Sono malata, grave e senza possibilità di guarigione, lo so, ma a me questo ricorda il "Voto Infrangibile" di Severus.
Siamo malate in tre! Quindi sei in ottima compagnia! Il giuramento di Ernani è uno dei brani che ho in mente per il Voto Infrangibile per la nostra Opera... il problema è che avviene in duetto con un personaggio maschile e non in terzetto con due femminili.
Ok, la mia malattia è grave, ma queste parole sono assolutamente da Severus!
Tutto ora tace intorno; forse fu vana illusion la mia!... Il cor, non uso ad esser beato, sognò forse le angosce del passato.
Sto iniziandomi a chiedere se la mia idea che Kaufmann debba assolutamente debuttare Ernani, non nasca da alcune assocciazioni d'idea di troppo! Mi accontento del suo debutto in Forza a Natale 2013.
Le parole da te citate possono starci benissimo per Severus... mmmh... ci si potrebbe quasi prendere spunto per una fanfiction (forse potrei usarle per un sorriso).
CITAZIONE
Ho un Ernani registrato da qualche parte e devo trovare il tempo per vedermelo.
Se hai registrato l'Ernani fatto vedere da RAI 5 dovresti avere l'edizione Domingo-Freni-Ghiaurov-Bruson-Muti proposta come ascolto al quarto atto.
Le parole da te citate possono starci benissimo per Severus... mmmh... ci si potrebbe quasi prendere spunto per una fanfiction (forse potrei usarle per un sorriso).
Mmm... ha sempre l'aria di un sorriso triste...
CITAZIONE (Alaide @ 12/4/2013, 22:59)
Se hai registrato l'Ernani fatto vedere da RAI 5 dovresti avere l'edizione Domingo-Freni-Ghiaurov-Bruson-Muti proposta come ascolto al quarto atto.
Sì, dovrebbe proprio essere quello: ma tu come fai a saperlo... strega! (E da quando lo ha detto Severus a Lily è diventato un complimento!)
Sono malata, grave e senza possibilità di guarigione, lo so, ma a me questo ricorda il "Voto Infrangibile" di Severus.
Siamo malate in tre! Quindi sei in ottima compagnia! Il giuramento di Ernani è uno dei brani che ho in mente per il Voto Infrangibile per la nostra Opera... il problema è che avviene in duetto con un personaggio maschile e non in terzetto con due femminili.
Ops... sì, vedo solo ora che l'avevate già detto voi due del Voto Infrangibile!
Dal momento che sto trovando qualche difficoltà nel selezionare le parti di Rheingold da far ascoltare (è un’opera molto densa di tematiche interessanti, tra le quali devo selezionare), riprendo le lezioni su Verdi. Dopo Ernani, Verdi prosegue la collaborazione con Francesco Maria Piave che sarà il librettista con il quale creò più opere. Non uso a caso la parola creare, perché Verdi interviene direttamente sulla stesura del libretto, scrivendo lettere molto precise a Piave – e agli altri librettisti – per chiedere modifiche, suggerire idee. Sono convinta personalmente che, qualora avesse avuto l’adeguata educazione, avrebbe scritto i libretti da sé come il coetaneo Wagner. L’opera successiva, la prima ad essere creata per Roma, sarà I due Foscari, un’opera decisamente interessante per le tematiche affrontate, per quanto non sempre coerente dal punto di vista drammaturgico. Ancora una volta – e per il momento solo in Ernani non sono presenti padri e figli (ma l’ombra del padre morto di Ernani guida molte sue decisioni) – troviamo il rapporto padre-figlio, in questo caso decisamente intrecciato con il tema del potere. Francesco Foscari, Doge di Venezia, potente prigioniero del suo potere e del potere occulto del Consiglio dei Dieci (che nel romanticismo ci fa sempre una bruttissima figura), è costretto a condannare all’esilio il figlio Jacopo, accusato di tradimento, figlio già condannato all’esilio precedentemente (non sono chiarissime comunque le cause dell’esilio, sia di quello attuale – c’è di mezzo una lettera – sia di quello precedente). Il Doge viene mostrato, fin da subito, come un uomo logorato dal peso del potere, dall’amore per il figlio che deve mandare in esilio perché accusato di tradimento. Lo si nota nella prima aria, un’aria senza cabaletta e credo che questa non sia scelta casuale. Vuole piuttosto indicare la fissità tragica del destino del vecchio Doge. Situazione resa terribile dalla consapevolezza che egli non è libero di usare il proprio potere, perché il vero potente occulto è il Consiglio dei Dieci che lo spia e che manovrerà, nel suo capo Loredano, tutta la vicenda per distruggere il vecchio Foscari (anche qui le motivazioni della vendetta di Loredano non sono chiarissime).
Eccomi solo alfine… Solo!... e lo sono io forse?... Dove de’ Dieci non penétra l’occhio?... Ogni mio detto o gesto, il pensiero perfino m’è spiato!... Uno schiavo qui sono coronato!! O vecchio cor, che batti Come a’ prim’anni in seno, fossi tu dreddo almeno come l’avel t’avrà; ma cor di padre sei, vedi languire un figlio, piangi pur tu, se il ciglio più lagrime non ha.
Di qui in poi la situazione precipita. Jacopo morirà al momento di partire, proprio nel momento in cui si scopre la sua innocenza (c’è un giro di fogli che non ho ancora capito perfettamente e che vi risparmio) e il Doge è sempre più solo e stanco della vita. Il Consiglio dei Dieci chiede al Doge di abdicare. Il vecchio Foscari accetta e mentre si annuncia l’elezione (ben rapida in verità del nuovo Doge) Francesco provato dalla perdita del figlio, dagli anni di potere che l’hanno logorato interiormente, dalla solitudine non addolcita nemmeno dalla fedeltà della nuora, muore. Quello che è interessante dei Due Foscari è il modo con cui viene analizzato il potere, un potere apparentemente assoluto, ma schiavo di se stesso. Il padre deve cedere di fronte alla ragion di stato. E’ suo dovere condannare all’esilio il figlio che ama, perché le prove parlano di colpa. Allo stesso tempo – e per certi versi anticipa il Filippo II del Don Carlo – deve sottostare ad un potere più grande di lui, al vero potere rappresentato dal Consiglio dei Dieci. Credo che il finale dell’opera, più di altre mie parole, può testimoniare quanto detto appena sopra.
DOGE Questa è dunque l’iniqua mercede Che serbaste al canuto guerriero? Questo han premio il valore e la fede, che han protetto, cresciuto, l’impero?... a me padre un figliuolo innocente voi strappaste, o crudeli dal cor!... A me Doge pegli anni cadente Or del serto si toglie l’onor!
CORO Pace piena godrai fra tuoi cari, cedi alfine; ritorna ai tuoi lari.
DOGE Fra miei cari?... Rendetemi il figlio: Desso è spento… che resta?
CORO Obbedir.
DOGE Che venga a me, se lice, la vedova infelice… (Uno esce) A voi l’anello… Foscari (consegna l’anello ad un Senatore) Più Doge non sarà.
Entra Lucrezia.
LUCREZIA Padre... mio prence...
DOGE Principe! Lo fui, or più nol sono. Chi m’uccideva il fi glio ora mi toglie il trono... Vieni, fuggiam di qui. (prende per mano Lucrezia e s’avvia, quando è colpito dal suono delle campane di San Marco) Che ascolto!... Oh ciel! Salutano Me vivo un successor!
LOREDANO (avvicinandosi al Doge con gioia) In Malipier di Foscari s’acclama il successor.
BARBARIGO, CONSIGLIERI e GIUNTA (a Loredano) Taci, abbastanza è mistero; rispetta il suo dolor.
LUCREZIA (Oh cielo! Già di Foscari s’acclama il successor!)
DOGE (Quel bronzo ferale che all’alma rimbomba, mi schiude la tomba, sfuggirla non so. D’un odio infernale la vittima sono... Più fi gli, più trono, più vita non ho! Quel bronzo ferale, ecc.)
LUCREZIA (Quel bronzo ferale che intorno rimbomba, com’orrida tromba vendetta suonò.) (al Doge) Nell’ora fatale sii grande, sii forte, maggior della sorte che sì t’oltraggiò.
LOREDANO Il suono ferale che intorno rimbomba, com’orrida tromba vendetta suonò. Quest’ora fatale bramata dal core, più dolce fra l’ore alfi ne suonò.
BARBARIGO, CONSIGLIERI e GIUNTA Tal suono ferale che all’alma rimbomba, più presto la tomba dischiudergli può. Ah, troppo fatale quest’ora tremenda: La sorte più orrenda su desso gravò.
DOGE Ah, morte è quel suono!
LUCREZIA Fa core...
DOGE Mio fi glio!... (cade morto)
TUTTI D’angoscia spirò!
LOREDANO (scrivendo sopra un portafoglio che trae dal seno) “Pagato ora sono!”
Cara Leonora sono in estasi. Brani bellissimi di un'opera di Verdi a me praticamente del tutto sconosciuta (ma le lezioni servono a questo, ad imparare). Il personaggio di Loredano è molto antipatico, ma il brano finale cantato da Bruson è qualcosa che prende al cuore. D’un odio infernale la vittima sono... Più figli, più trono, più vita non ho! Queste lezioni non me le perdo per nulla al mondo. Che fortuna averti tra noi!
Personaggi: Massimiliano, Conte di Moor, reggente, basso Carlo, figlio di lui, tenore Francesco, figlio di Massimiliano, baritono Amalia, orfana, nipote del conte, soprano Arminio, camerlengo della famiglia reggente, tenore Moser, pastore protestante, basso Rolla, compagno di Carlo Moor, tenore
Coro di giovani traviati, poi Masnadieri, Donne, Fanciulli, Servi
L’azione succede in Germania sul principio del XVIII, e dura circa tre anni.
Parte I
Nell’analizzare i Masnadieri (e lo farò d’ora in poi con tutte le altre opere di Verdi di cui proporrò un’analisi), vi pongo atto per atto l’elenco dei numeri musicali, perché può aiutare a comprendere l’evoluzione della drammaturgia verdiana verso atti più compatti con numeri musicali che seguono le ragioni del dramma. Osservando i numeri del primo atto di Masnadieri si può notare come vi siano tre arie per i tre personaggi principali (Carlo, Francesco e Amalia), seguendo quella che era pratica abbastanza comune di presentazione dei personaggi. In opere più mature di Verdi, come Rigoletto, la struttura diventerà più fluida. Ciò non toglie che, secondo me, quest’opera ha diversi motivi di interesse, in alcune scene (mi riferisco al sogno di Francesco dell’atto III, per esempio) e nella trattazione della psicologia dei personaggi.
Preludio n. 1. Scena e Aria di Carlo n. 2 Recitativo e Aria di Francesco n. 3 Scena e Cavatina di Amalia n. 4 Duettino, Quartetto Finale I (Amalia, Massimiliano, Francesco, Arminio)
Si può notare, prima che parti con il racconto della trama, come già accennato, come si succedano, senza soluzione di continuità le arie dei tre personaggi principali e come si vedrà nella spiegazione della trama, come le arie, oltre a dare motore alla trama, mostrino e presentino al pubblico la psicologia di base del tre personaggi.
La prima scena dell’atto si apre in una Taverna al confine della Sassonia. Carlo Moor immerso nella lettura di un libro. Il primo personaggio che ci troviamo davanti è Carlo Moor, figlio maggiore del conte Massimiliano e, aggiungo subito, figlio prediletto dello stesso. Carlo si presenta subito come un personaggio inquieto, che non riesce a riconoscersi nella sua epoca, come si esplicita nelle prime parole del tempo d’attacco della sua aria.
Quando leggo in Plutarco ho noja e schifo Di questa età d’imbelli!... Oh se nel freddo Cenere de’ miei padri ancor vivesse Dello spirto d’Arminio una scintilla! Vorrei Lamagna tuta Far libera così, che Sparta e Atene Sarieno al paragon serve in catene
Carlo trova decisamente squallida la sua epoca, un’epoca priva di libertà, priva di eroismo (è un’età d’imbelli) che possa portare la Germania ad essere libera, ad assomigliare all’antica Grecia di cui sta leggendo. Già il fatto che Carlo ci venga presentato con un libro in mano – in una taverna che non è certo luogo in cui si immagina qualcuno che legge Plutarco -, intento a pensare agli ideali del passato, è un segnale della sua diversità dagli altri, del suo non essere inserito nella sua epoca. Veniamo subito dopo a sapere, dopo che si è sentito fuori scena un coro di giovani traviati (come vengono definiti nel libretto, che Carlo si è allontanato dal castel paterno, probabilmente in un moto di ribellione, e si è unito a quei giovani che inneggiano a bicchieri e pugnali (e che diventeranno di qui a poco Masnadieri), giovani ai quali però non appartiene veramente, e lo si vedrà meglio nel secondo atto. Carlo attende al momento il perdono del padre e desidera abbandonare quelli che definisce suoi compagni d’errore (cos’abbia di preciso combinato Carlo per dover attendere il perdono paterno non è chiaro, ma si può immaginare qualche gesto di ribellione).
VOCI (fuori le scene) Una banda, una banda; eroi di strada… Col pugnale – e col bicchier Nessun vale – il masndier!…
CARLO Son gli ebbri, inverecondi Miei compagni d’errore!... Quanto, o padre, mi tarda il tuo perdono Onde por questi abbietti in abbandono!
Il cantabile che segue è decisamente contemplativo. Carlo immagina il perdono paterno, il suo ritorno al castello e soprattutto il suo incontro con Amalia, la fanciulla da lui amata. Il tema dell’amore per Amalia, qui solo accennato, diventerà fondamentale nel proseguo della trama, così come importante è l’affetto che Carlo prova per il padre.
O mio castel paterno, Colli di verde eterno, Come fra voi quest’anima Redenta esulterà! Amalia! a te m’appresso, M’apri il tuo casto amplesso! Fammi, o gentil, rivivere Nella mia prima età.
Il tempo di mezzo si apre con l’arrivo del coro che porta una lettera a Carlo, il quale è certo che sia il perdono tanto agognato.
CORO (a Carlo) Ecco un foglio a te diretto… (Carlo lo strappa loro di mano) Tremi tu?
CARLO Beato io sono Questo, amici, è il mio perdono. (Apre e legge la lettera)
CORO (fra loro) Come imbianca e muta aspetto!
CARLO Tristo me! Di mio fratello! (Fugge precipitoso lasciando cadere la lettera)
Il pubblico può ben immaginare, dai commenti del coro, come la lettera non contenga affatto il perdono sperato da Carlo. Ed il contenuto della lettera, letta da uno del coro, ci dimostra che abbiamo ragione. Il padre gli ingiunge di non fare più ritorno.
UNO DEL CORO Per mia fe, lo scritto è bello! «T’annuncia il padre tuo per la mia bocca, di non far sul ritorno alcun pensiero se non vuoi solitario e prigioniero d’acqua e pane cibarti in una rocca.»
Quindi Carlo legge non solo l’assenza del perdono paterno, ma anche la decisione del padre di essere suo prigioniero. Questa lettera sprofonda Carlo in cupi pensieri. Pensieri che portano alla rabbia, al desiderio di vendetta, all’idea sottesa al testo, ma ben presente nell’andamento musicale, che non ci sia più nulla da fare, se non autoescludersi dalla società, se non andare veramente ai margini di essa, accettando la proposta dei compagni d’errore (ormai li chiamerò così in questa scena) di formare una masnada, ovvero di diventare fuorilegge dediti a ogni bruttura (lo si chiarirà meglio nel terzo atto). Come detto, però, Carlo non appartiene totalmente al mondo dei Masnadieri, così come non appartiene alla società che lo circonda, quindi al mondo del castel paterno. Se il coro sembra avere un modo quasi “scherzoso” di proporre di costruire una masnada, Carlo vi si getta dentro perché crede che non vi sia altra soluzione possibile, che unicamente tramite la violenza potrà trovare vendetta o, meglio, potrà dannarsi completamente e non trovare più redenzione. Ancora una volta questi pensieri non sono presenti nel testo letterario, ma mi sembrano sottesi nella musica e saranno esplicitati nell’atto successivo. Credo appaia chiaro che Carlo sa perfettamente si star commettendo un errore. Sa che quei compagni sono esseri abbietti – così li definisce lui stesso – che diventeranno ladri e assassini, che lui diventerà un assassino, ma il desiderio di vendetta e – credo – di autodistruzione lo porta a legare indissolubilmente il suo destino a quello della masnada. Vi pregherei di prestare attenzione alle ultime parole della cabaletta, dove Carlo fa giurare i masnadieri di essere “avvolti [con lui] in una sorte”, quindi che egli è legato a loro e loro legati a lui in un giuramento che non può essere infranto (ed è da questo giuramento che si ingenera il finale dell’opera).
CORO Pane ed acqua! Il cibo è grasso. (Carlo ritorna fieramente agitato)
CARLO Fiere umane, umane fiere, dure più di alpestre sasso Così calde e pie preghiere non l'han tocco, intenerito? Oh, potessi il mar, la terra, sollevar con un ruggito, contro l'uomo unirli in guerra!
CORO Senti, Carlo!
CARLO Ov'è la spada che dà morte a tai serpenti?
CORO Noi l'abbiam. Ti calma e senti. Comporremo una masnada. . .
CARLO (con un sobbalzo) Ladri noi? chi v'ha piovuoto, spirti iniqui, un tal pensiero?
CORO E tu capo condottiero.
CARLO Per la morte, io non rifiuto!
CORO Nostro?
CARLO Vostro! Ecco la mano.
CORO (con grido di gioia, traendo le spade) Viva, viva il Capitano!
CARLO Nell'argilla maledetta l'ira mia que' ferri immerga! Vo'la strage alle mie terga, lo spavento innanzi a me. Furie voi della vendetta, meco avvolti in una sorte, qui dovete a questa forte mano mia giurare la fe'.
CORO Noi giuriamo a questa forte mano tua la nostra fe'.
Ascolto (mancante del tempo d’attacco): Jonas Kaufmann (Carlo)
Dopo averci presentato Carlo, la scena si sposta nel castello del padre che si trova, come si evince dal libretto in Franconia. Ci troviamo in una stanza del castello dove ci si palesa il personaggio di Francesco e subito capiamo che la lettera ricevuta da Carlo, quella lettera che è stata la molla della sua decisione di diventare capo della masnada, è nata dalle macchinazioni di Francesco.
Vecchio! Spiccai da te quell’abborrito Primogenito tuo! La piangolosa Lettera ch’ei ti scrisse io l’ho distrutta; una mia ne leggesti, ove te ‘l pinsi con sì cari colori… alfin la colpa della natura, che minor mi fece castigai nel fratello; ora nel padre punir la debbo… Il dritto! La coscienza! Spauracchi egregi Per le fiacche animucce. Osa, Francesco! Spacciati del vecchiardo… E’ vivo a stento Questo logoro ossame; un buffo… è spento
Il tempo d’attacco ci presenta quindi un personaggio esacerbato dall’odio per il fratello maggiore – lo chiama abborrito – e per il padre che ha avuto la colpa di prediligere Carlo e di far nascere Francesco per secondo. È l’odio che guiderà ogni gesto, un odio che cova radici profonde. Nell’opera non ci sarà un confronto tra i due fratelli – come non c’è nella fonte letteraria di Schiller – ma si può facilmente dedurre che Francesco imputi alla primogenitura di Carlo la predilezione del padre. L’essere primogenito rappresenta per Francesco la possibilità di essere amato da Massimiliano, quindi il primo sentimento a nascere nel cuore di Francesco è l’odio per il fratello. Un odio che viene ben presto esteso al padre che non lo ama come ama Carlo. E l’odio lo porta a macchinare per distruggere l’immagine che il padre ha di Carlo (la falsa lettera che sostituisce la lettera inviata da Carlo con la richiesta di perdono). E l’odio lo porta a desiderare, poi, la morte del padre, quel padre da cui, secondo me, un tempo aveva desiderato l’amore. Ed il cantabile gira tutto intorno al tema della volontà di uccidere il vecchio padre.
La sua lampada vitale Langue è ver, ma troppo dura; se va lenta la natura giuro al ciel! L’affretterò. Mente mia, trova un pugnale Che trapassi il core umano, né svelar possa la mano che lo strinse e lo vibrò
Il tempo di mezzo, dopo un breve momento di quasi delirio di Francesco (e questo momento è decisamente importante per il proseguo dell’opera) che vede il trionfo vicino, si basa sull’avanzamento del piano di Francesco, che chiama a sé il fido Arminio, al quale ordina di fingersi un messaggero e di annunciare al padre la finta morte di Carlo.
Trionfo, trionfo! Colpito ho nel segno… Arminio t’avanza!
ARMINIO Signor, che volete?
FRANCESCO Mi sei tu fedele?
ARMINIO Qual dubbio n’avete?
FRANCESCO Or ben! Secondarmi tu devi un disegno. Travestiti in modo che niun ti ravvisi; poi vanne a mio padre; gli narra che spento sul campo di Praga, fra un monte d’uccisi lasciasti il suo Carlo.
ARMINIO Ma s’io vi consento Darammi poi fede?
FRANCESCO Berrà la tua nova; Me ‘l credi; fornirti vogl’io di tal prova, che l’uom più sagace cadrebbe in errore. (Arminio parte) Fra poco, o Francesco, sarai qui signore!
Rimasto solo Francesco, nella cabaletta, dà sfogo a tutto il suo senso di rivalsa, al suo odio, che si estende non solo al fratello e al padre, ma all’intera umanità (in questo ha dei tratti simili al fratello, seppur spinti da motivi diversi), o per lo meno a coloro di cui diventerà il signore, per i quali prevede solo terrore e strazio. Francesco sogna quindi di sfogare il suo odio su tutti, di rendere la vita di tutti un inferno.
Tremate, o miseri! – voi mi vedrete Nel mio terribile – verace aspetto; d’un vecchio debole, - che non temete, più non vi modera – la stanca man. Al riso, al giubilo – succederanno Singulti, lagrime, - timor, sospetto; L’inedia, il carcere, - l’onta, l’affanno Strazio ineffabile – di voi faran.
...l’animo esacerbato da un odio che nasce, probabilmente, dalla mancanza d’amore. La grande differenza tra i due fratelli la si nota, comunque, tra i due cantabili, laddove Carlo ha ancora la speranza del perdono e di rivedere l’amata Amalia, mentre Francesco la speranza l’ha perduta da tempo e non vuole far altro che uccidere il padre e dare seguito alla sua vendetta.
Stralcio solo questa frase da un contesto a dir poco splendido. La lettura e spiegazione dell'opera mi ha letteralmente conquistata e ho ascoltato insieme con il mio tato i brani proposti, proponendomi di ascoltare tutta l'opera che, già lo so, mi piacerà. L'ascolto guidato che proponi è veramente perfetto, sei brava e metti il cuore in queste lezioni. Ma il cuore si trasmette a chi legge e soprattutto ascolta. Kaufman ha decisamente una voce scura, ma bellissima quando si apre verso i toni più acuti. Nonostante Bruson sia il "mio" baritono devo dire che, forse a causa della completezza del brano ho trovato bravissimo Manuguerra. Brani famosi che avevo solo e soltanto orecchiato senza collocarli nel contesto corretto. Personalmente non so come ringraziarti. (grande aperitivo la prossima volta che ci vediamo? Per ora un baciotto virtuale)
Carlo trova decisamente squallida la sua epoca, un’epoca priva di libertà, priva di eroismo (è un’età d’imbelli) che possa portare la Germania ad essere libera, ad assomigliare all’antica Grecia di cui sta leggendo. Già il fatto che Carlo ci venga presentato con un libro in mano – in una taverna che non è certo luogo in cui si immagina qualcuno che legge Plutarco -, intento a pensare agli ideali del passato, è un segnale della sua diversità dagli altri, del suo non essere inserito nella sua epoca. Veniamo subito dopo a sapere, dopo che si è sentito fuori scena un coro di giovani traviati (come vengono definiti nel libretto, che Carlo si è allontanato dal castel paterno, probabilmente in un moto di ribellione, e si è unito a quei giovani che inneggiano a bicchieri e pugnali (e che diventeranno di qui a poco Masnadieri), giovani ai quali però non appartiene veramente, e lo si vedrà meglio nel secondo atto. Carlo attende al momento il perdono del padre e desidera abbandonare quelli che definisce suoi compagni d’errore (cos’abbia di preciso combinato Carlo per dover attendere il perdono paterno non è chiaro, ma si può immaginare qualche gesto di ribellione).
Ecco, già a questa prima descrizione ho pensato a Severus: sono gravemente malata, lo so...)
CITAZIONE
Quindi Carlo legge non solo l’assenza del perdono paterno, ma anche la decisione del padre di essere suo prigioniero. Questa lettera sprofonda Carlo in cupi pensieri. Pensieri che portano alla rabbia, al desiderio di vendetta, all’idea sottesa al testo, ma ben presente nell’andamento musicale, che non ci sia più nulla da fare, se non autoescludersi dalla società, se non andare veramente ai margini di essa, accettando la proposta dei compagni d’errore (ormai li chiamerò così in questa scena) di formare una masnada, ovvero di diventare fuorilegge dediti a ogni bruttura (lo si chiarirà meglio nel terzo atto). Come detto, però, Carlo non appartiene totalmente al mondo dei Masnadieri, così come non appartiene alla società che lo circonda, quindi al mondo del castel paterno. Se il coro sembra avere un modo quasi “scherzoso” di proporre di costruire una masnada, Carlo vi si getta dentro perché crede che non vi sia altra soluzione possibile, che unicamente tramite la violenza potrà trovare vendetta o, meglio, potrà dannarsi completamente e non trovare più redenzione. Ancora una volta questi pensieri non sono presenti nel testo letterario, ma mi sembrano sottesi nella musica e saranno esplicitati nell’atto successivo. Credo appaia chiaro che Carlo sa perfettamente si star commettendo un errore. Sa che quei compagni sono esseri abbietti – così li definisce lui stesso – che diventeranno ladri e assassini, che lui diventerà un assassino, ma il desiderio di vendetta e – credo – di autodistruzione lo porta a legare indissolubilmente il suo destino a quello della masnada. Vi pregherei di prestare attenzione alle ultime parole della cabaletta, dove Carlo fa giurare i masnadieri di essere “avvolti [con lui] in una sorte”, quindi che egli è legato a loro e loro legati a lui in un giuramento che non può essere infranto (ed è da questo giuramento che si ingenera il finale dell’opera).
Sì, sì, sì, sarò malata, ma questo è Severus spicicato (e ora ho capito perchè questa opera ti piace, Leonora) comprensivo di Hogwarts (Castello paterno), compagni d'errore (Mangiamorte), ricerca della vendetta, della dannazione e subito dopo della redenzione e del perdono. E c'è anche il Volo Infrangibile...
Stralcio solo questa frase da un contesto a dir poco splendido. La lettura e spiegazione dell'opera mi ha letteralmente conquistata e ho ascoltato insieme con il mio tato i brani proposti, proponendomi di ascoltare tutta l'opera che, già lo so, mi piacerà. L'ascolto guidato che proponi è veramente perfetto, sei brava e metti il cuore in queste lezioni. Ma il cuore si trasmette a chi legge e soprattutto ascolta. Kaufman ha decisamente una voce scura, ma bellissima quando si apre verso i toni più acuti. Nonostante Bruson sia il "mio" baritono devo dire che, forse a causa della completezza del brano ho trovato bravissimo Manuguerra. Brani famosi che avevo solo e soltanto orecchiato senza collocarli nel contesto corretto. Personalmente non so come ringraziarti. (grande aperitivo la prossima volta che ci vediamo? Per ora un baciotto virtuale)
Durante l'aperitivo canteremo "con la spada e col bicchier nessun vale il masnadier" ovviamente! Ti mando un mp per alcuni consigli su interessanti edizioni dell'opera in questione, che sono felicissima che t'abbia conquistata!
CITAZIONE (Ida59 @ 13/6/2013, 21:52)
Ecco, già a questa prima descrizione ho pensato a Severus: sono gravemente malata, lo so...)
Quest'aria di sorita di Carlo Moor è stata non a caso utilizzata nell'opera per Severus durante la scena finale dell'Atto II (la scena del Marchio Nero, per intenderci). Quindi il Carlo Moor di Verdi (non quello di Schiller che è personaggio essenzialmente negativo, ma lo spiegherò meglio nel finale) dovrebbe ricordare Severus,
CITAZIONE
sì, sì, sarò malata, ma questo è Severus spicicato (e ora ho capito perchè questa opera ti piace, Leonora) comprensivo di Hogwarts (Castello paterno), compagni d'errore (Mangiamorte), ricerca della vendetta, della dannazione e subito dopo della redenzione e del perdono. E c'è anche il Volo Infrangibile...
Verdi fa causa alla Rowling per plagio, insieme a Wagner (Penso all'olandese volante) : P. Scherzi a parte Masnadieri li adoro da sempre (da ben prima di leggere HP), perché c'è dentro l'essenza del romanticismo e contiene, tra l'altro i miei temi prediletti. Lo si vedrà benissimo nel personaggio di Amalia (i temi del romanticismo) e nei personaggi di Carlo e Francesco (i temi che prediligo nello scrivere). Poi dopo aver letto HP arrivare a collegate Carlo Moor a Severus è stato gioco facile.
Stralcio solo questa frase da un contesto a dir poco splendido. La lettura e spiegazione dell'opera mi ha letteralmente conquistata e ho ascoltato insieme con il mio tato i brani proposti, proponendomi di ascoltare tutta l'opera che, già lo so, mi piacerà. L'ascolto guidato che proponi è veramente perfetto, sei brava e metti il cuore in queste lezioni. Ma il cuore si trasmette a chi legge e soprattutto ascolta. Kaufman ha decisamente una voce scura, ma bellissima quando si apre verso i toni più acuti. Nonostante Bruson sia il "mio" baritono devo dire che, forse a causa della completezza del brano ho trovato bravissimo Manuguerra. Brani famosi che avevo solo e soltanto orecchiato senza collocarli nel contesto corretto. Personalmente non so come ringraziarti. (grande aperitivo la prossima volta che ci vediamo? Per ora un baciotto virtuale)
Durante l'aperitivo canteremo "con la spada e col bicchier nessun vale il masnadier" ovviamente! Ti mando un mp per alcuni consigli su interessanti edizioni dell'opera in questione, che sono felicissima che t'abbia conquistata!
Grande Leonora! Ebbene sì! Canteremo e come. Sarei veramente felice se mi consigliassi un'edizione "interessante". Ho molte opere, ma i Masnadieri, a parte brani che avevo poco considerato- senza capire cosa mi perdevo- non li possiedo. Attendo consigli. Veramente non ho citato Severus per non essere tacciata di follia, ma applaudo Ida: i Masnadieri sono i Mangiamorte e via via Severeggiando