Il Calderone di Severus

Invito a sorpresa

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ellyson
view post Posted on 17/12/2016, 00:28 by: ellyson
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Ellsyon - Un pezzo di te

Il gufo era planato sulla macchina in un pomeriggio gelido di Dicembre.
La donna tornava a casa dal lavoro stanca e nervosa, in quel pomeriggio freddo e buio che non faceva altro che aumentare il suo malumore.
La prima cosa che pensò quando vide l'uccello sull'auto, uscita dal carrozziere da solo poche settimane, fu “Ora gli tiro la borsa!”.
Arrivata a metà parcheggio si era resa conto che il gufo non solo la stava fissando come se stesse aspettando proprio lei, ma aveva legato alle zampe un pacchetto.
Si bloccò in mezzo al parcheggio illuminato dai lampioni anti-coppietta fissando il volatile con curiosità.
Insomma un gufo nel bel mezzo della periferia di Milano era abbastanza strano anche per lei che di stranezze ne aveva viste tante.
Mentre il gufo la fissava con i suoi occhi gialli, si spostò di lato quel tanto da assicurarsi che l'uccello stesse proprio guardando lei.
Si avvicinò titubante e anche un po' spaventata; i gufi non erano proprio i suoi animali preferiti, i loro becchi erano abbastanza affilati e aguzzi per staccare una falange senza troppi sforzi.
- Sei qui per me? - domandò all'animale sentendosi immediatamente un'imbecille.
Parlare ad un gufo?
E si aspettava sul serio una risposta?
L'animale bubolò arruffando le piume grigie e allungò una zampa piumosa verso di lei.
- Ok... - mormorò la donna sempre più titubante – io temo che tu abbia sbagliato persona... io non... - la frase le morì in gola quando lesse il suo nome sul pacchetto.
Il suo nome.
C'era un gufo sulla sua macchina, nella periferia di Milano, con legato alla zampa un pacchetto a lei destinato.
La donna appoggiò la borsa a terra e allungò le mani verso l'animale.
- Voglio solo il pacchetto. - disse all'uccello – Non ti faccio nulla, ma tu stai fermo e soprattutto non fissarmi come se fossi un topo gustoso.
Velocemente, cercando di toccare il meno possibile il gufo, slegò il pacchetto dalla zampa e lo fissò.

A Ellyson
Parcheggio della Metropolitana
Gorgonzola - Italy


La donna fissò il pacchetto rigirandoselo tra le mani.
- Sì, é indirizzato a me. - disse la donna leggendo di nuovo l'indirizzo, se indirizzo si poteva definire. - Grazie... credo... - alzò lo sguardo. L'animale sembrava guardarla con curiosità, come se stesse analizzando la sua reazione – ecco... non ho nulla qui per te... se voli verso casa mia posso darti qualcosa. Altrimenti c'é il naviglio poco distante, qualche topo lo trovi di sicuro.
L'uccello distolse lo sguardo, aprì le grandi ali e volò via.
- Fa come voi. - mormorò la donna aprendo la macchina.
Seduta al volante osservò il pacchetto indecisa se aprirlo o aspettare di arrivare a casa.
Nessun destinatario segnato sulla carta che lo avvolgeva. Però un gufo voleva dire una sola cosa.
Cosa poteva volere il mondo magico da lei?
Non conosceva nessuno che arrivasse da quel mondo fantastico che desiderava tanto visitare.
Mentre percorreva il breve tragitto che la portava a casa pensò a quella settimana a Londra, quando aveva partecipato alla Grande Caccia.
Sapeva che si era avvicinata troppo alla locanda di Tom. Ne aveva la certezza assoluta.
Non poteva in nessun modo rintracciare la zona sulla mappa di Londra, non ricordava il vicolo o la fermata della metropolitana, ma un pomeriggio, mentre camminava tra alcune vie della capitale inglese, le era venuta in mente all'improvviso che doveva assolutamente provare nella zona di Harrods e, di fretta e furia, era andata dall'altra parte della città senza trovare nessun indizio.
Gli incantesimi anti-Babbano avevano avuto la meglio.
Era stata una settimana emozionante, ma, purtroppo, poco proficua.
Ci aveva rinunciato, ma senza mai smettere di sognare.
Ed ora quel pacchetto.
Poteva aver fatto qualcosa durate la caccia? Forse aveva infastidito qualcuno.
Entrò finalmente in casa ancora più curiosa, ma anche spaventata da quello che poteva trovarci dentro.
Appoggiò con cautela il pacchetto sul tavolo della cucina e lo lasciò lì, indecisa sul da farsi.
Solo verso sera, quando ormai i bambini furono a letto e tutto sembrava tranquillo, tornò a pensarci e lo riprese in mano.
Slegò lo spago e lo aprì: le mani erano più tremanti di quello che avrebbe desiderato, suo marito la fissava seduto accanto a lei.
All'interno della scatola c'era una busta e quello che aveva tutta l'impressione di essere una semplice piuma d'oca.
Si rigirò la lettera tra le mani, quando vide il sigillo che la chiudeva la lasciò andare di colpo.
- Cos'é? - domandò suo marito.
- Il simbolo di Hogwarts.
- Hogwarts? Sicura?
- Vuoi che non riconosca il simbolo di Hogwarts?
- E perché non apri la lettera?
- Ho paura di scoprire cosa vogliono da me.
- Se la apri lo scopri.
- Lo so.
- Continui solo a guardarla.
- E' la sera delle frasi ovvie?
- La apro io.
Alessandro allungò la mano prendendo la busta, cercò di rompere il sigillo della scuola, ma improvvisamente la busta tremò, si sollevò dalle mani dell'uomo e si appallottolò.
- Ahi! - disse lui ritirando le mani – Questa busta mi ha morso!
L'oggetto incantato tornò a posarsi sulla tavola e si appiattì apparentemente normale.
- A quanto pare devi aprirla tu. - valutò l'uomo.
La donna sbuffò e afferrò la busta, il sigillo di Hogwarts si aprì da solo, la lettera uscì magicamente aprendosi davanti ai suoi occhi.
- Bene… - sbuffò lei indispettita – mi tocca pure tradurla ora. E chi ha quella grafia piccola e mezza storta? Poi dicono che io scrivo con i piedi.
Le lettere brillarono sulla pergamena, tremarono e si sciolsero come acqua nera per poi riprendere magicamente forma.
Sempre la stessa scritta piccola e leggermente storta, ma, questa volta, in una lingua a lei comprensibile.
Suo marito la fissò leggere avidamente quelle parole. La vide sorridere, poi arrossire ed infine sbiancare.
Elena restò in silenzio per parecchi minuti leggendo e rileggendo il contenuto della lettera.
- E’ uno scherzo. – mormorò alla fine rileggendo per l’ennesima volta il testo – Io… no… non può essere vero…
- Cosa c’è scritto? – le domandò il marito per nulla intenzionato a riprendere in mano la pergamena.
- E’ un invito a visitare Hogwarts. – spiegò lei – In sintesi dice che è stato notato, per qualche strana ragione, il forum e vogliono che vada ad Hogwarts un giorno. Non spiega molto a dire il vero, solo che la piuma d’oca è una passaporta che mi condurrà ad Hogsmeade e che ci sarà qualcuno che mi farà da guida per tutta la giornata.
La donna appoggiò con delicatezza la lettera sul tavolo e sospirò.
- Cos’era quel sospiro? – le domandò il marito.
- So vagamente come funziona una Passaporta. Conoscendomi atterrerò col culo in mezzo alla piazza di Hogsmeade.

* * *


Non era la piazza di Hogsmeade, ma atterrò comunque battendo il fondoschiena come si era aspettata.
La donna si alzò dolorante, il mondo attorno a lei vorticò tanto da costringerla ad avvicinarsi ad un cespuglio ad aspettare che la colazione trovasse una strada alternativa d'uscita.
Chiuse gli occhi imponendo al suo corpo di non dare di stomaco, respirando piano e cercando di distrarsi.
- Non é ammissibile vomitare ad Hogsmeade. - pensò - Non qui. Non ora.
Quando fu abbastanza sicura che la colazione sarebbe restata al suo posto aprì gli occhi e si raddrizzò.
Si trovava in quello che sembrava un vicolo secondario; attorno a lei nessuna casa, solo qualche albero storto. Il vicolo era di terra battuta e ghiaia sparsa, il terreno era gelato, crepato dal freddo pungente dell'Inghilterra.
La donna si sistemò meglio la sciarpa verde e argento al collo.
Forse non era stata una grande idea portare la sciarpa di Serpeverde, ma in inverno usava solo quella e non l’avrebbe abbandonata per nulla la mondo.
Era già tanto se non si era completamente vestita di verde e argento.
- Ed ora? - domandò al vicolo deserto – Sarà questa fantomatica guida a trovarmi o devo cercarla io?
Si guardò attorno cercando di riconoscere qualcosa, ma vedeva solo alberi storti, intravedeva i tetti delle case e il fumo che usciva dai caminetti. Aveva una gran voglia di visitare il villaggio, di perdersi in quel mondo che aveva solo conosciuto su carta, ma attese pazientemente spostando il peso da un piede all'altro.
Continuò a guardarsi attorno curiosa quando finalmente si voltò trovandosi davanti alla prima vera casa di Hogsmeade.
- Ma questa si chiama crudeltà. - mormorò la donna.
Nonostante non l'avesse mai vista l'avrebbe riconosciuta in mezzo ad altre case fatiscenti.
Le finestre inchiodate, l'aria lugubre, la vernice scrostata e il tetto cadente.
Era la Stamberga Strillante.
Il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Era davanti al posto che odiava più di tutto il mondo magico.
Sentì un doloroso groppo alla gola e gli occhi offuscarsi dalle lacrime. Avrebbe voluto piangere, come ogni volta che rileggeva quelle pagine.
Ero morto lì. Da solo. Circondato da polvere e odio.
- Non é giusto. - mormorò la donna – Perché dovevo precipitare proprio qui?
Sentì finalmente dei passi in lontananza che si avvicinavano e si voltò.
Purtroppo la vista era ancora offuscata dalle lacrime, vide solo una sagoma nera avvicinarsi.
Si strofinò gli occhi e asciugò velocemente le due lacrime che le avevano rigato le guance e poi si ricordò che era truccata.
- Fantastico...- mormorò appoggiando la borsa per terra e cercando lo specchietto – ora sembrerò un panda o una che si presa due cazzotti negli occhi.
Mentre frugava nella borsa vide un paio di scarpe avvicinarsi.
- Sono Elena... cioè... Ellyson. - precisò la donna – Un attimo solo... ho... ho qualcosa nell'occhio.
- Puoi benissimo assomigliare ad un panda. - le disse una voce maschile.
Elena sollevò lo sguardo dimenticando lo specchietto, le lacrime e il trucco colato.
Quando mise a fuoco l'uomo che aveva davanti scattò in piedi sgranando gli occhi.
Il mago aveva apparentemente quarant'anni.
Era vestito di nero dalla testa ai piedi.
Aveva lunghi capelli neri.
Occhi neri.
Naso adunco.
Negli anni aveva imparato ad immaginare Severus, aveva perfezionato la sua immagine fino a quando la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato una sua fotografia e aveva dato un vero volto al personaggio che aveva sognato fin dal primo libro.
Ed ora quel mago era lì davanti a lei.
Quel mago che rispondeva al nome di Severus Piton.
Un mago che lei sapeva morto.
- Esaurimento nervoso...- mormorò la donna – era da tempo che dicevo che mi sarebbe venuto. Mi aspettavo di correre in mutande per Milano invece mi ritrovo qui con le allucinazioni. La vista della Stamberga deve avermi dato il colpo di grazia.
Il mago sollevò un sopracciglio fine.
La donna sorrise.
- Ecco questa é la prova che sei un'allucinazione, mi aspettavo che sollevassi il sopracciglio.
- Non sono un'allucinazione.
Elena lo fissò.
- Sei morto. - disse senza esitazioni - Sei un fantasma? Non avrei mai pensato che avresti lasciato una traccia nel mondo materiale. Già il quadro mi sembrava troppo. E poi mi immaginavo i fantasmi più... trasparenti. - immediatamente fece una smorfia – Santo cielo... mi spiego come Potter. I fantasmi sono trasparenti.
- Per tutti i gargoyle! - sbottò l'uomo – Conosci i libri a memoria?
- Solo le parti dove ci sei tu. - rispose orgogliosa lei – E quella tua espressione mi ha sempre fatto schifo.
- Comunque... - lasciò perdere il mago – io non sono un fantasma. - spiegò avvicinandosi – non sono morto, sono vivo e sono qui in carne ed ossa.
La donna lo squadrò dalla testa ai piedi. Effettivamente il mago che aveva di fronte sembrava reale, così reale da poterlo quasi toccare.
Convinta di aver davanti agli occhi solo un'allucinazione allungò la mano arrivando la naso dell'uomo.
Quando la punta delle dita gli toccarono il volto, Elena, per poco, non cacciò un grido. Ritirò in fretta la mano come se il volto di Severus scottasse e lo fissò con gli occhi sgranati.
- Sei... sei... tu. - mormorò incredula.
- Sono io. - confermò Piton.
- Non sei un'allucinazione?
- No.
- Io... io... hai mandato tu il gufo?
- Sì.
- Rispondi solo a monosillabi?
Il mago alzò gli occhi al cielo.
- Sapevo che tu saresti stata una delle più impertinenti.
- Una delle più impertinenti? - ripeté lei – Fino ad un minuto fa io credevo che tu fossi morto. Ho pianto per la tua morte e già mi sentivo scema perché piangevo per un personaggio inventato. Quando poi siete usciti allo scoperto ho pianto ancora più forte perché tu eri vero ed eri morto solo, in quella casa puzzolente senza sapere che fuori dal mondo magico c'erano persone che ti amavano. E invece sei qui. Vivo e vegeto. Cosa credevi che facessi? Che mi buttassi a terra urlando al miracolo? - man a mano che la donna parlava la voce si alzava di tono – E perché ti capisco quando il mio inglese fa schifo?
- Elena.
- Cosa vuoi, ora? - quasi urlò lei.
- Stai piangendo.
Elena si passò una mano sulla guancia trovandola bagnata.
- Fanculo. - biascicò accucciandosi sulla borsa alla ricerca dei fazzoletti – Prima rischio di vomitare, poi piango come una ragazzina. Fanculo al mondo magico. A quella passaporta che mi ha fatto picchiare il culo davanti alla Stamberga Strillante. Fanculo ai libri. A te e a me. Fanculo tutto.
Era tipico di lei. Quando le emozioni prendevo il sopravvento. Quando il cuore andava più veloce del cervello si rifugiava nel suo linguaggio da scaricatore di porto.
La sua corazza di protezione, il suo muro contro il mondo intero.
Odiava mostrare troppo le emozioni, non era da lei, era sembra stata in grado di gestire le emozioni da sola, senza che il mondo le vedesse.
In fondo erano sue e di nessun'altro.
Forse era per questo che si era sempre trovata affine con Severus.
Capiva il desiderio di tenersi le emozioni per sé.
Capiva la sua solitudine perché per anni era stata anche la sua.
Sapeva cosa volesse dire trovarsi circondata da innumerevoli persone e sentirsi comunque sola. Aveva provato per anni quella sensazione e quel vuoto ed era difficile da dimenticare o far finta di non averlo mai provato.
A volte tornava a farsi sentire quel dolore e vedeva una voragine tra lei e il mondo che la circondava.
Ma lei era amata. Da suo marito, dai sui figli, dalle sue amiche.
Severus non aveva mai avuto nessuno.
Ma ora aveva loro.
Tutte loro.
Singhiozzò più forte quando trovò il pacchetto di fazzoletti sommerso da tutta la robaccia che teneva in borsa.
Con il pacchetto stretto in mano pianse più forte chiudendo gli occhi.
Era così stupito.
Sentì Severus avvicinarsi e accucciarsi accanto a lei, avvertì distintamente le mani che prendevo il pacchetto di fazzoletti e che gliene porgeva uno.
La Babbana aprì gli occhi e afferrò un fazzoletto di carta: erano di sua figlia con stampati i personaggi di Frozen.
Immediatamente si vide accucciata ad Hogsmeade, sul terreno ghiacciato, intenta a piangere mentre Severus Piton le passava un fazzoletto di Frozen.
Ridicolo.
Ridacchiò mentre si asciugava gli occhi e soffiava il naso. Il mago non le toglieva gli occhi di dosso. Si sentiva esposta di fronte a quello sguardo profondo che aveva solo sognato.
- Non sono pazza. – si giustificò alzandosi da terra – E’ una sorpresa. Tutto qui. Non sono brava a gestire queste cose. Le emozioni e tutto il resto… - specificò quando lui non disse nulla - preferisco avere il controllo di quello che provo. Altrimenti mi sento troppo esposta e vulnerabile e non mi piace. Le persone ti feriscono quando ti vedono vulnerabile.
Severus si alzò, il mantello nero cadeva elegante dietro di lui, ogni cosa era dove l’aveva sempre immaginata. La sciarpa attorno al collo, i polsini bianchi che facevano capolino dalle maniche della casacca, i bottoncini perfettamente allineati.
Era tutto come l’aveva sempre immaginato e sognato.
- Ti prego… - mormorò la donna – di qualcosa. Qualunque cosa perché sto ricominciando a pensare all’esaurimento nervoso.
- Mi dispiace. – disse il mago.
- Ti dispiace?
- Sì, mi dispiace.
- Ti stai scusando con me? E per cosa?
- Perché stai piangendo.
Elena fece un lieve sorriso.
- Sono lacrime di gioia, Severus.
Per tutta risposta Severus sollevò un sopracciglio scettico.
- Non capisci? Sei vivo. Sei qui. Non sei morto in quella casa. Non sei morto circondato dall’odio. Puoi vivere, puoi essere felice e nessuno più di te merita una vita felice. E io sono felice che tu abbia questa opportunità. Sono felice che tu sia vivo.
- Sì, sono vivo.
- E sei felice, Severus?
- Sono... sereno.
- Questa risposta è più che sufficiente per me. Preferirei vederti innamorato e felice, ma va bene così.
- Innamorato della Granger?
Elena arrossì, anzi avvampò dietro la sciarpa verde e argento.
Aprì la bocca per rispondere, ma non ci riuscì. La richiuse e si affrettò a prendere le sue cose da terra.
- Per affrontare questo discorso avrei bisogno di bere, ma siccome é mattina, un caffè molto forte andrà bene lo stesso.
Senza dire una sola parola Severus si incamminò, Elena lo seguì senza pensarci troppo. Camminava un paio di passi dietro di lui osservando ogni movimento del mantello nero e i capelli che ondeggiavano come uno scuro manto.
Avrebbe voluto accarezzargli per sapere cosa si provava, ma lasciò perdere quel desiderio e si accontentò ad osservarli. Non si perdeva nessun riflesso, nessuna piega del tessuto, il suono di ogni passo, cercava di memorizzare quanti più particolari le riuscisse.
Il mago la portò ai Tre Manici di Scopa. Si sedettero ad un tavolo. La locanda era poco affollata quella mattina, alcuni maghi sedevano al bancone sorseggiando quello che Elena presumeva fosse caffè.
Non furono serviti da Madama Rosmerta, ma da un elfo domestico che portava il vassoio con le due tazze in equilibro sulla testa rotonda, tra le due grandi orecchie.
Elena afferrò la tazza bianca con dipinti dei girasoli e sorseggiò il caffè lentamente guardandosi attorno.
- Visto i colori della tua sciarpa deduco che tu simpatizzi per la mia Casa.
- Ovviamente. - rispose la donna – Ma credo che in fondo, molto, molto in fondo io abbia più lo spirito di Tassorosso che di Serpeverde.
- Qualcuno potrebbe dire che solo i tonti finiscono in Tassorosso.
- Beh. - rispose lei – Lo stesso qualcuno potrebbe dire che solo gli stronzi finiscono a Serpeverde. Ma entrambi sappiamo che le apparenze spesso ingannano.
Il mago tirò le labbra in un sottile sorriso che distese i lineamenti del volto spigoloso.
Ad Elena sembrò che il cuore le scoppiasse in petto, l'aveva fatto sorridere! Lei, una comune Babbana che non aveva particolari qualità se non quella di avere fin troppa immaginazione.
Abbassò lo sguardo sulla bevanda scura e trattenne un sospiro.
- Tornando alla questione della Granger. - la raggiunse la sua voce vellutata – Ho una sola domanda. Perché?
Elena chiuse gli occhi e ridacchiò, era ovvio che non avrebbe fatto finta di nulla.
E ora come spiegargli com'era nata quella sua particolare fissazione? Come spiegargli il motivo che la spingeva a scrivere sempre di loro due?
- Ho sempre pensato che la donna ideale per te dovesse essere molto intelligente, intuitiva e paziente. Una donna che conosce profondamente il dolore della guerra, che conosce la tua storia, ma che non si senta minacciata da… lei. – non avrebbe nominato Lily, non davanti a lui, anche perché di solito accanto a quel nome ci aggiungeva sempre degli aggettivi poco piacevoli e, molto probabilmente, Severus non l’avrebbe apprezzato - Dovrebbe avere un bel carattere perché non deve essere facile trattare con te, ma anche forte e determinata in quello che vuole. Una donna che lotta per te contro tutto e tutti. Hermione rappresenta in pieno tutto questo.
Quando finì di parlare bevve un lungo sorso di caffè senza guardalo. Era troppo imbarazzata.
- Posso solo immaginare i commenti delle persone normali o, perlomeno, di quelle che trovano immorale il fatto che una ex studentessa abbia un rapporto con un suo ex professore.
- All'inizio sì. - rispose lei fissando un punto fuori dalla finestra, e le era più facile parlare di quel determinato argomento se non lo fissava – Qualche insulto l'ho ricevuto. Ho fatto finta di nulla, ho risposto che siamo in un mondo libero e che potevano benissimo non leggere quello che scrivevo se non era di loro gradimento. Con gli anni l'idea é diventata sempre più diffusa. Sul forum credo di essere stata la prima a scrivere di voi due.
Finalmente spostò lo sguardo su di lui; Severus non aveva smesso di guardala neppure per un attimo, aveva la fronte leggermente corrugata. Elena sentì le guance scottare dall’imbarazzo.
- Quanto… quanto hai letto di quello che ho scritto?
- Abbastanza. – rispose lui.
- Se la cosa ti ha dato fastidio, mi dispiace.
Il mago bevve un sorso di caffè.
- Non mi ha dato fastidio. – disse con la tazza a mezz’aria fissandone il contenuto – Ero solo… curioso.
- Bene, perché non intendo smettere di scrivere né su di te né sul tuo rapporto con Hermione.
Il mago sorrise dietro la tazza.
- Non avevo dubbi. E come ci sei finita su quel forum?
- A dire il vero é il forum che ha trovato me. - sorrise la Babbana al ricordo – Prima ero su un altro forum, niente di paragonabile. Ero ancora una ragazzina attratta dal fascino del cattivo ragazzo.
Il mago bevve un sorso di caffè guardandola da sopra la tazza.
Elena capì che non avrebbe parlato fino a quando non avesse finito la sua storia.
- Poi ho cercato più a fondo, ho letto ogni tua frase cercando altri significati. C'é voluto tempo per conoscerti, ma alla fine ho capito e non ho mai dubitato di te. Mai! Dopo l'uscita del sesto libro ho girato per un sacco di forum e siti spiegando il perché del tuo gesto. Ho mostrato a tutti l'evidenza, cercando di far vedere a tutti gli indizi disseminati in sei libri; gli indizi della tua innocenza. Ma é sempre più facile credere alle apparenze. Non ho fatto un buon lavoro alla fine. In pochi hanno creduto alle mie parole. Così dopo l'uscita del settimo libro sono tornata in tutti quei siti e forum e in modo veramente molto infantile ho scritto a lettere cubitali “Io avevo ragione! Ora voglio le vostre scuse!”. E' stata una gran bella sensazione... - la donna chiuse gli occhi e sospirò – peccato che ci sono arrivati solo... dopo...
Non voleva dire la parola morte.
Perchè lui non era morto. Era lì, davanti a lei a bere caffè.
- E perchè... - iniziò il mago.
La Babbana lo vide stranamente in un lieve imbarazzo.
- Perchè mi sento legata a te più che a qualunque altro?
Severus si limitò solo ad annuire fino prima di bere un altro sorso di caffè.
- Perché siamo simili.
- Sei un'assassina traditrice?
- No. - disse lei guardandolo negli occhi – E neppure tu.
Finirono il loro caffè in silenzio, Elena si guardava attorno, aveva mille domande, mille richieste però le piaceva anche il silenzio.
Era sempre stata dell’idea che il silenzio valeva più di mille parole e poi poteva stare accanto a lui senza fare figure imbarazzanti.
Lo fissò mentre lui era intento a parlare con l'elfo domestico, era esattamente come l'aveva immaginato tante volte, era bello sapere che, in fin dei conti, non si era sbagliata.
Aveva solo una dura corazza che lo proteggeva.
- Stai pensando troppo rumorosamente. - sorrise lui alzandosi dalla sedia – Andiamo?
Elena arrossì e lo seguì.

* * * *


La giornata era stata fin troppo breve.
Le emozioni erano state forti, intense tanto da lasciarla stordita.
Aveva visitato i posti dei suoi sogni.
La Sala Grande era già addobbata per Natale; aveva osservato attentamente le clessidre con i punti delle case notando con felicità che Serpeverde era in testa. Aveva visitato i sotterranei e il suo laboratorio, aveva fatto espressioni disgustose mentre fissava gli ingredienti delle pozioni galleggiare nei barattoli.
Si era seduta sulle poltrone della Sala Comune di Serpeverde e aveva visitato un'aula.
Aveva salutato i fantasmi e si era sentita un bambina alla mattina di Natale mentre scarta i suoi regali.
La parte migliore l'aveva lasciata per ultimo.
L'ultimo posto da visitate prima di tornare al mondo reale.
Fissava il sole tramontare dalla finestre; il parco era immenso, bellissimo e magico. Aveva iniziato nevicare e nulla poteva essere più perfetto di quel momento.
Sentiva il debole russare dei quadri alle sue spalle, Severus era dietro di lei.
Sapeva che la stava osservando, tra poco le avrebbe detto che la giornata era finita, che doveva tornare a casa.
Era triste e felice nello stesso momento.
Si voltò verso il mago, sorrideva con gli occhi lucidi.
- Grazie. - gli disse - E' stata una giornata meravigliosa.
Si voltò verso un quadro particolare, il Preside dipinto dormiva come tutti gli altri. Gli occhiali a mezzaluna erano storti sul lungo naso.
- Dorme sempre?
- Si sveglia solo per spettegolare con Minerva. - rispose il mago con una smorfia – E' irritante.
Elena ridacchiò.
L'orologio sul camino batté cinque colpi.
Il sorriso morì sulle labbra della donna.
- E' ora di andare. - mormorò Severus – La passaporta si attiverà tra mezz'ora e devo riportarti dove sei apparsa stamattina.
- Va bene. - disse la donna – Mi dispiace solo non poter portami nulla a casa come ricordo. Tutto resterà nella mia memoria, comunque.

* * *


Riapparve nel salotto di casa sua pestando il sedere sulle fredde mattonelle.
Imprecò con le labbra strette mentre si alzava.
In casa non c'era ancora nessuno. Presto i bambini sarebbero tornati, l'avrebbero abbracciata e raccontato quello che avevano fatto in sua assenza.
Con lentezza Elena si tolse il cappotto e lo appesa dietro la porta.
Mise una mano nella tasca dei jeans e si avvicinò alla vetrinetta vicino alla finestra.
Afferrò un piccolo oggetto tondo e nero e lo appoggiò vicino agli altri oggetti ispirati dalla saga di Harry Potter che aveva acquistato in tutti quegli anni.
Con un sorriso ricordò il modo in cui lui aveva preso la bacchetta e staccato un bottoncino nero dal polsino sinistro della sua giacca perfetta.
Un pezzo di lui.
Per ricordarsi per sempre che quella giornata non se l’era immaginata. Era successo veramente, ed ogni volta che avrebbe dubitato dei suoi ricordi avrebbe visto quel bottone e avrebbe avuto la certezza che lui era vivo.
Elena accarezzò il bottoncino che Severus le aveva regalato, sorrise, chiuse la vetrinetta e aspettò la sua famiglia.

Edited by ellyson - 19/12/2016, 10:42
 
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