Ecco il capitolo 9 in arrivo.
Come prevedevo, diventano sempre più lunghi e complessi. Dovete pensare che, mentre la storia si elaborava nella mia testa, migliorava anche il mio inglese, e riuscivo così a creare costruzioni grammaticali sempre più complesse.
Che poi sono un casino da tradurre in italiano.
Infatti, praticamente sto riscrivendo la storia, ma che importa? L'autore sono io.... (ah ah ah, risata del gorilla della pubblicità del Crodino quando fa la battuta finale e cade dalla sedia).
OK, momento di follia.
Ecco il capitolo (ovviamente, i nomi sono rimasti in originale. Mi rifiuto di tradurre Longbottom con Paciok o Dumbledore con Silente, anche se quest'ultima è una delle traduzioni che non mi dispiacciono):
Parte IX
La classe era vuota e silenziosa. Passando attraverso i vetri a mosaico della finestra, il morbido chiarore del pomeriggio creava giochi di luce colorata, che danzavano gaiamente sul pavimento e sulle pareti. Severus Snape sedeva immobile nel suo quadro, perso in contemplazione di quella vista gioiosa… eppure non c’era alcuna gioia nei suoi occhi. Il suo sguardo continuava a vagare instancabilmente su tutti gli oggetti disseminati nella sala sotto il suo ritratto: le cose che avrebbero dovuto essere il simbolo della sua rinascita, ma che adesso un’angoscia segreta stava lentamente trasformando in repellenti caricature.
Chiudendo gli occhi in un gesto di sconforto, Snape ripensò a quello che era accaduto negli ultimi due giorni. Quella mattina, le rivelazioni di Zabini avevano lasciato un segno profondo nella sua immaginazione. L’orrore di scoprire che le conseguenze delle sue azioni avevano ancora delle ripercussioni sulla vita di coloro che lo circondavano era stato immenso. Eppure, non c’era nulla che Severus potesse fare.
Vernice. Era soltanto vernice. Vernice e tela. Anche se magicamente imbevuto di una straordinaria testardaggine e di una feroce determinazione, ormai era solo un ritratto, condannato per il resto dei suoi giorni a contemplare il mondo da una parete, ricambiando lo sguardo di coloro che lo guardavano in un bizzarro gioco di specchi.
Considerazioni dolorose emergevano ed esplodevano come bolle nella sua mente, scivolando lungo le fibre della sua tela per poi condensarsi in domande amare. Quanti altri accusatori pronti a rinfacciargli le sue azioni avrebbe incontrato nel suo nuovo incarico? Quanti dei suoi studenti lo stavano già disprezzando per aver tradito i loro genitori o i loro parenti? Come poteva affrontare quegli sguardi e trovare le parole per rispondere a quelle mute accuse? Ricordò improvvisamente gli occhi diffidenti del giovane Malfoy: anche quel ragazzo lo stava condannando silenziosamente, nonostante le parole adulatorie che gli aveva rivolto in classe?
Diciannove anni erano sembrati un intervallo lungo a sufficienza per dimenticare il passato… Ma forse la reclusione nell’ufficio di Minerva aveva anestetizzato la sua coscienza e ricoperto di polvere i suoi sentimenti? La sua determinazione cominciò a vacillare. Chi era Severus Snape? Un impostore travestito da insegnante. Che speranze, che sogni, che aspirazioni aveva Severus Snape? Nessuno. O meglio, non gliene era rimasto nessuno. Perciò, per qual motivo doveva essere concesso a Severus Snape di ricoprire un incarico così delicato come quello di insegnante?
Una vecchia voce gentile interruppe inaspettatamente queste cupe riflessioni.
“Un soldino per i tuoi pensieri, Severus…”
Risvegliato dal suo incubo angoscioso, Snape si strofinò gli occhi, rispondendo irritato, “Come ho potuto credere che saresti rimasto per sempre nell’ufficio di Minerva? Avrei dovuto chiederle di sigillartici dentro con un
Incarceramus!”
Poi sospirò, rassegnato, e si guardò intorno, cercando il suo indesiderato compagno. “Dove ti sei nascosto, Albus? Hai dimenticato che siamo entrambi bidimensionali? Non posso vederti quando sei di fianco.”
“Io sono sempre al tuo fianco quando mi cerchi, Severus. Ma oggi, devi solo sollevare i tuoi occhi… e il tuo spirito.”
Severus alzò il capo fino a quando il suo sguardo incrociò quello sorridente di Dumbledore, che lo stava guardando dal quadro di un bellissimo panorama, appeso più in alto sulla parete opposta.
“Questi dipinti sono così rilassanti, non credi?” dichiarò il grande mago con tono casuale, mentre i suoi vecchi occhi acuti rimanevano fissi sull’uomo più giovane. “Devo ammettere che Minerva ha avuto una splendida idea quando ha fatto allestire questa stanza.”
Severus alzò le spalle. “Perché non ammetti semplicemente che trovi sempre un modo per impicciarti?” chiese, richiudendosi nella sua amara contemplazione.
“Sarò lieto di ammettere quello che preferisci, se questo ti farà rispondere alla mia domanda iniziale.”
“Non c’è niente da dire…” replicò scontrosamente Severus, “eccetto che rassegnerò le mie dimissioni questa sera stessa.”
“Questa è una decisione inaspettata e molto triste, ragazzo mio. Posso chiederti perché?
Il vecchio mago non era evidentemente intenzionato a lasciarlo in pace, e Snape reagì incollerito, “Non essere seccante, Albus. Ho solo scoperto che… che…”
Ma non riuscì ad andare avanti, così Dumbledore sospirò a sua volta. “Non lasciare che le parole di un piccolo uomo amareggiato oscurino il tuo coraggio e la tua lealtà, Severus.”
“Hai ascoltato la nostra conversazione!!!” Snape reagì indignato, e dopo una piccola pausa, Dumbledore annuì in silenzio.
Profondamente irritato per quella tranquilla ammissione, il mago più giovane alzò la voce. “Quel piccolo uomo amareggiato – come ti piace definirlo – una volta era uno dei miei studenti. All’epoca si fidava di me, mentre oggi mi ha accusato di averlo tradito!”
“Tuttavia, tu hai giustificazioni che lui non ha,” replicò mitemente Albus. “Non caricare le tue spalle con le scelte sbagliate che altri hanno fatto, Severus.”
Snape considerò il suo vecchio mentore con uno sguardo freddo, poi scosse la testa ostinatamente.
“Il passato non può essere cambiato. Sperarlo è stato inutile.”
“Non è mai inutile sperare, figlio mio,” sussurrò la vecchia voce, ed un colpo vigoroso alla porta sembrò sottolineare questa affermazione, facendo sussultare entrambi i maghi per la sorpresa.
“Avanti,” Snape invitò con riluttanza, aspettandosi di vedersi comparire davanti Minerva e preparandosi per una discussione. Ma questa volta, la sua supposizione era sbagliata. La porta si aprì, ed uno sconosciuto entrò nella stanza, camminando a passi decisi e sorridendo con un’espressione cordiale e sincera sul viso rotondo.
“Buon pomeriggio, Professor Snape!” lo sconosciuto salutò cortesemente, e per un attimo, solo il silenzio rispose a quella voce.
“Signor Longbottom!” Snape finalmente ansimò, rendendosi improvvisamente conto di chi fosse quel visitatore; poi, sbalordito, aggiunse “Bene, questo… questo non me lo aspettavo davvero!”
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“Sono felice che lei si ricordi di me, Professore,” rispose allegramente Neville Longbottom. “La Preside McGonagall oggi ci ha detto che lei è stato reintegrato nel suo ruolo, quindi sono venuto a congratularmi con lei.”
Il suo sorriso diventò ancora più luminoso. “Non so se lo sa, ma adesso siamo colleghi.”
Confuso, Snape considerò l’uomo che aveva di fronte, cercando di recuperare quell’informazione dalla massa di notizie che si era accumulata nel suo cervello durante quei lunghi sonnolenti anni nell’ufficio di Minerva.
“Colleghi?” ripetè cautamente.
“Io insegno Erbologia, Professore,” si affrettò a spiegare Longbottom. “Madama Sprout è stata così gentile da raccomandare il mio nome tempo fa, quando ha deciso di dare le dimissioni. Perciò, come vede, sono passato dall’altra parte, e devo dire, non è stato facile. Durante questi pochi anni di insegnamento, ho potuto riflettere sui miei trascorsi da studente, e se me lo permette, vorrei scusarmi per la mia incredibile ottusità di allora. Ha davvero dovuto usare tutta la sua perseveranza con me!”
“Che non significa pazienza…” e Snape sorrise ironicamente.
“Direi proprio di no!” confessò l’uomo con una risata. “Devo ammettere che lei non è mai stato famoso per la sua pazienza tra noi studenti. Ma scommetto che lo sapeva bene e che l’idea la divertiva.”
“Signor Long… volevo dire, Professor Longbottom, come mai adesso riesce a sostenere una conversazione con me con tanta facilità?” chiese impazientemente Snape, cercando di capire il vero significato di quella visita. Di sicuro, Neville Longbottom non poteva essere considera un amico affezionato e neanche un nostalgico appartenente alla sua stessa Casa. “Avevo la sensazione che lei semplicemente odiasse persino il suono della mia voce.”
“Quel tempo è passato, Professore,” rispose quietamente Neville, e i suoi occhi ebbero un lampo. “Siamo tutti cresciuti e abbiamo saputo quello che lei ha fatto per il mondo magico. Ma io non l’ho mai ringraziata come avrei dovuto. E neppure le ho mai detto grazie per le punizioni con Hagrid che ci ha assegnato negli ultimi mesi in cui lei è stato preside. Adesso so che stava cercando di proteggerci tutti.”
Snape sentì un dolore improvviso. Le sinistre facce di Alecto e Amycus Carrow erano improvvisamente apparse nella sua mente, e con loro un flusso di spiacevoli, orridi ricordi. La vita reale poteva essere così… così
crudele. L’aveva dimenticato.
Ma Longbottom stava già proseguendo, mentre un sorriso sbarazzino gli illuminava di nuovo il viso. “Vede, Professore, lei non mi spaventa più. Ho osato sfidare Voldemort stesso, e mi spiace deluderla, ma lei non ha lo stesso potere intimidatorio.”
Snape considerò quella risposta aggrottando la fronte. C’era qualcos’altro che avrebbe voluto sapere… ma prima che potesse chiedere, la porta si aprì di nuovo e un ragazzo entrò, quasi correndo.
“Professor Snape! Oh! Finalmente ho trovato il posto!” esclamò esultante Albus Severus Potter.
Notando che c’erano altre persone nella stanza, il ragazzino si interruppe di colpo, imbarazzato. Poi, riconoscendo un viso familiare, si rilassò e raggiunse Neville sotto il quadro.
“Buon pomeriggio!” disse con la sua vocetta festosa, sorridendo allegramente all’uomo e al ritratto.
Snape scoccò una rapida occhiata al più anziano dei suoi visitatori. Se Longbottom si era stupito di vedere uno studente – e per di più, un “Potter” – salutare con tale entusiasmo un insegnante terrificante come Snape, era comunque riuscito a nascondere la sua sorpresa senza difficoltà. Ma forse era già stato informato di questa amicizia recente? Dopo tutto, Longbottom era un vecchio amico di Harry Potter… o era stato come al solito Albus con le sue buone intenzioni?
Albus Severus invece, nella sua grande innocenza, semplicemente non era sorpreso di trovare Neville lì.
E perché avrebbe dovuto? Pensò Snape. Cosa poteva esserci di più naturale per uno studente che vedere due dei suoi professori chiacchierare amichevolmente? Oh, come sarebbe stato turbato se invece avesse saputo la verità…
Sentendosi un pochino teso, Snape inclinò il capo in un saluto. Aveva provato una grande felicità rivedendo il ragazzo dopo tutto quel tempo, ma riservato come era per quel che riguardava i suoi sentimenti, cercò di mantenere la sua compostezza davanti a Longbottom.
“Signor Potter. Sono felice di rivederti,” dichiarò quindi con grande dignità, mentre Neville rivelava la sua amicizia di lunga data esclamando cordialmente, “Salve, giovanotto! Che bella sorpresa!”
“ Salve, Professor Longbottom,” rispose il bambino un tantino goffamente.
“Ehi! Puoi chiamarmi Neville in questa stanza. Al Professor Snape non importa. Stavamo giusto ricordando i vecchi tempi.”
Snape si accigliò a quel comportamento informale, ma si sentiva ancora troppo insicuro per reagire di fronte al ragazzo. Perciò Neville continuò tranquillamente a parlare. “Ti stai divertendo a Hogwarts?”
“Oh sì!” rispose Albus Severus con immenso entusiasmo. “È tutto fantastico qui!” E cominciò a descrivere una lista delle meraviglie che avevano colpito in particolare la sua immaginazione. Snape osservava la scena, ed una amara sensazione di rimpianto lo strinse al cuore. Davvero avrebbe rinunciato a tutto questo per seppellirsi di nuovo in un ufficio?
Senza volerlo, emise un sospiro profondo, e Albus Severus interruppe immediatamente la sua descrizione. Il ragazzo si voltò verso il ritratto, ansioso di giustificare il suo ritardo. “Mi spiace di essere arrivato così tardi, Professore, ma James non ha voluto dirmi dove era l’aula… è un po’ arrabbiato con lei.”
Snape aggrottò le sopracciglia, e il ragazzino si rese conto con orrore di aver rivelato i sentimenti non precisamente rispettosi del fratello. Perciò, cercò di correggersi, riuscendo soltanto a peggiorare la situazione, “Ecco, lui… lui è in disappunto per i punti, vede.”
Neville sorrise al gioco di parole involontario, ma Snape ringhiò minacciosamente, “Tuo fratello dovrebbe imparare le buone maniere, prima di lamentarsi inutilmente.”
Cercando di aiutare entrambi i ragazzi, Neville dichiarò gentilmente, “Sono sicuro che James migliorerà molto in fretta con un simile insegnante. E che mi dici di te, Al: anche tu segui il nuovo corso di Pozioni?”
“No, purtroppo non sono stato ammesso… almeno, non ancora,” replicò il ragazzo con rammarico, vergognandosi un po’. Ma poi, illuminandosi in viso, annunciò l’effettiva e importantissima ragione della sua visita e della sua gioia. “Però la Professoressa McGonagall mi ha detto che posso ancora fare lezioni private col Professor Snape… se lui è d’accordo, naturalmente.”
Sorpreso per la speranza così evidente nella voce del ragazzino, Neville si girò per scrutare Snape con aria interrogativa. Imbarazzato, il mago più anziano cercò di nascondere la sua emozione chiedendo con uno sguardo minaccioso, “Che cosa ha detto esattamente la professoressa, signor Potter?”
Albus Severus si precipitò a riferire, “Ecco, ha detto che non c’era bisogno di diffondere la notizia, ma se tenevo la cosa per me e facevo la richiesta nel modo giusto… oh!”
Il ragazzino era improvvisamente inorridito. “Non dovevo dire questo a lei! Cioè, la professoressa ha detto che io…”
Rendendosi conto che ogni parola in più lo stava portando sull’orlo del disastro, Al arrossì intensamente. Commosso da quell’evidente desolazione, Neville andò alla riscossa, parlando come se le parole del ragazzo fossero riferite a lui.
“Non dirò una sola parola, prometto. Anche perché io ho molta paura del Professor Snape.”
“Davvero?” Sconcertato da quell’affermazione inaspettata, Albus Severus lo guardò stupito.
“Be’, vedi, come studente, ero un fallimento completo a Pozioni. E quindi il professor Snape mi dava punizioni e diceva che ero un asino. Era molto severo, sai.”
Neville guardò di nuovo Snape mentre un sorriso malizioso cominciava a formarglisi sul viso, poi abbassò di nuovo la voce fino ad un promettente sussurro e disse al ragazzino, “Ti rivelerò un segreto… anche se penso che il Professor Snape lo conosca già. Però devi promettermi che non lo racconterai a nessuno.”
Dimenticando la sua ansia, il ragazzo fece segno di sì, incuriosito, mentre l’improvviso ricordo di un avvoltoio impagliato su un cappello faceva raggelare Snape di orrore.
“Signor Longbottom!” esclamò bruscamente. Ma ignorando lo sguardo minaccioso del ritratto, Neville continuò con una strizzatina d’occhi, “Per me, lui era un Molliccio. Sai che cos’è un Molliccio, vero?”
“Una creatura spaventosa… mormorò il ragazzo, chiaramente affascinato dall’idea, e considerò l’irritatissimo Snape (che pure si era rincuorato per la mancanza di dettagli di quella confessione) con rinnovata ammirazione… e una totale mancanza di timore. Seguì una pausa meditativa, e incoraggiato da quella testimonianza, Al dichiarò orgogliosamente, “Io non ho mai avuto paura di lui.”
“Ecco, vedi? Tu sei molto più coraggioso di me,” commentò Neville con un sorriso.
“Ma tu SEI coraggioso!” protestò il ragazzo. “Papà mi ha detto che hai tagliato la testa del serpente gigante di Voldemort. Perché non mi hai mai raccontato QUELLA storia prima?
Cercando sostegno alla sua dichiarazione, Albus Severus si girò a guardare Snape. Ma il ritratto era visibilmente impallidito, e i suoi occhi erano spenti, persi nei ricordi. Abbassando il capo, il ragazzo si scusò, “Mi spiace. Non ho pensato… so quello che le ha fatto il serpente…”
Snape respirò lentamente. Quelle memorie, così inaspettatamente richiamate alla mente, avevano prodotto un’emozione devastante. Ma le rivelazioni del ragazzo aveva suscitato anche un’altra reazione, ancora più sconvolgente della prima. Nessuno si era mai preoccupato di informare il ritratto dei tanti altri eventi che avevano portato alla distruzione del Signore Oscuro… oppure era stato lo stesso Snape che aveva rinunciato ad interessarsene, indifferente come era diventato verso il mondo e i suoi abitanti ancora in vita? C’era uno spazio vuoto nella sua conoscenza che premeva per essere riempito, perciò il mago ordinò seccamente, “Signor Longbottom! Che cosa significa tutto questo? Aspetto una spiegazione!”
Neville fece una faccia imbarazzata come quando era studente.
“Come è possibile che lei non lo sappia?” mormorò sconcertato. Poi rispose, “Sì, ho ucciso io il serpente. Harry mi aveva chiesto di farlo, prima di lasciarci per il suo ultimo incontro con Voldemort.”
Lo stupore di Snape era totale, e lui ripeté lentamente, “Lei avrebbe fatto questo? Lei!
Neville Longbottom!”
“Con queste mani e la spada di Grifondoro…” replicò fermamente Neville. Poi, fraintendendo la reazione di Snape, aggiunse con tono amaro, “Suppongo che non mi creda. D’altra parte, non ha mai avuto fiducia in me. Perché dovrebbe essere cambiato qualcosa nel frattempo?”
Snape guardò il viso di Neville, ancora così sconcertantemente infantile, come se lo vedesse per la prima volta, mentre cercava di tenere sotto controllo le sue molte confuse emozioni. Voleva parlare, ma la voce si rifiutava di uscire. Nello stesso tempo, Neville aveva incrociato le braccia osservando Snape con uno sguardo risoluto e ferito allo stesso tempo.
Fu Albus Severus a trovare le parole giuste, quelle che solo i bambini sanno dire.
“Vedi? Tu SEI davvero coraggioso! Hai vendicato il Professor Snape, anche se ti sgridava tutto il tempo e ti diceva che eri un asino!”
Neville guardò il ragazzo e non riuscì a trattenere un sorriso. “Be’, non avevo pensato a questo, quel giorno. Ma tu hai ragione, e adesso ne sono felice.”
Scompigliò affettuosamente i capelli scuri di Al, poi guardò il ritratto con occhi nuovamente sereni. “Spero che continuerà ad insegnare a molti altri asini per tanti e tanti anni ancora.”
Snape si sentì disarmato e stranamente in pace. “Grazie, signor Longbottom, “ rispose burberamente.
Poi il mago alzò il viso e si guardò intorno cercando Dumbledore. Ma non c’era segno di lui in nessuno dei dipinti lì intorno, e Snape osò sperare che, una volta tanto, Albus non fosse rimasto ad ascoltare di nascosto. A volte, era molto più difficile condividere la gioia piuttosto che il dolore…
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Tradurre la parola "dunderhead" non è stato il massimo. Questa parola è ripetuta costantemente nei libri originali, e vuol dire "zucca vuota, tontolone, zuccone, somaro" e altre locuzioni del linguaggio studentesco per indicare non solo chi non studia, ma anche chi per di più non è neanche fornito di cervello per farlo. Io alla fine ho scelto asino, perchè è una parola che ancora usano i nostri bambini, ma se vi viene in mente qualcosa d'altro, accetterò il suggerimento ben volentieri.
Da adesso in poi, i capitoli prenderanno molto più tempo per comparire qui. Ma tanto, nessuno di noi ha fretta, vero?Edited by Lady Memory - 8/10/2016, 21:25