Il Calderone di Severus

ellyson - Once Upon a Time, Tipologia: Long Fic - Genere: introspettivo, romantico, comico - Epoca: post 7^ anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Severus, Pers. Orginale

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view post Posted on 1/9/2017, 10:15
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Titolo: Once Upon a Time
Autore: Ellyson
Beta: Querthe
Tipologia: Long a capitoli
Rating: per tutti
Genere: Introspettivo, comico, leggermente romantico
Personaggi: Severus Piton, Patricia Kent (pers. Originale)
Pairing: Severus / Pers. Originale
Avvertimenti: AU
Epoca: post 7 anno
Riassunto:
Severus Piton non è il Principe Azzurro.
Severus è un cattivo.
E per i cattivi non esiste un “per sempre felici e contenti”
Nota: Storia scritta per il Fil Rouge nell’ambito della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.

ysFpLfJ

Nota 2: Prima di urlare all’OOC (sì potreste anche pensarlo), vi prego di leggere fino in fondo la storia. C’è una spiegazione a tutto. Promesso.
Nota 3: la parola chiave per leggere questa storia è una sola: divertirsi!
Nota 4: è possibile che chi andava sul vecchio sito della Forla, possa aver già letto la prima versione di questa storia o pezzi molti simili. La storia ha almeno 10 anni, é stata tolta dal sito della Forla secoli fa e non é mai più stata pubblicata da qualche altra parte. E' stata ripresa per il Fil Rouge, ampiamente modificata, alcuni pezzi sono stati del tutto eliminati e quelli che sono rimasti sono stati riscritti in più punti. Si é tenuta l'idea di base, il resto é tutto nuovo. Resta comunque una storia inedita perché questa versione non é mai stata postata da nessuna parte. Se avvertite, comunque, un vago senso di dejàvu é normale.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Ci saranno personaggi di altri libri anche loro non sono ovviamente di mia proprietà.



Indice:

Capitolo 1: Vecchie abitudini
Capitolo 2: La voce della coscienza
Capitolo 3: Mi raccomando! Punti molto piccoli!
Capitolo 4: Un'offerta che ho dovuto rifiutare
Capitolo 5: Un aiuto dall'alto
Capitolo 6: Un the non proprio sul soffitto
Capitolo 7: Ballando coi pinguini
Capitolo 8: Un mago di nome Merlino
Capitolo 9: Per informazioni tirare la leva
Capitolo 10: A volte si è gelosi anche di una carota
Capitolo 11: Concorrenza sleale
Capitolo 12: Non è tutto oro ciò che luccica
Capitolo 13: Non un principe ma un cavaliere
Capitolo 14: Come ti elimino gli altri
Capitolo 15: A volte tutto inizia con un bacio
Capitolo 16: Un fuoco che brucia dentro
Capitolo 17: Un maiale, un topo e due giraffe
Capitolo 18: Proposte di matrimonio inaspettate
Capitolo 19: Quando meno te lo aspetti
Capitolo 20: Seguire le istruzioni
Capitolo 21: Sei tu
Capitolo 22: Basta
Capitolo 23: Gli scheletri nell'armadio di Silente

Capitolo 1: Vecchie abitudini



Severus Piton era al Ministero della Magia, si guardava attorno alla ricerca di una persona ben precisa.
Ignorava le occhiate di tutti quelli che gli passavano accanto, ignorava i sussurri e le dita puntate nella sua direzione, ignorava, perfino, i quadri di Ministri e maghi famosi che cercavano di guardarlo oltre la propria cornice.
Erano passati quasi otto anni dalla fine della guerra, anni in cui aveva cercato di riprendere in mano la sua vita o quello che ne restava. Aveva ripreso il ruolo di Preside e, questa volta, non era un compito che gli pesava sulla coscienza. Sapeva di meritalo, poteva uscire alla luce del sole e camminare a testa alta senza sentirsi a disagio, senza vedere le sue mani sporche di sangue innocente.
Ovviamente il vecchio Severus era sempre in agguato ed era pronto ad uscire in ogni momento di apparente serenità.
Sapeva di essersi macchiato di crimini orrendi; di notte gli incubi tornavano a tormentarlo, fortunatamente non con la frequenza di prima.
Poteva definirsi un uomo nuovo, ma comunque legato a quello che era prima. Non che potesse dimenticare quello che era stato.
Alcune etichette sono difficili da levare, altre sono così incollate alla propria anima che, ormai, gli era impossibile togliersele.
Il mago mise una mano nella tasca dei pantaloni neri e prese un vecchio orologio da taschino appartenuto a suo padre, una – se non l'unica – cosa buona che aveva ereditato da lui.
Lesse velocemente l'ora sul quadrante leggermente graffiato in un paio di punti e masticò una silenziosa imprecazione: la persona che stava aspettando era in ritardo. Come ogni singola volta.
Era un atteggiamento che lo infastidiva a morte.
L'irritante assistente che seguiva quella persona non lo lasciava entrare nel suo ufficio dicendo che aveva l'ordine di non fare entrare nessuno in assenza della signorina Kent.
Aveva cercato di spaventarla come quando era un'insignificante Corvonero dietro un banco o un calderone con una pozione decisamente sbagliata che bolliva male, ma la sua famosa occhiata non funzionava più come un tempo.
Ovviamente con la sua miracolosa sopravvivenza avvenuta grazie ad un repentino, e per nulla richiesto, intervento di Fanny e con Potter che parlava al suo posto nel periodo in cui la gola non poteva sopportare un discorso senza che le ferite si riaprissero; non solo doveva sopportare occhiate e dita puntate, ma la sua reputazione di bastardo dall'animo nero e solitario era andata a farsi benedire. Il tutto sotto le risate sguaiate del ritratto di Albus che gli diceva che tutto quell'affetto non poteva che fargli bene.
Lui era convinto che tutto quell'affetto fosse peggio di una Maledizione Cruciatus.
Così le sue famose occhiate non bastavano più per incutere un certo timore, venivano viste come una maschera che nascondevano un animo puro e un buon cuore colmo di sentimenti; le frecciatine sarcastiche erano prese come battute rendendo la sua vita da eroe miracolato un inferno in terra.
Ma c'erano anche risvolti positivi in quella vita completamente inaspettata.
Poteva finalmente sentirsi libero di amare, anche se in quegli anni nessuna donna sana di mente avesse mai dimostrato interesse nei suoi confronti. Lui e Minerva avevano chiarito ogni equivoco, avevano parlato per ore, avevano pianto insieme, lei lo chiamava ancora figliolo. Era bello avere di nuovo la sua stima e il suo appoggio, due cose che gli erano mancate più di quanto osasse ammettere durante il lungo anno in cui era stato Preside contro la sua volontà.
Aveva riallacciato vecchi rapporti di amicizia con maghi che credeva morti in battaglia o scappati per paura di morire in battaglia.
Una di queste era Patricia Kent.
Ex compagna di scuola, Serpeverde intelligente e bellicosa, da sempre, o per lo meno da quando Severus ne aveva memoria, fervida sostenitrice di Silente e della sua causa.
Severus non seppe mai cosa legasse l'amica Patrica a Silente, voci di corridoio dicevano che il vecchio l'aveva adottata quando il fratello di lei aveva sacrificato la famiglia all'Oscuro Signore, condannando i genitori ad una morte orribile e tremendamente dolorosa.
Erano solo voci e lui, per rispetto, non aveva mai indagato, però ricordava molto bene le parole di affetto che Albus aveva per Patricia. La chiamava figlia quando pensava che lui non lo udisse.
Ricordava anche il giorno in cui aveva rimesso piede a Hogwarts. Ormai non più studente, ma giovane Mangiamorte redento. Spia che da poco camminava sul sottile confine tra vita e morte; si trovava nel ufficio circolare del Preside, affacciato alla finestra con nel cuore la paura di perdere per sempre Lily. Desideroso solo di vederla in salvo con la felicità che meritava e che lui non avrebbe mai saputo darle e che lei, comunque, non avrebbe mai accettato.
Patricia era entrata come una furia. Aveva spalancato la porta così forte che un quadro aveva dondolato pericolosamente, il preside che ci dormiva aveva avuto la nausea per due giorni ed era stato costretto a riposare in un quadro al secondo piano che raffigurava l'infermeria. Aveva estratto la bacchetta così velocemente che non se ne era neppure accorto e gliela aveva puntata alla gola. Era furiosa come un drago, gli occhi verdi, ma diversi da quelli così tanto amati, mandavano fiamme di collera e disgusto.
Aveva cominciato a sbraitare, urlava che era un traditore della peggior specie, una serpe, che doveva andare a nascondersi e che non aveva diritto di stare in quell’ufficio. Non aveva neppure il diritto di respirare su quella terra.
Lui non aveva risposto, non poteva, Patricia aveva pienamente ragione. E in quel periodo voleva veramente essere morto per la condanna che aveva lanciato sulla testa della donna che amava.
Poco dopo era entrato Silente, con la solita irritante calma e, per una volta, senza l’usuale fastidioso sorriso a fior di labbra, aveva messo una mano sulla spalla della donna incoraggiandola ad abbassare la bacchetta.
Lei non lo ascoltava, lo fissava dritto negli occhi cercando qualcosa che era morto il giorno in cui aveva ricevuto il Marchio. Cercava l'amico di scuola, quello che le dava ripetizioni in pozioni, senza però trovarlo e lui non sapeva come tornare ad essere quello di un tempo. Forse non ne sarebbe mai stato capace.
Poteva ancora sentire il sospiro carico di dolore di Silente e, dopo avergli lanciato un'occhiata cercando il suo consenso, aveva cominciato a raccontare la sua storia, dicendole che ora Severus Piton, era dalla loro parte.
Ci aveva creduto, si era sempre fidata ciecamente di Silente e aveva abbassato la bacchetta che stava per trafiggerli la gola, ma non aveva abbandonato quello sguardo di fuoco. Si era voltata e se n’era andata.
Avrebbe dovuto seguirla quella notte, cercare di parlarle e di scusarsi, ma la sua preoccupazione per Lily e i suoi sensi di colpa lo schiacciavano rendendogli impossibile riallacciare i rapporti con quella che era stata una delle sue amiche più care nella sua vita post Lily.
Si erano rivisti dopo svariate settimane, era andata lei a cercarlo. Volarono parole dure, entrambi avevano urlato, erano arrivati ad estrarre le bacchette e un paio di libri della sua personale libreria erano finiti in brandelli. E quando entrambi si erano fissati esausti e con il fiatone avevano abbandonato le bacchette sul tappeto del suo nuovo ufficio da professore e si erano abbracciati.
Patricia aveva pianto sul suo petto per un tempo infinito e lui aveva sorriso.
Non poteva avere Lily, ma poteva riavere un pezzetto della sua vecchia vita.
Una vita che, nonostante il dolore per la perdita del suo grande amore, era stata quasi felice con accanto anche quel ciclone verde e argento che faceva esplodere il calderone ad ogni lezione facendo infuriare Lumacorno.
Le cose erano migliorate nei dieci anni che avevano separato le due guerre.
Lui era l'arcigno professore di Pozioni che vedeva ogni anno rifiutata la sua richiesta per la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. Lei era impegnata al Ministero, prima nell'Ufficio Applicazione delle Legge sulla Magia poi all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, aveva affiancato Barty Crunch per alcuni anni per poi prendere il suo posto alla Confederazione Internazionale dei Maghi.
Era sempre impegnata in viaggi in giro per il mondo, si vedevano poco, ma si scrivevano spesso. Silente all'inizio lanciava maliziosi commenti sul loro rapporto fin troppo stretto, insinuava che ci fosse molto di più oltre la semplice e disinteressata amicizia.
Poi tutto era nuovamente precipitato quando il Marchio aveva ripreso a bruciargli la pelle.
Patricia era riuscita a restare al Ministero il più a lungo possibile, non era mai stata accettata dall'Ordine per via del suo aperto schieramento con Albus. Aveva lavorato in seconda linea, cercando di tessere più rapporti possibili con i Ministeri esteri. Quando il Ministero cadde nelle mani dell'Oscuro lei riuscì a ristare al suo posto per poche settimane, per poi scappare quando iniziarono le udienze contro i Nati Babbani.
Dalla morte di Albus non si erano più parlati.
Lui non l'aveva cercata e lei era sparita dall'Inghilterra.
L'aveva rivista solo al San Mungo, mentre le pozioni e gli unguenti gli guarivano le ferite del corpo, ma non dell'anima.
Lei era entrata nella sua stanza, si erano fissati a lungo, lui non poteva ancora parlare, lei non sembrava intenzionata a voler dirgli qualcosa. Si era seduta accanto al letto ed era rimasto a fissarlo in silenzio, erano rimasti così per parecchio tempo, mentre il mondo scorreva fuori da quella stanza leccandosi le ferite.
Quella volta non c'erano bacchette sguainate, non c'erano parole dure, urla e libri in frantumi.
Sul volto di entrambi c'erano le rughe di due guerre combattute in due modi completamente differenti. C'era la consapevolezza che il mondo era cambiato, che loro erano cambiati, che non erano più ragazzi e non erano i libri, questa volta, ad essere in brandelli, ma le loro anime.
- Stupido. - aveva mormorato dopo un tempo di infinito silenzio prendendogli una mano pallida.
Quella era stata la loro unica parola sull’argomento.
Il mago si guardò attorno cercando di non sbuffare infastidito. Aspettava da troppo tempo e iniziava ad irritarsi sul serio, era quasi arrivato al punto di rottura: il momento in cui avrebbe scritto un biglietto, lasciato all'irritante assistente e se ne sarebbe andato in attesa delle sue scuse.
Meditava su cosa scrivere quando e porte dell'ascensore si aprirono, Patricia uscì dal piccolo abitacolo con passo sicuro e a testa alta. I capelli erano stati raccolti in uno chignon morbido, indossava una veste da strega color zaffiro, i tacchi picchiavano sul pavimento del corridoio.
Solo dalla camminata Severus capì che era stata una pessima mattinata.
- Sei in ritardo. - l'attaccò quando fu abbastanza vicina, anche se la sua mattina non era stata delle migliori non era una scusa per farlo attendere in corridoio come un’idiota.
- Non ti ci mettere anche tu. - sbuffò lei infastidita – E' stata una pessima, pessima mattina. Perché sei qui in piedi come una statua? Ho un ufficio con delle poltrone molto più comode.
- La tua zelante assistente non fa entrare nessuno in tua assenza.
La strega spostò lo sguardo sulla porta del suo ufficio e sbuffò.
- La Corvonero più stupida del mondo. - borbottò entrando nell'ufficio dopo aver fatto un cenno al mago invitandolo a seguirla.
L'ufficio di Patricia era piccolo e in disordine. Alcuni fascicoli erano aperti sulle due scrivanie che occupavano due dei quattro lati della stanza. La terza parete era occupata da una libreria piena di tomi sulle leggi magiche e sui trattati tra i vari Ministeri, la terza scrivania era quasi al centro dell'ufficio, alle spalle aveva la finestra magica che mostrava un cielo limpido e una splendida giornata di sole estivo.
La donna fissò la finestra qualche istante poi si sedette sulla poltrona nera che emise un lieve cigolio.
- Scusa il ritardo. - disse prendendo la pila di bigliettini che stavano al centro della scrivania color ciliegio – Ho passato la mattinata a discutere con il capo del Folletti della Gringott.
- Non è una questione che riguarda l’Ufficio del controllo delle Creature Magiche?
- Di norma sì. – spiegò continuando a leggere le missive - Ma se ci metti anche la camera blindata di un Ministro spagnolo e l’eredità che ha lasciato alla Gringott senza dire nulla ai parenti la questione diventa di livello internazionale ed entro in gioco io. Ho passato tutta la mattina a cercare di convincere quel cocciuto Goblin che è diritto dei figli vedere cosa diavolo c’è in quella camera anche se non hanno la chiave.
- E la risposta?
- Gli eredi devono cercare quella chiave o quello che c’è dentro diventerà legalmente dei folletti nel giro di cinquant’anni e le chiavi delle camere blindate non sono, ovviamente, appellabili quindi dovranno setacciare ogni angolo della Spagna per cercarla.
Arrivata quasi all’ultimo biglietto Patricia sbuffò contrariata.
- Sue! – gridò.
L’assistente entrò immediatamente nell’ufficio, Patricia non le diede neppure tempo di parlare.
- Per favore, manda un messaggio alla Granger e dille che non ho tempo di discutere con lei sulla legge per la liberazione degli Elfi Domestici. Precisa che le informazioni che ha trovato sulla Nuova Zelanda sono errate e di andare più a fondo della questione, si accorgerà che non è il paese così civilizzato che crede.
- Ma… ma è molto insistente, questa mattina è già passata due volte…
- Non mi interessa. Una discussione con lei vorrebbe dire perdere tutto il mio pomeriggio e rivedere le leggi internazionali sulle Creature Magiche e non ne ho le forze e, comunque, ho il pomeriggio impegnato.
La ragazza uscì dall'ufficio ripetendo a bassa voce quello che le era stato riferito per evitare di dimenticarsi delle parole. Patricia scosse il capo.
- Devo trovarne un'altra. Hogwarts non sforna più giovani streghe di talento?
- Sì, ma la loro ambizione non è quella di venire a fare la tua assistente. - le sorrise Severus comprensivo – Sai che non ti libererai così facilmente della Granger, vero? Quando si punta un obbiettivo è più cocciuta di uno Snaso quando vede qualcosa brillare.
- Il mio piano non è evitarla, ma rifiutarmi di fissarle un appuntamento fino a quando non sarà costretta a stare a casa per la maternità. Anche se girano scommesse strane su di lei e quel pancione che si porta dietro.
- Che genere di scommesse?
- C'è chi sostiene che partorirà qui per evitare di perdere preziosi giorni di lavoro.
- Visto il soggetto non mi sorprenderebbe.
Patricia ridacchiò e si rilassò sullo schienale della sedia.
- Devo restituirti una cosa. - disse lei muovendo la bacchetta con un cenno annoiato della bacchetta.
Una fiala contenente una pozione color senape superò la testa del pozionista e si appoggiò senza rumore sul tavolo della scrivania.
Severus sollevò un sopracciglio.
- E questa cosa sarebbe?
- Sai cos'è. - rispose lei.
- Sei riuscita a distillare questa pozione?
- No. E' una delle tue.
Il mago allungò una mano e afferrò la fiala. La sollevò davanti agli occhi constatandone la consistenza solo con un cenno impercettibile del polso. Riconobbe immediatamente la fiala, era leggermente opaca sul fondo e il tappo di sughero si era sbriciolato da un lato.
Era la sua pozione.
- Quando l'hai presa?
- La stessa sera che mi hai costretto a seguire una noiosa lezione cercando di insegnarmi come distillarla.
Un sopracciglio di Severus si incurvò verso l'alto.
- Noiosa?
Patricia fece un cenno con la mano.
- Non ci saranno sempre le mie pozioni da rubare. - la rimproverò infilando la fiala in una delle tasche interne del grande mantello nero - Devi imparare a distillare le più semplici... - la strega non si scompose, prese la borsa e iniziò a rovistarci dentro come se la cosa non le interessasse – la prossima volta usa un contraccettivo Babbano! - sbottò lui.
- Non sei stufo di ripetermi sempre le stesse cose?
- A dire il vero sì.
- Allora perché sei così cocciuto e vuoi a tutti costi darmi ripetizioni di una materia che trovavo noiosa anche quando andavo a scuola? E, comunque, quella pozione era coperta di polvere. Mi chiedo per cosa la tenevi visto che un monaco ha una vita sessuale più attiva della tua.
Severus sentì le guance imporporarsi appena.
- Non... non sai di cosa parli...
- Davvero? - domandò lei divertita sollevando lo sguardo dalla borsetta – Quando è stata l'ultima volta che hai visto una donna nuda Sevvy?
- Non chiamarmi Sevvy, Patricia. Sai che non lo sopporto.
- Preferisci verginello?
- Non giocare con il fuoco ragazzina.
- Oooh che paura... Pozionista fallito.
Severus tirò le labbra cercando di nascondere un sorriso divertito.
- Politica inconcludente.
- Secchione. – continuò la ragazza.
Il mago questa volta non rispose, quei loro piccoli battibecchi erano all'ordine del giorno. Si divertivano a trovare piccoli insulti che si lanciavano con un sorriso sulle labbra. Quel giochetto faceva ridere a crepapelle Albus.
Non aveva mai avuto un'amicizia così, neppure con Lily, ma forse con lei era sempre stato tutto troppo diverso.
Si concentrò su una foto che Patricia aveva sulla scrivania, era una vecchia foto che rappresentava la sua famiglia.
Era ancora piccola, abbracciata al papà che sorrideva all'obbiettivo. Il fratello grande stava vicino alla madre che gli accarezzava teneramente i capelli. Avevano tutti un sorriso felice, uno sguardo sereno. Il piccolo bambino che sorrideva nella foto si sarebbe trasformato in un assassino, avrebbe sacrificato la sua famiglia che lo amava per dimostrare la sua lealtà verso l'Oscuro Signore.
Ora quello stesso bambino, ormai uomo adulto, era rinchiuso in una cella di Azkaban, più morto che vivo, sottoposto al Bacio dei Dissennatori pochi mesi dopo la sua cattura durante la prima guerra.
Un involucro vuoto che non aveva più emozioni, ricordi o sentimenti di alcun genere.
Da quello che lui sapeva Patricia non lo vedeva dal giorno dell'udienza quando la sua condanna fu confermata ed eseguita nella stanza accanto.
Silente le era accanto quel giorno.
Se Patricia, quell'anno, non avesse deciso all'ultimo momento di tornare a Hogwarts per Capodanno avrebbe fatto la fine dei suoi genitori e lui non l'avrebbe mai conosciuta.
- Non mi hai ancora detto perché mi hai mandato quel gufo. - le disse rimettendo a posto la cornice ignorando la foto accanto, anch'essa rinchiusa in una semplice cornice d'argento. La foto rappresentava Albus.
- Per farmi offrire il pranzo. - spiegò lei allegra con il sorriso sulle labbra rimettendo a posto la borsa.
- Fammi capire. Mi rubi una pozione, insulti il mio metodo di insegnamento, mi prendi in giro e pretendi che ti offra il pranzo.
Il sorriso tremò sulle labbra della strega e Severus capì che era successo qualcosa.
Qualcosa di brutto.
Quel sorriso, quell’allegria erano solo una maschera. L’ennesima che Patricia si ostinava ad indossare.
- Joseph è morto. – disse lei quasi all’improvviso - Questa notte... è venuto il Ministro Kinglesy in persona ad informarmi stamattina in ufficio. Beh fisicamente è morto. Da quando ha ricevuto il Bacio era solo uno zombie che respirava. Mi sono sempre chiesta come fosse possibile sopravvivere così a lungo, solitamente i detenuti che subiscono il Bacio muoiono nel giro di pochi mesi, qualche anno al massimo. - Severus la vide spostare lo sguardo sulla fotografia che raffigurava la sua famiglia – Io... io devo avere qualcosa che non va, Severus. Ha condannato a morte i nostri genitori e se io non avessi deciso di tornare prima a scuola sarei morta anch'io. Ha distrutto tutto quello che avevamo, mi ha lasciato sola, senza più una casa, senza neppure i soldi per comprare i libri. Eppure... eppure... da quando Kingsley me l'ha detto non riesco a non pensare che era stato un bravo fratello... prima... quando non era stato intaccato dalle idiozie sul sangue puro.
- Patricia...
- Dovrei odiarlo. Con tutta me stessa eppure... eppure... c'è una parte di me che non... non...
- Era tuo fratello.
La strega annuì, non stava piangendo, ma fissava con tristezza quella foto dove un tempo tutti erano felici.
- Mi aveva chiesto perdono…- disse la donna senza staccare gli occhi dalla cornice – poco prima di essere trascinato in quella stanza. Mi ha fissato e nei suoi occhi c’era una richiesta di perdono a cui non ho dato risposta. Non potevo… non potevo perdonarlo per quello che aveva fatto… ma… era mio fratello.
- Sai già dove vuoi mangiare? - le domandò Severus cercando di cambiare argomento.
Patricia sollevò lo sguardo dalla fotografia, c’era gratitudine nei suoi scuri occhi verdi. Si sforzò di sorridere, non era un bel sorriso, ma lui non glielo fece notare.
- C'è un ristorante che vorrei provare. E' nella Londra Babbana, non voglio stare qui, girano già abbastanza voci su di noi e sono quasi certa che la metà le abbia sussurrate Albus in qualche stupido quadro pettegolo del sesto piano.
Il mago fece un debole sorriso, conosceva abbastanza bene Patricia per sapere che non avrebbe pianto per la morte del fratello, ma sapeva che aveva bisogno del suo amico.
Aveva bisogno di lui.
Quel pensiero gli fece stranamente battere il cuore.

* * * *



Se c’era qualcosa che Severus odiava di quel periodo dell’anno erano i cambiamenti improvvisi del tempo.
La mattinata era stata soleggiata, calda e piacevolmente ventosa.
Era bastato perdersi in una libreria per qualche tempo che, all’uscita, li aveva accolti un cielo grigio e spento, un tuono che rimbombava sulle loro teste e una minaccia di pioggia imminente che li costrinse a correre all’appartamento di Patricia per evitare di inzupparsi.
La pioggia li travolse a metà strada, costretti a camminare in mezzo ai Babbani, cercarono di trovare riparo sotto le tende dei negozi, ma arrivarono a destinazione fradici ed infreddoliti.
La porta si aprì con un colpo secco. Patricia gocciolava dai capelli neri, i vestiti zuppi erano appiccicati al corpo e Severus ringraziò che fossero scuri altrimenti avrebbe anche dovuto fare i conti con la visione dell’intimo dell’amica. Sentiva l’acqua anche nelle scarpe e un brivido di freddo lungo la spina dorsale gli fece venire la pelle d’oca.
Patricia trovava quella storia molto divertente. Rideva come una bambina mentre andava nel piccolo bagno a prendere alcuni asciugamani.
Il mago si ritrovò nel piccolo salotto dell'appartamento che conosceva bene, ricordava ancora con orrore il pomeriggio passato a sollevare scatoloni senza l'uso della magia per paura che qualche Babbano li vedesse, così come ricordava le silenziose imprecazioni che le aveva lanciato per aver scelto di vivere in un quartiere Babbano.
L'amica uscì dal bagno: aveva in mano due asciugamani di un improbabile color pesca. Gliene lanciò uno mentre continuava a ridacchiare.
- Per fortuna ho lanciato un silenzioso incantesimo impermeabile al sacchetto e ai libri, altrimenti si sarebbero rovinati tutti.
- Per fortuna... - sibilò sarcastico lui mentre asciugava i capelli con la salvietta – Si può sapere perché ridi?
- E' divertente vederti con i vestiti Babbani e del tutto bagnati. Sai la tua solita espressione arcigna perde d'intensità quando non indossi quel lenzuolo nero sulle spalle che sembrano due ali da pipistrello. - spiegò la strega aprendo il sacchetto – Sono tutti asciutti! – sorrise trionfante mentre ne tirava fuori uno alla volta.
- Libri per bambini.- sentenziò acido il pozionista – Favole, stupide storielle con principi e improbabili cattivi che non vincono mai. Si può sapere perché leggi quella roba?
Ancora bagnata, Patricia prese la bacchetta e con un colpo deciso i volumi si sollevarono dal tavolo e fluttuarono fino alla libreria in salotto dove si riposero in silenzio.
- Non si può sempre leggere libri di incantesimi e manuali di pozioni, Preside Piton. - gli fece una giocosa linguaccia – A volte è bello leggere storie dove tutto è semplice e facile. Dove sai già che il bene trionferà è l'amore è veramente l'arma più forte di tutte. Non mi aspetto che tu capisca Severus, ma a volte trovo le favole Babbane molto più rilassanti di un buon bicchiere di vino. Sai potresti leggerne qualcuna e capire che anche tu puoi trovare una principessa là fuori, innamorarti, sposarti, abitare in un castello con lei e i vostri numerosi figli e vivere per sempre felici e contenti.
- Io non sono un principe, Patricia.- rispose lui passandosi l'asciugamano sul volto – Io sono un cattivo e i cattivi non vivono per sempre felici e contenti.
- Pipistrello guastafeste.
Severus aprì la bocca per ribattere a tono, ma un rumoroso starnuto rispose al suo posto.
Ondeggiò la testa con così tanta forza che i capelli neri ancora umidi si appiccicarono su tutto il volto formando un insolito pizzetto nero.
Patricia scoppiò in una fragorosa risata.

Edited by ellyson - 10/12/2017, 14:34
 
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view post Posted on 9/9/2017, 07:43
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Capitolo 2: La voce della coscienza



Sudava in quel letto come se qualcuno gli avesse acceso un fuoco sotto il materasso o direttamente in corpo.
Sudava e si dimenava mentre raccapriccianti Dissennatori con le labbra tumefatte si avvicinavano per baciarlo, mentre le loro mani morte cercavano di toccarlo e trascinarlo in un mondo vuoto privo di emozioni.
Si dimenava e gemeva mentre sentiva la risata di Patricia esplodere attorno a lui, mentre figure femminili con addosso vestiti da principesse gli urlavano che quella era la sua meritata fine.
I cattivi non vincono mai. Nessun felici e contenti per l'assassino Severus Piton.
Severus aprì gli occhi di scatto. Sudava e tremava nel suo letto al sicuro a Hogwarts.
Si sentiva bollente e, contemporaneamente, ricoperto da gelido sudore.
Tentò di spostare le lenzuola e mai gesto così semplice e abituale gli sembrò difficile e impossibile come in quel preciso momento.
Riuscì con la sua ferrea forza di volontà a mettersi seduto.
Il contatto con il pavimento gelido gli fece battere violentemente i denti.
Quando riuscì, dopo vari tentativi inutili, ad alzarsi la sua stanza vorticò così velocemente che dovette aggrapparsi con forza ad una sedia per non cadere o per non vomitare tutto quello che aveva nello stomaco.
Si mosse piano, con gli occhi socchiusi, nella stanza illuminata solo dalle braci di un fuoco morente nel camino.
A tentoni prese la bacchetta sul comodino, la mosse cercando di appellare la vestaglia, ma si sentiva troppo debole e quell’incantesimo di appello, che gli riusciva ogni mattina anche dopo aver ricevuto violenti Cruciatus, non riuscì e la vestaglia restò inanimata ai piedi del letto.
Sentiva la pioggia fuori dalle mura del castello, sentì i tuoni e la testa che rimbombava ad ogni colpo. Reggendosi ai mobili, un passo alla volta, combattendo contro le vertigini e la nausea si avvicinò alla sua personale dispensa alla ricerca di una pozione ricostituente che l'aiutasse a riprendere le forze e preparare una pozione antinfluenzale.
Non si fidava molto delle pozioni di Poppy.
Era un pozionista ex spia e, come tale, si fidava solo del suo lavoro.
Con lo sguardo appannato dalla febbre spostò le ampolle che tintinnarono fastidiosamente tra di loro rimbombandogli nella testa in modo doloroso.
Cercò un paio di volte, combattendo contro la vista doppia e le gambe che sembravano volessero cedere da un momento all'altro. Quando si convinse che non c'era la pozione che stava cercando, andò con molta calma nel suo personale laboratorio. Per fortuna era nella stanza accanto e solo una porta lo sperava dal suo prezioso calderone.
L'odore delle pozioni e degli ingredienti, solitamente un odore gradevole per il suo naso, gli provocò un conato di vomito e gli ci volle una gran forza di volontà per non usare il calderone come secchio.
Un insulto a tutto quello che rappresentava.
Concentrandosi il più possibile si sedette sull'unica sedia presente, quella dove, solitamente, abbandonava mantello e casacca per lavorare e mosse con un gesto stanco la bacchetta.
Il fuoco si accese debolmente sotto il pentolone nero. La fiamma non era abbastanza alta, ma quello poteva sistemarla.
Alcuni ingredienti volteggiavano fino al tavolo dove un coltello tremante iniziò a tagliarli.
Severus chiuse un attimo gli occhi cullato dal rumore ritmico della lama che cozzava contro il tavolo di legno.
Sospirò di sollievo quando il mal di testa e la nausea scemarono e aspettò che il coltello finisse il suo lavoro.

* * * *


Patricia entrò nello studio circolare visibilmente preoccupata, indossava una semplice veste da strega color avorio che faceva spiccare i capelli neri e gli occhi verdi, aveva le guance arrossate per la corsa.
Il Preside sedeva dietro la sua scrivania come se fosse un giorno qualunque.
- Stai bene? – domandò apprensiva - Minerva mi ha mandato un gufo. Diceva che non ti sei sentito bene stanotte.
- Ho avuto un po' di febbre. - minimizzò lui senza smettere di leggere l'ultima uscita di Pozioni Moderne – Mi sono preparato una pozione e ora sto bene. Colpa di quella corsa sotto l'acqua insieme a te. La prossima volta sarai tu ad offrirmi il pranzo.
- Peccato... - mormorò lei sedendosi su una delle poltroncine che, solitamente, occupavano gli studenti mandati da lui per ricevere severe punizioni – ho portato un libro di favole e speravo di leggertelo mentre eri incosciente.
- Preferisco sedermi nell’ufficio di Gazza e ascoltare la storia della sua vita.
La strega fece una smorfia e mise un libro sulla scrivania, il pozionista alzò lo sguardo dalla rivista per vedere un tomo alto quanto un’enciclopedia, la copertina era di pelle marrone, aveva incisa una parola dorata che non riconobbe e quello che sembrava il disegno di una casa di marzapane in rilievo.
Sollevò un sopracciglio scettico.
- Te lo lascio lo stesso.- fece la donna alzandosi – Leggilo, non può farti che bene, burbero mago vestito di nero. Sono quasi certa che una delle tue storie preferite sarà Robin Hood. Non chiedermi perché, ma ho questa sensazione.
- Ti ho già detto che sono storielle stupide. Non lo voglio, grazie.
Patricia si alzò dalla sedia con un sorriso, lasciando il libro al suo posto, lanciò un’occhiata alla finestra alle spalle del mago.
- Il tuo camino è collegato al Ministero? – il Preside annuì - Ha iniziato a piovere e non voglio correre sotto l’acqua per arrivare a Hogsmeade e smaterializzarmi.
Il mago si alzò nello stesso momento in cui Patricia si avvicinò al camino in tutta fretta. Severus afferrò il libro di fiabe e allungò il passo per afferrare anche l’amica.
- Ti ho detto che non lo voglio!
- Non morde sai? – ridacchiò lei allungando la mano nel sacchetto appeso accanto al camino e prendo una manciata di polvere – Potrebbe anche piacerti la Foresta di Sherwood.
La donna buttò la polvere tra le fiamme che divennero immediatamente verdi smeraldo.
Tutto accadde in pochi attimi, lei entrò tra le fiamme nello stesso istante in cui lui le afferrò un braccio.
Il mondo accanto a loro vorticò in un turbinio verde.
La presa sul libro di fiabe si allentò, Severus lo fece cadere senza realmente rendersene conto.
Lo vide aprirsi ai loro piedi e una luce accecante li avvolse.
Poi non sentì più nulla.

* * * *



Il professore di pozioni stava cercando di liberarsi dal un cespuglio di more selvatiche dove era precipitato.
Si guardò attorno mentre strattonava il mantello ormai strappato in un paio di punti. Si era risvegliato in quella che, all’apparenza, sembrava una rigogliosa foresta.
Il sole filtrava dalle alte chiome degli alberi, sentiva degli uccellini cinguettare e un coniglio era sparito dentro una tana davanti a suoi occhi solo poco prima.
Non aveva la minima idea di dove fosse finito.
Il suo ultimo ricordo lucido erano le fiamme del camino che avvolgeva entrambi, poi quello stupido libro che si apriva e una luce accecante che li aveva avvolti.
Si era risvegliato in mezzo ai rovi, con dei graffi sulla pelle e un umore decisamente coordinato ai vestiti che usava.
Di Patricia, ovviamente, nessuna traccia. Strattonò ancora una volta la vegetazione, si liberò dal groviglio di spine che gli imprigionava le caviglie e si guardò attorno.
- Patricia!- urlò – Andiamo Patricia non è il momento di giocare. – nessuna risposa neppure in lontananza – Salazar, Patricia! Rispondi! Dove diamine ti sei cacciata?
Udì un lieve lamento, quasi come il pigolio di un animale impaurito.
- Guarda in alto…- mormorò la donna con un filo di voce.
Severus alzò lo sguardo, Patricia era sdraiata pericolosamente su un ramo di una grande quercia. Nonostante fosse in alto Severus vide subito che stava tremando.
- Scendi da lì!
- Non… non... posso. – balbettò la ragazza tremante.
- Perché no?
- Soffro di vertigini. – spiegò con voce strozzata.
- Soffri di vertigini?- ripeté incredulo – E quando voli sulla scopa?
- Mi hai mai visto su una scopa, Severus? – ribatté lei acidamente.
Patricia si mosse con troppa foga, il ramo oscillò pericolosamente. La strega si sbilanciò e rotolò di lato andando incontro al vuoto sotto di lei.
Severus chiuse gli occhi cercando di non guardare mentre lei precipitava, aspettò il tonfo ma non sentì nessun rumore.
Aprì un occhio… poi l’altro… e constatò con orrore che la donna si era aggrappata al ramo e penzolava a quattro metri d’altezza.
- Dammi una mano! – urlò l’altra costringendosi a non guardare giù – Severus, fai qualcosa di utile!
Severus mise una mano all’interno del mantello e sbiancò.
- La mia bacchetta! – gridò guardando a terra – Merlino dov’è finita la mia bacchetta!
- Pensi alla tua stupida bacchetta in un momento del genere?- urlò furiosa la donna – Trova un modo per farmi scendere senza che mi rompa l’osso del collo!
- Giusto. – mormorò il mago guardandosi attorno, come se fosse disponibile una scala in mezzo ad un bosco.
Non trovando nulla che facesse a caso suo sollevò ancora lo sguardo sull’amica valutando ogni possibile soluzione.
Con un sospiro si posizionò meglio sotto di lei e allungò le braccia.
- Lasciati andare!
- Ti sei rincretinito?
- Ti prendo al volo io, fidati. – spiegò il mago.
- Rassicurante…- fece l’altra chiudendo gli occhi, provò a lasciare la presa, ma non ci riuscì. Serrò le palpebre con forza e si aggrappò quanto possibile al ramo – ...non… non riesco Severus. L’altezza mi terrorizza a morte.
- Smettila di fare la bambina e lasciati andare!- urlò arrabbiato.
- Sto facendo la bambina?- rispose a tono lei – Sono appesa ad un ramo e tu mi dici che sono una bambina! Non mi sto divertendo!
- Ti ho detto che ti prendo al volo e tu fai la spiritosa.
- Spiritosa? - strillò Patrica offesa - Severus io sto tremando di paura e tu non fai altro che dirmi che sono una bambina! Sei… sei… – non riuscì a finire la frase che le mani sudate cominciarono ad allentare la presa.
La strega urlò agitando le gambe, il dondolio del ramo era un chiaro segno che presto si sarebbe spezzato.
- Sto per scivolare! – gridò in preda al panico la donna.
- Lasciati andare. Non ti succederà nulla.
- Non riesco Severus.
- Smettila di frignare e sganciati da quel dannato ramo! - ordinò severo.
- Non dirmi cosa devo fare! – urlò esasperata lei.
Non appena finì di urlare le mani lasciarono totalmente la presa lasciandola cadere proprio in testa all’amico.
Severus era pronto ad afferrarla, aveva posizionato bene il corpo e bilanciato correttamente il peso sui piedi, ma quando se la ritrovò tra le braccia non riuscì a sostenere il suo peso e cadde.
Rotolarono entrambi a terra, lui la teneva stretta, lei si era aggrappata al suo collo tremante come una foglia.
Quando si fermarono, Patricia aveva il viso premuto con forza sulla sua casacca.
- Sei a terra. – le sussurrò l’uomo all’orecchio – E’ tutto finito.
La donna si guardò attorno con i grandi occhi verdi sgranati dal terrore, fece un sospiro di sollievo. Poi cominciò a sbraitare.
- Non osare mai più urlarmi in quel modo hai capito! Io non sono una tua studentessa! Non darmi più ordini! – si alzò dal terreno e si guardò attorno per la prima volta.
- Tu… tu…- cominciò Severus forzandosi di non strozzarla con le proprie mani – io… io.. argh!!! – si allontanò qualche passo cercando un sentiero o, comunque, un qualche punto di riferimento conosciuto.
Purtroppo la foresta era molto fitta, non vedeva molto oltre alla vegetazione, gli alberi sembravano semplici pini e querce. Insomma nulla di caratteristico.
Sentì la presenza dell’amica accanto, ma non le disse nulla.
- Scusa. – mormorò lei con un filo di voce – Hai ragione, mi sono comportata come una bambina. Ero molto spaventata.
- Non importa Patricia. Anch’io ti devo delle scuse, sono stato troppo duro. – fece lui – Ora dobbiamo capire dove siamo.
- Io posso rispondere. – echeggiò un’acuta voce allegra spuntata dal nulla.
- Chi ha parlato?- fece Patricia guardandosi attorno.
- Io. – rispose la vocetta.
- Fatti vedere! – urlò Severus sospettoso - Esci allo scoperto.
- Ma io sono allo scoperto!
La strega fece un passo in avanti guardandosi attorno.
- Ehi ferma! Così mi schiacci!
- Cosa?- la ragazza alzò il piede. Sotto la suola c’era un piccolo esserino verde, vestito di stracci e molto denutrito – Non posso crederci…- mormorò facendo un passo indietro, ma il piede si incastrò in una radice sporgente e cadde a terra.
- Stai bene? - domandò Severus chinandosi per aiutarla ad alzarsi.
Il suo sguardo si posò sullo strano esserino che stava appoggiato al suo ombrellino tutto rattoppato e arrugginito, era in piedi su una foglia che, date le piccole dimensioni dell'essere, sembrava un grande tappeto verde.
– E tu chi... cosa… sei?
- Come chi sono?- fece sconcertato l'altro – Io sono il Grillo Parlante! - si tolse il cappellino malconcio e fece un teatrale inchino.
L'unica risposta del mago fu il sopracciglio che si inarcava in una perfetta mezzaluna.
- Insomma! – urlò indignato il grillo pestando un piccolo piedino a terra, il gesto di stizza fece ondeggiare la grande foglia e, per poco, l'essere non cadde – Non mi conoscete? Il Grillo Parlante… Pinocchio… La Coscienza… Geppetto… La Fatina dai capelli Turchini….
- Patricia conosci una strega che si chiama così?
La donna guardava l’animale incuriosita, non capiva se fosse una sua allucinazione causata dalla caduta o se fosse realmente il Grillo Parlante di Pinocchio.
- Io conoscevo una strega che si faceva chiamare così, - confermò sorridendo - ma non erano i capelli ad essere turchini.- il mago sollevò lo sguardo al cielo e scosse mestamente il capo - Se lei è il Grillo Parlante, - continuò la donna - mi sa dire dove ci troviamo?
- Ma certamente! – rispose entusiasta – Benvenuti nella Foresta di Sherwood! – aprì le piccole braccia come se volesse abbracciare l'intera foresta.
Una delle cuciture della vecchia giacca si allentò, strappandosi all'altezza del gomito.
- Maledizione! - imprecò il Grillo esaminando il danno – Era la mia giacca buona!
Patricia e Severus si guardarono in faccia.
- Scusa Grillo... - mormorò la strega – io non... non ho capito bene. Dove hai detto che siamo?
- La Foresta di Sherwood, - ripeté il grillo socchiudendo gli occhi insospettito mentre cercava di unire i lembi strappati del buco che si era formato sul gomito – … ma voi non leggete? Non conoscete le fiabe?
- Severus... quando siamo caduti abbiamo battuto la testa vero?
- E’ molto probabile. – rispose stordito – Commozione celebrale… a volte non sai di averle.
- Esatto. – confermò lei – Sì, allucinazioni causate dalla caduta. Oppure abbiamo mangiato qualcosa che ci ha fatto male, quel pesce a pranzo ieri non mi sembrava freschissimo.
- Tu hai la bacchetta Patricia?
- No, la tengo sempre nella stessa tasca, ma è come sparita.
Piton annuì pensieroso.
C'era qualcosa di strano in quel posto, qualcosa che lo inquietava molto più degli occhi rossi dell'Oscuro Signore.
Per prima cosa doveva capire cos'era successo. Perché la Metropolvere non aveva funzionato?
Perché erano finiti in quella foresta che non riconosceva?
Un'improvvisa illuminazione gli fece accapponare la pelle.
Il libro... quello stupido libro... si era aperto...
- Patricia, - fece il mago – il libro che mi avevi portato... dove... dove l'hai preso?
- Me l'ha regalato Arthur Weasley l'anno scorso al mio compleanno.
- E ti sei fidata di uno che lavora all'Ufficio Uso Improprio dei Manufatti Babbani? Di uno che trova divertente a prendere la scossa con le spine elettriche?
- Sei troppo sospettoso! L'ho letto un sacco di volte e non mi è mai successo nulla.
- Patricia ti rendi conto che abbiamo un'allucinazione davanti ai nostri occhi che dice di essere il Grillo Parlante? E’ meglio se troviamo un sentiero per uscire di qui.
Il Grillo Parlante non era un tipo che mollava facilmente, socchiuse gli occhi e guardò molto attentamente un fiore. Mise l’ombrello sgangherato tra i denti e cominciò ad arrampicarsi sullo stelo, arrivò alla corolla tutto sudato e senza fiato, si mise a saltare su un petalo e a sbraitare.
- Io sono realmente il Grillo Parlante!
- Se sei il Grillo Parlante. – fece Patricia iniziando a cercare un sentiero – Perché sei vestito di stracci? Se non sbaglio la fatina ti aveva messo dei vestiti puliti.
- Da quando Pinocchio è diventato umano non ho più un lavoro.
- E non sei andato a fare la Coscienza di qualcun altro?
- Ora tutti vogliono fare i politici, gli avvocati, gli assicuratori o i venditori d’auto… sono lavori che non vanno d’accordo con la coscienza e gli altri sono troppo arrabbiati con i primi così hanno fatto tacere la propria coscienza per potersi vendicare… il mondo sta andando a rotoli. – spiegò rassegnato scuotendo la piccola testa verde e pelata.
- Capisco. E cosa vuoi da noi?
- Io so come uscire di qui.
Con un movimento fluido e fulmineo Severus lo acciuffò dalla corolla del fiore.
- Tu sai come farci uscire?
Il grillo non rispose, cercava disperatamente di allentare la presa del mago che lo stava letteralmente stritolando, il piccolo volto paffuto era passato dal verde ad un intenso colore rosso.
- Severus lo stai uccidendo!- urlò la donna liberando l’esserino da quella morsa mortale.
- Gr… gra… grazie…- boccheggiò il Grillo prendendo aria dal palmo della mano di Patricia – ... ancora qualche secondo e ci restavo secco, non bastava Pinocchio e il suo martello.
- Hai detto che sai come farci da qui. – lo aggredì Piton - Avanti parla!
Il Grillo lo guardò storto, si alzò e si spolverò il vestito liso.
- Sì, so come farvi uscire ma non ve lo dirò fino a quando quello lì, - disse stizzito puntando un dito verde contro Severus – … non mi chiede scusa.
Patricia lo guardò, la sua occhiata valeva più di mille parole.
- Io non chiedo scusa a quella bestiaccia!
- Severus…- mormorò Patricia, il tono non ammetteva repliche – avanti chiedi scusa al Signor Grillo Parlante.
- Non ci penso nemmeno. – ribatté voltandogli le spalle – E’ una follia! – borbottò ricominciando a cercare un sentiero per conto proprio - Ora mi devo scusare con un Grillo. Io li butto nei pentoloni bollenti! Ci faccio le pozioni con quegli inutili insetti verdi.
Il Grillo Parlante cominciò a tremare.
La strega lo aiutò a tornare sulla corolla del fiore, poi si avvicinò all’amico.
- Severus… – gli sussurrò all’orecchio – può essere l’unico modo per uscire da qui e tornarcene a casa. Io non vedo un sentiero e senza la magia siamo completamente indifesi. Se non hai un piano alternativo, ti prego per una volta di fare il gentile.
Piton si bloccò e le lanciò un’intesa occhiataccia, poi buffò. Chiuse gli occhi e borbottò quelle che sembravano scuse.
- Non ho capito…- fece il Grillo tendendo un minuscolo orecchio – può ripetere?
- Scusi, non volevo stringerla in mano è stato un… incidente.
- E si scusa anche per avermi dato della bestiaccia?
Severus alzò gli occhi al cielo, Patricia lo stava guardando implorandogli di dargli retta.
- Sì, anche per quello.
- E promette di non usare mai più i grilli come ingrediente delle pozioni? – continuò l’esserino con un sorriso.
Severus si voltò con uno scatto, prese quello scocciatore per il colletto della camicia e lo lasciò a penzolare a pochi centimetri dal suo naso.
- Senti esserino verde, non farmi perdere la pazienza altrimenti infilo te dentro un calderone e ti posso assicurare che sarai ancora vivo quando l’acqua comincerà a bollire.
Il Grillo divenne bianco come il latte, deglutì un paio di volte e poi tornò del suo solito colorito verde chiaro.
- Va… va bene…- borbottò l’animale – accetto le scuse. Ora se non le dispiace…
Severus lo guardò torvo poi lo passò nelle mani di Patricia.
- Allora bestiaccia. – disse Piton con tutta la scortesia di cui era capace – Dove diavolo siamo e dove dobbiamo andare per uscire da questo posto?
 
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view post Posted on 12/10/2017, 09:35
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Capitolo 3: Mi raccomando. Punti molto piccoli!



Gli stava per venire un forte mal di testa.
Non sapeva dov’era. Non sapeva cosa fosse successo. Non sapeva dove fosse la sua bacchetta e stava parando con un grillo.
In più Patricia sembrava pure prenderci gusto in quella situazione assurda e del tutto priva di logica.
Non aveva molte alternative a dire il vero, non aveva la magia a disposizione e senza sapere dove si trovava non poteva girare per quella foresta senza perdersi.
Odiava sentirsi completamente in balia degli eventi.
E, soprattutto, odiava non avere la sua bacchetta a portata di mano.
Sbuffò quando, per l’ennesima volta, quella bestiaccia a forma di grillo gli disse che l’unico modo per arrivare alla città più vicina era andare da Robin Hood.
- Certo…- mormorò sarcastico – incontreremo anche Peter Pan e Campanellino.
- Tu non hai avuto un’infanzia felice, vero?- chiese il Grillo – E’ ovvio che non incontrerai quelle persone!
- Ecco appunto.
- Loro vivono dall’altra parte del regno!
- Merlino…
- No, neppure lui vive qui. – borbottò l’animale indignato – Certo che sei proprio ignorante!
Il mago strinse i pugni e digrignò i denti ripassando mentalmente ogni pozione che conoscesse in cui servivano dei grilli per il completamento della formula. Preferibilmente grilli vivi.
- Ci stavi dicendo come possiamo tornare a casa, Grillo. – li interruppe con voce dolce Patricia.
Il mago ringraziò mentalmente la sua capacità di diplomazia affinata in anni di lavoro al Ministero, se fosse stato per lui quell’esserino fastidioso si sarebbe trasformato in una macchia verde sotto la suola della sua scarpa.
- C’è un portale. - spiegò il Grillo con tono solenne – Un portale che si apre solo con la magia di sette pietre incantate. Le pietre sono sparse per il Regno e nessuno sa bene come siano fatte. La leggenda narra di “Sette gocce di magia cadute dal cielo che aprono la porta sull'altro mondo”. Non so di più.
- Quindi non sai nulla. – sentenziò il pozionista infastidito.
Il Grillo Parlante lo ignorò completamente.
- Se c’è qualcuno a cui potete chiedere di queste gemme è Robin. Lui conosce il Regno e sa tutto sui gioielli più preziosi.
- Tu conosci la strada per questo Robin, bestiaccia?
- Severus!
- Cosa? Continua a blaterare, ma non ci ha ancora fornito una spiegazione plausibile, non ci ha dato un indizio o un sentiero da seguire.
La strega gli lanciò un'occhiataccia che fece rabbrividire il mago, poi tornò a guardare la loro insolita guida.
- Anche se detto in modo orribile, - iniziò – Severus ha ragione, Grillo. Alla fine non ci hai ancora detto nulla di utile. Almeno puoi indicarci la strada per arrivare a Robin Hood?
- Farò di meglio, signorina. - fece il Grillo passandosi una manina sulla testa glabra - Vi condurrò da lui.

* * * *



Seguivano il grillo da un paio d’ore, cominciavano ad essere stanchi, Severus sentiva le gambe pesanti e la schiena a pezzi.
- Grillo quanto manca? - urlò Patricia al puntino verde che saltava davanti a loro.
- Un paio di minuti! - rispose lui spiccando un altro salto.
- E’ la stessa cosa che mi ha risposto mezz’ora fa! – sbuffò la strega, durante la camminata uno dei suoi tacchi si era rotto suscitando una battuta ironica di Severus che aveva scatenato l'ennesima lite – Non riesco più a camminare, maledizione.
- Non sono le scarpe adatte per camminare nei boschi.
- Strano. - rispose sarcastica Patricia fermandosi un attimo. - Stamattina quando mi sono vestita ho pensato che fossero perfette per una scampagnata nei boschi! Fermati Grillo!
La donna prese la scarpa con il tacco integro e iniziò a picchiarlo su una roccia poco distante.
- Che succede? - domandò l'esserino verde – La notte scende in fretta ed è difficile trovare l'accampamento di Robin quando è notte.
- Dimmi quanto manca o non sarò più così diplomatica come lo sono stata finora. - spiegò spazientita la donna staccando il tacco dalla scarpa con un colpo secco.
- Siamo... siamo arrivati...- balbettò il Grillo allungando il piccolo braccio – Dobbiamo solo superare quella collina.
- Muoviamoci allora. - disse il mago.
Il Grillo riprese a saltare davanti a loro, i due si scambiarono un'occhiata e ripresero a camminargli dietro.
Restarono in silenzio per alcuni minuti, fu Severus il primo a parlare.
- Le mie frasi erano fuori luogo. - le disse – Scusa, ma questa situazione mi infastidisce.
- Non importa. - disse lei – Secondo te cosa troveremo?
- Io non sono un gran intenditore di favole.
- Scommetto che da piccolo chiedevi a tua madre di leggerti le formule delle pozioni prima di addormentarti. – ridacchiò Patricia.
- Spiritosa. Qualcosa mi ha raccontato a dire il vero, ma ero troppo piccolo e, prediligeva le favole dei maghi da quella Babbane. Dicevano che erano molto più reali di principesse che cadevano addormentate per essersi punte un dito o giovani uomini che vivevano con dei lupi. Dovremmo incontrare un branco di contadinotti che si credono ladri, giusto?
- Sì, dovrebbe essere più o meno così, come dobbiamo comportarci? Cosa gli diremo?
- La verità, - rispose Severus dopo averci riflettuto qualche secondo – ma lasciamo perdere la faccenda della magia, siamo dei comuni Babbani. Diremo solamente che ci siamo persi e che dobbiamo tornare al nostro mondo; che dobbiamo trovare quelle gemme. Probabilmente lui sa dove cercarle, se vale la metà di quello che c’è scritto nei libri dovremmo essere in buone mani.
- Siamo arrivati! - urlò il Grillo a qualche metro di distanza.
I due accelerarono il passo fino a raggiungere l'ex coscienza di Pinocchio.
- Ecco. – disse l’animale con un sorriso radioso e soddisfatto – Quello è il rifugio di Robin Hood e i suoi uomini.
In fondo al pendio della piccola collina dove si erano arrampicati c’era un piccolo villaggio di capanne, alcune stavano sugli alberi, altre ai piedi dei grandi tronchi, c’erano uomini che lavoravano fuori dalle case, chi aggiustava le capanne, chi si allenava con la spade, chi con l’arco; mentre le donne stavano fuori con i figli a rammendare o solo a cucinare qualcosa per la sera.
Il Grillo ricominciò a saltare verso quella piccola città, Severus e Patricia gli correvano dietro, ormai stanchi e senza fiato.
- Fermi! - urlò una sentinella appostata sul ramo di un albero – Chi siete? Identificatevi!
- Sono io! - urlò il Grillo – Sono il Grillo Parlante! Voglio parlare con Robin.
- E gli altri due chi sono? – chiese puntando la balaustra sul mago.
Severus fissò la freccia che puntava dritto al suo cuore. Era indeciso se sollevare un sopracciglio o le mani.
Optò per la seconda ipotesi.
- Sono miei amici! - rispose l’animale – Li ho incontrati nella foresta, si sono persi e hanno bisogno di una guida fino a Nottingham.
- E cosa vanno a fare in quel covo di serpi? Non saranno spie dello sceriffo, vero?
- Senti ho già perso troppo tempo con te! – urlò il Grillo – Vai ad avvisare Robin Hood e dirgli che il suo amico Grillo Parlante è venuto a trovarlo e con sé ha due amici.
- Ma…
- Muoviti!
- Va bene Grillo, stai calmo! - fece stizzito la guardia, prese una liana e si calò a terra poi corse verso la capanna più grande cercando il capo.
Dopo qualche istante un uomo biondo, col fisico di un atleta e con due occhi azzurri come il cielo uscì dalla capanna e si avvicinò ai nuovi visitatori.
- Accidenti… - fece Patricia mangiando con gli occhi il bel Robin Hood – nei libri non lo descrivono così bello.
- Se ti piacciono gli uomini in calzamaglia. – mormorò cattivo Severus squadrando il famoso ladro con sguardo maligno – Sembra Allock con le calze aderenti.
- Grillo Parlante! - urlò Robin stringendo la piccola manina dell’animale – Sono felice di rivederti dopo tanto tempo, ho giusto bisogno della tua consulenza riguardo ad un certo lavoretto che devo fare. – poi i suoi occhi furono catturati dallo sguardo penetrante, e un pochino famelico, di Patricia – Benvenuta nel mio modesto regno Signorina…
- Kent… Patricia Kent, Signor Hood. Posso dire che è un onore conoscere il ladro più famoso di Nottingham.
Robin fece un sorriso furbo e baciò, delicatamente, la mano della donna.
Severus roteò gli occhi verso il cielo che si stava striando di viola. Incredibile come la sua amica fosse disposta a sedurre un uomo anche in un luogo come quello.
- Il piacere è tutto mio, Milady. Non capita tutti i giorni di imbattersi in una così sublime e celestiale bellezza.
- Ma mi faccia il piacere. – sibilò malefico il mago – Sublime e Celestiale? Patricia?
- Temo di non aver capito il suo nome. - disse Robin sorvolando sul cattivo carattere dell’ospite.
- Nessuno gliel'ha detto, infatti. - rispose asciutto lui allungando una mano - Severus Piton.
Robin afferrò con sicurezza la mano che gli veniva offerta e la strinse in una ferrea morsa; socchiuse gli occhi sorpreso dall’improvvisa forza dell'uomo che si trovava davanti. Di certo non era muscoloso come molti dei suoi uomini, eppure gli stava stritolando la mano. Rispose alla stretta con altrettanta forza cercando di dimostrare, in una puerile gara di virilità, chi fosse il più forte.
Nessuno sembrava voler cedere per primo.
- Signor Hood, - lo chiamò la donna cercando di sottrarre il povero arciere dalle grinfie del mago- noi avremmo bisogno di raggiungere Nottingham il prima possibile.
Robin lasciò la mano di Piton, sorrise e offrì il braccio alla donna.
- Parleremo di questo a cena Milady, - rispose lui incamminandosi verso la capanna – la sera è molto vicina. Daremo una festa, all’alba partiremo, vi farò dormire nella migliore capanna disponibile. – abbassò poi la voce in modo da farsi sentire solo da Patricia - Altrimenti potrebbe far compagnia a me Milady... stanotte.
Patricia voltò appena la testa lanciando uno sguardo perplesso all'amico.
- Ma... vostra moglie, Lady Marion?
Il ladro scoppiò in una fragorosa risata.
- Le sembro il tipo che si sposa, Milady? No... io e Marion abbiamo preso... emmh strade diverse tempo fa.
- Capisco...- balbettò la strega – vede, signor Hood, io...
- Chiamami pure Robin. - le sussurrò all'orecchio lui.
- Robin...- ripeté con un finto sorriso di cortesia – io...
- Milady dormirà con me, Hood. - dichiarò Severus con tono che non ammetteva repliche.
- Perfetto. - rispose Robin lasciando la mano della donna – Potere riposare in quella capanna laggiù. La cena sarà pronta tra poco, a stomaco pieno si ragiona meglio.
La capanna era piccola, aveva un corto letto matrimoniale con un materasso fatto di paglia, una cassapanca di legno grezzo e un minuscolo tavolo traballante.
Erano così esausti per la lunga camminata che si sdraiarono sul letto e chiusero gli occhi senza più parlare.

* * * *


Severus aprì gli occhi sperando, per qualche istante, di essersi sognato tutto. Invece si ritrovò a fissare il soffitto di legno della baracca dove aveva riposato. Anzi era meglio dire dove aveva chiuso gli occhi perché non si sentiva affatto riposato, era come se non avesse mai dormito.
Voltò la testa incontrano il volto rilassato di Patricia.
Invidiava la sua capacità di dormire nei posti e nelle situazioni più disperate. Si ritrovò a seguire la linea decisa del naso che scendeva lungo le labbra rosse. Non aveva mai fatto caso alle sue lunghe ciglia nere che incorniciavano gli occhi verdi.
Tempo prima, quando la sua anima era ancora integra, aveva provato a confrontare gli occhi di Lily con quelli dell'amica, fallendo miseramente.
Gli occhi di Lily erano verdi come i prati baciati dal sole, chiari e cristallini, dove riuscivi a leggere ogni emozione. Sapeva cosa provava Lily solo guardandola negli occhi.
Gli occhi di Patricia erano di un verde intenso come le chiome degli alberi dei boschi, non avevano nulla in comune con gli occhi di Lily. Lo sguardo di Patricia era tagliente come un coltello, riusciva a celare le sue emozioni con sorprendente abilità e solo un sorriso.
Abilità da politico le definiva lei.
Maschera che protegge dal dolore le chiamava lui.
E lui era esperto di maschere che celavano il dolore dell'anima.
Vide le sue palpebre tremare, prossima al risveglio, e si affrettò a chiudere gli occhi fingendosi ancora addormentato. Sarebbe stato tropo imbarazzante essere sorpreso a fissarla mentre dormiva, non avrebbe saputo inventare una scusa abbastanza credibile e Patricia era un tipo estremamente sospettoso a volte.
La sentì muoversi appena accanto a lui, si era svegliata ne era certo, ma era altrettanto certo che Patricia fosse tutto tranne che una donna delicata al risveglio.
Riuscì a non sussultare sorpreso quando avvertì un polpastrello sfiorargli appena le labbra.
- Sono qui, Severus. - mormorò la strega a voce così bassa che la sentì appena – Anche se tu non mi vedi.
Ancora perplesso la sentì alzarsi dal letto di paglia e poi tirargli una spinta. Questa volta sussultò colto alla sprovvista.
- Sveglia Sevvy. Abbiamo dormito troppo e questo profumino è invitante.
- Sono sveglio. - disse lui osservandola mentre cercava di lisciarsi la veste da strega nera con i bordi color zaffiro.
La fissava ed era confuso. Perché gli aveva detto quelle cose? Perché sfiorarlo e poi tornare ad essere la solita strega che lui conosceva. Chi era la donna con lui in quel letto? Perché non conosceva quella parte della sua amica?
Troppe domande da porsi in un quel luogo assurdo e con lo stomaco che brontolava.
- Questa veste è un disastro. - sospirò sconsolata la strega – Avranno dei vestiti da prestarmi? - sollevò lo sguardo alla ricerca di una risposta alla sua domanda incontrando solo uno sguardo confuso – Sevvy stai bene?
Il mago cercò qualcosa da dirle, qualcosa che cercasse di spiegare il comportamento strano dell'amica. Alla fine sospirò.
- Non chiamarmi Sevvy. - borbottò scendendo da letto e uscendo dalla capanna.
Patricia osservò per qualche istante la porta, poi lo seguì, fu fermata quasi subito dal mago che con delicatezza le fece cenno di tacere posizionandosi un dito sulle labbra sottili, poi indicò le orecchie.
La strega socchiuse gli occhi, serrò le labbra e rimase in ascolto.
- Il trasferimento dell'accampamento è previsto per il prossimo mese. - udì la voce di Robin che bisbigliava a qualcuno – Lo sceriffo di Nottingam é arrivato troppo vicino l'ultima volta. Grillo, sei sicuro che gli hai fatto recapitare le informazioni giuste?
- Io so fare il mio lavoro. - sbottò il Grillo Parlante indignato – Sono i tuoi uomini che non sanno mimetizzarsi bene e Marion è inferocita.
- Non capisco cosa le sia preso.
- L'hai piantata sull'altare! - il Grillo stava sicuramente urlando, ma, visto la sua minuscola statura, sembrava che stesse parlando normalmente - Con tutto il regno che ha riso di lei per settimane. E, come se non bastasse, hai sfregiato lo sceriffo. E' andato in giro per tutto il reame a trovare qualcuno che gli cucisse la ferita come voleva lui. Era un forsennato, a tutti gridava “Mi raccomando! Punti molto piccoli” (*). Lo sai che da quando si è scoperto che Marion e lo sceriffo sono cugini lui la protegge e ha giurato di vendicarla. Le hai portato via la virtù, metà dell'oro che aveva nelle segrete e la sua credibilità. Non uscirà dalle delle sue stanze fino a quando la tua testa non verrà appesa fuori dalle mura di Nottingam.
Patricia sgranò gli occhi incredula.
- Guarda tu questo bastardo... - sussurrò arrabbiata.
Severus le intimò di tacere solo con un'occhiataccia.
Lei sbuffò e tornò ad ascoltare.
- Lascia perdere Grillo, questo è il passato. Ora però dobbiamo trasferirci tutti. Ho trovato una radura ben protetta ad est del fiume, sul confine tra le terre di Nottingam e le terre del Sultano. Vedi di mandare lo sceriffo da tutt'altra parte.
- Lascia fare a me, Robin. Ma ricordi i nostri accordi?
- Sì sì... avrai il tuo oro quando la polvere sollevata dal cavallo dello sceriffo non sarà visibile neppure all'orizzonte.
- Bene.
- Sai Grillo, per essere una coscienza sei alquanto bizzarra.
- Anche le coscienze devono mangiare, Robin Hood.

* * * *


Come aveva predetto il Grillo la sera era scesa veloce e in modo quasi violento nel bosco.
Il cielo si era oscurato così velocemente che il cambiamento fu quasi visibile ad occhio nudo, come se qualcuno avesse premuto un interruttore per spegnere la luce del mondo.
Era un pensiero assurdo, ma vista la situazione che stava vivendo, non era un’ipotesi da escludere del tutto.
Il mago percorse il piccolo sentiero di terra battura ed erba schiacciata che usciva dall’accampamento dei ladri. Una lampada ad olio penzolava dal braccio mentre in mano teneva un calice di coccio sbeccato in un paio di punti.
Patricia sedeva su un tronco rovesciato, probabilmente spezzato da un fulmine durante una tempesta. Sedeva sul muschio cresciuto sulla corteccia ormai morta, senza preoccuparsi di sporcarsi il vestito da strega rovinato.
Fissava uno squarcio tra le chiome degli alberi che mostrava il cielo pieno di stelle, così belle e splendenti da sembrare quasi finte.
Quando si sedette anche lui sul tronco lei non si mosse, continuava a fissare il cielo persa in mille pensieri a lui preclusi.
Le allungò il calice.
- E’ vino speziato. – le spiegò quando le dita affusolate della donna si chiusero attorno al calice sfiorandogli la mano – E’ buono.
Patricia non rispose, non lo ringraziò neppure, si portò il bicchiere alle labbra e bevve un sorso senza mai staccare gli occhi al cielo.
- Il pagliaccio in calzamaglia, - le lanciò un’occhiata sperando in un piccolo sorriso divertito, ma non successe nulla - ha detto che ci porterà domani da Principe Giovanni. Da quello che ho capito Re Riccardo è partito per un’altra delle sue spedizioni e lui ha usurpato il trono. Ancora. Tu ci capisci qualcosa?
Lei annuì solamente, gli occhi persi tra le stelle.
- Mi ha anche parlato di quelle gemme. Lui non sa dove trovarle tutte, ma è certo che nella corona del Principe ci sia uno smeraldo a forma di goccia. E’ un inizio. Vuole presentarci come nobili, ci presterà dei vestiti e un po’ di provviste.
- Bene. – fu l’unica laconica risposta della donna portandosi di nuovo il bicchiere alle labbra.
- Patricia cos’hai? – le chiese irritato Severus prima di bere un sorso di vino – Non sei un tipo silenzioso.
- E’ tutto così diverso…- mormorò lei – io… io… leggevo e rileggevo queste favole perché nulla cambiava. Sapevi chi era il buono. Chi era il cattivo. Tutto era già segnato, tutto era semplice. – Patricia sospirò e chiuse per un instante gli occhi - Ma niente è mai semplice. Quello che credi sia la persona migliore del mondo, la persona più buona e sulla quale sai sempre di poter contare si rivela un manipolatore, con doppi fini che non ha paura di sacrificare gli altri per raggiungere uno scopo.
Un sopracciglio sottile del mago s’incurvò verso l’alto, era certo che non stesse più parlando di quel luogo o dei bizzarri incontri che avevano fatto.
Parlava di Albus.
- Sono stata così stupida…
- Patricia…
La strega aprì di nuovo gli occhi e si voltò a fissarlo.
Gli rivolse il suo consueto sorriso, gli occhi brillavano come le stelle del cielo.
Si teneva tutto dentro come aveva sempre fatto della sua vita.
Severus si rese conto che, in fin dei conti, c’erano lati della sua amica che lui non conosceva affatto e quella improvvisa rivelazione gli fece male.
- Patricia…- ripeté con un sussurro.
- Le stelle, però, sono bellissime. – cambiò discorso lei tornando a guadare quel piccolo pezzo di cielo stellato.
Il mago sospirò e alzò anche lui lo sguardo verso le stelle.
- Sì, - confermò – sono bellissime.

___________________________

Nota:
(*) frase tratta dal film: Robin Hood – Il principe dei ladri del 1991 con Kevin Costner, Morgan Freeman e Alan Rickman nei panni del bellissimo sceriffo di Nottingam. Quella è una battuta dello sceriffo dopo che Robin l’ha ferito al volto.
E’ un mio piccolo tributo ad Alan, sempre per farvi quattro risate! XD
 
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view post Posted on 10/12/2017, 14:33
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Capitolo 4: Un'offerta che ho dovuto rifiutare

- Ho proprio toccato il fondo. – pensò guardandosi disgustato.
Severus si ritrovò agghindato con un pesante vestito di velluto blu con i bordi in oro, i pantaloni a sbuffo con sotto una scomodissima calza maglia bianca; le scarpe d’oro si arricciavano sulla punta ed erano troppo strette, la giacca lo stava soffocando mentre il cappello con la piuma bianca era troppo largo, in più la ruvida camicia bianca sotto la giacca gli dava un odioso prurito.
Il mago sospirò di nuovo e, per un attimo, si ricordò del rosso Weasley e l'orrido vestito da cerimonia che aveva indossato per il Ballo del Ceppo. Provò stranamente pietà per lui.
- Esci Severus! - urlò Patricia dall'altra parte della porta, lei si era vestita in un'altra capanna usando vecchi vestiti di Lady Marion.
- No! - gridò l'uomo cercando qualcosa con cui coprire quel ridicolo abbigliamento, o un paio di forbici per farlo a pezzi.
- Avanti non può essere così terribile!
Severus gemette piano tirando la giacca, sbuffando contro la piuma che, insistentemente, gli cadeva davanti al naso adunco.
- Io entro, - dichiarò la strega dall'altra parte – sei avvisato!
Patricia aprì la porta ed entrò nella capanna dove avevano dormito quella notte.
Severus si ritrovò a corto di parole, aveva indossato un sontuoso vestito verde smeraldo che avrebbe fatto invidia ad ogni ragazza o donna della Casa Serpeverde. Aveva delicati ricami d'argento ed era sorretto da due spalline riccamente ricamate con gemme che riflettevano la luce.
Anche senza trucco e con i capelli semplicemente raccolti sembrava una nobildonna.
La strega lo fissò con gli occhi sgranati e, notando la sua occhiataccia, riuscì a trattenere le risate.
- Perché il tuo vestito è più bello? - si lamentò tornando a torturare la giacca blu. - Tu sei bellissima.
- E tu sei ridicolo. – sorrise lei dando un colpetto alla piuma del cappello con due dita - Non ce n’era uno meno pomposo e meno... blu...
- L’altro era giallo canarino. – rispose con una smorfia – Mi ha ricordato Allock, ho optato per questo meno sgargiante.
- Siamo pronti? – urlò Robin strofinandosi le mani entrando nella capanna, aveva indossato un lungo mantello nero e un paio di occhiali da sole, visto di sfuggita sembrava un cieco – Oooh Milady siete splendida e anche lei Messer Piton state proprio bene!
Piton ringhiò qualcosa di incomprensibile, certamente non erano ringraziamenti per avergli dato quell'orrido vestito.
Uscirono dalla capanna dove trovarono una carrozza trainata da un paio di cavalli. Nonostante la carrozza avesse lo stemma di una nobile famiglia sulla piccola portiera si vedevano i segni del tempo, in alcuni punti la vernice era scheggiata o del tutto mancante. In più i due animali che la trinavano sembravano due brocchi prossimi a percorrere il loro ultimo tragitto.
- Benissimo andiamo! – disse entusiasta Robin Hood.
Salirono sulla piccola carrozza diretti a Nottingham.

* * * *


Arrivarono alla città verso metà mattina, Severus e Patricia si guardarono attorno. Intorno a loro c’era solo gente povera, chiedevano del cibo, un po’ d’elemosina, bambini soprattutto e anziani malati.
E tutti si voltarono a fissarli, all’inizio pensarono che quella carrozza malandata attirava l’attenzione poi si resero conto che Robin, vestito ancora da cieco, stava guidando i cavalli.
- Siamo arrivati!- esclamò contento Hood – Bene vi lascio qui, dite alle guardie che vi manda Robin, loro vi apriranno. – spronò i cavalli e cominciò ad allontanarsi – Buona fortuna amici!- urlò sbracciandosi per salutarli.
Quando la carrozza svoltò l’angolo i due fecero un lieve respiro di sollievo e bussarono al portone, si aprì una piccola fessura e due minuscoli occhi neri sbirciarono fuori.
- Chi siete?- fece una voce profonda e rauca.
- Siamo il conte e la contessa Loxfort, - disse prontamente Patricia, avevano studiato una piccola bugia durante il viaggio per rendere credibile la loro visita - vorremmo parlare con sua maestà il Principe Giovanni.
- Avete un appuntamento? – chiese la guardia.
I due si scambiarono un’occhiata preoccupata.
- Beh... no… ma vede…
- Senza appuntamento non si entra a palazzo, – la interruppe scortesemente la guardia - se dovete vedere il principe telefonate alla sua segretaria, il numero è sull’elenco, sotto la P., Poppins Mary. – ringhiò prima di chiudere la fessura con un colpo deciso.
Patricia bussò ancora più decisa.
- Che volete ancora?- fece la guardia scocciata.
- Senta abbiamo fatto un lungo viaggio per vedere il Principe e ora…
- Le ho già detto che senza un appuntamento non si passa. – la interruppe di nuovo l’uomo.
- Ci manda un caro amico del Principe. – spiegò la strega.
- E chi sarebbe? - chiese sospettoso.
- Robin.
L’apertura venne richiusa all’istante, dopo pochi attimi il portone venne aperto e loro entrarono nel palazzo del Principe Giovanni.
Erano sicuri di trovare un energumeno dietro la massiccia porta di legno, invece c’era un piccolo omino con un sigaro in bocca.
- Dovevate dirlo subito che siete amici di Robin. – disse la guardia con la sua voce rauca – In fondo al corridoio a sinistra troverete la sala del trono, il Principe Giovanni è lì. – continuò finendo la frase con un colpo di tosse catarrosa.
Il corridoio in questione sembrava interminabile, lungo e contorno, illuminato solo dalle torce appese alle pareti che emanavano una luce sinistra.
- Mi sento quasi a casa. – mormorò Severus guardandosi attorno e sfiorando le fredde pareti di pietra grigia.
La stanza del trono era luminosa e completamente ricoperta d’oro, sacchi di monete, monili d’oro e d’argento erano sul pavimento mentre quadri preziosi e antichissimi arazzi impreziosivano le pareti. Alcune armature brillavano negli angoli della stanza e lungo le pareti.
Il Principe Giovanni era seduto sul suo trono di legno laccato d'oro, sembrava molto giovane con i suoi lunghi capelli ramati, gli occhi neri e penetranti e il fisico atletico.
- Benvenuti nel mio castello. – fece alzandosi dal suo seggio – Vi prego di perdonare la mia guardia, non è stata delicata nei vostri confronti.
- Lei ci deve scusare Vostra Eccellenza, - disse Patricia con un dolce sorriso – siamo arrivati senza annunciare il nostro arrivo. Abbiamo un lungo viaggio davanti a noi, uno delle tappe era Nottingam e non potevamo non ringraziare il suo sovrano per averci dato il consenso ad attraversare le sue terre.
Il giovane principe fece un sorriso e allargò le braccia.
- Ora siete miei ospiti. Questo castello vi darà tutto quello di cui avrete bisogno per il vostro viaggio. Che non si narri nelle terre lontane che il Principe Giovanni di Nottingam non è un sovrano magnanimo.
- Molto gentile sua Maestà. – Patricia fece un piccolo inchino, poi diede una piccola gomitata per far inchinare anche Severus.
- Sarete stanchi per il viaggio, - disse il Principe chiamando due valletti – vi farò sistemare nelle vostre stanze e sarete miei ospiti per il pranzo ovviamente.
- Non possiamo fermarci molto mio Principe. – rispose educatamente Patricia – I nostri impegni ci obbligano a riprendere molto presto la strada, ma accettiamo la sua ospitalità.
- Oh che peccato…- rispose suadente Giovanni avvicinandosi a Severus – mi sarebbe piaciuto approfondire la vostra conoscenza Conte di Loxfort.
Severus alzò un sopracciglio, quel principe gli piaceva proprio poco. Lo guardava in un modo strano, gli sorrideva ad ogni frase e sembrava non gradire la presenza di una bella donna come Patricia.
I suoi sospetti aumentarono ancora di più quando il valletto lo accompagnò nella sua camera stranamente molto vicina a quella Reale. Molto, molto vicina.
Voleva andarsene da lì il più presto possibile.
Poco dopo pranzo lui e Patricia stavano nel grande parco dietro il castello, il principe si era presentato con corona e scettro ed ebbero la conferma alle parole del ladro. Nel centro della corona c'era una gemma verde a forma di goccia grossa quanto un uovo di gallina.
Non erano certi che fosse quello che cercavano, ma dovevano controllare.
- Allora hai escogitato un piano per rubargli quella gemma?- chiese sotto voce la donna.
- Certo, tra qualche ora cercherai di convincerlo a fare una passeggiata per il parco, devi sedurlo e farti condurre nella sua stanza. - rispose il mago chinandosi sul prato e strappando qualche fiore dalla corolla di un intenso color rosso.
Lei rimase in silenzio osservando la schiena piegata del mago.
- So cosa stai pensando. - disse lui indaffarato a togliere i gambi tenendo solo i petali e pistilli neri.
- Sto pensando che non avrei dovuto restituirti quella pozione.
Severus si raddrizzò di scatto e si voltò verso Patricia che sorrideva maliziosa.
- Non passerai la notte con Giovanni!- nella sua voce c'era una punta di gelosia che nessuno dei due colse al volo – Sai cos'è questo? - le domandò mostrandole i fiori spezzati.
- Insalata?
- Papaveri. - spiegò il pozionista senza commentare la sua risposta – I petali e i pistilli tritati sono l'ingrediente principale della pozione del sonno. Saranno pronti per questa sera dopo la cena. Fai portare del vino in camera e proponi un brindisi, metti la polvere nel suo calice e aspetta che si addormenti, non dovrebbe volerci molto. Quando si addormenta rubi la pietra. Scapperemo subito, questa notte stessa, non possiamo correre rischi, quando se ne accorgerà noi saremo già lontani.
- Addio al divertimento... - borbottò sconsolata l’altra.
Il mago sollevò un sopracciglio.
- Lascia perdere, tu non capiresti. – rispose Patricia allontanandosi per prepararsi.

* * * *



Li aveva lasciati soli di proposito, con una scusa qualsiasi, non voleva che nulla andasse storto, Patricia era stata bravissima e, con una scusa molto convincente, aveva condotto il sovrano in giardino per una romantica passeggiata sotto il chiaro di luna. Le aveva passato un fazzoletto ripiegato dove ci aveva nascosto la polvere di papavero. Si erano dati appuntamento nel portico appena il piano fosse riuscito.
Già stava assaporando la vittoria su quello stolto di un Principe quando sentì qualcuno che bussava alla sua porta, poggiò l’orecchio sull’uscio cercando di captare anche un minimo rumore per capire chi fosse a quell’ora tarda, non sentendo nulla socchiuse la porta.
- Patricia!- disse sorpreso appena la vide – Cosa diavolo ci fai qui?
- Fammi entrare. – tagliò corto la strega.
Era strana, sembrava imbarazzata.
- E’ successo qualcosa?- domandò immediatamente – Il coso che si crede un Principe ha fatto qualcosa di sbagliato?
- No. – rispose senza guardalo.
- Non sei riuscita a parlarci?
- No, ho parlato a lungo con lui.
- Allora sei riuscita a rubare il gioiello prima del previsto.
- Non è così.
- Ma sei entrata nella sua stanza vero? – disse cominciando a perdere la pazienza.
- Ecco…. Severus è proprio questo il problema. – rispose sedendosi sulla sponda del letto.
- Ti sei comportata male e ti ha cacciato?
- No! Senti io e il Principe abbiamo parlato e lui mi ha detto... mi ha detto... che preferisce la tua compagnia. – esordì tentando di nascondere un sorriso divertito.
- La mia compagnia?- ripeté stupito – E perché? Cosa può volere da... - la frase gli morì in gola e impallidì nel giro di qualche secondo – Scordatelo. – disse dopo aver superato la confusione iniziale - Io non lo faccio.
- Ma se ti attieni al piano non dovrai neppure sfiorarlo. – fece lei passandogli il fazzoletto ancora piegato.
- No! Io non ci metto neppure piede in quella camera! Tu gli hai detto che io non sono quel genere di uomo, vero?
- Veramente io gli ho detto che saresti andato nelle sue stanze immediatamente. – rispose Patricia voltandosi dall’altra parte cercando di non scoppiare a ridere.
- Non puoi averlo fatto! – urlò sconcertato – Come puoi avermi fatto una cosa del genere?
- Senti ci serve quella pietra e io non posso neppure avvicinarmi alle stanze del Principe. – rispose decisa lei cercando di mantenere il controllo – Tu, invece, hai questa opportunità. Perché io potevo farlo e tu no? In fondo non ci devi finire a letto! Quando gli metterai la droga nel calice sarà tutto finito.
- Nel frattempo cosa faccio? – chiese allarmato.
- Io questo non so. – disse Patricia accompagnandolo fuori dalla stanza – Ma sei sempre stato bravo ad improvvisare. – non riuscendo più a trattenersi Patricia scoppiò a ridere e corse dentro la camera chiudendosi la porta alle spalle.
Severus rimase solo in quel corridoio, la porta del Principe era a pochi passi dalla sua. Sapeva che lo stava aspettando, un brivido gli percorse la spina dorsale; doveva solo sperare che tutto finisse alla svelta e il più indolore possibile.
Fretta e indolore erano le parole chiavi della situazione in cui si era cacciato.
Si sistemò la casacca blu, infilò con cura il fazzoletto nella tasca dei pantaloni, facendo molta attenzione che la polvere non si perdesse.
- Scommetto che ti stai divertendo un mondo, Patricia. - mormorò a denti stretti avvicinandosi alla porta del Principe.
Arrivato alla massiccia porta di legno intagliato fece un profondo respiro e bussò.
Sgranò gli occhi quando il principe aprì la porta invitandolo ad entrare.
Il completino di pelle nera, completo di quelle che sembrano borchie lasciava molto scoperto e ben poco all'immaginazione.
Attingendo a tutta la sua abilità di doppiogiochista riuscì a celare una smorfia di disgusto.
- Benvenuto Conte!- lo accolse raggiante Giovanni con la voce leggermente più alta di quanto ricordasse – Sono felice che abbiate accettato il mio invito. Vostra sorella mi ha raccontato che siete un uomo molto timido e che difficilmente fate la prima mossa.
Severus maledì Patricia in tutti i modi che conosceva.
- Spero di non risultare troppo sfacciato ai vostri occhi. – disse poi notando l’espressione leggermente assente di Severus.
- A... affatto. – balbettò il mago abbozzando un sorriso ed entrando nella stanza.
Si bloccò sulla soglia, la stanza del principe poteva benissimo essere quella di un perfetto maniaco. Oltre alle stoffe rosse che ricoprivano praticamente ogni cosa era invasa da specchi. Manette, frustini e altri oggetti di cui ignorava l'uso erano in bella mostra su un tavolo, l'orrida ciliegina finale su quella torta di orrori era il letto rotondo.
- Ti piace?- gli sussurrò all’orecchio Giovanni.
Severus chiuse gli occhi e deglutì a fatica:
- Molto... molto... suggestiva. – sussurrò irrigidendosi quando la mano del Principe gli aveva sfiorato una natica.
- Nervoso? – chiese l’altro non capendo quel suo gesto.
- E’ che sono fuori allenamento. – rispose il mago cominciando a preoccuparsi per la piega che stava prendendo la situazione.
Stava succedendo tutto troppo velocemente. Doveva prendere il controllo della situazione.
Giovanni sorrise cospiratore e si mise davanti al suo nuovo amante:
- Andiamo Conte, una volta imparato non si dimentica più. – mormorò dolcemente mettendogli le braccia attorno al collo – Vediamo se riesco a rinfrescarti la memoria. – continuò avvicinandosi alle sue labbra, ma Severus cercava in tutti i modi di sfuggire a quel bacio – Smettila di fare il timido. Andiamo. Patricia mi ha raccontato cose molto interessanti sul tuo conto, ma ti avevo notato subito… appena entrato nel mio castello. – mormorò seducente cominciando a slacciargli la casacca blu mentre gli baciava il collo – Ho capito subito che sei il mio tipo.
Piton, da parte sua, non riusciva a muovere neppure un muscolo, era così paralizzato dalla foga del Principe che aveva dimenticato la gemma e la polvere custodita in tasca.
- Andiamo tesoro…- fece Giovanni cominciando a stufarsi della rigidità del compagno in posti dove non doveva essere rigido – non stare fermo. Non ho indossato il mio miglior completino intimo per tenerlo addosso a lungo.
A quella frase Severus si destò dal suo torpore iniziale e ricordò quello che doveva fare, mentre cercava di non vomitare e, nel frattempo, si imponeva di fingere apprezzare le carezze del Principe, che si facevano pericolosamente insistenti e sempre più vicino alle sue parti intime, controllava se nella stanza c'era qualcosa dove poter sciogliere il sonnifero.
C’era una brocca sulla scrivania, una brocca e due calici, molto probabilmente vino.
Ghignò soddisfatto.
- E’ vino quello? - chiese Piton con la voce più calda e sensuale che gli riuscisse.
Il viso di Giovanni si illuminò.
- Certo amore è vino…- lo prese per mano e lo trascinò fino alla brocca – te ne verso un bicchiere.
- No aspetta! - lo fermò rudemente Severus con un gesto deciso – Faccio io, tu buttati sul letto. – e, senza aspettare che lui eseguisse l’ordine, lo spinse con forza sul giaciglio rotondo.
- Come sei virile…- cinguettò l’altro passandosi una mano nella folta chioma rossa.
Severus versava da bere mentre progettava una vendetta per la Signorina Kent che aveva raccontato tutte quelle assurdità sui suoi gusti sessuali.
Senza farsi vedere afferrò dalla tasca della giacca il fazzoletto contenente la polvere di papavero e ne mise due pizzichi nel calice. Si domandò se ne avesse messo abbastanza, non aveva i suoi strumenti e non sapeva quanto fosse efficace e in che tempi. Riaprì il fazzoletto e ne sciolse altri due pizzichi, poi, non contento, mise tutta la polvere nel vino.
Sfrigolò un poco mentre si scioglieva per poi scomparire del tutto. Sperò che non alterasse il sapore delle bevanda.
Con estenuante lentezza, che per il Principe era solo un gesto per aumentare la sua eccitazione mentre per Severus era un modo per ritardare il più possibile la visione del pazzo maniaco in completino di pelle, si voltò sfoggiando il sorriso più suadente che gli riusciva. Si mise a sedere accanto a Giovanni e gli passò il calice colmo di sonnifero.
- Bevi tutto. – sussurrò Severus con un mormorio basso facendo vibrare le corte vocali e il corpo dell’uomo che gli sedeva di fronte.
Giovanni non se lo fece ripetere due volte, bevve avidamente in un solo sorso e gettò il calice alle sue spalle, poi si gettò famelico su Severus che non riuscì a schivarlo in tempo e si trovò sdraiato sul letto con il Principe che finiva di slacciarli la casacca.
- Era una dose che avrebbe messo fuori gioco anche Hagrid! - pensò il professore basito sfuggendo alle labbra del principe – Doveva crollare immediatamente! Forse la sua eccitazione sta ritardando l’effetto del sonnifero… o peggio… la polvere di papavero sta aumentando la sua eccitazione! Giuro che questa volta me la paghi Patricia. Appena ti metto le mani addosso io… io…- ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti, Giovanni aveva finito di slacciagli la casacca e l’aveva completamente aperta sul torace.
Gli stava torturando la pelle del collo con delicati morsi che avrebbero dovuto aumentare la sua eccitazione mentre rischiava solo di fargli rimettere quello che aveva mangiato a cena, mentre con quelle fastidiose mani andavano sotto la cintura cercando un’entrata per raggiungere posti che Severus esigeva che restassero privati.
E, mentre lui faceva ogni genere di sforzo per slacciare la complicata chiusura di quell’abito ottocentesco, Severus la riallacciava cercando di non dare nell’occhio.
Il Principe alzò la testa solo per poter vedere meglio lo sguardo magnetico e provocante del suo nuovo amichetto di giochi; Piton accennò un debole sorriso. Quando Giovanni riprese a baciargli il collo alzò gli occhi al cielo sperando che la pozione facesse in fretta il suo lavoro. Cominciò ad avere qualche serio dubbio sulla sua efficacia quando l’altro iniziò a scendere con la bocca fino ai suoi pantaloni, afferrò con i denti uno dei lacci e tirò verso il basso aprendoli del tutto. Severus chiuse gli occhi disperato, non voleva guardare, non voleva sentire, voleva solo morire, mentre si preparava al peggio avvertì uno strano rumore totalmente diverso da quello dei baci, morsi, risatine idiote e risucchi che aveva avvertito fino a poco prima.
Alzò appena la testa e vide Giovanni immobile davanti al suo intimo nero; con un colpo di bacino lo fece rotolare di lato. Il Principe Giovanni, fratello di Re Riccardo e nuovo sovrano di Nottingham era crollato: la polvere di papavero aveva fatto effetto e ora avrebbe dormito per diverse ore, forse anche un giorno intero.
Il pozionista si accasciò sul letto con un sospiro di sollievo. C’era andato troppo vicino per i suoi gusti.
Si rialzò allacciandosi i pantaloni e prese la casacca dal pavimento, mentre si rivestiva alla bene e meglio cercava nella stanza la corona del Principe mettendo a soqquadro la camera.
- Tua sorella mi ha detto che sei timido…- mormorò imitando la voce dell’uomo che russava – Oh sì Patricia mi ha raccontato cose molto interessati sul suo conto…- continuò cercando in tutti i posti immaginabili – Vorrei proprio vedere cosa ti ha raccontato quella pazza, brutto porco depravato! – sbuffò mentre controllava anche sotto il letto e dietro i quadri alla ricerca di una cassaforte – Oh come sei virile… E quella sconsiderata chissà come se la ride! – si fermò un attimo cercando un angolo dove non aveva ancora cercato, la stanza Reale era sotto sopra, aveva rovistato ovunque, aperto ogni cassetto e controllato sotto ogni tappeto e quadro, la sua attenzione fu attirata dall’armadio. Quello non lo aveva ancora controllato, forse per paura di trovarci qualche ex amante appeso.
Furtivamente aprì le ante del mobile. Appoggiata ad una testa di plastica raffigurante il volto sorridente del sovrano c’era la corona. Severus la prese tra le mani e la controllò bene, la gemma verde splendeva nel centro, racchiusa in un cerchio di piccoli diamanti. Senza troppe difficoltà Piton recuperò il gioiello che a contatto con la sua mano emanò un intenso bagliore verde. Sorridendo soddisfatto se lo mise in tasca, uscì dalla porta promettendo a se stesso e al suo corpo di non farvi mai più ritorno.
 
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view post Posted on 22/9/2018, 16:22
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Capitolo 5: Un aiuto dall'alto

- Perché non mi vuoi raccontare cos’è successo?- chiese ancora una volta la strega.
Durante la notte aveva rubato un paio di cavalli neri dalle scuderie ed ora stavano cavalcando verso sud. Ovvero verso l’ignoto.
Senza guida giravano a vuoto, senza sapere dove dirigersi o dove cercare il prossimo indizio, ma di una cosa erano assolutamente certi: dovevano allontanarsi da Nottingham.
Viaggiavano ormai da un paio di giorni e le informazioni che avevano ricevuto da altri viaggiatori incrociati per strada non erano le più incoraggianti.
Da quello che avevano sentito il Principe Giovanni si era svegliato solo dopo un giorno, ancora vestito con quel ridicolo completino di pelle e una forte emicrania. La rabbia per la scoperta del furto del gioiello fu superata solo dalla rabbia di apprendere che due dei suoi cavalli purosangue erano spariti. In più era arrivata una soffiata allo sceriffo e, il mattino successivo alla loro fuga, era partito con alcuni soldati alla ricerca del fuggiasco Hood.
Severus non ne aveva la certezza, ma il sorriso stampato comparso sulla faccia di Patricia, quando aveva appreso la notizia, fugava ogni suo sospetto.
Avevano accelerato il trotto dei cavalli per aumentare sempre di più la distanza che li separava dalla cittadina e avevano rubato alcuni vestiti da contadini stesi ad asciugare fuori da una capanna in mezzo alla campagna lasciando i vestiti preziosi donati dal ladro come pegno.
Nonostante nessuno li stesse seguendo o fosse sulle loro tracce Severus era più taciturno del solito e non rivolgeva parola all'amica se non in caso di estrema necessità.
- Andiamo ti puoi fidare di me...- gli disse sorridente Patricia – io ti sono amica.
- Amica?- esplose all'improvviso il mago – Non mi avresti gettato tra le braccia di quel maniaco se fossi stata mia amica! Non avresti raccontato tutte quelle menzogne su di me se fossi mia amica!
La strega trattenne a sento una risata con una smorfia che fece infuriare ancora di più l'uomo.
- Ma cosa dovevo dirgli? Lui aveva già puntato gli occhi su di te io ho solo forzato un attimo la mano.
- Ho visto! Per poco non mi violentava!
Patricia decise che era meglio lasciar perdere il discorso, non era il caso di farlo arrabbiare ulteriormente. Fece un profondo respiro e si guardò attorno, avevano lasciato Nottingham e la Foresta di Sherwood e il panorama non era molto vario. Vaste pianure verdi, piccole colline, capanne isolate dal resto del mondo, qualche strano uccello di tanto in tanto ma nulla di veramente pericoloso, temibile o anche solo vagamente emozionante.
- Che noia...- sbuffò raccogliendo i capelli con un nastro – Sevvy come facciamo a trovare le altre gemme senza una guida?
- Non lo so, - rispose serio l'altro – e non chiamami Sevvy!
- Ora dove andiamo?
- Seguiamo il sentiero, da qualche parte ci sarà una città o solo un piccolo villaggio.
Verso il mezzodì arrivarono di fronte ad una grande collina completamente ricoperta di fiori di ogni genere e colore. Il profumo dolciastro dei fiori era così forte che dava quasi la nausea. Salirono metà colle e decisero di fermarsi per mangiare un boccone.
- Chissà cosa c’è oltre la collina? – fece la donna addentando del pane ormai quasi del tutto secco.
- Non saprei, non si sentono rumori. Temo che ci vorrà ancora un po' prima di trovare una città o anche solo un villaggio con più di cinque case.
Il mago fece un lieve sorriso notando una bella margherita bianca, la colse e la infilò tra i capelli dell’amica. Il candore dei petali spiccava con i capelli neri come la pece della donna. Patricia arrossì lievemente e Severus si rese conto che la sua amica era tenera quando rinfoderava le unghie e la lingua biforcuta.
Stava per parlarle quando un pianto esplose a pochi metri da loro. I due saltarono in piedi, guardandosi attorno.
- Assassino! – gridarono in coro delle vocette squillanti.
- Terrorista! – urlò una voce più profonda.
- Ma cosa...- fece Piton guardandosi attorno quelle vocette stridule ce l'avevano con cui – Chi parla?
- Avete visto?- fece la seconda voce – Fa pure finta di non vederci e dire che siamo tutte intorno a lui.
Il mago socchiuse gli occhi e si guardò attorno ancora con più foga.
- Dove siete? – chiese chiedendosi se aveva perso del tutto la ragione.
- Siamo qui idiota!- urlarono le vocette indisponenti – Sei cieco oltre che un assassino?
- Io non sono un assassino!
- Hai ucciso una nostra sorella!- risposero le vocette prima di scoppiare a piangere di nuovo.
- Una vostra sorella? – ripeté Severus convinto, ormai, di esser uscito di senno e di stare parlando con una voce immaginaria partorita dalla sua mente – Patricia ci capisci qualcosa?
Ma la ragazza non rispose, gli dava le spalle e stava guardando a terra.
- Patricia… cosa c’è?- domandò cercando di capire quale fosse l’oggetto di così tanto interesse, la strega stava osservando un piccolo fazzoletto di terra ricoperto da bianchissime margherite – Non sei un po' grande per cogliere le margherite? Vuoi farci una coroncina come le bambine?
- Non ci provare!- urlarono all’uniscono i fiori aprendo i loro occhietti neri e la loro boccuccia irritante – Sei un genocida!
- Per tutti i Gargoyle! - esclamò il professore sgranando gli occhi neri – Ma questi fiori parlano.
- Certo che parliamo umano. – rispose un giglio vicino alla sua caviglia – Cosa credevi che fossimo solo fiori insignificanti?
- O ornamenti per i capelli?- fecero in coro le margherite arrabbiate.
Severus alzò gli occhi al cielo, quei giorni erano trascorsi in modo così tranquillo e normale che aveva quasi dimenticato dove fosse finito.
- Mi dispiace per vostra sorella. – mormorò – Patricia andiamo.
La strega annuì e cominciò a raccogliere le sue cose.
- Dove siete diretti?- chiese curiosa una violetta quando la strega si chinò a raccogliere la sacca che aveva trovato nelle stalle del castello a Nottingham.
- Non lo sappiamo con preciso, stiamo vagando per il regno alla ricerca delle gemme magiche per aprire la porta che ci condurrà a casa.
- Oh…- fece una bocca di leone rossa fuoco – io so di cosa parlate!
- Sul serio?- domandò speranzosa Patricia con un sorriso.
- Sì, sì io so cosa sono!
- Sa anche dove possiamo trovarle? – chiese elettrizza la donna.
- Io so dove si trova una gemma. – rispose delicatamente una rosa gialla – Dietro la collina c’è un bosco, tra gli alberi, dopo le sette cascate, troverete una casina piccola. Là vi abitano sette nani, là troverete una gemma.
- Ovvio!- disse Patricia – La miniera dei sette nani! Come ho potuto dimenticarlo! Andiamo Sevvy! Siamo sulla pista giusta!
- Ti ho già detto di non chiamarmi Sevvy! – farfugliò il mago salendo a cavallo.
Partirono al galoppo alla ricerca della foresta.

* * * *



- Dovremo lasciare i cavalli. – constatò Piton osservando il fitto bosco di fronte a loro – Continueremo a piedi.
- Va bene. – rispose la donna scendendo dall’animale e togliendogli la sella.
Camminare per la foresta di Sherwood era stato abbastanza facile, gli alberi erano molto alti e facevano passare abbastanza raggi luce da illuminargli il cammino e rendere l’aria fresca e respirabile. Questo bosco, invece, aveva un aspetto sinistro e malsano, era buio e puzzava terribilmente di alberi in decomposizione, la vegetazione era bassa, scura, umida, l’erba cresceva ovunque attaccandosi sulla corteccia degli alberi come un parassita.
- Non mi sembra il bosco di Biancaneve. – commentò Patricia osservando la vegetazione – Assomiglia alla Foresta Proibita.
- Magari ci troviamo pure qualche schifosa bestiaccia pericolosa come nella Foresta Proibita. E non abbiamo la magia per difenderci.
- Potremmo cercare un’entrata. – suggerì la donna.
- E’ un bosco! Non c’è una porta con una maniglia e uno zerbino con scritto benvenuti. - sbottò irritato l’altro continuando a cercare un acceso meno insidioso - Ho trovato le tracce di un sentiero. Ma sembra che nessuno passi da qui da anni.
- Andiamo. – disse Patricia prendendo il mago per mano.
Severus abbassò lo sguardo confuso, Patricia non lo prendeva per mano da anni.
La strana sensazione al cuore tornò a farsi sentire, questa volta accompagnata da un piccolo crampo allo stomaco.
Ignorò tutto.
- Paura?
- Un po’.
Severus sorrise appena e ricambiò la stretta. Quel crampo tornò a farsi sentire, ma lo ignorò di nuovo.
- Ci sono io qui.
- Lo so.
Fecero un profondo respiro e si addentrarono nel bosco.

* * * *



Camminarono a lungo e molto lentamente, le radici, i cespugli spinosi e anche solo la semplice erba bloccavano in continuazione la strada. Si trovarono a cambiare percorso un paio di volte e, ben presto, si persero nel fitto della scura vegetazione.
- Maledizione! – urlò Patricia furiosa – Possibile che questa foresta ce l’abbia con noi? Dici che in qualche modo non vogliono che raggiungiamo la capanna dei sette nani?
- Sono alla ricerca della capanna dei sette nani. – borbottò il mago mentre scansava un cespuglio con le mani, gli mancava la sua bacchetta e la facilità con cui faceva saltare i cespugli solo con un piccolo movimento del polso – Dovrei essere nel mio ufficio a decidere se licenziare Gazza o a trovare il modo di allontanare Pix. Invece sono alla ricerca della capanna dei sette nani! Probabilmente ucciderò Arthur quando tornerò a casa.
- Severus! - gridò Patricia bloccando ogni sua fantasia omicida verso il capofamiglia Weasley – Severus, veni a vedere!
Piton andò verso la sua amica, Patricia aveva trovato un sentiero abbastanza spazioso, un grande sentiero a scacchi verde che attraversava la foresta.
- E questo da dove diavolo salta fuori?- domandò il professore passandosi una mano tra i capelli perplesso – Sono certo che non ci fosse nulla del genere poco fa.
- Non lo so. – rispose la donna – Ma ora che siamo qui… siamo persi nella foresta… seguiamo il sentiero.
- E se fosse una trappola?
- Al massimo troviamo il lupo cattivo di Cappucetto Rosso!
- Sempre più spiritosa vedo. – sibilò cattivo l’altro – Va bene seguiamo il percorso, ma teniamo gli occhi aperti. Non mi piace per niente.
Incominciarono ad incamminarsi osservando la vegetazione che il circondava, la foresta era mutata quasi all’improvviso, prima era bassa, putrida e puzzolente; ora gli alberi erano alti e folti, le vegetazione era rigogliosa in fiore e molto colorata. Alcuni conigli passarono accanto ai due viaggiatori ignorandoli del tutto, gli uccelli avevano incominciato a cantare creando una dolce melodia come se stessero cantando per gli stranieri che li stavano osservando. Patricia aveva intonato una canzoncina con le labbra e i pennuti avevano subito seguito le sue note formando un piccolo coro di cinguettii.
Lentamente la donna incominciò a danzare nel sentiero seguendo le note degli uccellini, saltellava allegra con gli animaletti attorno che le danzavano tra i piedi.
Piton si fermò a fissare l’amica, incrociò le braccia e alzò un sopracciglio.
Tutto ciò era strano…
Quando anche un cervo con le grossa corna ramificate si avvicinò alla strega per leccarle una mano la pazienza del mago finì del tutto. La raggiunse con due grandi falcate e la prese per un braccio. La strattonò forte cercando di farle riprendere il senno che sembrava averla abbandonato del tutto.
- Ma che diavolo ti prende? – sbraitò il mago.
Patricia lo guardò confusa, sembrava quasi che non lo riconoscesse.
- Si può sapere lei chi è? – chiese liberandosi dalla presa dell’uomo con uno strattone.
- Patricia! Sono io! Severus!
La donna socchiuse gli occhi cercando di ricordare quel nome.
- Mi dispiace ma non conosco nessuno con un nome così orribile. – dichiarò tornando a saltellare e canticchiare con gli animali della foresta.
Il Preside rimase senza parole, si ritrovò a fissarla convinto che lo stesse prendendo in giro.
- E allora chi diavolo sei?
Patricia si fermò, si voltò verso il mago e lo guardò stralunata, come se le avesse posto la domanda più stupida al mondo.
- Io mi chiamo Alice.
Severus sgranò gli occhi.
- Alice…- mormorò incredulo – allora sai anche dirmi dove siamo?
- Ah non lo so! - rispose la strega sollevando le spalle – Io volevo solo trovare un posto sicuro per non studiare. Mia sorella è una lagna. Ho seguito il Coniglio Bianco, sono caduta in una buca e mi sono ritrovata qui.
Il mago si passò una mano sul svolto spazientito.
- Cos’ho fatto per meritarmi anche questa?- si domandò sapendo già che non avrebbe ricevuto alcuna risposta.
Quando era un mago decisamente più giovane e ancora convito di poter fare qualcosa di utile per il mondo nonostante le sue pessime scelte di vita, aveva chiesto aiuto a qualche entità soprannaturale. Chiedendogli la forza di uccidere quando non aveva altre possibilità. Oppure di indicargli la soluzione ad un problema.
A volte chiedeva la forza di dimenticare Lily.
Invece le sue preghiere erano sempre rimaste senza risposta, silenziose lamentele che cadevano nel silenzio della sua anima.
Ben presto aveva imparato che non c’erano entità sopra di lui che tiravano i fili del suo destino e che doveva trovare da solo la forza di andare avanti.
Il destino non è scritto, lo si scrive con le proprie mani ogni giorno e lui aveva scelto un futuro vuoto, scarlatto come il sangue che gli sporcava le mani. Doveva trovare da solo le soluzioni ai suoi problemi e la forza di togliere una vita quando non aveva altre possibilità.
- Se vuoi posso risponderti io…- echeggiò una voce sopra la testa del mago.
Piton alzò il capo basito da quella voce arrivata dal nulla. Non era un'entità soprannaturale, non era un uomo con barba e vestito di bianco, né un ciccione dorato a gambe incrociate o un divinità con la faccia da elefante e il corpo di donna.
Era un gatto con evidenti problemi di peso e il muso simile in modo quasi inquietante al gatto spelacchiato che la Granger si portava appresso dal suo terzo anno.
L'animale con il manto stranamente a strisce rosa e viola gli sorrideva in modo sinistro, con una dentatura somigliante molto di più a quella di un umano anziché di un gatto. Frustava l'aria con la grossa coda pelosa e lo fissava con due occhietti gialli spiritati.
- Merlino... - mormorò il mago – e tu cosa saresti?
- Io?- rispose l’animale scomparendo dal ramo dov'era appollaiato – Io sono uno Stregatto. – continuò apparendo su ramo più basso – E sono qui…- continuò di nuovo scomparendo – per aiutarti a trovare la strada.- proseguì comparendo tra i piedi del mago.
- Bene, - disse l’uomo osservando di sbieco Patricia mentre raccoglieva fiorellini per farne una ghirlanda – sono impazzito pure io. Se sapevo che nel mio futuro avrei cantato con degli animali e ballato in un bosco sconosciuto, avrei chiesto a Nagini di mordermi due volte per essere sicuro di finirmi.
- Tu non sei matto. - fece l'improbabile animale – Ma la tua amica è stata contagiata.
- Contagiata da cosa?
- Oooh ognuno la chiama in modo diverso. Qui viene chiamata la malattia di Alice. – esordì il gatto a cui erano spuntati degli occhiali con le lenti rotonde sul naso rosa e un grosso libro di medicina – Sintomi: alterazioni delle percezioni visive e uditive. Convinzione di essere Alice. Predisposizione nel cacciarsi nei guai e nell’incontrare le persone più strane di questa foresta.
- Ad esempio?- chiese il mago fissando l’amica che aveva ripreso a cantare con gli uccellini.
- Il Cappellaio Matto abita laggiù. – rispose l’animale allungando una zampa pelosa a destra – Il Tricheco e il Carpentiere sono al di là di quell’albero. Il Coniglio Bianco vive in un casetta dopo il lago vicino al castello della Regina di Cuori, ma non vi consiglio il castello. La Regina è molto suscettibile in questo periodo,- si mise una zampetta vicino alla bocca come se stesse per dirgli un grande segreto – colpa della menopausa – gli sussurrò - e taglia la testa a chiunque metta piede nel tuo territorio.
- Noi siamo diretti alla… alla…- Severus chiuse gli occhi e fece un profondo respiro – alla casetta dei sette nani.
- Allora dovete uscire della foresta. Continuate il sentiero e uscite dalla parte nord. Superate le sette cascate troverete la capanna, non è difficile.
- E come faccio a curare la mia amica?
- Di quello non preoccuparti! La malattia perde la sua efficacia usciti dal bosco, ma io mi preoccuperei di altro, se fossi in te.
- Perché?
- Perché in tutto il mondo esistono bolle di malattie di questo genere. Se la tua amica è stata contagiata dopo pochi metri può succedere di nuovo. Capita a chi si lascia trascinare da questo mondo, solitamente quando si tende a non vedere la realtà rifugiandosi in un mondo di fantasia.
- Bene…- sospirò il mago sconsolato – questa ci mancava. Quindi potrebbe impazzire ancora?
- E’ probabile… ma anche tu, manichino, potresti correre lo stesso rischio.
- Impossibile. – ribatté Piton – Io non mi lascio incantare da questo posto. Conosco molto bene la mia realtà e non sono un manichino.
- Io non ne sarei così sicuro… tutti scappano dalla realtà prima o poi. Non tutti lo ammettono con la stessa facilità però.
Il mago fece un cenno infastidito con la mano come se stesse scacciando un insetto estremamente fastidioso.
- Quando Patricia uscirà da questo bosco tutto tornerà come prima? - domandò
- Assolutamente. – rispose l’animale sparendo dalle gambe del mago e comparendo su una roccia – La tua amica tornerà in sé solo se esce dal bosco di Alice.
- Fantastico. – mormorò – Sicuramente non sarà propensa a seguirmi con le buone. Non c'è problema, mi devo vendicare dello scherzetto che mi ha fatto al castello del Principe Giovanni. - fece un passo verso la strega che stava danzando attorno al cervo, poi si bloccò - Ah. Grazie gatto.
- Oh prego…- fece l'animale incantato cominciando a sparire un poco alla volta – ma ti devo avvertire, non sarà facile uscire. Siamo tutti matti!
La risata folle dello Stregatto echeggiava ancora della foresta, sembrava quasi che i tronchi degli alberi centenari facessero rimbalzare il suono da una corteccia all’altra facendo risuonare la risata ancora più folle alle orecchie del mago che stava si stava avvicinando all'amica cercando una scusa per convincerla a di uscire dal fitto della foresta. Optò per un approccio dolce. Poteva ricorrere alle maniere forti in un secondo momento.
- Patri… Alice… - la chiamò sollevando gli occhi cielo esasperato - cosa ti va di fare?
La strega si bloccò e fissò intensamente il mago:
- Beh io voglio sapere cosa fa il Coniglio Bianco!
- Che fortunata coincidenza, - fece Severus abbozzando un inquietate sorriso – l’ho appena visto che saltellava verso la fine del bosco.
- Davvero! - gridò la donna entusiasta battendo le mani – Andiamo! Andiamo!
Saltellando Patricia si incamminò sul sentiero seguita da un paio di conigli, uno stormo di uccellini canterini, delle farfalle e tre procioni.
Piton alzò gli occhi al cielo.
- Anche se non mi ascolti e probabilmente non esisti, ti prego fa che tutto vada bene. – borbottò seguendo l’amica impazzita e spostando con la mano gli uccellini che gli volavano davanti agli occhi.
 
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view post Posted on 22/9/2018, 17:10
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:lol: :lol: :lol:
Consiglio la lettura di questa storia a chi si senta un po' triste o depresso: è fantastica!!!!

Il principe Giovanni è un capitolo imperdibile.

Ci sono perle di saggezza memorabili
CITAZIONE
...tutti scappano dalla realtà prima o poi. Non tutti lo ammettono con la stessa facilità però.

La sto rileggendo :lol:
 
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view post Posted on 22/9/2018, 17:31
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Grazie. Ogni tanto mi ricordo di aggiornare :lol:
 
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view post Posted on 23/9/2018, 11:17
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Ho trovato un pezzo d'antiquariato!!
Fatto io una vita fa, alla prima stesura della storia.
Mostra anche le mie scarsissime abilità in disegno.... :woot:

:lol: :lol: :lol: :lol:

 
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view post Posted on 23/9/2018, 18:33
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:lol: :lol: :lol: :lol: imperdibile!!!!
 
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