Il Calderone di Severus

Invito a sorpresa

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view post Posted on 15/12/2020, 01:11
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Sfascia-calderoni

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Si le ho logicamente lette appena entrato in topic. Sono un tipo troppo precisino
 
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Sfascia-calderoni

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Uh che bello allora di questi giorni faccio arrivare qualcosa
 
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Titolo: Neve e Anice Stellato
Autore: Anouk
Data: Dicembre 2020
Beta-reader: Xenia
Tipologia: one-shot
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, commedia
Personaggi: Severus, Anouk, Xenia
Pairing: nessuno
Epoca: post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Prima visita per me a Hogwarts dopo aver bidonato Severus l'anno precedente.

Racconto scritto per l'iniziativa "Invito a sorpresa" del Calderone di Severus, funesto anno 2020

Un ringraziamento speciale a Gabry per il prezioso aiuto nella ricerca di un dettaglio

Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.



Neve e Anice Stellato

“Allora? Com'è andata?”.
Prendo un profondo respiro e cerco le parole per cominciare, ma mi esce solo un fastidioso: “Beh...”
Xenia, seduta sul marciapiede accanto a me, mi guarda impaziente e apre le mani come a esortarmi a dire qualcosa.
Io taccio ancora e lei riprova:
“Lui? Com'era?”.
Sospiro. “Immenso”.
“È grasso?!”.
“Non è grasso... è... è... non lo so, ho i pensieri arrotolati”.
Lei ride, ma almeno ho detto qualcosa.
“Prova a partire dall'inizio. Non so, com'è smaterializzarsi?”.
Ancora mi esce un misto tra un gemito e un mugugno.
“Anouk, devo andarci tra qualche giorno, dimmi qualcosa, come funziona, cos'è successo... dammi un indizio almeno!”.
Non dico che lei stia perdendo la pazienza e non è mia intenzione tenerla sulle spine ma non mi è facile fare un resoconto di quello che mi è appena capitato.
In queste ultime ore sono successe cose enormi dentro di me e, se devo dirla tutta, anche in quest'ultimo anno.

La volta precedente non mi ero presentata, praticamente ho paccato Severus, ma tu dimmi se si può. Poi c'era stata la festa del suo compleanno e lì invece avevo rotto il ghiaccio. Al solo pensarci ancora mi emoziono, a quando l'ho visto per la prima volta, a quando mi ha rivolto la parola (cielo, la sua voce...).
Poi durante quest'ultimo anno ho conosciuto meglio le ragazze del forum e un po' mi sono anche lasciata conoscere. E infine è arrivato il ciclone Xenia dal quale proprio non ci si può sottrarre e quando ho visto che era comparsa nuovamente la lettera di invito per Hogwarts sul mio tavolo da disegno, perché avevo temuto che non sarebbe successo una seconda volta, per prima cosa le ho mandato un messaggio.
-Anche a me!!
Mi ha risposto, con un'infilata di smile, cuoricini e fuochi d'artificio.

“Anouk, ci sei?”.
Mi riporta al presente.
“Smaterializzarsi è come avere una vertigine – inizio – tu guardi da una parte ma il tuo equilibrio ti porta altrove, non controlli i tuoi movimenti, ti sembra di cadere, beh, in effetti quasi sono caduta, però dura poco”.
“Non viene da vomitare? Non vorrei arrivare a Hogwarts e vomitargli davanti”.
“No, direi di no”.
Con la mente ripercorro brevemente il momento in cui mi sono trovata là, su un'altura ricoperta di neve, con gli alberi imbiancati, il castello in lontananza e la figura nera e superba di Severus poco distante, in paziente attesa.
“Mi sono scusata per la poca grazia con cui mi sono palesata”.

“Perché ti scusi? Non ci sei abituata, non sei neanche caduta”.
Gli sorrido quasi pietrificata. È lì davanti a me, per la seconda volta se considero la sua festa di compleanno, ma aspettava solo me. Per oggi si dedicherà a me. A me.
“Mi fa piacere che questa volta sei venuta” prosegue gentile.
Non riesco a dire niente di sensato e mi limito a sorridergli di nuovo.
Sto sognando.
“Camminiamo” dice deciso. Sa che ho bisogno di un attimo di tempo per ambientarmi, calmarmi, ritrovare un minimo di equilibrio interiore.
Si muove, lo seguo.
Il castello svetta in tutta la sua bellezza sotto di noi. Ci sono alcune finestre illuminate nonostante sia giorno. Da diversi comignoli esce un filo di fumo bianco, chissà se sono le cucine, i camini delle stanze o magari l'aula professori.
Cerco con lo sguardo di riconoscere qualcosa, l'ingresso, le serre, la Sala Grande, ma non trovo niente. Forse siamo troppo lontani. L'altra volta, al mio arrivo, era già buio e l'agitazione era tale che non ricordo molto.
Lui si ferma per lasciarmi il tempo di contemplare il panorama, la valle dormiente illuminata dal candore della neve e quella costruzione incredibilmente magnetica che non riesco a smettere di guardare.
“Ci si abitua? Voglio dire, a te non farà più effetto guardarlo”.
Mi scruta un istante.
“Oh, dovevo darle del lei, mi scusi, io...” cerco di giustificarmi goffamente.
“No, il tu va benissimo e sì, ci si abitua, almeno in parte. Ma se mi fermo ad osservare non posso nascondere che questo panorama ha sempre il suo fascino”.
Il suo sguardo spazia fin dove può scorgere qualcosa, chissà quali pensieri lo stanno attraversando.
“Hai freddo?” mi chiede senza spostare gli occhi.
“No, sto benissimo”.
“Allora scendiamo a piedi”.
“Perché come altro lo avremmo potuto raggiungere?”.
“Smaterializzandoci fino all'ingresso”.
Che stupida. Ovvio, non ci si può smaterializzare dentro, ma qui siamo fuori dal perimetro.
Lo seguo e ho l'impressione che stia andando piano per consentirmi di non cadere, gli sono grata, i miei stivali non sono adatti alla neve, ho sbagliato anche a vestirmi a quanto pare.

Ad un certo punto si ferma, una nuvoletta bianca esce dalle sue labbra, la temperatura si sta velocemente abbassando, non so da quanto tempo passeggiamo ma inizio a sentirmi padrona della mia felicità.
“Ce la fai?”.
Annuisco stringendomi nelle spalle, ho freddo adesso, ma va bene così, dopotutto quando mi ricapita di passeggiare per una vallata boscosa coperta di neve con Severus Snape? Forse l'anno prossimo se non faccio pasticci.
Sì, sono felice, uno a zero per me.
Ad un certo punto vedo che una carrozza ci aspetta, per fortuna, sono un po' stanca anche se non lo avrei mai confessato. Due Thestral sono lì pronti, già attaccati al mezzo, fanno decisamente impressione devo essere sincera, ma non dico niente.
“Li vedi, giusto?”.
Di nuovo annuisco.
Mi guarda con dolcezza, non ha gli occhi duri che descrivo sempre io, quelli che ho deciso gli devono appartenere. No, ha uno sguardo malinconico, ma anche presente, vissuto e persino dolce, come in questo momento. Non mi chiede niente, niente gli dico, va bene così.

Mi porge la mano e mi aiuta a salire, poi si siede di fronte a me e la carrozza si muove. Non riesco ad evitare di chiedermi perché stia facendo tutto questo mentre sfioro le mie dita come a voler memorizzare il contatto con le sue di poco fa.
“Tra poco saremo arrivati, così potrai scaldarti”.
Sorrido, sto gelando.
Finalmente raggiungiamo il castello ed entriamo, sembra di essere in una fiaba e nonostante sia circondata da mastodontica pietra dall'aspetto apparentemente austero e inospitale, mi sento avvolgere da un dolce abbraccio caldo, Hogwarts mi dà il benvenuto.
Volgo lo sguardo verso il portone della Sala Grande, lì ci sono già stata per il compleanno. Lui lo sa, infatti mi propone una diversa meta:
“Gradisci qualcosa di caldo? Andiamo nel mio studio”.
È una via di mezzo tra una cortese domanda e un ordine.
“Volentieri” rispondo, quasi mi trema la mascella per il freddo, ma tra poco passerà tutto, il clima confortevole mi sta facendo riprendere.

-“E c'è la scala a chiocciola? Dietro al mascherone di pietra? E qual è la parola d'ordine? Zeppole fritte?”.
“Sì, tipico dolce scozzese... non farmi perdere il filo!”.
“Ma la scala si muove da sola? Come una scala mobile?”
“Sì, solo che essendo di pietra non ti aspetteresti che si muova... ma una volta che entri nel castello sembra che tutto diventi possibile, non so come spiegarti, le cose più strane diventano plausibili perché sai di essere lì. Sembra che tutto possa accadere”.

Mi fa strada ed entra nello studio, era lo studio di Silente, suppongo.
Alzo lo sguardo e osservo tutto attorno e mi sembra di essere in un antico palazzo veneziano con la schiera di quadri dei Dogi che hanno vissuto e presieduto quel luogo, solo che osservandoli fanno dei movimenti impercettibili... respirano mentre sonnecchiano.
In realtà non c'è niente di veneziano in quello studio, così come nella foggia dei presidi dormienti, ma è quello che ho pensato quando sono entrata.
Ci sono alcune pergamene arrotolate sulla grande scrivania, l'occorrente per scrivere, alcune buste, diversi documenti, il tutto perfettamente in ordine. Diverse libri impilati da cui escono segnalibri e appunti. Studia sempre quest'uomo, immagino.
“Seguimi” e mi conduce oltre una porta scura dove c'è un'altra piccola stanza con un bel camino acceso e due poltrone posizionate di fronte.
Si toglie il mantello che con un ordine della mano va ad appendersi da solo, lo imito e mi sfilo il cappotto che però mi appallottolo sul braccio.
Con un gesto misurato e che a me sembra elegantissimo, mi fa cenno di sedermi.
L'atmosfera è accogliente, sembra un piccolo rifugio lontano dalle orecchie dei colleghi nei quadri e dal vociare che sicuramente riempie i corridoi e le aule del castello.
Mi immagino Severus prendersi delle pause di quiete in quel piccolo studiolo nascosto.

Compaiono su un tavolino due tazze fumanti e un piattino con dei dolcetti invitanti.
“Adesso mi devi dire se ho indovinato” accenna a un sorriso “riconosci cosa contiene?”.
Prendo la tazza, è piacevolmente calda tra le mani, la avvicino al naso, sprigiona un profumo meraviglioso.
“Anice stellato, ovvio, e spezie, cannella credo. Però è facile, le adoro e lo dico sempre”.
“Poi?”.
“Mmm vediamo...” ne assaggio un sorso, è delizioso. Sento un dolciastro familiare seguito da un leggero ma piacevolissimo retrogusto amarognolo.
“Agrumi?”.
“Troppo generico”.
“Non è bergamotto, né limone...”.
Di nuovo sorride e viene in mio soccorso: “È chinotto, miscelato con un'essenza di mela”.
“Ecco perché mi ricordava lo strudel!”.
Le sue labbra sono piegate in un sorriso cortese, ma ora devo chiederglielo proprio:
“Ma perché fai questo? Di invitarci qui? Insomma, dev'essere una bella scocciatura per te ogni volta”.
“Non ti fa piacere essere qui?”.
“Certo, ma non capisco...”.
“Naturalmente. Non ti basta sapere che puoi farlo, giusto? Hai bisogno di capire”.
Ho come l'impressione di aver sbagliato domanda.
“Ti ho già detto, se non sbaglio che vi trovo interessanti. È notevole questa vostra condivisione, mi diverte leggere quello che fate e scrivete, a volte mi chiedo se siate coscienti di essere tanto... originali. In effetti se la mia intenzione era di aggiornare le conoscenze del mondo Babbano devo ammettere che forse non siete proprio un campione rappresentativo, ma ormai ho iniziato e non voglio rinunciare a questi talvolta sorprendenti incontri. Però davvero non mi spiego tutta questa devozione nei miei confronti, secondo me esagerate”.
-Ma se butti fascino da ogni dove...
“Non mi stai leggendo nella mente, vero?”.
-Cielo, ti prego non farlo!
Il suo sorriso si fa decisamente più aperto e senza scomporsi risponde:
“Non ce n'è bisogno”.
Vorrei sprofondare. Devo cambiare argomento, sarò diventata rossa come un pomo maturo, torno velocemente a quello che ha detto lui.
“Sì, siamo un po' fuori, per questo mi sono trovata bene, probabilmente”.
Amicizia, condivisione, comprensione...
Lui non risponde, quel velo malinconico che mi sembrava di aver visto quando eravamo fuori riaffiora. Ma passa subito.
Chiacchieriamo a lungo, mi sono ambientata, ora non ho più problemi.
La mia timidezza iniziale si è dissolta grazie alla sua incredibile e inaspettata capacità di mettermi a mio agio, certo, mantiene sempre un certo distacco, non è come parlare con un vecchio amico, ma mi sento talmente bene che non vorrei andarmene via più.
Penso che sarebbe bello stare qui qualche giorno, dovrebbero fare un'ala “Vacanze a Hogwarts”, funzionerebbe benissimo!

Poi si alza, è un cortese invito ad andarsene, ma prima mi propone un breve giro del castello.
“Posso vedere anche il laboratorio di Pozioni?”.
“Sì, se ti fa piacere”.
Lo seguo per i corridoi e mi accorgo che il castello è molto più grande e articolato di quanto non appaia dall'esterno, probabilmente c'è qualche incantesimo anche in questo, non riesco a capire come si snoda.
Mi porta nei sotterranei, poi risaliamo e infilo appena il naso nella biblioteca, ci sono alcuni ragazzi dentro, non voglio disturbare, ma ammetto che mi dispiace non farci un giro più lungo, la sola zaffata di libri che inalo mi attira come un magnete, ma lui si sta già spostando altrove.
Mi porta alle serre e altri odori mi attirano, di muschio e terra bagnata più altri profumi che non avevo mai sentito, non tutti così gradevoli per la verità.
Sorride tra sé, evidentemente sa che ci sono delle puzze che non capisco.

Il tempo trascorre sempre troppo velocemente quando sei cosciente di essere fortunata o felice, è una strana alchimia, ma arriva l'ora di andare. Severus mi accompagna al cancello con il garbo e la decisione che ha caratterizzato tutta la visita.
Non voglio lasciarlo, ho passato l'ultima mezz'ora guastando tutto con questo pensiero costante, mi sono persa un pezzetto di felicità anticipando il dolore del distacco.
“Grazie, è stato come avere un attimo di tregua” dico senza sapere bene cosa capirà di questa mia affermazione.
“Lo so, il castello fa sempre questa impressione” mi risponde.
Esatto, ha capito quello che intendevo, anche se non è solo il castello.
Il suo sguardo è ancora dolce e malinconico, ma non avverto peso in questo suo essere, è come se lui avesse trovato un perfetto equilibrio che gli invidio tanto.
“Mi sa che avrò una sorpresa anche quest'anno, eh?” sorride riferendosi evidentemente al suo compleanno.
Sorrido anch'io, non lo era stata neanche l'anno scorso, sapevo che non si può sorprendere Severus Snape.
“Allora ci vediamo al tuo compleanno”.
“Me lo porterai questa volta il ritratto o hai intenzione di accumularli a casa tua?”.
Rido imbarazzata e rispondo: “Promesso, uno decente lo trovo”.
Annuisce comprensivo e ancora mi chiedo come mai elargisca tanto bene senza avere niente in cambio. Ha scritto una pagina incredibile della mia vita così, con semplicità, solo accompagnandomi in giro per Hogwarts e dedicandomi un pomeriggio.
Ogni cosa che ha scelto di farmi fare era perfetta, la passeggiata, la neve, la tisana davanti al fuoco, la collezione di indimenticabili profumi che porterò sempre nella mia memoria. Vorrei dirglielo ma non ci riesco, mi sta venendo un nodo in gola ed è meglio lasciar perdere.
Mi dà due indicazioni per la Passaporta che mi riporterà a casa e con un gesto misurato del capo si congeda.
È così dannatamente regale...

Termino il mio racconto e sento le braccia di Xenia stringermi forte. Mi viene da piangere ma non voglio farlo, nemmeno adesso.
“Ecco adesso che mi hai detto com'è andata ho ancora più paura” mi dice.
“Ci penserà lui a metterti a tuo agio, se c'è riuscito con me, lo può fare con chiunque”.
Annuisce ma so che non è convinta.
“Comunque è un figo pazzesco”.
Xe scoppia a ridere: “Sì eh?”.
"Da morire".

Rientro a casa, mi sono dimenticata di dire a Xenia che al mio ritorno, sul tavolo da disegno, avevo trovato un pacchetto di carta marrone, conteneva la miscela che mi ha offerto, ha un profumo indescrivibile. Davanti, con tratto deciso e sottile, a china nera, c'è scritto “Anouk”.


Edited by Anouk - 21/1/2021, 21:22
 
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view post Posted on 23/12/2020, 12:33
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Grazie Anouk é stato bellissimo leggerti.
Ed é anche bello, dopo che ti ho conosciuto, immaginarti tra quella mura. Con il figo pazzesco che sa sopportarci. :D
Bellissime emozioni Anouk!
Grazie ancora. <3
 
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view post Posted on 23/12/2020, 18:24
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Grazie a te ❤
 
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view post Posted on 27/12/2020, 21:19
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I ♥ Severus


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Lo so, è capitato anche a me: iniziare questo tipo di storie è difficilissimo. Ti perdi in mille rivoli, incontri Xenia, qualcuno i passerotti, o ti inchiodi davanti alla sua porta finchè non è lui ad aprirla, la gola secca e la voce sparita. E' un pegno che tutti devono pagare.
CITAZIONE
non so da quanto tempo passeggiamo ma inizio a sentirmi padrona della mia felicità.

Bellissimo quel cominciare, infine, a sentirsi padrone della propria felicità. E' il momento in cui tutto diventa incredibilmente vero.

CITAZIONE
quando mi ricapita di passeggiare per una vallata boscosa coperta di neve con Severus Snape? Forse l'anno prossimo se non faccio pasticci.

:lol: ;) :P

CITAZIONE
Mi guarda con dolcezza, non ha gli occhi duri che descrivo sempre io, quelli che ho deciso gli devono appartenere. No, ha uno sguardo malinconico, ma anche presente, vissuto e persino dolce, come in questo momento. Non mi chiede niente, niente gli dico, va bene così.

Dolcissimo! :lovelove:

CITAZIONE
Finalmente raggiungiamo il castello ed entriamo, sembra di essere in una fiaba e nonostante sia circondata da mastodontica pietra dall'aspetto apparentemente austero e inospitale, mi sento avvolgere da un dolce abbraccio caldo, Hogwarts mi dà il benvenuto.

Dolcissimo anche questo abbraccio!

CITAZIONE
-Ma se butti fascino da ogni dove...
“Non mi stai leggendo nella mente, vero?”.
-Cielo, ti prego non farlo!
Il suo sorriso si fa decisamente più aperto e senza scomporsi risponde:
“Non ce n'è bisogno”.

Delizioso! <3

CITAZIONE
“Sì, siamo un po' fuori, per questo mi sono trovata bene, probabilmente”.
Amicizia, condivisione, comprensione...

<3 :Streghetta:

CITAZIONE
Non voglio lasciarlo, ho passato l'ultima mezz'ora guastando tutto con questo pensiero costante, mi sono persa un pezzetto di felicità anticipando il dolore del distacco.

:( :( :(

CITAZIONE
“Me lo porterai questa volta il ritratto o hai intenzione di accumularli a casa tua?”.

Dolcemente delizioso!

E deliziosamente bella e tenera, e dolce e sincera, anche tutta la storia.
Grazie, Anouk! <3

 
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view post Posted on 28/12/2020, 10:03
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Grazie a te Ida dell'attenzione che metti sempre nel leggermi e nella delicatezza del tuo commento.
Mi piace davvero pensare che Severus abbia raggiunto un equilibrio che gli ha donato un po' di dolcezza, nemmeno troppo celata. ❤
 
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view post Posted on 28/12/2020, 17:21
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Che meravigliosa avventura ricolma di dolcezza, sentimento, emozione, passione è stata quella che ho vissuto insieme a te, Anouk, tra le mura del castello più bello e straordinario che possa esistere al mondo e nella nostra fantasia, a tu per tu con il nostro Lui sublime, il nostro prof immenso (così come hai perfettamente riassunto in un'unica parola). 3_3

La tua bellissima esperienza mi ha fatto sentire il calore intenso di un incontro desiderato con tutto il cuore, raccontato in modo incantevole. Grazie, perchè ho potuto rivivere il sogno di essere a Hogwarts: mi hai regalato davvero un prezioso momento di evasione dal delizioso profumo di anice stellato! <3
 
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view post Posted on 28/12/2020, 20:03
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Grazie Ele, condividere questa storia così speciale, così legata alla realtà, è un po' come aver guardato nella mia memoria, come se facesse davvero parte del mio vissuto.
Ma dove mi ricapita una cosa del genere se non nel calderone? ❤
 
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view post Posted on 28/12/2020, 20:55
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (Anouk @ 28/12/2020, 20:03) 
Ma dove mi ricapita una cosa del genere se non nel calderone? ❤

<3 <3 <3 <3
 
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view post Posted on 31/12/2020, 10:42
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CITAZIONE (Anouk @ 23/12/2020, 12:06) 
Titolo: Neve e Anice Stellato
Autore: Anouk

Com’è dolce, Anouk, il tuo incontro con Severus, raccontato con tanta emozione sincera e mai banale.
Carinissimo il modo con cui hai esordito, il simpaticissimo “ciclone Xenia” 😘 che vuole sapere tutto e tu, ancora in subbuglio, che non sai cosa dire. Che belle che siete, tutte e due ❤️

Due passi del tuo racconto mi hanno colpito molto:

CITAZIONE
Mi guarda con dolcezza, non ha gli occhi duri che descrivo sempre io, quelli che ho deciso gli devono appartenere. No, ha uno sguardo malinconico, ma anche presente, vissuto e persino dolce, come in questo momento.

CITAZIONE
Amicizia, condivisione, comprensione...
Lui non risponde, quel velo malinconico che mi sembrava di aver visto quando eravamo fuori riaffiora. Ma passa subito.

Ecco cosa significa per noi il Calderone: amicizia, condivisione, comprensione, quello che a lui è mancato per tutta una vita. E lui lo sa bene, e il dolore riaffiora per un attimo, ma è solo un’ombra di tristezza che passa subito.
Sì, perché il tuo Severus ha superato la sofferenza bruciante di un tempo, ha trovato un suo equilibrio, un po’ di serenità, che regalano al suo sguardo quella dolcezza particolare che in fondo al cuore ha sempre avuto, ma che ora mostra senza maschere e senza paura, almeno a noi. Mi piace pensare che siamo noi del Calderone, con il nostro affetto, a regalare anche a lui amicizia, condivisione, comprensione.

Grazie, Anouk, è stato bello leggerti. ❤️
 
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view post Posted on 31/12/2020, 17:54
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Grazie Barbara, mi fa piacere che hai colto la motivazione di quel suo velo di tristezza, come un breve istintivo paragone tra la sua vita e ciò che sarebbe invece potuto essere.
E mi piace pensare di poter finalmente godere del suo lato dolce, mi piace davvero tanto.
Grazie per avermi letto! ❤
 
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CITAZIONE (silver doe @ 31/12/2020, 10:42) 
Ecco cosa significa per noi il Calderone: amicizia, condivisione, comprensione, quello che a lui è mancato per tutta una vita. E lui lo sa bene, e il dolore riaffiora per un attimo, ma è solo un’ombra di tristezza che passa subito.
Sì, perché il tuo Severus ha superato la sofferenza bruciante di un tempo, ha trovato un suo equilibrio, un po’ di serenità, che regalano al suo sguardo quella dolcezza particolare che in fondo al cuore ha sempre avuto, ma che ora mostra senza maschere e senza paura, almeno a noi. Mi piace pensare che siamo noi del Calderone, con il nostro affetto, a regalare anche a lui amicizia, condivisione, comprensione.

<3 <3 <3
 
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view post Posted on 6/1/2021, 00:25
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Titolo: Una pozionista esperta?

Autore: Silver doe
Data: gennaio 2021
Beta reader: Ida59. Grazie di cuore, Ida.
Tipologia: one shot
Rating: per tutti
Genere: sentimentale, commedia
Avvertimenti: nessuno
Riassunto: Di sicuro è uno scherzo, queste cose non accadono nella vita reale. Ripongo la lettera nel cassetto più nascosto della scrivania e decido di non pensarci più.
Personaggi: Severus Piton; Silver doe
Pairing: nessuno
Epoca: HP post 7° anno

Disclaimer: Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I personaggi originali, i luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.



No. Non è possibile, non può essere per me. Rigiro tra le mani una piccola busta contenente una pergamena ingiallita, scritta in una grafia elegante, minuta e curata. Un invito a Hogwarts. Ne avevo vagamente sentito parlare, pare che ad alcune Babbane sia capitato, ricevere un invito simile a questo e incontrare Severus in carne ed ossa, ma non credevo che… insomma, non credevo che potesse accadere veramente, e soprattutto non a me. È assurdo, è uno scherzo, certo. Ma chi può avermelo fatto?
In ogni caso non posso andarci. A Howgarts, io?
Quante volte l’ho immaginato, quante volte ho percorso i suoi misteriosi corridoi, ho sbirciato nella Sala Grande, e nelle aule delle lezioni, e, scendendo le scale scricchiolanti, mi sono affacciata nei sotterranei e nel laboratorio di Pozioni, dove qualche volta ho intravisto una scura ombra familiare assorta nel suo lavoro, tra densi fumi di calderoni ribollenti.
Certo, sarebbe bello, ma l’idea di vedere Severus e ascoltare la sua voce è troppo spaventosa, da sola poi, proprio no. E poi, che cosa gli direi?
Tante volte gli ho parlato, tante volte gli ho preso la mano e l’ho anche abbracciato, ma solo nel mio cuore.
Davanti a lui non riuscirei nemmeno a guardarlo, starei zitta tutto il tempo, forse balbetterei qualche banalità sulle previsioni meteo e farei la figura della stupida. Chissà cosa penserebbe lui di me, mi disprezzerebbe, e questo proprio non posso sopportarlo.
No, meglio di no. Lasciare che tutto rimanga perfetto così com’è e continuare a incontrarlo nei sogni.
Poso la lettera sulla scrivania, e continua a fissarla, scuotendo la testa. Dovrei trovare il modo di rispondere e declinare l’invito, ma non c’è scritto niente. Veramente non c’è scritto niente nemmeno sul modo in cui dovrei raggiungere Hogwarts, né quando, né il giorno, né l’ora. Niente di niente, è strano. Certo, non è proprio educato non presentarsi a un invito senza nemmeno avvertire, ma pare che la possibilità di risposta non sia proprio contemplata.
Di sicuro è uno scherzo, mi ripeto a voce alta per convincermi meglio. Ripongo la lettera nel cassetto più nascosto della scrivania e decido di non pensarci più.
È tardi, basta fantasticare, vado in cucina a preparare la cena. La serata trascorre in famiglia, tranquilla come tante altre. Poi, mentre lavo i patti, il pensiero si affaccia di nuovo alla mente, la lettera, Hogwarts, Severus.
E se davvero mi aspettasse? Ma che pensiero sciocco, lo scaccio subito e mi concentro sui piatti da lavare, mentre urlo a mia figlia di lavarsi i denti e di correre a letto. Sistemo i piatti nella lavastoviglie, schiaccio il bottone e la avvio. Poi vado nella cameretta di mia figlia e lei, come tutte le sere, reclama la sua storia.
Stiamo leggendo insieme il quarto libro di Harry Potter, capitolo 25. Leggo lentamente, mi piace farlo ad alta voce, assaporare le parole tra le labbra mentre le pronuncio e ascoltarne il suono, mentre mi immedesimo e dimentico tutto il resto.
“…Ma certo che Silente si fida di te’ ringhiò Moody. ‘E' un uomo fiducioso, vero? È convinto che a tutti sia dovuta una seconda possibilità. Ma io... io dico che ci sono macchie che non vengono via, Piton. Macchie che non vengono mai via, capisci quello che voglio dire?’ Piton all'improvviso fece una cosa molto strana. Si afferrò convulsamente il braccio sinistro con la mano destra, come se gli facesse male.”*.
Quando arrivo a queste righe la voce mi si spezza un pochino, e anche il cuore, ma mi controllo e lei non se ne accorge.
Severus, penso, in questo momento vorrei davvero essere lì con te, per dirti che no, non è vero niente, sono parole dette solo per ferire e lo so che ti hanno colpito dove fa più male, e poi stringerti forte in un abbraccio. Ne hai bisogno, e anch’io.
Continuo a leggere, arrivo alla fine del capitolo. Si è fatto tardi, ed è ora di dormire per la piccola, bacio la sua morbida guancia profumata di talco e spengo la luce, augurandole la buonanotte.
Sono stanca, stasera voglio andare a letto presto, ma il pensiero di lui continua a ronzarmi nella testa.
E la lettera? La casa è ormai buia e silenziosa, ma non posso fare a meno di entrare di nuovo nello studio, aprire il cassetto e tirarla fuori. Torno a osservare la carta ingiallita e spessa, passo le dita su una minuscola sbavatura di inchiostro e sulle piccole, sottili lettere che compongono il mio nome, proprio il mio nome. Accarezzo quelle poche righe scritte con la china nera, immaginando di sfiorare le dita di chi le ha tracciate per me, chiudo gli occhi e nella mia mente si forma chiarissima l’immagine di un volto.
Le mie mani stanno ancora stringendo la pergamena ruvida, quando improvvisamente vengo risucchiata in un vortice e inizio a girare velocemente su me stessa, non riesco né ad aprire gli occhi, né a fermarmi. Il tutto dura pochi secondi, seguito da una sgradevole sensazione di nausea e stordimento.
Forse ho mangiato troppo a cena, forse sono svenuta sul pavimento. Fa freddo, apro gli occhi a fatica. Mi gira la testa, e, smarrita, mi accorgo che non è più notte, sono stranamente vestita di tutto punto e soprattutto non sono più a casa mia. C’è un pallido sole invernale nel cielo e mi pare di riconoscere il portone di ingresso di Hogwarts.
Queste cose non accadono nella vita reale, eppure il castello è davanti ai miei occhi e si ostina a rimanere lì, nonostante continui a sbattere inutilmente le palpebre. Allora, la lettera, l’invito? Quella calligrafia minuta in inchiostro nero era proprio di… Mi riscuoto quando sento una voce stranamente familiare.
“Allora? Vogliamo muoverci? Non ho tempo da perdere”.
Mi volto. Un mantello nero, un’ombra scura, lui mi scruta accigliato. Severus.
Sentire la sua voce, bassa, vellutata ma tagliente allo stesso tempo, mi ferma il cuore per lunghissimi istanti, o almeno così mi pare.
È proprio lui, qui davanti che mi guarda con il sopracciglio alzato, con la sua tipica espressione, e per di più sembra anche lievemente irritato. Lo guardo da sotto in su, seduta per terra e circondata da una miriade di oggetti che riconosco provenire dalla mia borsa. Si deve essere aperta nell’atterraggio, sparpagliando tutt’intorno il contenuto, ma, sempre più assurdo, non ricordavo proprio di averla con me.
“Ancora là per terra? Cosa sta facendo? Raccolga le sue cose e si sbrighi”, e mi scocca un’occhiata che questa volta è davvero inequivocabilmente adirata.
Ma che bella figura, cominciamo bene.
Lui si è già incamminato veloce all’interno del castello, il nero mantello svolazzante, senza nemmeno aspettarmi; raccolgo più rapidamente possibile le mie cianfrusaglie e mi affretto a seguirlo.
Non riesco nemmeno a godermi la mia prima passeggiata per i corridoi del castello, vorrei fermarmi a ogni angolo, vedere con calma quei luoghi tante volte immaginati, ma devo correre affannandomi dietro di lui, che nemmeno si volta a guardare se ci sono.
Non capisco, dove stiamo andando? Perché sono qui, o meglio, perché mi ha invitato, e soprattutto, perché è così nervoso?
A grandi passi, mentre io continuo a inciampare dietro di lui, arriviamo al laboratorio di Pozioni.
Che meraviglia, mai avrei pensato di essere qui. Entriamo e quando i miei occhi si abituano alla semioscurità, mi ritrovo incantata a osservare migliaia di boccette di vetro dai contenuti variamente colorati allineate lungo gli scaffali, ampolle dalle strane forme, libri antichi e polverosi sulla libreria, e calderoni già pronti da mettere sul fuoco.
“Allora, lei è una pozionista esperta, o almeno così mi è stato riferito” sta dicendo senza guardarmi. “Quindi, non dovrebbe avere difficoltà a preparare questa da sola. Elisir di Mandragola” e mi allunga una vecchia pergamena ingiallita su cui non riesco a leggere nemmeno cosa c’è scritto.
Rimango di sasso. Cosa? Una pozionista esperta, io? No, ci deve essere uno sbaglio, provo a farfugliare qualcosa, ma lui non mi ascolta.
“Oggi ho proprio bisogno di aiuto” aggiunge.
Ci deve essere un errore, Severus aspettava qualcun altro, non certo me.
“La Babbana non si è presentata, ho perso un sacco di tempo e ora ho un lavoro urgente da fare”, continua.
Anzi, mi stava aspettando, ma aspettava anche qualcun altro, e poi, come posso essere in ritardo, vorrei dirgli, se sulla lettera non c’era scritto nulla!
Devo chiarire assolutamente il malinteso, ma, mentre cerco il coraggio di aprire bocca, lui è già sparito, chiudendo la porta dietro di sé. Dov’è andato? In che situazione mi sono cacciata!
E la pergamena è assolutamente incomprensibile, avrei dovuto studiare Antiche Rune, o cos’altro?
È un sogno o un incubo? Un incontro con Severus non lo avrei mai immaginato possibile, men che mai che potesse andare così.
Passano alcuni minuti e lui ancora non ricompare. Decido che è meglio cercare di tornare a casa.
Proverò a uscire da qui, chiederò aiuto a qualche insegnante della scuola, magari a Minerva che, ne sono sicura, ascolterà con calma le mie spiegazioni e mi darà una mano a tornare indietro.
E, quanto a Severus, lui non saprà nulla, se non che una certa Babbana che stava aspettando non si è presentata all’appuntamento. Che figuraccia, ma che altro posso fare?
Solo un altro minuto, penso, e mi soffermo di nuovo a guardarmi intorno, ad assaporare quest’aria magica, dove lui passa tante ore di solitario lavoro, sfioro il tavolo dove immagino lui abbia posato molte volte le sue mani, chiudo gli occhi cercando di respirare il profumo che ha lasciato dietro di sé.
“E allora? Ha finito di…” la sua voce, più irritata che mai, mi fa sussultare e mi riscuote dai pensieri. Troppo tardi per darsi alla fuga.
Naturalmente, si accorge subito che non ho nemmeno iniziato a fare quanto richiesto.
Ora sì che sono nei guai.
“Lei non è una pozionista esperta, non è vero?” mi chiede senza alzare la voce, trattenendo a stento la rabbia.
“No” è l’unico monosillabo che riesco vagamente ad articolare. No, decisamente non lo sono.
“Un’incapace, mi hanno mandato!” sibila tra i denti.
Oh cielo.
“Va bene” sospira un momento dopo, con aria evidentemente rassegnata. “Mi serve comunque un aiuto, per cui la prego di eseguire alla lettera tutto ciò che le dirò, e non combini guai!”
Non mi pare vero di essermela cavata così a buon mercato, annuisco e abbasso gli occhi e inizio a lavorare in silenzio, eseguo scrupolosamente quanto mi dice e faccio attenzione a non sbagliare; pian piano comincio a tranquillizzarmi.
Il tempo passa veloce, mentre lavoriamo fianco a fianco, lui mi assegna semplici compiti, tutto sommato mi pare di essere un garzone di cucina al servizio di un grande chef.
Per fortuna non è più di malumore ed io riesco a non fare pasticci. Forse riuscirò anche a uscire da questa situazione e a tornarmene tranquillamente a casa.
Non avrei mai dovuto venire, continuo a ripetermi, tagliuzzando le radici di qualche strana pianta, incidendo bacche puzzolenti, sgusciando uova di dubbia provenienza e tuffando le mani in sacchi colmi di disgustosi occhi di pesce, a giudicare da quanto illustrato sull’etichetta. Per non parlare di quel grosso vaso di vetro che lui mi porge con noncuranza, pieno di quelli che sembrano viscidi e piccoli cervelli pallidi di chissà quale creatura. Per fortuna queste cose non mi hanno mai impressionato più di tanto, e le maneggio senza problemi, o quasi.
E poi mi ritrovo a pensare che in fondo non mi dispiace affatto non essere rimasta a casa, e quanto sia meraviglioso soltanto restargli accanto e condividere l’aria che respira.
Ogni tanto mi incanto per qualche attimo a guardarlo di sottecchi, intento a esaminare il calderone ribollente, o a consultare un grosso volume ingiallito. La sua voce è bassa e vellutata quando mi chiede di passargli qualcosa, le sue mani si muovono veloci ed eleganti, afferrando le ampolle, rimestando il calderone, sfogliando le pagine del librone.
Osservo il suo profilo irregolare, le labbra strette per la concentrazione, i capelli neri che gli sfiorano il viso, le piccole rughe intorno agli occhi.
Ha il viso segnato e non si può dire che sia bello nel senso canonico del termine, ma quei piccoli difetti e le imperfezioni del suo viso, quel particolare, elegante modo di muoversi, ogni singola fibra del suo essere sono per me quanto di più meraviglioso possa esistere. Perché lo rendono unico e speciale, perché lo rendono lui.
Ok, basta così, non devo distrarmi altrimenti combino qualche guaio, e no, decisamente non voglio che si irriti di nuovo con me.
Lui, impegnato com’è nel lavoro, non mi guarda e quasi non parla. Spesso siamo vicinissimi e ogni tanto le nostre mani si sfiorano fugacemente, e in quel contatto il mio cuore accelera a mille, mentre lui sembra non farci proprio caso.
Mentre gli passo il recipiente pieno dei viscidi cervelli che ho appena finito di affettare trattengo la mano un attimo in più sulla sua, in una malcelata carezza. Lui mi guarda con un’espressione indecifrabile e per un istante sembra intuire i miei pensieri, ma subito dopo scuote la testa e riprende a lavorare in silenzio.
Chi l’avrebbe detto, che avrei passato qualche ora con Severus senza dirgli una parola, senza che nemmeno sappia chi sono. Che stupida. A dire il vero, non me l’ha proprio chiesto, il mio nome. Fa niente, va bene così, mi è bastato averlo visto, aver sentito la sua vicinanza, aver lavorato al suo fianco, aver sentito per un istante il calore della sua mano, ed è stato bellissimo.
Il lavoro è quasi finito, la pozione sta decantando ed io, naturalmente, ho il compito di rassettare il laboratorio. Stanca per la tensione accumulata, ma orgogliosa di essergli stata utile, sono intenta a lavare alambicchi e ampolle e a ripulire il piano di lavoro, quando mi accorgo che lui si sta allontanando, dirigendosi verso la finestra. La apre, il sole sta calando e penso con un po’ di malinconia che è quasi ora di andare. Dall’esterno entra una folata di aria gelida che mi fa rabbrividire, lui è voltato di spalle e non si cura minimamente di me, come se io non esistessi.
Non capisco cosa stia facendo, ma poi vedo sul davanzale il nido di pettirossi. **
Allora è successo davvero, Babbo Natale ha letto la mia letterina e ha esaudito i miei desideri!
Quasi non riesco a trattenere la mia gioia, in silenzio sorrido da sola come un’idiota e mi accorgo che i due piccoli uccellini stanno becchettando qualcosa dalle sue mani.
Mi sento sciogliere il cuore dalla tenerezza, quanta gentilezza, quanta nascosta dolcezza c’è in lui. Quanto non meritava il dolore di una vita.
Continuo a osservarlo in silenzio e immobile, non oso nemmeno respirare per non rovinare la magia del momento. Lui non si volta.
“Non hanno paura…” La sua voce è un sussurro, quasi impercettibile.
Osservo gli uccellini, che volano via cinguettando gioiosi nel cielo infuocato del tramonto.
“Loro sanno riconoscere un cuore generoso” mi scappa detto prima di potermi trattenere. Non avrei dovuto, arrossisco e mi mordo le labbra.
Lui lentamente richiude la finestra, si volta e solo ora sembra ricordarsi di me.
Non pare arrabbiato, solo sinceramente stupito. Mi guarda davvero negli occhi per la prima volta da quando ci siamo incontrati, e quello sguardo nero è così profondo che sembra penetrarmi l’anima.
Mica mi starà leggendo la mente? Adesso ho paura, abbasso lo sguardo, e mi sento arrossire ancora di più, se possibile.
“Tu non sei l’assistente che mi hanno raccomandato, non è così?”
Ci siamo. Chiudo gli occhi e mi preparo alla tempesta.
“No, credo proprio di no” mormoro con un filo di voce.
Ma che brava, sono riuscita a mettere ben cinque parole in fila, una dietro l’altra. Un record, se non consideriamo la mia osservazione a dir poco inopportuna di un attimo fa. Quella era di sei parole, ma fa storia a sé.
“Non sei nemmeno una strega. Sei la Babbana che stavo aspettando. E sei in ritardo.”
Oh cielo, lo sapevo. Avrei fatto meglio a fuggire quando ero ancora in tempo. Sento il suo sguardo su di me.
“Quella della letterina” aggiunge.
Oh no. Questo no. Come ha fatto a saperlo? Voglio sprofondare, sparire, smaterializzarmi, ma non posso, non sono nemmeno una strega. Non avrebbe dovuto leggerla, non era per lui. Accidenti a Babbo Natale.
Ora mi sento più nuda che se mi avesse spogliata dei vestiti con un sol colpo di bacchetta.
Ho la gola secca, le guance in fiamme, i piedi sembrano incollati al pavimento e non mi sembra di essere più nel mio corpo. Continuo a fissarmi la punta degli stivali, in silenzio. ‘Avrei dovuto lucidarli meglio, stamattina', penso. Che pensiero stupido.
Poi sento le sue dita sotto il mento sollevarmi con delicatezza il viso per costringermi a guardarlo negli occhi. Occhi neri scintillanti. La sua mano sulla mia pelle lascia una scia di calore indescrivibile.
“I tuoi doni sono arrivati a destinazione. Grazie.” mormora con una voce così bassa, leggermente roca, di una dolcezza infinita e il cuore mi si ferma.
Siamo così vicini adesso che respiro il suo profumo, sa di bosco, di muschio e sa di pane appena sfornato. Sa di buono.
E poi mi sorride. Gli sorrido anch’io e non c’è bisogno di parole. Com’è bello vederlo sorridere.



*cit. “Harry Potter e il Calice di Fuoco”
** vedi il mio racconto “Letterina di Natale”
 
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view post Posted on 6/1/2021, 11:48
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I ♥ Severus


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CITAZIONE (silver doe @ 6/1/2021, 00:25) 
Titolo: Una pozionista esperta?

Beta reader: Ida59. Grazie di cuore, Ida.

Grazie a te, Barbara, per questo coinvolgente e delicato racconto che ci svela che il tuo regalo di Natale è stato consegnato!
Tenera, tenerissima e dolce, assolutamente veritiera nella descrizione di emozioni e reazioni.
 
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180 replies since 8/12/2016, 19:19   4508 views
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