Eccomi...
Aspetterò
Mi piace sognare ad occhi aperti, sono una inguaribile romantica; ho scoperto che qualche volta la realtà supera di gran lunga la fantasia.
Sono stata ad Hogwarts e ho visto realizzato il mio desiderio più grande: ho incontrato il professor Piton. Severus per gli amici.
Ho scoperto che non solo non era morto, (noi del Calderone lo sapevamo già) ma addirittura aveva accettato di diventare il Preside di Hogwarts.
Quello che è successo e quanto ci siamo detti l’ho raccontato già.
Quello che invece ho conservato come ricordo perenne è il
Suo fazzoletto.
Vi ho già detto che sono di lacrima facile, chi mi conosce lo sa e, naturalmente, per l’emozione dell’incontro non ho potuto che versarne un piccolo fiume: così lui me lo ha prestato.
Da quasi un anno, dopo averlo lavato, stirato e accarezzato innumerevoli volte, ho sperato che in qualche modo quel pezzetto di stoffa mi riportasse a Hogwarts, o meglio mi riportasse da lui.
Me lo sono augurato tanto, ma non è accaduto niente e mi sono detta che la mancanza di un fazzoletto, anche se ricamato con le sue iniziali, non era cosa che potesse costringerlo ad accettare di rivedermi con la scusa di restituirglielo.
L’ho riposto in una piccola scatola d’argento, comperata per l’occasione.
Adesso è lì, sul mio comò, dove posso vederla e avere la scusa di aprirla, prima di andare a dormire, per contemplare il fazzoletto e per ricordarmi del momento in cui le sue dita mi hanno sfiorato con gentilezza nel prestarmelo.
Veramente nella scatola ho messo un’altra piccola cosa,
non si sa mai, mi sono detta…
siamo tanto vicini al suo compleanno, ma non ci speravo più di tanto.
Invece avrei dovuto essere più fiduciosa!
Adesso vi racconto.
Qualche sera fa riflettevo sul fatto che ormai il compleanno di Severus era alle porte; avrei tanto voluto consegnargli il piccolo regalo, augurargli buon compleanno. E così ho preso tra le mani il suo fazzoletto e ho pensato a lui con grande intensità: quanto sarebbe stato bello ridarglielo insieme al mio piccolo dono!
Ebbene, è stato allora che il piccolo oggetto ha scintillato.
Scintille, vere, scintilline argentate, leggere come piccole bolle di sapone: è bastato un istante e mi sono ritrovata in un luogo sconosciuto.
No, non ero a Hogwarts.
Ero al centro di una strada innevata.
La strada era in leggera salita; ai lati, le case avevano il tetto coperto di neve e le vetrine bombate erano illuminate e strane.
Tanta gente affollava la via ed è stato in quel momento che ho capito dove fossi: ero a Hogsmeade.
Il alto, in lontananza, svettava il castello di Hogwarts.
Ho guardato molte volte le immagini del piccolo paese nei film e ne ho letto le descrizione nei libri.
Le casette addossate l’una all’altra sembravano cercare di scaldarsi, mentre io in “comode” ciabatte e felpa casalinga rabbrividivo: in mano tenevo stretto il fazzoletto e la scatola che lo aveva contenuto.
Paura, ho provato tanta paura e tanto freddo, mi sono guardata intorno consapevole di essere in un luogo alieno e incapace di tornare indietro.
La curiosità mi ha spinto ad avvicinarmi ad una delle esposizioni e, per conservare un minimo di calore, sono scivolata a sedere in un angolo dove non c’era neve ammucchiata, chiudendomi a palla: le ginocchia vicino al petto, mi sono appoggiata alla vetrina sbirciandone il contenuto. C’erano piume di ogni forma e colore, boccette d’inchiostro e pergamene.
Sono rimasta così, battendo i denti e chiedendomi se non fosse il caso di entrare, prima di prendere una polmonite.
La neve intanto aveva ricominciato a cadere leggera in soffici fiocchi e se non fossi stata tanto a disagio avrei detto che il paesaggio che mi circondava era da favola.
E’ stato allora che un mantello nero mi ha coperto all’improvviso.
Sono stata colta alla sprovvista ed ho sussultato lanciando uno strillo.
Severus Piton era davanti a me, appena uscito da quel negozio e mi guardava cercando di evitare di ridere.
- Sembra che ti piaccia farti trovare sepolta dalla neve! - ha detto con tono lievemente ironico.
Io mi sono limitata a starnutire tre volte di fila e a stringermi nel suo mantello: era morbido, profumato di spezie, ma soprattutto caldo e
Suo.
Mi sono resa conto tutto d’un tratto che il mio desiderio si era avverato e, gelata e tremante, gli ho allungato il suo fazzoletto.
- Eccolo, Professore, - ho sillabato battendo i denti, – glielo ho riportato.
- Da quello che vedo serve più a te che a me. - ha pronunciato, mentre gli occhi si illuminavano di una luce maliziosa.
- Possiamo andare in un posto caldo? - ho chiesto cercando di impietosirlo e mostrandogli le mie pantofole grondanti acqua e neve sciolta.
Credo che quello sia stato un momento topico, perché l’ho visto trattenersi a stento, riprendere con difficoltà l’autocontrollo e cercare di nascondere quello che sarebbe stato uno scoppio di risa.
Dovevo essere un ben misero spettacolo.
Tuttavia, solo in un angolo della mia mente, peraltro del tutto annichilita dalla sua presenza, mi sono ritrovata molto, molto arrabbiata.
- Temo sia colpa tua, Severus, se sono in queste condizioni. Visto che sei un mago e di quelli bravi, potresti aiutarmi, invece di ridere! – ho esclamato con voce un tantino alterata.
- Scusami! - ha sussurrato sorridendo colpevole, poi ha fatto volteggiare la bacchetta una, due, tre volte.
Scarponcini antipioggia, piumino imbottito e guanti sono miracolosamente comparsi a coprirmi e scaldarmi.
Peccato per il mantello - tornato nel frattempo sulle sue spalle - ho pensato, ma così mi sarei potuta godere la sua presenza senza morire di freddo.
- Allora, Chiara: eccoti di nuovo qui! - ha esclamato, mentre si avviava lungo High Street.
- Perché non siamo ad Hogwarts? –
che domanda del cavolo, mi son detta, ma ormai l’avevo formulata.
- Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere vedere il villaggio di Hogsmeade, se ne parla molto nei libri, mi pare. Ti ho immaginato curiosa di visitarlo. Il mio fazzoletto ti ha portato esattamente dove mi trovavo io: non ho pensato che avrei perso tanto tempo a scegliere piume nuove… - ha pronunciato sottovoce con aria colpevole.
- Non importa. - ho esalato a quel punto guardandolo sorridere ancora. Poi mi sono messa in marcia accanto a lui che, da vero cavaliere, mi ha offerto il braccio.
Ma vi rendete conto? Ero sottobraccio a Severus Piton: io, proprio io!
Ho cercato di ricordarmi tutte le domande che mi ero ripromessa di fargli, ma nella mia mente c’era solo il vuoto e una felicità incredibile.
Volevo solo stare accanto a lui e godere di quell’attimo.
Niente poteva essere più importante, nessun quesito, nessuna intrigante richiesta.
Mentre ammiravo le vetrine sottobraccio a Severus constatavo sotto le mie dita la morbidezza della stoffa della giacca e potevo sentire i muscoli dell’avambraccio seguire i miei movimenti per aiutarmi a camminare nella neve.
Meraviglioso.
- Vogliamo sederci ai Tre manici di scopa? - ha chiesto invitante.
Attraverso la vetrina potevo vedere il bar di Madama Rosmerta affollato di persone.
- Troppa gente. - ho detto, pensando a voce alta.
Si è girato verso di me con uno sguardo interrogativo.
Temevo di perdermi il momento di condivisione a due che mi aspettavo. Ero incerta e lui ha capito il perché della mia titubanza. Ha scosso il capo ed ha aggiunto
- Non preoccuparti, potremo chiacchierare liberamente lo stesso, vedrai: fidati di me. - ha pronunciato con aria complice.
I Tre manici di scopa è un posto particolare: soppalchi di legno, scale, in fondo alla sala un grande camino. Alcuni tavoli di legno e uno strano lampadario completano l’ambiente: io ero tutta occhi e curiosità, ma ho cercato di fare la disinvolta anche se mi sentivo osservata persino da Severus con la coda dell’occhio.
Rosmerta è amichevole e sorridente, molto gentile: si è informata se fossi un’altra delle amiche Babbane di Severus.
Sono arrossita fino alla punta dei capelli e le ho risposto che sì: ero una Babbana ed ero ospite del Professor Piton.
Lui sorrideva sotto i baffi, ma è rimasto rigorosamente muto, mentre lei se n’è andata dopo aver preso le ordinazioni ridacchiando apertamente.
Ci ha portato una burrobirra calda (per me) e un whisky incendiario per lui.
Intorno a noi con un gesto appena visibile, Severus ha lanciato un Muffliato: chi meglio del suo inventore avrebbe saputo usarlo?
Adesso nessuno avrebbe origliato e potevo stare relativamente tranquilla: mi ero già vergognata a sufficienza.
Stringevo in mano la piccola scatola d’argento che avevo portato con me.
Mi trovavo con Severus Piton nel giorno del suo compleanno e potevo fargli gli auguri di persona: solo il pensiero già mi rendeva nervosa, ansiosa e agitata Oltre Ogni Previsione.
Devo aver trascorso qualche minuto a guardarlo estasiata, osservando ogni ruga che gli segna la fronte e gli angoli degli occhi; la forma delle sue labbra (sottili, ma non troppo); il naso importante, ma perfetto per il suo viso; il volto serio e intento, mentre sorseggiava il suo liquore.
Piton è un esempio di perfetta e inimitabile imperfezione. Che potevo fare? Ho sospirato come la ragazzina sognatrice che sono e che cerco di tenere ben nascosta dentro di me:
signora diversamente giovane.
Ero incantata e, ovviamente, Severus se ne deve essere accorto anche se ha continuato a sorseggiare la sua bevanda facendo finta di niente.
Avevo il cuore in gola e ho capito che non era educato continuare a fissarlo, così ho abbassato gli occhi sul mio bicchiere.
Quando, dopo un attimo ho rialzato il viso, i nostri sguardi si sono incrociati: se quello era un sogno non volevo svegliarmi.
- Dunque sei tornata: il fazzoletto ti ha ricondotto qui, come previsto! – ha esclamato riponendolo in tasca. - Sapevo che saresti voluta venire di nuovo nel nostro mondo ed oggi avevo un pomeriggio libero. Mi è parso perfetto, neve a parte. - ha ammiccato con aria complice pronunciando le ultime parole.
Quando sorride gli occhi neri e profondi si illuminano e scintillano:
sì, Ida ha ragione - ho pensato –
sembrano cristalli, cristalli neri.Ho preso il coraggio a due mani e, mentre sorseggiava il suo liquore aspettando che mi decidessi a dire qualcosa, ho appoggiato la mia scatola sul tavolo e ho parlato molto velocemente per non dargli modo di ribattere:
- Questa è per te, Severus: buon compleanno! So che a te non piace festeggiare, ma si tratta di una piccola cosa. Perdonami e accettala. – ha sollevato il sopracciglio e ha scosso la testa, ed io ho finalmente ripreso fiato.
- Volete tutti ricordarmi che sto invecchiando! - ha esclamato; poi ha preso l’oggetto che gli porgevo e l’ha osservato con attenzione. Era una scatola di legno di ciliegio guarnita d’argento, ma il vero regalo era nascosto dentro.
- E’ molto bella - ha commentato quasi imbarazzato.
- Guarda cosa contiene. - ho sussurrato.
Poi ho trattenuto il fiato.
L’ha aperta e ha trovato quello che avevo scelto per lui con amore e riconoscenza.
Tuttavia in quel momento, davanti a lui grande, bruno e cupo tutto mi è sembrato così futile tra le sue dita, così poco adatto, così sciocco e infantile…
- Un angelo? - Ha mormorato stupito maneggiando con attenzione il piccolo oggetto di cristallo: mi ha guardata e mi sono sentita letta dentro, fin nell’anima. Una sensazione strana, mai provata.
- Sì, Severus – ho pronunciato abbassando lo sguardo. – un angelo che ti rappresenta.
- Mi rappresenta? Io sono quanto di più diverso da una creatura simile: gli angeli sono puri, candidi, innocenti… - l’ho visto diventare triste e mai avrei voluto che accadesse.
Così l’ho fissato dritto negli occhi che si erano fatti cupi e bui e mi sono spiegata:
- Gli angeli sono creature che proteggono, aiutano e consolano: custodiscono. Chi più di te ha protetto e aiutato tutti senza chiedere né ricevere mai niente in cambio?
Di nuovo ho visto lo stupore dipingersi sul suo volto e allora mi sono fatta coraggio ed ho proseguito.
- Tu hai attraversato l’inferno, Severus, hai purificato il tuo cuore e hai protetto il mondo magico e Babbano: chi meglio di te potrebbe essere uguale ad un angelo di cristallo? Fragile, sì, come lo è ogni creatura umana; frangibile, sì, ma ricco di luce come la tua anima. - ho sospirato ed ho concluso con un filo di voce – Tu non lo sai, ma hai aiutato anche me, quando la notte era più buia: ti ho pensato, ti ho immaginato, perché allora non sapevo che tu esistessi davvero. E’ bastato. Io ho scritto per te un’altra vita, ho cercato di renderti felice: è così che anch’io ho ritrovato la strada per tornare verso la luce e verso la serenità.
- Io ho fatto tutto questo? - ha bisbigliato quasi a disagio.
- Tu lo hai fatto! - ho detto con forza. – hai aiutato con il tuo esempio tante persone che adesso ti vogliono bene: sei apprezzato e amato per quello che sei e che sei stato.
Severus si è rigirato ancora il piccolo angelo tra le dita e la luce che vi si rifletteva si è trasformata in un piccolo arcobaleno iridescente.
- E’ un oggetto bellissimo - ha pronunciato; poi mi ha guardato di nuovo negli occhi – Non ho potuto fare a meno poco fa di leggerti nel cuore: sai qual è la mia specialità, vero?
- Sei un Legilimens - ho sussurrato - il migliore…
Il silenzio si è allargato fino a diventare una bolla di emozioni.
Mi è sfuggita una lacrima insieme ad un sorriso.
Ha sorriso anche lui, ha asciugato con il fazzoletto la mia lacrima e lo ha riposto nella scatola con l’angelo di cristallo; poi ha detto soltanto una parola:
- Grazie!
***
Adesso sono tornata, ma mi sono portata via il suo ricordo, la sua gratitudine e la promessa che di tanto in tanto un gufo porterà una lettera per una Babbana, per me, che con lo stesso mezzo dovrò rispondergli.
- Saremo amici di penna! - mi ha detto nel salutarmi sorridendo.
Aspetterò.