Il Calderone di Severus

ParanoidAndroid - il rituale dell'alba, Tipologia: Flash Fiction (100-500) - Genere: Introspettivo - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: Nessuno - Epoca: Altro - Pairing: Severus/Lily - Personaggi: Altro - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 23/5/2017, 17:15

Buca-calderoni

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Titolo: Il rituale dell’alba
Autore/data: ParanoidAndroid / 3 Novembre 2011
Beta-reader: Nessuno
Tipologia: Flash Fiction (100-500 parole)
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus
Pairing: Severus/Lily
Epoca: HP e il principe mezzosangue
Riassunto: Poco prima di siglare il patto infrangibile con Narcissa Malfoy, Severus si sveglia nella sua casa a Spinner’s End e, vestendosi, ricorda come ogni mattina il significato dei bottoni della sua giacca.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


Il rituale dell’alba




Lentamente, scostò appena la pesante tenda impolverata a far entrare il familiare biancore del sole di Spinner's End.
Guardò fuori. L'aria era pesante, densa di odori, come sempre.
Fuori, e dentro.
Ricordò il motivo per cui quella tenda era lì, a proteggerlo da quell'erba alta, da quel cielo sempre grigio, dal fumo denso di quelle ciminiere Babbane.
Era l'alba. Il suo rigore pretendeva la più assoluta abnegazione, e svegliarsi così presto faceva parte delle sue abitudini, così si avvicinò alla giacca che giaceva perfettamente ripiegata su di una poltrona logora, e cominciò il solito rituale.
Stoffa dura. Nera. Sorrise: severa.
Iniziò dal basso, come un conto alla rovescia.
Il primo bottone fu quello dell'odio.
L'odio che provava verso James Potter, che gli aveva sottratto la persona più importante della sua vita. Per Harry, che in quegli occhi indegnamente verdi portava inalterata l'arroganza di quell'uomo. Per suo padre, Tobias, di cui non ricordava il volto ma la voce, quella sì, la ricordava. Per sua madre, che non seppe far altro che tacere. Per se stesso, troppe volte colpevole.
Il secondo bottone fu quello della solitudine, in cui aveva deciso di vivere per sempre.
Il terzo bottone fu la paura, per quello che Silente gli aveva ordinato di fare. Un'altra macchia. Nel nero spariscono, almeno così dicono.
Il quarto bottone fu la rabbia, da tenere chiusa a chiave. La rabbia che provava ogni volta che non poteva far altro che obbedire, per uno scopo più alto forse, per una causa lodevole. Per una causa così lodevole da meritare la morte di uomini e donne innocenti.
Il quinto.
Il quinto furono le lacrime che non aveva il diritto di piangere.
Il sesto si chiamò disperazione, mentre con il settimo sigillò ancora una volta il suo patto con il rimorso.
Troppi altri ne allacciò. E furono noia, calore, disprezzo, speranza.
Poi l’ultimo, finalmente. Quello che premeva contro la sua gola. Quello che tratteneva il pianto.
Quello che gli faceva più male di tutti.
Quello che stringeva al punto che quasi gli pareva di soffocare a volte, ma che allo stesso tempo gli impediva di abbassare la testa, di curvare la schiena sotto il peso delle sue miserie passate e di quelle che sarebbero venute.
Ricordò il motivo per cui la sua divisa nera aveva così tanti bottoni.
L’ultimo era lei. Lily.
 
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