Il Calderone di Severus

Il Severus di Minervina

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Minervina
view post Posted on 15/6/2014, 11:32




Piccola premessa

Quando ho chiuso l’ultimo libro di Harry Potter, ho provato una sensazione di enorme stupore. No, non per la scoperta della lealtà di Severus; ero già convinta personalmente che Severus si trovasse dalla parte giusta e la conferma che è arrivata dall’autrice ha potuto soltanto aggiungere in me un senso di grande appagamento a quello di giustizia finalmente fatta nei confronti del personaggio.
Lo stupore è dipeso più che altro dal pensiero che tutto quello che Severus compie con Silente per la causa, per Harry e per il Mondo Magico, non è che la punta di un iceberg molto, molto più profondo, di un cammino umano straordinario. Un iceberg, ripeto, di cui io dovevo pur confessare di aver appena intravisto le profondità con una vaghezza che meritava ben altro approfondimento; e approfondimento è stato.
Severus, del resto, sa come convincere; il Principe nascosto dietro il brutto anatroccolo emerge lentamente ed inesorabilmente dalle pagine. Limpido e intenso, fragile e potente. È un uomo la cui imperfezione e umanità, unite al carattere e allo sterminato talento, lo rendono uno strumento perfetto, l’accordo necessario di tutte le qualità e dei difetti necessari al compimento di qualcosa di così sublime da credere quasi impossibile per un essere umano.
Ecco perché è difficile parlare di Severus.
Perché la sua è una storia d’amore, a tutti gli effetti, la storia di un uomo che impara a sentire e ad agire nuovamente e che pure vive tra le nebbie dell’incomprensione e dell’equivoco del passato, oscillando tra il disprezzo e la condanna da parte degli altri e, ancor più, di sé stesso, mentre raggiunge e supera in silenzio le vette di un'incomparabile grandezza umana.

Per questo lancio il mio sassolino qui, con la doverosa precisazione che ho scritto proprio col cuore in mano, quasi di getto, e che sono ancora tante le cose che vorrei dire ma il post è già abbastanza lungo così. Non sono granché nella sintesi, lo confesso, parto perciò subito con alcuni dei vostri bellissimi spunti, che cito qui sotto chiedendovi scusa per averli brutalmente tagliati per motivi di lunghezza.

CITAZIONE (Severus Ikari @ 22/9/2013, 19:18) 
Severus avrebbe potuto mandare tutto al diavolo, “ormai è morta, è colpa mia, lo so, ma non posso farci più niente”, invece no, si è inginocchiato ai piedi di Silente (in senso metaforico, ma è comunque una cosa pazzesca) che oltretutto gli ha urlato il suo disgusto (è questa cosa è ancora peggiore dell’inginocchiarsi), si è dato al Bene, ha lottato, ha sacrificato e “buttato” la sua vita che ha smesso di vivere pienamente, ha abbracciato l’odio di tutti, ma ha combattuto, ha protetto il figlio della donna persa e amata, e dell’uomo che odiava, ha protetto tutti fino alla morte, ed ha espiato con anni e anni di dolore e di solitudine.
Era il suo volere che si è fatto dovere, il più alto dovere, è stata una scelta, il suo obbligo morale da portare avanti fino alla fine.
Nel suo dovere ci vedo sempre volontà, e della più profonda, per questo rischia la vita (e l’anima) per quel dovere, perché ci crede, perché lo sceglie, perché lo vuole, e io trovo che questo sia un aspetto a dir poco meraviglioso di Severus.

CITAZIONE (chiara53 @ 2/2/2014, 11:53) 
L'anima di Severus è forgiata dal male e dedita al bene per sua scelta, non per naturale istinto: aver saputo scegliere è quello che lo rende migliore e più grande di tutti gli altri a cui la grazia ha donato e conserva loro il bene o il male(nel caso di Voldemort).
Lo fa per dovere? Del concetto di dovere come regola morale abbiamo già parlato.
Severus fa delle regole morali che si è dato la sua ragione di vita e ... di morte.

CITAZIONE (Ida59 @ 14/5/2014, 17:21) 
E in quella sua morale, che ha determinato le sue scelte e quindi il dovere che si è autoimposto, di nuovo c’è tutta l’umanità di Severus che sa benissimo a cosa va incontro quando sceglie quella di percorrere la strada della redenzione. Non credo che l’abbia deciso in un solo giorno: deve essere stata una scelta complessa e difficile in cui il giovane Severus ha dialogato con se stesso, ha discusso in modo acceso ed ha ragionato a fondo. E poi ha preso la sua decisione, incrollabile ed ha stabilito la sua strada, il suo dovere. E da quella strada non ha mai più deviato.

E poi, da ultimo, l’importante interrogativo posto da Ale:

CITAZIONE (Ale85LeoSign @ 1/2/2014, 23:25) 
Qual'è il messaggio di tutto questo? La morale?
Ma c'è una morale?
Devo pensare che sia stato solo un escamotage della Rowling per liberarsi di un personaggio diventato scomodo e forse ingestibile da vivo, oppure non c'era davvero mai stato un posto nel mondo per Severus? Scomparsa Lily, scomparso Silente, scomparsa la maggiorparte di quel mondo che conosceva non c'era davvero più nulla per lui? Solo andarsene?

Ma su queste ultime, importanti domande, arrivo alla fine, o magari proprio in un altro post, che è meglio, anche perché questo sarà lunghissimo.

Come si forgia l’incrollabile volontà di Severus e poi il suo senso del dovere, di cui avete così ben discusso? Me lo sono sempre chiesto.
Non c’è un modo preciso o un momento in cui ciò accade, certo, non si tratta di una folgorazione; si tratta di un processo. Un processo che parte, secondo me, proprio dalla primordiale mancanza di amore incondizionato che, fin da bambino, ha segnato tutta la sua esistenza.
Non torno sulla questione della famiglia di Severus, pur volendo, perché occuperei troppo spazio con questo post, ma mi limito a tirare le somme.
Quando per tanti anni, soprattutto quelli cruciali dell’infanzia, si passa il tempo a sentirsi sbagliati per il solo fatto di esistere e a causa proprio delle persone che dovrebbero costruire intorno a te un guscio solido di protezione e di incoraggiamento per affrontare un mondo tutt’altro che generoso, è naturale giungere poi alla conclusione che anche gli altri non potranno mai accettarti, né proteggerti, né volerti bene per quello che sei. Fare le distinzioni e pensare che questi “altri” potrebbero non essere tutti uguali, è impossibile: chi accetterebbe di tenere ancora “il cuore sul bavero”, con il rischio di farselo calpestare?
L’unica soluzione logica, se essere non è mai bastato, è cercare di procurarsi qualcosa, di avere qualcosa a cui gli altri facciano fatica ad aspirare e che dovranno temere e/o rispettare per forza. Bisogna diventare i migliori, i più sapienti e i più capaci. Bisogna costringere gli altri ad avere qualche motivo per amarti o almeno per portarti rispetto. Ma per “avere qualcosa”, “diventare” e “costringere”, dato che tu sei l’unico alleato di te stesso e che nessuno ti sosterrà in caso di caduta, bisogna imparare ad esercitare una volontà e una determinazione davvero rigorose ed inflessibili.
Ora, però, una personalità così formata, caratterizzata da una spiccata, ferrea capacità di controllarsi e di auto-determinarsi, come quella di Severus, come si concilia con quella particolare componente di arrendevolezza che è propria dell’amore?
Voglio dire: l’amore non è solo “smottamento emotivo”, è ovvio, ma implica comunque, in buona parte, la capacità degli individui di abbandonarsi, di affidarsi l’uno all’altro.
Non ho mai sentito nessuno dire “ho voluto innamorarmi”, mentre sentiamo spesso dire “mi sono innamorato”, come se la volontà, in questo processo avesse un po’ meno voce in capitolo. Come se, quando ci accade questo strano fenomeno, noi fossimo in qualche modo, in parte, in balìa di una “forza maggiore”. Non che la volontà sia del tutto assente, questo è certo: si può essere più aperti, più disposti a “cadere innamorati”, si può cioè “volerlo” in senso indiretto, cioè lanciando segnali di un certo tipo, ma resta il fatto che nell’amore esistono elementi che implicano una parziale “sospensione” della ragione e della volontà, in favore dell’emozione, della fiducia e dell’offerta di sé all’altro, con la posta in gioco della sofferenza.
Questa fiducia, questo abbandono e questa offerta all’altro, però, sono cose che una persona ferita dalla mancanza (o dalla distorsione) d’amore non può conoscere, né esercitare a sua volta, né può tantomeno accettare il rischio della sofferenza quando, proprio nel momento in cui doveva imparare ad aprirsi, è stata ricacciata con violenza dentro il proprio guscio ed ha appreso, a sue spese, che abbandonarsi è sciocco e pericoloso, e che può tradire e fare molto male.
Una persona così ferita, anche se desidera con tutto il cuore quello che desiderano tutti, non accetta di cedere, di abbandonarsi, di affidarsi; ne ha paura.

Ad Hogwarts soprattutto, che è stata il grande sogno infranto di Severus, questa lotta interiore cominciata in famiglia, continua e si inasprisce: i compagni lo maltrattano e lo isolano, e lo studio (a cui aveva amorevolmente preparato il terreno già prima di mettere piede sul treno, con quell’entusiasmo che gli abbiamo visto sprizzare da ogni poro) e il suo enorme talento diventano strumenti per inverare questo principio. Severus “vuole” con tutte le sue forze e le sue abilità (e ne ha da vendere), provarsi migliore e far vedere a tutti di che cosa è capace, pretendendo un rispetto che è certo che non gli verrà mai concesso a prescindere, solo e soltanto in quanto persona. Del resto, tutto, ma proprio tutto nella sua vita non gli è stato mai regalato (come si regala l’amore) bensì è stato sempre duramente guadagnato con l’impegno o con la sofferenza, nel bene o nel male, a colpi di sudore e sangue.
Le Arti Oscure, logicamente, sono la componente principale per raggiungere questo obiettivo di grandezza, perché gli altri studenti si “limitano” solo a studiare i metodi di Difesa e invece anche lì Severus vuole, complice anche la casa a cui appartiene, investire appositamente il massimo del suo impegno e della sua curiosità nelle branche di un sapere in gran parte sconosciuto, armato di un’ambizione smisurata e di una sete di conoscenza fuori dal normale, alimentata da un talento incredibile che, come poi abbiamo modo di scoprire, è inferiore forse solo a quello di Silente e di Voldemort (e non ne sono nemmeno tanto sicura!).
Più va avanti, più procede a grandi passi nella conoscenza, e più continua la sua personale, intimidita ma furiosa, ricerca d’amore e di rispetto, a colpi di “dimostrazioni” scientifiche della propria superiorità, per essere almeno oggetto dell’attenzione altrui e non solo il bersaglio del dileggio o dell’indifferenza. Cerca l’amore attraverso un esercizio spasmodico di volontà e di raziocinio, proprio in virtù, secondo me, della distorsione che l’originaria mancanza di amore incondizionato ha imposto alla sua visione del mondo: non si può ricevere mai nulla in dono, ma solo ottenere e, per ottenere, bisogna impegnarsi e per impegnarsi bisogna volerlo e poi imporselo come dovere. A causa della ferita irrimediabile dell’infanzia, l’amore Severus lo insegue per vie anomale, finendo spesso per “inventarlo” lui stesso.
Così vagheggia il riscatto ad Hogwarts, nel Mondo della Magia, che si rivela un fiasco per via dei suoi altezzosi e irrispettosi compagni; così immagina di trovare una famiglia nella casa Serpeverde e una “fratellanza” con i compagni, futuri Mangiamorte, l’unica cosa più simile ad un “gruppo di pari” che lui abbia mai conosciuto; così inventa anche l’amicizia con Lily che, a mio parere, non può essere nemmeno individuata come tale. Le strade di Severus e Lily, infatti, per come la vedo io, sono drammaticamente divise fin dall’inizio, ben prima dell’episodio dell’insulto.

La ragazza non prova niente di più, secondo me, che un blando affetto per quello che è rimasto, a conti fatti, solo un compagno di giochi e di scuola e che lei, forse per la propria inesperienza, per la giovane età e per la paura delle sue (di lui) frequentazioni, lascia infine in balìa del suo destino.
Per me, infatti, è proprio questo il motivo della porta sbattuta in faccia a Severus: Lily è una ragazzina spensierata, si è ben ambientata a scuola, i suoi genitori Babbani la amano anche se è una strega e forse è ancora un pochino immatura per la sua età, fatto sta che quando Severus comincia a prendere una strada diversa e potenzialmente pericolosa, lei non riesce ad andare oltre l’avvertimento: si limita cioè a fargli notare che i suoi “amici” sono malvagi, ma in quei momenti a me sembra più spaventata ed indignata che veramente preoccupata per lui. L’affetto che Lily prova, in ogni caso, non è di certo abbastanza per prevalere quando si rende necessario e forse lei quasi si infastidisce per questa piega che ha preso la sua amicizia infantile: un conto era il bambino delle altalene che sedeva con lei a chiacchierare e a fare magie, un conto è stare vicino ad un Serpeverde cupo e ombroso, uno dei ragazzi più strani ed emarginati della scuola che adesso, tra l’altro, si è pure avvicinato a gente poco raccomandabile.
La scuola, lo sappiamo tutti, è un focolaio perfetto perché si sviluppino queste “epidemie” discriminatorie, anche prive di senso o basate su solenni sciocchezze: è una società in piccolo e non si può pretendere da tutti i ragazzi una maturità affettiva e relazionale che spesso non hanno nemmeno gli adulti. Ci sono quindicenni e quindicenni, certo, e alcuni si dovrebbero aiutare, proprio quando sorgono questi problemi, ad andare al di là del mero pregiudizio, a sondare le motivazioni altrui e proprie e a riflettere a fondo sulle situazioni. Ma ci sono questioni che vanno molto al di là, io credo.
Severus si portava dentro delle ferite e dei vuoti affettivi che forse una ragazza di quindici anni, poco e niente coinvolta da lui, non poteva arrivare a sforzarsi di capire e tentare di colmare con i propri mezzi, leggendo tra le righe della solitudine e del rifiuto altrui i tormenti di un ragazzo così introverso e, in apparenza, così scorbutico proprio quando ama e soffre di più. Lì ci volevano gli adulti. Adulti con gli attributi, oserei dire. O dei buoni amici, o un grande amore, e forse non sarebbe bastato comunque, chissà.
Lily, dunque, io credo, non riesce a comprendere (o non vuole arrivarci, per paura del coinvolgimento) il turbamento profondo di un ragazzo a cui si deve essere accostata sempre, anche suo malgrado, troppo superficialmente. Un ragazzo che, nell’immaginazione di lei, deve essere rimasto fermo al tempo “facile” delle altalene, quando Lily non conosceva ancora Hogwarts, era elettrizzata dalle cose che lui le raccontava e non aveva altri amici a scuola o altre distrazioni. È una colpa involontaria quella di Lily, secondo me, perché, come dicevo prima, lei è diversa da Severus; è forse più simile a James. Hanno questo in comune i futuri genitori di Harry e forse è il motivo per cui si “trovano”, a mio avviso: sono ancora un po’ immaturi (Severus, al confronto, è cresciuto molto più in fretta), sono amati, coccolati e sereni, l’uno corteggia e l’altra prontamente accetta e il mondo assume una sfumatura più semplice, molto meno aspra di quel che conosce Severus. Nel caso di Lily, che aveva comunque un qualche tipo di legame con Severus, è chiaro che questa immaturità assume sfumature di colpevolezza o quanto meno di una certa leggerezza da parte sua, specie se si pensa che, davanti al “peggior ricordo”, suo figlio Harry (quindicenne come lo era lei ai tempi della porta sbattuta in faccia) si dimostrerà ben più responsabile e assennato nei confronti dell’umiliazione subita dal professore che odiava e davanti alla quale avrebbe potuto farsi una risatina.
Ma qui torniamo al problema principale e cioè che Lily, secondo me, complice l’immaturità, non amava comunque abbastanza il suo “amico” d’infanzia per poter avere la forza e la volontà di penetrare la corazza e gestire il peso di quello che vi avrebbe scoperto dietro.

Ad aggravare la situazione, si aggiunge anche il fatto che mentre lei lascia sbiadire questo affetto, Severus, al contrario, supera la soglia di allarme e si innamora: a quel punto, io credo, l’invenzione dell’amicizia di Lily assume in Severus una gradazione più seria e complessa e il ragazzo comincia a sentire che dentro di lui qualcosa è profondamente cambiato. Ma non ha il tempo per realizzare appieno la portata straordinaria e devastante di questo evento né di capire fin dove lo porterà, perché, al di là delle tante altre importanti motivazioni, Severus ha bisogno di sentirsi accettato, di sapere cosa sia il calore di una famiglia e quello degli amici prima di dedicarsi pienamente all’amore romantico. Ed è in Serpeverde e nei futuri Mangiamorte che prova inconsciamente a costruire questi legami, secondo me: Severus non conosce nient’altro oltre questo, e quando non conosci altro che quello che ti ha offerto una vita avara, come diceva giustamente Ikari qualche post fa, non puoi cogliere molte sfumature al di là del fatto di saper riconoscere che B è migliore di A, senza considerare nient’altro in mezzo.
Per Severus non c’è mai stato nient’altro, appunto, al di là del feroce maltrattamento in famiglia e a scuola: l’unico spiraglio per trovare l’accettazione che tanto gli manca gli viene offerto dai suoi compagni di casa e non occorre aspettare che si rechi con le sue gambe da Voldemort per capire che il giovane mago è già ben più che “segnato” prima ancora di farsi tatuare il Marchio Nero; è il ragazzo brutto, strano e antipatico, che viene preso di mira dalle fatture di James e Sirius solo “perché esiste” e vuole accedere a conoscenze proibite, quindi, tutto quello che Severus fa non è altro che decidere di rispondere al trattamento che riceve nel modo che gli altri ritengono consono, avvicinandosi cioè a coloro a cui tutti pensano che lui assomigli. E anche se questa scelta è compiuta per la disperazione dell’isolamento e per la rabbia di non essere amato né accolto da nessuno, anche se è il tragico approdo di una storia di sofferenze e solitudine, Severus, l’orgoglioso e volitivo Severus, non la lascia in mano ad altri e la prende “da solo”. Ancora una volta, non accetta che la sofferenza, esattamente come l’amore, implichino un abbandono all’altro o un umano cedimento. Vuole che la scelta di diventare un Mangiamorte sia solo sua, profondamente sua, e si rifiuta categoricamente di pensare che gli altri possano avere potere su di lui, che le sue ferite siano lo specchio della malvagità degli altri e non della propria. Ma il dolore è troppo intenso, le esperienze sempre desolanti e la sua giovane vita solo all’inizio, per poter arrivare a razionalizzare e pensare che non ci sia niente di sbagliato di sé, perciò Severus cresce convincendosi (e poi finisce per volere) che questo disastro dipenda sempre da lui, come in famiglia e a scuola lo hanno indotto a credere, che dipenda da qualcosa che non va in lui e in lui soltanto. Questo “qualcosa” deve pur stare da qualche parte e Severus, scava, scava, scava sempre più a fondo, fino ad affacciarsi sopra al baratro, come nella bellissima citazione proposta da Ale, e si convince così tanto di dover per forza trovare qualcosa di “marcio” che, diventando Mangiamorte, è come se dicesse: “Visto? Alla fine sono diventato proprio quello che credevate” (se non ricordo male, tra l’altro, qualcuna di voi mi ha preceduta dicendo proprio una cosa simile; in questo momento non ricordo esattamente chi, ma sono comunque d’accordissimo!). O meglio, si potrebbe dire cha ha voluto trovare il suo male, scavando con tanta energia che alla fine quel male lo ha costruito lui stesso con indomabile forza di volontà, un male ottenuto per contrasto con la disperazione. E di quel male Severus si ammanta, dietro la maschera d’argento dei Mangiamorte, manipolandolo con maestrìa e con determinazione, come se gli appartenesse da sempre, entrandoci in una scellerata sintonia e usandolo poi come scudo dietro il quale celare un vuoto troppo grande e un desiderio di amore e di tenerezza troppo profondi per poter anche solo essere sfiorati.
Ma lui non è come vuole sembrare, io credo. Lui è feroce con sé stesso e con gli altri perché la sua scelta lo inchioda, ma soffre e non vuole ammetterlo, perché ha riconosciuto l’essenza della propria vera fragilità, cioè il fatto di essersi lasciato convincere a specchiarsi nella malvagità altrui proiettata su di sé, si è lasciato persuadere di appartenerle, l’ha esplorata a fondo e minuziosamente come ha fatto con la Magia, e perversamente, forse, come con le Arti Oscure; ma ha scoperto a sue spese e ad un costo altissimo, che quella non è la sua natura, che non potrà mai essere la sua vita, che quelle idee e quei sentimenti non gli appartengono, e il pensiero oramai lo dilania. Ha capito, secondo me, che si era soltanto illuso di aver “scelto”, quando aveva accettato il Marchio, mentre in realtà aveva permesso all’ignoranza e alla meschinità degli altri di intervenire sull’immagine che stava forgiando di sé, aveva concesso loro di abusare dei suoi sentimenti, con una malvagità subdola che spesso non viene socialmente riconosciuta perché, come dice Lily parlando dei “dispetti” di James & Co., “non usano Magia Oscura”.
È atroce e insopportabile, per un uomo come Severus, pensare di essere stato lui stesso ad accettare di sembrare quello che non era, convincendosi, trasformando la scelta di altri nella sua, la volontà altrui in volontà propria e, soprattutto, finendo per trasformare il male che gli altri gli riversavano addosso nel proprio stesso male.
Alla fine, perciò, è per questo che, sempre a mio parere, anche da Mangiamorte è ben diverso dai suoi “colleghi”: si macchia e si danna in profondità come loro, è vero, ma prova un disgusto tale per sé stesso che deve aver accettato, proprio per questo motivo, di compiere con assoluto, cinico distacco e perfetta freddezza, gli incarichi peggiori e più inimmaginabili, lacerandosi l’anima senza pietà, più e più volte, fingendo che non gliene importasse nulla, ripetendosi di non poter meritare né perdono né amore; tanto che questo attacco che compie contro la sua anima è inversamente proporzionale alla preoccupazione che poi dimostra a Silente, proprio per quella stessa anima, quando il Preside gli chiede di ucciderlo.
A questo punto, però, accade una cosa straordinaria.
Proprio quando Severus comincia a provare vergogna e disprezzo per sé, cioè il disprezzo per non aver riconosciuto che la sua lunga sofferenza di bambino e ragazzo lo aveva costretto comunque ad abbandonarsi (suo malgrado) all’immagine di sé dipinta da altri, convincendosi di un male che non gli apparteneva, quel disprezzo, appunto, gli ricorda anche un altro tipo di abbandono che ha provato un tempo: l’amore per Lily. Un abbandono che era tutto suo, questa volta, e che era rimasto sospeso ed incompiuto perché forse, su quel sentimento ancora in boccio, avevano invece prevalso da un lato un suo bisogno di affetto più urgente per la famiglia e gli amici che non aveva mai avuto e dall’altro l’odio degli altri nei suoi confronti, che lo avevano portato dritto dritto alla perdizione.
Ma questa volta, Severus non sbaglia più: vuole di nuovo, fortissimamente, ancora per l’ennesima volta vuole con tutto sé stesso, ma stavolta sceglie un abbandono consapevole, un abbandono contrario al precedente; per la prima volta un abbandono all’amore, che non ha mai conosciuto. È una scelta che lo condannerà a soffrire ancora e forse più di quanto abbia mai provato fino ad allora, e Severus lo sa. Lo sa e lo accetta, perché è troppo grande quello che ha scoperto su sé stesso, perché non può e non deve mollare, ora che ha trovato la via.
Se prima aveva creduto sua una scelta malvagia che gli era costata l’anima, ora quell’anima può riscattarla con una scelta veramente sua, uguale e contraria e assolutamente perfetta, e la volontà incrollabile che lo ha accompagnato nell’errore si trasforma nel dovere del riscatto, per sé e per gli altri che d’ora in poi si assume il compito di proteggere.

Gli anni che passa al fianco del Preside, stando dalla parte “giusta”, invece di alleggerire il suo cuore, dicevo, lo gravano maggiormente, perché al segno indelebile delle cattiverie di cui Severus ha sofferto, incolpevole, durante la giovinezza, si è aggiunto il peso degli errori gravissimi di cui ha ben colpa e dei quali lui non si perdonerà mai, nonostante il coraggio di aver rinnegato quelle scelte disperate e folli, secondo me, proprio per tutti i motivi di cui ho parlato.
Così accade che anche l’amore di Silente, che deve aver voluto davvero bene a Severus, è un amore che nasce e si sviluppa quando c’è di mezzo il dovere verso la causa comune e, come se non bastasse, Severus è ulteriormente straziato e mortificato dalle colpe incancellabili del suo passato di Mangiamorte, così terribili e dolorose che annebbiano il suo giudizio sul sé stesso del presente, cosicché egli non può, o più probabilmente non vuole percepire, per non crollare, che, dopo la scossa di quel “mi disgusti” così duro, Albus non ha fatto in realtà altro che accrescere la propria stima, il proprio affetto e la propria considerazione, nei confronti di quel giovane uomo che ha visto evolvere, lottare e sacrificarsi con così tanta abnegazione sotto i suoi occhi.
Silente, che ha attraversato lui stesso gli abissi della tentazione e poi ha percorso il cammino opposto, riconosce a Severus di averlo nettamente superato sotto tutti i punti di vista e gli offre la sua fiducia completa, ma Severus, pur continuando a guadagnarsela pienamente, oncia ad oncia, ogni giorno, non ha mai la convinzione di meritarla per davvero.
Severus pensa e continua a pensare, anche dopo la Scelta di servire la causa, che nessuno possa mai provare un sentimento davvero profondo e sincero per lui, che nessuno si adopererà per capirlo, per difenderlo, per aiutarlo, perché le macchie che volevano far comparire sull’anima di quel bambino innocente con i vestiti male assortiti, ora sono comparse davvero, proprio a causa sua e queste, per un uomo con un tale rigore morale, acquistato a duro prezzo, appaiono incancellabili, qualsiasi cosa faccia. Nessuno avrebbe avuto mai più motivo di dirgli adesso quel “ti voglio bene” che non è mai arrivato in tutta la sua vita. E il fatto di non essere una macchina e di soffrire per questo, nello sforzo di fare ammenda, acuisce unicamente la sua volontà e il suo istinto di chiusura e di condanna di sé, impossibilitandolo non solo a ricevere dagli altri (ora che potrebbe), ma anche a manifestare i propri sentimenti e il suo umano desiderio di calore e di accettazione. Non riesce a chiedere da sempre, ma ad un certo punto si rifiuta proprio con orgoglio di farlo, perché il male che gli è stato inflitto (e che lui sa di aver inflitto) è troppo grande per le parole di un qualsiasi alfabeto umano.
D’altronde è stato sempre tanto forte, lucido e razionale nella Magia quanto vulnerabile nei sentimenti, un campo, quest’ultimo, che però Severus si sforza di conoscere partendo da zero e accetta per questo ogni prova, anche l’umiliazione di quel dialogo sulla collina con il Preside, per poter sapere cosa vuol dire vivere per amore. E alla fine anche lì, come nella Magia, diventa irraggiungibile ed insuperabile.
Certo, poi si barrica dietro una muraglia che impedisce agli altri di vedere la sua trasformazione o, per meglio dire, la sua riappropriazione di sé stesso, ma dentro c’è l’uomo che finalmente sta capendo la verità, lentamente, con un percorso pieno di tratti accidentati e sconnessi che dura tutta la vita e la sua risoluzione non ha mai un cedimento, io credo, proprio per questo: perché è mosso da una forza più potente di quella malvagia che aveva sperimentato in passato e perciò ha deciso di non perderla, ora che l’ha ritrovata, costi quel che costi.
È a quel punto che nasce il Severus di cui parla Ikari, con le splendide parole che ho citato all’inizio, tutte da assaporare. È il Severus che preferisce essere odiato perché l’affetto degli altri è immeritato e insopportabile, perciò (cito Ikari) “combatte in silenzio, ama in silenzio, vuole bene in silenzio, soltanto lui, ma non permette agli altri di volergli bene, perché potrebbe tutto esplodergli di nuovo tra le mani”.
Solo così Severus si sente al sicuro, solo così può evitare un coinvolgimento troppo diretto dei sentimenti, che lo costringerebbe alla resa incondizionata ad una vita che desidera disperatamente e che disperatamente ha meritato.

La grandezza di Severus è proprio lì, nel percorso che lo conduce a volere questa scelta, credo io, volere con tutto sé stesso qualcosa che non ha mai avuto ma che impara a dare, un dare di cui comunque sente che non può più fare a meno; un bene e un amore che non hanno mai veramente addolcito la sua vita in senso proprio, che lui ha visto sempre distorcersi o finire nell’equivoco e nella delusione e che, anche adesso, lui non cerca per sé, ma riesce a realizzare per gli altri, in qualche modo andando oltre, conferendo loro la più nobile accezione.
Quando prende il proprio coraggio a piene mani e compie quella che io chiamo la Scelta, con la maiuscola, di andare a chiedere l’aiuto di Silente, realizza l’atto più umile e insieme più straordinario che si possa immaginare per un uomo dotato del suo orgoglio e della sua volontà e che denota nettamente quale sia la portata della trasformazione rispetto a ciò che il tempo da Mangiamorte gli ha lasciato in eredità e impresso in modo ben più duro ed evidente del Marchio Nero.
Ecco perché, in quel gesto di Severus che va a parlare con Silente sulla collina, c'è qualcosa di commovente, qualcosa che va al di là dell’umano: c’è un ragazzo di vent’anni che non ha mai conosciuto la stima e il rispetto altrui, nessuno si è mai fidato di lui, non ha avuto amici, non ha mai sentito accanto a sé il calore di un gruppo o di qualcuno che lo considerasse degno di contare qualcosa, e in più ora viene a implorare la salvezza della donna che ama e la cui vita ha messo in pericolo per aver incautamente riferito la metà di una profezia al suo Oscuro Signore. Va da Silente con qualcosa di più del Marchio sotto la manica: va con il peso del rimorso per le colpe di cui si è macchiato e dei rimpianti per quello che avrebbe dovuto fare prima e non ha fatto, quello che avrebbe dovuto capire e non ha capito, la rabbia per essersi permesso di cedere alla facile lusinga del proprio dolore e al corteggiamento di quel sapere magico che Voldemort prometteva, accettando di diventare quello che l’odio altrui lo aveva condannato a fingere di essere per davvero, fino ad assumersi volontariamente la piena colpevolezza.
Il fatto che scelga di fidarsi del tutto di Silente, dunque, è straziante letto in quest’ottica, sapendo tutto quello che c’è dietro: è Severus a donare per primo quello di cui invece ha estremo bisogno. Si abbandona nelle mani del Preside, nonostante la concreta possibilità che questi possa legittimamente decidere di non fidarsi di lui, fare buon viso a cattivo gioco, considerarlo ancora un Mangiamorte al servizio del suo Signore e pensare che la patetica storia dell'amore per Lily sia solo una trappola ben congegnata. Ma Severus corre il rischio e lo fa.
Per la prima volta nella sua vita compie una Scelta (e un atto conseguente) coerenti con sé stesso, con quello che prova, con sincerità e senza maschere, tanto che non fa una piega quando Silente gli dice: “Tu mi disgusti”. Accetta quella parola che è come un artiglio con il quale lui stesso, ininterrottamente, si lacera l’animo, e non replica, anzi, (vado a memoria) “parve rimpicciolire”, mostrando piuttosto un moto di umana e onesta vergogna.
Più avanti, quando il Preside gli chiede “E tu cosa mi darai in cambio, Severus?”, prima ancora di udire la magnifica risposta, leggiamo un inserto di pottervisione che è lì ormai solo per sottolineare ulteriormente la grandezza del personaggio: la Rowling scrive infatti che, alla domanda di Silente, Harry si aspettava che [Severus] protestasse, ma poi, dopo un lungo istante, arriva quell’anything. La sonora smentita di quel che ci saremmo attesi, avendolo conosciuto per tutta la storia come un personaggio cinico e sprezzante: invece qui è profondamente, veramente Severus, nella purezza del proprio amore, nella vastità angosciante della propria disperazione e nella forza sovrumana della sua volontà, fatta preciso, irrinunciabile dovere.
Non gli importa più di rischiare per sé, non ha importanza la sua vita; tutto quello che conta è fare la cosa giusta che sente che trascinerà la sua anima fuori dal baratro, e il motore di questa cosa si chiama Lily; alla morte di Lily si chiamerà Harry e forse, più o meno quando Silente gli rivela che il ragazzo deve morire, Severus accetta che “dopo” Harry ci sia il Mondo Magico. C’è la sconfitta di Voldemort, perché la minaccia venga neutralizzata e l’equilibrio ristabilito.
Insomma, c’è sempre un “dopo” a cui Severus guarda. È distrutto e sofferente, straziato dalla solitudine e dal dolore, ma vede sempre, sempre, sempre un “dopo”. Forse, nella parte più profonda e nascosta di sé, desidera quel “dopo” proprio per quel figlio che non ha avuto da Lily, ma oltre a quel figlio ci sono “quelli che non ha potuto salvare” e quelli che, invece, ha salvato. O ci ha provato, come accade con Draco. Sta di fatto che vive per costruire un “dopo” che forse non vedrà: è troppo intelligente e scaltro per non capire che il suo doppio gioco, alla resa dei conti, potrebbe causare la sua morte, ma se la speranza di salvarsi ci sia oppure no, non conta più. Lui ha superato sé stesso, ha superato i sentimenti che l’hanno condotto fra i Mangiamorte, pur accettando di convivere con le colpe e soprattutto con il disprezzo di sé che, invece, insieme all’amore, lo ha tirato fuori da quel tunnel. Ha messo da parte perfino l’amore per Lily ed Harry che, rispettivamente, ha già perso e sta per perdere.
Ora è rimasta la causa e ciò per cui tutto è stato sacrificato. È rimasto il bene di tutti e un amore esteso ben al di là di quanto si potesse immaginare. Non a caso, Severus passa da Lily, ad Harry, a Silente, a Draco, all’intera Hogwarts, stendendosi come un manto protettivo su tutti: pian piano, dalla propria tragedia personale, si innalza e si supera.
Ecco: il senso, per me, è tutto lì.
 
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CITAZIONE (Minervina @ 15/6/2014, 12:32) 
Severus, del resto, sa come convincere; il Principe nascosto dietro il brutto anatroccolo emerge lentamente ed inesorabilmente dalle pagine. Limpido e intenso, fragile e potente. È un uomo la cui imperfezione e umanità, unite al carattere e allo sterminato talento, lo rendono uno strumento perfetto, l’accordo necessario di tutte le qualità e dei difetti necessari al compimento di qualcosa di così sublime da credere quasi impossibile per un essere umano.
Ecco perché è difficile parlare di Severus.
Perché la sua è una storia d’amore, a tutti gli effetti, la storia di un uomo che impara a sentire e ad agire nuovamente e che pure vive tra le nebbie dell’incomprensione e dell’equivoco del passato, oscillando tra il disprezzo e la condanna da parte degli altri e, ancor più, di sé stesso, mentre raggiunge e supera in silenzio le vette di un'incomparabile grandezza umana.


[...]

invece qui è profondamente, veramente Severus, nella purezza del proprio amore, nella vastità angosciante della propria disperazione e nella forza sovrumana della sua volontà, fatta preciso, irrinunciabile dovere.
Non gli importa più di rischiare per sé, non ha importanza la sua vita; tutto quello che conta è fare la cosa giusta che sente che trascinerà la sua anima fuori dal baratro, e il motore di questa cosa si chiama Lily; alla morte di Lily si chiamerà Harry e forse, più o meno quando Silente gli rivela che il ragazzo deve morire, Severus accetta che “dopo” Harry ci sia il Mondo Magico. C’è la sconfitta di Voldemort, perché la minaccia venga neutralizzata e l’equilibrio ristabilito.
Insomma, c’è sempre un “dopo” a cui Severus guarda. È distrutto e sofferente, straziato dalla solitudine e dal dolore, ma vede sempre, sempre, sempre un “dopo”. Forse, nella parte più profonda e nascosta di sé, desidera quel “dopo” proprio per quel figlio che non ha avuto da Lily, ma oltre a quel figlio ci sono “quelli che non ha potuto salvare” e quelli che, invece, ha salvato. O ci ha provato, come accade con Draco. Sta di fatto che vive per costruire un “dopo” che forse non vedrà: è troppo intelligente e scaltro per non capire che il suo doppio gioco, alla resa dei conti, potrebbe causare la sua morte, ma se la speranza di salvarsi ci sia oppure no, non conta più. Lui ha superato sé stesso, ha superato i sentimenti che l’hanno condotto fra i Mangiamorte, pur accettando di convivere con le colpe e soprattutto con il disprezzo di sé che, invece, insieme all’amore, lo ha tirato fuori da quel tunnel. Ha messo da parte perfino l’amore per Lily ed Harry che, rispettivamente, ha già perso e sta per perdere.
Ora è rimasta la causa e ciò per cui tutto è stato sacrificato. È rimasto il bene di tutti e un amore esteso ben al di là di quanto si potesse immaginare. Non a caso, Severus passa da Lily, ad Harry, a Silente, a Draco, all’intera Hogwarts, stendendosi come un manto protettivo su tutti: pian piano, dalla propria tragedia personale, si innalza e si supera.

:Streghetta: :Streghetta: :Streghetta:
Con te le mie strghette si sprecano: te le ho assegnate nell'altra discussione e ovviamente le riporto anche qui.
Che la pensiamo in modo molto simile su Severus ormai lo sappiamo benissimo, ma l'immagine di Severus che comem un manto protettivo si stende sull'intera Hogwarts (ma sul mondo magico stesso) è davvero sublime, da nodo alla gola (tu ancora non sai nulla del mio "nodo alla gola" ma presto ne scoprirai il significato), proprio da lacrime.

Grazie per il tuo lungo messaggio... e continua pure! :)
 
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view post Posted on 15/6/2014, 16:54
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Qualche riga di commento che continuerò in seguito.
Ma quanto scrivi! (e meno male, continua così)

CITAZIONE
Questa fiducia, questo abbandono e questa offerta all’altro, però, sono cose che una persona ferita dalla mancanza (o dalla distorsione) d’amore non può conoscere, né esercitare a sua volta, né può tantomeno accettare il rischio della sofferenza quando, proprio nel momento in cui doveva imparare ad aprirsi, è stata ricacciata con violenza dentro il proprio guscio ed ha appreso, a sue spese, che abbandonarsi è sciocco e pericoloso, e che può tradire e fare molto male.
Una persona così ferita, anche se desidera con tutto il cuore quello che desiderano tutti, non accetta di cedere, di abbandonarsi, di affidarsi; ne ha paura.
[….]
Del resto, tutto, ma proprio tutto nella sua vita non gli è stato mai regalato (come si regala l’amore) bensì è stato sempre duramente guadagnato con l’impegno o con la sofferenza, nel bene o nel male, a colpi di sudore e sangue.

Tra le ragioni che mi hanno spinto ad apprezzare e amare Severus sicuramente questa è quella che mi tocca di più, il suo carattere naturalmente schivo ed introverso è stato mutilato ulteriormente, tanto da non fidarsi più nemmeno di chi forse avrebbe potuto aiutarlo e strapparlo dalla solitudine.
Ho cercato a volte di immaginare perché Silente non sia stato più “educatore” nell’accezione più alta del termine, quando era il momento. In fondo anche la storia dello scherzo di Black non ha consentito che Severus si fidasse di Silente. Silente, pronto a coprire le colpe dei due sciocchi a spese di Severus, che non ha visto un giusto comportamento nei suoi confronti e si sarà sentito ancora più respinto, convincendosi che il mondo non è giusto e c’è sempre qualcuno pronto a ricordartelo.

L’ultima frase è da applausi, sì nessuno ti regala niente a questo mondo e Severus ne è la prova “vivente”, a lui, per iperbole, nemmeno il latte da piccolo è stato donato…

CITAZIONE
Più va avanti, più procede a grandi passi nella conoscenza, e più continua la sua personale, intimidita ma furiosa, ricerca d’amore e di rispetto, a colpi di “dimostrazioni” scientifiche della propria superiorità, per essere almeno oggetto dell’attenzione altrui e non solo il bersaglio del dileggio o dell’indifferenza. Cerca l’amore attraverso un esercizio spasmodico di volontà e di raziocinio, proprio in virtù, secondo me, della distorsione che l’originaria mancanza di amore incondizionato ha imposto alla sua visione del mondo: non si può ricevere mai nulla in dono, ma solo ottenere e, per ottenere, bisogna impegnarsi e per impegnarsi bisogna volerlo e poi imporselo come dovere. A causa della ferita irrimediabile dell’infanzia, l’amore Severus lo insegue per vie anomale, finendo spesso per “inventarlo” lui stesso.
Così vagheggia il riscatto ad Hogwarts, nel Mondo della Magia, che si rivela un fiasco per via dei suoi altezzosi e irrispettosi compagni; così immagina di trovare una famiglia nella casa Serpeverde e una “fratellanza” con i compagni, futuri Mangiamorte, l’unica cosa più simile ad un “gruppo di pari” che lui abbia mai conosciuto; così inventa anche l’amicizia con Lily che, a mio parere, non può essere nemmeno individuata come tale. Le strade di Severus e Lily, infatti, per come la vedo io, sono drammaticamente divise fin dall’inizio, ben prima dell’episodio dell’insulto.

La ragazza non prova niente di più, secondo me, che un blando affetto per quello che è rimasto, a conti fatti, solo un compagno di giochi e di scuola e che lei, forse per la propria inesperienza, per la giovane età e per la paura delle sue (di lui) frequentazioni, lascia infine in balìa del suo destino.

Chi da ragazzino non ha amato l’amore? Nel senso che non si ama una specifica persona, ma ci si innamora di un’avatar, di un’immagine, di qualcuno che neanche si conosce… si ama l’amore.
Severus non aveva tanta scelta o Lily o Lily, cioè l’unica persona che in qualche modo lo ha coinvolto e con cui lui è riuscito a parlare o meglio a comunicare. Cosa assai difficile per una persona caratterialmente chiusa come Severus.

Non credo che Lily avesse paura delle sue frequentazioni, in realtà è solo una bambinetta poco matura e stufa del giocattolo che ormai è rotto e fastidioso. Non le serve più e si può buttare.
Questo alimenta e peggiora la solitudine e l’estraneità di Severus dal mondo dei suoi coetanei . E’ la sindrome di chi è escluso dal gruppo, dalla “compagnia”, sbeffeggiato e preso in giro.
Questo fa male, male davvero. Lo so per antica esperienza diretta.
(continua)
 
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Minervina
view post Posted on 22/6/2014, 19:21




CITAZIONE (chiara53 @ 15/6/2014, 17:54) 
Tra le ragioni che mi hanno spinto ad apprezzare e amare Severus sicuramente questa è quella che mi tocca di più, il suo carattere naturalmente schivo ed introverso è stato mutilato ulteriormente, tanto da non fidarsi più nemmeno di chi forse avrebbe potuto aiutarlo e strapparlo dalla solitudine.
Ho cercato a volte di immaginare perché Silente non sia stato più “educatore” nell’accezione più alta del termine, quando era il momento. In fondo anche la storia dello scherzo di Black non ha consentito che Severus si fidasse di Silente. Silente, pronto a coprire le colpe dei due sciocchi a spese di Severus, che non ha visto un giusto comportamento nei suoi confronti e si sarà sentito ancora più respinto, convincendosi che il mondo non è giusto e c’è sempre qualcuno pronto a ricordartelo.

Sono d’accordo con te.
La questione dei Malandrini è così importante e centrale da discutere, che ci sarebbe da scrivere un libro al riguardo.
In buona sostanza sì, è vero, anch’io mi sono sempre chiesta come mai James e compagni non avessero subito punizioni un po’ più sostanziose da parte dei docenti; proprio loro, che avrebbero meritato davvero, in molti casi, l’espulsione che Severus minaccia di infliggere ad Harry e non attua mai. Oltretutto i Malandrini sono spesso ricordati come i classici “bravi ragazzi”, magari un po’ vivaci, ma pur sempre dei bravi ragazzi e questo fatto ha qualcosa di inquietante. Io non me lo spiego. In pratica, citando Lily, come ho fatto nel post d’apertura, gli “scherzi” dei Malandrini vengono considerati scemenze di gioventù solo perché “non usano Magia Oscura".
Ma insomma, dico io, nessuno riesce a sottolineare il fatto che il modo di divertirsi dei suddetti bravi ragazzi è “oscuro” anche senza bisogno di dargli l’etichetta ufficiale e senza bisogno di scomodare le Arti apposite? Questo è un dato che mi ha sempre fatto riflettere e che, come ho detto e ripeto, trovo proprio sconcertante.
L’unica scusante che mi viene in mente (anche se solo ed esclusivamente letteraria!) può essere quella che, rimarcando così a fondo e con così tanto sadismo la solitudine di Severus, isolato dai compagni e anche dagli insegnanti, la Rowling volesse mostrarcelo come ancor più reietto di quanto già non fosse apparso ai lettori: ecco, questo è il solo modo in cui posso sforzarmi di arrivare ad accettare una scelta del genere, pur senza giustificarla affatto.
Del resto, come dicevo nell’altra discussione, Severus è più volte sfuggito di mano all’autrice che, secondo me, in alcuni casi, per calcare la mano (come se non bastasse!), l’ha fatto addirittura andare fuori dal confine della sgradevolezza caratteriale venando i suoi comportamenti di caratteristiche malvagie che, a mio avviso, nel suo nuovo “presente” (quello dei libri, quando è già al fianco di Silente), non gli appartengono più. Nello stesso modo deve aver voluto calcare (troppo, io credo) anche sul contesto che lo circondava, rendendo quest’ultimo ancor più ostile e lasciando impuniti i suoi torturatori, sempre ai fini della costruzione di un’immagine deprimente (oltre che bastevolmente antipatica) del personaggio. Salvo il piccolo particolare che molti lettori se ne sono innamorati anche (o proprio) per questo.
Un Severus difeso e compreso, anche se solo dagli insegnanti, la Rowling deve averlo voluto escludere del tutto dal panorama della descrizione del personaggio: lui doveva apparire in tutto e per tutto sofferente. Esattamente come avete sottolineato nell’altra discussione: spietata fino in fondo, l’autrice non ha mollato un attimo la presa sul dolore di Severus. Forse allo scopo di renderci più drammatica la scoperta della verità? Forse allo scopo di costruire maggiore empatia con lui? Forse sì, io non mi sento di escluderlo. Del resto è stato proprio il fatto di aver intuito il suo tormento e la sua sofferenza, celata dietro quel velo (apparentemente) impenetrabile, a farmelo amare.
Resta il fatto grave, però, che nel libro colpe e colpevoli dei soprusi nei confronti di Severus restano impuniti e perfino la memoria di quegli spiacevoli episodi non intacca le belle persone che sono considerate da tutti. Per carità, non dico che non abbiano passato anche loro la fase “idiota” della vita, ma qui siamo ben oltre l’idiozia: siamo proprio all’abuso e alla cattiveria e non si può dare alcuna scusante, con buona pace del “non ne vado fiero” di Sirius.

CITAZIONE (chiara53 @ 15/6/2014, 17:54) 
Chi da ragazzino non ha amato l’amore? Nel senso che non si ama una specifica persona, ma ci si innamora di un’avatar, di un’immagine, di qualcuno che neanche si conosce... si ama l’amore.
Severus non aveva tanta scelta o Lily o Lily, cioè l’unica persona che in qualche modo lo ha coinvolto e con cui lui è riuscito a parlare o meglio a comunicare. Cosa assai difficile per una persona caratterialmente chiusa come Severus.
Non credo che Lily avesse paura delle sue frequentazioni, in realtà è solo una bambinetta poco matura e stufa del giocattolo che ormai è rotto e fastidioso. Non le serve più e si può buttare.
Questo alimenta e peggiora la solitudine e l’estraneità di Severus dal mondo dei suoi coetanei . E’ la sindrome di chi è escluso dal gruppo, dalla “compagnia”, sbeffeggiato e preso in giro.
Questo fa male, male davvero. Lo so per antica esperienza diretta.

Io ammetto di non aver provato mai direttamente cosa volesse dire sentirsi esclusi e rifiutati dal gruppo dei coetanei, forse perché ero io a tenermi molto distante, ma ne vedo gli effetti comunque per esperienza indiretta e sono disastrosi.
Con particolare riferimento alle parole che ho messo in grassetto, aggiungo un’ulteriore riflessione su Lily.
Lily è un personaggio che compare molto poco tra le pagine e che svolge però una parte quasi fondamentale, almeno in qualità di motore per la storia del “bambino sopravvissuto” e per i sentimenti di Severus stesso.
Talvolta, nelle mie riflessioni, mi accorgo di accostarla involontariamente a Draco; nel senso che entrambi, per motivi diversi e con vicende individuali totalmente diverse, mi paiono due esempi di persone piuttosto normali, in fondo non “cattive”, ma indebolite e/o influenzate da contesti particolari e/o difficili, che alla fine fanno figure meschine perché si dimostrano, in sostanza, deboli e incerte davanti alle decisioni giuste e coraggiose (ma spesso scomode) a causa della propria formazione, della propria immaturità e delle proprie esperienze, positive o negative che siano.
Io mi sono interrogata molto su di loro, su questo tipo di personaggio (e di persona) intendo dire, e mi verrebbe più semplice accostarli al contesto di un’educazione storta, fatta di disvalori, come quella che fa da sfondo a Draco, mentre è più critico e anche pericoloso pensare che essere stati troppo amati e coccolati (come Lily) possa portare qualcuno a manifestare comportamenti tanto immaturi, che denotano talvolta mancanza di capacità di comprendere l’altro e/o mancanza di nerbo per prendere le decisioni mature e responsabili che ci si aspetta da una persona adulta.
Lungi da me affermare una cosa del genere: essere amati e amare a propria volta è un dono meraviglioso e non impedisce affatto né di comprendere la sofferenza altrui e di parteciparvi pienamente né di scegliere quel che è giusto, anzi, l’amore ricevuto e ricambiato esalta le qualità migliori della persona e la può trasformare in una corda ancor più sensibile alle vibrazioni degli altri. No, non sono tra coloro che pensano che si impara solo soffrendo. Assolutamente no, sarebbe sbagliato e riduttivo.
Il fatto è che, secondo me, quando si è molto amati (esattamente come quando si è amati troppo poco), ci si trova in una situazione “estrema” (passami di nuovo il termine), vale a dire una situazione nella quale si conoscono di meno le sfumature intermedie e si deve fare uno sforzo costante per uscire dal proprio guscio ed affrontare la varietà di condizioni e di esperienze esterne da sé, che spesso sono poi molto diverse dalle proprie. Ne consegue che, talvolta, si finisce per temere quello che non si conosce e, con esso, tutte le piccole e grandi “rettifiche” che potrebbero rendersi necessarie per poterlo accogliere. Si può avere, insomma, una situazione del genere: chi non è amato, da un lato, ha timore di aprirsi e di abbandonarsi (oppure lo fa in modo sbilenco), mentre dall’altro lato, chi è molto amato ha una gran paura della destabilizzazione, di incrinare il proprio equilibrio avvicinandosi a contesti dolorosi e troppo ingarbugliati per le “abitudini emotive” che gli sono consuete.
Una persona tanto amata, infatti, si presume che conosca in prevalenza un mondo in cui tutto è stato regolato principalmente nella serenità e nella comprensione reciproca, un contesto in cui magari i genitori e la famiglia sono affettuosi, gli amici calorosi, gli insegnanti orgogliosi e tutto tira avanti a gonfie vele: il contatto con qualcuno che porta scompiglio e disagio e che mette in discussione la “giustezza” del mondo, può essere vissuto come un fastidio e poi ancora come una minaccia.
Certo, io sto parlando chiaramente solo in termini di componenti “dominanti” della vita, non di tratti assoluti; vale a dire che è ovvio che anche chi è molto amato conoscerà in qualche modo la sofferenza, come chi non è amato affatto conoscerà in parte la gioia. Resta però il fatto che, secondo me, quando si pende troppo da una delle due parti, si finisce per avere marcate difficoltà nel “contattare” e “relazionarsi” con l’altra e la letteratura tende spesso a costruire scenari in bianco e nero di questo tipo (anche se la Rowling, va detto, è stata molto brava a raccontarci anche le sfumature in mezzo). Ecco, nel “caso” di Lily e Severus, io ci vedo un po’ questa semplificazione/estremizzazione, che ha condotto infine alla ben nota porta sbattuta in faccia.
Questo per dire soltanto che, in certi momenti, fatta salva l’obbligatoria e sentitissima condanna del comportamento di Lily, non nascondo che mi capita di trovare grande difficoltà a biasimare senza appello, in quel contesto, un’immatura ragazzina di quindici anni molto amata che non ha ancora imparato ad amare abbastanza a sua volta (indubbiamente fallisce con Severus, ma imparerà, sacrificandosi per il figlio Harry) e che si allontana colpevolmente da un “amico” in grado di smontarle le certezze e in procinto di coinvolgerla in una maturazione più profonda.
Non giustifico nulla, lo ripeto, d’altronde è Severus che ne ha fatto le spese: provo solo a mettermi nei panni e ad indagare meglio un comportamento che mi pare, fra tutti, uno di quelli più controversi e anche dei più realistici, umanamente parlando, nonché forse più interessante da discutere, proprio per i dilemmi che pone.
 
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view post Posted on 24/6/2014, 16:42
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CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Oltretutto i Malandrini sono spesso ricordati come i classici “bravi ragazzi”, magari un po’ vivaci, ma pur sempre dei bravi ragazzi e questo fatto ha qualcosa di inquietante. Io non me lo spiego. In pratica, citando Lily, come ho fatto nel post d’apertura, gli “scherzi” dei Malandrini vengono considerati scemenze di gioventù solo perché “non usano Magia Oscura".
Ma insomma, dico io, nessuno riesce a sottolineare il fatto che il modo di divertirsi dei suddetti bravi ragazzi è “oscuro” anche senza bisogno di dargli l’etichetta ufficiale e senza bisogno di scomodare le Arti apposite? Questo è un dato che mi ha sempre fatto riflettere e che, come ho detto e ripeto, trovo proprio sconcertante.

Concordo: inquietante e sconcertante sono due aggettivi più che appropriati alla tematica.
Quasi ammazzano un compagno di scuola, ma, suvvia, in fondo sono dei bravi ragazzi! E chi ci va di mezzo? La vittima che deve pure tacere. Ma ve la immaginate la rabbia feroce di Severus dopo aver capito che ha rischiato di morire???

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
L’unica scusante che mi viene in mente (anche se solo ed esclusivamente letteraria!) può essere quella che, rimarcando così a fondo e con così tanto sadismo la solitudine di Severus, isolato dai compagni e anche dagli insegnanti, la Rowling volesse mostrarcelo come ancor più reietto di quanto già non fosse apparso ai lettori
[...]
Nello stesso modo deve aver voluto calcare (troppo, io credo) anche sul contesto che lo circondava, rendendo quest’ultimo ancor più ostile e lasciando impuniti i suoi torturatori, sempre ai fini della costruzione di un’immagine deprimente (oltre che bastevolmente antipatica) del personaggio. Salvo il piccolo particolare che molti lettori se ne sono innamorati anche (o proprio) per questo.

Hihihi... in effetti la Rowling ha sbagliato assai assai i suoi conti su Severus...

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Un Severus difeso e compreso, anche se solo dagli insegnanti, la Rowling deve averlo voluto escludere del tutto dal panorama della descrizione del personaggio: lui doveva apparire in tutto e per tutto sofferente. Esattamente come avete sottolineato nell’altra discussione: spietata fino in fondo, l’autrice non ha mollato un attimo la presa sul dolore di Severus. Forse allo scopo di renderci più drammatica la scoperta della verità? Forse allo scopo di costruire maggiore empatia con lui? Forse sì, io non mi sento di escluderlo. Del resto è stato proprio il fatto di aver intuito il suo tormento e la sua sofferenza, celata dietro quel velo (apparentemente) impenetrabile, a farmelo amare.

Sì, io credo che, dal punto di vista letterario, la Rowling abbia fatto di tutto, anche in maniera scorretta nei confronti del personaggio, per fare apparire Severus sgradevole, antipatico e addirittura odioso. Gli ha aizzato contro i lettori, al solo scopo, secondo me, di ottenere un'enorme risposta emotiva quando poi avrebbe scoperto l'asso nella manica dimostrando che il tanto odiato Severus, forse, non era proprio così odioso come sembrava...

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Resta il fatto grave, però, che nel libro colpe e colpevoli dei soprusi nei confronti di Severus restano impuniti e perfino la memoria di quegli spiacevoli episodi non intacca le belle persone che sono considerate da tutti. Per carità, non dico che non abbiano passato anche loro la fase “idiota” della vita, ma qui siamo ben oltre l’idiozia: siamo proprio all’abuso e alla cattiveria e non si può dare alcuna scusante, con buona pace del “non ne vado fiero” di Sirius.

Ovviamente concordo in pieno, come tutti, del resto, salvo qualche fanatico ammiratore dei Malandrini che proprio non riesce a vedere macchie scure nei suoi eroi.

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Con particolare riferimento alle parole che ho messo in grassetto, aggiungo un’ulteriore riflessione su Lily.

Su questa ci torno in seguito, perchè è una cosa interessante a cui non avevo mai pensato.
Valuto anche se è il caso di spostare QUI altri commenti sul tema.
 
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view post Posted on 29/6/2014, 15:38
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CITAZIONE (Ida59 @ 24/6/2014, 17:42) 

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Con particolare riferimento alle parole che ho messo in grassetto, aggiungo un’ulteriore riflessione su Lily.

Su questa ci torno in seguito, perchè è una cosa interessante a cui non avevo mai pensato.
Valuto anche se è il caso di spostare QUI altri commenti sul tema.

Quando hai tempo dai un'occhiata alla discussione che ti ho segnalato qui sopra: credo sia adatta per copia/incollare anche là la parte del tuo messaggio su Lily e continuare poi là la discussione, se ti va.
 
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Minervina
view post Posted on 29/6/2014, 16:05




CITAZIONE (Ida59 @ 29/6/2014, 16:38) 
CITAZIONE (Ida59 @ 24/6/2014, 17:42) 

CITAZIONE (Minervina @ 22/6/2014, 20:21) 
Con particolare riferimento alle parole che ho messo in grassetto, aggiungo un’ulteriore riflessione su Lily.

Su questa ci torno in seguito, perchè è una cosa interessante a cui non avevo mai pensato.
Valuto anche se è il caso di spostare QUI altri commenti sul tema.

Quando hai tempo dai un'occhiata alla discussione che ti ho segnalato qui sopra: credo sia adatta per copia/incollare anche là la parte del tuo messaggio su Lily e continuare poi là la discussione, se ti va.

D'accordo, grazie mille: aspettavo infatti un tuo cenno, come mi avevi scritto.
Vado subito a dare un'occhiata alla discussione anche perché direi che, sì, vale proprio la pena proseguire il discorso su Lily.
 
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6 replies since 15/6/2014, 11:32   164 views
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