Buonasera.
Entro in punta di piedi in questa sezione e ringrazio Chiara che mi ha spinto a inserirvi la mia storia perchè, mi ha detto, “vuole sapere come va a finire.”
Che altro posso dire? Io spero che piaccia anche a chi avrà voglia di dare un’occhiata.
Solo un piccolo avviso: ultimamente evito di mandare in giro storie che non siano complete, perché molte volte mi accorgo in corso d’opera che alcuni dettagli mancano o devono essere corretti. Questo ovviamente non sarà possibile per questa storia, per cui mi scuso subito per le eventuali incongruenze. Se poi mi date una mano con i vostri commenti, sarà sicuramente perfetta al momento della pubblicazione finale (sempre ammesso che non mi tiriate pomodori da subito).
E’ una storia umoristica. Che ci crediate o no, a me piace moltissimo lo humour. Ma sto sempre molto attenta a rispettare i miei piccoli amici di carta, specialmente il tipo vestito di nero che mi guarda con le sopracciglia aggrottate.
Infine, questa storia è dedicata a Severus e Hermione.
E ora, signore e signori, andiamo a incominciare.
Titolo provvisorio: La Scommessa
Autore: Lady Memory
Tipologia: Long fic
Genere: umoristico, con un tocco di romanticismo e una vena di follia
Rating: Per tutti
Personaggi: Severus, Hermione, i professori di Hogwarts al gran completo (per ora)
Pairing: Severus/Hermione
Epoca: AU - Hogwarts dopo il settimo anno
Avvertimenti: AU
Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
LA SCOMMESSA 1. L’inizio della fineSeverus Snape sospirò. Era la quindicesima volta che sospirava in pochi minuti, ma non c’era altro che potesse fare. Sconfitto, si prese la testa tra le mani, sospirò per la sedicesima volta e considerò la sua situazione. Era seduto su un tavolo e dondolava ritmicamente i piedi nel vuoto, una posizione che non ricordava di aver più tenuto da quando, bambino di quattro anni, si era arrampicato sull’armadio della cucina per rubare i biscotti, scegliendo poi proprio il tavolo sottostante per sedersi a mangiarli allegramente.
La sculacciata che gli aveva dato suo padre aveva bruciato per giorni sia la parte lesa che il suo orgoglio. Ed essendo Severus Snape molto orgoglioso, sedersi sul tavolo era stato immediatamente cancellato dalla lista delle possibili attività dilettevoli. Lista che includeva anche i banchi di scuola.
Meccanicamente, si posò una mano sulla tasca dei calzoni neri che indossava e strofinò malinconicamente il punto ancora dolente nella sua memoria.
Sì, l’orgoglio era sempre stato il suo punto debole. Adesso, per esempio, era bloccato lì senza scampo e senza altro conforto che i suoi sospiri. Pensare che era tutto cominciato per una scommessa! Severus strinse i pugni con rabbia. Come aveva potuto farsi incastrare così… così subdolamente da quella sciagurata ragazza?
Per la duecentesima volta in quella mattinata, ripensò a tutto quello che era successo, chiedendosi ancora una volta perché, perché, perché si era lasciato coinvolgere.
**************
Per quanto potesse sembrare strano, quando la seconda guerra magica era finita, Severus si era trovato in una posizione ancora più difficile di quella in cui attualmente si trovava. Il suo ultimo ricordo era il morso bruciante di Nagini e una lunga successione di sogni angoscianti, memorie sparse, e dolore, dolore, dolore… tanto dolore! Ma infine gli occhi gli si erano aperti sul biancore di una camera al S. Mungo, accolto dalle esclamazioni festose di una donna particolarmente emotiva, (aveva pensato allora); era rimasto ancora più stupito quando la donna in questione si era rivelata una lacrimosa Poppy Pomfrey (notoriamente imperturbabile anche di fronte agli incidenti più allucinanti dei ragazzi del primo anno) che l’aveva abbracciato e baciato con immenso affetto.
La sensazione umidiccia era stata alquanto sgradevole, tuttavia era stato contento di sapere che, per quella volta, la signora in nero con la falce era andata via delusa. Il merito era tutto di Hermione Granger, a quanto pareva. La sunnominata Hermione Granger si era infatti affrettata a raccontare a Poppy la tragedia della Stamberga Strillante, tanto agitandosi e tanto affannandosi da riuscire a convincere la scettica guaritrice a recarvisi il prima possibile.
Da lì le prime cure, l’invio al S. Mungo e il piantonamento continuo di Poppy, investita della missione di salvatrice dell’ormai riconosciuto eroe di guerra. Il quale eroe di guerra aveva pensato che avrebbe apprezzato maggiormente se ad accoglierlo ci fosse stata Miss Granger, che ricordava come una ragazza tutto sommato passabile, per quanto non ci volesse molto ad essere più passabili di Poppy Pomfrey. Ma Miss Granger sembrava essersi cancellata dalla faccia della terra… o forse solo del S. Mungo.
Qualcuno infine gli aveva detto che si era fidanzata ufficialmente con Ronald Weasley e presto avrebbe contribuito all’invasione pacifica dei Weasley in Gran Bretagna. Ripensandoci, un po’ gli era spiaciuto. Hermione Granger meritava di meglio. Ma poi aveva riposto il pensiero in un cantuccio, dedicandosi ai suoi nuovi problemi di sopravvivenza, che incredibilmente non erano pochi, anche se la guerra ormai era finita.
Per qualche strano motivo infatti, sembrava che non ci fosse un posto per lui da nessuna parte. Aveva fatto il giro di negozi di pozioni e farmacopee per maghi, esplorato Nocturn Alley e fatto capolino persino in un laboratorio Babbano. Alla fine si era deciso ad esigere i suoi crediti da chi di dovere. In fin dei conti, era un eroe nazionale! E aveva chiamato il Ministro.
Purtroppo Kingsley Shackebolt, nuovo Ministro della Magia, aveva fatto sapere di essere fuori dal paese in quei giorni: un viaggio programmato addirittura da prima della guerra! Severus aveva storto la bocca e chiesto di parlare con qualcun altro. Se pensavano di liberarsi di lui così facilmente, be’, avevano sbagliato.
L’assistente del Ministro - un giovanottone alto e grosso che doveva aver giocato a Quidditch fino al giorno prima, a giudicare dalla stazza - aveva tossicchiato discretamente quando Severus si era offerto di far parte di qualcuna delle squadre speciali del Ministero; Indicibili, Auror, Spezzaincantesimi… aveva un bel curriculum alle spalle che non l’avrebbe fatto sfigurare in nessuna di queste categorie, aveva dichiarato fiducioso Severus.
Ma l’assistente l’aveva guardato con simpatia e aveva mormorato, “Non è stufo, Professore, di restare incollato a questa immagine un po’ decadente, via, diciamolo pure, del cupo combattente sempre e comunque? Io vedo per lei un bel posto sano, tanta aria fresca e tanta, tanta gioventù a farle compagnia!”
Severus aveva spalancato gli occhi. “P-posto fresco?” aveva balbettato. “Tanta gioventù?” Poi aveva violentemente picchiato un pugno sul tavolo (esattamente sulla modanatura in avorio antico, irta di intagli e di forme puntute; un dolore trapanante che gli era arrivato dritto al cervello).
“Mi sta dicendo che dovrei tornare a Hogwarts???” era infine riuscito ad articolare, incredulo.
Il giovanottone gli aveva afferrato proprio la mano offesa e gliela aveva stretta con una presa entusiastica (a quel punto, a Severus erano salite le lacrime agli occhi e aveva fatto uno sforzo terribile per controllare quella che poteva sembrare emozione).
“Sapevo che avrebbe accettato! Bravo, Professor Snape, la nazione ha bisogno di insegnanti come lei! Uomini che sono stati là, uomini che hanno visto! Forgiare il destino dei nostri ragazzi è un compito meritorio, e chi meglio di lei può assolverlo?”
“Ma… ma…” balbettava Snape, cercando di estirpare la sua mano da quella stretta, “ Ma io non…”
“Non mi ringrazi!” Aveva tuonato invece il giovane con un cordiale sorriso, poi, sempre stringendogli la mano in una morsa inesorabile, si era alzato e l’aveva praticamente buttato fuori dalla porta, salutandolo con un affettuoso, “E si rimetta! Si rimetta presto! So che non vede l’ora di iniziare!”
La porta si era richiusa con un tonfo assordante, lasciando Severus a bocca aperta a massaggiarsi la mano.
“Accidenti! Dannazione! Maledizione!” aveva gridato a più riprese, ma nessuno era apparso. Anzi, aveva avuto l’orrenda sensazione che stessero tutti a sentire dietro le porte chiuse degli altri uffici. Aveva sbuffato, si era agitato ancora qualche minuto e infine aveva deciso.
Hogwarts, aveva detto il giovanotto.
Bene, sarebbe tornato a Hogwarts.
E tanto peggio per loro!
*************
Tornare a Hogwarts non era stato poi così male, considerò Severus dondolandosi ritmicamente sul tavolo. Ricordare gli faceva dimenticare per un po’ la sua stramba situazione, ma bastava riaprire gli occhi per ritrovarsela davanti in tutto il suo orrore… Sospirò. Aveva perso il conto dei sospiri, ma a quel punto non aveva altra scelta, per cui si rituffò nelle sue memorie.
Al suo arrivo, era stato festeggiato da tutto lo staff in un modo così commovente e affettuoso che persino il suo carattere, solitamente spinoso se non solitario, ne era rimasto piacevolmente colpito. Per i primi giorni, aveva persino sorriso!
Poi aveva notato che tra tutti, lui era sempre il più giovane. Sì, Pomona parlava sempre di andare in pensione e di farsi sostituire prima o poi, ma era saldamente abbrancata alla sua cattedra e alle sue serre. Filius le faceva compagnia la sera dopo cena, e insieme mandavano giù una quantità di liquore che avrebbe fatto la fortuna di un pub, se fosse stato pagato. Invece no, era offerto dalla scuola, e tutte le sere Severus osservava con un sorriso sardonico il passo barcollante dei due colleghi notevolmente su di spirito. Sì, spirito, non c’era altra parola, dato che quello che bevevano era Whisky Incendiario della miglior qualità…
Inoltre, c’era una quantità di donne che gli giravano intorno da quando si erano scoperti i veri motivi del suo aver fatto il doppio gioco. Questo era più difficile da accettare. Maledizione a quel chiacchierone di Potter! C’era proprio bisogno di raccontare tutto a Voldemort davanti all’intera scuola? E soprattutto davanti a gente come Sibilla Cooman? Non passava sera che non se la ritrovasse da qualche parte, in corridoio, sulle scale, una volta davanti alla porta delle sue stanze, sempre in atteggiamento languido ed espressione meditativa. Chissà perché pensavano tutti che gli piacessero le donne malinconiche! Lui aveva amato Lily perché era bella, solare e felice! Tutto quello che lui non era mai stato…
Abbandonò di corsa il pensiero – il cuore aveva avuto solo una pulsazione sorda, ma faceva ancora male pensare a lei – e ritornò alla sua meditazione.
Insomma, era diventato il cocco delle donne. Il figliol prodigo, ritornato a casa magro e patito, era stato adottato come un gatto randagio che bisognava nutrire. C’era da ridere a vedere come se lo disputavano a cena!
Peccato che lui… be’, lui era rimasto sempre lo stesso. Il fatto di essere stato redento definitivamente dalla sua nomina di Mangiamorte non lo aveva addolcito. E la ferita sottile, che restava sul collo a imperitura memoria del suo coraggio e della sua dedizione, si infiammava spesso di sdegno e ancor più spesso di imbarazzo al vedersi trattare con tanta amorevole affezione.
Passi Minerva, che poteva essere sua madre, ma Hooch! Per la barba di Merlino, ricordava ancora con orrore come gli aveva scompigliato i capelli in un pomeriggio piovoso, guardandolo con quegli occhi giallastri e grifagni inumiditi dalle lacrime!
Severus si agitò ancora al ricordo, rischiando di precipitare dalla sua posizione precaria. Allora si appoggiò con le mani a palmi in basso sul tavolo e si raddrizzò, odiando ferocemente tutto e tutti. E con un altro sforzo, ripiombò nelle sue memorie.
Dunque, sì, a parte il coccolamento intensivo di una truppa di donne evidentemente frustrate in tutti i loro istinti, Hogwarts rimaneva un posto tranquillo e sicuro, un luogo di cui lui conosceva ogni angolo, e con un lavoro che non faceva molta fatica a portare avanti, adesso che si era liberato di tutta quella serie di travestimenti posticci e che poteva finalmente permettersi di strapazzare un Grifondoro senza per questo sentirsi dare del criminale da tutte le Case eccetto la sua.
Quindi, un annetto era trascorso così, pigro, lento, monotono… orrendamente monotono! Non l’avrebbe mai creduto, ma aveva finito per aver nostalgia delle riunioni segrete, dei complotti e dei messaggi criptati. Ogni tanto si faceva una chiacchierata con Albus e si scambiavano compitamente ingiurie. No, non avrebbe mai perdonato Albus per aver offerto lui e Potter a Voldemort come vittime sacrificali. Per fortuna, Harry aveva detto il fatto suo al vecchio bastardo. L’aveva saputo proprio da Albus, e il pensiero lo rallegrava ogni volta. Ma insomma, anche litigare con un ritratto ha i suoi limiti, e Severus cominciava a sentirsi molto stretto nell’amorevole tela che gli tessevano intorno nel castello.
E a questo punto, era arrivata la svolta, o meglio colei che avrebbe dovuto essere la svolta nelle intenzioni di quelle vecchie impiccione delle sue colleghe. Un bel mattino di ottobre era comparsa inopinatamente Miss Granger, con un diploma di primo grado e la richiesta di far pratica di Pozioni con lui per poter prendere il certificato professionale.
Minerva l’aveva accolta a braccia aperte, commossa e felice di vedere tornare a casa la sua allieva prediletta, la sua gioia e il suo orgoglio. In un batter d’occhio, l’astuta ragazza si era insediata. Dopo aver commosso tutti con la tragica storia del suo fidanzamento prima interrotto e poi definitivamente buttato alle ortiche – l’unica cosa che aveva provocato un applauso a scena aperta da parte di Severus e conseguenti occhiatacce da parte di tutte le altre gallin… colleghe – Hermione Granger aveva cominciato a mietere allori e incarichi. Alla fine era stata promossa assistente alle lezioni di Pozioni per le prime classi.
Severus si era stretto nelle spalle. In fondo, la ragazza gli stava facendo un piacere. Si prendeva lei la briga di sgrezzare quell’orda di mostriciattoli odiosi… e come sembrava piacerle l’incarico! Peccato che non aveva ancora la stoffa dell’insegnante di ruolo. Così, in pochi giorni, aveva collezionato una dose di scherzi, burle, facezie e pesci d’aprile di novembre che avrebbero stroncato una persona meno tenace. Ma lei resisteva splendidamente… a parte quelle sei o sette crisi di pianto iniziali. Severus aveva finito per provare una sorta di ammirazione riluttante.
E lì aveva commesso il primo terribile sbaglio. Le cornacc… gli altri colleghi avevano subito interpretato il suo atteggiamento come un segno di interesse. Di colpo, si era creata nel castello un’aura di aspettativa per i due “ragazzi”, i membri più giovani del gruppo professorale. Grazie al cielo, la Granger non era ancora entrata così in sintonia col gruppo dei vegliardi per rendersene conto. Ma lui, purtroppo, sì.
La cosa era peggiorata visibilmente quando lei aveva cominciato a chiamarlo Severus nelle riunioni di staff, anche se si rivolgeva sempre a lui con un correttissimo “professore” davanti agli studenti.
Non che gli dispiacesse più di tanto essere chiamato per nome, pensò rabbiosamente Severus; adesso che camminava senza la scorta dei suoi due fidi cavalieri, Miss Granger si era rivelata una persona sorprendentemente piacevole, quasi… quasi attraente. E ovviamente, Severus era stato felice di ricambiare il favore, chiamandola Hermione. Non era colpa sua, Severus si consolò malinconicamente. Qualunque maschio sano sarebbe caduto nella trappola, in quel consesso di vecchi e babbione.
Insomma, era andata così. Quella mattina…
2. L’altra metà del cieloQuella mattina, Hermione Granger camminava col solito ingombro di libri, pergamene e fiale di pozioni, un insieme traballante e ingombrante che solo lei pareva in grado di maneggiare senza provocare incidenti nei corridoi. C’era da stupirsi che riuscisse anche solo a vedere da dietro alla pila di roba che reggeva in braccio! Gli studenti la guardavano con quell’aria di timore e commiserazione che solo i ragazzini sono capaci di assumere così espressivamente… quell’atteggiamento che fa subito capire agli interessati che si è passati ad un’altra generazione, che si è, insomma, “vecchi”. E questo, alla tenera età di ventun anni, era decisamente fastidioso per Hermione.
La ragazza sospirò, senza rischiare di far cadere nulla grazie alla complessa unione di magie con cui si aiutava: l’Incantesimo Collante di sua invenzione, che usava per portare in giro il suo armamentario, l’Incanto Telescopico per scrutare se la strada era libera e il Sortilegio Levapeso, che le consentiva di portare carichi che avrebbero stroncato un elefante, evitandole di stramazzare bocconi dopo pochi passi. Anche se a volte, forse sarebbe stato desiderabile… Almeno qualcuno l’avrebbe notata.
Hermione era parecchio delusa ultimamente. Tornare ad Hogwarts non si era rivelata poi un’idea così grandiosa, ma lei veniva da un anno difficile, in cui aveva dovuto studiare il triplo per mettersi in pari e per strappare il diploma di primo grado in pozioni con dodici mesi di anticipo. A questo si era aggiunto il deteriorarsi della sua relazione con Ron. Una volta fuori da Hogwarts e senza Voldemort a rallegrare le loro serate, sembrava che non avessero più nulla da dirsi. Ron era noiosamente ossessivo con le sue proposte di matrimonio, la sua gelosia insopportabile e la sua totale avversione per la scuola.
Brandelli di conversazione le fischiavano ancora nelle orecchie:
Ma come, Hermione, studi la stessa materia di Snape? Non ti sei ancora stufata di far bollire calderoni? Almeno ci cuocessi la zuppa, potremmo mangiare qualcosa di meglio di toast dal mattino alla sera! Mia madre potrebbe insegnarti, sai… Lei sì che sa cucinare bene! Quando ci sposiamo, devi assolutamente imparare a fare l’arrosto come il suo!Alla fine, litigata dopo litigata, incomprensione dopo incomprensione, e ultima ciliegina sulla torta, l’annuncio strombazzato ai quattro venti della candidatura di Ron ad una squadra di Quidditch di cui lei neanche si ricordava il nome, il castello di carte era crollato. Ormai erano mesi che non si parlavano più, e le notizie le arrivavano tramite Ginny e Harry, desolati tutti e due della fine di quella storia.
Scegliere Hogwarts per il tirocinio era venuto automatico. In fin dei conti, Hermione era stata benissimo tra le sue mura. Ammirata, coccolata, protetta. Era sicura che Minerva sarebbe stata felicissima di riaverla tra loro. Immaginava già le serate vicino al fuoco, parlando con i suoi colleghi, non più alunna saccente ma finalmente accolta in una cerchia selezionata di pari grado… e pari cervello.
La realtà era stata molto più deludente. I professori, che aveva così grandemente stimato da studentessa, si erano rivelati un mucchio di esseri umani perfettamente normali, con idiosincrasie, difetti, vizi e tic a bizzeffe. Una volta scesi dalla cattedra, potevano risultare tanto fastidiosi quanto il suo ex-fidanzato da avere accanto. E, cosa ancora più grave, le loro conversazioni, fuori dal loro campo di competenza, erano terribilmente noiose. Noiose, non c’era altra parola. E soprattutto, legate alle loro età venerande. Hermione si era sentita di nuovo bambina in un consesso di zii.
Unico raggio di luce - incredibile! – il professor Snape. Mai, mai e poi mai Hermione avrebbe creduto di sentire una simile affinità elettiva con quell’uomo cupo e sarcastico. E invece, nonostante tutto, le sue battute ironiche erano la cosa migliore che potesse capitarle in una delle tante serate piovose al castello. Una volta che si era dall’altro lato della barricata e si capivano i meccanismi del suo pensiero, non era difficile uniformarsi alle sue maniere. Ma lui la considerava solo con scetticismo e palese fastidio. Lei aveva raddoppiato in silenzio i suoi sforzi per far bella figura. Era una materia in cui andava forte, e aveva sperato di rabbonirlo, adesso che erano quasi colleghi. Invece no, più lei si sforzava, più lui le rideva in faccia, distruggendo sistematicamente tutto il suo lavoro.
Inoltre, anche Minerva aveva cambiato atteggiamento verso di lei. Ormai Hermione non era più una bambina prodigio, era un’adulta, e le sue capacità di studio si erano allineate a quelle di tanti della sua età. Quella sua determinazione diligente dava fastidio, risultava eccessiva, rendeva nervosi i colleghi più tranquilli (eufemismo per dire imbalsamati, aveva replicato lei alle accuse). Ma, incredibilmente, persino Minerva, la sua paladina, sembrava seccata per la mole di compiti e ricerche che Hermione svolgeva ogni giorno; aveva detto che non era necessario immolarsi per la causa, ed era arrivata a minacciare di mandarla una settimana in punizione da Madama Rosmerta, a bere idromele… in compagnia di Hagrid!
Insomma, non era stato facile trovare un equilibrio, eccetto che per i libri che si ostinava a portare in braccio.
E poi c’erano stati altri passaggi essenziali ma durissimi. Imparare a stare dall’altra parte. Passare da studente a tirocinante e poi ad aiuto professore aveva implicato un cambio di cervello. Non chiedere aiuto, ma offrirlo. Non essere lodata, ma lodare. Tutto molto difficile, soprattutto quando si è abituati ad essere riveriti come lo scrigno dello scibile.
Allora aveva tentato di interfacciarsi meglio con gli altri colleghi, ed aveva imparato tecniche di sopravvivenza avanzate per ognuno di loro. Per esempio, aveva cercato di parlare di più con Flitwick (che tendeva a farfugliare in modo fastidiosissimo fuori dalle lezioni), aveva provato di nuovo a volare sotto la guida di Hooch (e si era vomitata l’anima subito dopo essere scesa a terra, ma Hooch non se n’era accorta) e aveva tentato di vincere il suo riserbo (diciamo pure la sua apprensione) a scambiare due parole quando era in giro Snape. Di sicuro, qualcosa era riuscita a smuovere, a giudicare dalle occhiatine di intesa che si scambiavano tra loro le colleghe anziane quando pensavano che lei non vedesse. Chissà a che cosa alludevano con quei mezzi sorrisi… Ripensandoci, ecco, insomma, sì, forse c’era ancora qualche problema con Sibilla, dato che non si erano mai piaciute neanche prima, ma suvvia, Sibilla era un caso a parte.
E alla fine, era riuscita persino a dare del tu al Professor Snape!
Be’, in effetti, da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Per lungo tempo c’era stato un imbarazzo discreto tra loro due. In fin dei conti, lei aveva assistito alla sua morte… o meglio, a quella che Voldemort aveva sperato fosse la scomparsa definitiva di Severus Snape. Hermione si rendeva conto di come questo fosse un boccone amarissimo da mandar giù per il suo ex insegnante: essere visto in una simile situazione, così vulnerabile, così indifeso, così sofferente… In verità, le si riempivano gli occhi di lacrime ogni volta che ci ripensava e immaginava il dolore terribile, l’angoscia, la disperazione che doveva aver provato in quei momenti. E allora il cuore le si ammorbidiva e inconsciamente, gli sorrideva, provocando reazioni di disgustata sorpresa da parte di lui, che non poteva ovviamente capire.
Ma un giorno Minerva, in una riunione dello staff, aveva detto bruscamente, “sarebbe ora che voi due vi chiamaste per nome, non vi sembra? Ormai siete colleghi!”.
Hermione aveva reagito con un sorriso esitante mentre Severus aveva prodotto un ghigno stirato e malevolo, guardandola senza dir niente. Certo, tirato in causa in quel modo, aveva dovuto permetterglielo. Addirittura, ogni tanto anche lui la chiamava per nome, invece di usare quel secco “Granger!” che faceva pensare che stesse addestrando un cane.
E così, erano andati avanti. I mesi erano passati, ed eccola ancora lì ad arrancare nei corridoi, con le lezioni per il primo e il secondo anno da preparare, otto classi di scavezzacolli insubordinati da coordinare, e il suo profilo insegnante da rimettere in sesto ogni giorno, insieme al suo orgoglio preso quotidianamente a calci da quelle piccole pesti. Gli scherzi che erano riusciti a farle erano incredibili! Ma lei cercava di convincersi che in fondo - molto in fondo - le volevano bene.
Sì, la vita non era proprio rose e fiori. Ma almeno non potevano più darle punizioni, anche se Severus Snape si rifaceva alla grande, costringendola a dosare e ridosare le pozioni che doveva eseguire per il suo apprendistato. In quelle lezioni riuniva il peggio di sé stesso. Era sarcastico, ironico, sprezzante, offensivo, beffardo, canzonatorio, decisamente perfido. Un intero dizionario di sinonimi della stessa parola e dello stato d’animo con cui l’accoglieva ad ogni lezione.
Era per questo che a volte Hermione si chiedeva chi – o cosa – glielo avesse fatto fare.
Perché scegliere Pozioni?
Perché andare proprio a Hogwarts quando il professor Slughorn, soffiandole paroline dolci come un tricheco, le aveva offerto un posticino comodo presso di lui, con ricca scelta di cibi prelibati?
E perché Severus Snape come insegnante?
Perché era il migliore, si era risposta. Ma ne era davvero sicura? Sicura sicura sicura che da qualche parte del Regno Unito non esistesse un altro pozionista dalla stessa bravura infernale ma senza lo stesso infernale carattere?
Ecco che allora, qualcosa si era ridestato in lei. Uno spirito puntiglioso e ostinato per quanto era puntiglioso e caparbio lui. Aveva deciso di rendergli pan per focaccia. O se preferite, artiglio di grifone per pelle di girilacco. E avrebbe cominciato quella mattina stessa.
***********
Per adesso mi fermo qui, e aspetto di sentire le vostre reazioni. Se ci saranno.
Edited by Ida59 - 8/1/2017, 23:40