Il Calderone di Severus

chiara53 - Due sono meglio di uno., Tipologia: One Shot (500) - Genere: Introspettivo - Altro Genere: Romantico Avvertimenti: AU - Epoca: Post 7 anno - Pairing: Severus/Altro - Personaggi: Hermione - Altri Personaggi: Minerva

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view post Posted on 27/3/2017, 16:29
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Titolo: Due sono meglio di uno.

Autore/data: chiara53 - 15.02.2012
Beta-reader: Ida59
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, generale, romantico.
Personaggi: Severus Piton
Pairing: Severus/Hermione
Epoca: 14 anni dopo la conclusione della II guerra magica
Avvertimenti:AU
Riassunto: Dopo il matrimonio arrivano le sorprese. Questa storia è il seguito di "Una promessa è una promessa."
Ringraziamenti: grazie ad Ida per aver sistemato per l'ennesima volta le mie perenni dimenticanze di punteggiatura.

Note: Scritto per il club delle tre F : Facciamolo Finalmente Felice

Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio e-splicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna vio-lazione del copyright è pertanto intesa.





Due sono meglio di uno.




Mancavano un pugno di giorni al Natale; Londra era sfolgorante di luci, soffocata di traffico e i passanti si affrettavano infreddoliti, mentre i bambini venivano trascinati dai genitori lon-tani dalle vetrine piene di colori, luci e giocattoli.
Da un negozio in disuso, con vecchie vetrine polverose, in cui un manichino mezzo spo-gliato era l’unico addobbo, usciva Hermione Granger.
In mano teneva una busta bianca e si guardava intorno con aria leggermente disorientata.
‘Si è fatto veramente tardi,’ – pensò – ‘avrei dovuto già essere ad Hogwarts a quest’ora’.
Erano circa le venti e trenta, ma Hermione aveva bisogno di stare un po’ da sola, prima di tornare al Ministero e rientrare con la Metropolvere attraverso il camino collegato diretta-mente all’ufficio del Preside di Hogwarts.
‘Ho una voglia terribile di un cappuccino italiano.’ Pensò.
La giovane maga si diresse verso l’insegna di una caffetteria che, attraverso i vetri appan-nati, mostrava i tavoli occupati dai clienti.
L’atmosfera sembrava quella giusta, entrò e si sedette in un cantuccio dal quale era ben visibile la strada e il resto del locale.
- Cosa posso portarle signorina?- le chiese una cameriera gentile, con l’aria un po’ stanca.
- Un cappuccino italiano con del cioccolato sopra, grazie.- Rispose sorridendo Hermione.
Le sembrava di vivere in un sogno: quelle ultime ore erano state strane e pazzesche, fino al verdetto definitivo di pochi minuti prima.
‘Altro che signorina: sono una signora sposata da sei mesi all’uomo più testardo, dolce e imprevedibile che potessi trovare’. - Rifletté tra sé. - ‘E’ anche irascibile ed irrimediabilmen-te protettivo, nonché eternamente preoccupato per le persone che gli stanno a cuore: a-vrei dovuto avvertirlo del ritardo.’ – Pensò con una punta di disagio, ma trovare un gufo, in quel bar Babbano, non era decisamente possibile.
Il cappuccino era bollente, la schiuma dolce e profumata di cioccolato; Hermione per un attimo visse di quelle sensazioni gradevoli, nel caldo e nel chiacchiericcio di quella caffet-teria.
C’era un bambino che la stava guardando proprio come fanno i piccoli.
La fissava curioso, mentre beveva la cioccolata e le piccole labbra sporche le sorrisero.
Rispose, quasi senza accorgersene, con un sorriso altrettanto radioso: sulle labbra un po’ della schiuma di cappuccino.
‘I bambini sono innocenti e dolcissimi’ - sospirò tra sé - ‘rumorosi e teneri, ma soprattutto rumorosi…’. Il pensiero che stava elaborando si perse e vagò mentre usciva dopo aver pagato.
Fuori qualche fiocco di neve aveva cominciato a cadere e l’aria era veramente gelida.
Hermione si affrettò verso il Ministero per tornare a casa; mentre camminava ripose nella sua borsa delle meraviglie (come diceva Harry), la busta bianca, per non farla bagnare dalla neve che stava cominciando a cadere copiosa.



**********************************************



La finestra verso il giardino era quasi coperta completamente dalla neve che cadeva co-piosa e turbinava portata dal vento, gli alberi sembravano ricoperti di zucchero filato, il prato era una distesa candida, su cui, qua e là, i cespugli emergevano appena, anch’essi nascosti dalla coltre bianca.
Severus guardava senza vederlo quello spettacolo; la neve non gli era mai piaciuta, nean-che quand’era un ragazzo: spesso era preso di mira dai soliti noti con ben mirate palle ge-late e, in quel caso, la bacchetta serviva a poco, oppure il suo scarso abbigliamento inver-nale lo costringeva a rabbrividire durante le uscite dal castello per le lezioni di Erbologia o per le gite ad Hogsmeade.
Volse le spalle alla finestra e tornò, per l’ennesima volta, verso la poltrona sulla quale ave-va appoggiato il libro che non aveva letto nelle ultime due ore.
Lo aprì nuovamente sempre alla stessa pagina, e gettò uno sguardo verso il camino dal quale, più di un’ora e mezza prima, avrebbe dovuto comparire il volto sorridente di Her-mione.
Per Merlino, non era mai accaduto un ritardo così imprevisto ed ingiustificato!
Ripeté nella sua mente, per l’ennesima volta, i nomi di tutti i Mangiamorte detenuti e di tutti quelli morti, anche di vecchiaia, visto che ormai erano passati quattordici anni dalla fine della guerra, per rassicurarsi al pensiero che non ce ne potevano essere più in giro a far del male ad Hermione.
Era un esercizio mentale come un altro, qualcosa con cui far passare il tempo.
Guardò ancora l’orologio: ‘sono le dieci di sera!’ Pensò. Era troppo, questo era veramente troppo.
Si alzò dalla poltrona e si avviò a grandi passi verso la porta dell’ufficio.
Non poteva restare lì con le mani in mano, aspettando.
Hermione.
Pensò al suo viso, ai suoi occhi; quella donna gli era entrata a fondo nel cuore, nel cervel-lo, insomma dentro la sua anima ed aveva occupato ogni spazio e pensiero: aveva dato un senso alla sua vita.
In quelle due interminabili ore, aveva cercato con tutta la ferrea disciplina mentale di cui disponeva di non scendere a compromessi con la puerile preoccupazione che lo aveva colto di tanto in tanto.
‘Se è finita sotto una macchina Babbana come farò a trovarla? - Si chiese per l’ennesima volta. - Devo andare a cercarla per escludere che le sia successo un incidente; devo con-tattare gli ospedali Babbani, poi, eventualmente, mi rivolgerò al Ministero.’
Questi pensieri lo aiutarono a ritrovare immediatamente la calma assoluta dei momenti più difficili, quelli in cui eseguiva alla perfezione il suo ruolo di spia; anche se, al momento, una vocina piccola e nascosta in fondo al suo cervello non lo faceva affatto stare tranquillo.
- Prima di uscire a cercare Hermione passa da Minerva, Severus. - Disse una voce ben nota alle sue spalle.
- Albus, sai che quando esco l’avverto sempre… - poi si interruppe, – un momento, tu co-me fai a sapere che voglio uscire?
- Io so sempre tutto, ragazzo mio, - disse il mago nel quadro, sfoderando un sorriso sor-nione. – Sono due ore che guardi l’orologio e cammini nervosamente per lo studio, inoltre Hermione non è ancora tornata: si tratta di deduzione, Severus, semplice deduzione.
Piton rivolse al quadro di Silente un’occhiata velenosa ed uscì mormorando:
- “Ragazzo mio”; non se la toglierà mai quest’abitudine…



**********************************



Lo studio di Minerva era situato al primo piano; Severus si avvicinò a passo veloce e vide la porta semiaperta: filtrava uno spicchio di luce nel corridoio buio e si sentivano delle voci.
Una delle due era di… no! Non poteva crederci! Una delle due voci era di Hermione.
Severus si fermò davanti alla porta, indeciso se aprirla o scomparire, ma la discussione che si svolgeva in quel momento, sembrava riguardarlo: aveva sentito pronunciare distin-tamente il suo nome.
- Non so come la prenderà, - stava dicendo Hermione. – Ha tanto lavoro, ama la tranquilli-tà del suo studio, le sue ricerche, i suoi libri… sarà tutto diverso d’ora in poi. Non so pro-prio come Severus la prenderà…
- Ma cara, devi dirglielo,- rispose Minerva - non puoi più aspettare, più aspetti e peggio sa-rà; non preoccuparti, Severus è sopravvissuto a ben altro, non credo che potrebbe soc-combere davanti a…
L’anziana maga non riuscì a completare la frase, la porta venne spalancata, e un Severus Piton molto, molto seccato fece la sua improvvisa comparsa davanti agli occhi di Minerva ed Hermione che lo guardarono stupite.
- Ero sul punto di venire a Londra per cercarti, - cominciò Severus – hai idea di quale ora sia, oppure i tuoi improrogabili impegni non comprendono la necessità di avvertire tuo ma-rito per un ritardo di ben due ore?
Hermione non poté fare a meno di pensare che il tono gelido e sarcastico, con cui era sta-ta pronunciata quella frase al suo indirizzo, era esattamente quello che usava il suo “vec-chio” professore di pozioni tanti anni prima, e provò una fitta al cuore accarezzando quel lontano ricordo.
Mentre la giovane formulava quel pensiero, il volto di Minerva si aprì in un sorriso:
- Severus, buonasera! Stavo giusto per avvertirti che Hermione si era fermata a fare una chiacchierata tra donne con me. Via, non fare il pipistrello antipatico, in fondo non è che un piccolo ritardo, non è accaduto nulla di irreparabile! Ora andate: tu cara non hai neanche cenato, vi mando un elfo con qualcosa da mangiare. - Poi, guardando Hermione, fece l’occhiolino e continuò:
- Magari vi faccio portare anche qualcosa da bere…
Piton non rispose a quelle frasi, la sua mente continuava a pensare alle parole che aveva appena sentito e nessuna delle idee che gli erano venute in mente lo tranquillizzavano.
Cosa stava succedendo?
Cos’era che Hermione gli stava nascondendo?
Un malessere sottile, eco di vecchie memorie, gli stava nascendo dentro: si trattava di qualcosa che riguardava il loro matrimonio? Il loro rapporto?
Mille domande senza risposta si erano affacciate alla sua mente.
Ma una risposta l’avrebbe avuta e subito!
Hermione lesse negli occhi di Severus un mondo di emozioni nascoste accuratamente a tutti, ma chiarissime per lei.
Comprese che con il suo stupido ritardo lo aveva fatto preoccupare, anche se Severus non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ed Hermione pensò che non avrebbe mai voluto che ciò accadesse.
Lo prese sottobraccio affettuosamente, cercando di farsi perdonare con quel gesto premuroso, e salutò Minerva con un sorriso.
- Fammi sapere. - Disse l’anziana maga, poi aggiunse rivolgendosi a Piton:
- A domani, Severus.
Quando furono usciti e la porta venne richiusa, Minerva seduta in poltrona scosse il capo meditando tra sé e sé: ‘Ragazzi, non sono che due sciocchi ragazzi che si amano troppo!’



*************************************************



Il camino era acceso nell’ufficio del Preside, Hermione entrò per prima, si tolse il mantello pesante, sfilò le scarpe e si accoccolò subito sulla poltrona preferita di Severus.
Piton era rimasto in piedi e la guardava con aria imbronciata, senza rivolgerle una parola; la maga gli fece un sorriso timido e, nel tentativo di alleggerire la tensione, disse:
- Severus, non restare in piedi, mi metti in ansia… sembri pronto ad interrogarmi, non sia-mo più a scuola, e tu non sei più il mio insegnante.
Piton non aspettava altro che una frase per dare stura al suo nervosismo, e ribatté irritato:
- Tu, in ansia! Sono due ore che sto cercando di immaginare cosa potesse mai averti trat-tenuto a Londra, cosa potesse esserti accaduto, e ti ritrovo tranquilla a chiacchierare con Minerva. Per Merlino, ma cosa mi stai nascondendo?
Hermione cercò di replicare e disse con una vocina piccola piccola:
- Sono stata dal mio medico Babbano, poi ho fatto tardi perché, per sicurezza, sono anda-ta anche al San Mungo. Volevo avere una risposta certa al cento per cento.
Poi aggiunse ancora con un sorriso mortificato:
- Questa volta non potevo andare in biblioteca a cercarla…
A queste parole, Severus, si era avvicinato a lei, con aria preoccupata, prese una mano di Hermione tra le sue e la guardò negli occhi:
- Fino ad oggi non mi avevi mai detto di avere un problema di salute. - Poi si sedette in un angolo della poltrona e proseguì:
- E’ così difficile per me esprimere i sentimenti, lo sai bene, ma voglio, devo, sforzarmi di parlarti. Con la tua testardaggine sei riuscita a tirarmi fuori dal guscio in cui mi ero rifugia-to, non volevo più affidarmi alla speranza e tu hai voluto aprirmi ad un futuro che non pensavo potesse esistere per me. Conosci tutto di me: i miei errori, la mia storia, il mio pessimo carattere; non voglio che tu affronti da sola nessuna delle difficoltà che si presen-teranno. Voglio esserti sempre vicino, l’ho giurato appena sei mesi fa…Io vivo per te ora, ed è per te che ho ricominciato a vivere: la mia esistenza dipende dalla tua: questo, per me, è l’amore.
Hermione alle parole accorate di Severus ora sorrideva con occhi scintillanti: il momento era venuto. Doveva dirgli il suo segreto e quello era il momento magico che aveva atteso:
- Non sono affatto malata Severus, - sussurrò - sono solo incinta.
Severus Piton ne aveva passate tante, non pensava che nella sua difficile vita avrebbe mai più potuto provare né l’amore né uno straccio di felicità, ma in quell’attimo di cristallo, guardando negli occhi la creatura più bella e dolce che il destino avrebbe mai potuto rega-largli come compagna, amica, amante, pensò, per l’ennesima volta, che nella vita non si deve mai dire mai.
Le prese il viso tra le mani, le accarezzo i capelli, e immerse i suoi occhi di carbone in quelli nocciola. Poi, abbracciandola stretta, sussurrò quasi incredulo:
- Un bambino, - pronunciò con la voce resa roca dalla commozione. - Avremo un bambi-no…
Hermione non lo fece proseguire e aggiunse sorridendo:
- Severus, sono stata dal mio ginecologo Babbano, ma volevo essere certa del mio stato; così mi sono recata al San Mungo. – Severus l’ascoltava e beveva le sue parole, atten-dendo la conclusione di quel discorso, incerto tra gioia e preoccupazione.
– La dottoressa Middle, che mi seguirà anche durante la gravidanza, mi ha detto che non devo preoccuparmi. - Hermione guardò nei profondi occhi neri di Severus, poi continuò:
- Tu non devi allarmarti! La Medimaga è stata gentilissima e…, a proposito, è stata una tua alunna: era di Corvonero…. - Severus sollevò in modo interlocutorio un sopracciglio cercando di ricordare chi fosse costei.
Hermione continuò:
- Ha fatto esami approfonditi, anzi – disse tirando fuori la busta bianca dalla borsa – eccoli, me li ha dati per mostrarteli. Ha detto che non saresti stato soddisfatto se non li avessi visti di persona.
Hermione sorrise sorniona ed aggiunse:
- Ti conosce molto bene, evidentemente! Mentre faceva i controlli ha ripetuto la stessa di-agnosi del mio ginecologo. Ora che mi ricordo, alla fine della visita, ha aggiunto qualcosa, riguardo a te. Ha detto precisamente:
– Considerando che il padre è il Preside Piton lei potrebbe essere in attesa di un Dorsoru-goso Norvegese, ma visto che la mamma è lei, Hermione, si tratta sicuramente di due gemelli!
Hermione ormai rideva apertamente mentre si godeva la finta irritazione di Severus ed il suo stupore.
Poi con l’aria da signorina so-tutto-io aggiunse ancora:
- Severus, i bambini sono due, un maschio e una femmina: due gemelli! Ho voluto saperlo con certezza prima di dirtelo. Sai, due bambini insieme possono creare problemi… tu hai le tue abitudini, il tuo ruolo. Ho temuto che portassero scompiglio nella tua vita e che...
Severus aveva ascoltato tutto il discorso senza più parlare o muoversi, mentre le parole di Hermione fluivano, si accese dentro di lui una luce splendente che attraversò il suo cuore, il suo viso e si riverberò nei suoi occhi:
- Dovevi temere solo di rendermi l’uomo piu’ felice di tutto il mondo magico e Babbano in-sieme. Solo questo avresti dovuto temere… – pronunciò in un sussurro.
La sollevò tra le braccia, poi avvicinò le sue labbra a quelle di Hermione che si aprirono per accogliere un bacio tenero e appassionato.
- Due sono meglio di uno! – Disse Severus, sorridendo con gli occhi scintillanti.
L’elfo che portava la cena per Hermione li trovò così, ancora abbracciati.
- Vieni avanti, Blix. - disse Hermione con le gote rosse ed un sorriso infinitamente felice
- Signora, - disse chinando la testa per salutare, - Signor Preside, signore, questa è la ce-na e questa è una bottiglia di Champagne da parte della professoressa McGranitt, con tanti auguri per voi da parte sua e… del Preside Silente.
L’elfo dopo aver apparecchiato la tavola e lasciato la bottiglia insieme con due calici, salutò e se ne andò, mentre i due, dimentichi di tutto e tutti, continuavano a baciarsi ed a sorri-dere, sussurrando tra loro.
Il quadro di Albus Silente, trascurato per una volta, stava mormorando tra sé:
- Ragazzi, lo dico sempre io, sono solo ragazzi….
 
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