Il Calderone di Severus

Alaide - Ciaccona per violino solo, Tipologia: One Shot ( 500) - Genere: Introspettivo - Altro Genere: Nessuno Avvertimenti: Nessuno - Epoca: Piu' di un'epoca - Pairing: Nessuno - Personaggi: Pers. Originale - Altri Personaggi: Nessuno

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view post Posted on 31/3/2017, 08:29
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Titolo: Ciaccona per violino solo
Autore/data: Alaide, 16-17 febbraio 2013
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Tipologia: One-shot
Rating: Per tutti
Genere: Introspettivo
Personaggi: Severus, Personaggio Originale
Pairing: nessuno
Epoca: Più di un’epoca
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Un sorriso dolce e gentile che scaldò il cuore del bambino, facendolo sentire
improvvisamente importante e con un posto nel mondo.
Parole: 626

Ciaccona per violino solo



La giovane donna osservava i bambini sciamare nel cortile della scuola durante l’intervallo. Le mura grigiastre circondavano un pezzo d’asfalto, in alcuni punti rattoppato con la ghiaia, dove gli alunni si divisero in gruppetti per giocare quietamente.
Uno solo, come sempre, rimaneva isolato, immerso in pensieri che la maestra temeva di provare ad immaginare.
Quando era arrivata due mesi prima, come supplente, armata delle migliori intenzioni, desiderosa di fare qualcosa per quei bambini che vivevano nella zona più disagiata della cittadina, si era subito accorta che quel bambino aveva qualcosa di diverso dagli altri.
V’era una maturità che gli altri ragazzi non avevano.
Ed una solitudine che nessun bambino avrebbe dovuto provare.
La maestra gli si avvicinò.
«Ho letto il tuo tema, Severus.» disse, dopo aver fatto passare qualche istante, mentre si sedeva sulla banchina scalcagnata. Gli altri bambini giocavano tranquilli.
«Ho trovato alcuni passaggi decisamente interessanti.»
Il bambino si voltò verso di lei, osservandola con quegli occhi neri che parevano appartenere più ad un adulto che ad un ragazzino. La maestra che la giovane sostituiva aveva lasciato scritto che il piccolo Piton era un bambino difficile.
Lei credeva che fosse fin troppo intelligente.
Ed infelice.
«Hai scritto un racconto originale e profondo.»
Quando aveva iniziato ad introdurre un momento di scrittura creativa, durante le lezioni, per cercare di aiutare quei bambini ad aprirsi ad un mondo diverso da quello delle fabbriche che li circondavano, i racconti di Severus erano sempre stati i primi a colpirla. Erano cupi, colmi di un senso di solitudine sconfortante.
La giovane si sentiva impotente di fronte a quel bambino.
Il giorno dopo avrebbe lasciato la scuola e non era in suo potere cercare, tramite la sua azione di insegnante, di stare vicina, in qualche modo, a Severus.
«Il tuo racconto mi ha riempita di stupore.» uno stupore doloroso nel leggere la storia di un principe che cercava la luce in una grotta profonda senza mai trovarla. «E di orgoglio.»
Gli occhi del bambino furono attraversati da un lampo di stupore.
Lo stupore dell’infanzia.
«Davvero, signorina?» domandò Severus incredulo.
La maestra gli sorrise.
Un sorriso dolce e gentile che scaldò il cuore del bambino, facendolo sentire improvvisamente importante e con un posto nel mondo. Non ricordava l’ultima volta che qualcuno avesse detto che era orgoglioso di lui.
Che qualcuno gli avesse sorriso con sincerità.
«Sì.» rispose infine la giovane. «Sei andato oltre le mie indicazioni. Sei un bambino dotato di grande intelligenza, Severus, e sono certa che in futuro saprai farne buon uso.»
Il bambino osservò la giovane maestra sorridergli nuovamente con gentilezza.
E per un istante Severus credette che il suo futuro sarebbe stato colmo di soddisfazioni, non importava se i suoi genitori si dibattevano nelle delusioni che la vita aveva portato loro.
E per un istante il bambino sorrise fiducioso alla maestra.


Quel ricordo, sopraggiunto all’improvviso, colpì Severus come una pugnalata.
Con le sue scelte aveva tradito quel sogno fugace, che aveva sfiorato la sua mente, in quel momento lontano.
Aveva tradito se stesso.
Aveva tradito la fiducia che la maestra – quella donna che era stata il primo adulto, forse l’unico della sua infanzia, ad essere veramente orgoglioso di lui – aveva risposto in lui.
Aveva fatto veramente un ottimo uso della sua intelligenza, si disse con amara ironia, alzando lo sguardo verso i ritratti dei Presidi di Hogwarts che stavano sonnecchiando quella notte di febbraio del 1998.
Era certo che la maestra, se avesse saputo ciò che aveva fatto della sua vita, l’avrebbe osservato inorridita e quel sorriso gentile sarebbe scomparso dalle sue labbra.
Un sorriso gentile che era pari ad una stilettata.
Un sorriso gentile che apparteneva ad un tempo lontano, quando ancora era innocente, quando non aveva ancora ucciso, quando poteva, per un attimo, permettersi di sognare.
 
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