Il Calderone di Severus

Arwen68 - We have all the time in the world, Tipologia: Storia a Capitoli - Genere: Romantico - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Severus/Pers. Originale - Personaggi: Pers. Originale - Altri Personaggi: Mine

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view post Posted on 3/4/2017, 15:13
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Titolo: We have all the time in the world

Autore/data: Arwen68 / 19 Ottobre 2014
Beta-reader: Ele Snapey
Tipologia: long fic breve
Rating: per tutti
Genere: romantico
Personaggi: Severus,personaggio originale, Minerva
Pairing:Severus/personaggio originale
Epoca: post 7° anno.
Avvertimenti: AU.
Riassunto: sconfitto Lord Voldemort, Severus, stanco e demotivato, si concede un’esotica vacanza durante la quale farà nuove conoscenze e vivrà una particolare esperienza.
Parole/pagine: 9003 parole/ 26 pagine

Nota: Scritto per il Gioco Creativo "CLIPS" Comitato di Liberazione dei Piton da Sotterraneo. La storia partecipa alla Severus House Cup.

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.


We have all the time in the world.



Capitolo I



Dal roof garden del lussuoso hotel si godeva una spettacolare vista della città. La Moschea di Alabastro, con i suoi sottili minareti e la grande cupola, si stagliava nel cielo rosso fuoco del tramonto. Tutto intorno la vita della città pulsava caotica ma i rumori e gli odori della metropoli non arrivavano fin là su, in quella sorta di paradiso terrestre dove ricchi uomini d’affari e coppie in luna di miele consumavano l’happy hour in attesa della cena.
Era la sua prima sera a Il Cairo e, immerso nel flusso dei suoi pensieri, sorseggiava distrattamente un ottimo Bacardi seduto al tavolo più appartato di tutto il ristorante panoramico.
Ancora non riusciva a capacitarsi di come Minerva fosse riuscita a farlo partire per quel viaggio.
L’attuale preside di Hogwarts aveva dimostrato di non essere da meno di Silente in quanto a insistenza e caparbietà. Lo aveva assillato per tutto il periodo scolastico con quell’idea assurda fino a metterlo poi davanti al fatto compiuto ficcandogli in mano il biglietto aereo e il programma completo di un viaggio in Egitto che lei e gli altri suoi colleghi gli avevano regalato.
Forse era stata proprio quella inattesa manifestazione di affetto a farlo capitolare suo malgrado: sapeva che l’anziana strega era preoccupata per lui e che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo ma non si attendeva un gesto del genere da parte degli altri insegnanti.
“Devi cambiare aria per un po’ Severus” gli aveva detto una sorridente e determinata Minerva nel bel mezzo della festa a sorpresa che gli avevano organizzato per festeggiare l’Ordine di Merlino prima classe da poco conferitogli per gli altissimi meriti conseguiti.
“Hai bisogno di riposare e svagarti. E, visto che ti ostini a non voler sentire ragioni, abbiamo pensato che durante la pausa estiva potresti tranquillamente allontanarti dai tuoi amatissimi, bui e umidi sotterranei per volare verso luoghi più ameni.”
Severus sorrise amaramente a quel ricordo.
Riposo e svago: come se il riposo e lo svago potessero aiutarlo a riempire l’enorme senso di vuoto che provava da quando si era risvegliato dal coma.
Ora che tutto era finito non aveva più uno scopo per cui vivere.
Perché non era morto?
Quando Nagini l’aveva attaccato aveva pensato che lo avrebbe ucciso sul colpo. E invece era ancora in vita quando l’aveva trovato Harry e il suo unico desiderio, in quel momento, era stato quello di svelare al figlio di Lily tutta la verità. Non se ne sarebbe certo andato da questo mondo senza avergli fatto conoscere ciò a cui sarebbe dovuto andare incontro e avergli svelato chi fosse stato lui realmente.
Pensava che sarebbe morto dissanguato, lì su quelle assi sudice e invece… non era accaduto. Un insperato miracolo aveva impedito che il veleno del serpente entrasse definitivamente in circolo: Fanny era tornata, guidata da un istinto infallibile e giusto in tempo per evitargli la fine grazie alle copiose lacrime che aveva versato sulla sua orribile ferita.
Così quando Potter, accompagnato dalla Granger e da una Minerva McGranitt in preda ad una crisi di pianto inarrestabile, era tornato lì, subito dopo la battaglia finale per prendere il suo corpo e dargli la sepoltura che avrebbe meritato, si era accorto che un anelito di vita ancora persisteva in lui ed era stato così trasportato d’urgenza al San Mungo.
Qui era rimasto tra la vita e la morte per tre mesi, poi lentamente aveva cominciato a riprendersi e infine era stato giudicato guarito e dimesso.
Guarito dalle ferite del corpo forse, visto che la potente medicina magica era riuscita a cancellare anche le ferite infertegli da Nagini, ma non da quelle dell’anima: per quelle non c’era cura.
Su quest’ultimo pensiero lo sorprese il ricordo di Silente e di ciò che gli diceva spesso:
“La tua anima Severus può essere curata solo con il perdono e l’amore.”
Silente e il suo inguaribile ottimismo!
Lui non riusciva perdonarsi e non poteva amare. Neanche ora che tutto era finito e il mondo magico guardava a lui non più come a uno spietato Mangiamorte ma come a un eroe.
Quanto bizzarra e assurda può essere l’esistenza!
Dopo la morte di Voldemort, lui e Harry si erano ritrovati a dividersi gli onori della cronaca in tutto il mondo magico. A chiunque altro avrebbe fatto piacere tutta quella popolarità, ma non a lui.
Aveva quindi rifiutato l’incarico di preside di Hogwarts che il Ministero della Magia gli voleva assegnare, preferendo di conseguenza tornare ad insegnare a scuola come professore di Pozioni.
Avrebbe volentieri declinato anche l’Ordine di Merlino, se glielo avessero permesso, ma il Ministro della Magia, a quel punto, si era rifiutato di farlo proseguire oltre nei suoi ostinati e incomprensibili rifiuti: il mondo magico aveva assoluto bisogno di celebrare il suo eroe!
Finì di sorseggiare il suo Bacardi, posò il bicchiere sul tavolo accanto a lui e chiamò il cameriere per farsene portare un altro.
E fu allora che il suo sguardo fu attirato da una folta e lunga massa di capelli color rame.
La donna, elegantemente poggiata al parapetto della terrazza panoramica, gli dava le spalle persa a contemplare il cielo in fiamme.
Severus, con il cuore che aveva preso a tambureggiare nel petto, non si rese conto di essersi alzato e avvicinato a lei fin quando non ebbe percepito il profumo di gelsomino che si sprigionava dalla sua figura.
“Lily!” Pensò dentro di sé di primo acchito, sebbene sapesse quanto assurda fosse quell’idea.
Fu un attimo. Lei si girò in quel preciso momento, quasi lo avesse sentito pronunciare quel nome, e i loro sguardi si incrociarono per un istante lungo un’eternità.
Poi lui, avvertendo dentro di sé una strana indefinibile sensazione, le voltò le spalle con decisione e si allontanò.

***

La motonave Regina del Nilo era partita in perfetto orario da Luxor e ora risaliva lenta e solenne il corso del Nilo.
Disteso sul letto nella sua cabina, cullato dal dolce rollio della nave, Severus ripensò ai due giorni passati a Il Cairo, arrivando alla conclusione che si sarebbe riposato di più se fosse rimasto rinchiuso nel suo alloggio ad Hogwarts.
Nel giro di 48 ore la guida del suo tour aveva portato lui e i suoi compagni di viaggio a visitare Menphi, la necropoli di Sakkara, le Piramidi di Giza con la Sfinge, il museo Egizio e la cittadella del feroce Saladino, lasciando loro a malapena il tempo per mangiare e solo qualche ora per dormire.
Poi li aveva messi su un aereo di linea e portati a Luxor, dove si erano imbarcati sulla motonave per iniziare una crociera sul Nilo.
Non che si lamentasse per ciò che aveva visto: l’Egitto lo aveva ormai conquistato con i suoi colori, il suo calore, con le vestigia della sua millenaria civiltà e con la magia che sembrava trasudare dai muri delle città imbevute di fascino e dai blocchi colossali delle Piramidi, giocando a rimpiattino tra le dune dorate del deserto.
Una magia che era fortemente presente nelle località che aveva visitato, antica e potente, appartenuta alla civiltà egizia e sopravvissuta al passare del tempo e alle ingiurie perpetrate a danno di quei luoghi con grande determinazione.
I Babbani che erano con lui non potevano sentirla ma lui sì.
La parola “Babbani” richiamò alla sua mente l’immagine della donna dai folti e lunghi capelli color rame.
Cominciava a provare un misto di curiosità e fastidio nei suoi confronti.
Dopo la sera in cui l’aveva notata per la prima volta, gli era capitato di vederla praticamente tutti i giorni. Facendo parte della stessa comitiva di viaggio era più che naturale che si incontrassero quotidianamente e facessero le stesse escursioni, ma il suo sesto senso gli faceva percepire qualcosa di particolare in lei. O forse questa sensazione era dovuta al fatto che, più di una volta, durante le visite si era sentito osservato e, voltandosi, aveva colto lo sguardo della donna puntato su di sè.
Allora succedeva una cosa strana: in quei frangenti lei staccava subito lo sguardo da lui per abbassarlo frettolosamente sulla guida che teneva in mano, o volgerlo al loro accompagnatore intento a dare spiegazioni e il tutto svolto con estrema concentrazione.
Lo stomaco, a quel punto delle sue elucubrazioni, lo richiamò alla realtà reclamando attenzione.
Guardò l’orologio: tra una ventina di minuti sarebbe stata servita la cena.
Si alzò pigramente dal letto e si vestì. Il completo di lino nero era quanto di più vicino ai suoi adorati abiti classici, a cui aveva dovuto rinunciare temporaneamente, fosse riuscito a trovare.
Si fissò per qualche istante nello specchio cercando di abituarsi al nuovo look poi afferrò la chiave della cabina e si chiuse la porta alle spalle.

***


Trovò facilmente il ponte dove era situato il ristorante. Il locale era già affollato.
Una musica in sottofondo accompagnava il brusio delle chiacchiere e lo scoppio di qualche risata, mentre una luce soffusa dai toni vermiglio creava un’atmosfera calda e rilassante.
Il maitre gli si avvicinò e fece un piccolo inchino.
“Prego Monsieur, da questa parte.” Disse, accompagnando le parole con un lezioso gesto della mano.
Parlava un inglese quasi perfetto, imbastardito solo da un lieve accento arabo.
“Spero che per Monsieur,” continuò, mentre lo guidava tra i tavoli, “non sia un problema dover condividere la mensa con un altro passeggero. Purtroppo non siamo in grado di soddisfare la sua richiesta di poter consumare i pasti da solo perché, come può vedere, non abbiamo più tavoli liberi.”
Aveva terminato di parlare e si era fermato accanto a un tavolo dove era seduta già un’altra persona.
Scostò la sedia per farlo accomodare ma Severus non si mosse e fissò lo sguardo sconcertato sulla massa di capelli rosso rame della donna che gli dava le spalle.
Per la barba di Merlino! Proprio lei! Pensò, impietrito, sentendosi stranamente inquieto.
“Monsieur?” La voce del maitre lo strappò ai suoi pensieri. “Monsieur, prego, da questa parte.”
Severus si mosse lentamente, come un grosso gatto svogliato, e andò a sedersi.
“Vi mando subito il cameriere per le ordinazioni e il sommelier con la carta dei vini.” E, con un sorriso e un altro inchino, il maitre si allontanò lasciandoli soli.
Furono attimi di totale imbarazzo durante i quali rimasero a scambiarsi occhiate rapide e quasi impacciate.
Ha degli splendidi occhi nocciola… Si sorprese a pensare lui.
Ha uno sguardo magnetico che ti penetra l’anima! Osservò lei tra sé, trovando molto difficile smettere di fissarlo. E alla fine fu proprio lei a rompere il silenzio.
“Buonasera.” Nonostante il nervosismo era riuscita a dare un tono caldo e sensuale alla propria voce e il fatto che non le tremasse, come aveva tenuto nel momento in cui si era decisa a parlare, le infuse coraggio.
“Buonasera.” Le rispose Severus in modo piuttosto brusco.
“Lucrezia…” Continuò la donna, allungando la mano e sorridendogli.
“ Severus…” Rispose lui, con voce priva di anche un benché minimo accenno di cordialità, sfiorandole appena la mano. La tensione lo aveva trasformato in un esempio quasi perfetto di maleducazione.
Calò di nuovo il gelo poi fortunatamente arrivarono il cameriere, per prendere le ordinazioni, e il sommelier con la carta dei vini.
La scelta dei piatti e quella dei vini li tenne impegnati per un po’ ma quando cameriere e sommelier se ne furono andati si ripresentò il problema: come rompere il ghiaccio?
Il fatto era che lui non aveva proprio voglia di fare conversazione mentre, scoccando una rapida occhiata alla propria compagna di tavolo, si rese conto di come lei morisse dal desiderio di attaccar bottone.
Merlino! Perché proprio lei?Tornò a chiedersi, rendendosi conto che si sarebbe sentito più a suo agio seduto a tavola con il fantasma del Signore Oscuro.
Sempre più inquieto prese a fissare il sottopiatto posto davanti a lui e a giocherellare nervosamente con la forchetta, augurandosi che in cucina fossero veloci e il cibo arrivasse al più presto.
Prima finisce questa cena e meglio è… Si convinse. Tutto quello che desiderava ora era mangiare in fretta, andare a rinchiudersi nella sua cabina e poi finalmente stendersi sul letto.
Intanto lei aveva ripreso a parlare mentre lui era sempre più perso nei propri pensieri, quasi a voler erigere una barriera, almeno mentale, tra sè e la sua interlocutrice.
“Ma quanto parlano le donne?” Si chiese sconsolato. Eppure con Lily non aveva mai avuto questo problema. Certo anche lei era piuttosto loquace ma sapeva anche tacere e rispettare i suoi silenzi.
Lucrezia invece continuava a parlare.
“E sono docente di epigrafia greca e romana all’Università di Roma…” stava dicendo, quando l’attenzione di Severus tornò a focalizzarsi sulle sue chiacchiere.
“Uhm, interessante…” commentò senza troppa convinzione.
“E invece lei?”
“Io cosa?” Scattò sulla difensiva, sempre più seccato per il tentativo di intrusione nei suoi affari privati.
“Lei che cosa fa nella vita…” specificò Lucrezia cercando di non farsi scoraggiare dai modi bruschi dell’altro.
“Sono docente anch’io…” rispose seccamente per scoraggiare ogni altra domanda ma l’espediente non funzionò, visto che la donna non si fece scrupoli a continuare.
“Ah, ma che coincidenza!” Cinguettò lei. “E cosa insegna?”
“Chimica…” questa se l’era preparata proprio nel caso si fosse trovato coinvolto, una volta calato nel mondo Babbano, in una conversazione del genere.
“Oh, ma che materia affascinante! La chimica mi intrigava quando andavo a scuola solo che non c’ho mai capito molto: io ero una frana con le materie scientifiche!”
A questo punto Severus, all’apice della sopportazione, fu lì lì per risponderle che francamente non poteva importargli di meno delle sue passate vicissitudini scolastiche, quando finalmente arrivò la prima portata a salvare la situazione.
Per un po’ scattò la tregua, durante la quale ambedue si concentrarono sulla degustazione dell’ottimo cibo preparato dallo chef di bordo.
Ora che il silenzio era calato sul tavolo, Severus riuscì perfino a sentire la musica di sottofondo, una romantica canzone che per lui, non Babbano, risultò totalmente sconosciuta.
“Bella vero?” Lucrezia sembrava avergli letto nella mente. “La canzone…” continuò lei in risposta al suo sguardo interrogativo. “Questa canzone di Louis Armstrong è una delle mie preferite.”
E, mentre il cameriere portava via i piatti, prese a canticchiare sottovoce un pezzetto del ritornello: “We have all the time in the world…”
“We have all the time in the world…” mormorò Severus, con voce calda e profonda, perso per un attimo in una sorta di limbo mentale, e un velo di tristezza scese ad offuscare i suoi occhi d’ebano mentre ascoltava la melodia.
Anche lui, una volta, aveva creduto che ci sarebbe stato tutto il tempo del mondo per stare assieme a Lily, ma le cose non erano andate affatto come si era immaginato e aveva ardentemente sperato.
Lucrezia colse il dolore nello sguardo, nero come la notte, del suo enigmatico compagno di tavolo e si sentì profondamente addolorata per lui. Forse, se fosse riuscita a distrarlo con le sue chiacchiere, quel momento di tristezza sarebbe passato.
“Dove insegna?” Tornò quindi a chiedergli con estrema gentilezza.
Severus, per la prima volta da quando era lì, fu grato alla sua straordinaria loquacità.
“Cambridge.”
“Oh, un’altra coincidenza! Ho studiato a Cambridge e abbandonare quella città, dopo la laurea e la specializzazione, non è stata cosa indolore. Vi ho passato degli anni stupendi.”
“E così, ha studiato all’estero…” Severus aveva deciso di cambiare tattica e di assecondare le chiacchiere della donna, per evitare che il suo silenzio la stimolasse a fargli altre domande.
“All’estero? Perché?”
“Beh, lei non è… Italiana?”
Lucrezia sorrise.
“Italiana?! Oh, è per il nome, vero?” E senza attendere risposta continuò: “Da parte di madre scorre in me sangue italiano, mentre sono scozzese da parte di padre. Al momento di scegliere il nome i miei genitori giunsero a un accordo: dato che il cognome sarebbe stato scozzese, il nome doveva essere italiano. E così mi imposero quello di un’antenata.”
“E’ un bel nome.” L’osservazione gli era scappata di bocca suo malgrado.
“Grazie, è la prima cosa gentile che le sento dire!”
Lucrezia accompagnò queste parole con un sorriso che a Severus sembrò stranamente familiare senza che riuscisse a darsi una spiegazione.
“Mi rendo conto di non costituire una gran compagnia e so di essere anche piuttosto scontroso.” Si scusò senza sapere perché mai ne avesse sentito il bisogno.
“Non importa! Si sarà già reso conto di come io sia abbastanza loquace, tanto che riuscirei a sostenere tranquillamente una conversazione anche con una statua di marmo.”
Risero e Lucrezia scoprì all’istante quanto potesse diventare bello quel volto, così pallido e serio, una volta illuminato da un sorriso.

***



Dopo otto giorni di frequentazione reciproca, Severus dovette ammettere che la compagnia di Lucrezia non era poi così malvagia.
Da quella sera avevano condiviso tutti i pasti a bordo e si era ritrovato al suo fianco anche durante le varie escursioni.
Lucrezia si era rivelata una donna non solo bella ma anche intelligente.
Il suo background culturale poi era risultato utile più di una volta durante le visite effettuate a Luxor, Karnak, Kom Ombo.
Certo non era stato sempre semplice starle accanto, visto che doveva fare molta attenzione a non tradire la propria vera identità ma, dopo anni e anni passati a fare la spia per Silente al cospetto di uno dei Legilimanti più potenti di tutti i tempi, arginare la curiosità di una donna rivolta alla sua vita privata gli risultò quasi un gioco da ragazzi.
Forse, però, Severus avrebbe perso un po’ della sicurezza che ostentava e sarebbe tornato a preoccuparsi e a innervosirsi, come la prima volta che i loro sguardi si erano incrociati, se avesse saputo ciò che stava succedendo nella mente e nel cuore della donna.
Lucrezia infatti si sentiva sempre più attratta da quell’affascinante compagno di viaggio. Un’attrazione che aveva provato dal primo istante in cui si erano visti sulla terrazza del ristorante panoramico a Il Cairo e che era cresciuta pian piano durante i giorni di frequentazione.
Quel suo fare così misterioso, il suo essere così riservato e quasi distaccato la intrigava da impazzire a tal punto da spingerla a chiedere al maitre, dietro lauta mancia, di metterla al tavolo con quel signore alto dai capelli neri e lunghi e sempre con look in total black.
Esaminando bene il suo sentire, Lucrezia era arrivata, infine, alla consapevolezza che si stava facendo coinvolgere un po’ troppo dalla presenza di quell’uomo affascinante.
Ma non poteva farci nulla: quando erano insieme non si annoiava mai, sebbene ormai fosse assodato come toccasse a lei, essendo la parte più loquace dei due, di dover sostenere la maggior parte delle conversazioni.
Aveva però imparato anche a rispettare i suoi silenzi e ormai non cercava più di forzarlo quando lui si rinchiudeva nel suo mutismo.
In quei momenti era come se lui non fosse lì con lei. Così vicino eppure così lontano, perso nei suoi pensieri, nei suoi misteri e nel suo dolore.
Allora avrebbe voluto infrangere quella barriera invisibile che la separava da lui, per riportarlo lì dove era lei. Ma si era presto resa conto come ogni tentativo sarebbe stato vano: quell’uomo sapeva essere impenetrabile.




Capitolo II



Il sorgere del sole sui templi di Abu Simbel era stato uno spettacolo da mozzare il fiato.
Severus, Lucrezia e una coppia di giovani sposi in luna di miele erano partiti alle tre del mattino su un piccolo aereo da turismo dall’aspetto poco rassicurante per poi salire a bordo di un’altrettanto malandato bus da turismo che li aveva condotti fino ai templi.
Durante quelle ore di viaggio aveva rimpianto più di una volta di essersi lasciato convincere dalla donna a prendere parte a quella gita facoltativa, ma la splendida visione del sorgere del sole nel deserto lo aveva ripagato della fatica di affrontare un’escursione così impegnativa.
L’oscurità regnava ancora quando erano giunti sul luogo; poi l’alba aveva rischiarato il deserto esaltando i colori della pietra del maestoso complesso voluto da Ramses II.
Il passaggio dalla notte al giorno era avvenuto in pochissimi minuti e ora la luce del sole splendeva amplificata dal riverbero della sabbia del deserto.
Per poter visitare il tempio maggiore dovettero mettersi in fila e, nonostante fosse ancora presto, il caldo già cominciava a farsi sentire.
Così fu uno shock passare dal calore imperante all’esterno, al fresco che regnava all’interno dell’edificio.
Inseriti in un gruppo di una decina di persone, Severus e Lucrezia varcarono l’ingresso e si incamminarono lungo il corridoio che conduceva alla grande sala ipostila.
Mentre procedevano la guida elencava date, nomi di luoghi e di persone, spiegava il significato delle scene dipinte sulle pareti e quello delle statue ma, di tutto quello che diceva, Severus non percepiva che un’eco lontana e indistinta, perché da quando era entrato in quel luogo aveva sentito qualcosa di strano ma allo stesso tempo di molto familiare.
Aveva avvertito quasi subito la presenza potente di una fonte di energia misteriosa.
E poi aveva compreso: quel luogo trasudava magia! Poteva sentirla, vitale e pulsante, ed era una sensazione così positiva e talmente forte che si sentì pervaso totalmente da un vigore palpitante.
Quasi sospinto dagli altri si trovò nella grande sala ipostila a fissare negli occhi una delle otto colossali colonne con le sembianze del faraone in veste di Osiride, poi nella seconda sala, poi nel vestibolo e in fine nel santuario.
“Severus, tutto bene?” La voce di Lucrezia ebbe il potere di scuoterlo da quella sorta di trance in cui si trovava.
“Sì, certo! Perché?” rispose, come attraverso un velo di foschia.
“No niente, è che sembravi come… come assente…”
“Affatto. E’ solo che questo posto ti cattura… è così particolare… così…”
“Magico direi!” Gli fece eco lei.
Severus si voltò di scatto e, tornato velocemente al presente, le rivolse un’occhiata penetrante e sospettosa ma Lucrezia non lo stava più guardando ed era tornata a prestare attenzione a ciò che stava dicendo la guida.
Si convinse quindi che la giovane avesse buttato là quella parola senza alcuna malizia, senza alcun volontario riferimento a lui. In fondo, si disse, come mai avrebbe potuto una Babbana conoscere la sua identità?
Si tranquillizzò a questa considerazione e spostò lo sguardo sulle quattro grandi statue sedute e rivolte verso l’entrata: il dio Ptah di Menfi, il dio Amon-Ra di Tebe, Ramses II e il dio Ra-Harakhti di Eliopoli.
La guida stava spiegando come per ben due volte all’anno, il 22 di Ottobre e il 22 di Febbraio il sole all’alba, penetrando dalla porta d’ingresso, percorresse tutto il corridoio, attraversasse le due sale ipostile, il vestibolo e arrivasse infine a colpire con i suoi raggi la statua del Faraone.
Terminata la spiegazione, mentre gli altri si incamminavano per tornare indietro, Severus si attardò a fissare quell’enigmatico gruppo scultorio, avvertendo nuovamente la presenza della magia e ne individuò la fonte nella scultura di Ramses.
Si appiattì contro la balaustra che impediva di avvicinarsi alle statue, i profondi occhi neri fissi in quelli ciechi del faraone.
Poi, senza sapere come, si ritrovò oltre il parapetto gli occhi sempre incollati a quelli di Ramses: una forza indefinita e inspiegabile lo guidava verso l’immagine di pietra attirandolo come un magnete.
Ora era vicinissimo, così vicino che poteva sfiorarla. Allungò una mano e la poggiò sulla scultura.
In un primo momento risultò fredda al tatto ma poi sentì come un formicolio e un calore sempre più intenso che, dal braccio, si estese lentamente in tutto il corpo.
Cercò di ritirare indietro la mano ma non ci riuscì: era come se si fosse incollata.
Fece un altro tentativo e poi un altro ancora. Niente!
Improvvisamente ci fu un’esplosione di luce bianca, che lo avvolse totalmente. Avvertì una sensazione di estremo benessere e poi cadde a terra, privo di sensi.
***
La prima cosa che vide quando riacquistò i sensi fu lo sguardo preoccupatissimo di Lucrezia che, china su di lui, lo stava scuotendo nel tentativo di farlo rinvenire.
Accanto a lei c’era anche la loro guida preoccupata e, allo stesso tempo, piuttosto seccata per quel fuori programma.
“Severus come stai? Come ti senti?” Nella voce di Lucrezia c’era una sollecitudine che, inspiegabilmente, lo gratificò molto.
“Bene… sto bene non ti preoccupare.” Non stava mentendo. All’infuori di una sensazione di stordimento non avvertiva nessun altro fastidio. Anzi, pensandoci bene, forse non si era mai sentito così bene in tutta la sua vita come da quando era stato avvolto da quella misteriosa luce bianca.
“E’ tutto a posto, non ti preoccupare.” Ripeté mentre si metteva a sedere un po’ a fatica, scuotendo il capo per scacciare il senso di stordimento.
“Appurato dunque che Monsieur sta bene, potrebbe Monsieur spiegarci cosa è accaduto?” A parlare era stata la guida che da quando si era ripreso non aveva smesso di guardarlo con aria sospettosa, come fosse un criminale colto con le mani nel sacco.
Severus cercò di farsi venire in mente qualcosa di plausibile da dire perché, ovviamente, non poteva certo raccontare quello che gli era successo per davvero! Come spiegare a dei Babbani che era entrato in contatto con una fonte potentissima di magia senza essere preso per pazzo? E in fondo anche lui era piuttosto sconcertato, disorientato dall’esperienza appena vissuta, tanto da ripromettersi che, appena rientrato ad Howgarts, avrebbe fatto ricerche e ne avrebbe parlato anche con Minerva. Ora però doveva pensare in fretta.
“Volevo vedere le statue da vicino…” Disse, cercando di essere convincente, “e così ho scavalcato la transenna, ma sono inciampato e penso di aver battuto la testa al momento in cui ho toccato terra…”
“Si rende conto che ora dovrò fare rapporto alle autorità competenti?”
“E perché?” Scappò detto a Lucrezia.
“Perché?!” La guida si voltò a guardarla come se fosse uno strano insetto. “Perché suo marito ha violato un divieto! Non mettiamo certo transenne per decorare gli ambienti!” Le rispose, quasi offeso.
Severus sentendosi appellare con il termine di “marito” si irrigidì.
“Io non sono…” Cominciò, avvertendo un impellente bisogno di mettere subito in chiaro come tra lui e la donna non ci fosse alcun legame, ma la guida lo interruppe, ormai fuori controllo e, mollati tutti i freni inibitori, si lanciò in un monologo quasi delirante, grazie al quale continuò ad alimentare l’equivoco.
“Sì, certo dicono tutti così: “Io non sono un trasgressore… Io non volevo fare niente di male…” ecc. ecc. Le solite scuse! Se lasciassimo correre, nel giro di qualche mese, a forza di “ricordini” i turisti ci smonterebbero tutti i monumenti. Voi venite qua per divertirvi e pensate di potervi portare a casa come souvenir pezzi di pittura e frammenti di statue e poi a noi toccano le seccature! Fai la denuncia, riempi una pila di scartoffie!” E sospirò facendo assumere al suo volto un’espressione che voleva essere drammatica ma che risultò grottescamente comica.
“Ma come si permette!” Sibilò Severus furibondo, rimpiangendo di non poter trasformare quell’ottuso ometto in un ranocchio gracidante “Io non sono…”
“Ehm… tesoro perché non lasci parlare me che è meglio?” Lo interruppe Lucrezia, dandogli di gomito.
Severus si voltò a guardarla allibito, chiedendosi se all’improvviso non fossero tutti impazziti: eppure la testa, fino a prova contraria, era stato lui a batterla!
“Ci rendiamo perfettamente conto del problema…” Iniziò a cinguettare “E siamo veramente dispiaciuti per l’accaduto. Vede, noi siamo due docenti di Archeologia presso l’Università di Cambridge…”
La guida li squadrò poco convinta.
“Conosciamo perfettamente l’entità del problema che poco fa lei ci illustrava…” lo sguardo dubbioso del suo interlocutore non la scoraggiò minimamente dal continuare con piglio sicuro. “Mi creda, questa volta non c’è proprio alcun bisogno di sobbarcarsi tutto quel noioso lavoro di compilazione! Mio marito…” Severus sobbalzò, come punto da uno scorpione, e Lucrezia gli tirò un’altra gomitata.
“Mio marito…” Riprese la donna, “Spinto dalla curiosità scientifica, voleva solo dare un’occhiata più da vicino alle statue. Certo, non avrebbe dovuto ma a volte la passione per il proprio lavoro porta a commettere delle... chiamiamole imprudenze. Sono più che sicura che se per questa volta lei potesse e volesse chiudere un occhio, mio marito…”
Questa volta Severus si afflosciò con aria rassegnata e sconsolata addosso a una delle pareti del santuario.
“Le sarà profondamente grato, al momento del commiato…”
Un lampo di furbizia illuminò lo sguardo dell’uomo.
“Beh, infine, visto che Monsieur è uno studioso e non stava tramando niente di losco, penso proprio che potrei evitarmi tutte quelle seccature burocratiche…” Sospirò con l’aria di chi aveva appena fatto una grande concessione.
Severus tentò di protestare: quella soluzione non gli garbava affatto ma, ancora una volta, fu colpito da un’energica gomitata della donna.
“Ma si è proprio quello che le dicevo! Non c’è alcun bisogno di denuncia. Mio marito non stava cercando di portarsi via alcun ricordino.” E Lucrezia accompagnò la frase con un sorriso che a Severus, per la seconda volta da che si erano conosciuti, sembrò inspiegabilmente familiare.
“Bene, allora moviamoci! Il resto del gruppo ha atteso anche troppo.”
Così dicendo l’astuta guida fece intendere che per lui la faccenda era chiusa, girò sui tacchi e li precedette senza curarsi di lasciarli indietro.
“Ma ti rendi conto di quello che hai appena fatto?” Le bisbigliò furioso Severus, riprendendosi a stento dallo sconcerto e incamminandosi al fianco della donna dietro la guida.
“No, cosa ho fatto?” Gli chiese lei, con una finta aria da ingenua.
“Credenziali false e corruzione!” Le sibilò in faccia.
“Uffa quanto sei noioso…”
“Noioso?”
“Si, noioso e pignolo!”
“Pignolo?” Severus non poteva credere alle sue orecchie.
“Tecnicamente non ho mentito: siamo o non siamo due insegnanti?” Lo incalzò Lucrezia. “E in quanto alla corruzione, ma dai, è semplicemente ridicolo! Figurarsi se era vero che ti avrebbe denunciato. Ha tirato fuori tutta quella storia proprio per scucire una lauta mancia.”
“E allora, Madame, se le era tutto così chiaro fin dall’inizio, per quale motivo è stata al suo gioco?” Le replicò velenosamente.
“Perché mi sono divertita tanto!” Confessò lei con una faccia tosta incredibile.
Severus le lanciò uno dei suoi leggendari e temibili sguardi, fulminandola e scoprendosi a pensare che se si fosse trattato di una delle sue allieve, le avrebbe rifilato, con sommo piacere, una punizione memorabile.
Lucrezia vide la rabbia silenziosa e profonda dipinta sul volto dell’uomo e si rese conto di come, per un po’, sarebbe stato meglio tenere con lui un profilo basso.
Proseguirono così il resto dell’escursione in silenzio: lei mantenne l’impressione di essere stata rimproverata ingiustamente, mentre lui continuò a coltivare la convinzione che quella gita ad Abu Simbel, alla resa dei conti, fosse stata una pessima idea. Soprattutto per le sue finanze, concluse pensando alla lauta mancia, per dirla come Lucrezia, da dare a fine giornata a quella sanguisuga della loro guida.



Capitolo III



Il piccolo litigio avvenuto durante la visita ad Abu Simbel avrebbe potuto essere paragonato a un temporale estivo, violento ma passeggero, dopo il quale nel cielo torna a splendere un magnifico sole.
E, infatti, tra Severus e Lucrezia il sereno era tornato quasi subito.
Passata l’arrabbiatura, lui riprese ad apprezzare la vivace compagnia della donna: alla fine si era accorto che, da quando lei era comparsa nella sua vita, non avvertiva più quel senso di vuoto che lo aveva perseguitato dal momento del suo risveglio dal coma.
Questa consapevolezza però per alcuni versi lo allarmava perché il momento dell’addio si avvicinava inesorabile, con l’approssimarsi della fine del viaggio.
Era infatti impensabile che quella frequentazione potesse continuare nel futuro, quando le loro strade si sarebbero divise riportando lei a Roma e lui nei Sotterranei di Hogwarts.
Lui sarebbe tornato nel suo mondo magico e lei avrebbe continuato la sua vita Babbana.
E, allora, come si sarebbe sentito? Sarebbe ricomparso quel senso di vuoto che gli attanagliava lo stomaco quando si svegliava la mattina?
Se quell’inspiegabile sensazione di benessere, di calore, quasi di ebbrezza che provava da un po’ di giorni era davvero legata a Lucrezia, sarebbe sicuramente scomparsa con la fine di quel viaggio.
Severus lasciò che l’acqua della doccia lavasse via la polvere e la stanchezza dell’escursione all’isola Elefantina. Poi chiuse il rubinetto e infilò l’accappatoio.
Si guardò allo specchio per decidere se radersi di nuovo e tornò alle proprie riflessioni.
Ma poi, perché Lucrezia lo faceva sentire così bene? Aveva paura a darsi la risposta: l’unica altra donna che l’aveva fatto sentire così era stata Lily, prima che lui la allontanasse stupidamente da sé e lei decidesse di legare il suo destino a quello di James Potter.
Quanto avesse sofferto per questo ormai era noto a tutto il mondo magico.
Dopo quel rifiuto non si era mai più innamorato… mai più… almeno fino a quel bizzarro incontro… perché, infine, non poteva nascondersi di provare qualcosa di molto particolare per la sua logorroica compagna di viaggio.
E Lucrezia? Anche in lei forse era nato un sentimento?
A volte gli sembrava fosse così. O forse era solo il proprio orgoglio maschile che gli faceva vedere cose inesistenti…
“No!” Si disse, mentre finiva di vestirsi per andare a cena. “Non importa se io provo qualcosa; non importa se lei prova qualcosa. Non importa perché non permetterò mai più che mi accada quello che è accaduto con Lily. Mai più! Questa storia, di qualunque cosa si tratti, deve finire qui!”
Forte di questo proposito uscì dalla sua cabina, e si avviò verso il ristorante, senza rendersi ancora conto che ormai era già troppo tardi.

***
“Yhuum!” Sospirò, deliziata, Lucrezia dopo aver terminato la sua porzione di Ananas alla piastra con miele e cannella. “Dopo quindici giorni di queste delizie tornare ai miei piatti precotti e riscaldati al microonde sarà difficile! Mi mancherà la cucina di bordo!” Poi lo fissò intensamente e con un tono di voce basso, caldo e confidenziale aggiunse: “E non sarà l’unica cosa a mancarmi…”
Severus ebbe un tuffo al cuore: stava accadendo ciò che temeva e allo stesso tempo aveva sperato? Cercò di riportare il discorso in ambito culinario.
“Sì, si mangia molto bene a bordo…” Tossicchiò, per darsi un contegno. “Ma non ne sentirò molto la mancanza visto che i pasti al College dove insegno non sono da meno.” Concluse, pensando all’ottima cucina degli Elfi di Hogwarts.
“Ah già, dimenticavo la differenza tra i vostri college e le nostre università.” Rispose Lucrezia, palesemente delusa dal fatto che lui non avesse raccolto la sua allusione ma più che mai decisa a non darsi per vinta.
“L’Egitto è un paese meraviglioso, non trovi?” E, senza attendere risposta, continuò: “Dai su ammettilo! Ammettilo che abbiamo passato dei bei momenti insieme e che ci siamo divertiti!”
“Ehm… sì, è vero, ma in fondo in vacanza non accade sempre così?” Le rispose Severus, ricordandosi di aver sentito dire una cosa del genere al prof. Vitious, quella volta che era tornato da una vacanza a Ibiza, vinta con il concorso “Una vacanza da Babbano” lanciato dalla ditta produttrice delle “Caramelle tutti i gusti più uno”.
“Già…” Lucrezia cominciava a essere a corto di argomenti e, per una come lei, questa era una cosa inusuale.
Arrivò il caffè.
Severus si appoggiò allo schienale della sedia e cominciò a sorseggiare il liquido caldo e nero. Lasciò che la tensione degli ultimi minuti si dissolvesse, concentrandosi sulla musica che stava aleggiando in quel momento, ed ebbe un sussulto.
“We have all the time in the world…” cantava la voce roca e accattivante di Louis Armstrong.
“Che coincidenza! La canzone che abbiamo sentito la prima sera qui a bordo.” Mormorò Lucrezia, persa dentro i suoi pensieri.
Severus non disse niente. E se invece il destino gli stava offrendo una seconda possibilità per avere una vita felice? Era giusto rifiutarla?
Sì è giusto. Si rispose.
Lui era un mago, lei una Babbana e quindi le cose tra loro, a lungo andare, non avrebbero funzionato.
Con i suoi genitori era proprio stato così! Suo padre aveva cominciato a odiare e a temere la moglie il giorno in cui aveva scoperto la sua vera natura.
Da quel momento tutto era cambiato tra loro. Quel padre Babbano non aveva mai accettato neppure il figlio, anche lui diverso, anche lui reo di aver ereditato poteri magici dalla madre.
No, mai e poi mai. Si disse.
“Severus, ti va di fare due passi sul ponte? C’è una spettacolare luna piena che si riflette nelle acque del Nilo. E’ la nostra ultima notte qui a bordo perché non sfruttare tutte le opportunità che ci vengono date?”
Era un’altra allusione?
“Veramente… devo ancora terminare la valigia e poi voglio andare a letto presto.” Rispose cercando di apparire più calmo, freddo e distaccato di quanto non fosse in realtà.
“Beh… allora…”
Doveva dirle addio ora o non ci sarebbe più riuscito.
“Allora ci salutiamo qui, Lucrezia. E’ stato bello conoscerti e passare con te questi giorni. Ti ricorderò sempre con molto piacere. Ti auguro buon viaggio e buon ritorno alla tue attività di studiosa e insegnante.”
Fece per andarsene, poi si girò nuovamente verso la donna, rimasta come pietrificata, e guardandola con un misto di rimpianto e tenerezza le sussurrò:
“Mi raccomando, abbi sempre cura di te stessa.”

***


Lasciarla era stato più difficile di quanto si fosse aspettato. Se era riuscito ad andare fino in fondo e a non far trapelare quali fossero i suoi veri sentimenti, lo doveva solo alla lunga esperienza acquisita come spia doppiogiochista di Silente.
Ma ora che era lì nella sua cabina, seduto sulla sponda del letto, da solo, poteva anche smetterla di fingere.
Si guardò intorno: i suoi effetti personali erano sparsi alla rinfusa sul pavimento e sul letto. Un caos che rifletteva perfettamente quello dei suoi sentimenti.
Si sdraiò e rimase a fissare il soffitto per un po’, immerso nei suoi pensieri.
All’improvviso, dei colpi nervosi battuti alla porta della cabina lo riportarono alla realtà.
“Severus? Severus aprimi! So che sei sveglio. Ho visto la luce dall’oblò.”
Per un po’ finse di essere addormentato ma Lucrezia continuava a bussare e così si decise ad andare ad aprire.
“Che cosa vuoi?”. Cercò di mostrarsi molto infastidito per l’intrusione.
“Sono venuta a vedere se ti serve una mano con la valigia. A quanto pare, a vedere il caos che regna qui dentro, ho fatto bene. Sai, sono bravissima con le valigie.” Entrò nella stanza. “ A forza di viaggiare per lavoro ho imparato alcuni trucchetti per riuscire a far entrate tutto il necessario, e anche qualcosa in più, in un piccolo trolley e…”
“Lucrezia, smettila di giocare! Non ne ho voglia! Non sono dell’umore adatto! Per favore va via, non ho bisogno di niente!”
“Tu forse non avrai bisogno di niente ma io ho bisogno di capire che cosa sta succedendo!” L’esasperazione aveva avuto la meglio e, ora, si sentiva furiosa almeno quanto lui.
“Che intendi dire?”
“Intendo dire che prima, al ristorante, sei scappato!”
“Io, per tua norma, non scappo mai!”
“Ah no? E allora che cosa hai fatto poco fa?”
“Ti ho salutata!”
“E tu me lo chiami saluto, quello?”
“Perché cosa ti aspettavi?” Le rispose cercando di caricare quella frase di un tono pesantemente allusivo, nella speranza di risultare molto sgradevole e farla desistere dall’andare avanti, ma ciò che ottenne fu uno schiaffo secco in pieno volto, che lo lasciò completamente basito.
“Ero venuta qui perché… Perché dovevo dirti una cosa importante…” Lucrezia stava tremando per la rabbia e balbettava per la foga.
Merlino! Mica vorrà dichiararsi? Pensò, massaggiandosi la guancia dolorante mentre un’ondata di panico lo assaliva: l’idea che lei potesse essere lì per quello lo atterriva e lusingava allo stesso tempo.
“Lucrezia non credo sia il caso…”
“Severus, mi sono innamorata di te!” Pronunciò quelle parole con tutta la rabbia e la frustrazione che le aveva causato l’atteggiamento dell’uomo. Poi, prima che lui potesse pensare a una qualunque reazione, gli buttò le braccia al collo e lo baciò appassionatamente.
Avrebbe dovuto respingerla, allontanarla e, invece, vinto dalla passione la strinse a sé e ricambiò quel bacio struggente.
Si abbandonò ai sentimenti solo per un attimo, poi riacquistò la lucidità sufficiente per ricordarsi le motivazioni che lo avevano portato a disilluderla poco prima e, allora, la allontanò da sé. Ma cosa stava facendo?
Non commetterò lo stesso errore dei miei genitori! Si disse per l’ennesima volta da quando aveva capito cosa provava per lei. Certo Lucrezia potrebbe reagire diversamente da mio padre ma la nostra unione sarebbe ugualmente problematica perché io sono un uomo problematico. Avrei problemi a farmi capire e accettare completamente da una donna del mio stesso mondo figurarsi da qualcuna che proviene da quello dei Babbani. No, non posso farle questo!
“Severus devo dirti una cosa…”
La guardò: era raggiante! Si sentiva male all’idea di doverla deludere ma la interruppe ugualmente.
“No Lucrezia, sono io che devo parlarti.” Cercò di infondere nella sua voce una fermezza e una convinzione che in realtà non aveva. “ Ascoltami bene. Questo bacio è stato un errore. Non posso negare di provare qualcosa per te ma… ciò non cambia le cose: io e te non potremmo mai stare insieme. Sono una persona molto difficile e non voglio farti soffrire. Se ora ti dicessi di sì, un giorno forse mi odieresti e io non voglio che questo accada. Quindi ora esci di qui, senza voltarti, per favore! Non rendere tutto più difficile di quello che è già…”
Lucrezia avrebbe voluto replicare, spiegarsi, combattere per ciò che provava ma lesse nei suoi occhi una tale determinazione da farle capire che sarebbe stato tutto inutile. Le si riempirono gli occhi di lacrime. Aprì la porta della cabina e si voltò a guardarlo per l’ultima volta, gli occhi bagnati di pianto. Poi uscì dalla stanza chiudendosi la porta dietro le spalle.





Capitolo IV



“Questo non sarebbe dovuto accadere. Ti rendi conto che ora sarà tutto più complicato? Per te, per lui e anche per me. Mi metti in una posizione imbarazzante!”
“Non era nelle mie intenzioni ma le cose a volte capitano e non ci si può fare niente per evitarle.”
“Se avessi saputo non saresti qui. Non voglio problemi e attriti tra i miei docenti!”
“Sapevo che se tu ne fossi venuta a conoscenza non avresti preso in considerazione la mia candidatura a quel posto. Per questo non ti ho detto niente.”
“Proprio tipico di te!”
“Non preoccuparti zia Minerva! Si sistemerà tutto, vedrai!”
“Lo spero per te, Lucrezia! Per te, per lui e per la pace di questa scuola! Ma potrebbe essere meno facile di quel che tu pensi.”
“Non essere così pessimista, Minerva!”
“Albus sei pregato di non immischiarti in questa faccenda!” Rispose piccata la preside. “Lo sai com’è suscettibile Severus su certe questioni...”
“Severus è un testone! Lasciarsi scappare una donna del genere…”
“Lei è troppo gentile, preside.” Sorrise Lucrezia.
“E’ la verità figliola.” Replicò Silente facendoli l’occhiolino. “Benedetto ragazzo, proprio non lo capisco!”
Minerva guardò con sospetto prima sua nipote poi il quadro del suo predecessore.
“Mica vorrete coalizzarvi voi due, vero? Albus vedi di restarne fuori, esattamente come farò io! E’ una questione che devono risolvere da soli. Mi hai capito?” Si era alzata e ora si trovava davanti al quadro di Silente, guardandolo con aria minacciosa.
“Ma sì, Minerva, sta tranquilla! Quando si confronteranno fingerò di dormire per tutto il tempo. Contenta?” E mise subito in atto ciò che aveva detto chiudendo gli occhi e cominciando a russare.
Minerva alzò gli occhi al cielo, sconsolata, e si lasciò andare sulla poltrona dietro la scrivania.

***



Al suo rientro dal viaggio i sotterranei di Hogwarts lo avevano accolto freddi e bui esattamente come sempre.
Tutto a Hogwarts era come sempre e questo gli infondeva tranquillità. La stessa tranquillità che regnava nell’intera scuola.
“Questa pace non durerà ancora per molto.” Pensò, ricollegandosi al fatto che di lì a tre giorni tutto l’edificio sarebbe stato invaso dagli studenti per l’inizio di un nuovo anno scolastico.
Mentre percorreva i solitari corridoi di Hogwarts, Severus si scoprì contento di essere tornato lì, in quei luoghi che ormai gli erano così cari e familiari.
La vacanza a cui l’aveva costretto Minerva era in fondo servita allo scopo: si sentiva più in forma di quando fosse partito e aveva una mezza idea che lo strano fenomeno magico in cui era stato coinvolto avesse influito positivamente sulla sua salute fisica e mentale.
C’era però un risvolto della medaglia: Lucrezia.
Dopo quella sera non l’aveva più vista. Stranamente non si erano incontrati sul volo di ritorno da Aswan a Il Cairo, né all’aeroporto della capitale egiziana al momento di imbarcarsi per le diverse destinazioni.
Certo era stato meglio così visto che, per dimenticare una persona, la lontananza aiutava di sicuro; ma per il momento, a venti giorno dal suo rientro dal viaggio, il ricordo di lei era ancora forte e doloroso.
Pensava spesso a Lucrezia, alla sua solarità, alla sua loquacità e a quel bacio che si erano scambiati. Se Silente fosse stato vivo e avesse saputo tutta la storia gli avrebbe dato del testone per essersi precluso la possibilità di vivere quell’amore. Ma lui voleva seppellire quei ricordi dentro di sé e dimenticare.
Dimenticare sarebbe sicuramente stato più facile alla ripresa delle attività scolastiche. La mente sarebbe stata impegnata con lo studio e le lezioni e i problemi immancabili con le solite teste di legno.
Si fermò davanti alla statua del gargoyle che custodiva l’entrata dello studio del preside.
Chi sa perché Minerva l’aveva mandato a chiamare. Forse era per la questione riguardante l’insegnante di Antiche Rune. A tre giorni dalla ripresa delle attività ancora non erano riusciti a trovare un valido docente in materia.
“Punto a croce!” Pronunciò, pensando a come Minerva non fosse da meno rispetto a Silente neanche in fatto di parole d’ordine alquanto bizzarre. Infatti dalle password legate ai piatti preferiti del precedente preside, si era passati agli hobby preferiti dell’attuale: il lavoro a maglia e il ricamo!
L’enorme statua di pietra si scostò lentamente. Severus salì sulla scala a chiocciola che conduceva fino al pianerottolo e bussò alla porta dello studio.
“Avanti!”
Entrò, si diresse spedito verso la scrivania ma, a metà del percorso, si bloccò.
No, non poteva essere! Doveva avere le allucinazioni…
Che cosa ci faceva lei lì, in piedi accanto a Minerva? E perché lo guardava sorridendo con quel sorriso che gli era così familiare perché, sì, ora se ne rendeva conto, identico a quello che a volte compariva sul volto della McGranitt?
“Vieni Severus, accomodati.” Lo invitò la preside indicandogli una delle due poltrone poste davanti alla sua scrivania.
Severus avanzò e si sedette. Allenato a celare i suoi sentimenti dietro una maschera di indifferenza, sembrava per nulla sorpreso di vederla lì. Anzi con deliberata strafottenza non la degnò di ulteriore sguardo e si volse a fissare, sospettosamente, dritto negli occhi Minerva.
“Severus…” attaccò la anziana strega, schiarendosi nervosamente la voce. “Come ben sai, a tre giorni dall’apertura della scuola ancora restava vacante la cattedra di Antiche Rune…”
Un lampo di consapevolezza attraversò la mente del mago che si sentì in trappola.
“E così ho preso in considerazione la candidatura della professoressa… Lucrezia McGranitt…”
Severus spostò lo sguardo da Minerva a Lucrezia, fulminandola, e facendole sparire il sorriso dal volto.
“Sono venuta a conoscenza di alcuni fatti accaduti solo ora e ci tengo a dirti che, se ne fossi stata al corrente prima, avrei cestinato la candidatura della professoressa per evitare ogni polemica e disaccordo… Mi dispiace, Severus…”
“ Sì, Severus, Minerva è veramente seccata per ciò che è accaduto in Egitto, ma onestamente al suo posto sarei più arrabbiato per il tuo incomprensibile comportamento…”
“Albus!” Ruggì la McGranitt.
Il quadro tornò a ronfare.
“Come ti dicevo, se avessi saputo prima alcune cose non avrei mai preso questa decisione. Ma ormai, è fatta. Siamo a tre giorni dall’apertura dell’anno scolastico e non c’è tempo per cercare oltre un altro insegnante, quindi, vi chiedo, in nome della pace e della collaborazione che desidero regni tra i docenti di questa scuola, di chiarirvi una volta per tutte. E vi consiglio di cominciare da subito.” Si alzò e si avviò verso la porta, poi ci ripensò, tornò indietro e si piazzò davanti al quadro di Silente.
“Albus! Albus, smettila di fingere di dormire!”
Silente aprì un occhio.
“Albus non dovevi andare al ministero per controllare quella data cosa?”
“Chi, io? No, Minerva, non mi risulta…”
“Albus… Esci immediatamente da quella cornice e va a controllare ciò che ti ho chiesto ieri.” Sibilò, esasperata, Minerva.
“Va bene, non c’è bisogno di scaldarsi tanto! Vado, vado!” E così dicendo Silente abbandonò il quadro.
Minerva tirò un sospiro di sollievo e uscì a sua volta dalla stanza.

***



Un silenzio irreale gravava sullo studio.
Seduto, immobile e rigido come una statua, Severus stava cercando di mantenere sotto controllo tutta la rabbia che sentiva dentro. Respirò profondamente poi si rivolse alla donna.
“Chi diavolo sei? Perché hai il suo stesso cognome e cosa ci facevi in Egitto nello stesso periodo in cui ero lì anch’io? E non mentirmi, perchè me ne accorgerei...” Aveva sussurrato, ma il tono era così minaccioso che Lucrezia avrebbe preferito sentirlo urlare.
Forse aveva ragione Minerva, forse sarebbe stato più difficile di quanto avesse immaginato.
“Chi sono? Sono una strega. Ho il suo stesso cognome perché Minerva è mia zia…” Rispose, cercando di sembrare più calma e sicura di sé di quanto non fosse.
“Mio padre e lei sono fratello e sorella.” Deglutì, nervosamente, e continuò: “Ero in Egitto in vacanza. Il fatto di esserci incontrati lì è pura casualità. Ti ho riconosciuto subito quella sera a Il Cairo quando i nostri sguardi si sono incrociati per la prima volta. Sei un personaggio famoso, Severus, avevo visto foto e letto tanto su di te, senza contare che zia parlava spesso di te quando era in visita da noi ancora prima che uscisse fuori tutta la verità sul tuo conto.”
“Sapevi quindi chi ero… E allora perché non mi hai rivelato subito la tua identità? Io non sapevo chi fossi: ti avevo preso per Babbana e non potevo dirti la verità sul mio conto… ma tu… tu perché mi hai mentito?” Il tono di voce era salito, ma rimaneva freddo e pericoloso. La rabbia aveva rotto gli argini.
“Avevo paura che tu non mi permettessi di avvicinarti! Dicono che tu non ami tutta questa notorietà. Dicono che sei restio a comparire in pubblico, a frequentare le persone del nostro mondo e posso capirlo dopo quello che ti hanno fatto. Così quando ti ho incontrato per caso, ho pensato che avrei potuto conoscerti meglio se mi avessi creduta una Babbana completamente all’oscuro sulla tua vera identità…”
Severus non poteva crederci. Si era tanto preoccupato di soffocare i suoi sentimenti proprio perché la credeva una Babbana e ora scopriva di essere stato preso in giro.
“Posso capire che all’inizio tu abbia avuto delle remore a palesarti per ciò che sei ma, dopo, mi chiedo, perché non lo hai fatto?” La sua voce era tornata ad abbassarsi ma il tono era ugualmente poco amichevole. “Dimmi, quando ho avuto quell’incidente ad Abu Simbel tu avevi capito tutto, vero?”
“Si!” Rispose seccamente lei.
“E allora perché non palesarti? Non ti è venuto in mente che, per quello che mi era accaduto, forse la possibilità di parlarne con qualcuno che apparteneva al mio stesso mondo mi avrebbe fatto bene?”
“Temevo…”
“Cosa temevi? Se c’è una cosa che ho imparato di te è che non ti scoraggi tanto facilmente! Hai trovato la forza di dichiararti l’ultima sera, ma non hai mai avuto il coraggio di dirmi chi eri in realtà! Che cosa avevi intenzione di fare? Volevi iniziare un rapporto basandolo sulla menzogna?”
“Eh no, questo non è giusto! Io ho tentato di parlarti quella sera: volevo dirti tutto, spiegarti tutto ma tu… tu me lo hai impedito, ricordi? Non mi hai lasciata parlare. Hai detto tutto tu e poi mi hai mandata via. Te lo ricordi?” Ora Lucrezia gridava tra le lacrime di frustrazione, trattenute a stento fino a quel momento, che cominciarono a scendere lungo le guance.
Severus ritornò con la mente a quel momento. In effetti un tentativo lei quella sera, dopo che si erano baciati, lo aveva fatto… forse era stato troppo blando e non troppo convincente ma doveva ammettere che c’era stato…
Per la prima volta da quando stavano discutendo gli occhi di Severus furono attraversati da un lampo di tenerezza.
Fu un attimo, ma Lucrezia riuscì a coglierlo e si aggrappò a quel segno con tutte le sue forze.
“Ascoltami: so di aver sbagliato! So che è stato un errore mentirti per tutto quel tempo. Volevo parlarti ma, probabilmente, mi sono decisa davvero troppo tardi. In ogni caso non potevo lasciare che le cose finissero così. Hai ragione, non mi scoraggio tanto facilmente e così, quando ho saputo che a Hogwarts mancava l’insegnante di Antiche Rune, mi sono fatta avanti… in fondo è la mia materia. Mi sono detta che era un segno, che dovevo cogliere l’opportunità al volo per rivederti e chiarire tutto. Severus sono qui per chiederti di darmi un’altra possibilità… per chiederti di darci un’altra possibilità!”
Un’altra possibilità! Voleva darle, e quindi darsi, un’altra chance?
Severus si accorse di non riuscire a trovare la risposta. Si sentiva ferito per l’inganno ma anche stranamente felice di averla lì, con lui, almeno per un intero anno scolastico.
Decise che aveva bisogno di tempo per calmarsi e capire ciò che provava.
“Logorroica, esuberante, cocciuta e molto sicura di te, come sempre, vedo…” Il tono della voce risultò meno sarcastico di quanto avesse desiderato. “Vuoi una risposta che però, in questo momento, non sono in grado di darti. Sono ferito, arrabbiato e ho bisogno di calmarmi e pensare. La discussione per ora termina qui mia cara.”
Girò le spalle e uscì dallo studio, lasciando però alle proprie spalle un silenzio carico di prospettive future.
“E’ un po’ testardo, ma in fondo è un ottimo ragazzo.”
“Preside!” Lucrezia si voltò verso il quadro di Silente. “Ma non doveva essere al ministero?”
“Ehm… ho fatto prima del previsto…”
Lucrezia gli sorrise.
“Non temere gli ci vorrà del tempo ma, alla fine, se lo conosco bene, tornerà. E lo farà per sempre.” La rassicurò Silente.
“Sì, il tempo aggiusterà tutto…” sussurrò Lucrezia, con un lungo sospiro e nel cuore un barlume di speranza, fissando la porta da cui lui era uscito. “In fondo abbiamo tutto il tempo di questo mondo…”

FINE
 
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Xe83
view post Posted on 27/1/2021, 12:42




Cara Manu, ho letto con grande piacere la tua fiction, ne sono stata attratta sin dalle prime righe e mi ha coinvolto da subito.

Già il titolo mi ha attirato tantissimo:
We Have All The Time In The World, tratto dal bellissimo brano cantato dall'inconfondibile voce di Louis Armstrong.
Un titolo che mi ha trasmesso un senso di attesa silenziosa, di cammino comune, di ricerca condivisa: sensazioni, immagini, concetti che ho ritrovato nel testo, che mi hanno scaldato il cuore e acceso gli occhi.

Mi è piaciuta tanto l'ambientazione, evito di spoilerare per non togliere gusto alla lettura a chi si accosterá al tuo racconto, ma i luoghi "vissuti" da Severus, dai protagonisti, sono inconsueti, nuovi, curiosi ed "eclettici".

Ho apprezzato tanto le descrizioni, mai pesanti, e la precisione con cui utilizzi i termini, anche specifici, che aiutano a visualizzare le immagini, ricche di particolari, a renderle vivide e vere.
Dal roof garden del lussuoso hotel si godeva una spettacolare vista della città. La Moschea di Alabastro, con i suoi sottili minareti e la grande cupola, si stagliava nel cielo rosso fuoco del tramonto. Tutto intorno la vita della città pulsava caotica ma i rumori e gli odori della metropoli non arrivavano fin là su, in quella sorta di paradiso terrestre dove ricchi uomini d’affari e coppie in luna di miele consumavano l’happy hour in attesa della cena.

Questa sequenza, mia cara Manu, avrei voluto scriverla io: è di una bellezza molto fine, scorrevole, ma contemporaneamente anche precisa. Una precisione da foto scattata con una reflex: incisiva, elegante, funzionale.
È una stupenda sequanza esplicativa, divertente ed appassionante.

Nella tua fiction si scopre con grande piacere un Severus inconsapevolmente attraente, che mi ha colpito tanto. Un Professore abbigliato con un inconsueto quanto affascinante completo di lino nero, che aumenta la sua raffinatezza e il tenebroso charme. Un Severus curioso con tratti noti ed inediti.

Mi hanno colpito molto anche i dialoghi: hai una grande abilità e capacità di imbastire conversazioni perfettamente equilibrate e assolutamente reali. Non hanno l'artificio della "creazione tecnica" , mentre li si legge si ha chiara l'impressione di sentire i personaggi parlare davvero, in modo credibile e icasticamente plausibile.

La tua è una fiction che avvolge gradualmente il lettore, portandolo fino al colpo di scena finale. Hai ideato una conclusione che apre a nuovi ed entusiasmanti interrogativi ed invoglia il piacere di poter proseguire.

Sì, forse lo hai intuito: ho un desiderio, che non si tramuta in richiesta esplicita, per evitare di essere inopportuna, ma vorrei tanto che tu potessi andare avanti con questa tua fiction. Mi piacerebbe molto che potessi proseguire portando i protagonisti ad ergersi "oltre" alla parola fine. La conclusione di questo bellissimo racconto infatti apre a interessantissimi e freschi orizzonti, che non possono concludersi ora.

È scomodo il mio desiderio, vero? Provocante, impertinente, lo so, ma vuole esserlo. Intende essere affettuosamente sfrontato ed esigente, perché hai magnificamente sedotto il lettore, lo hai accompagnato a seguire il percorso dei protagonisti, gli hai fatto sentire il profumo di un colpo di scena che è giunto quasi sul finale e ora non puoi abbandonarlo in preda ad una attesa contemplativa.

Allora la richiesta te la faccio veramente, a costo di sembrare sfacciata ed irriverente: prosegui, Manu. Vai avanti come sai fare tu, con il tuo inconfondibile stile espressivo chiaro (ma non scontato) ed affascinante. Regala al lettore altre pagine di questa meravigliosa ed avvincente storia e io non vedrò l'ora di poterle leggere. ❤️
 
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view post Posted on 27/1/2021, 18:34
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Cara Xe, che splendido commento che hai lasciato! :stuporebello:
Sono passati un po' di anni da quando ho scritto questo racconto ed è stata una graditissima sorpresa scoprire che lo hai letto e apprezzato!<3
CITAZIONE
Già il titolo mi ha attirato tantissimo:
We Have All The Time In The World, tratto dal bellissimo brano cantato dall'inconfondibile voce di Louis Armstrong.
Un titolo che mi ha trasmesso un senso di attesa silenziosa, di cammino comune, di ricerca condivisa: sensazioni, immagini, concetti che ho ritrovato nel testo, che mi hanno scaldato il cuore e acceso gli occhi.

<3 <3 <3
E' una canzone che ascolto sempre con piacere e, tra parentesi, è la pregevolissima colonna sonora di un film di James Bond.

CITAZIONE
Mi è piaciuta tanto l'ambientazione, evito di spoilerare per non togliere gusto alla lettura a chi si accosterá al tuo racconto, ma i luoghi "vissuti" da Severus, dai protagonisti, sono inconsueti, nuovi, curiosi ed "eclettici".

Dovevamo liberare Severus dai sotterranei, almeno per un po', e ho pensato a una bella vacanza in un posto che fosse l'opposto dei luoghi da lui frequentati. ;)

CITAZIONE
Questa sequenza, mia cara Manu, avrei voluto scriverla io: è di una bellezza molto fine, scorrevole, ma contemporaneamente anche precisa. Una precisione da foto scattata con una reflex: incisiva, elegante, funzionale.
È una stupenda sequanza esplicativa, divertente ed appassionante.

Mi confondi! :blush:

CITAZIONE
Nella tua fiction si scopre con grande piacere un Severus inconsapevolmente attraente, che mi ha colpito tanto. Un Professore abbigliato con un inconsueto quanto affascinante completo di lino nero, che aumenta la sua raffinatezza e il tenebroso charme. Un Severus curioso con tratti noti ed inediti.

ll piacere è tutto mio nel vedere che il Severus di questo racconto ti abbia tanto colpito. <3

CITAZIONE
Mi hanno colpito molto anche i dialoghi: hai una grande abilità e capacità di imbastire conversazioni perfettamente equilibrate e assolutamente reali. Non hanno l'artificio della "creazione tecnica" , mentre li si legge si ha chiara l'impressione di sentire i personaggi parlare davvero, in modo credibile e icasticamente plausibile.

Pensa che temevo di fare casini, che non si capisse chi diceva cosa. Sono felice di vedere che invece sono riuscita a scrivere qualcosa di intelligibile. :lol:

CITAZIONE
La tua è una fiction che avvolge gradualmente il lettore, portandolo fino al colpo di scena finale. Hai ideato una conclusione che apre a nuovi ed entusiasmanti interrogativi ed invoglia il piacere di poter proseguire.

<3 <3 <3

CITAZIONE
Allora la richiesta te la faccio veramente, a costo di sembrare sfacciata ed irriverente: prosegui, Manu. Vai avanti come sai fare tu, con il tuo inconfondibile stile espressivo chiaro (ma non scontato) ed affascinante. Regala al lettore altre pagine di questa meravigliosa ed avvincente storia e io non vedrò l'ora di poterle leggere. ❤️

Te lo hanno mai detto, Xe, che potresti vendere ghiaccio agli Eschimesi? ^U^
Battute a parte, non sei la prima che mi lascia nel commento una richiesta del genere.
Scriverò un seguito? Non so risponderti. A volte l'idea mi tenta, mi viene in mente una scena, una battuta, ma si ferma tutto a questi pochi elementi che, senza una solida idea alle spalle, non portano da nessuna parte. Quindi chissà, magari un giorno potrei pure mettere mano a un seguito. <3
Intanto, grazie ancora per aver dedicato del tempo alla lettura della mia storia e per questo commento che mi ha sorpresa e commossa. <3 (E ora non fare la sarcastica dicendo che ho la lacrima facile! XP )
 
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view post Posted on 27/1/2021, 21:49
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Manu, che regalo meraviglioso riproporre un tuo racconto che avrei rischiato di perdere. Io adoro l'Egitto, il viaggio della mia vita con tutte le tappe che hai descritto. Quel popolo, quel paese, i colori, i profumi e le atmosfere che mi hai saputo far rivivere oggi come se non fossero passati già dieci anni. Hai operato un miracolo. Sono riuscita a raffigurarmi un Severus perfettamente collocato in quei luoghi magici. L'ho visto passeggiare, tra le ombre del colonnato del tempio di Karnak, col suo abito di lino scuro e con un elegante panama indossati magnificamente. Anche io spero, come Xenia, di poter presto leggere un seguito. Non vedo l'ora di poter 'sentire' le emozioni che prova Severus nel riscoprire pian piano la forza dell'amore, raccontate dalla tue parole. <3
 
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view post Posted on 27/1/2021, 21:54
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Kate, grazie anche a te per aver dedicato del tempo alla mia storia e per aver lasciato un commento! <3
Mi fa piacere sapere di essere riuscita a farti rivivere dei bei ricordi con la lettura di questa ff. <3

CITAZIONE
Anche io spero, come Xenia, di poter presto leggere un seguito. Non vedo l'ora di poter 'sentire' le emozioni che prova Severus nel riscoprire pian piano la forza dell'amore, raccontate dalla tue parole.

Sta diventando un plebiscito ormai! :lol:
 
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Giorgy
view post Posted on 29/5/2021, 21:14




In realtà avevo già letto questa tua splendida storia Manu🌹😍 mi ero dimenticata di commentarla…che frana! Prima di tutto complimenti per l’ambientazione insolita, adoro l’Egitto, la storia e l’archeologia…saranno anche i miei studi universitari 🤣
Il rapporto con Lucrezia è intenso nonostante non ci siano delle vere e proprie scene passionali, ma attraverso le tue parole riusciamo a percepire le emozioni dei tuoi protagonisti.
Inoltre vedere Minerva così protettiva e materna nei confronti di Severus mi riempie il cuore di gioia.
Rinnovo ancora i miei complimenti cara Manu ❤️🌹
 
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view post Posted on 29/5/2021, 21:55
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Grazie Giorgia! Sei stata gentile a voler lasciare un commento anche a distanza di tempo: i complimenti (anche se a volte immeritati) fanno sempre piacere. :D
 
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6 replies since 3/4/2017, 15:13   243 views
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