Il Calderone di Severus

Ida59 - Solo il fumo del calderone, Genere: Drammatico Introspettivo Sentimentale - Avvertimenti: AU - Epoca: HP 7^ anno - Pairing: Severus/Pers. Orig - Personaggi: Silente e Phineas Nigellus (ritratti), Minerva, (Neville e Pers Orig)

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 26/4/2017, 15:51
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,408
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


Solo il fumo del calderone

 

Titolo: Solo il fumo del calderone
Autore/data: Ida59 – 1- 17 febbraio 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: storia a capitoli (song-fic)
Rating: per tutti
Genere: drammatico, introspettivo, sentimentale
Personaggi: Severus, Albus Silente e Phineas Nigellus Black (ritratti), Minerva, (Neville Paciock e Personaggio originale: presenti in forma indiretta).
Pairing: Severus/Personaggio originale
Epoca: 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: - Sei solo una vecchia sciocca, Minerva! – rincarò con voce gelida, i cristalli infranti del suo cuore che stridevano disperati. – Sono i fumi irritanti della pozione che stavo distillando. Solo il banale fumo del calderone, Minerva, mi spiace deluderti.
Parole/pagine: 7300 senza la canzone / 21
Nota: Storia scritta per l’iniziativa “A ritmo di musica” nell’ambito della Severus House Cup del Forum “Il Calderone di Severus”.
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Il personaggio originale, ove presente, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

 

Bellini: Il Pirata – Atto I – scena III
 
GUALTIERO
Per te di vane lagrime
mi nutro ancor, mio bene:
speranza mi fa vivere
di possederti ancor.
Se questo avessi a perdere
conforto in tante pene,
ah! non potrei più  reggere,
vorrei la morte allor.
 
SOLITARIO E ITULBO 
Deh! taci, incauto, e frenati;
non dar di te sospetto:
mill'occhi in te si affissano,
ti svela il tuo furor.
 
CORO (in disparte)
Donde sì cupi gemiti?
Perché sì tristo aspetto?
Quella, che tanto l'agita,
è smania, e non dolor.

 
NOTE
Severus impersona Gualtiero.
Il ritratto di Silente impersona Solitario, mentre Phineas Nigellus Black è Itulbo.
Minerva impersona il coro.
Ho usato l’intera canzone.
Il video dell’aria lo trovate qui: www.youtube.com/embed/fZP0UHnzJtA







Solo il fumo del calderone

1 - L’accadimento
2 – Sconforto
3 – Amore
4 – La strategia del piano
5 – Dubbi e incertezze
6 – La recita delle menzogne
7 – Comprensione e affett
o







 

1 - L’accadimento

 
Severus Piton camminava per i corridoi deserti a passo di carica, furioso con se stesso come spesso gli accadeva in quegli ultimi mesi, il lungo mantello nero che frustava l’aria alle sue spalle: le armature si scansavano con clangore metallico al suo passaggio, ritraendosi nel profondo delle loro nicchie e sembrava che neppure i fantasmi osassero aleggiare intorno.
Arrivato in fondo al corridoio del settimo piano, il gargoyle di guardia all’ingresso della presidenza prese vita all’improvviso balzando di scatto a lato, mentre il muro alle sue spalle si apriva rivelando la scala a chiocciola semovente. Il mago salì sul primo gradino e la scala, con inusitata rapidità, lo depositò davanti alla porta di quercia che si aprì docile ad un nervoso cenno delle sue lunghe dita sottili, mostrando la grande sala circolare che occupava tutto il piano della torre.
Severus entrò in presidenza, si sedette alla scrivania che era appartenuta ad Albus Silente e spazzò di lato con malagrazia tutte le carte e pergamene che la ingombravano, facendone cadere una buona parte: poco male, intanto erano tutte stupide scartoffie burocratiche di cui il Ministero lo ingolfava ogni giorno e lui non aveva certo la stessa pazienza e diplomazia del suo predecessore.
Soprattutto, non ne aveva il tempo, diviso com’era a recitare la parte dell’odioso Mangiamorte e, al tempo stesso, a preoccuparsi dell’incolumità dei suoi studenti, cercando altresì di indovinare dove diavolo poteva esserci cacciato il ragazzo per lui più importante di tutti: quello da cui dipendevano le sorti della guerra e il mantenimento della promessa fatta sul corpo inanimato della donna che aveva amato per quasi tutta la vita.
I presidi lo osservavano in preoccupato silenzio dai loro ritratti: quando Piton era così irritato, significava che non era riuscito nel suo intento di evitare guai e, quindi, qualche studente era di nuovo finito nelle grinfie avide e crudeli dei fratelli Carrow. Ancora un’altra volta.
Dopo alcuni minuti, solo Silente osò rompere quell’irato e teso silenzio:
- Di chi si tratta, questa volta? – chiese gentile, un comprensivo sorriso sulle vecchie labbra.
Severus sollevò lo sguardo, cupo e nero come non mai:
- Il solito Paciock, quell’idiota fondi-calderoni perennemente in cerca di guai, peggio perfino di Potter! – rispose secco senza neppure girarsi verso il quadro alle sue spalle.
Il ritratto di Silente sospirò, ma non proferì altra parola: negli occhi neri del suo pupillo aleggiava chiara una amara sconfitta – l’aveva notato subito quando era entrato a passo di carica -  e non era proprio il caso di peggiorare la situazione.
- Sfascia-calderoni!  – ripeté ancora il giovane preside, testardo, la voce sempre più irata e tetra, la schiena ostinatamente girata al quadro del suo mentore.
Già, meglio ricordare Paciock come il terrore dei calderoni, com’era stato fino a due anni prima, quando ancora cercava di insegnare la delicata arte delle pozioni a quel branco di teste di legno. Meglio ricordarlo come il più imbranato dei suoi allievi, invece di riconoscergli il folle coraggio Grifondoro con il quale si opponeva ogni giorno all’odiato preside dei Mangiamorte guidando spavaldo la rivolta sempre più aperta dell’intera scuola contro di lui.
Lui che, invece, solo cercava di limitare i danni e mantenere la promessa fatta un anno prima ad Albus, di prendersi cura dei suoi amati studenti. Ecco, neppure quella promessa riusciva più a mantenere…
Severus sospirò, circondato dal silenzio carico di attesa dei ritratti.
- È intervenuto a spada tratta per difendere un ragazzino del primo anno, un povero Tassorosso finito nei sadici artigli di quell’arpia di Alectus. – spiegò infine a capo chino, i lunghi capelli neri che gli coprivano in parte il volto pallido e tirato. - Stavo già provvedendo io a risolvere la questione, con cauta circospezione, quando si è catapultato a testa bassa nel corridoio come il solito stupido Grifondoro che è, sprezzante del pericolo, e ha rovinato tutto il mio lavoro!
Piton sbuffò di nuovo picchiando con forza un pugno sulla scrivania, facendo sobbalzare il calamaio d’argento con la lunga ed elegante piuma verde e le poche pergamene sopravvissute al suo iniziale gesto d’ira.
- La solita, maledetta mania dei Grifondoro di proteggere gli altri, fosse pure a costo della loro stessa vita! – sbottò ancora, incapace di accettare la nuova sconfitta per non aver saputo proteggere lui i ragazzi, com’era suo dovere.
Silente annuì soddisfatto dal suo ritratto:
- Mi sembra che anche tu abbia la stessa sciocca ed ostinata mania dei Grifondoro, caro il mio coraggioso Serpeverde! – mormorò quasi tra sé, il sorriso ad illuminargli gli occhi azzurri dietro le lenti a mezzaluna.
Severus si girò rapido verso il quadro e lo fulminò con un’occhiataccia che non impedì però al vecchio preside di mettere a segno il suo colpo fino in fondo:
- Giù, proprio così, ormai ne sono certo: lo Smistamento avviene troppo presto, – concluse strizzando l’occhio al quadro dove Phineas Nigellus seguiva con attenzione la scena, proprio sulla parete di fronte a lui, – e tu ne sei la dimostrazione vivente, mio caro ragazzo, che ti piaccia o meno. – rincarò, quasi con quelle parole la lunga diatriba con Phineas sulla giusta Casa di appartenenza del loro pupillo avesse infine trovato una risolutiva definizione.
Piton tornò a girarsi di scatto e lo fulminò con lo sguardo, nero più dell’abisso profondo e oscuro della notte, ma trattenne ogni pungente risposta; era del tutto inutile lasciarsi coinvolgere ancora in quella discussione così cara ad Albus quando era in vita, ed ora ripetuta come un ostinato ritornello dal suo ritratto, evidentemente istruito in modo opportuno. Quello non era certo il momento adatto, ma era sicuro che molto presto il ritratto di Phineas sarebbe tornato alla carica per tessere invece le lodi alle sue prevalenti caratteristiche di Serpeverde.
E tutto sarebbe ricominciato da capo, un’altra volta, come sempre…






 

2 – Sconforto

 
 Il mago aveva problemi molto più gravi da affrontare in quel momento e un battibecco sugli eventuali errori commessi dal Cappello Parlante durante lo Smistamento, già più e più volte intrattenuto negli stessi identici termini con un ritratto, fosse pure quello del grande Albus Silente, gli avrebbe solo fatto perdere tempo prezioso.
Non era certo quello l’importante, non in quel tragico momento in cui tutto pareva dannatamente sfuggirgli di mano. Gli sembrava di non farcela più a continuare da solo in quella tremenda recita, a portare sulle spalle l’orribile peso dell’assassinio dell’uomo che ogni giorno gli sorrideva comprensivo dal quadro posto in posizione centrale dietro la sua scrivania, gli occhi azzurri penetranti fissi in ogni istante alla sua nuca. Non ce la faceva più a fingere in ogni singolo attimo della sua giornata, con gli amici ancor più che con i nemici. Temeva di crollare da un momento all’altro, incapace di sopportare ancora l’odio rovente delle persone per le quali ogni giorno rischiava la vita per dar loro protezione e la possibilità di vincere quella guerra orribile che continuava a mietere vite e a macchiargli le mani di sangue innocente, fosse anche quello delle vittime che non riusciva a salvare e di cui era costretto ad assistere impotente alla morte, un’orrenda impassibilità congelata sul volto mentre il suo cuore, stremato, si incrinava sempre più.
- Non ce la faccio più, - ammise con se stesso in un soffio soffocato abbassando lo sguardo, - da solo, contro il loro odio…
- Ci sono io, Severus, caro ragazzo mio! – rispose Albus alle sue spalle, la voce carica di paterno affetto.
Il mago alzò il capo verso di lui, ma solo per scrollarlo lento, un’amara rassegnazione incisa in ogni linea del suo volto pallido, gli occhi neri luccicanti come stelle nella notte oscura che avvolgeva il castello.
- So bene quale tremendo sacrificio ti ho chiesto, Severus, - continuò con dolcezza il ritratto, - so a quale tragico destino ti ho condannato, figliolo. Ma non ho potuto fare altro…
I sospiri dell’uomo e del ritratto si sovrapposero per un lungo momento, mentre la brace crepitava piano nel focolare dove l’ultimo ciocco di legno si era rotto cadendo sul fondo, le fiamme non più ravvivate ormai quasi spente.
- Non credo che tu abbia bisogno che io ti ricordi perché stai facendo tutto questo, vero? – riprese Albus dalla sua cornice.
Il volto pallido e teso di Severus era una maschera di rassegnato dolore.
- È per il ragazzo, lo sai, è vero. – puntualizzò ancora il vecchio preside. – ma non è più solo per lui che lo fai, adesso, lo sappiamo entrambi.
Una breve pausa accompagnata da un nuovo sfrigolio dei rimasugli dei ciocchi nel camino, dove le fiamme avevano ripreso un insolito vigore.
- Perché adesso lo fai anche… per lei!
Severus trasalì, un sospiro tremante sulle labbra sottili e gli occhi neri che scintillavano nel riverbero delle fiamme.
Era davvero incredibile!
Non solo Albus conosceva sempre ogni cosa, ma sapeva anche quando era il momento più adatto per intervenire. E con quali esatte parole!
Il vecchio mago aveva istruito davvero bene il suo ritratto, quasi da farne un vero e proprio alter ego che, esattamente come l’essere vivente, sapeva sempre come agire al momento più opportuno. Doveva essersi accorto che era vicino al punto di rottura e che la solitudine, ingigantita dall’odio e dal disprezzo che lo circondava in modo opprimente, gli era ormai diventata insopportabile.
Così aveva deciso di ricordargli che non era solo.
Che c’era anche lei.
Leiche lo amava.
Lei, da difendere e da proteggere, a costo della sua stessa vita. E della sua felicità.
Lei, e il loro stupendo sogno d’amore per cui combattere.
Ancora.
Sempre.
Severus cedette a se stesso e chiuse gli occhi per un tempo che gli parve infinito, cercando di riprendere il controllo di sé e di quel cuore che stava battendo impazzito, perso in meravigliosi ricordi che, forse, non sarebbero mai tornati ad essere la sua realtà, durata così poco da essergli sembrata solo un sogno svanito alle prime luci dell’alba.
Infine riaprì gli occhi fissando di nuovo lo sguardo in quello azzurro del quadro.
- Questa sera era presente anche Minerva: era nascosta e me ne sono accorto troppo tardi. – disse in tono atono, di nuovo perfettamente padrone di sé. - Temo abbia osservato tutto il mio intervento e, forse, ha capito qualcosa o, per lo meno, credo che il mio comportamento le abbia fatto sorgere dei dubbi. – sospirò piano. – Di certo lei non è ottusa come i Carrow: ha un ottimo cervello e sa usarlo alla perfezione, traendo le debite conclusioni dai fatti…
Silente rimase ad osservarlo in silenzio dalla sua elaborata cornice, soppesando le informazioni.
- Ritieni che abbia capito perché cerchi d’arrogarti il diritto di assegnare le punizioni ogni volta che ti è possibile? – chiese infine, dubbioso. - Per assegnare poi castighi in apparenza terrificanti per i Carrow, come inviare di notte nella Foresta Proibita i ragazzi quando cercarono di rubare la spada, ma di fatto blandi per loro?
- Non lo so: Minerva è attenta, sospettosa e intelligente. Quando assegnai quella punizione, sembrava molto stupita. – rispose il mago ponderando le parole. – Sono sicuro che ricordava fin troppo bene  di averla impartita lei stessa al giovane Potter e ai suoi amici sei anni fa.
- Devi stare attento, Severus, nessuno deve capire il tuo pericoloso gioco, altrimenti finirai per correre rischi enormi. Nessuno deve sapere, mai! – statuì con la decisione dello stratega che sempre era stato in vita.
Piton scrollò le spalle, stizzito:
- In fin dei conti è della mia vita che si parla, adesso, Albus! – ribatté duramente.
- Ma è il mio piano che manderesti a rotoli!
Il giovane preside abbassò lo sguardo e sospirò pesantemente:
- Talvolta vorrei tanto che Minerva potesse comprendere tutto… - si lasciò sfuggire in un sussurro roco, colmo di sofferente solitudine.
- No, Severus, sai bene che non è possibile, altrimenti glielo avrei rivelato io stesso un anno fa.
La voce del vecchio mago aveva assunto una sfumatura dolce nel tono preoccupato: sembrava quasi accarezzare il ricordo della comune, vecchia amica.
- Pensa a Minerva, al peso di cui dovrebbe farsi carico se sapesse il nostro segreto, al rischio che correrebbe se fosse interrogata dai Mangiamorte…
Severus sospirò di nuovo, sconfitto, i lunghi capelli neri che gli ondeggiavano davanti al volto pallido mentre scuoteva lentamente il capo, lo sguardo rassegnato rivolto a terra. No, non voleva che quel carico gravasse anche su Minerva, che anche lei corresse dei rischi. Silente aveva ragione; ne avevano discusso oltre un anno prima ed insieme avevano deciso che quella era la soluzione migliore, l’unica soluzione! Nessuno avrebbe mai dovuto sapere la verità! Anche se questo per lui significava la crudele condanna alla più totale solitudine ed all’odio e al disprezzo di tutti coloro per i quali ancora e sempre rischiava ogni giorno la vita.
- Ma tu hai lei, adesso, - aggiunse ancora Albus con la tenerezza affettuosa di un padre, - con cui confidarti, lei che ha compreso, lei che ti ama.




 

3 – Amore

 
 
Per te di vane lagrime
mi nutro ancor, mio bene:
speranza mi fa vivere
di possederti ancor.
Se questo avessi a perdere
conforto in tante pene,
ah! non potrei più  reggere,
vorrei la morte allor.

 
Severus sollevò di colpo la testa, gli occhi neri enormi, accesi nel volto pallido, scavato dalla tensione.
Lei.
Non riuscì più a trattenersi e con delicatezza accarezzò con la punta delle dita sottili la tasca segreta della sua severa casacca nera, posta proprio sopra il suo cuore; sospirando slacciò alcuni bottoni, infilò piano la mano all’interno e prese la foto.
Lei, sorridente tra le sue braccia, avvolta dal suo protettivo abbraccio. Ed i suoi occhi neri che scintillavano, traboccanti di una felicità mai conosciuta prima, una felicità durata così poco…
Sospirò e chiuse gli occhi abbandonandosi ai ricordi di quel troppo breve idillio.
Quanto poco era durato il loro amore e la sua immensa gioia!
Gli sembrava ancora di averla tra le braccia, di sentire l’inebriante profumo della sua pelle e il dolce sapore delle sue labbra.
Riaprì gli occhi ed una lacrima scese lenta sulla guancia pallida valicando l’argine tremante delle lunghe ciglia nere: nei ritratti appesi alle pareti i presidi fingevano di dormire o gli volgevano le spalle, rispettosi di quel suo momento dì intimità. Sapeva che non avrebbero mai riferito nulla di ciò cui assistevano in Presidenza, neppure ai loro doppi appesi in altri luoghi, proprio come imponeva il singolare incanto che conferiva loro quella speciale esistenza negata ad ogni altro quadro magico. Eppure si sentiva profondamente a disagio, come messo a nudo davanti al mondo intero.
Strinse delicatamente la foto tra le mani, lei che gli sorrideva con amore, e si alzò dalla scrivania per dirigersi verso l’ampia sporgenza della grande balconata centrale dove quasi si nascose tra il vetro della porta-finestra e lo spesso tendone di velluto, che chiuse accuratamente alle sue spalle creando un angolo di intimità illuminato dalla falce di luna che in quel momento stava facendo capolino tra le nubi scure che si rincorrevano senza posa nel cielo nero.
Abbassò lo sguardo sulla foto e teneramente le sfiorò il viso con una carezza in punta di dita, poi la avvicinò piano alle labbra sottili, quasi tremante di desiderio, e vi pose un bacio leggero, delicato ma colmo di tutto il suo immenso amore.
Altre lacrime scesero piano, silenziose, mentre appoggiava la foto del suo amore sul cuore e volgeva lo sguardo fuori nella notte appena tornata oscura, la luna di nuovo nascosta dalle nuvole gonfie di pioggia.
Guardò in fondo, oltre gli alberi neri, oltre il lago scuro, verso la periferia estrema di Hogsmeade, così vicina eppure così irrimediabilmente lontana per lui!
Magari lei già dormiva, tutta sola nella piccola casetta isolata che era stata teatro del loro breve, intenso ed appassionato amore.   
Severus piangeva il suo amore, immobile e in silenzio, il pesante tendone di velluto cremisi che lo nascondeva anche alla vista dei quadri. Le lacrime scorrevano sul suo volto pallido, scendevano ad incontrare le sue labbra sottili e poi gli cadevano pesanti sul petto a bagnare la casta casacca nera. Eppure, quelle lacrime salate e amare nutrivano il suo cuore e purificavano la sua anima, gli davano la forza di sperare ancora e di andare avanti in quella sua tremenda realtà di odio e solitudine.
Albus aveva ragione: era anche per lei che continuava a combattere, la donna che amava, la donna che lo amava, che aveva saputo comprendere ed accettare il suo passato e perdonare le sue colpe.
Da quando la scuola era cominciata ed aveva assunto la carica di preside dei Mangiamorte non l’aveva più rivista: seppure lei l’avesse implorato di non tenerla lontana, il mago per  nulla al mondo l’avrebbe sottoposta all’odio e al disprezzo che sapeva si sarebbero presto rovesciati sulla sua esecrata persona. Era troppo bella e pura, il suo angelo del perdono, per sporcarla con le tremende accuse che lo avrebbero sommerso, proprio come poi era successo.
Erano mesi che non la vedeva, ma il pensiero di poterla un giorno stringere di nuovo a sé era ciò che lo spingeva ad andare avanti, ad affrontare ogni giorno l’ostilità e lo spregio delle persone per cui combatteva.
La desiderava con tutto se stesso, con il cuore e con il corpo, ma non osava andarla a trovare: per niente al mondo avrebbe rischiato di metterla in pericolo, lei che, sola, era riuscita a capire ed ora sapeva ogni cosa del suo passato e del suo angoscioso presente.
Il mago emise un lungo sospiro colmo di desiderio e deglutì l’amarezza della rinuncia mentre chinava il capo e nuove lacrime solcavano pesanti il pallore del suo viso illuminato dalla luna che, sfuggita dalla prigionia delle nuvole, di nuovo inargentava la notte intensamente nera.
Piano, il nome della sua donna aleggiò con passione sulle sue labbra tremanti, bruciante promessa d’un futuro incerto e lontano. Eppure, senza quel pensiero, quel sogno ancora da realizzare per il quale ogni giorno lottava anche contro se stesso, non sarebbe più riuscito ad andare avanti, neppure per un solo istante.
Se, nella sua tremenda realtà del presente, non avesse avuto il conforto del pensiero che lei era là ad attenderlo, con il suo sorriso carico d’amore e di perdono, nella piccola casetta che aveva visto l’ardente passione dei loro amplessi, la vita non avrebbe più avuto alcun senso e solo la morte avrebbe dominato il suo domani.
Un’ultima lacrima, ancora, brillò nei suoi occhi neri illuminati dal candido riflesso lunare, mentre ricordava il sapore intenso dei baci e sentiva di nuovo la sua pelle calda e morbida sotto le dita e il desiderio di lei incendiava il suo povero corpo costretto a quella terribile lontananza, solo per proteggerla da se stesso e dalle colpe del suo passato che continuavano ad incatenarlo all’oscurità.

 

Edited by Ida59 - 28/4/2017, 22:00
 
Web  Top
view post Posted on 28/4/2017, 20:59
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,408
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:



4 – La strategia del piano

 
All’improvviso a Severus parve di sentire un bisbiglio alle spalle; si irrigidì di colpo staccandosi rapido dal vetro della grande finestra per arretrare, riaprire il pesante tendone di velluto cremisi e tornare infine alla sua scrivania scansando le pergamene ancora disordinatamente sparse a terra, la foto sempre stretta con delicato amore tra le dita sottili. Mentre camminava veloce, scorse la figura di un altro Silente nella cornice di Albus dietro la scrivania che sembrava ancora più imponente, così sgombra d’ogni carta; la figura era subito svanita nello sfondo scuro del quadro, ma il mago l’aveva riconosciuta ugualmente: proveniva dal ritratto del vecchio preside che Minerva aveva fatto portare nella sua stanza poco dopo l’inizio della scuola.
 

Deh! taci, incauto, e frenati;
non dar di te sospetto:
mill'occhi in te si affissano,
ti svela il tuo furor.

 
- Attento, Minerva sta arrivando! – lo avverti il ritratto di Silente con tono agitato e al contempo irritato. – Ti avevo detto che dovevi cambiare subito la parola d’ordine non appena hai capito che l’aveva scoperta!
- Bene, che venga: mi troverà con le lacrime agli occhi e finalmente capirà qual è il tremendo dolore che mi divora! – rispose aspro, la voce roca per le strazianti lacrime piante in silenzio oltre il baluardo del pesante velluto dei tendaggi, illuminato ad intermittenza da una falce di luna volubile che giocava a nascondino con le nubi scure, portatrici di nuova tempesta sulla scuola.
- Severus! Ricorda il nostro accordo!
La voce di Silente dal quadro non ammetteva replica.
Gli sembrò proprio quella di Albus, quando era ancora vivo e con decisione gli ordinava qualcosa cui non poteva in alcun modo sottrarsi; così il mago rimase in silenzio, senza riuscire a ribattere, attanagliato da ricordi che gli bruciavano l’anima trapassandogli il cuore.
- Asciugati quelle inutili lacrime, non vorrai davvero farti scoprire, proprio adesso che gran parte del lavoro è stato compiuto? – lo rimproverò secco Silente. – Il Medaglione di Serpeverde è stato distrutto come tu stesso hai constatato. Presto il ragazzo avrà trovato e distrutto anche la Coppa di Tassorosso. Non manca che la Tiara di Corvonero… e poi Nagini!
- Già, come se fosse una cosa da nulla… proprio come uccidere te! – sibilò con dura ironia il mago asciugandosi con rabbia le guance e trovando infine la forza di opporsi, imponendo a se stesso di ricordare che stava parlando solo con un dannato quadro, per quanto istruito a lungo e con molta cura dal soggetto che adesso vi era ritratto. – Vecchio stupido stregone che credevi nei sogni e ti divertivi a giocare con la vita delle persone… – aggiunse con voce alterata e densa di sofferenza. – a cominciare dalla tua… e dalla mia!
- Taci, Severus! Minerva sta arrivando e tu devi riprendere subito il controllo di te stesso! – ordinò Albus allarmato dalla ribellione del giovane mago. – È essenziale per la riuscita del piano!
- Già, il gelido e sgradevole Severus Piton deve di nuovo indossare la sua impassibile maschera di odiosa indifferenza e continuare la sua maledetta recita. – rispose il mago, un’amarezza profonda nella voce colma di dolore. - Che importa se il suo cuore sanguina e la sua anima è a brandelli! L’importante è che il tuo maledetto piano sia portato a termine! – concluse, quasi gridando, gli occhi neri, ancora traboccanti di lacrime, che scintillavano spiritati.
- Non è questo il momento di discutere, - tagliò corto il ritratto, sempre più agitato, - tra pochi istanti lo sguardo acuto di Minerva frugherà sul tuo viso alla ricerca di una verità che in nessun modo dovrà trovare, nonostante i tuoi occhi gonfi ed arrossati dalle lacrime. Inventati una scusa attendibile, Severus, e alla svelta! – ordinò con la stessa fermezza dello stratega che era sempre stato in vita.
- Già, una scusa, un’altra menzogna delle mille e più della mia orrenda recita. E sempre quella odiosa maschera premuta sul mio volto a soffocare la mia umanità!  – mormorò il mago quasi a se stesso, un lungo gemito a strozzargli le parole in gola, mente si accasciava rassegnato sulla scrivania, la foto con la sua felicità perduta ancora stretta fra le mani con una delicatezza che contrastava con lo scoppio di furore che lo aveva appena bruciato, lasciandolo ora consumato e vuoto.
Qualunque cosa.
Se il Marchio sul suo braccio lo inchiodava alla schiavitù dell’Oscuro Signore, quella lontana promessa lo vincolava alla perenne obbedienza ad Albus Silente.
Anche se lo aveva ucciso.
Per obbedirgli.
Così come avrebbe continuato a mentire a Minerva e a farla soffrire. Per tener fede a quella promessa…
- Attento ai rischi che corri, Severus. - intervenne pacato il ritratto di Phineas Nigellus.  – Albus ha ragione e se non stai più che attento, rischi di tradirti. Cammini su un filo molto teso e sottile, sospeso sull’abisso tra la vita e la morte, lo sai benissimo. Il mio doppio, giù nel sotterraneo, mi ha più volte riferito che in tua assenza i Mangiamorte confabulano su di te e valutano le continue stranezze del tuo comportamento. Se decidessero di rivelare qualcosa a Voldemort tu saresti perduto… ed anche tutti noi!
Il giovane preside non ebbe il tempo di ribattere: in quel preciso istante la porta della presidenza si aprì e Minerva entrò, non annunciata, battagliera più che mai, la bacchetta stretta in pugno e gli occhi che lanciavano strali di fuoco come un drago che vede in pericolo i suoi cuccioli ed accorre in loro difesa.
Già, anche la vecchia strega era una dannata ed indomabile Grifondoro!







 

5 – Dubbi e incertezze

 
I pensieri turbinavano nella mente della vecchia insegnante mentre si lasciava trasportare dalla scala a chiocciola che conduceva alla stanza circolare in cima alla torre.
Aveva scoperto la parola d'ordine per accedere alla presidenza alcune settimane prima, per puro caso, mormorando tra sé il nome di Silente mentre era in impaziente attesa davanti al gargoyle di pietra che, all’improvviso, aveva preso vita e si era spostato di lato lasciandola entrare. La scelta proprio di quel nome l'aveva profondamente stupita e non era assolutamente riuscita a comprendere il motivo di quella inopinata decisione, ma era rimasta ancora più sorpresa dal fatto che Severus - sì, nei suoi pensieri ancora lo chiamava così, l’abitudine e l’affetto ancora vincenti sull’odio e sul dolore - una volta capito senz’ombra di dubbio che la sua parola d'ordine era stata scoperta, non l'avesse subito modificata.
Un errore del genere le sembrava davvero inconcepibile da parte del preside dei Mangiamorte che aveva imposto mille regole odiose non solo agli studenti ma anche agli insegnanti: in quel modo, infatti, seppure in forma tacita, Severus le lasciava libero accesso alla presidenza correndo il rischio che lei lo rivelasse però anche ad altri e, quindi, mettendo volontariamente in pericolo la sua stessa incolumità.
Questo incredibile atto di fiducia nei suoi confronti - sì, non riusciva a trovare altra parola per definirlo, se non quella, proprio fiducia - aveva cominciato a far sorgere dubbi ed interrogativi nella mente di Minerva che da quel momento aveva cominciato a guardare con occhi diversi il mago, l’odio ed il dolore per un attimo accantonati. Lui, però, aveva continuato a fissarla con il solito freddo sguardo impassibile, privo d’ogni emozione e sentimento.
Del resto, erano davvero molte le stranezze che aveva cominciato a notare sempre più spesso nel comportamento del suo giovane collega - no, nei suoi pensieri proprio non riusciva a riferirsi a lui come al "Preside": quello era e sempre sarebbe stato solo Albus! – e che le davano parecchio da pensare: le aveva raccolte tutte con cura ed analizzate con attenzione, senza però riuscire ad arrivare ad alcuna conclusione sensata. Anche se, a dire il vero, un dubbio lo aveva, e diventava ogni giorno sempre più forte e circostanziato, supportato da tutti quegli strani atteggiamenti del ragazzo.
Minerva ebbe un moto di stizza: al diavolo, nonostante tutto, ancora lo chiamava così - il suo ragazzo - proprio lui che aveva spietatamente ucciso Albus!
Quella sera, però, il dubbio dell’anziana strega si era fatto ancora più grande e profondo e in certi momenti, guardando Severus in quei suoi occhi neri, scuri e profondi più della notte che circondava il castello, le era quasi parso di poter cogliere inaspettati lampi di verità.
Ma com’era possibile un tale pensiero, una congettura così assurda e inverosimile, se Severus aveva ucciso Albus?
Eppure, il comportamento tenuto dal mago davanti ai due Mangiamorte difficilmente poteva essere interpretato in altro modo: mentre lei lo osservava non vista, nascosta nella nicchia della statua e impietrita dalla sorpresa per ciò che stava avvenendo davanti ai suoi occhi, Severus era abilmente riuscito a controllare la situazione fino quasi a ribaltarla a favore del piccolo Tassorosso, riuscendo così a sottrarlo alle odiose attenzione degli altri due. Il piccolo stava quasi sgattaiolando via, incredulo d'averla scampata così facilmente e senza neppure essersi reso conto che il merito era proprio del tanto odiato preside, quando Paciock era piombato tra loro come una furia scagliandosi a difesa del ragazzino... e rovinando però tutto il lavoro di Severus.
Minerva l'aveva colto benissimo, il lampo di amaro sconforto negli occhi del mago, il sospiro sfuggito per un istante alle sue labbra sottili per tutto il difficile lavoro andato in fumo in un solo breve istante.
Ma come poteva mai essere? Perché Severus difendeva gli studenti dai Carrow?
Perché, ad ogni modo - e anche di questo fatto Minerva ne era ben sicura - Severus era riuscito a difendere anche Neville: con apparente casualità aveva deviato il sortilegio che Amycus aveva lanciato contro il ragazzo per azzopparlo e fermarne la corsa, facendo invece sembrare d’aver solo mancato il bersaglio nella foga della reazione.
I Carrow forse non avevano l'acume necessario per comprendere, ma per l’anziana insegnante le azioni del mago, che solo all’ultimo si era accorto della sua presenza, quella sera erano state assolutamente inequivocabili.
Ma Severus era l’odiato assassino di Albus, il viscido traditore di tutti loro, e Minerva si ritrovava così continuamente imprigionata in quel circolo vizioso senza mai riuscire ad uscirne fuori.
Era proprio per quel motivo che quella sera aveva infine deciso di andargli a parlare in presidenza, senza neppure avvertirlo con il consistente anticipo che lui pretendeva da tutti, forte della conoscenza della parola d'ordine che le avrebbe permesso di entrare, del tutto inaspettata: chissà, se l'avesse colto di sorpresa, magari sarebbe finalmente riuscita ad infrangere il suo perfetto autocontrollo!
Invece, un'altra stranezza si era aggiunta alla lista già fin troppo lunga: mentre la scala a chiocciola saliva lenta e silenziosa, l'anziana insegnante aveva udito parole concitate provenire da dietro la porta di quercia della grande stanza circolare e, sì, ne era certa, anche dei gemiti attutiti.
Possibile che Severus in persona stesse punendo gli studenti, facendo loro del male?
Minerva inorridì a quel pensiero, il suo cuore di madre stretto in una morsa, e cercò di scacciarlo, ma doveva combattere anche contro la solita, orribile considerazione di fatto: Severus aveva ucciso Albus!
Così spalancò di colpo la porta, la bacchetta saldamente stretta in pugno e combattiva più che mai, disposta a tutto per difendere i due studenti contro quello sporco traditore assassino.








 

6 – La recita delle menzogne

 

Donde sì cupi gemiti?
Perché sì tristo aspetto?

 
La grande stanza circolare era vuota, a parte Severus semi accasciato sulla scrivania sgombra d’ogni carta e pergamena che erano invece sparse in disordine a terra tutt’intorno. I presidi dei ritratti sembravano dormire - imbroglioni! Minerva lo sapeva benissimo che erano svegli, salvo il mago avesse cominciato a parlare da solo con se stesso, cosa di cui dubitava alquanto - e non c'era alcuna traccia dei due studenti in punizione. Il suo terribile sospetto era già stato fugato con un solo, veloce sguardo.
Solo la brace sfrigolava nel camino che, come sempre dove Severus viveva, era quasi spento.
In un riflesso inconscio, Minerva puntò la bacchetta sul focolare ravvivandone le fiamme che ripresero a bruciare vigorose sprigionando riflessi gialli, arancioni e rossi sulle pareti e sul soffitto dell’ampia sala; l’anziana insegnante dovette addirittura mordersi la lingua per frenare il materno rimprovero che sempre gli rivolgeva quando lo trovava da solo, senza neppure il conforto del tepore del camino che ancora e sempre si negava quasi non ritenesse di averne diritto.
Mille vecchi pensieri assalirono d’improvviso la strega, colmi di un affetto che, nonostante tutto, era ancora ben vivo nel suo cuore, sepolto sotto uno strato spesso di dolore e delusione.
Ripose con calma la bacchetta nella veste, un lieve brivido di freddo – o forse era qualcos’altro che ancora non riusciva ad ammettere consciamente? – a percorrerle la schiena: era evidente che non aveva alcun bisogno del suo legno magico, né per attaccare, né per difendersi. Il mago era, infatti, del tutto inoffensivo e non aveva mai pensato di punire i due ragazzi come invece lei aveva ingiustamente sospettato. 
Tornò quindi a rivolgersi verso di lui: Severus la fissava in silenzio, le labbra serrate in una linea sottile, adesso seduto ritto e rigido dietro la scrivania, i lunghi capelli neri a nascondergli in parte il volto pallido.
I loro sguardi si incontrarono e rimasero per un lungo attimo incatenati tra loro: Minerva colse immediatamente l’espressione angosciata del mago; ma ciò che più la sconvolse furono gli occhi, profondamente neri ma gonfi e arrossati, come se avesse pianto a lungo.  Sembravano colmi di una sofferenza indescrivibile, inconsolabile e incontenibile. Un abisso di disperazione senza fondo alcuno, cui nulla avrebbe potuto mettere fine.
All’improvviso Severus si riscosse: strinse i pugni e il suo volto pallido tornò impassibile, gli occhi neri a riflettere indifferenti lo sfavillio delle fiamme.
Avrebbe dovuto cambiarla subito, la parola d'ordine per accedere alla presidenza, appena si era accorto che Minerva  l'aveva scoperta, proprio come Albus gli aveva più d’una volta ripetuto di fare. Non avrebbe dovuto lasciarle la possibilità di accedere senza alcun controllo, proprio come aveva appena fatto. Aveva sbagliato, lo sapeva. Ma aveva solo un altro nome, sulle labbra e nella mente, da usare: il suo nome, quello della donna che amava immensamente e alla quale aveva rinunciato per compiere il proprio dovere. Mentre la fissava si chiese se Minerva avrebbe potuto scoprire anche quello: in fondo, la sua vecchia insegnante lo conosceva bene, meglio di chiunque altro, Albus a parte, e probabilmente aveva perfettamente capito i forti sentimenti che erano nati tra loro oltre un anno prima, proprio tra le mura del castello.
- Hai gli occhi rossi e gonfi, Severus, - sussurrò piano Minerva avvicinandosi alla scrivania, una dolce tenerezza materna nella voce soffocata, - come se tu avessi pianto a lungo e disperatamente…
Severus si lasciò sfuggire uno sbuffo irritato: come sempre Albus aveva ragione e di nuovo doveva odiosamente mentire. Proprio a lei, a Minerva, alla persona cui più voleva bene. All’unica persona cui avrebbe voluto correre tra le materne braccia e rivelare tutta la sua orribile recita cercando infine affettuosa consolazione alla propria soffocante angoscia. Ma non poteva farlo, non doveva metterla in pericolo, a nessun costo: Albus aveva sempre dannatamente ragione. Non poteva farlo, neppure se era lui stesso ad andarci di mezzo, il cuore che sanguinava e si contorceva nella ferrea stretta di un tremendo dovere.
- Piangere? Proprio io? – rispose con studiata freddezza cui conferì una sfumatura appena di sdegnato stupore. – Che vai farneticando Minerva? È la vecchiaia che avanza, forse? Eppure mi conosci bene!
Già, lo conosceva bene, Minerva, così bene che con un solo, penetrante sguardo materno aveva compreso tutta la verità della sua disperazione di quel momento.
Minerva continuava a fissarlo, neppure sfiorata dalla sua sgradevole insinuazione. Guardava i suoi occhi, in profondità, cercando di rubargli la verità. Ma lui era un Occlumante, il migliore del mondo magico, l’unico che sapeva mentire anche all’Oscuro Signore. E Silente voleva che mentisse anche a quella cara, preziosa, unica amica che, ancora, gli stava concedendo il beneficio del dubbio credendo che un uomo come lui sapesse ancora piangere.
Era amaro il sapore delle lacrime che ancora inumidivano le sue labbra sottili strette in un sorriso di scherno, tremendamente amaro come il fiele delle sue colpe lontane. Eppure doveva continuare la sua spregevole recita di uomo senza cuore, lui che il cuore ormai lo aveva in mille pezzi.
- Sei solo una vecchia sciocca, Minerva! – rincarò con voce gelida, i cristalli infranti del suo cuore che stridevano disperati. – Sono i fumi irritanti della pozione che stavo distillando. Solo il banale fumo del calderone, Minerva, mi spiace deluderti.
La vide sobbalzare un attimo, aprire la bocca e poi richiuderla: no, non era più il tempo delle loro amichevoli schermaglie. Non era più il tempo di nulla, ormai. Rimanevano solo la solitudine e l’odio.
Eppure Minerva non intendeva mollare la preda e continuava a fissarlo: non avrebbe retto ancora a lungo a quello sguardo colmo di dolore, nel cui fondo ancora poteva distinguere le vestigia di un antico affetto che sopravviveva ostinato nel cuore della sua anziana amica, la persona che non aveva mai avuto il coraggio di chiamare madre. 
Doveva farlo, doveva distruggere tutto, una volta per sempre: doveva sradicare quell’affetto che neanche l’assassinio di Silente aveva saputo uccidere.
Strinse forte le labbra impedendo che il sospiro del suo cuore potesse uscire e sputò il suo orribile veleno:
- Dimmi quello per cui sei venuta, Minerva. – riprese con gelido distacco ed un orribile ghigno sul volto mortalmente pallido. – Ma sbrigati, perché c’è un interessante spettacolo cui voglio assistere nel sotterraneo, tra poco.
Minerva sobbalzò, come colpita al cuore da una lancia: la sua reazione gli diede la certezza che la strega avesse compreso a pieno l’allusione della sua menzogna e che si apprestasse quindi ad assistere alla punizione che i Carrow avrebbero inflitto al fastidioso Paciock e al piccolo Tassorosso che non era riuscito a salvare.
- Non puoi permettere che quel bambino sia torturato! – lo implorò con voce vibrante, - non puoi essere un tale mostro!
Severus sorrise. Un sorriso orribile. Il ghigno del mostro che aveva ucciso Albus.
Ma era un altro, invece, il difficile compito che il mago si apprestava ad eseguire quella notte, anche se Minerva non avrebbe mai dovuto saperlo: rendere meno tremenda l’ormai inevitabile tortura, con ogni sua capacità, con ogni suo più strenuo sforzo; e senza far scoprire il suo pericoloso doppio gioco. 
Poi, quando tutto l’orrore cui era obbligato ad assistere fosse finito, quando i due sadici Mangiamorte se ne fossero andati soddisfatti lasciando i ragazzi a terra, a contorcersi in un ingiusto dolore, sarebbe finalmente potuto intervenire a lenire le loro sofferenze. Li avrebbe stretti a sé, semisvenuti, come tante altre volte ormai aveva già fatto, tranquillizzandoli, curando le loro ferite e facendo svanire le loro pene. Per alcuni, meravigliosi momenti avrebbe visto lo stupore nascere nei loro occhi mentre lo riconoscevano, mentre capivano che era il loro odiato preside che li stava cullando come un padre buono. Che era dalla loro parte, che lo era sempre stato. Solo pochi attimi incantati, poi l’Oblivion sarebbe uscito deciso dalle sue labbra, come sempre, a uccidere la loro sconcertata e illusoria riconoscenza.
E il giorno successivo lo avrebbero odiato ancora un poco di più, com’era giusto che fosse.
Proprio come Minerva, che adesso si era ritratta da lui, disgustata, ma con uno strano sguardo negli occhi acuti che fissavano la scrivania.
Severus si accorse solo in quel momento del grave errore compiuto: la fotografia era rimasta lì, sul piano sgombro da ogni carta e pergamena che aveva buttato a terra poco prima nel suo rabbioso sfogo colmo d’angoscia. Rapido, la coprì col palmo della mano, chiedendosi se la strega avesse potuto riconoscerlo e, soprattutto, vedere anche la donna che sorrideva felice stretta tra le sue braccia.
Minerva rimase ancora un istante immobile a fissare la sua mano, poi tornò ad incrociare il suo sguardo e Severus, conscio di non riuscire più a mentirle, abbassò il capo sfuggendo ai suoi occhi indagatori.
Ed in quel momento seppe anche, con assoluta certezza, che modificare la parola d’ordine per l’accesso alla presidenza sarebbe stato del tutto inutile: Minerva conosceva anche l’unico altro nome che, insistente, gli veniva alle labbra, colmo d’amore.
Quando il mago rialzò la testa, udì solo il tonfo della porta di quercia che si chiudeva.
Era rimasto di nuovo solo.
Era riuscito a far fuggire via anche Minerva, a farsi odiare e disprezzare ancora un poco di più anche da lei. A convincerla d’essere proprio quel mostro che la maga ancora non si rassegnava a credere che egli fosse.
Si concesse un lungo, amaro sospiro di rassegnazione, quindi si rivolse al ritratto di Silente alle sue spalle:
- Come vedi, Albus, ancora una volta ho obbedito fino in fondo ai tuoi ordini, - sussurrò con voce incrinata, - per quanta sofferenza possa procurarmi farlo…








 

7 – Comprensione e affetto

 
Quella, che tanto l'agita,
è smania, e non dolor.

 
Minerva era fuggita via, sconvolta non solo dalle parole di schermo che Severus le aveva rivolto appena entrata, ma anche da ciò che aveva chiaramente lasciato intendere con quel suo ghigno crudele e che il cuore della vecchia strega non riusciva ad accettare, non dal suo ragazzo!
Una volta tornata nella sua stanza s’impose di calmarsi: levò la bacchetta nell’aria e la teiera si librò leggera a versare del tè nella piccola tazza sul tavolino di fianco alla poltrona. Si sedette e ravvivò il fuoco nel caminetto; sorseggiando la profumata bevanda, non poté fare a meno di ripensare ai gemiti soffocati che aveva colto prima di entrare in presidenza: c'era solo Severus nella grande stanza circolare, quindi potevano provenire solo da lui, e questo era un dato di fatto che le irridenti parole del mago non potevano in nessun modo cancellare.
Rivide nitida la scena che si era presentata davanti ai suoi occhi appena entrata in presidenza, del tutto inattesa: il mago era accasciato sulla scrivania, gli occhi rossi e gonfi, l'espressione del viso colma di indicibile angoscia. Era lui che aveva pianto, era lui che aveva sentito gemere: ne era assolutamente certa. I fumi irritanti del calderone erano solo una vana scusa, poco credibile, tra l'altro, considerato che il mago non poteva aver avuto il tempo per scendere nel suo sotterraneo a distillare pozioni.
Severus le aveva mentito. Di questo l’anziana strega era assolutamente certa.
Ma perché piangeva?
Solo in quel momento si rese conto dell'enormità dell'accaduto: Severus Piton aveva pianto, a lungo e disperatamente. Proprio lui, l'uomo che sembrava non provare sentimenti né emozioni, il mago che aveva spietatamente ucciso un vecchio amico e tradito tutti loro.
Il fiato le mancò e il suo vecchio cuore perse un battito: Severus sapeva piangere...
Qualcosa, nel suo cuore, ruppe l’involucro di protezione con cui l’aveva accuratamente avvolto dopo aver saputo che Severus - proprio Severus! Il suo ragazzo! – aveva ucciso Albus.
Minerva si concentrò, cercando di ricordare bene ogni sfumatura dell'espressione del mago per trovare la risposta che da troppo tempo inseguiva senza alcun risultato: con gli occhi della mente tornò a frugare nello sguardo cupo e tormentato di Severus e finalmente comprese.
Gli occhi del mago non erano solo lucidi per il pianto! I suoi occhi neri scintillavano, vivi di un sentimento potente che sul primo momento non era riuscita a comprendere. Solo alla fine se ne era accorta, quando si era avvicinata ed aveva visto la foto che stringeva con delicatezza tra le mani fin dall’istante in cui era entrata. Lui aveva cercato di nasconderla quando si era accorto che l’aveva notata, ma la strega aveva visto abbastanza: raffigurava Severus, un Severus immensamente felice che stringeva tra le braccia la sua donna con appassionato amore. Sì, le era bastato un solo, fugace sguardo per riconoscerla: l’anno precedente aveva supposto che tra loro fosse nata una storia d'amore, e quella ne era adesso la prova inconfutabile.
Le lacrime piante dal mago erano amare lacrime di dolore e d'amore! Altro che "solo il fumo del calderone" come aveva cercato di ingannarla!
I dubbi di Minerva erano ancora più forti di prima, adesso che aveva la certezza che anche Severus sapesse amare e piangere per amore, ora che sapeva che le sue sgradevoli parole erano solo un’odiosa recita e che la sua gelida impassibilità era solo una maschera che si imponeva sul volto pallido negando a se stesso e a tutti la sua umanità.
E dal fondo del suo vecchio, povero cuore, l’affetto che la strega aveva invano cercato di dimenticare, di fingere che non esistesse più, tornò con prepotenza in superficie gridando tutta la pena che anche Severus doveva aver provato quella sera mentre le mentiva orribilmente, mentre la scherniva con quelle sue ripugnanti parole. Mentre cercava di nasconderle gli occhi gonfi di pianto e colmi di sofferenza.
Eppure… Severus aveva ucciso Albus.
Perché?
Ecco, era di nuovo precipitata in quel dannato circolo vizioso in cui i suoi pensieri ogni volta si avvitavano e si bloccavano impedendole di capire cosa realmente era accaduto e cosa stava ancora accadendo al di là delle false apparenze.
Si volse al ritratto di Albus che aveva fatto appendere nella sua camera dall'inizio dell'anno scolastico. Dormiva. Come sempre. E rimaneva muto. Non le aveva mai rivolto la parola, lui che in vita non stava mai zitto. E non aveva mai risposto a quella sua importante domanda.
La ripeté ancora una volta, con voce stanca ma ancora non rassegnata:
- Perché? Perché Severus ti ha ucciso?
Il quadro rimase muto nel suo falso sonno, del tutto impassibile. Proprio come Severus.
Minerva scrollò stancamente il capo, ma nei suoi occhi brillava ancora una luce combattiva. Si sedette alla piccola ed elegante petineuse e, mentre toglieva le forcine dalla severa crocchia sciogliendo sulle spalle i lunghi capelli, mormorò tra sé e sé, il vecchio affetto d’un tempo, ancora intatto nel fondo del suo cuore, che le addolciva il volto rugoso e la voce:
- No, Severus, caroragazzo mio, non sei riuscito ad ingannarmi, questa volta: la tua recita e le tue menzogne sono state inutili!
Non è per nientesolo il fumo del calderone!
 
 
 
 
Web  Top
view post Posted on 5/8/2019, 08:05
Avatar

I ♥ Severus


Potion Master

Group:
Administrator
Posts:
55,408
Location:
Da un dolce sogno d'amore!

Status:


CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
La prima cosa che mi è venuta in mente alla fine della lettura della storia è stata: meravigliosa, fantastica, potente e straordinaria Minerva!
Mentre su Silente molte meno paroline dolci :angry: mi è uscito un vaffa spontaneo e di cuore!
CITAZIONE
– Vecchio stupido stregone che credevi nei sogni e ti divertivi a giocare con la vita delle persone… – aggiunse con voce alterata e gonfia di sofferenza. – a cominciare dalla tua… e dalla mia!

Qui Severus è stato fantastico, da applausi, ecco!

Ma torniamo alla storia.
Che dire, è una storia intensa, drammatica per come tratta i sentimenti di Severus, ogni sua sofferenza, e la mostra nuda e cruda senza fronzoli né giri di parole, ma l'ho trovata anche molto delicata nel dipanare il rapporto del mago con Albus prima e con Minerva poi, di una dolcezza struggente la strega che si ancora con forza a quell'affetto che niente è riuscito a sradicare, neppure le continue menzogne del suo ragazzo, perché lei comprende, comprende a fondo, e le manca poco per capire il perché di quel terribile gesto.
È la Minerva che avrei voluto leggere nei libri, anche se mi rendo conto che l'attenzione non poteva essere focalizzata su di lei, ma mi sarebbe piaciuto leggere anche solo una riga in cui lei avrebbe avuto dei dubbi e avrebbe riflettuto sui perché di Severus.

Bellissima storia che parte da "niente" e si districa in una stupenda introspezione dove Severus è messo a nudo persino di fronte a se stesso e si eleva vinto e vincitore, ma è tremendo dover ancora assistere alla sua recita di fronte a quella donna che per anni gli ha fatto da madre, e mi consola che lei, straordinaria, è andata al di là e ha compreso ben più di poche frasi soffiate con disprezzo e ironia, lei è andata al di là degli occhi.

La scena in cui solo si chiude a piangere protetto dalle spesse tende, sapevo che mi sarebbe piaciuta, e l'attesa non ha tradito le mie aspettative, è stata assolutamente meravigliosa, è stato come assistervi, come essere dentro di lui e con lui soffrire, sentire le lacrime che scendevano forti, cullate dalla luna, mentre si perde nel ricordo di lei, è un amore lontano che non si può consumare è alquanto terribile e ti strappa l'anima e il cuore in brandelli, anche se l'immagine suggestiva che ne esce in questa parte è bellissima.

Albus l'ho odiato, e si dimostra lo spietato stratega che è sempre stato, ok, non ha tutti i torti, però che cavolo!
E tra l'altro Nigellus si facesse le tele sue! <_<
Tra l'altro mi sono un attimo fermata a riflette su una cosa leggendo alcune frasi che hai scritto.
Gli insegnanti di Hogwarts sono mai stati torturati per estorcere loro informazioni su Harry e co, sull'Ordine della Fenice e quant'altro?
Perché se Voldemort e compagnia bella, non avevano alcun interesse per loro a parte il controllo della scuola, perché Severus non poteva confidarsi anche solo con Minerva? In fondo se nessuno l'avrebbe mai "interrogata" non avrebbe mai corso alcun rischio hmm
Ok, sono solo pensieri del momento, torno alla storia XD

Insomma, ci sono una serie di cose meravigliose, frasi e immagini, sulle quali soffermarsi, ma è difficile trovare qualcosa da dire senza rovinare l'incanto delle parole stesse, quindi mi limito a dire che è una storia che va letta e riletta per assaporarne ogni sfumatura e ogni fantastico aspetto di un Severus che è padrone indiscusso della scena, e di una Minerva che è tutto.

Il nesso con il brano che hai scelto è reso alla perfezione, la storia si allunga e abbraccia ogni parola del testo splendidamente, cucendola addosso ai personaggi come stoffa d'alta sartoria.

Quindi, per concludere, fantastica! :woot:

CITAZIONE (Ida59 @ 6/7/2014, 15:13) 

CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
La prima cosa che mi è venuta in mente alla fine della lettura della storia è stata: meravigliosa, fantastica, potente e straordinaria Minerva!

La “mia” Minerva ringrazia!
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Mentre su Silente molte meno paroline dolci mi è uscito un vaffa spontaneo e di cuore!

Ok, Silente/stratega se lo merita.
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
– Vecchio stupido stregone che credevi nei sogni e ti divertivi a giocare con la vita delle persone… – aggiunse con voce alterata e gonfia di sofferenza. – a cominciare dalla tua… e dalla mia!
Qui Severus è stato fantastico, da applausi, ecco!

Già, amaramente e dolorosamente fantastico, povero caro…
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Ma torniamo alla storia.
Che dire, è una storia intensa, drammatica per come tratta i sentimenti di Severus, ogni sua sofferenza, e la mostra nuda e cruda senza fronzoli né giri di parole, ma l'ho trovata anche molto delicata nel dipanare il rapporto del mago con Albus prima e con Minerva poi, di una dolcezza struggente la strega che si ancora con forza a quell'affetto che niente è riuscito a sradicare, neppure le continue menzogne del suo ragazzo, perché lei comprende, comprende a fondo, e le manca poco per capire il perché di quel terribile gesto.
Le manca poco… sì, forse al suo affetto manca poco, ma alla sua ragione ancora manca molto, purtroppo.

Questo è sempre un capitolo di quella long che avevo ideato nella quale Minerva a dire il vero non era prevista. Ma qui mi è spuntata fuori con prepotenza (anche in “Ardenti lacrime di ghiaccio” in effetti è riuscita ad infilarsi dentro alla fine…) e a questo punto si è guadagnata la presenza anche nella long, anche se ancora non ho deciso se Minerva riuscirà a capire, oppure no, cosa è effettivamente successo tra Silente e Piton. Credo che, una volta tanto, lascerò che sia il personaggio a decidere al posto mio…
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
È la Minerva che avrei voluto leggere nei libri, anche se mi rendo conto che l'attenzione non poteva essere focalizzata su di lei, ma mi sarebbe piaciuto leggere anche solo una riga in cui lei avrebbe avuto dei dubbi e avrebbe riflettuto sui perché di Severus.

Già… e a chi non sarebbe piaciuto? E sono d’accordo con te, ci sarebbero bastate solo poche parole, solo uno spunto per potere credere che Minerva il dubbio lo avesse… Purtroppo dobbiamo accontentarci solo delle fanfictio...
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Bellissima storia che parte da "niente" e si districa in una stupenda introspezione dove Severus è messo a nudo persino di fronte a se stesso e si eleva vinto e vincitore, ma è tremendo dover ancora assistere alla sua recita di fronte a quella donna che per anni gli ha fatto da madre, e mi consola che lei, straordinaria, è andata al di là e ha compreso ben più di poche frasi soffiate con disprezzo e ironia, lei è andata al di là degli occhi.

Grazie. Grazie da parte di Severus, sì, davvero vinto e vincitore allo stesso tempo. E di nuovo grazie anche dalla mia Minerva.
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
La scena in cui solo si chiude a piangere protetto dalle spesse tende, sapevo che mi sarebbe piaciuta, e l'attesa non ha tradito le mie aspettative, è stata assolutamente meravigliosa, è stato come assistervi, come essere dentro di lui e con lui soffrire, sentire le lacrime che scendevano forti, cullate dalla luna, mentre si perde nel ricordo di lei, è un amore lontano che non si può consumare è alquanto terribile e ti strappa l'anima e il cuore in brandelli, anche se l'immagine suggestiva che ne esce in questa parte è bellissima.

Grazie per le tue bellissime parole ma, soprattutto, grazie per esserti immedesimata in lui ed aver sofferto con lui. Inutile dire che questo era il mio preciso scopo di fanwriter e sapere di averlo pienamente raggiunto mi fa molto felice.
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Albus l'ho odiato, e si dimostra lo spietato stratega che è sempre stato, ok, non ha tutti i torti, però che cavolo!

Già, povero Albus, però! In fondo ha sacrificato anche la sua, di vita, e questo è in effetti l’aspetto che me lo fa perdonare, esattamente come dice, con dolore ed amarezza, Severus nella frase che hai citato all’inizio.
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
E tra l'altro Nigellus si facesse le tele sue!

Ma no, dai, Phineas sta dalla parte di Severus-Serpeverde!
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Tra l'altro mi sono un attimo fermata a riflette su una cosa leggendo alcune frasi che hai scritto.
Gli insegnanti di Hogwarts sono mai stati torturati per estorcere loro informazioni su Harry e co, sull'Ordine della Fenice e quant'altro?
Perché se Voldemort e compagnia bella, non avevano alcun interesse per loro a parte il controllo della scuola, perché Severus non poteva confidarsi anche solo con Minerva? In fondo se nessuno l'avrebbe mai "interrogata" non avrebbe mai corso alcun rischio
Ok, sono solo pensieri del momento, torno alla storia XD

Bho… sembrerebbe di no. Ma io credo che, se pur non torturati, siano stati interrogati sì, e la Legilimanzia poteva anche essere usata, anche se certo non da Voldemort in persona.
Da qui l’impossibilità di Severus di confidarsi con Minerva. Ma non solo: l’avvenuta confidenza avrebbe sicuramente mutato l’atteggiamento di Minerva verso Severus (non credo avrebbe mai saputo recitare bene come lui) e questo fatto avrebbe potuto destare sospetti sia nei cattivi (che però sono imbecilli) sia, soprattutto, nei buoni (che invece il cervello lo sanno usare, e Minerva avrebbe potuto trovarsi davanti a domande molto scomode.
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Insomma, ci sono una serie di cose meravigliose, frasi e immagini, sulle quali soffermarsi, ma è difficile trovare qualcosa da dire senza rovinare l'incanto delle parole stesse, quindi mi limito a dire che è una storia che va letta e riletta per assaporarne ogni sfumatura e ogni fantastico aspetto di un Severus che è padrone indiscusso della scena, e di una Minerva che è tutto.

Grazie , grazie, grazie! Ora non sono solo i personaggi che ringraziano, ma io stessa per questi bellissimi complimenti!
CITAZIONE (Severus Ikari @ 20/2/2014, 01:20) 
Il nesso con il brano che hai scelto è reso alla perfezione, la storia si allunga e abbraccia ogni parola del testo splendidamente, cucendola addosso ai personaggi come stoffa d'alta sartoria.
Quindi, per concludere, fantastica!

Waaaaao! Di nuovo grazie!
Ma sei bravissima a fare i complimenti, sai?
 
Web  Top
2 replies since 26/4/2017, 15:51   94 views
  Share