Atto 3° - Anima lacerata?
Scena 1 – Dovere
Ancora una volta sono davanti a questo specchio incantato, a confrontarmi con me stesso e con la mia anima, profondamente lacerata dall’ultimo, tremendo gesto che ho dovuto compiere per eseguire il mio dovere.
Stringo i denti e rinvio il momento in cui mi confronterò con il riflesso.
Ho ucciso Albus, il mio unico amico, l’unica persona che credeva veramente in me e mi rispettava. L’ho fatto solo per eseguire il suo ultimo ordine e salvare l’anima di un ragazzo cui voglio bene, per convincere in modo definitivo l’Oscuro dell’esistenza di una fedeltà che, invece, da diciassette anni non gli porto più, perché è solo ad Albus che sono pienamente fedele,
Tutto è immobile intorno a me, non soffia neppure un alito di vento. L’aria è luminosa, ma non vedo alcuna fonte di luce, né ombre. Non fa caldo, né freddo.
E’ come se fossi morto, dopo aver ucciso tutte le mie emozioni per riuscire a compiere quell’orribile gesto, dopo aver squarciato definitivamente la mia povera anima.
Di me è rimasto solo l’involucro esterno, il corpo riflesso da questo specchio.
Guardo il mio volto, pallido e spigoloso, sfregiato da due lunghi graffi paralleli, dall’angolo della bocca fino alla tempia. Osservo le mascelle strettamente serrate che comprimono la sottile linea delle labbra.
Ho paura del mio sguardo, della voragine di dolore che si spalanca nel nero dei miei occhi, delle lacrime che li affollano ma alle quali, ora, non posso permettere di scendere,della disperazione che mi attanaglia in questa solitudine assoluta che mi circonda.
Sono un fantasma dallo sguardo vuoto: vivo solo per compiere il mio dovere, fino in fondo, fino al momento in cui, finalmente, potrò morire anche io e perdermi per sempre nell’oblio del nulla, dimentico di me stesso e delle mie colpe.
La maschera d’argento coprirà lacrime che non piangerò e soffocherà gemiti che non emetterò; nasconderà l’umanità del mio dolore e la determinazione della mia volontà.
Lo specchio è luminoso, oggi: non ci sono più macchie scure né ombre, ma solo una luce intensa che quasi ferisce i miei occhi.
Il Marchio spicca nitido sulla mia pelle chiara: per anni ho solo desiderato di poterlo strappare via da me, per liberarmi dalla sua schiavitù.
Ma non oggi.
Oggi mi serve, mi permetterà di compiere il mio dovere, di insinuarmi sempre più in profondità nell’organizzazione dell’Oscuro per lottare contro di lui. Dopo aver ucciso il povero Albus, sarò io il primo fra i suoi Mangiamorte, il suo più fidato servitore, quello che gli sarà più vicino.
Colui che, più facilmente di chiunque altro, potrà carpire i segreti che proteggono la sua anima e lo rendono immortale. E’ per questo che Albus si è sacrificato: per permettermi di scoprire dove sono nascosti la Coppa di Tassorosso e l’ultimo Horcrux, ancora sconosciuto.
Li individuerò, eliminerò le barriere magiche che li proteggono e farò in modo che Potter li trovi e li distrugga: Albus mi ha affidato Fanny e lei sarà un efficace mezzo di comunicazione con il ragazzo, che non avrà difficoltà a fidarsi, né mai sospetterà che sono io ad inviarla.
Poi rimarrà solo Nagini, la barriera finale da abbattere per strappare l’ultimo brandello d’anima che tiene l’Oscuro legato alla vita: sarà la sfida più difficile, il compito più arduo, quello che ho riservato per me e che, molto probabilmente, mi costerà la vita.
Sarà un piacere morire, sapendo che in quel modo avrò distrutto l’ultimo brandello di un’anima maledetta e che anche lui, finalmente, sarà tornato ad essere solo un misero mortale.
C’è un sorriso orgoglioso sul volto pallido riflesso nello specchio e, per la prima volta in quasi venti anni, io porto sul mio viso lo stesso orgoglio: quello del dovere eseguito per il bene degli altri, per saldare il debito delle mie colpe, per salvare altre vite in cambio di quelle che ho distrutto.
L’impassibile maschera d’argento celerà anche il mio sorriso, insieme al mio ultimo e più pericoloso inganno.
Sollevo il braccio con decisa sicurezza, mostrando il Marchio che mi permette di passare oltre questo specchio stregato e compiere il mio dovere, fino in fondo, fino alla morte che accoglierò con gioia.
Scena 2 - Ricompensa
Eccomi, ancora una volta davanti allo specchio che mi giudica, e mi condanna.
E’ da molti anni, ormai, che ho compreso che sono io stesso a giudicarmi, osservando il riflesso della mia anima, l’essenza del mio essere e delle mie aspirazioni.
Sono sempre stato io a condannarmi: ho rinunciato a vivere per espiare le colpe commesse da un ragazzo che voleva solo essere rispettato ed accettato per quello che era. Un ragazzo che ha compiuto terribili azioni, ma che le ha mille volte ripagate nel corso della sua vita. Un giovane che è diventato uomo e ha capito a fondo gli errori commessi. Un uomo che ha perduto tutto.
Chiudo gli occhi, pieni di lacrime.
Intorno a me la luce è accecante: il sole splende caldo e luminoso in un cielo azzurro e terso come mai ho visto in vita mia.
C’è troppa luce, troppa felicità, intorno a me: non sono abituato, non io che ho trascorso tutta la vita nella gelida, silenziosa e solitaria oscurità del mio sotterraneo.
Qualcosa scricchiola sotto i miei piedi: l’argentea maschera dei Mangiamorte.
Quasi non ricordavo d’averla distrutta con un incantesimo, troppo a lungo trattenuto nelle mie dita. Non ho neppure usato la bacchetta: la magia è fluita fuori, spontanea e improvvisa, quasi senza che la mia volontà la guidasse.
Ora non ho più bisogno di maschere, neppure di quella della fredda impassibilità che avevo scolpito sul mio viso per nascondere le emozioni e i sentimenti che ho sempre dolorosamente provato, in ogni istante della mia esistenza, anche se nessuno, intorno a me, se ne è mai accorto.
Ora posso essere semplicemente me stesso.
Riapro gli occhi e osservo il mio riflesso: il volto è sempre pallido e stanco, ma c’è un accenno di sorriso sulle labbra sottili e sembro quasi felice, anche se ancora non riesco a credere di meritare questa felicità.
Il mio sguardo è incredibilmente vivo e scintillante, ancora profondamente nero, ma scevro da ogni oscurità.
Così come il mio braccio è finalmente libero dal Marchio di schiavitù che per venti anni mi ha tenuto legato al mago che ha rubato la mia innocenza, rovinando la mia vita.
Osservo l’avambraccio sinistro, la cicatrice ormai sfumata sulla pelle chiara: per ricordare, per non dimenticare. Mai.
Ancora non riesco a credere che tutto sia finito.
Sono ancora vivo, mentre Voldemort è morto.
Per sempre.
Sono libero.
Definitivamente.
Libero di ricominciare a vivere.
Tiro un lungo respiro e mi accorgo di quanto è tiepida e profumata l’aria in questa primavera inoltrata, di quanto bella può ancora essere la vita.
Anche per me.
Che non credevo più di meritarla.
Le persone, intorno a me, sorridono e mi ringraziano.
Potter, più di ogni altro, mi sorride con il verde degli occhi della giovane Lily, che ho tanto a lungo amato.
Gli ho salvato la vita, uccidendo Nagini mentre Voldemort stava per scagliargli contro il suo fatale Avada Kedavra. Invece, il Padrone dell’Oscurità si è afflosciato su se stesso, involucro di carne senza più anima, mentre lo scudo di protezione evocato da Potter salvava me dall’esplosione di Nagini e dell’ultimo frammento di anima del mago che si era creduto immortale.
Ci siamo salvati a vicenda, ognuno pronto a sacrificare la propria vita per l’altro, dimenticando ogni odio tra noi.
In forza di un amore mai esistito.
Lancio uno sguardo al mio riflesso: sta sorridendo a Potter, proprio come, incredibilmente, sto facendo anche io.
E’ bello scoprire che, alla fine, non c’è più alcuna differenza tra ciò che sono, al di qua dello specchio, e quello che vorrei essere, al di là della superficie riflettente.
Sulle mie labbra vi è un sorriso vero, aperto, sincero.
Un sorriso come quello che da ragazzo rivolgevo a sua madre.
Il sorriso del padre che, a causa mia, Harry non ha mai potuto avere.
Lo specchio ora è solo luce: intensa, calda, luminosa, sicura.
Credo di averlo sempre saputo, fin da quando l’ho percepito come malvagia oscurità, che lo specchio rifletteva l’essenza della mia anima.
L’ho visto cambiare, negli anni: da prima lentamente, solo un tenue bagliore ai margini, che avanzava faticosamente lottando contro l’oscurità, facendosi sempre più consistente. Poi ho visto la luce filtrare dalle crepe che attraversavano tutta la superficie dello specchio, sempre più larghe e profonde, fino a quando ha sospinto indietro l’oscurità, con forza e decisione, annullandola completamente.
Ero io, che mi dibattevo e combattevo il male, io che soffrivo per i miei rimorsi, io che pagavo le mie colpe e mi riscattavo, io che compivo il mio dovere rischiando ogni giorno la vita, io che mi liberavo dalla schiavitù di Voldemort!
Ma questo specchio è ancora e sempre l’ingresso stregato al suo covo, che solo io conosco e posso distruggere.
Alzo orgogliosamente il mio braccio, finalmente libero dal Marchio, mentre impugno la bacchetta con l’altra mano e, con tutta la potenza della mia magia, lancio un incantesimo che per sempre distruggerà l’ingresso alla fortezza del male.
Uno schianto, un fragore enorme di mille frammenti che vanno in pezzi.
Il fruscio di un’anima che si ricompone.
Volto le spalle e il lungo mantello nero ondeggia leggero.
Lo specchio che conduceva all’Inferno non esiste più.
Sono libero.
Posso ricominciare a vivere.