Lied 19
Der Mueller und der Bach (Il mugnaio e il ruscello)
Siamo al penultimo Lied del ciclo, che propone un dialogo, come dice il titolo, tra il mugnaio e il ruscello.
Dopo la delusione amorosa, dopo il dolore e la rabbia, il nostro povero protagonista è in preda alla depressione e si rivolge al suo unico amico, ovvero il ruscello con cui si è più volte confidato nel corso dell'intero ciclo.
Possiamo quindi affermare che la vicenda narrata sia essenzialmente una storia di solitudine, incomprensione e incapacità di esprimere quanto è perfettamente chiaro nel proprio animo.
Il Lied ha struttura tripartita A B A
1, ma sono presenti diversi elementi ripetitivi che danno unità al canto. Premetto immediatamente che si può interpretare questo dialogo tra il mugnaio e il ruscello come un vero dialogo (effettivamente il ruscello, personificandosi, parla al mugnaio) o come una sorta di delirio in cui il mugnaio, solo e disperato, sente nel rumore delle acque del ruscello la sua stessa voce e i suoi stessi tristi pensieri. Personalmente propendo per questa seconda opzione, perché mi sembra quella psicologicamente più interessante.
La prima strofa spetta al mugnaio. Il ritmo è lento e l'accompagnamento del pianoforte è quasi funebre. La melodia ritorna essenzialmente idenditica (ci sono alcune piccole variazioni) sulle diverse strofe. Vi vorrei far notare una figura melodica che sottolinea le parole Herze (cuore, 0:08), Lilien (gigli, 0:19), Wolken (nubi, 0:28), Traenen (lacrime, 0:39), Englein (angioletti, 0:51), singen (cantare, 1:02), che corrispondono anche al primo emistichio di ogni verso. Sono parole che emergono anche nel canto e che portano con sé l'idea del pianto (anche gli angioletti piangono). I gigli, in particolare diventano un simbolo funebre, appassiti come sono in un'aiula, simbolo, quindi, della delusione amorosa del mugnaio e del suo cuore fedele.
Vi faccio notare anche un lieve rallentamento tra il minuto 0:41 e 0:47 sulle parole
Menschen nicht sehn (uomini non scorgano). Il mugnaio piange in solitudine, in una notte nuvolosa (le nubi coprono la luna piena) perché - e qui c'è tutta la dignità del suo dolore - non vuole che gli altri lo vedano piangere. Solo il ruscello può vederlo in lacrime, ma il ruscello è il suo unico amico, o, meglio, è la voce del suo stesso dolore.
Der Müller: Wo ein treues Herze in Liebe vergeht, da welken die Lilien auf jedem Beet; da muss in die Wolken der Vollmond gehn, damit seine Tränen die Menschen nicht sehn; da halten die Englein die Augen sich zu und schluchzen und singen die Seele zur Ruh'.
| Il mugnaio: Dove un cuore fedele per amore si strugge, là appassiscono i gigli su ogni aiuola; la luna piena deve allora nascondersi fra te nubi affinchè gli uomini non scorgano le sue lacrime; allora gli angioletti tengono chiusi gli occhi, e scortano con singhiozzi e canti l'anima verso la pace!
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La seconda strofa spetta al ruscello. L'accompagnamento pianistico cambia e si fa più mosso e "liquido". Si tratta del canto dell'acqua del ruscello, quella stessa acqua che aveva gioisamente accompagnato il mugnaio all'inizio della sua avventura e che adesso lo sta accompagnando, non più gioisa, verso la fine del ciclo. Il canto del ruscello è più mosso, per quanto le cellule ritmiche del canto non varino più di tanto. Le parole sono apparentemente consolatorie (l'amore può svincolarsi dal dolore e le rose torneranno a fiorire), ma sottinteso c'è comunque un qual certo malessere, quasi che il mugnaio stia cercando di risollevarsi, di dirsi che non tutto è finito, ma non vi riesca del tutto (ed infatti gli angioletti si tagliano le ali nel penultimo verso, che non è di certo un'immagine gioiosa).
Der Bach: Und wenn sich die Liebe dem Schmerz entringt, Ein Sternlein, ein neues, am Himmel erblinkt; da springen drei Rosen, halb rot und halb weiss. Die welken nicht wieder, aus Dornenreis. Und die Engelein schneiden die Flügel sich ab Und gehn alle Morgen zur Erde herab.
| Il ruscello: E quando l'amore si svincola dal dolore, e una nuova piccola stella scorge nel cielo, spuntano tre rose, metà rosse, e metà bianche, dai ramoscelli spinosi, e non appassiscono più; gli angioletti si tagliano le ali, ed ogni mattina scendono a terra.
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L'ultima strofa torna al mugnaio. In questo caso l'accompagnamento pianistico mischia quello del ruscello e quello del mugniaio, la marcia quasi funebre della prima strofa e l'acqua della seconda (è il particolare che mi fa credere che il ruscello sia soltanto la voce del mugnaio stesso). Il testo è più breve (sono 4 versi, invece di 6), ma l'ultimo verso viene ripetuto da Schubert. Il canto segue un andamento simile alla prima strofa, ma si fa leggermente più dissonante. Come, nella prima strofa è presente un rallentamento (2:39-2:46) sulle parole Liebe tut. Vorrei farvi anche notare il terzo verso che inizia subito dopo (e si conclude a 2:56) in cui è presente una scala cromatica discendente (per semplificare, se pensate alla tastiera di un pianoforte, si tratta di note che vanno verso il basso, schiacciando sia i tasti neri che i tasti bianchi) sulle parole ach unten, da unten (ah sotto, qui sotto) e che è una figura associata tendenzialmente alla morte. D'altronde il testo lascia perfettamente presagire che cosa stia pensando il mugnaio, aprendo all'ultimo Lied del ciclo, che sarà oggetto della prossima lezione.
Der Müller: Ach Bächlein, liebes Bächlein, du meinst es so gut; ach Bächlein, aber weisst du, wie Liebe tut? Ach unten, da unten die kühle Ruh! Ach Bächlein, liebes Bächlein so singe nur zu.
| Ah ruscelletto, caro ruscelletto, tu dici bene; ah ruscelletto, ma sai che fa l'amore? Ah sotto, qui sotto, la fredda pace! Ah ruscelletto, caro ruscelletto, continua a cantare.
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