Buca-calderoni
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| CAPITOLO 10
La mattina dopo, Sirius andò in cucina molto presto. Non aveva dormito molto, era ancora troppo scombussolato per tutto quello che era successo. In più, lui e Harry (che al momento dividevano la stanza) avevano fatto le ore piccole a parlare. Nonostante le poche ore dormite, quando scese in cucina spinto dai morsi della fame (che bella, vecchia e nuova sensazione al tempo stesso!) si sentiva di ottimo umore. Ottimo umore che venne prontamente guastato dal trovare Piton seduto al tavolo della cucina, che sorseggiava una tazza di thè e studiava uno strano oggetto. "Buongiorno," disse Piton, senza alzare la testa e senza guardarlo. "Buongiorno", rispose Sirius, aprendo il frigorifero per prendere le uova. Sempre in silenzio, mise sul fuoco una grande padella, vi sciolse del burro, e vi ruppe dentro tutte le uova, in modo da preparare abbastanza uova strapazzate per tutti. Non sapeva se i vampiri mangiavano. A cena lo avevano fatto, quindi immaginava di sì. Si voltò verso Piton, che continuava a premere alcuni tasti sullo strano oggetto. Il desiderio di non scambiare una parola con lui venne sopraffatto dalla sua naturale curiosità, e Sirius decise di prendere la parola. "Che cos'è quello?" chiese, in tono quasi allegro. Piton alzò la testa con espressione sorpresa, come se a rivolgergli la parola fosse stata una delle mele che si trovavano nella fruttiera al centro del tavolo. "Un cellulare babbano". Sirius rimase in silenzio per un attimo. Era certo che Piton stesse facendo apposta, ma decise di non dargliela vinta. "Riformulo la domanda. Cos'è un cellulare babbano?" "E' un telefono portatile, che i Babbani si portano dietro per comunicare fra di loro". "Ah". "Può essermi utile per parlare con Elena e Lorenzo. Me l'hanno dato loro". "Bene". Di nuovo, silenzio. Sirius c'era abituato da quando era obbligato a stare chiuso dentro la sua vecchia casa di Grimmauld Place, e si trovava davanti Piton nei momenti meno opportuni. "Attento che bruci le uova", disse di nuovo l'odiato ex professore, pigiando dei tasti su quello strano telefonino. Sirius fu sul punto di rispondergli per le rime, ma si morse la lingua: stava effettivamente per bruciare le uova, e si affrettò a togliere la padella dal fuoco, mettendo le uova strapazzate in un grande piatto. Poi iniziò ad aprire tutti gli sportelli della cucina, alla ricerca del pane da tostare. Una volta trovato, iniziò a preparare le fette due a due nel vecchio tostapane sistemato in un angolo del bancone. Poi prese anche biscotti e pancetta. Non una parola da Piton. Stava finendo di preparare la pancetta, quando Piton parlò senza preavviso, facendolo quasi spaventare. "Hai ancora i poteri magici?" Sirius si voltò a guardarlo. Piton lo osservava in silenzio, attendendo una risposta. "Non lo so. Credo di sì. La mia bacchetta non e' più... tornata". Piton lo osservò in silenzio per un secondo, poi si misa una mano in tasca, estraendone la sua bacchetta. "Tieni. Prova con la mia". Sirius la prese con cautela, come se temesse che la bacchetta si rigirasse e lo mordesse. Poi, la puntò verso il fornello sui cui stava cuocendo la pancetta e mormorò un incantesimo. Il fornello si spense. Sirius lo guardò con aria di approvazione. "Molto bene," disse l'ex professore, con lo stesso tono che avrebbe usato con uno studente. "Riesci ancora a trasformarti in cane?" Sirius lo guardò, leggermente stupito. "Non lo so". "Prova". In men che non si dica, un grosso cane nero era presente in cucina. La trasformazione durò solo pochi secondi: Sirius tornò rapidamente al suo stato umano, rendendo la bacchetta a Piton. "Bene," disse quest'ultimo. "Chissà, potrebbe tornarci utile". "Devo comprare un'altra bacchetta, però. Dopo forse..." "No. Non puoi andare a Diagon Alley. Ti riconoscerebbero". Sirius lo guardò fisso, stringendo le palpebre. "Non so chi ti ha reso il capo di questo gruppo, Piton, ma non ho intenzione di starmene di nuovo bloccato in casa". Piton alzò gli occhi al cielo. "Non devi startene chiuso in casa. In mezzo ai Babbani non hai problemi, loro non sanno chi sei. I maghi però ti conoscono fin troppo bene, e se scoprissero che sei di nuovo vivo, potremmo perdere un grosso vantaggio. Troveremo il modo di farti avere un'altra bacchetta, ma non puoi andare tu di persona. Puoi andare dove vuoi nei luoghi Babbani, ma eviterei Diagon Alley, Hogsmeade, eccetera". Sirius dovette ammettere che Piton aveva ragione. In quel momento rappresentava un vantaggio per loro: un animagus che poteva diventare un cane e spiare chi voleva. Non potevano rischiare che la voce del suo ritorno si spargesse. Prima che il dialogo fra i due continuasse, Harry arrivò, seguito da Elena e Lorenzo. Tutti si sedettero a fare colazione, che si svolse senza altri drammi.
"Allora, come ti sembra Sirius?" Severus alzò lo sguardo per osservare Lorenzo, seduto di fronte a lui. "Scusa?" "Voglio dire... visto che lo conosci, ti sembra quello di prima, o è diverso?" "E' lo stesso rompiscatole di sempre". Lorenzo sorrise. "Beh, lo prenderò per un buon segno. Visto che non sappiamo nulla di quello che gli è successo veramente, avevo paura che nel tornare si fosse trasformato in uno psicopatico, o roba del genere". "Ho detto che è lo stesso di sempre, non ho detto che non è psicopatico". "Hai capito cosa intendo". "Sì, ho capito. Condividevo le tue preoccupazioni, ma devo ammettere di non aver trovato niente di preoccupante in lui, per quel poco che ci ho avuto a che fare". Erano passate un paio d'ore, e in casa erano rimasti solo Sirius, Severus e Lorenzo. Elena era uscita per delle commissioni, e Harry era andato a casa di Ron ed Hermione, per vedere se Ron si sentiva meglio e se era ancora arrabbiato. Subito dopo, però, sentirono un urlo proveniente dallo studio, trasformato in camera. Forse avevano parlato troppo presto. "James! James è qui! Venite a vedere!" Severus e Lorenzo si guardarono in volto, stupiti, per poi scattare in piedi allo stesso momento e correre in corridoio. Lorenzo aprì la port dello studio, e lui e Severus si trovarono davanti a Sirius, che stava in piedi, con gli occhi spalancati. Come li vide, tese un dito verso la poltrona rossa in un angolo. "James! E' tornato anche lui! E' qui!" Severus rimase immobile, con lo sguardo fisso su Sirius. Lorenzo, dopo un attimo di silenzio, si voltò verso di lui. "Vogliamo rivedere la nostra posizione sul fatto che non sia impazzito?" Severus si voltò a guardarlo, ma non disse niente. "Cosa? Non lo vedete?" chiese Sirius. "No," rispose Severus, in tono piatto. Subito dopo, Sirius si voltò di nuovo verso la poltrona, e assunse l'espressione tipica di chi sta ascoltando qualcuno parlare. Severus avvertì chiaramente Lorenzo, vicino a lui, trattenere il respiro. "Che vuol dire che loro non possono vederti?" chiese Black, sempre rivolto alla poltrona rossa (o così sembrava). Severus sentì Lorenzo mormorare: "Questo è... molto inquietante". Non rispose, ma il suo amico aveva ragione. Vedere Black in piedi di fronte a lui, concentrato ad ascoltare qualcuno che nessun altro poteva vedere o sentire, era una scena degna di un film dell'orrore Babbano, e Severus avvertì un brivido. "Ha detto che voi non mi potete vedere," disse Black, voltandosi verso di loro. "Sempre per il fatto che... io ho attraversato il Velo più volte... è come se qualcosa di me fosse rimasto dall'altra parte". "E quindi puoi vedere gli spiriti?" chiese Lorenzo, incredulo. Black alzò le spalle. "A quanto pare". Lorenzo si voltò verso Sevrus, che rimase immobile, con lo sguardo sempre fisso su Black. Per una delle poche volte nella sua vita, non sapeva cosa pensare. Era possibile? Era vero? E se Black era impazzito davvero, e tutto era nella sua mente e basta? Prima che potesse dire qualcosa, Lorenzo parlò, dando voce alle sue stesse preoccupazioni. "E noi come facciamo a sapere se è vero?" Black lo guardò, socchiudendo gli occhi. "Che vuoi dire?" "Senza offesa, ma io non ti conosco. Per quello che ne so, potresti esserti inventato tutto. Oppure, cosa più probabile, forse tu credi di vedere James... ma come facciamo a sapere che il suo spirito è qui davvero? Magari è un'illusione della tua mente" Black si voltò di nuovo verso la poltrona, con sguardo sempre più sconvolto. Poi tornò a rivolgersi verso Lorenzo e Severus. "James ha detto che tu, Lorenzo, dopo che siamo andati tutti a letto ieri sera, sei uscito di casa senza dire niente a nessuno. Sei andato al pub irlandese che si chiama Sweet Briar, hai bevuto una birra e ti sei incontrato con una ragazza dai capelli neri. Avete chiacchierato un po', poi tu l'hai accompagnata a casa e sei tornato qui. Quando sei tornato, erano le due di notte". Severus si voltò verso Lorenzo, che osservava Black con occhi spalancati. "E' vero?" chiese l'ex professore, che non poté non notar lo sguardo speranzoso di Black. A quanto pareva, anche lui aveva paura di essere impazzito. Lorenzo guardò Severus e Sirius. "Sì, è vero. Mi sono incontrato con... una vecchia amica, diciamo così. Non è possibile che Sirius possa avermi visto. Quando sono tornato a casa, volevo essere sicuro che tutto fosse a posto, visto tutto quello che era successo... Allora ho guardato in tutte le stanze, e lui dormiva. In più, i miei sensi da vampiro erano al massimo, come sempre quando cammino da solo di notte. Lo avrei sentito se mi avesse seguito o spiato". Black sembrò sollevato. Severus prese di nuovo la parola. "Molto bene. Puoi chiedergli come mai è qui?" Black si voltò di nuovo verso la poltrona. "Ha detto che è qui per aiutarci". Severus annuì leggermente.
Severus e Lorenzo si trovavano di nuovo da soli, seduti al tavolo della cucina. L'ex professore aveva davanti a sé svariati libri dall'aspetto antico. "Cosa hai scoperto?" chiese Lorenzo. "Niente di particolare, per ora. Ho bisogno di andare ad Hogwarts", rispose Severus, prima di alzarsi, prendere il mantello e uscire di casa senza un'altra parola. Anche Lorenzo uscì, e quando tornò, in bella vista nel soggiorno c'era il ritratto di un mago anziano dalla lunga barba bianca. Ricordava di aver visto la sua foto, da qualche parte. Prima che potesse fare qualunque cosa, il dipinto parloò. "Buonasera. Tu devi essere Lorenzo, l'amico di Severus. Io sono Albus Silente, piacere di fare la tua conoscenza". Lorenzo aveva sentito dei quadri parlanti. Non ne aveva mai visto uno però, e rimase a fissarlo incredulo per qualche secondo. Poi fece l'unica cosa logica che potesse fare chi si trova di fronte a un quadro parlante: esclamò qualcosa sottovoce, poi si voltò e se ne andò. Mentre si avviava verso la sua camera, poteva sentire la risatina di Silente.
"Ci mancava anche questa", disse Severus, per la seconda volta in due giorni, una volta che fu solo con Elena in camera della ragazza. Lei rise. "Dai, in realtà è una cosa positiva. Gli spiriti possono letteralmente andare ovunque, l'aiuto di James e degli altri può essere prezioso". Severus, steso sul letto, si coprì il volto con la mano e mormorò qualcosa di incomprensibile. Elena gli si stese accanto, cominciando ad accarezzargli la schiena con la mano. "No, ferma," disse Severus, con voce stanca. Elena si ritrasse. "Che succede?" "Magari è qui e ci sta guardando". Elena aggrottò la fronte. "Chi?" chiese. Poi, un sorriso di comprensione le si allargò sul volto. "Intendi lo spirito di James?" Severus annuì in modo quasi impercettibile. Elena scoppiò a ridere. "E per quale motivo dovrebbe guardarci, scusa?" "Per ridere con il suo amichetto Sirius Black". Elena tornò a sdraiarsi visino a lui, voltandogli il viso verso il suo con la mano. "E che guardi pure, allora. Ti assicuro che non avranno niente di cui ridere". Stavolta, quando Elena si avvicinò per un bacio, Severus non si tirò indietro.
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