva e cercava di salutare con la mano come aveva fatto quella volta dalla finestra.
Ma loro continuavano a ridere e Carletta ormai aveva capito che ridevano di lei.
Quando Carla tornava nel Dentro, non raccontava niente al papà e alla mamma. Temeva che le avrebbero detto che era Colpa sua se gli Altri la prendevano in giro e forse era vero: perché il papà e la mamma dicono sempre la verità e a loro non si deve mai disubbidire.
Carla guardando e salutando gli Altri aveva disubbidito, ma solo un pochino, eppure sentiva un peso dentro e una gran pena.
Quando si guardava allo specchio, Carla non vedeva niente di strano o di ridicolo; forse non aveva abiti colorati e fiocchi nei capelli, ma le brave bambine non portano abiti colorati e fiocchi sgargianti: la mamma e il papà le avevano detto che era brutto e maleducato vestirsi colorati e portare fiocchi sgargianti.
A Carletta però, i fiocchi sgargianti sembravano bellissimi e anche i vestiti colorati: ma non poteva disubbidire e così, spesso, chiusa nella sua camera piangeva di nascosto, senza che il papà e la mamma la vedessero. Le avrebbero chiesto il perché e lei non poteva dirglielo: aveva disubbidito, anche se solo un pochino, e adesso era diventata lo zimbello degli Altri.
Carletta continuava a vivere nel Dentro e da sola. Meglio che essere rifiutata da quelli che stavano nel Fuori. Si sentiva stupida e diversa da quelli del Fuori. Eppure avrebbe tanto desiderato stare con loro e ridere e chiacchierare e correre e anche mettere vestiti colorati e fiocchi fruscianti.
Avrebbe voluto che qualcuno la cercasse e dal Dentro la invitasse nel Fuori, ma nessuno lo faceva mai.
Veramente, qualche volta era successo che qualcuno la cercasse: per chiedere un favore, un prestito, per copiare i compiti, ma dopo se ne tornavano nel Fuori e la lasciavano di nuovo da sola.
Carletta capì che solo se era utile, se serviva a qualcuno poteva avere un po’ di compagnia e lei la desiderava sopra ogni altra cosa. Perchè a lei sembrava che non fosse brutto ridere e correre, uscire e sognare: anzi era una cosa bellissima e si poteva fare solo con quelli del Fuori.
Fu così che decise che avrebbe regalato, aiutato, prestato, avrebbe fatto e dato qualsiasi cosa pur di stare un po’ con gli altri del Fuori, ma senza che la prendessero in giro perché era diversa e brutta.
Fingeva di essere uguale agli altri comprando con fatica qualche pezzetto di compagnia e qualche ora di risate. Ma quando tornava a casa, nel Dentro, le sembrava di aver fatto un grosso peccato, di aver disubbidito e di aver fatto diventare cupi e tristi i suoi genitori: la Colpa era dentro di lei, anzi era lei.
Passarono anni e anni come nelle migliori favole.
Dunque dopo tanto tempo, venne un giorno in cui Carla, convinta che sarebbe rimasta sola per sempre, si sentì infinitamente disperata e pianse tutte le sue lacrime.
Fu allora che andò nel Fuori e, presa dalla disperazione, camminò veloce, anzi corse e arrivò più lontano, molto più lontano del solito: quasi alla fine del sentiero che aveva percorso da sempre.
Fu lì che vide un ponte.
Sul ponte c’era una sfera luminosa e calda e Carla, che non era più una bambina, si avvicinò e la toccò: c’erano tante persone che la salutavano e le chiedevano di stare con loro.
Carla non poteva crederci, non poteva essere: lei era stupida e brutta e antipatica ed era Colpa sua se era nata così. Era successo tutto perché aveva disubbidito ed era stata punita rimanendo da sola.
Li guardò curiosa e scoppiò in lacrime davanti a tutti: non sapeva che cosa fare o dire, l’avrebbero presa in giro? L’avrebbero usata?
Poi si sentì chiamare, sollevò il viso e vide chi l’aveva invitata a voltarsi.
Sul ponte c’era un uomo sorridente: i suoi occhi sembravano stelle; lui la prese per mano e anche se lei tremava di paura le fece attraversare il ponte.
Ci volle tanto, ma lui fu paziente, convinse Carla che non era brutta, né diversa dagli Altri.
Carla cominciò con un passo per volta, piano, molto piano, e riuscì a seguirlo.
Raggiunse con lui l’altra riva e sorrise per la prima volta: là c’erano gli Altri, i fiori, la musica e un vestito colorato tutto per lei.
Là, lontano dal Dentro, c’era il Fuori, gli Amici, le Risate e si poteva correre a perdifiato, poi buttarsi sull’erba e respirare la vita.
Carla è ancora là.
Ma il Dentro è nascosto in fondo, in fondo al suo cuore e qualche volta vorrebbe riportarla indietro.
Stretta la foglia larga la via dite la vostra che ho detto la mia.
Edited by Ida59 - 2/3/2018, 16:37