Saaaaaaalve!
Allora, eccomi di nuovo qui con un altro capitoletto al volo. Spero che vi piaccia, anche se forse non è proprio ciò che qualcuno (chi sarà? Elly?) si sarebbe aspettato. Io invece aspetto... commenti e/o critiche, fate voi.
12. Non è poi così semplice come sembraHermione ritornò nella stanza sfregandosi gli occhi. Aveva approfittato per cambiarsi, ed ora indossava una vestaglia rosa, sotto la quale si vedeva l’orlo di una camicia da notte gaiamente colorata… ma camminava a piedi nudi sul folto tappeto che ricopriva il pavimento.
Sentendosi improvvisamente la lingua secca, Severus distolse immediatamente lo sguardo da quella visione. Immagini di ogni tipo gli si stavano affollando nella mente, e lui le scacciò risolutamente. Andiamo! Un’ex-allieva! Un’ex-allieva… che però era diventata una donna decisamente interessante… ma sempre un’ex-allieva. L’aveva conosciuta che aveva dodici anni e i denti da coniglietto…
Ignara del tumulto che stava scatenando, l’ex-allieva in questione si avvicinò a Severus e gli sorrise amichevolmente.
“Come va?” chiese. “Stanco, vero? Adesso ti preparo il letto.”
Per un attimo, Severus fu sul punto di chiederle, “Perché, non posso usare il tuo?” ma poi si morse la lingua e si costrinse a rispondere seccamente, “Vedi di far presto, Granger!”
Lei lo guardò perplessa e rispose con uno sbadiglio, “Abbiamo sonno, eh? Ma non c’è bisogno di essere sgarbati! Se non fosse per me, dove saresti adesso?”
“Nel mio letto e nella mia stanza, Granger. E soprattutto, avrei la mia normale statura,” ribattè cupamente lui (
e non starei perdendo la mia salute mentale, aggiunse poi, facendo ben attenzione a non farsi sentire).
“Va bene, va bene, è sempre colpa mia,” la ragazza mormorò con calma. Quindi si mise a frugare sistematicamente nel cassetto del comò, finchè ad un certo punto si illuminò e tirò fuori un blocco di classici fazzoletti di carta, di quelli chiusi nel cartone col taglio in mezzo per facilitarne l’estrazione.
“Sapevo di averne ancora una scatola,” dichiarò soddisfatta e appoggiò la confezione sulla scrivania. Poi, con un guizzo rapido della bacchetta, trasfigurò il tutto, trasformandolo in un minuscolo letto a baldacchino, gonfio di materassi e coperte rigorosamente bianchi.
“Il suo letto, signore,” disse Hermione, accennando un inchino divertito allo stupitissimo Snape. Quindi si fermò per considerare il mago con sguardo critico. “In effetti, pensandoci meglio, avrai bisogno anche di pigiama, spazzolino, dentifricio…”
“Come no,” ironizzò lui. “Stai giocando al guardaroba delle bambole, Granger?”
“Spiritoso,” bofonchiò lei. “Lasciami pensare…”
“C’è poco da pensare,” borbottò Snape, sentendosi molto infelice per tutte quelle fantasie che continuavano a girargli per la mente, minando la sua resistenza. “Sarei dovuto tornare nelle mie stanze.”
Hermione si girò e gli fece la linguaccia.
“Guarda che l’hai deciso tu!” ribattè piccata e aggiunse subito, “Non penserai che da solo te la saresti passata meglio, vero?”
Per la seconda volta, Snape fu tentato di risponderle con qualcosa di provocatorio, anzi di provocante, ma si trattenne all’ultimo minuto. A cosa sarebbe servito? Ormai era lì e doveva cercare di sopravvivere fino a quando il potere della pozione sarebbe svanito. E quando sarebbe successo? Non ne aveva proprio idea, ma temeva purtroppo che ci sarebbe voluto molto tempo, se aveva capito il meccanismo con cui agiva l’incantesimo.
Intanto Hermione era rientrata in bagno, aveva trafficato per un po’ e poi era ricomparsa esclamando, “Se sei abbastanza veloce, ce la posso fare.”
“Fare cosa?” si preoccupò lui.
“Ridimensionare il bagno alle tue misure. Diciamo che posso reggere per una decina di minuti. Ti bastano?”
“Certo,” rispose Severus con un ghignetto ironico. Davvero si aspettava che lui le credesse? Ma senza dargli tempo di discutere ulteriormente, Hermione lo prese e lo portò davanti alla porta aperta del bagno, depositandolo gentilmente a terra. Poi, la ragazza si concentrò e Severus vide con stupore tutto l’arredamento del bagno ridursi a dimensioni microscopiche.
“Ci sarà un po’ da correre,” ansimò lei, arrossata in viso per la fatica, mentre considerava gli spazi giganteschi tra i servizi, che spiccavano lucidi sulle piastrelle enormi. “Ti ho preparato spazzolino e asciugamani puliti. Spicciati!”
Snape la guardò a bocca aperta, poi entrò nella stanza ed Hermione chiuse la porta alle sue spalle.
La ragazza strinse i pugni. L’incantesimo richiedeva una padronanza perfetta ed un controllo continuo per evitare che la tensione a cui era sottoposto ogni oggetto si allentasse. Ma era maledettamente difficile da mantenere, e dopo un po’, cominciò a mordersi le labbra per non perdere la concentrazione.
“Spicciati, spicciati, spicciati…” ripeteva come un mantra finchè la tensione si fece insopportabile, e con un piccolo grido, la ragazza cedette.
Un altro grido le fece eco; atterrita, Hermione si precipitò nel bagno tornato di nuovo normale, giusto in tempo per vedere Snape, in calzoni e camicia ovviamente neri, oscillare aggrappato pericolosamente al bordo di un lavabo grande come un lago. Lo afferrò appena in tempo per evitargli una caduta fuori programma e lo posò nel palmo della mano, esaminandolo ansiosamente.
Severus era furioso. “L’hai fatto apposta!” gridò, diventando paonazzo.
“Non è vero!” gridò lei di rimando, e si squadrarono tutti e due ferocemente, lui respirando affannosamente per lo shock e la rabbia, lei respirando altrettanto affannosamente per lo spavento.
“Granger, ti avevo avvisato!” disse poi Snape a denti stretti.
“Sto cercando di aiutarti!” ribattè Hermione con voce acuta, cominciando a sentirsi molto a disagio. Nessuno dei due disse più nulla per qualche secondo, e il silenzio si fece intollerabile.
“Dov’è la tua giacca?” chiese infine la ragazza, nel tentativo di superare il momento.
“Non lo so!” ribattè seccamente lui, incrociando le braccia. Grazie al cielo, era riuscito a completare tutte le operazioni più imbarazzanti prima che il mondo si espandesse così rapidamente. Tuttavia era seccante. Seccante e sgradevole. Seccante, sgradevole, scomodo e fastidioso. Non poteva sopravvivere in un ambiente così… così ostile. L’amarezza lo invase. Eccolo lì, Severus Snape, aiutante di Albus Dumbledore e favorito del Signore Oscuro, professore insigne, eroe di guerra, pozionista emerito: a cosa servivano tutti i suoi titoli in quel momento? Solo a fargli notare quanto crudele era la situazione in cui si trovava.
Hermione sembrava aver percepito la sua frustrazione, perché lo poggiò delicatamente sul cassettone e, in silenzio, si chinò a perlustrare il pavimento del bagno; ma non trovò nulla finchè Severus non le disse con voce piatta, “L’appendiabiti, Granger.”
E in effetti, una minuscola giacca nera era appoggiata su un gancio enorme. Sembrava un ritaglio di tessuto dimenticato lì per caso. Sempre in silenzio, Hermione la staccò e gliela porse.
“Mi dispiace,” disse poi, e gli occhi le luccicarono di lacrime trattenute.
Severus si sentì imbarazzato. Non era colpa di Hermione… o meglio, non era
soltanto colpa sua. Sospirò. Sospirare era la cosa che gli stava riuscendo meglio in quell’orrida giornata. Si infilò la giacca, maledicendo pozioni, pozionisti e scommesse dentro di sé.
“Non importa, Granger. Domani ritornerò nelle mie stanze e…”
“E nell’arco di pochi attimi, avrai addosso Poppy e Minerva,” sussurrò lei senza guardarlo. “Ma forse hai ragione tu,” concluse poi, asciugandosi velocemente una lacrima fuggitiva. “Forse è meglio così. Loro sapranno aiutarti. Io faccio solo disastri.”
Quindi gli tese la mano per invitarlo a salire, e Snape si aggrappò ancora una volta a quelle dita morbide e profumate, sentendosi terribilmente confuso e sì, anche dispiaciuto per lei.
“Pensi che sia possibile portare qui i tuoi abiti con un incantesimo d’Appello?” gli chiese Hermione non appena lo ebbe ricondotto sulla scrivania. La vestaglia le si era slacciata, e lui non aveva il coraggio di guardare.
“Puoi provare, Granger,” rispose con voce rauca.
“
Accio pigiama di Snape!” disse lei, ma non apparve niente.
Lui arrossì violentemente. “Io uso le camicie da notte,” borbottò, sentendosi bruciare le guance per la vergogna. Aspettò tesissimo un commento sarcastico da parte di lei, che invece rimase muta. Poi la sentì mormorare dolcemente, “
Accio camicia da notte di Snape.”
Un attimo dopo, una delle sue camicie da notte ondeggiava a mezz’aria, e Severus si sentì ridicolo. Non osava alzare la testa e pensava dentro di sé che era stato un pazzo ad accettare l’offerta di Hermione, e che sarebbe stato molto meglio farsi aiutare dal suo elfo personale, minacciandolo di lente torture se solo avesse osato fiatare. E mentre tutte queste considerazioni passavano come lampi nella tempesta della sua mente, la camicia da notte, rimpicciolita a misura della sua taglia attuale, calò dal cielo e si appoggiò lievemente sul letto, spalancando le maniche come una donna in attesa di un abbraccio. Severus sussultò al pensiero, e al vedere quel movimento, Hermione si ritrasse come se lui fosse diventato un drago a due teste.
“Scusami,” sussurrò con tono mortificato, pensando evidentemente che lui si fosse nuovamente risentito. “Adesso ti lascio in pace, così potrai riposarti. Aspetta, ti creo un po’ di privacy.”
E prendendo qualcuno dei libri che teneva su uno scaffale, li impilò rapidamente costruendo una specie di muro, una barriera di carta che divideva in due la scrivania, isolando Severus dalla vista di lei.
“Spero che così vada bene,” disse Hermione, sempre con voce contrita. “Non ti preoccupare, non ti disturbo più. Vado subito a dormire anch’io.”
Rimase un attimo in silenzio, poi, non sapendo che altro dire, gli augurò malinconicamente buona notte e si girò, avviandosi verso il suo letto.
Severus era rimasto senza parole, sentendosi profondamente a disagio. Dietro la cortina dei libri, tenendo tra le mani la stupida camicia da notte, ascoltò i suoni che venivano dall’altro lato della stanza. Dai fruscii che arrivavano amplificati alle sue orecchie minuscole, intuì che Hermione si era sfilata la vestaglia; poi sentì cigolare le molle del letto.
“Adesso spengo la luce,” disse lei. “Tutto a posto?”
“Aspetta, Grang…Hermione!” si corresse Severus all’ultimo momento, e circumnavigò frettolosamente i libri per rientrare nel campo visivo di lei. La ragazza era sotto le lenzuola, appoggiata ad un gomito e tendeva la mano verso la lampada del comodino, l’unica luce rimasta accesa. Lo guardava con un’espressione preoccupata, quasi intimorita, e lui sentì le parole sfuggirgli di bocca prima che potesse ripensarci.
“Senti Hermione, io volevo ringraziarti.” Severus deglutì ma poi continuò più spedito, vedendo la gioia incredula che le accendeva di colpo gli occhi. “Non è colpa tua se è andata così.”
Lei adesso gli sorrideva, sollevata, quasi felice, e lui sentì di nuovo quella sensazione inebriante in petto.
“Dici davvero?” chiese Hermione con un singhiozzo, sembrando improvvisamente molto tenera ed indifesa nonostante la mole gigantesca. “Davvero non sei arrabbiato con me?”
Le lacrime ora cadevano a grossi goccioloni e Severus provò di nuovo l’insano impulso di andare da lei ed abbracciarla. Ma non poteva. Le sue dimensioni proteggevano entrambi dalle loro pulsioni più sconsiderate. Aveva avuto proprio ragione Hermione quando aveva detto che, in quello stato, lui non poteva rappresentare un pericolo per una donna!
Perciò si limitò a risponderle con voce assurdamente cordiale, “Andiamo, Granger! Ormai sono abituato alle tue sciocchezze. Questa è un po’ più grande del solito, ma passerà!”
Fece un sorriso tirato, sentendosi molto stupido, ma si rinfrancò notando come lei lo guardava. Tuttavia non era preparato a quello che arrivò dopo.
“Sei molto caro, Severus,” disse Hermione, scoccandogli un sorriso radioso che scompigliò tutti i suoi pensieri e lo lasciò totalmente afono. Lei gli sorrise di nuovo, poi si avvoltolò nelle coperte e sbadigliò, “Allora grazie e buona notte!”
La luce si spense di colpo, lasciandolo smarrito e desideroso sul bordo della scrivania. Poi, nel silenzio rotto solo dal ticchettare della sveglia, Hermione mormorò assonnata, “Però… sai una cosa, Severus?”
“Cosa?” chiese subito lui ansiosamente.
“Preferisco… quando mi… chiami… Hermione…”
Un placido respiro tranquillo gli fece capire che si era addormentata, senza possibilità per lui di continuare quel dialogo così strampalato e così intrigante. Per un lungo momento, Severus rimase in attesa, sperando irragionevolmente che lei si svegliasse. La luce della luna filtrava attraverso le persiane socchiuse della finestra, e man mano che il mago si abituava alla penombra, quella sottile luminosità gli rivelava nuovamente i dettagli della stanza che lo ospitava. Ma lui non riusciva a distogliere lo sguardo dalla forma di lei, addormentata e sognante, un braccio sotto il cuscino, l’altro ripiegato quasi a proteggere il viso.
“Il sonno è lo specchio della nostra anima,” Severus pensò e indugiò a contemplarla, perso in particolari che, incredibilmente, non gli sembrava di aver mai notato prima di allora. Come i suoi capelli fossero morbidi e ricadessero in spirali ondulate, come le sue ciglia spiccassero sulle palpebre chiuse, e come il suo respiro lieve facesse uno strano effetto alla respirazione di Severus, dato che si sentiva chiudere la gola mentre lo ascoltava, beandosi della sua cadenza regolare.
Senza accorgersene, si era seduto di nuovo sul bordo del paralume, appoggiando il mento sui pugni per guardarla meglio, quando un’ombra improvvisa, nera e gigantesca, comparve al suo fianco. Un miagolio leggero ed irritato lo avvertì che il secondo maschio in quella stanza reclamava i suoi diritti di proprietà sulla fanciulla felicemente addormentata.
Seccatissimo, Severus si alzò e si girò per fronteggiare Crookshanks. Ma, quasi sfidandolo, il gatto posò una zampa enorme davanti a lui, sfoderando leggermente gli artigli. Questo fatto e il luccichio inquietante di quegli occhi gialli convinsero Severus che, per il momento, era meglio lasciar perdere e ritirarsi nei suoi quartieri.
Imbronciato, strascicando i piedi per far capire al dannato animale che no, non era affatto contento della sua intrusione, Severus si avviò al suo letto e scomparve nel mucchio di lenzuola e coperte bianche che sprigionavano un tenue profumo di lavanda. Ben presto, la stanchezza e una ridda di immagini confuse lo fecero sprofondare nell’oblio.
Leccandosi una zampa con aria soddisfatta, Crookshanks si acciambellò vicino al mago addormentato e socchiuse gli occhi, lasciando che un tenue bagliore ne fuoriuscisse come un avvertimento ed una minaccia per tutti coloro che avessero osato introdursi in quella stanza.
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SALUTINO DELL'AUTRICE A FINE CAPITOLO:
Per il vostro divertimento, aggiungo qui due immagini che vi danno un'idea di come potrebbe essere Snape in dimensione miniatura.
La prima è un pupazzetto fatto col Fimo quest'estate, per il piacere di pasticciare anche io con le figlie (è orrendo, lo so, non c'è bisogno di farmelo notare, grazie).
La seconda è uno Snape da taschino, nel taschino di una camicia. Le proporzioni sono molto simili a quelle descritte nel mio racconto, circa 20 centimetri...
Piccolo, eh?